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Sommario del 07/02/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa, Messaggio per Quaresima: ogni vita che ci viene incontro è un dono

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Ogni vita che ci viene incontro merita “accoglienza, rispetto, amore”, soprattutto se è “debole”. Così il Papa nel Messaggio per la Quaresima 2017 sul tema: “La Parola è un dono. L'altro è un dono”, in cui esorta a non essere prigionieri del denaro, che “non lascia spazio all’amore e ostacola la pace”. Nel testo, reso noto oggi, l’invito di Francesco è a seguire la Parola di Dio, “forza viva” capace di suscitare la conversione dei cuori verso i nostri fratelli. Il servizio di Giada Aquilino

L’altro è un dono, non un invisibile
Apriamo le nostre porte “al debole e al povero”, perché “l’altro è un dono”: solo così potremo “vivere e testimoniare in pienezza” la gioia della Pasqua. Questa l’esortazione del Papa nel Messaggio per la Quaresima, che inizierà con il Mercoledì delle Ceneri, il prossimo 1° marzo. Francesco si sofferma sulla parabola dell'uomo ricco e del povero Lazzaro, nel Vangelo di Luca. Proprio Lazzaro, spiega, ci viene presentato non come un “anonimo”, un “invisibile”, come di fatto è per il ricco, ma come un “individuo” a cui associare una storia personale, diventa “noto e quasi familiare”, cioè un “volto”. E, come tale, un “dono”, una “ricchezza inestimabile”, un “essere voluto, amato, ricordato da Dio”, anche se la sua concreta condizione è quella di un “rifiuto umano”.

Convertirsi e cambiare vita
La giusta relazione con le persone, prosegue il Pontefice, consiste nel “riconoscerne con gratitudine il valore”. Il povero alla porta del ricco non è quindi un “fastidioso ingombro”, ma un appello “a convertirsi e a cambiare vita”, aprendo “la porta del nostro cuore all'altro”, perché ogni persona è un dono, ”sia il nostro vicino sia il povero sconosciuto”. La Quaresima diviene così “tempo propizio” per aprire la porta “ad ogni bisognoso” e “riconoscere in lui o in lei il volto di Cristo”. Lo sguardo del Papa ricorda che “ognuno di noi” ne incontra uno sul proprio cammino: “ogni vita che ci viene incontro - nota - è un dono e merita accoglienza, rispetto, amore”. La Parola di Dio ci aiuta ad “aprire gli occhi” per “accogliere la vita e amarla, soprattutto quando è debole”.

Denaro, idolo tirannico che ostacola pace
Della figura del ricco, aggiunge Francesco, il Vangelo mette in evidenza le “contraddizioni”: non ha un nome, ma si comprende - con l’opulenza, la ricchezza eccessiva - quanto il peccato lo acciechi: in lui infatti si intravede “drammaticamente la corruzione del peccato”, che si realizza proprio nell'amore per il denaro, nella vanità, nella superbia. D’altra parte, ricorda il Papa citando l'apostolo Paolo, l'avidità del denaro è “la radice di tutti i mali”, il “principale motivo della corruzione” e fonte di “invidie, litigi e sospetti”. Il denaro, spiega, può arrivare a “dominarci, così da diventare un idolo tirannico”: invece di essere uno “strumento” al nostro servizio per “compiere il bene ed esercitare la solidarietà con gli altri”, può asservire “noi e il mondo intero” ad una logica egoistica “che non lascia spazio all’amore e ostacola la pace”.

La cecità verso l’altro
Collegata alla cupidigia di quest’uomo, è la vanità delle “apparenze”, che però mascherano “il vuoto interiore”. La sua vita è “prigioniera dell’esteriorità, della dimensione più superficiale ed effimera dell’esistenza”. Un “degrado morale” il cui “gradino più basso” è la superbia, che lo porta a dimenticare di essere “semplicemente un mortale”: per l'uomo corrotto dall'amore per le ricchezze - osserva il Papa ricordando la “netta” condanna del Vangelo al riguardo - “non esiste altro che il proprio io” e per questo le persone che lo circondano “non entrano nel suo sguardo”. L'attaccamento al denaro provoca quindi “una sorta di cecità”: il ricco “non vede” il povero affamato, piagato e prostrato nella sua umiliazione.

Chiudere il cuore alla Parola di Dio è chiudere il cuore al fratello
Sarà poi nell’aldilà, sottolinea Francesco proseguendo la riflessione sulla parabola, che per Lazzaro e il povero si ristabilisce “una certa equità” e i mali della vita vengono “bilanciati” dal bene. Appare chiaro “un messaggio per tutti i cristiani”: il vero problema del ricco, la” radice dei suoi mali” è il “non prestare ascolto alla Parola di Dio”; ciò lo ha portato “a non amare più” il Signore e quindi “a disprezzare il prossimo”. La Parola di Dio, ricorda il Pontefice, è una “forza viva”, capace di suscitare la conversione dei cuori e di “orientare nuovamente la persona a Dio”: chiudere il cuore “al dono di Dio che parla”, evidenzia, ha come conseguenza il “chiudere il cuore al dono del fratello”.

Il senso della Quaresima
La Quaresima è quindi anche tempo favorevole “per rinnovarsi nell'incontro con Cristo vivo nella sua Parola, nei Sacramenti e nel prossimo”, compiendo un “vero cammino di conversione, per riscoprire il dono della Parola di Dio, essere purificati dal peccato che ci acceca e servire Cristo presente nei fratelli bisognosi”. In questo rinnovamento spirituale, che passa attraverso i “santi mezzi” offerti dalla Chiesa, cioè il digiuno, la preghiera e l’elemosina, il Papa incoraggia infine i fedeli a partecipare alle Campagne di Quaresima promosse in tutto il mondo “per far crescere la cultura dell'incontro nell'unica famiglia umana”.

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Chiara Amirante e mons. Dal Toso commentano il messaggio quaresimale

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Ospiti questa mattina della Sala stampa vaticana per illustrare ai giornalisti il messaggio di Papa Francesco per la Quaresima di quest'anno, mons. Giovanni Pietro Dal Toso, segretario delegato del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, e Chiara Amirante, fondatrice della Comunità “Nuovi Orizzonti”. La sua forte esperienza di servizio agli ultimi, ormai ultratrentennale, ha offerto una testimonianza concreta di quanto la Parola di Dio e l’altro siano un dono. Ma ascoltiamo la voce di Chiara Amirante e poi quella di mons. Dal Toso, al microfono di Adriana Masotti: 

R. – In questo incontro con chi soffre ho fatto proprio questa esperienza che Papa Francesco, in questo messaggio, sottolinea: ogni incontro con il povero è un incontro privilegiato con Cristo. Quindi è un dono unico, è un dono che ogni giorno ti arricchisce, è un dono in cui senti una spada che trafigge il tuo cuore, perché quando ti metti in ascolto del grido del povero, il grido ti ferisce in profondità. Ma fai anche l’esperienza della contemplazione dei miracoli, perché scopri che Dio è amore e nulla è impossibile a Lui. Per cui, in questi anni, ho visto anche nelle situazioni più infernali, più disperate, più impossibile, che davvero l’amore è più forte, l’amore vince.

D. – Però dobbiamo essere sinceri: non è questa l’esperienza quotidiana di tantissimi di noi. A noi danno fastidio i poveri, danno fastidio i senza fissa dimora, gli immigrati a livello personale e stiamo vedendo anche a livello globale. Siamo in un momento di grande chiusura. Che cosa può insegnarci e dirci il Messaggio proprio su questo?

R. – Il Messaggio ci sottolinea che il chiuderci al dono della Parola di Dio ci acceca e chiude il cuore al dono dell’altro. E’ naturale – ed è umano – avere il timore del fratello che vive situazioni di disagio, perché – come dice Papa Francesco nel Messaggio – spesso questo sembra che ci scomodi e ci ingombri, mentre in realtà ci richiama a cambiare vita. Il problema è che ormai questa sfida – anche restando solo sul tema dell’immigrazione – è una sfida talmente urgente, che certamente non la risolviamo con i muri. Perché non c’è muro che possa fermare un disperato! Bisogna assolutamente unirsi per trovare soluzioni diverse.

Sull' “altro” che il Messaggio del Papa invita a riconoscere come “dono” è intervenuto mons. Giovanni Pietro Dal Toso:

R. – Il Papa in fondo mette il dito su una questione fondamentale per ogni uomo, ma in particolare credo per il cristiano: e questa questione fondamentale è quanto l’uomo sappia aprirsi, perché dall’aprirsi gli viene la vita; dal chiudersi gli viene la morte. Questo è un messaggio che vuole invitare tutti, in particolare i cristiani evidentemente, ad aprire il loro cuore. Il Papa dice che la radice dei mali del ricco è il suo non ascoltare la Parola di Dio: quindi è una precisazione molto chiara. Tanto più l’uomo può aprirsi all’azione di Dio, tanto più diventa sensibile anche alle persone che gli stanno intorno. Questo è un messaggio molto forte: ascoltare Dio significa anche ascoltare l’uomo.  Riconoscere che nell’altro non c’è un pericolo, che non devo avere paura, ma che l’altro è un dono, un qualcosa che mi arricchisce è soprattutto il riconoscimento di una grande esperienza umana. Ciascuno di noi vive solo grazie ad altri rapporti umani. Noi possiamo essere noi stessi soltanto grazie a persone che costantemente, nel corso della nostra vita, ci arricchiscono; anche quelle che ci sfidano sono in realtà un aiuto per maturare. E, quindi, poter individuare questo, poter vedere l’altro non come un pericolo, una minaccia, una limitazione, ma l’alterità di cui ho bisogno per essere: penso che questo sia un messaggio importante che possiamo fare nostro, anzi che dobbiamo fare nostro. 

E’ indubbio che i cristiani per primi sono chiamati ad una grande conversione, ad una rievangelizzazione della propria vita, cosa che Francesco continua a ripetere. Chiara Amirante:

R. – Assolutamente sì! Il vero problema è che abbiamo dimenticato il cuore del messaggio di Cristo: “Vi do un comandamento nuovo: amatevi come io vi ho amato!”. E ci ha dato questo come segreto per la pienezza della gioia. Se non ci lasciamo mettere in crisi da questo messaggio, che è un comandamento e quindi non è un optional per noi cristiani, e non lo prendiamo sul serio il nostro cristianesimo non è cristianesimo: è un’altra cosa! L'amore rivoluzionario che cambia il mondo non è certo la monetina che do per lavarmi la coscienza, ma è questo “Amatevi come io vi ho amato” che ha fatto delle prime comunità dei cristiani una rivoluzione anche sociale.

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Francesco: Dio ci dà il Dna di figli e ci affida la Terra da custodire

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L’uomo fatto ad immagine di Dio, signore della terra e affiancato da una donna da amare. Sono questi i tre grandi doni di Dio all’uomo all’atto della Creazione, su cui il Papa incentra l’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta, chiedendo la grazia di poterli custodire e portare avanti con l’impegno di tutti i giorni. Il servizio di Gabriella Ceraso: 

“Signore, che cosa è mai l’uomo perché di lui Ti ricordi?”. “Davvero, lo hai fatto poco meno di un Dio, di gloria e di onore lo hai coronato”. La riflessione del Papa muove dai versetti del Salmo 8 e dal racconto della Genesi nella Liturgia odierna, per esaltare l’ammirazione per la ”tenerezza” e l’ ”amore” di Dio che, nella Creazione, ”ha dato all’uomo tutto”.

Dio ci ha dato il Dna di figli, a Sua immagine
Tre i grandi doni che il Papa sottolinea: a partire dall’identità.

“Prima di tutto, ci ha dato il ‘dna’, cioè ci ha fatto figli, ci ha creati a Sua immagine, a Sua immagine e somiglianza, come Lui. E quando uno fa un figlio, non può andare indietro: il figlio è fatto, è lì. E che gli assomigli tanto o poco assomiglia al padre, alle volte no, ma è figlio; ha ricevuto l’identità. E se il figlio diventa buono, il padre è orgoglioso di quel figlio, no?, ‘ma guarda che bravo!’. E se è un po’ bruttino, ma, il padre dice: ‘E’ bello!’, perché il padre è così. Sempre. E se è cattivo, il padre lo giustifica, lo aspetta …, Gesù ci ha insegnato come un padre sa aspettare i figli. Ci ha dato questa identità di figlio: uomo e donna; dobbiamo aggiungere: figli. Siamo ‘come dei’, perché siamo figli di Dio”.

La Terra è affidata all’uomo per custodirla col lavoro e non per distruggerla
Il secondo dono di Dio nella Creazione è, per Francesco, un “compito”: “ci ha dato tutta la terra”, da “dominare” e “soggiogare”, come recita la Genesi. E’ dunque una “regalità” quella donata all'uomo, aggiunge il Papa, perchè Dio non lo vuole “schiavo” bensì “signore”," re", ma con un compito:

“Come Lui ha lavorato nella Creazione, ha dato a noi il lavoro, ha dato il lavoro di portare avanti il Creato. Non di distruggerlo; ma di farlo crescere, di curarlo, di custodirlo e farlo portare avanti. Ha dato tutto. E’ curioso, penso io: ma non ci ha dato i soldi. Abbiamo tutto. I soldi chi li ha dati? Non lo so. Dicono le nonne, che il diavolo entra dalle tasche: può essere … possiamo pensare a chi ha dato i soldi … Ha dato tutto il Creato per custodirlo e portarlo avanti: questo è il dono. E finalmente, ‘ Dio creò l’uomo a Sua immagine, maschio e femmina li creò’ ”.

Dopo il dominio sul Creato, ecco il terzo e ultimo dono che, ripercorrendo il racconto della Genesi, il Papa esalta: l’amore, a partire da quello che unisce l'uomo alla donna.

L’amore: il terzo dono di Dio nella Creazione
“Maschio e femmina li creò. Non è buono che l’uomo viva da solo. E ha fatto la compagna”, spiega il Papa rifacendosi alla Liturgia di oggi. Dio-amore dà all'uomo dunque l'amore e un "dialogo di amore" deve essere stato il primo tra uomo e donna, immagina Francesco. Ecco completato dunque lo sguardo del Papa sulla Creazione, da cui nasce l'invito finale:

“Ringraziamo il Signore per questi tre regali che ci ha dato: l’identità, il dono-compito e l’amore. E chiediamo la grazia di custodire questa identità di figli, di lavorare sul dono che ci ha dato e portare avanti con il nostro lavoro questo dono, e la grazia di imparare ogni giorno ad amare di più”.

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Mons. Sorondo: il traffico di organi è un crimine contro l'umanità

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E’ in corso in Vaticano, presso la Casina Pio IV, una due giorni sul traffico di organi e il turismo dei trapianti. All’evento, organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze, partecipa anche un rappresentante della Cina, accusata in passato di espianti illegali di organi dai condannati a morte. Il fenomeno appare più preoccupante di quello che i numeri ufficiali dicono. Sui lineamenti del convegno, che si chiude domani con un documento finale, Giancarlo La Vella ha intervistato mons. Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze: 

R. - La prima cosa che ci ha chiesto il Papa, tre anni fa, è stata: “Voglio che l’Accademia studi il problema della tratta dell’uomo e del traffico di organi”. E anche per questo noi abbiamo fatto diversi incontri in questi anni. Abbiamo cominciato con il lavoro forzato; poi la prostituzione, la droga. Siamo riusciti anche ad aprire la discussione alle Nazioni Unite e questo ha fatto sì che, per la prima volta nella storia dell’Onu, sia stato riconosciuto che esiste la piaga del traffico umano, che si manifesta nelle nuove forme di schiavitù, nella forma del lavoro forzato, specialmente dei bambini, e nella forma anche del traffico di organi. Adesso i 193 Paesi che sono al Palazzo di Vetro hanno un nuovo imperativo morale. Adesso vogliamo avere, dopo questo incontro, una informazione più o meno vasta di quale sia il movimento di soldi che gira intorno a questo fenomeno, quale sia la realtà estensione del traffico. Naturalmente la prima cosa che tutti hanno osservato oggi è che c’è molto silenzio intorno ad esso! Si tratta di una pratica che non si può fare senza la complicità dei medici e quindi abbiamo affrontato il tema della coscienza dei medici: è stato tiratoa fuori anche la questione dell’utilizzo della legislazione.

D. – Tra le cause del traffico di organi umani anche la presenza nel mondo di grandi povertà contrapposte a grandi ricchezze…

R. – Naturalmente, la causa fondamentale è quella: quelli che sono ricchi vogliono vivere bene e quindi fanno qualsiasi cosa per avere tutto, anche gli organi. Una volta si diceva che questo rappresenta appena l’uno per cento di tutto il traffico:  no, no! Adesso si sta cominciando a capire che è una cosa numericamente molto più importante! E vogliamo sapere a cosa risponde esattamente. Soluzioni pratiche? Intanto dire chiaramente che questo è un crimine contro l’umanità, perché se non si dice questo la gente si confonde. Ma togliere un organo ad una persona, nel modo così cosciente come si fa, è un crimine contro l’umanità!

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Onu. Mons. Auza: pace e lotta alla povertà, le grandi sfide mondiali

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La povertà non può essere affrontata esclusivamente con categorie economiche , ma in tutte le sue dimensioni sociali per garantire ad ogni esser umano di realizzarsi dignitosamente e in un ambiente sano. L’arcivescovo Bernardito Auza, nunzio apostolico e Osservatore della Santa Sede alle Nazioni Unite si è espresso così al Palazzo di Vetro di New York nel corso della 55.ma sessione della Commissione per lo Sviluppo Sociale sul tema “Strategie per sradicare la povertà e raggiungere uno sviluppo sostenibile per tutti”. “

Pace ed eliminazione povertà vanno costruite ogni giorno
L'eliminazione della povertà così come la pace – ha spiegato - non possono considerarsi traguardi raggiunti una volta per tutte, ma vanno costruite continuamente". Si tratta della “più grande sfida globale”, ha evidenziato il presule che, citando Papa Francesco ha indicato come unica strada per conseguire “la virtù attiva della pace”, l’unione di sforzi di ogni individuo e della società nel suo complesso: l’obbiettivo è infatti raggiungere nel contempo “progresso civile e sviluppo economico”.

Tanti i divari sociali e i bisogni di pace nel mondo
Nel mondo purtroppo permangono divari sociali. Mons Auza rileva come per molte persone la pace sia data per scontata e considerata un diritto acquisito, mentre per altre, troppe, essa resti un sogno lontano. Il pensiero va ai milioni di uomini e donne che vivono quotidianamente conflitti, “alimentati da violenza insensata, odio e paura”, ma anche a quei luoghi che,  un tempo considerati sicuri, a causa della mancanza di opportunità e delle crescenti tensioni sociali sono divenuti meno stabili.

Investire sui giovani per strapparli al rischio estremismo
Prioritaria se si vuole sradicare la povertà e conseguire una pace duratura, secondo l’Osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, deve essere la volontà di porre  fine ai conflitti violenti, principali cause delle migrazioni forzate e dei massicci spostamenti delle popolazioni. Occorrono politiche e investimenti concreti: mons. Auza chiede ad esempio di implementare gli sforzi per fornire ai giovani istruzione, occupazione e opportunità che consentano loro di dare un contributo significativo alla società, alla costruzione della pace e di non cadere così preda di ideologie estremiste.

Tutelare la famiglia, gli anziani e i migranti
L’attenzione, esorta l’arcivescovo, sia vigile sugli “emarginati della società”, come gli anziani che “hanno contribuito alla ricchezza economica e continuano a generare ricchezza sociale con la loro esperienza e conoscenza”. Cruciale il ruolo della famiglia: essa, vero ammortizzatore sociale,  – è la raccomandazione – va supportata con politiche fiscali mirate. Infine, è convinzione del delegato della Santa Sede, “lo sviluppo sostenibile per tutti dovrebbe abbracciare migranti, sfollati e rifugiati. Non solo dobbiamo rispettare il diritto di ogni persona a migrare, ma anche cooperare”. Per una piena integrazione nei paesi di accoglienza.  (A cura di Paolo Ondarza)

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Don Ciotti: con Francesco, Chiesa in prima linea contro la mafia

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"Convertitevi, fermatevi di fare il male". Sono trascorsi tre anni da quando Papa Francesco levava questo vibrante appello "agli uomini e donne mafiosi". L'occasione era l'incontro con i familiari delle vittime delle mafie, nella chiesa di San Gregorio VII a Roma, promosso da don Luigi Ciotti, fondatore dell’Associazione Libera,.  Alessandro Gisotti ha chiesto al sacerdote quali frutti sono stati raccolti da quello storico incontro:  

R. – A San Gregorio, in quella chiesa, il colpo di scena che Papa Francesco ha compiuto, avendo mille familiari delle vittime innocenti della violenza criminale mafiosa; ha capovolto improvvisamente il discorso dicendo: “Adesso voglio rivolgermi ai grandi assenti: agli uomini e alle donne delle mafie. Convertitevi e cambiate”. E quel grande gesto già compiuto da Paolo VI rispetto alla Brigate Rosse, “Vi supplico in ginocchio”, Papa Francesco lo ha ripetuto: “Ve lo chiedo in ginocchio: convertitevi e cambiate”. Delle cose sono cambiate, anche perché Papa Francesco, nella continuità di un suo pensiero, mesi dopo è andato nella Piana di Sibari e ha detto: “Chi adora il male è scomunicato”.

D. – Recentemente, nel discorso alla Direzione Antimafia un paio di settimane fa, Papa Francesco ha detto che “bisogna favorire una coscienza di moralità e legalità”; quindi non solo la denuncia del male, ma – ed è forse molto più difficile – il coltivare il bene. Qui la Chiesa quale ruolo può avere, anche nell’esperienza ormai ultradecennale?

R. – Molte cose stanno cambiando. Restano ancora delle sacche; culturalmente, allora vediamo a volte delle cose che ci sconcertano, ma sta crescendo la consapevolezza e il senso della responsabilità. Abbiamo anche dei vescovi più coraggiosi, più forti, più capaci - dei bei segnali -; ma non vorrei che si dimenticasse che anche nel passato c’erano delle contraddizioni, ma c’è anche gente che ci ha sempre creduto e ci ha anche lasciato la vita: don Peppino Diana, don Pino Puglisi… E non posso dimenticare proprio nel 1900, quando don Sturzo disse: “La mafia ha i piedi in Sicilia, ma forse ha la testa a Roma”; e poi aggiunse quella drammatica profezia: “Risalirà sempre più forte e più crudele verso il Nord, fino ad andare oltre le Alpi”. Beh, in quel periodo furono uccisi dei preti, perché si erano impegnati per affermare la dignità, la libertà, la giustizia, la pace.

D. – Nel Messaggio per la comunicazione di quest’anno, Papa Francesco ha detto di puntare sulla logica delle Buona Notizia; certo, senza superficialità, senza un facile ottimismo. Lei che Buona Notizia si sente di condividere su un terreno così duro, a volte freddo, complicato, su cui con “Libera” state seminando da tanti anni?

R. – La Buona Notizia è questa meraviglia: di ragazzi che quando incontrano degli spazi, delle opportunità, delle parole vere, si mettono in gioco, hanno voglia. E la seconda credo che sia questa espressione di Chiesa coraggiosa. Noi abbiamo l’obbligo, la responsabilità, di far emergere il bello che c’è, le cose positive; e per valorizzarle, sostenerle, incoraggiarle. È una dimensione dell’educare; comincia proprio con il dare una mano ai nostri ragazzi a distinguere per non confondere, ad accogliere il positivo che c’è cominciando dalle piccole cose: magari da casa tua, dalla scuola, dal tuo territorio, dalla tua parrocchia. E invece siamo bombardati sempre di negatività. Dobbiamo illuminare il positivo. Penso ed esempio nella Locride a mons. Franco Oliva, che ha detto a un parroco: “Restituisci i soldi”, a uno che era in un giro mafioso. Ci sono dei beni confiscati che nessuno vuole prendere, per timore, paura, ritorsioni… Io li voglio prendere perché possono servire per aprire delle attività per i giovani, i bambini, le famiglie… Ci sono tante belle espressioni. Io mi fermo a queste perché sono di questi giorni, questi segnali che danno dignità, che danno speranza! E poi dobbiamo lottare contro questa corruzione, che ci impoverisce tutti: è un cancro che ci mangia. E Papa Francesco non si stanca! Non c’è settimana che non alzi la voce contro quanti hanno scelto dei prudenti silenzi. 

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Oggi in Primo Piano



Israele legalizza 2.000 case nei Territori palestinesi

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Il Parlamento israeliano, ha approvato, con 60 voti a favore e 52 contrari, una controversa legge che legalizza la posizione di 2.000 case di coloni in Cisgiordania, edificate illegalmente su terreni di proprietà di palestinesi, per i quali lo Stato verserà molto di più del valore reale per regolarizzare la loro posizione. Roberto Piermarini 

Il voto è avvenuto su iniziativa di Naftali Bennet, potente leader del partito dei coloni israeliani, contro la volontà del premier Benjamin Netanyahu - di ritorno dalla visita in Gran Bretagna – che aveva chiesto di rinviarlo a dopo il 15 febbraio, data dell'atteso primo incontro con Trump alla Casa Bianca.  Netanyahu infatti non vuole mettere in difficoltà  il neo Presidente americano al primo incontro, facendo partire in salita i rapporti, dopo la stagione tempestosa con il predecessore, Barack Obama.  Peraltro solo pochi giorni fa Trump a sorpresa aveva dichiarato che i nuovi insediamenti israeliani, "non facilitano la pace". Il provvedimento riguarda 4.000 coloni e di fatto segna l'annessione di un territorio riconosciuto come palestinese ossia la cosiddetta 'Area C' in Cisgiordania dove Israele esercita il pieno controllo civile e della sicurezza anche se è considerata fuori dall'ambito legale di intervento della Knesset. Dura la risposta dell'Olp, secondo cui la nuova legge è un mezzo per "legalizzare il furto" della terra palestinese. "Il governo israeliano ha così dimostrato la volontà di distruggere ogni chance di una soluzione politica per la pace e la possibilita' della soluzione due Stati, due popoli", come definita dagli accordi di Oslo del 1993.

Per un commento sulla decisione del Parlamento israeliano Massimiliano Menichetti ha intervistato Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all'Università di Firenze: 

R. - La legge oltrepassa una linea che andava tenuta ferma perché permette l’espropriazione di terra palestinese privata in circa 50 insediamenti. Come ha detto un esponente della destra che si oppone, è una legge illegale perché i palestinesi non hanno votato per la Knesset e quindi non possono essere coinvolti a questo livello di esproprio. E’ una legge che lo stesso procuratore generale di Israele ha detto non potrà essere da lui difesa davanti alla Corte Suprema perché è contraria alla IV Convenzione di Ginevra sulla legge dell’occupante. E’ una legge che rischia di portare Israele davanti alle Corti internazionali. E’ stata voluta fortissimamente dall’estrema destra di Naftali Bennett e Netanyahu non ha avuto la forza politica interna di opporsi, nonostante gli ammonimenti della premier britannica Teresa May ma, soprattutto, nonostante il divieto esplicito di Trump di prendere provvedimenti che non fossero stati in qualche modo approvati dagli americani.

D. - Qual è la posizione adesso di Israele e degli Stati Uniti con l’arrivo di Trump?

R. - C’è una cosa che Israele non ha capito. Ha preso Trump per un amico incondizionato e in questo c’è del vero. Quello che non ha capito è che nella visione “America first” di Trump, l’America è la superpotenza che controlla tutto, nemici ma anche gli amici, e che in questo quadro Israele non deve fare mosse di testa sua. Questo Netanyahu pare non averlo capito e pare non averlo spiegato ai suoi alleati di governo.

D. - Questa approvazione in un certo qual modo fa intravedere un concetto di annessione che non c’era prima in Israele?

R. - Israele fino a questo momento non ha annesso un solo centimetro di territorio post ’67 neanche a Gerusalemme, finora tutto quello che è stato costruito oltre la linea verde era una costruzione illegale. Neanche gli israeliani l’avevano regolarizzata. Questa legge permette di regolarizzare le costruzioni su terra privata e di acquisirne anche altre in futuro e questo è un passo verso quello che Naftali Bennett propone da tempo: l’annessione di parte del West Bank.

D. - Questo progredire di Israele – che di fatto rappresenta un freno rispetto alla possibilità di pace, di convivenza fra israeliani e palestinesi - sembra non avere mai un freno. Qual è la via secondo lei?

R. –  Che dall’esterno l’Unione Europea, gli Stati Uniti, costringano le parti a sedersi, non fare più altri passi avanti e a farne alcuni indietro. Ma finché questo non accadrà, la destra di Israele - che è molto più dominante di quanto non dicano i suoi numeri - continuerà nella politica che porta una sorta di annessione più o meno ufficiale.

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Amnesty: in Siria 13mila impiccagioni segrete in carcere

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Una politica di sterminio: è stata quella, secondo Amnesty International, condotta dal regime del Presidente siriano Bashar al-Assad, tra il 2011 e il 2015, nei confronti di chiunque fosse ritenuto un oppositore. In cinque anni, denuncia l’organizzazione, sarebbero state 13mila le persone impiccate in prigione, le cui storie sono state raccontate da 84 testimoni. Servizio di Francesca Sabatinelli

"Una macelleria umana" così il titolo del rapporto di Amnesty International sulle atrocità commesse da Damasco in un carcere del regime, quello di Saydnaya, uno dei più grandi Centri di detenzione della Siria, a 30 chilometri a nord della capitale. E’ anche da lì che sarebbero uscite le testimonianze di parte degli 84 accusatori che hanno fornito ad Amnesty le informazioni. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia:

“Un sistema di impiccagioni di massa su scala industriale, potremmo dire, che ha visto dal 2011 al 2015 almeno 13 mila detenuti finiti nella prigione militare di Saydnaya venire impiccati a gruppi di 50, una volta a settimana, nottetempo e praticamente senza processo: quasi tutti civili oppositori al regime di Bashar al Assad estranei al conflitto vero e proprio in quanto non appartenenti, nel 90% dei casi, ai gruppi armati dell’opposizione".

Tra gli 84 testimoni, 31 ex prigionieri scampati alla morte, ma anche giudici e guardie carcerarie. Ancora Noury:

“Si arriva a un punto in cui evidentemente non ce la si fa più a prendere parte a questo sistema che è "un mattatoio umano", così lo ha definito Amnesty International. Sono tante le persone che hanno disertato da quell’orrore, così come giudici di questa Corte marziale all’interno della prigione che celebrava processi assolutamente farsa, con udienze di due minuti e una mera comunicazione all’imputato che l’impiccagione avrebbe avuto luogo di lì a poco tempo”.

Abusi senza precedenti sarebbero stati condotti soprattutto sui civili, molti dei quali giovanissimi. Ciò che è avvenuto nel carcere di Saydnaya, che probabilmente continua ancora, è da configurarsi, spiega ancora l’organizzazione, come un crimine di guerra e contro l’umanità:

“Anche di natura particolarmente perversa e massiccia perché a questi 13 mila morti per impiccagione dobbiamo aggiungere 17 mila morti di tortura, più le conseguenze di una politica di ‘deumanizzazione’, un trattamento carcerario crudele fatto di diniego del cibo, dell’acqua, di assenza di cure mediche, di sovraffollamento. Si parla, per quanto riguarda le prigioni siriane e soprattutto Saydnaya che è un po’ il vero centro della repressione, forse di più di 30 mila vittime. Quindi c’è materia per un’indagine seria della Corte Penale Internazionale che noi stiamo sollecitando dal 2011, in assenza della quale accade che ai negoziati di pace prendono parte persone che dovrebbero stare dietro alle sbarre del Tribunale internazionale”.

Lotta al terrorismo con ogni mezzo, ha sempre ripetuto il Presidente Assad che accusa l’Unione europea di aver sostenuto sin dall’inizio, coloro che definisce “terroristi”:

“Il Presidente Assad sostiene che si tratti di lotta al terrorismo. Ora, c’è da dire che anche se le persone impiccate su questa scala industriale a Saydnaya fossero stati terroristi, nondimeno quello che è stato fatto nei loro confronti è un crimine. C’è una vera e propria politica di negazionismo da parte del Presidente Assad e di tanti suoi seguaci, anche in Italia, e da parte dei governi che lo appoggiano come quello della Russia e come quello dell’Iran. Se non sta succedendo nulla in Siria di quello che Amnesty International denuncia da anni, sarebbe bene che la stessa Amnesty venisse fatta entrare nelle prigioni e sarebbe bene che gli esperti dell’Onu potessero visitare il Paese, altrimenti vuol dire che c’è qualcosa di tanto grande da nascondere”.

Ed è proprio ai governi di Mosca e Teheran, ma anche a quello del neo Presidente americano Trump che Amnesty rivolge il suo appello affinché facciano pressioni e usino tutta la loro influenza per convincere al Assad a porre fine a quella che viene definita una ‘carneficina’.

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Australia: lettera pastorale dei vescovi sugli abusi sessuali

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La Chiesa in Australia prova vergogna, si scusa ed è profondamente scossa e umiliata dal risultato dell’indagine condotta dalla Royal Commission in merito ai numerosi casi di abusi sessuali perpetrati da membri del clero e da laici. Sarebbero 572 preti, di cui 384 diocesani, 597 religiosi e 96 religiose accusati di aver commesso abusi ai danni di minori a partire dal 1950. 

La chiesa si dice "scossa e umiliata". Assisterà chi è stato ferito 
Le cifre - riporta L'Osservatore Romano - sono state rese note dall’arcivescovo di Sydney, Anthony Colin Fisher, il quale, di fronte alla gravità di queste accuse, verificate in parte anche da uffici ecclesiastici, ha diffuso una lettera pastorale nella quale, oltre appunto a dirsi «scosso» e «umiliato» dai risultati dell’indagine, avverte come le prossime settimane «saranno traumatiche per tutte le persone coinvolte, specialmente per le vittime. Nonostante ciò che sarà — ha affermato il presule — rimango determinato a fare tutto ciò che è necessario per assistere chi è stato ferito dalla Chiesa e a lavorare per una cultura di maggiore trasparenza, affidabilità e sicurezza per tutti i bambini». 

Adottare tutte le misure necessarie affinchè tali crimini non si ripetano più
Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente della Conferenza episcopale australiana, l’arcivescovo Denis J. Hart, attraverso un messaggio nel quale ha ricordato come «Papa Francesco ha invitato tutta la Chiesa a trovare il coraggio necessario per adottare tutte le misure necessarie» affinché «tali crimini non possano mai essere ripetuti».

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Centrafrica. Card. Nazapalainga: violenze legate a traffico di diamanti

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“E’ chiaro che la religione è stata la maschera per occultare la realtà: lo sfruttamento dei giacimenti di diamanti illegalmente”. Questa la risposta del card.  Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui intervistato dal giornale spagnolo Abc, insieme all’imam della moschea centrale Kobine Layama, entrambi vincitori del Premio alla Fratellanza 2016 della rivista “Mundo Negro” dei Missionari Comboniani. Della stessa opinione l’imam Layama che vede nell’odio interreligioso che insanguina la nazione africana interessi nettamente politici ed economici: “Istigano la guerra religiosa per nascondere lo sfruttamento fraudolento delle enormi risorse minerarie del Paese”.

Dove vanno i diamanti? Chi li compra?
Entrambi i leader religiosi hanno rivolto le stesse domande alla comunità internazionale perché ritengono che le guerre in Africa sono alimentate per sfruttare le sue ricchezze, e non c’è la volontà politica per fermarle: “Per chi sono i diamanti? Dove li vendono? Cosa comprano? Le armi? Da dove vengono le armi?...”. Il card. Nzapalainga afferma che la rotta del commercio dei diamanti e ben conosciuta e passa per il Ciad fino al Sudan e da lì agli Emirati Arabi ed altri Paesi della regione. “Niente passa per Bangui – afferma il porporato – ed è una ingiustizia che niente di tutta questa ricchezza vada a beneficio della gente”.

Sono le milizie ad avere il potere
L’arcivescovo di Bangui ha spiegato che nonostante le recenti elezioni siano state libere e trasparenti, nella Repubblica Centroafricana c’è un vuoto di potere perché attualmente gli alti incarichi politici giocano un solo ruolo figurativo e non hanno un potere reale. “Non sono i sindaci ad avere il potere, sono i ribelli, le milizie che hanno le armi, che vendono i diamanti e riscuotono le tasse”. Infatti, il Paese è sotto il controllo di due milizie armate: la musulmana di Seleka, appoggiata da mercenari di Ciad e di Somalia, e la cristiana-animista anti-Balaka. Ogni milizia controlla il proprio territorio, non combattono direttamente fra loro, ma spesso attaccano le comunità e villaggi, ammazzano civili e distruggono le case in nome della religione. Ci sono circa un milione di rifugiati che fuggono dalla barbarie omicida delle due bande.

L’arcivescovo e l’iman: una amicizia rivoluzionaria
A dicembre del 2013, le milizie anti-Balaka lanciarono una offensiva contro i musulmani di Bangui uccidendo quasi un migliaio di persone. Il card. Nzapalainga accolse nelle sua casa l’iman Layama e la sua famiglia. Entrambi leader religiosi – battezzati come “i gemelli di Dio” – hanno fatto la coraggiosa scelta di proteggersi a vicenda per affrontare l’odio assassino tra cristiani e musulmani, al punto di essere criticati e attaccati dai propri correligionari per questa amicizia. “Abbiamo detto no – ha detto il porporato – perché vogliamo vivere in fratellanza, è  questa la rivoluzione”. L’iman ha affermato che è una rivoluzione salutare e ha aggiunto che il grande desiderio di entrambi  è  “disarmare i cuori perché possano comprendere che non c’è un altro messaggio che la pace, dunque aiutarli a trovare un posto nella società”.

La visita di Papa Francesco è stata decisiva
​Il card. Nzapalainga riconosce che la visita di Papa Francesco alla Repubblica Centroafricana è stata coraggiosa e decisiva a livello politico e religioso. Per il porporato la presenza del Pontefice nei quartieri della capitale insieme ai leader protestanti e cattolici “ha cambiato la situazione, ha rischiato la propria vita per evitare le divisioni”. “Siamo tutti esseri umani – aggiunge l’arcivescovo di Bangui – e loro usano la paura per controllare la gente, per questo bisogna essere coraggiosi e dire che non c’è un’altra alternativa che vivere insieme”. (A cura di Alina Tufani)

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Safer internet Day, un giovane su 10 insulta sui social

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Tra molti ragazzi c’è ancora poca consapevolezza di quanto  attraverso internet e i social  media possano essere veicolati messaggi di odio. Oggi in tutto il mondo si celebra il Safer Internet Day 2017, e in Italia l’attenzione è concentrata soprattutto sul cyberbullismo. Alessandro Guarasci: 

Due dati su tutti: l’11% dei giovani approva gli insulti sui social, il 13% dichiara di aver insultato un personaggio famoso on line. Un esempio di come proprio attraverso i ragazzi sia necessario far passare una maggiore consapevolezza dei social media e più in generale di internet. Per questo il ministero della Pubblica Istruzione per il 2016-2017 ha stanziato due milioni di euro in formazione. Sono stati interessati 200 mila tra studentesse e studenti e 20 mila docenti. Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione:

“Occorre capire che il problema c’è - quindi va affrontato - e comprendere anche che questo non può essere risolto solo con l’impegno della scuola. La scuola deve fare la propria parte e la sta facendo, ma non da sola. L’educazione dei figli non è una semplice nozione da imparare a memoria. Quindi occorre tornare ad avere quell’alleanza educativa tra scuola e famiglia, tra insegnanti e genitori”.

I ragazzi hanno una confidenza massima con i social. Quasi l’81% usa Whatsapp per scambiarsi messaggi, il 77% usa Facebook, e il 62% Instagram. Ma non di rado l’utilizzo è quasi patologico, infatti il 40% dei ragazzi tra i 14 e i 18 anni dichiara di trascorrere on line più di 5 ore. La tutela dei dati è fondamentale. Raffaella Milano, direttrice Programmi Italia di Save the Children:

“C’è anche la regolamentazione. Noi, a breve, in Italia, dovremmo introdurre tra le nostre regole quelle che riguardano la privacy e l’utilizzo dei dati raccolti on line, che sono state definite a livello europeo. Sarà molto importante focalizzare in particolare queste regole per quanto riguarda l’utilizzo dei dati che provengono dai minori, cioè dai ragazzi e ragazze che usano la rete, che condividono informazioni sulla rete. Dobbiamo capre quale uso viene fatto di questa grandissima mole di dati che si ritrova alla fine raggiunta tramite la rete internet”.

Snodo fondamentale sono i controlli. A farli è la polizia postale. In questi giorni è partita la campagna di sensibilizzazione “Una vita da social” che toccherà 45 città. Nel corso delle precedenti edizioni sono stati incontrati un milione di studenti. Daniele Tissone, segretario del sindacato di polizia Silp Cgil:

"Le vittime, i figli, non dialogano spesso con i propri genitori. I genitori sono spesso gli ultimi a sapere di questo disagio. Se non vogliamo sempre piangere i ragazzi che si uccidono, è importante una campagna di sensibilizzazione. E “Una vita da social” è la più importante campagna al mondo e nasce purtroppo di alcuni adolescenti. Si tratta di vite che vanno assolutamente salvate. Con i minori è importante parlare di questo, prevenendo perché l’intervento a posteriori non servirebbe più ed è sicuramente troppo tardi".

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Sicurezza in Rete. Mons. Viganò: prevenire il cyberbullismo

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“Maggiore consapevolezza” nell’utilizzo dei nuovi media digitali. È quanto ribadisce oggi all'agenzia Sir mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione (SpC) della Santa Sede, in occasione del Safer Internet Day 2017, la Giornata mondiale per la sicurezza in Rete istituita e promossa dalla Commissione europea che, giunta alla sua XIV edizione, si celebra quest’anno in contemporanea in oltre 100 nazioni di tutto il mondo, con lo slogan “Be the change: unite for a better internet”.

Non solo contrastare ma prevenire questo fenomeno
“Il crescente fenomeno del cyberbullismo – osserva mons. Viganò – richiede sempre più una maggiore consapevolezza sul corretto uso dei nuovi media digitali, con particolare attenzione al mondo dei social network. Non solo contrastare ma prevenire questo fenomeno è di fondamentale importanza e richiede lo sforzo congiunto di più attori: genitori, scuola, mass media…”. Per il prefetto della SpC, “l’uso consapevole della rete è un tema che deve rivestire un ruolo di primaria importanza tanto per chi si avvicina per la prima volta a Internet, come ad esempio i ragazzi in giovanissima età, quanto per gli adulti affinché non venga fatto un uso distorto di quello che è e rimane un fondamentale mezzo d’informazione e socializzazione della moderna era digitale”. (A.P.)

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Suore di Madre Speranza di Gesù: prima missione in Africa

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Giorni di celebrazioni al Santuario dell'Amore Misericordioso di Collevalenza, definita la piccola Lourdes nel cuore dell'Umbria, in vista della festa liturgica dell'8 febbraio, 34.mo anniversario della morte di Madre Speranza di Gesù. La suora spagnola, scomparsa nel 1983 e beatificata il 31 maggio 2014, è stata la fondatrice della Congregazione dell'Amore Misericordioso, oggi presente in numerosi Paesi del mondo. Nei prossimi mesi tre suore avvieranno la prima comunità nello Zambia, in Africa. Giovanna Bove ne ha parlato con l'attuale Superiora generale delle Ancelle dell'Amore Misericordioso, suor Speranza

R. - Da anni avevamo nel cuore questo progetto di portare l’amore misericordioso in Africa così come voleva la nostra carissima madre fondatrice, Madre Speranza di Gesù, che aveva questo sogno: piantare la bandiera con il “Tutto per amore” affinché gli uomini lo possano conoscere come un Padre pieno di bontà.

D. - Chi è che vi ha chiamato per andare in Africa?

R. - Il prof. Emidio Grisostomi che fa parte di una Onlus, “Noi per Zambia”, si è dato da fare tantissimo recandosi a Luanshya, appartenente alla città di Ndola, insieme ai suoi colleghi, per costruire ospedali, scuole e venire in aiuto delle gravi emergenze dello Zambia, di questo luogo: la povertà estrema, l’analfabetismo, la sanità inadeguata… Per avere una pasticca le persone devono fare persino 6,7 km al giorno. Quindi da anni ci sollecitava ad andare in questo luogo chiamato “Villaggio Malaika”.

D. - Quale spirito porterete?

R. - Lo spirito che ha animato la nostra fondatrice: accogliere essere accanto ai poveri che lei definiva i beni più cari di Gesù. Vorremmo essere sorelle e madri di questi poveri e promuoverli di modo che loro anche attraverso i vari gradi di istruzione - c’è una scuola dell’infanzia, delle elementari, una scuola professionale - possano avere un futuro domani.

D. - Padre Aurelio Perez, Superiore generale dei Figli dell’Amore Misericordioso, qui  a Collevalenza. Qual è oggi il messaggio di Madre Speranza?

R. – Noi viviamo tutta una serie di circostanze che portano quasi a non avere speranza, a disperare del futuro. Quindi Madre Speranza nel suo messaggio invece ci sta dicendo: l’amore di Dio, che è un amore pieno di misericordia, si china sulle ferite dell’umanità, (è l’amore) di un Padre buono e di una tenera Madre. Oggi la Chiesa, con il Papa, non fa altro che dire che questo è il cuore del Vangelo, questo è il futuro, questa è la speranza dell’umanità. Dobbiamo dire e gridare con forza che Dio non abbandona l’umanità. Mi ha colpito il fatto che anche in questa circostanza qui a Collevalenza la gente ha paura del terremoto. Abbiamo avuto la sorpresa che ci sono più di 100 giovani che sono venuti, reagiscono e vogliono continuare a vivere, grazie a Dio.

D. – Suor Lucia Lisci, responsabile della comunità di Collevalenza. La ritroviamo spesso sia alla Casa del pellegrino sia agli ingressi delle piscine del santuario dell’Amore Misericordioso che, ricordiamo, è in pratica come Lourdes, ci sono vasche per potersi immergere. Che dati abbiamo? il numero delle immersioni…

R. – In questi ultimi mesi circa 300, 400 persone al mese hanno fatto l’immersione.

D. - Un calo nella presenza, perché? La paura del terremoto, in particolare?

R. – Sì, la paura del terremoto è stata notevole anche da noi anche se noi non abbiamo subito danni. Possiamo dire ci sia stata una presenza di circa 2.000, 3.000 persone.

D. – Gli ingressi sono il lunedì, il giovedì e il sabato?

R.  – Soprattutto il sabato c’è più affluenza.

D. - Si registrano ancora guarigioni, grazie o cosa?

R. – Ritornano tantissime persone a rendere grazie sia per guarigioni fisiche che spirituali.

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Regno Unito: nuove linee guida per la preparazione al matrimonio

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La Settimana nazionale del matrimonio, che si apre oggi e che celebra quest’anno il suo 20.mo anniversario, ha lo scopo di attirare l’attenzione su ciò che rappresenta il matrimonio per le persone, per la vita familiare e per la società civile. Tutti sono invitati a prendere parte alla celebrazione – non solo chi è sposato – perché il matrimonio, e la vita familiare, che è l’ambito in cui impariamo ad amare gli altri, a sostenerci l’un l’altro nonostante le nostre differenze, è alla base della stabilità sociale e quindi ha un profondo significato per ciascuno di noi.

Le coppie hanno bisogno del sostegno pratico, razionale e spirituale della comunità
In un mondo complesso in cui non tutti i matrimoni durano e dove è essenziale un sostegno continuo, Papa Francesco nella sua Esortazione apostolica “Amoris laetitia” richiede un grande sforzo da parte della comunità cristiana ad accogliere e a preparare coloro che chiedono di sposarsi in Chiesa. Nel pronunciare “lo voglio”, le coppie cominciano un viaggio che comporta grande coraggio, generosità ed impegno, e hanno bisogno dell’accoglienza, di un sostegno pratico, razionale e spirituale della comunità, non solo all’inizio, ma in tutte le stagioni della vita matrimoniale, che li aiuti a vivere la loro vocazione ad un impegno d’amore fruttuoso e che duri tutta la vita.

Nuove linee guida per le coppie che si preparano al matrimonio
In risposta all’Esortazione del Papa ”Amoris laetitia”, e come frutto di diversi anni di lavoro, il Dipartimento per la responsabilità cristiana e la cittadinanza ha pubblicato “Guidelines for the preparation of the couples for marriage”, nuove linee guida per le coppie che si preparano al matrimonio. Le linee guida tengono conto del bisogno delle coppie di prepararsi agli aspetti relazionali e spirituali del matrimonio e le incoraggiano ad iniziare nel migliore dei modi, dando loro la sicurezza che non stanno facendo questo viaggio da sole: la famiglia, gli amici, la comunità ecclesiale sono presenti per sostenerle nel loro progetto di vita. (A cura di Anna Poce)

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Colombia: vescovi in Assemblea su formazione dei sacerdoti

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È quasi interamente dedicata al tema della formazione dei sacerdoti l’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale colombiana (Cec), che si è aperta ieri a Bogotá. Nella relazione introduttiva, durante la quale ha presentato la Ratio Formationis Sacerdotalis, il presidente della Cec e arcivescovo di Tunja, mons. Luis Augusto Castro Quiroga ha sottolineato che “nella formazione sacerdotale ci dev’essere una forte dose di missionarietà”. Il presidente dei vescovi - riferisce l'agenzia Sir - ha fatto poi riferimento all’esortazione apostolica “Pastores dabo vobis”, che invita a sviluppare quattro dimensioni nella formazione sacerdotale: umana, spirituale, intellettuale e pastorale. Quindi ha ribadito che la dimensione missionaria è trasversale rispetto alle altre. 

Aggiornamento e dibattito sul tema degli abusi sessuali del clero e come affrontare il tema
L’Assemblea ha avuto un prologo venerdì 3 febbraio, quando i vescovi si sono ritrovati assieme a padre Jordi Bertomeu, officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, per un corso di aggiornamento e un dibattito sul tema degli abusi sessuali commessi da sacerdoti e su come i vescovi sono chiamati ad affrontare il tema. Padre Bertomeu ha sottolineato ancora una volta che la Chiesa deve impegnarsi in modo inequivocabile a tutela dei diritti dei minori, ma ha espresso anche il suo compiacimento per l’impegno e per le linee guida decise dall’episcopato colombiano “che sono punto di riferimento per tutta l’America Latina”, invitando naturalmente ad applicarle in ogni circostanza. (R.P.)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 38

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.