Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 15/02/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: la speranza cristiana non esclude né emargina nessuno

◊  

La consapevolezza dell’amore di Dio per noi è la “radice” della speranza cristiana, che non delude “mai” e non esclude né emargina nessuno. Così il Papa all’udienza generale in Aula Paolo VI, intervallata più volte da canti e cori di fedeli provenienti da tutto il mondo, che Francesco ha salutato con gioia esortandoli ad usare la stessa insistenza “con la preghiera”, per chiedere “qualcosa al Signore”. Il servizio di Giada Aquilino

La speranza non delude mai
La speranza che il Signore ci ha donato “non ci separa dagli altri”, né ci porta “a screditarli o emarginarli”. Papa Francesco torna sul senso della speranza cristiana, spiegando come essa non deluda “mai”, perché “solida”, perché il suo “fondamento” è “ciò che di più fedele e sicuro possa esserci”, cioè l’amore che Dio nutre “per ciascuno di noi”.

“E’ facile dire: Dio ci ama. Tutti lo diciamo. Ma pensate un po’: ognuno di noi è capace di dire: sono sicuro che Dio mi ama? Non è tanto facile dirlo. Ma è vero. E’ un buon esercizio, questo, dirsi a se stessi: Dio mi ama. Questa è la radice della nostra sicurezza, la radice della speranza. E il Signore ha effuso abbondantemente nei nostri cuori lo Spirito - che è l’amore di Dio - come artefice, come garante, proprio perché possa alimentare dentro di noi la fede e mantenere viva questa speranza”.

Dio apre la sua casa a tutti, a cominciare dagli ultimi
Il fatto che Dio ci ami sempre - anche in un “momento brutto” o quando abbiamo commesso una cosa “cattiva” - è dunque una “sicurezza” che “nessuno” ci toglie. E - aggiunge - “dobbiamo ripeterlo come preghiera”. La speranza è allora un “dono straordinario” del quale siamo chiamati a farci “canali”, con “umiltà e semplicità”, per tutti:

“Il nostro vanto più grande sarà quello di avere come Padre un Dio che non fa preferenze, che non esclude nessuno, ma che apre la sua casa a tutti gli esseri umani, a cominciare dagli ultimi e dai lontani, perché come suoi figli impariamo a consolarci e a sostenerci gli uni gli altri”.

A vantarsi sono i ‘pavoni’
Il Pontefice riflette su un passo della Lettera ai Romani, in cui San Paolo esorta a vantarci, nonostante, spiega Francesco, non sia una “bella cosa”:

“Nella mia terra, quelli che si vantano li chiamano ‘pavoni’. Ed è giusto, perché vantarsi di quello che si è o di quello che si ha, oltre a una certa superbia, tradisce anche una mancanza di rispetto nei confronti degli altri, specialmente verso coloro che sono più sfortunati di noi”.

Ad agire è Dio
Eppure di qualcosa, osserva il Papa, “è giusto vantarsi”. L’Apostolo delle Genti invita a vantarci “dell’abbondanza della grazia di cui siamo pervasi in Gesù Cristo”, per mezzo della fede, perché “se impariamo a leggere ogni cosa con la luce dello Spirito Santo” ci accorgiamo che “tutto è grazia”, “tutto è dono”:

“Se facciamo attenzione, infatti, ad agire – nella storia, come nella nostra vita – non siamo solo noi, ma è anzitutto Dio. È Lui il protagonista assoluto, che crea ogni cosa come un dono d’amore, che tesse la trama del suo disegno di salvezza e che lo porta a compimento per noi, mediante il suo Figlio Gesù. A noi è richiesto di riconoscere tutto questo, di accoglierlo con gratitudine e di farlo diventare motivo di lode, di benedizione e di grande gioia”.

La pace in tutte le relazioni della nostra vita
Così facendo, aggiunge Francesco, siamo “in pace” con Dio e facciamo esperienza della libertà:

“E questa pace si estende poi a tutti gli ambiti e a tutte le relazioni della nostra vita: siamo in pace con noi stessi, siamo in pace in famiglia, nella nostra comunità, al lavoro e con le persone che incontriamo ogni giorno sul nostro cammino”.

Sperimentiamo che Dio ci ama
Paolo, prosegue il Papa, esorta poi a vantarci nelle tribolazioni: anche se risulta “più difficile” da capire, assicura il Papa, è il presupposto “più autentico, più vero” di ogni condizione di pace. Infatti, la pace che ci offre il Signore non va intesa come “l’assenza di preoccupazioni, di delusioni, di mancanze, di motivi di sofferenza”. Se fosse così, si finirebbe “inevitabilmente nello sconforto”:

“La pace che scaturisce dalla fede è invece un dono: è la grazia di sperimentare che Dio ci ama e che ci è sempre accanto, non ci lascia soli nemmeno un attimo della nostra vita. E questo, come afferma l’Apostolo, genera la pazienza, perché sappiamo che, anche nei momenti più duri e sconvolgenti, la misericordia e la bontà del Signore sono più grandi di ogni cosa e nulla ci strapperà dalle sue mani e dalla comunione con Lui”.

Cultura inclusiva e unità della fede in Europa
Comprendiamo così perché l’Apostolo Paolo ci esorti a vantarci dell’amore di Dio: perché il Signore “mi ama”, conclude Francesco, esortando nei saluti nelle varie lingue a “promuovere sempre una cultura inclusiva per le persone sole e per i senza fissa dimora”. Quindi rammenta che ieri abbiamo ricordato i santi Patroni d’Europa, Cirillo e Metodio: ricordano all’Europa e a noi tutti - sottolinea - “il bisogno di mantenere l’unità della fede, la tradizione, la cultura cristiana e di vivere ogni giorno il Vangelo”. 

inizio pagina

Francesco: Europa ha bisogno di mantenere l'unità della fede

◊  

All’udienza generale il Papa ha ricordato che ieri la Chiesa ha celebrato la memoria dei santi Patroni d’Europa: Cirillo monaco, e Metodio vescovo, evangelizzatori dei popoli slavi. E ha detto:

“Questi due fratelli di Salonicco hanno portato il Vangelo ai popoli Slavi. Ancor oggi essi ricordano all’Europa, e a noi tutti, il bisogno di mantenere l’unità della fede, la tradizione, la cultura cristiana e di vivere ogni giorno il Vangelo. A voi tutti che affrontate queste sfide, sostenendole con la vostra preghiera, imparto di cuore la mia Benedizione”.

Rivolgendo il suo saluto conclusivo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli, indicando loro la testimonianza di Cirillo e Metodio, ha affermato:

“Il loro esempio aiuti voi, cari giovani, a diventare in ogni ambiente discepoli missionari; la loro tenacia incoraggi voi, cari ammalati, ad offrire le vostre sofferenze per la conversione dei lontani; il loro amore per il Signore illumini voi, cari sposi novelli, a porre il Vangelo come regola fondamentale della vostra vita familiare”.

inizio pagina

Papa: governi favoriscano piena partecipazione dei popoli indigeni

◊  

I governi favoriscano una piena partecipazione dei popoli indigeni. Lo chiede il Papa che, stamani prima dell’udienza generale, nell’Auletta dell’Aula Paolo VI, ha rivolto un discorso in spagnolo ai circa 40 rappresentanti di popoli indigeni, al termine del Terzo Forum a loro dedicato. L’incontro, conclusosi a Roma lunedì scorso, è stato convocato dall'Ifad, il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo, che celebra quest’anno il 40.mo di fondazione. Il servizio di Debora Donnini

Francesco saluta le circa 40 persone presenti, rappresentanti di quei 30 popoli indigeni che si stimano in 370 milioni di persone. Vivono in 90 Paesi fra Asia, Africa e America latina e sono il 5 per cento della popolazione mondiale, ma rappresentano il 15 per cento della povertà globale.

Per collaborazione fra governi e popoli indigeni serve diritto a consenso preventivo
Il discorso del Papa parte dalla questione centrale discussa in questo Terzo Forum: come conciliare il “diritto allo sviluppo” con la tutela delle loro caratteristiche e dei loro territori, soprattutto quando si tratta di attività economiche che possono interferire con le culture indigene. Per il Papa dovrebbe sempre prevalere il diritto al consenso preventivo e informato, come prevede l’articolo 32 della Dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni:

“Sólo así se puede garantizar una cooperación pacífica …
Solo così è possibile assicurare una collaborazione pacifica tra autorità governative e popoli indigeni, superando contrapposizioni e conflitti”.

Valorizzare e favorire piena partecipazione
Ma oltre al consenso preventivo, c’è un secondo aspetto che sta a cuore al Papa: è quello della piena partecipazione, cioè “inclusione e non solo considerazione”. Nell’elaborazione di progetti e linee guida, bisogna che questi siano “inclusivi dell’identità dei popoli indigeni”, con speciale attenzione a giovani e donne:

“Esto implica que los gobiernos reconozcan que las comunidades indígenas …
Ciò significa per i Governi riconoscere che le Comunità autoctone sono una componente della popolazione che va valorizzata e consultata e di cui va favorita la piena partecipazione, a livello locale e nazionale. Non si può permettere una emarginazione o una divisione in classi: prima classe, seconda classe… Integrazione con piena partecipazione”.

A realizzare questa necessaria road map, può contribuire l’Ifad con i suoi finanziamenti e la sua competenza perché “uno sviluppo tecnologico ed economico” che non lascia una qualità della vita integralmente superiore, conclude citando la Laudato sì, non si può considerare progresso.

Non permettere fra le nuove tecnologie quelle che distruggono la terra
Il terzo punto su cui Francesco si sofferma nel parlare con i rappresentanti dei popoli indigeni, è il rispetto del creato, testimoniato da loro. Nelle vostre tradizioni, rileva il Papa, “vivete il progresso con una cura speciale per la madre terra”, perché quello che voi portate nella storia è cultura:

“En este momento, donde la humanidad está pecando gravemente al no cuidar a la tierra…
In questo momento in cui l’umanità sta peccando gravemente nel non prendersi cura della terra, io vi esorto a continuare a dare testimonianza di questo".

Non permettete, esorta in conclusione, fra le nuove tecnologie quelle che distruggono la terra, che distruggono l’equilibrio ecologico, e che finiscono per distruggere la saggezza dei popoli.

inizio pagina

C9: avviata riforma Tribunali. Viganò riferisce novità su media vaticani

◊  

Prima riunione quest’anno del Consiglio dei Nove Cardinali, istituito dal Papa nel settembre del 2013, con il compito di coadiuvarlo nel governo della Chiesa e nel progetto di riforma della Curia Romana. Sulla XVIII sessione del C9, durata tre giorni, cui ha partecipato anche Francesco, ha riferito stamane in un briefing, Paloma García Ovejero, vicedirettrice della Sala Stampa vaticana. Il servizio di Roberta Gisotti:  

Prosegue l’impegno dei nove cardinali consiglieri del Papa per migliorare il servizio reso dai vari dicasteri vaticani alla Chiesa universale. La discussione si è concentrata sulla riforma delle Congregazioni per l’Evangelizzazione dei Popoli e per le Chiese Orientali e del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Si è continuato poi lo studio sul processo di selezione dei candidati all’Episcopato. E si è parlato anche delle tre istituzioni giuridiche: la Penitenzieria Apostolica, il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e il Tribunale della Rota Romana, come ha evidenziato Paloma García Ovejero:

R. - Possiamo dire che è la prima volta che viene affrontata la questione dei tribunali. Fino ad ora non ne avevano ancora parlato.

D. - Il cardinale George Pell ha quindi riferito sul lavoro della Segreteria per l’Economia, a lui affidata, in particolare sull’attività di formazione del personale e sulle risorse umane. Ospite del C9, il prefetto della Segreteria per la Comunicazione, mons. Dario Viganò, ha aggiornato lo stato della riforma dei media vaticani...

R. – Ha parlato dell’accorpamento della Radio Vaticana e del Centro Televisivo Vaticano; ha parlato degli incontri di lavoro che hanno avuto con la Segreteria di Stato, con la Segreteria per l’Economia, con l’Apsa, con l’Ulsa, per accompagnare questa nuova fase della riforma. Inoltre, mons. Dario Viganò ha presentato il piano per ristrutturare le frequenze radio, le nuove policy per il mondo dei social network. Ha parlato anche del futuro della Lev, la Libreria Editrice Vaticana.

D. - Ma ci sono novità da sottolineare?

R. - La grande novità, forse, c’è stata lunedì con un messaggio del C9 di piena adesione e sostegno al Papa, alla sua persona e al suo Magistero. Non è usuale che il Consiglio dei Cardinali faccia uscire un bollettino prima di finire i lavori. Però chiaramente la novità è la riforma. La novità è che il Papa va avanti verso una Chiesa sempre più misericordiosa, più fedele a Cristo.

Questi i porporati membri del C9: Pietro Parolin, segretario di Stato, Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, coordinatore del gruppo, Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato, Francisco Javier Errázuriz Ossa, arcivescovo emerito di Santiago del Cile, Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, Sean Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston, George Pell, prefetto della Segreteria per l'Economia (Australia).

inizio pagina

Emergenze sociali e biotestamento nel vertice Italia-S. Sede

◊  

Le emergenze sociali sono stati tra i temi affrontati nel bilaterale di ieri tra i vertici di Italia e Santa Sede a Roma, in occasione della ricorrenza dei Patti Lateranensi. Presenti tra gli altri il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, il presidente Sergio Mattarella e il premier Paolo Gentiloni. Ma si è parlato anche del ruolo dell’Italia nella Unione Europea. Alessandro Guarasci: 

Le molte sollecitazioni che investono la società italiana non potevano non essere trattate nel bilaterale di ieri a Palazzo Borromeo. Ascoltiamo il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin:

"La maggior parte dell’incontro è stato dedicato proprio alle emergenze sociali dell’Italia, come ad esempio dell’occupazione, del lavoro, soprattutto il tema dei giovani, delle migrazioni; in questo senso c’è molta preoccupazione".

Spazio poi anche i temi etici, soprattutto con riferimento al ddl sul biotestamento, in discussione in Parlamento. Ancora il cardinale Parolin:

"La nostra preoccupazione per la riduzione di tutta la problematica sull’autodeterminazione della persona, mentre ci dovrebbe essere un’apertura maggiore, per esempio, al dialogo tra medico e paziente".

Ma Italia e Santa Sede concordano inoltre che è necessario rafforzare il ruolo dell’Unione Europea, per un suo vero rilancio. I populismi, quindi, preoccupano il segretario di Stato vaticano:

"La chiusura non è mai una buona politica, no? Quindi questa incapacità di accogliere, di integrare può essere pericolosa. D’altra parte la storia ce lo insegna. Cerchiamo almeno che la storia non si ripeta nei suoi aspetti più negativi".

Durante il vertice Italia-Santa Sede si è anche parlato del ruolo dell'Italia nello scacchiere internazionale e nei capitoli geopolitici, pensando alla presidenza del G7, alla cerimonia per i 60 anni della firma dei Trattati di Roma e al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Spazio inoltre alla tragedia della persecuzione dei cristiani nel mondo, con la necessità di tutelare maggiormente le minoranze etniche e religiose. Nel corso dell'incontro fra le delegazioni a Palazzo Borromeo per la ricorrenza dei Patti Lateranensi, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha poi ringraziato il Papa per la sua vicinanza ai terremotati in Centro Italia.

inizio pagina

Mons. Perego vescovo a Ferrara: "Poveri come scelta preferenziale"

◊  

Il Papa ha nominato mons. Giancarlo Perego nuovo arcivescovo di Ferrara-Comacchio: succede a mons. Luigi Negri. Mons. Perego, nato in provincia di Cremona 56 anni fa, dal 2009 è stato direttore generale della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana. Francesca Sabatinelli

Il suo nome è stato sempre legato all’impegno per l’affermazione della centralità della persona, in tutte le sue dimensioni: è quello che sottolinea la Fondazione Migrantes nel ricordare che mons. Perego è stato in questi anni al fianco di immigrati, rifugiati, richiedenti asilo, rom, sinti e camminanti, circensi, lunaparkisti, gente dello spettacolo viaggiante e italiani residenti all'estero. L’impegno di mons. Perego si è declinato nell’attenzione e nella strenue difesa di coloro che la società odierna mette nella condizione di essere ultimi. Un incarico pieno di significato quello che ora assumerà alla guida della arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, un impegno che certamente - come sottolinea il presidente della commissione Cei per le migrazioni mons. Guerino Di Tora - il nuovo arcivescovo porterà avanti "con disponibilità, senso di responsabilità, lungimiranza nell'interpretare e rispondere alle reali situazioni del momento". Ascoltiamo lo stesso mons. Giancarlo Perego:

R. – Certamente, diventare vescovo di una Chiesa è sempre un’emozione importante, anche per il servizio a cui si è chiamati. Il mio primo pensiero è andato a tutte quelle persone che mi hanno accompagnato in questi anni, da quando sono entrato in seminario in prima media, fino ad oggi. Un vescovo è il frutto di una Chiesa-madre che lo genera e io sono riconoscente alla mia Chiesa di Cremona che mi ha accompagnato, ha accompagnato il mio discernimento, mi ha alzato nelle mie debolezze. E sono riconoscente anche al Papa, che ha voluto guardare a me per la bella Chiesa di Ferrara, una Chiesa che vive le stesse gioie e le stesse speranze, le stesse tristezze, le stesse angosce di tutte le Chiese oggi, in Italia e nel mondo. Leggo dentro questa nomina del Papa certamente la continuità, e per me diventerà anche un impegno, di una scelta preferenziale per i poveri, come uno dei segni importanti di ogni Chiesa, di ogni comunità. Ripartire dagli ultimi è certamente nel cammino dell’evangelizzazione, della nuova evangelizzazione di oggi, uno degli aspetti più importanti, con la ricchezza storica, culturale, di persone, di relazioni che ogni Chiesa, in maniera diversa, regala a chi ne diventa pastore.

D. – Lei dal 2009 è stato direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei. Dal 2009 è stato forte il suo impegno accanto a quegli ultimi di cui ci parlava, gli ultimi nelle persone soprattutto dei migranti. Sono stati anni molto importanti, anni anche di grandi sofferenze, anche per come l’Italia e l’Europa tutta, e ricordiamo i suoi tanti appelli, hanno affrontato la questione dei migranti …

R. – Sono stati anni certamente difficili per i migranti questi, al tempo stesso, però, sono stati anni in cui il Magistero, prima di Papa Benedetto e poi di Papa Francesco, ci hanno regalato una strada da percorrere che è quella del rispetto e della tutela della dignità di ogni persona, soprattutto di chi è costretto a lasciare la propria terra a causa della guerra, a causa di disastri ambientali, persecuzione politica e religiosa. E questa strada è segnata, è necessaria, perché è la strada che incarna il Vangelo oggi. Nella “Caritas in veritate”, Papa Benedetto, e Papa Francesco nella “Evangelii Gaudium”, ci hanno richiamato fortemente a questa centralità della dignità del povero e del migrante, e non solo come singola persona, ma come popolo. E, quindi, credo che sia importante che questa attenzione sia presente in ogni Chiesa, con le caratteristiche diverse, come lo è, con le testimonianze che ho incontrato in questi anni prima come responsabile dell’area nazionale di Caritas italiana e poi come direttore di “Migrantes”, nelle tante Chiese italiane, nelle nostre parrocchie, dove oggi anche il segno di oltre 30 mila persone ospitate è un segno di una Chiesa aperta e che concretamente, realisticamente, dà dei segnali importanti al mondo, allo Stato, alla società, all’Europa.

 

inizio pagina

Altre nomine

◊  

Per le altre nomine odierne del Papa consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

inizio pagina

Centesimus Annus: assegnati i premi "Economia e Società"

◊  

La Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, istituita nel 1993 da San Giovanni Paolo II con lo scopo di diffondere la Dottrina sociale della Chiesa, ha annunciato oggi presso la Sala Stampa della Santa Sede le opere a cui è stato assegnato il Premio Internazionale “Economia e Società”. Il riconoscimento è andato allo scrittore Markus Vogt. Vincitori, nella sezione speciale dedicata a lavori giornalistici, Dominique Greiner e Burkhard Schäfers. Sul significato del premio, giunto alla III edizione, Giancarlo La Vella ha intervistato il presidente della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, Domingo Sugranyes Bickel

R. - Il premio assegnato a Markus Vogt è motivato dall'importante libro, da lui scritto, sulla sostenibilità, concetto centrale della Dottrina sociale della Chiesa, perché riassume le idee tradizionali sul bene comune che sono complementari dei principi riconosciuti di sussidiarietà. Il significato è che, seguendo assolutamente la linea dell’Enciclica Laudato si’, è un passo nella ricerca di applicare, di capire questa visione globale del Santo Padre, dove l’ecologia, non è una cosa a sé, non è un bene in sé, ma fa parte di una visione di insieme del bene comune dell’umanità.

D. - Per come stanno andando oggi le cose nel mondo, sembra che ecologia, economia e dimensione sociali siano ritenute incompatibili …

R. - Sì. Non direi che sono incompatibili; ci sono quantità di esempi positivi e negativi. Penso che il tema ecologico, per esempio, sia entrato nella realtà delle politiche di moltissimi enti economici e imprese nel mondo. Certo è che è una difficile lotta, perché politicamente ci sono ostacoli e ogni tanto ci sono movimenti contrari che fanno passi indietro. Per quanto riguarda la visione globale, che ci propone le Chiesa e il Santo Padre, direi che ci sono poche epoche nel passato recente, in cui questa idea è stata così accettata e così compresa. Quindi io non sarei pessimista.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Siria: nuovi colloqui di pace ad Astana in Kazakistan

◊  

E' slittato a domani per motivi tecnici il nuovo round di colloqui di pace sulla Siria ad Astana, in Kazakistan, in vista del vertice di Ginevra del 23 febbraio. Le delegazioni di Russia, Iran, Damasco, Turchia, Nazioni Unite e opposizione armata, discutono di come monitorare il cessate il fuoco attualmente in vigore. Massimiliano Menichetti ha intervistato Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell'Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo: 

R. – In Siria ci sono più parti. C’è l’Is, i ribelli antigovernativi, a loro volta divisi in varie fazioni, poi ci sono le forze governative… Certamente ci troviamo di fronte a degli attori che non sono solamente locali ma, come sappiamo, presenze, influenze e sostegni che vengono dall’estero, in primis dalla Russia che appoggia esplicitamente il governo di Assad, ma anche da parte statunitense ci sono sostegni significativi. Poi ci sono gli altri Stati della regione come l’Iran, l’Arabia Saudita, che giocano un ruolo non trascurabile. Quindi è molto complesso riuscire ad arrivare ad una soluzione.

D. – La via della mediazione però è irrinunciabile…

R. – Certamente la prospettiva di tentare un dialogo e una soluzione del  conflitto non può essere tralasciata e le speranze risiedono, soprattutto, in primo luogo, in un accordo tra le due superpotenze, Russia e Stati Uniti. Oggi sembra che si stia istaurando un clima nuovo, ma bisognerà vedere effettivamente cosa avverrà. Non possiamo farci grandi illusioni sul risultato di questi incontri, di questi tavoli di confronto, ma non possiamo assolutamente pensare di non farli.

D. – La fuoriuscita o meno del presidente siriano Assad è stata da prima caldeggiata poi accantonata; ora si pensa anche ad una parcellizzazione della Siria…

R. – Purtroppo si arriverà ad una parcellizzazione di questo territorio che, ovviamente, al governo siriano di Assad non va bene. Però, già, nei fatti, da 5 anni il Paese è diviso in diverse parti che si combattono. A questo punto, immaginare un processo di pace che riesca nell’immediato a riunificare globalmente il Paese è impossibile.

D. – Diverse volte è stato dichiarato il cessate il fuoco. La Siria sembra un Paese fuori controllo all’interno del quale si combattono tante questioni, da quella dei curdi ai conflitti tra jihadisti…

R. – Questo crea poi le difficoltà per realizzare un tavolo di trattativa che possa portare a un’effettiva pace. Come dicevamo, gli attori sono molteplici, ci sono interessi contrastanti… Si accennava al ruolo dei curdi: immaginiamo quanto sia problematico per tutti i Paesi dell’area la realizzazione di un’autonomia geografica e politica dei curdi, soprattutto per l’altro attore interessato alla vicenda che è la Turchia e che vede i curdi come un elemento destabilizzante per la propria unità nazionale. Questi diversi interessi giocano in senso contrario a una soluzione rapida e pacifica di un conflitto che ormai da 5 anni ha causato non solo migliaia di vittime, ma anche milioni di profughi.

inizio pagina

Libia: annunciata intesa Serraj-Haftar su comitato congiunto

◊  

In Libia, le due fazioni rivali che fanno capo da un lato al premier del governo internazionalmente riconosciuto di Tripoli, al Serraj, e dall’altro all’uomo forte della Cirenaica, il generale Haftar, si sono accordate per lavorare insieme alla revisione dell’intesa politica promossa dall’Onu nel 2015 e che ha portato alla nascita del Consiglio presidenziale. A darne notizia è un portavoce dell'esercito egiziano. Proprio al Cairo, con la mediazione locale, si sono svolti fino a ieri 2 giorni di colloqui indiretti tra al Serraj e Haftar. Le parti hanno anche preso un "impegno a lavorare per fermare lo spargimento di sangue in Libia e il degrado della situazione di sicurezza, umanitaria e dei servizi". Secondo l’agenzia di stampa ufficiale egiziana, Mena, inoltre, gli incontri avrebbero portato pure a decidere, per febbraio 2018, le elezioni parlamentari e presidenziali. Elvira Ragosta ha intervistato Gabriele Iacovino, analista del Centro studi internazionali (Cesi): 

R.- E' una buona notizia nel caso in cui sia sostenibile sul campo, perché di fatto viene dopo i colloqui indiretti tra due personalità – Serraj e Haftar – che sono parti in gioco. Bisognerà vedere se questo accordo avrà un’attuazione reale sul campo, se anche le altre entità, sia politiche sia di sicurezza, vorranno applicare tale intesa, sia il Parlamento di Tripoli sia quello di Tobruk. Quindi bisognerà vedere se Serraj e Haftar riusciranno a “far rispettare” questo accordo che, in un certo senso, è stato negoziato tra di loro grazie ai buoni uffici dell’Egitto.

D. - Che ruolo gioca oggi l’Egitto nella stabilizzazione della Libia e del Maghreb?

R. - Un ruolo importante di un Paese che nel mondo arabo, a cavallo tra Maghreb e Medio Oriente, è sempre stato fondamentale sia dal punto di vista culturale sia politico. Al Sisi cerca di far splendere di nuova luce questo ruolo; rispetto al passato il ruolo dell’Egitto è minoritario in questo momento. Inevitabilmente, però, in una situazione del Nord Africa di così forte instabilità, soprattutto in un Paese vicino come quello libico, il ruolo dell’Egitto diventa fondamentale in quanto è riuscito a far arrivare al tavolo dei negoziati l’uomo su cui punta, cioè quel generale Haftar che, alla fine, è più forte fuori dalla Libia che dentro la Libia. Già questo per l’Egitto è un risultato fondamentale che potrebbe avere dei risvolti soprattutto per l’influenza egiziana sulla parte della Libia, sulla regione della Libia che più interessa al Cairo: la Cirenaica.

D. - Quale dovrebbe esser il punto d’incontro definitivo tra il premier del governo riconosciuto al Serraj e l’uomo forte della Cirenaica, il generale Haftar?

R. - Se questo ennesimo processo negoziale in Libia sarà solamente un tentativo di spartizione del potere tra due o tre o quattro soggetti, inevitabilmente il processo fallirà, come di fatto è successo fin dalla caduta di Gheddafi ad oggi; senza un processo negoziale, politico, di ricostruzione delle istituzioni che coinvolga tutti gli attori libici, non solo il Parlamento di Tobruk, a questo punto quello di Tripoli, ma anche altre entità politiche, tribali, amministrative, locali, inevitabilmente si arriverà ad un punto in cui ogni processo negoziale fallirà; e comunque anche con delle elezioni reali, se non saranno rappresentative di tutto il Paese - anche di una regione che finora è stata toccata marginalmente, il Fezzan, che è un avamposto dell’instabilità locale - qualsiasi processo di stabilizzazione fallirà.

inizio pagina

Elezioni in Indonesia: islamisti puntano alle divisioni religiose

◊  

Si sono svolte oggi in Indonesia le elezioni amministrative: si sono recati al voto i cittadini di oltre 100 città e province. Per gli osservatori si tratta di un test importante per comprendere se è in crescita il radicalismo religioso nel Paese asiatico con la popolazione musulmana più grande del mondo, oltre 220 milioni di persone. Il servizio di Sergio Centofanti

In Indonesia si è votato tra forti tensioni. Al centro dell’attenzione c’è soprattutto Giakarta, la capitale, dove secondo dati ancora non ufficiali vanno al ballottaggio il governatore uscente Basuki Tjahaja Purnama, detto Ahok, un cristiano di origini cinesi, e l’ex ministro dell’istruzione Anies Rasyid Baswedan, sostenuto dai radicali islamici.  Il governatore Purnama si è presentato al voto nonostante sia sotto processo per blasfemia. Le frange islamiche oltranziste lo osteggiano con forza. Nei mesi scorsi hanno organizzato due imponenti manifestazioni per chiederne l’arresto. Durante la campagna elettorale il governatore aveva accusato i radicali di abusare dei testi del Corano che a loro dire indicherebbero che un musulmano può votare solo un altro musulmano. Da queste parole è partita la campagna dei suoi oppositori che sono riusciti a portarlo in tribunale.

Il governatore è invece appoggiato dai musulmani moderati, che lo stimano per quanto ha fatto nella capitale. Secondo gli esperti il voto è un test per la democrazia indonesiana, anche in vista delle elezioni presidenziali del 2019. La Costituzione tutela la libertà di culto e il Paese ha un’antica tradizione di tolleranza ma l’estremismo è in crescita così come gli episodi di violenza. Nel novembre scorso una bomba è esplosa davanti ad una chiesa cristiana nel Paese provocando la morte di una bambina.

inizio pagina

Europarlamento verso fondo per finanziare aborto nel mondo

◊  

Preoccupazione per la decisione del Parlamento europeo di approvare una risoluzione con la quale si chiede all’Unione Europea di sostenere la creazione di un fondo internazionale per finanziare l’accesso all’aborto legale e nello stesso tempo si condanna il presidente americano Donald Trump per aver cancellato i finanziamenti alle organizzazioni che praticano interruzioni di gravidanza. Dura la presa di posizione del Movimento per la Vita italiano che ha definito l’accaduto “un vero e proprio scandalo”. Federico Piana ha intervistato il presidente, Gian Luigi Gigli

R. – Purtroppo la cosa girava già da alcuni giorni. Noi avevamo già mandato un’allerta. Personalmente avevo scritto al nostro ministro degli Esteri e al nostro ministro della Salute perché c’era questa proposta danese - che però ha coagulato poi altre realtà come l’Olanda, il Belgio ecc. - affinché l’Europa sostituisse con propri fondi una mancanza di risorse per l’industria dell’aborto ("Planned parenthood"), che praticamente esporta in tutti i Paesi in via di sviluppo quello che è chiamato “il pacchetto della salute riproduttiva”, cioè aborto, contraccezione e sterilizzazione, invece che cibo, lavoro o crescita sociale. Questa è una politica che da tempo hanno perseguito le Nazioni Unite e che è stata fatta propria con molta decisione dalla Clinton - che è stata una finanziatrice convita di queste politiche di controllo delle nascite dei Paesi in via di sviluppo - e che adesso si è venuta a trovare in difficoltà a causa del taglio di fondi operato da Trump. Ora, sarebbe scandaloso se l’Europa, nascondendosi dietro, magari, intenzioni buoniste - perché poi in questi manifesti c’è sempre di tutto: no alla violenza sulle donne, sì allo sviluppo di pari opportunità per quanto riguarda occasioni di lavoro ecc. - e queste sono ovviamente tutte cose su cui siamo tutti d’accordo ... e poi ci si infila dentro la mela avvelenata della cosiddetta “salute riproduttiva” nei Paesi in via di sviluppo. Mi auguro che l’Italia non voglia associarsi a questo carro. Per ora c’è una base puramente volontaria. L’Olanda ha già stanziato 20 milioni di euro e fin qui ogni Paese è libero di fare quello che vuole, ma se diventasse una politica comunitaria, certo, ci sarebbe molto da pensare su quali sono ormai le ragioni che tengono insieme l’Europa.

D. - Cosa si può fare a livello italiano in questo caso?

R. - Questa, certamente, è una risoluzione del Parlamento europeo, quindi al momento non ha valore vincolante per quanto riguarda gli Stati. Personalmente, come dicevo, mi sono attivato sul nostro governo e continuerò a farlo: voglio interpellare lo stesso premier Gentiloni e mi auguro che voglia rispondere, e se non rispondessero, ne farò oggetto di una interrogazione parlamentare, ma soprattutto cercherò di lanciare prossimamente una petizione popolare perché l’Italia non si adegui a queste che sono in realtà delle tecniche semplicemente per fare in modo che i poveri non si siedano al tavolo.

inizio pagina

Vescovi Usa e Messico: ascoltiamo grido dei fratelli migranti

◊  

“In questo momento difficile della nostra storia ascoltiamo il grido dei nostri fratelli migranti, nei quali ascoltiamo la voce di Cristo”. Lo affermano in un messaggio, diffuso ieri, i vescovi delle diocesi frontaliere del Messico e del Texas, riuniti a Brownsville (Stati Uniti) per il semestrale incontro chiamato “Mex-Tex”. 

Nei centri di detenzione e di accoglienza condizioni inumane
“Gesù, Maria e Giuseppe, come migranti e rifugiati, cercarono un luogo per vivere e lavorare, sperando in una risposta di compassione umana. Oggi – si legge nel comunicato ripreso dall’agenzia Sir - questa storia si ripete. Questa mattina – scrivono i presuli - abbiamo visitato centri di detenzione e luoghi di accoglienza rivolti soprattutto a madri, adolescenti e minori migranti. Questi centri sono luoghi che riflettono condizioni di vita intollerabili e inumane”.

Sistema migratorio ormai a pezzi
“Negli anni abbiamo toccato con mano la sofferenza causata da un sistema migratorio ormai a pezzi, a causa di condizioni strutturali ed economiche che generano minacce, deportazioni, impunità e violenza estrema. Una situazione che si riferisce sia alla frontiera tra Messico e Centroamerica che a quella tra Stati Uniti e Messico”.

I vescovi: si paralizza lo sviluppo delle nazioni
Questa realtà “oggi sta diventando molto più evidente, di fronte alle politiche che le autorità civili stanno seguendo. In seguito a queste scelte tocchiamo con mano il dolore per la separazione delle famiglie, per la perdita del lavoro, per le persecuzioni e le discriminazioni, per le espressioni di razzismo, le deportazioni non necessarie, che paralizzano lo sviluppo delle persone nelle nostre società e lo sviluppo delle nostre nazioni, lasciandole nell’incertezza e senza speranza”. (A cura di Amedeo Lomonaco)

inizio pagina
Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 46

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.