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Sommario del 12/02/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



All'Angelus il richiamo del Papa a non essere cristiani di facciata

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Essere cristiani di sostanza e non di facciata: è il richiamo di Papa Francesco all’Angelus. La liturgia dell’odierna domenica offre un nuova pagina del Discorso della montagna di Gesù, riferito dall’evangelista Matteo. Quello che fu detto nell’Antica Alleanza non era tutto,afferma il Papa e, nel brano di oggi, Gesù invita ad una rilettura della legge di Mosè, in particolare su tre temi: l’omicidio, l’adulterio e il giuramento. Il servizio di Adriana Masotti

Gesù è venuto per dare compimento e per promulgare definitivamente la legge di Dio, manifestando i suoi aspetti autentici.  E lo fa, spiega il Papa,  con la sua predicazione e più ancora con il dono di sé sulla croce:

“Così Gesù insegna  come fare pienamente la volontà di Dio, con una “giustizia superiore” rispetto a quella degli scribi e dei farisei. Una giustizia animata dall’amore, dalla carità, dalla misericordia, e pertanto capace di realizzare la sostanza dei comandamenti, evitando il rischio del formalismo: questo posso, questo non posso; fino a qui posso, fino a qui non posso … No: più, di più, di più".

Tre gli aspetti che in particolare Gesù esamina nella pagina evangelica che la liturgia propone oggi e su cui si sofferma Francesco: l’omicidio, l’adulterio e il giuramento.

Non solo l’omicidio vero e proprio viola, secondo Gesù, il comandamento  “non uccidere”, ma anche i comportamenti contrari alla dignità della persona umana, comprese le ingiurie:

“Certo, queste non hanno la stessa gravità e colpevolezza dell’uccisione, ma si pongono sulla stessa linea, perché ne sono le premesse e rivelano la stessa malevolenza. Gesù ci invita a non stabilire una graduatoria delle offese, ma a considerarle tutte dannose, in quanto mosse dall’intento di fare del male al prossimo. E Gesù dà l’esempio. Insultare: ma, noi siamo abituati a insultare, è come dire “buongiorno”. E quello è sulla stessa linea dell’uccisione. Chi insulta il fratello, uccide nel proprio cuore il fratello. Per favore, non insultare! Non guadagniamo niente".

Riguardo all’adulterio Gesù va alla radice del male:

“Come si arriva all’omicidio attraverso le ingiurie e le offese, così si giunge all’adulterio attraverso le intenzioni di possesso nei riguardi di una donna diversa dalla propria moglie”.

Tutti i peccati, infatti, nascono nel nostro intimo e poi si attuano nel comportamento. E Gesù dice: quello che guarda una donna che non è la propria con animo di possesso, è un adultero nel suo cuore, ha incominciato la strada dell’adulterio. Pensiamo un po’ su questo: sui pensieri cattivi che vengono su questa linea".

Non giurate, dice Gesù ai suoi discepoli, perché il giuramento è segno dell’insicurezza e della doppiezza delle relazioni umane.

“Piuttosto siamo chiamati ad instaurare tra di noi, nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità un clima di limpidezza e di fiducia reciproca, così che possiamo essere ritenuti sinceri senza ricorrere a interventi superiori per essere creduti”.

In definitiva il richiamo del Papa è quello di “essere cristiani non ‘di facciata’, ma di sostanza”.

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Oggi in Primo Piano



Usa: Trump rivendica l'ondata espulsioni e cambia sui transgender

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Ho soltanto mantenuto la promessa della campagna elettorale. Così in un tweet il presidente americano Donald Trump commenta il giro di vite contro gli immigrati irregolari che nell’ultima settimana ha portato a migliaia di arresti in almeno sei Stati Usa. E mentre si attende un nuovo bando per gli arrivi da sette Paesi islamici, la nuova amministrazione Trump ha deciso di abbandonare la politica a favore dei bagni transgender nelle scuole intrapresa dall’ex presidente Obama. Il servizio di Marco Guerra

"Il giro di vite sui clandestini criminali rappresenta soltanto l'aver mantenuto la promessa della mia campagna elettorale. Componenti delle gang, spacciatori e altri personaggi sono stati tolti di mezzo". Con il consueto linguaggio che divide l’opinione pubblica americana, il presidente Trump ha rivendicato, in un tweet, l’ondata di arresti ordinati dalle autorità preposte all'immigrazione e alla sicurezza dei confini. L’obiettivo dichiarato è quello di rimpatriare immigrati macchiatisi di reati ma, secondo i media e associazioni umanitarie, sarebbero state colpite anche persone senza precedenti penali. I distretti interessati dai raid sono quelli di Atlanta, Chicago, New York, Los Angeles, il North e South Carolina. I fermati provengono per lo più da una dozzina di Paesi dell'America Latina. Intanto, dopo la conferma della sospensione da  parte della Corte d'Appello del bando anti-Islam, Trump fa sapere che non farà ricorso alla Corte Suprema ma si appresta a presentare un nuovo bando. Cambio di rotta anche riguardo alla controversa politica dell’amministrazione Obama riguardo a toilette e spogliatoi di sesso indefinito nelle scuole. L'autorizzazione all’uso dei bagni secondo il sesso percepito e non quello biologico era stata già bloccata da una corte distrettuale del Texas, in seguito a una causa intentata da una decina di Stati Usa. Il nuovo inquilino della Casa Bianca ha deciso di non ricorrere come invece previsto da Obama.

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La Corea del Nord lancia un missile nel Mar del Giappone. Abe, provocazione intollerabile

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La Corea del Nord ha condotto un nuovo test missilistico a medio raggio, lanciando un razzo che ha viaggiato per circa 500 km prima di cadere nel mar del Giappone. La notizia ha subito suscitato la reazione del presidente americano Trump che proprio in quelle ore era a cena col premier nipponico Shinzo Abe in Florida. "Assolutamente intollerabile", il commento di Abe. "Siamo al fianco del Giappone al 100%", quello di Trump. Allarme e preoccupazione anche in Corea del Sud che parla di “provocazione”. Secondo il comando maggiore di Seul, il missile sembra essere un Rodong o una versione modificata e la distanza coperta indica che non s'è trattato di un vettore intercontinentale. Pyongyang, nonostante le sanzioni decise a livello Onu, non ha mai smesso i test nucleari e di nuove armi.

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Turkmenistan: voto scontato alle presidenziali

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Turkmenistan al voto oggi per eleggere il nuovo presidente, tra 9 candidati, incluso il capo di Stato uscente Berdimuhamedov, al potere dal 2007. Un Paese con potenzialità altissime dal punto di vista economico, ma pieno di contraddizioni e - afferma Amnesty International - costanti violazioni dei diritti umani, primo tra tutti la libertà religiosa. E a pagare sono spesso i cristiani. Cecilia Seppia

Tra i primi posti del Continente asiatico, il sesto al mondo, il Turkmenistan, con 13 trilioni di metri cubi, è uno dei Paesi più ricchi di giacimenti di gas naturale. Negli ultimi anni grazie all’apertura di investimenti stranieri e all’istaurazione di nuove relazioni internazionali, il governo di Aşhgabat ha ottenuto la consacrazione di capitale energetica dell’Asia centrale. Fulvio Scaglione, esperto dell'area:

“Il Turkmenistan è un Paese che si affida, per la sopravvivenza e il benessere dei suoi cittadini, soprattutto all’esportazione del gas naturale, che va per circa il 50 percento alla Cina e il resto è diviso in parti abbastanza equipollenti tra Russia e Iran. Quindi ha una ‘vocazione’ molto precisa: i Paesi come il Turkmenistan in Medio Oriente vengono definiti come ‘petro-monarchie’, perché sono delle monarchie, e qui ci andiamo vicini. Per il resto, è un Paese che con i proventi del gas finanzia un sistema di welfare piuttosto pesante per le casse dello Stato, e che infatti, in questi ultimi tempi, sta andando piuttosto in crisi perché il commercio del gas non rende come rendeva una volta. E poi naturalmente c’è tutta la situazione dei diritti umani, che è un capitolo piuttosto triste”.

Gli occhi della comunità internazionale sono dunque puntati su questa tornata elettorale, la prima dopo le modifiche apportate alla Costituzione, ma gli avversari del presidente in carica, Berdimuhamedov, al potere dal 2007 e sostenuto dal Partito Democratico del Turkmenistan, non sembrano essere in grado di sfidarlo: tra di loro il leader del partito degli Industriali e degli Imprenditori, nonché presidente di "Rysgal” della banca commerciale, Bekmyrat Atalyev, il candidato del Partito Agrario Durdygylych Orazov. Altri, sostenuti da iniziative popolari, le cui campagne elettorali per quanto i contenuti fossero buoni e validi, sono state in linea di massima fallimentari. Che cosa bisogna dunque aspettarsi? Ancora Scaglione:

“Praticamente nulla, nel senso che il presidente uscente, Gurbanguly Berdimuhamedov, sarà rieletto. È una di quelle tipiche elezioni che una volta, ai tempi del blocco sovietico, si sarebbero definite ‘bulgare’. Berdimuhamedow aveva ottenuto, nella precedente tornata elettorale, il 95 percento dei voti, e replicherà questo risultato, anche perché nell’autunno scorso sono state apportate delle modifiche alla Costituzione appositamente studiate per lui: e cioè un prolungamento del mandato presidenziale da cinque a sette anni; ed è anche stato tolto il limite dei 70 anni di età per il capo dello Stato. Peraltro, ci sono nuovi candidati in quest’elezione: gli altri otto sono tutti personaggi a lui vicini, e comunque semi-ininfluenti; e quindi il risultato è scontato”.

Ma spesso alla ribalta delle cronache questo Paese è salito tristemente per la violazione dei diritti umani e in particolare della repressione della libertà religiosa e di pensiero, punita dalle autorità con il carcere duro, maltrattamenti e torture:

“C’è una compressione dei diritti civili molto molto forte: di tutti i diritti civili. E poi in particolare contro le comunità religiose c’è un accanimento speciale, intenso. D’altra parte, bisogna tenere presente che a tutte le comunità religiose è fatto obbligo di studiare il Ruhnama, che è un testo di scritti religiosi del precedente presidente, Saparmyrat Nyýazow. Quindi questo già dà l’idea di quale sia la situazione e il livello di tolleranza. E poi naturalmente carcere, persecuzioni…Tanto è vero che le comunità religiose molto spesso preferiscono rimanere nello stato di clandestinità, piuttosto che affrontare una complessa e repressiva procedura di registrazione, che poi li espone alle attenzioni molto poco piacevoli del regime”.

Nessuna novità dunque se non qualche sussulto dal punto di vista sociale contro un welfare definito da molti “eccessivo”, longa manus di quel paternalismo con cui Berdimuhamedov riesce a governare i suoi 5 milioni di cittadini:

“Sì, è una formula molto tipica di questi Paesi. È una formula che nell’Asia Centrale è stata ed è molto praticata. È stata quasi la regola praticamente un po’ dappertutto dopo il crollo dell’Unione Sovietica e l’indipendenza di questi Paesi. Sono le ricchezze naturali ovviamente a tenere in piedi questo tipo di atteggiamento. E finché il Turkmenistan avrà del gas da vendere, e quindi dei ricavati da spendere, probabilmente questo sistema, e i regimi che lo interpretano resteranno in piedi”.

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Al Baghdadi fuggito in Siria. Il capo dell’Is ha lasciato Mosul

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Il leader del sedicente Stato Islamico, Abu Bakr al Baghdadi, è fuggito in Siria lasciando l’Iraq. È quanto riferisce il generale dei servizi di sicurezza iracheni Abdolkarim Khalaf, citato dall'agenzia iraniana Fars.  Al Baghdadi sarebbe fuggito con alcuni alti comandanti del Califfato dalla parte occidentale di Mosul verso i confini siriani. Dallo scorso 17 ottobre è infatti in corso un assedio alla città da parte delle truppe di Baghdad che intendono riprenderne il controllo.

Il generale Khalaf ha detto inoltre che al Baghdadi ha lasciato Mosul qualche tempo fa e non ha più contatti con i comandanti che sono rimasti a Mosul e che "sono per lo più inesperti". Il generale non ha invece rivelato alcuna informazione circa la data esatta o la destinazione del viaggio segreto di al Baghdadi anche se, secondo le ultime informative, si troverebbe nella città siriana di Raqqa, capitale dello Stato Islamico. Fonti locali avevano anche riferito a gennaio scorso che al Baghdadi era rimasto ferito in un attacco delle forze aeree al suo convoglio durante un trasferimento in territorio iracheno.

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Ciad, allarme epatite "E". Don Carraro: difficile fare prevenzione

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In Ciad è scoppiata un’epidemia di Epatite "E", ma la risposta è del tutto inadeguata. E’ l’allarme lanciato dall’organizzazione Medici Senza Frontiere e che riguarda però anche altri Paesi dell’area. Ce ne parla Francesca Sabatinelli

Da settembre ad oggi sono stati circa 70 i casi di epatite "E" individuati nella città di Am Timan, capitale della regione del Salamat, nel Ciad orientale. Undici le persone morte, tra loro quattro donne in gravidanza. La situazione nel Paese subsahariano è destinata a peggiorare e le organizzazioni che vi lavorano, come Medici Senza Frontiere che ha lanciato l’allarme, chiedono alle autorità sanitarie di dichiarare ufficialmente l’epidemia per poter poi adottare interventi su ampia scala. La grave carenza di acqua potabile – documenta l’organizzazione di soccorso medico – costringe la popolazione a prelevare l’acqua da fonti contaminate da batteri, escrementi, insetti e scarafaggi. Si cerca di operare su più fronti per contenere l’epidemia, compresa la sensibilizzazione delle persone circa le basilari norme di igiene, che possano limitare il contagio. Don Dante Carraro, direttore di Medici per l’Africa-Cuamm:

R. – E’ una patologia ricorrente nei Paesi dell’Africa subsahariana, perché queste patologie sono frutto di un sistema complessivo che è fragile. E’ una patologia, questa, che si trasmette, in termine tecnico si dice ‘orofecale’, cioè dalle feci che non vengono gestite in maniera adeguata, che quindi si disperdono sia sul terreno sia nell’acqua, acqua che poi si beve, con la quale si pulisce la verdura o la frutta. Quindi si passa dalle feci all’acqua, dall’acqua agli alimenti che si assumono e con l’alimento, che è stato ‘lavato’ o comunque trattato con quest’acqua contaminata, si ingeriscono anche i virus dell’epatite "E". E’ una malattia molto frequente, che si incontra e che si vede parecchio, e dipende, purtroppo, da elementi basilari di non funzionamento, di fragilità dei vari Paesi come, appunto, nella gestione dell’acqua e delle fonti di inquinamento come le feci. Nelle città ci sono tali concentrazioni di persone per cui questi meccanismi sono certamente più frequenti, perché non c’è un sistema di smaltimento di acqua, di feci, di urina.

D. – Per fermare la diffusione di questa epatite "E", quindi, la cosa essenziale è non solo potabilizzare l’acqua?

R. – Sì, non solo, dipende anche dallo smaltimento delle feci e delle urine, sia umane sia animali, in modo che questi escrementi vengano canalizzati, messi nei pozzi. C’è proprio un sistema complessivo di trattamento sia dei liquami sia poi di come viene fornita l’acqua. Quindi, la cosa migliore sarebbe quella di avere pozzi che diano acqua pulita alla gente. Quindi serve anche potabilizzare, ma quello della prevenzione è un concetto più ampio. Il tema è l’acqua, sia come viene eliminata dal corpo umano, sia come viene ingerita dalle sorgenti, che devono essere sorgenti di acqua pulita o comunque potabilizzata.

D. – Quanto è difficile fare prevenzione in quei Paesi?

R. – Molto. Ed è per questo che, ad esempio, anche le Nazioni Unite, nell’Africa subsahariana, hanno identificato alcuni Paesi, il Ciad è uno di questi, ma poi il Sud Sudan, la Repubblica Centrafricana, come Paesi fragili, dove il concetto di fragilità è un concetto ampio che riguarda il tema dell’acqua, ma riguarda anche il tema scolastico-formativo, che ti consente di capire che le malattie si trasmettono in quel modo e che riguarda, ovviamente, il sistema sanitario.

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Sudafrica: sale la tensione politica e sociale nel Paese

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In Sudafrica è sempre più aspro il confronto tra governo e opposizione: quest'ultima ha lanciato una campagna contro il presidente Zuma, accusandolo di corruzione. Accuse smentite dal capo di Stato. Intanto, prosegue la protesta degli studenti per l'aumento delle tasse universitarie. In questo contesto, l'economia sta vivendo un periodo difficile con un tasso di disoccupazione che arriva al 24%. A oltre 20 anni dall’inizio della transizione democratica che ha posto fine all’apartheid, il sogno di un Sudafrica motore di tutto il continente sta venendo meno. Ce ne parla Elvira Ragosta

Gli anni ’90 del Novecento sono stati per il Sudafrica gli anni della transizione democratica. Le prime elezioni libere del 1994 assegnano la presidenza a Nelson Mandela, uomo simbolo nella lotta all’apartheid, la politica di segregazione razziale. Nasce la “Nazione arcobaleno”, che intraprende la strada del miglioramento in campo politico, sociale ed economico.  A oltre vent’anni dall’inizio di questo cammino, che  ha portato al riconoscimento di maggiori diritti e alla diminuzione della povertà estrema, il Sudafrica può rappresentare oggi il volano per l’economia del continente africano? Il professor Giovanni Carbone, responsabile dell’Osservatorio Africa dell’Ispi (Istituto di Studi di politica internazionale), per cui ha recentemente curato un rapporto dedicato al Sudafrica:

R. - Il Sudafrica deve essere uno dei volani-chiave per la regione dell’Africa subsahariana. Questa era l’aspettativa 20 anni fa e in parte ha svolto questa funzione, soprattutto nella prima fase. Purtroppo, questa funzione si è appannata in anni recenti. Certo, le aspettative erano enormi: l’immagine di cui godeva il nuovo Sudafrica post-apartheid era molto ottimistica, molto positiva a livello internazionale. Non tutto ha funzionato: sono stati raggiunti importantissimi progressi politici e socio-economici ma poi la crescita economica si è rallentata notevolmente; sono emerse tensioni sociali e soprattutto, in questo momento, c’è una grave crisi di leadership politica.

D. - Quella sudafricana è un’economia ancora molto legata alle materie prime, ma la digitalizzazione in alcuni importanti settori – come trasporti ed energia – sembra avanzare a ritmi più veloci rispetto al resto dell’Africa. Quali le strategie di sviluppo necessarie?

R. - Il Sudafrica è un punto di approdo dei grandi gruppi economici internazionali che puntano a penetrare il continente passando dal Sudafrica; è un’economia-laboratorio, in un certo senso, che combina reparti anche di economia informale di livello africano, con reparti invece estremamente avanzati di alta tecnologia. E’ un’economia molto infrastrutturata ed è per questo che è un punto di forza per l’intero continente.

D. - Non mancano nel Paese tensioni sociali, in parte, forse, anche legate a una serie di aspettative disattese dalla “rinascita sudafricana” degli anni ’90…

R. - Sì, ci sono stati diversi motivi che hanno scatenato importanti proteste sociali legate alle disuguaglianze che restano molto profonde. Ci sono state proteste legate all’immigrazione: il Sudafrica è anche un polo d’attrazione per i migranti che vengono dall’Africa in cerca di condizioni migliori; ci sono state fasi di rigetto degli oltre due milioni di stranieri che vivono nel Paese. Recentemente, un motivo molto forte di protesta sociale è stato dato dall’emergere di casi di corruzione nella cerchia più stretta della classe politica sudafricana attorno al presidente Jakob Zuma, che è stato oggetto d’indagini.

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Mons. Moraglia: la Chiesa in prima linea contro la prostituzione

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Contro la tratta delle persone e contro la prostituzione, la Chiesa italiana è sempre più impegnata. Numerosi i vescovi che hanno firmato un documento con il quale la Comunità Papa Giovanni XXIII ha chiesto al parlamento e al governo una legge che contrasti il fenomeno della prostituzione sanzionando il cliente, sul modello di quella già adottata da diversi Paesi europei e auspicata dalla stessa Unione Europea. Federico Piana ne ha parlato con il Patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, uno dei firmatari dell’appello: 

R. – Abbiamo voluto un impegno, quello di chiedere una legge che noi riteniamo giusta, equa, che chiama a responsabilità tutte le persone che in qualche modo sono presenti in questa filiera, e anche il cliente. Quindi si riferisce un po’ al modello nordico, scandinavo, rispetto al modello usato invece in Germania e in Olanda, direi anche con risultati deludenti, perché mi sembra anche che stiano ripensando questo modello in questi Paesi.

D. – Perché è importante responsabilizzare il cliente?

R. – Probabilmente, certe volte una serata di noia, un po’ di adrenalina in più, violenta letteralmente una persona. Questo è il punto: responsabilizzare chi è all’origine della domanda, perché se venisse meno la domanda, si interromperebbe questo flusso.

D. – Questo documento è stato firmato da lei, mons. Moraglia, ma anche da altri vescovi. Quindi vuol dire che la Chiesa su questo fronte – sul fronte della tratta, della prostituzione – è in prima linea?

R. – Sì. Io qualche volte partecipo, e incoraggio sempre quell’apostolato – l’evangelizzazione di strada – che certe volte prende anche la forma proprio dell’uscita in certe zone difficili della città per incontrare queste persone e cercare di tessere una rete. La Chiesa di Venezia, per esempio, si sta anche attrezzando nel cercare un minimo di strutture per poter gestire quel momento difficile in cui la ragazza, la donna accetta – dopo aver vinto mille difficoltà interiori – di uscire da quel mondo, e allora si tratta di garantire l’inizio di un futuro diverso e poter trovare anche soluzioni, case-famiglia, case d’accoglienza… Ci stiamo attrezzando in questo senso.

D. – Le istituzioni, soprattutto quelle internazionali, cosa possono e debbono fare per fermare questo fenomeno della tratta, secondo lei?

R. – Il fenomeno della tratta fa parte un po’ – direi con Papa Francesco – di una cultura che non ha messo la persona al centro; così il fenomeno degli sbarchi, il fenomeno di questi migranti, sfruttati da chi garantisce loro la possibilità di lasciare la loro terra. E’ un discorso culturale-politico che uno Stato da solo non riesce a fare; però, io ripeto che qui l’Europa si gioca un po’ la sua credibilità, ecco. Noi vediamo il bene che può fare l’Europa ma vediamo anche che su certe politiche sociali, e direi anche nei confronti delle persone più fragili, non c’è quella rete che solamente se tessuta a livello continentale e anche planetario, potrebbe essere veramente la via d’uscita, insieme a tanto volontariato, insieme a tanta animazione della società civile. Però, anche il volontariato migliore, la società civile più disponibile se non ha un aiuto dalla grande politica, difficilmente può far fronte a fenomeni che sono veramente epocali e intercontinentali.

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La Chiesa: no al gioco d'azzardo; devasta le famiglie

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Il gioco d’azzardo è un fenomeno sempre più dilagante in Italia con migliaia di slot machine. Nel 2016 la raccolta dei proventi è cresciuta dell’8% rispetto all'anno precedente, raggiungendo la quota record di 95 miliardi. Da sempre la Chiesa è in prima linea per arginare il fenomeno. Al microfono di Elisa Mariella, don Maurizio Mirilli, parroco della chiesa del Santissimo Sacramento, nel quartiere romano di Tor de’ Schiavi, da dove ha dato il via alla campagna “Non giocarti la vita”: 

R. – È una situazione tenebrosa quella che esiste. La nostra realtà è quella di tante famiglie che si giocano letteralmente gli stipendi, la vita, le case, per il gioco d’azzardo, per le slot machine. Il fenomeno è molto più vasto di quanto si possa immaginare. Io mi sono trovato di fronte a tante situazioni di pensionati che si giocano la pensione, di padri di famiglia che rischiano di rimanere per strada, di persone attaccate dagli usurai perché poi magari loro sono i primi a darti i 50 euro che ti servono per continuare a giocare. E dai 50 euro poi si passa tranquillamente alle migliaia, le decine di migliaia di euro: gente che è costretta a vendersi le case pur di pagare i debiti. Insomma, è una piaga veramente molto dolorosa.

D. – A Tor de' Schiavi, dove lei opera, quante sono le persone coinvolte? Di quante storie è ormai abituato a sentir parlare? Quante persone ha aiutato?

R. – Nei due anni da quando sono parroco qui, ho affrontato una decina di casi. Naturalmente sono tanti di più, perché coloro che escono un po’ allo scoperto sono la minoranza. Ce ne sono tantissimi altri che avrebbero bisogno di essere aiutati, ma che invece rimangono nel nascondimento perché c’è tanta vergogna. Io dico sempre che non è che si deve vergognare colui che in qualche modo è vittima di questa malattia; si dovrebbero vergognare coloro che lucrano sulla pelle di queste persone ammalate.

D. – Di quante slot machine stiamo parlando?

R. – Tante! In questi ultimi anni, molti esercizi commerciali, molti bar, a volte anche per affrontare i loro problemi economici, si affidano alle slot machine per avere un guadagno piuttosto facile. Il fenomeno sta dilagando, per cui sotto casa chiunque è tentato da queste macchinette. Addirittura ci sono locali in cui, 24 ore su 24, si può andare a giocare, anche di notte.

D. – Qual è più o meno l’età media? È anche possibile trovare magari dei ragazzini, dei diciottenni, dei ventenni?

R. – Il problema è che questa ludopatia comincia sin da bambini e non finisce più. Io mi sono trovato di fronte a padri di famiglia di 50 anni, come donne anziane, come anche a ragazzini di quindici anni. Anzi: la soglia si abbassa sempre di più, perché il controllo di fatto non c’è.

D. – Nel momento in cui si ha a che fare con un ragazzino, come si fa a far capire a questo ragazzo che è il caso di smettere?

R. – Come tutte le dipendenze, l’approccio deve essere duplice: da un lato, ovviamente, ci deve essere l’aspetto repressivo, il controllo. Bisogna evitare di avere queste macchinette sotto casa. C’era stata la proposta di legge che diceva che queste slot dovevano essere almeno a 500 metri di distanza dalle scuole, dalle chiese, ecc. Poi purtroppo, con mio rammarico, devo dire che lo Stato è complice su questa cosa, perché questa legge non è passata. La repressione è fondamentale: evitare che ci siano occasioni di tentazioni sotto casa. E adesso sotto casa nei hai quattro o cinque di questi posti. Poi, ovviamente, c’è tutto il discorso preventivo educativo: i genitori sin da bambini devono aiutare i ragazzi a evitare di crescere anche con i giochi sul cellulare, per esempio. C’è infatti questa tendenza, purtroppo, di alcuni genitori, di fare la ricarica telefonica per far giocare i bambini, i ragazzi, ai giochetti sul cellulare, online. Proprio lì inizia la dipendenza, perché dal gioco banale poi si passa facilmente al gioco ripetitivo, continuativo, davanti alle slot machine.

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A Roma, mostra per il restauro del Sacro Tugurio di Assisi

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“Quanti colori ha l’Infinito?”: è la domanda da cui parte l’artista Luigi Tosti, autore delle opere esposte nella mostra “I colori dell’Infinito”, che si tiene fino al 18 febbraio, con ingresso libero, presso il Palazzo della Cancelleria Apostolica, a Roma. Il ricavato della vendita di parte delle opere andrà per il restauro del Sacro Tugurio ad Assisi. L’esposizione è stata organizzata dall’associazione "Tota Pulchra". Una delle opere in mostra sarà donata a Papa Francesco all’udienza generale di mercoledì prossimo. Il servizio di Debora Donnini

L’arte che si fa carità. Non solo bellezza, ma anche mezzo di solidarietà. Questo è il fine della mostra “I colori dell’infinito” dove sono esposte le opere di Luigi Tosti, un ponte fra fotografia e pittura. Il colore dominante è il bianco, che riassume in sé la gamma dei colori. Immagini e brani della Bibbia si fondono insieme. L’artista, Luigi Tosti:

“Ho cominciato a creare un tipo di fotografia che trasfigura la realtà, anelito verso l’Infinito. E allora questa fusione di terra, mare, cielo, con questi bianchi sono la ricerca stessa di questo Infinito che è Dio. Il bianco è il bianco della luce, il bianco di questo Infinito. Quindi, quando io nell’esposizione ‘I colori dell’Infinito’ faccio una contaminazione di immagini, arte figurativa e Parola di Dio, che poi diventa figurativa anch’essa, cerco di far incontrare l’uomo con Dio”.

Suggestivo anche lo scenario dell’esposizione, con luci e un leggero fumo bianco che rimandano alla Gerusalemme celeste, curato dal direttore artistico Mario Tarroni. La vendita di parte delle opere e le offerte andranno a finanziare il restauro del Santuario del Sacro Tugurio a Rivotorto, vicino ad Assisi. Il Santuario custodisce all’interno, appunto, la prima casa di San Francesco: il riparo dove viveva con i suoi primi compagni, rimasto lesionato in seguito al terremoto che ha colpito il Centro Italia. Papa Francesco lo visitò nell’ottobre 2013, quando si recò ad Assisi. Considerato la “culla della Fraternità francescana”, dove secondo la tradizione il Poverello dettò la Prima Regola, è stato dichiarato dall’Unesco, Patrimonio dell’umanità. Il custode del Sacro Tugurio di Rivotorto, il francescano padre Gianmarco Arrigoni:

“E’ il Santuario più ferito della diocesi di Assisi. Abbiamo avuto vari episodi di cadute di calcinacci dal soffitto. Poi l’abside è praticamente inagibile, perché ci sono delle crepe molto evidenti. L’associazione ‘Tota Pulchra’ ha creato questo interesse per venirci incontro. Ci sono anche altre iniziative che facciamo nel nostro territorio ad Assisi, ma la cosa più bella è che il nostro Santuario, la nostra comunità, nonostante abbia avuto questi danni, nello stesso tempo si fa dono per altri. E allora a San Giorgio di Cascia, un paesino sperduto fra le montagne, dove non sono arrivati aiuti, andiamo noi frati con la Caritas locale, portando ogni dieci giorni, due settimane, le spese per venire incontro a questa piccola comunità”.

A promuovere l’iniziativa l’associazione “Tota Pulchra”, fondata l’8 maggio del 2016 e presieduta da mons. Jean-Marie Gervais, membro del Capitolo Vaticano e della Penitenzieria Apostolica, la cui finalità è proprio quella di promuovere l’arte e progetti di solidarietà:

“Si è deciso di fare delle opere di dimensioni non museali: di piccole dimensioni, perché così ognuno possa comprare un’opera e partecipare così al restauro del Sacro Tugurio”.

La carità dunque si fa altra carità, mettendo in atto il circuito virtuoso del dono.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 43

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.