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Sommario del 05/02/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Angelus: cultura di vita risposta a logica di scarto. Cristiani 'luce' e sale' nel mondo

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“La cultura della vita” sia la risposta “alla logica dello scarto e del calo demografico”: così il Papa stamane all’Angelus, in Piazza San Pietro, nell’odierna Giornata per la vita, celebrata in Italia, in omaggio quest’anno a Madre Teresa”. Poi l’invito a tutti i fedeli ad essere “sale della terra” e “luce del mondo”. Il servizio di Roberta Gisotti: 

“Donne e uomini per la vita nel solco di Santa Teresa di Calcutta”, il tema della Giornata della vita. Da qui l’auspicio di Francesco, unito ai vescovi italiani, per “una coraggiosa azione educativa”,perché nessuno sia lasciato solo e l’amore difenda il senso della vita.”

“Portiamo avanti la cultura della vita come risposta alla logica dello scarto e al calo demografico; stiamo vicini e insieme preghiamo per i bambini che sono in pericolo dell’interruzione della gravidanza, come pure per le persone che stanno alla fine della vita. Ogni vita è sacra!”

Poi il ricordo delle parole di Madre Teresa:

“ ‘La vita è bellezza, ammirala; la vita è vita, difendila!’ Sia col bambino che sta per nascere, sia con la persona che è vicina a morire. Ogni vita è sacra!”

Nella catechesi prima dell’Angelus,  il Papa - ispirato del Vangelo domenicale - ha rievocato la missione affidata da Gesù nel Discorso della Montagna, ai suoi discepoli, di ogni tempo, “quindi - ha  detto - anche a noi”, utilizzando le metafore della luce e del sale.  Luce attraverso le opere buone.

“Infatti, è soprattutto il nostro comportamento che – nel bene e nel male – lascia un segno negli altri”

“Abbiamo quindi un compito e una responsabilità per il dono ricevuto:”

“la luce della fede, che è in noi per mezzo di Cristo e dell’azione dello Spirito Santo, non dobbiamo trattenerla come se fosse nostra proprietà.

“Siamo invece chiamati a donarla agli altri mediante le opere buone”.

"E quanto ha bisogno il mondo della luce del Vangelo che trasforma, guarisce e garantisce la salvezza a chi lo accoglie!"

Donandosi – ha osservato ancora Francesco - la fede non si spegne ma si rafforza, operando come il sale  che oltre a dare sapore ai cibi, li preserva dalla contaminazione. Da qui “la missione dei cristiani nella società di dare ‘sapore’ alla vita con la fede e l’amore” e al tempo stesso “di tenere lontani i germi inquinanti dell’egoismo, dell’invidia, della maldicenza, e così via”.

“Questi germi rovinano il tessuto delle nostre comunità, che devono invece risplendere come luoghi di accoglienza, di solidarietà e di riconciliazione".

Quindi il monito:

“bisogna che noi stessi per primi siamo liberati dalla degenerazione corruttrice degli influssi mondani, contrari a Cristo e al Vangelo; e questa purificazione non finisce mai, va fatta continuamente. Va fatta tutti i giorni”.

E, l’invito ad agire nel proprio ambiente quotidiano:

"perseverando nel compito di rigenerare la realtà umana nello spirito del Vangelo e nella prospettiva del regno di Dio".

Infine l’invocazione alla Madonna

"La nostra Madre ci aiuti a lasciarci sempre purificare e illuminare dal Signore, per diventare a nostra volta “sale della terra” e “luce del mondo”.

Nei saluti finali, un incoraggiamento speciale “a tutti quelli che lavorano per la vita, i docenti delle Università romane e quanti collaborano per formare le nuove generazioni”, perché “siano capaci di costruire una società accogliente e degna per ogni persona”.

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Luigino Bruni: il Papa invita a creare un'economia alternativa

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Condividere i profitti per combattere l’idolatria del denaro, cambiare le strutture per prevenire la creazione degli “scarti” e diffondere il “lievito” di una economia associata alla condivisione. Questi alcuni dei forti richiami rivolti dal Papa ai partecipanti all'Incontro "Economia di Comunione", realtà imprenditoriale basata sulla fraternità e la messa in comune dei profitti nell’ambito del Movimento dei Focolari. Sulle impressioni e gli stimoli di questo incontro, Gabriella Ceraso ha raccolto il commento di Luigino Bruni, coordinatore internazionale della rete: 

R. – È stato un messaggio molto forte, che davvero raccoglieremo, mediteremo e praticheremo molto. Perché evidentemente ha toccato dei temi molto importanti: tutta questa natura idolatrica del capitalismo e l'idea che lui ha detto riguardo il problema delle grandi imprese di oggi, che curano le vittime che loro stesse creano. E poi quando ha detto che il giorno in cui i produttori di armi faranno gli ospedali per curare i bambini mutilati, il sistema sarà perfettamente idolatrico. Ha detto cioè delle cose molto forti. Poi ha parlato del denaro – un suo tema classico – come “idolo”; diceva che l’unico modo per dire al denaro: “Tu non sei Dio!” è metterlo in comune.

D. – Quello che lui vuole è spingere per cambiare le regole del sistema economico?

R. – Sì. Ha detto che noi imprenditori non dobbiamo soltanto dare i soldi per le vittime. Quella del Buon Samaritano è una bellissima parabola, però basta a metà. Ci ha detto: dovete evitare che nascano le vittime, dovete evitare che i briganti facciano del male alle persone; dovete cambiare le regole del gioco.

D. – Questo come si fa, professore?

R. – Si può fare innanzitutto ponendosi il problema. Perché c’è tutto un modo, anche cattolico, di vedere il sociale come filantropico: tappi le falle del sistema senza domandarti se il sistema è giusto. Occorre anche un cambiamento di rotta: non perché il Papa non lo avesse detto finora, ma oggi lo ha detto in modo molto forte e chiaro; chi vuol sentire, sentirà.

D. – Anche a voi nello specifico, che già portate avanti il discorso di economia di comunione, ha chiesto uno scatto in più…

R. – Sì, ci ha detto: “Se voi non volete morire e rimanere un movimento piccolo, dovete donare quello che fate agli altri”. L’economia di comunione è un dono per tutti, non dovete tenerla gelosamente come una faccenda privata vostra ma dovete donarla alla Chiesa e all’umanità. Quindi dovete essere più presenti nella vita pubblica, nella Chiesa e nell’azione civile: farvi conoscere di più.

D. – Come imprenditore, come uomo di economia, che cosa vede di dover fare?

R. – Se ho capito bene, quando il Papa diceva che è bello accogliere i figli che tornano prodighi a casa, però dobbiamo fare in modo che nessun figlio mangi le ghiande perché nessun uomo merita le ghiande; che il lavoro ci sia per tutti! Quindi evidentemente in Italia è un invito molto forte, e non solo in Italia.

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Oggi in Primo Piano



Usa: Corte Appello boccia ricorso Dipartimento Giustizia su bando migranti

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La Corte d’Appello federale di San Francisco ha respinto il ricorso urgente presentato ieri sera dal Dipartimento di Giustizia americano che chiedeva la sospensione della decisione del giudice di Seattle di bloccare il bando d’ingresso negli Stati Uniti alle persone provenienti da 7 Paesi a maggioranza musulmana, emesso dal presidente Trump. Il servizio di Roberta Barbi: 

La presidenza Trump incassa un altro 'no' dalla Corte d’Appello federale di San Francisco, che ha chiesto all’amministrazione Trump e allo Stato di Washington di presentare maggiori argomentazioni in merito, entro domani pomeriggio. Una bocciatura che annuncia una battaglia legale lunga e durissima. Gli avvocati del governo accusano infatti la Corte californiana di “violare la separazione costituzionale dei poteri”. Intanto, sul fronte della politica estera, ieri sera, Trump in una telefonata con il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni, ha parlato del ruolo della Nato, dei recenti accordi tra Italia e Libia per la regolazione dei flussi migratori e dei comuni sforzi nella lotta contro il terrorismo e nella soluzione delle crisi in Medio Oriente, Nord Africa, Siria e Ucraina. Proprio con il presidente ucraino Poroshenko, Trump ha avuto un colloquio telefonico sempre nella serata di ieri durante il quale si è discussa anche la possibilità di un incontro. Secondo quanto ha fatto sapere la Casa Bianca, gli Usa lavoreranno “con Ucraina, Russia e tutte le altre parti coinvolte per aiutare a ripristinare la pace lungo la frontiera”.

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Attacco Louvre. Attentatore in stato di fermo in ospedale

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Non sarebbe più in pericolo di vita e quindi, appena le condizioni mediche glielo consentiranno, potrà essere interrogato: Abdullah Reda Refaie al-Hamahmy, l’egiziano di 29 anni residente negli Emirati Arabi Uniti e individuato come responsabile dell’attacco al Museo del Louvre a Parigi di venerdì scorso, ieri sera è stato posto in stato di fermo. L’uomo - la cui identità è stata diffusa ma non ancora confermata ufficialmente - aveva assalito alcune guardie che vigilavano sulla sicurezza, ed era stato, dunque, ferito gravemente all’addome da una di loro.   

Gli Emirati Arabi prendono le distanze dall’egiziano residente ad Abu Dhabi

“Un crimine odioso”: questa la condanna degli Emirati Arabi Uniti a quello che il presidente francese Hollande aveva definito ieri “un atto terroristico”. Il Paese dove risiederebbe l’attentatore – che secondo alcune fonti avrebbe la fedina penale pulita e non avrebbe mai dato segno di aver aderito a gruppi radicali - da questo ha immediatamente preso le distanze, ribadendo alla Francia la propria solidarietà e qualunque tipo di supporto necessario “a garantire la sua sicurezza”.

Il Museo riapre senza “particolari misure di sicurezza”

Intanto, a meno di 24 ore di distanza dall’episodio, ieri il Louvre ha riaperto normalmente i battenti a turisti e visitatori che lo hanno affollato fin dalle prime ore del mattino. La direzione del Museo ha fatto sapere che non sono state adottate “particolari misure di sicurezza” oltre a quelle già in vigore del piano antiterrorismo. (R.B.)

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Turchia. Vasta operazione anti Is nel Paese, 423 arresti

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Sono 423, in tutto, le persone arrestate oggi dalla Polizia antiterrorismo turca, nell’ambito di una vasta operazione che ha coinvolto varie città. Tra loro molti stranieri. Circa 60 gli arrestati solo ad Ankara, sospettati di avere legami con lo Stato Islamico, ma ci sono fermati anche ad Istanbul, Bursa e a Gaziantep, importante centro al confine con la Siria. Il maggior numero di arresti, però, si registra nel sudest del Paese, nella provincia di Saliurfa, con 150 sospetti fermati e diverso materiale ritrovato che li collegherebbe al terrorismo islamico. (R.B.)

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Romania. Governo ritira decreto depenalizzazione corruzione

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Il governo romeno ieri sera ha deciso di ritirare il controverso decreto sulla depenalizzazione dell’abuso d’ufficio e di altri reati legati alla corruzione. L’annuncio è stato dato in diretta televisiva dal premier Sorin Grindeanu e ha evitato, così, il pronunciamento in merito alla legittimità del provvedimento stesso da parte della Corte Costituzionale – richiesto nei giorni scorsi dal presidente Iohannis – atteso per martedì.

La decisione dopo giorni di proteste in tutto il Paese

Il decreto aveva suscitato grande malcontento nella popolazione che per cinque giorni consecutivi era scesa massicciamente in piazza dando vita a manifestazioni nella capitale Bucarest, ma anche nelle più importanti città del Paese: al centro della protesta una misura interpretata dalla gente come un “regalo” ai tanti politici, funzionari e imprenditori attualmente sotto inchiesta in Romania, tra cui il leader del partito socialdemocratico, Liviu Dragnea. Accanto alla popolazione, invece, si era apertamente schierato il presidente romeno Klaus Iohannis, mentre il premier Grindenau ha convocato per oggi una riunione dell’esecutivo con l’obiettivo di abrogare l’ordinanza d’urgenza sulla riforma del codice penale.

Il monito dell’Ue: a rischio accesso Paese ad area Schengen

A causa del decreto, un duro monito alle autorità romene era arrivato anche dai vertici della Commissione Europea che aveva messo in guardia il governo di Bucarest dal compiere passi che portassero indietro nella lotta alla corruzione dilagante nel Paese, minacciando anche di non far progredire il dossier sull’accesso della Romania all’area Schengen. (R.B.)      

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Maltempo. In Pakistan una valanga uccide almeno 14 persone

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Almeno 14 persone sono morte e 11 sono rimaste ferite – ma il numero di dispersi è ancora imprecisato – a causa di una valanga che si è abbattuta la notte scorsa su un villaggio della provincia di Khyber-Pakhtunkhwa, nel nord-ovest del Pakistan. A causa del maltempo ancora imperante, nessun elicottero è riuscito a raggiungere il luogo del disastro e anche le vie di comunicazione terrestri sono impraticabili in seguito alle forti nevicate, ma stando alle notizie ricevute almeno 25 case sono state distrutte nel villaggio di Sher Shal, distretto di Chitral.

Nevicate eccezionali anche in Afghanistan, con morti e feriti

Anche sul versante dell’Afghanistan la situazione maltempo resta molto difficile: le tempeste di neve e le slavine degli ultimi giorni, secondo i dati hanno ucciso almeno 28 persone in 12 province. Un’importante nevicata è avvenuta anche nella provincia meridionale di Kandahar, dove non nevicava da 25 anni, ma l’allarme resta a livello nazionale, tanto che il governo ha proclamato per oggi una giornata di festività nazionale in modo da limitare i disagi dovuti agli spostamenti. Neve anche a Kabul, mentre un’imponente valanga della provincia sudorientale di Badakhshan ha ucciso 10 persone, ne ha ferite una decina e ha distrutto 16 case. (R.B.)

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Carlo Casini: seguire Madre Teresa nella difesa della vita

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Si celebra questa domenica in Italia la 39.ma Giornata nazionale per la vita. Per l’occasione, il 21 ottobre scorso il Consiglio episcopale permanente della Cei ha diffuso un messaggio sul tema “Donne e uomini per la vita nel solco di Santa Teresa di Calcutta”. Alessandro Gisotti ne ha parlato con Carlo Casini, presidente onorario del Movimento per la Vita e amico di Madre Teresa: 

R. – Proclamammo Madre Teresa presidente onoraria di tutti i movimenti per la vita del mondo e san Giovanni Paolo II la dichiarò nostro presidente spirituale. In questi giorni vado dicendo che l’essenziale è ricordare due frasi di Madre Teresa ripetute tante volte. La prima: “Se accettiamo che una madre possa sopprimere il frutto del suo seno, che cosa ci resta? L’aborto è il principio che mette in pericolo la pace nel mondo”. La seconda: “Promettiamoci che, in questa città, nessuna donna possa dire di essere stata costretta ad abortire”. La prima frase è molto forte, è molto chiara; l’aborto come male terribile. La seconda, invece, è una frase di tenerezza, di accoglienza; facciamo in modo di stare con i figli e di condividere le difficoltà della donna. Questo, secondo me, è un po’ il messaggio essenziale di Madre Teresa per la Giornata per la vita.

D. – Madre Teresa è ovviamente la testimone, forse più grande del nostro tempo, di aiuto e di sostegno ai poveri, ai sofferenti; però è, appunto, anche una straordinaria testimone della difesa della vita nascente, come a dire che se si difende la vita, la si deve difendere sempre …

R. – Certo! Non solo va sempre difesa. Infatti lei era autorevole, ebbe addirittura il Premio Nobel per la pace, la chiamarono a parlare all’Assemblea generale dell’Onu; fu definita dall’allora segretario generale dell’Onu “la donna più potente del mondo”, per la sua capacità di stare accanto a tutti i poveri, agli abbandonati, ai rifiutati del mondo - lei diceva “rifiutati dagli altri”-; però è anche vero – e questo va sottolineato nella Giornata per la vita e mi è particolarmente caro perché questo me lo ha detto anche lei diverse volte – che il più povero dei poveri è il bambino non ancora nato, perché lì vi è un’umanità assolutamente nuda, che non possiede assolutamente niente. Se questo viene privato persino dell’affetto della mamma, è veramente il più povero dei poveri. Ci disse una frase terribile: “A Calcutta vado a raccogliere persone morenti buttate sui cumuli di rifiuti, vivono con me gli ultimi istanti della loro vita e l’esperienza di un minimo d’amore, però non c’è nessuna legge che dice che è bene buttare gli anziani, i malati, i lebbrosi, tra i cumuli dei rifiuti e farli morire”. Invece per quanto riguarda i bambini non nati, c’è l’accettazione, la legge: vengono addirittura pagati quelli che li uccidono! “La prima pietra di un nuovo umanesimo - questo è l’altro pensiero che mi piace ricordare di Madre Teresa, un discorso che lei fece a Firenze nell’86 - è l’accoglienza dei bambini non nati”.

D. – Qual è secondo lei, dopo decenni di impegno a difesa della vita, l’urgenza più grande oggi quando si parla di aborto anche nelle sue conversazioni e incontri per sottolineare la bellezza della vita?

R. - È urgente una meditazione sul fatto di cominciare ad esistere. Madre Teresa di Calcutta diceva che quel piccolo bambino non ancora nato è stato creato per una grande cosa: amare ed essere amato. Quindi una meditazione profonda sul figlio, sull’inizio della vita, è oggi una cosa molto necessaria. Ma è anche necessario annunciarlo come faceva Madre Teresa di Calcutta. “È in corso – come scrisse Papa Giovanni Paolo II - una congiura contro la vita a livello mondiale e questa congiura si esplica non tanto negando l’umanità del concepito, quanto facendo in modo che non la si guardi, che non ne si parli, che non la si osservi”. Ecco perché non dobbiamo stancarci di unire all’azione concreta di aiuto alla vita  - verso le mamme, accoglienza alle mamme e condivisione delle difficoltà - l’annuncio costante, tenace che non si scoraggia mai: il concepito è uno di noi.

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Giornata contro spreco alimentare: non rubare il cibo ai poveri

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Questa domenica ricorre in Italia la Giornata di prevenzione dello spreco alimentare. “Sprecare cibo” - afferma Papa Francesco - è “negarlo ai poveri”, si tratta – sottolinea – non solo di “un’ingiustizia”, ma “di più: è un peccato”. Nel mondo si spreca circa un terzo degli alimenti che si producono. Un fenomeno che purtroppo interessa anche gli italiani. Alessandro Guarasci: 

Di cibo almeno in Occidente se ne mangia e se ne butta troppo. Basta dire che lo spreco di alimenti in Italia ha un costo di 360 euro all’anno per ogni famiglia. Poi, tra perdite in campo, sprechi dell’industria e della distribuzione arriviamo a oltre 15 miliardi. La Fondazione Enpam a marzo a Roma metterà in campo tutta una serie di iniziative per sensibilizzare su questo tema. Il presidente Alberto Oliveti:

“Sappiamo che la dieta alimentare è importante e che la dieta mediterranea, tra le diete alimentari, è quella che dimostra una sua efficacia scientifica. Si basa su frutta, verdura, cereali e legumi e verdure. Il fatto che la componente di spreco interessi soprattutto questi cibi, soprattutto i cibi freschi e quindi più facilmente deperibili come frutta e verdura, ci deve far pensare”.

Un anno fa le Acli della Capitale hanno lanciato il progetto "il pane A Chi Serve 2.0". Così sono stati così recuperati quasi 48mila kg di pane non venduto ma ancora buono da consumare, per un valore di 135mila euro circa. Lidia Borzì, presidente delle Acli di Roma:

“Noi recuperiamo il pane del giorno prima: ancora buono da mangiare, ma non più buono da vendere. Questo pane arriva alle mense degli indigenti, vengono messe in gioco associazioni come le Acli, Caritas, Centro Astalli, Croce Rossa, Sant’Egidio; ma anche poi le istituzioni dei Municipi. C’è veramente un circuito virtuoso, che raggiunge più obiettivi nel contempo: il primo è, appunto, quello di contrastare lo spreco, ma ancora prima di educare a prevenirlo, perché facciamo diverse azioni nelle scuole per prevenire proprio lo spreco; poi aiuta anche a sostenere i poveri; e ancora costruisce legami di solidarietà nel territorio”.

Secondo l’associazione Waste Watcher un italiano su cinque mette già in atto comportamenti virtuosi per evitare lo spreco. La crisi economica ha dato una maggiore consapevolezza del problema, ma ci sono anche altri risvolti. Ancora il presidente dell’Enpam Oliveti:

“Da un lato la crisi implica necessariamente una virtù nell’ambito dello spreco, dall’altro però la crisi porta anche ad un abbassamento della possibilità di acquisire cibi freschi, ovviamente per il prezzo. Quindi sposta l’asse dell’investimento alimentare più su cibi a lunga conservazione”.

Ma dare cibo vuol dire dare anche vicinanza, empatia. La Caritas di Roma ne sa qualcosa con i suoi Centri di assistenza sparsi in tutta la città. Il direttore don Enrico Feroci:

“A me sembra che quello che è più importante è stare vicino alle persone: attraverso quel piatto di minestra oppure attraverso quel pane che io do, io creo una relazione con quella persona e molte di queste persone hanno bisogno di sentirsi accettate, ascoltate. E quando i professori a scuola dicono: ‘Non buttare il panino o la brioche che hai, perché potrebbe essere utile’, si crea una cultura di attenzione all’altro. Se cresce questa cultura, non ci sarà lo spreco e ci sarà l’attenzione all’altro”.

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Lampedusa: sindacati Paesi del Mediterraneo uniti contro traffico migranti

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I partecipanti al 1° Meeting internazionale “Per un mare di pace e di lavoro”, promosso dalla Uil  a Lampeduta, chiedono alle istituzioni internazionali di non affrontare la “questione immigrazione” solo in ambito di “sicurezza”. Per i sindacati dei Paesi del Mediterraneo,“è necessario mettere in campo soluzioni per un’accoglienza intelligente e solidale e, per contrastare l’opera criminale degli scafisti, costruire opportunità di lavoro in quei territori da cui partono i flussi migratori”. I sindacati chiedono inoltre all’Unione Europea l’istituzione di un Fondo di solidarietà, in cui tutti i Paesi membri facciano confluire risorse ”derivanti da forme di solidarietà fiscale”, sul modello dell’8 per mille italiano, per creare lavoro nei Paesi segnati da povertà e guerre. Luca Collodi, ne ha parlato con Carmelo Barbagallo, Segretario Generale Uil. 

R. - Si spendono un sacco di soldi per niente! Siamo arrivati al punto che c’è chi offre soldi per ritornare al Paese di origine, senza contare il costo dell’accoglienza e del rimpatrio. Non sappiamo più quanto venga a costare tutto ciò e senza avere alcun risultato. Dobbiamo cominciare a cooperare per dare risposte di pace e di sviluppo, di economia e di occupazione nei posti dove c’è bisogno; risposte che sono anche di tutela per quanto riguarda il nostro Paese e la vecchia Europa.

D. - Segretario Barbagallo, come immagina un '8 per mille' europeo per i migranti?

R. - Immagino che venga fatto in tutti i Paesi, dal punto di vista fiscale, quello che si fa per 'l’8 per mille' in Italia. Dare, cioè, quel contributo per risanare quello che è possibile risanare nei Paesi di origine e creare le condizioni per l’occupazione reale. E vogliamo fare, assieme ai sindacati del Nord Africa, azione di monitoraggio e di controllo che ci permetta di verificare i flussi dei migranti in arrivo.

D. – Nel primo Meeting internazionale di giovedì 2 febbraio a Lampedusa, avete firmato un Protocollo d’intesa sindacale…

R. - Sì, tutti i sindacati di Marocco, Algeria, Libia, Tunisia, Egitto, Palestina e Israele hanno firmato con noi. Cercheremo di estendere questo accordo, che abbiamo chiamato “Accordo di Lampedusa per un Mar Mediterraneo di lavoro e di pace” ad altri Paesi.

D. – Dopo Lampedusa, l’idea è di portare il Meeting in altri Paesi del Mediterraneo ?

R. - L’anno prossimo lo faremo in Tunisia o Marocco, da dove poi continueremo il giro. Questo perché non sia la voce di un giorno e non sia una speranza vanificata.

D. – Segretario Barbagallo, il lavoro resta una chiave per capire i movimenti migratori…

R. - Abbiamo già il problema che il 40 per cento dei giovani disoccupati italiani sono spesso costretti ad andare a cercare lavoro all’estero. Dobbiamo creare le condizioni per lo sviluppo economico-produttivo e per lo sviluppo dell’occupazione anche per quelli che dovranno venire da fuori. Bisogna sconfiggere quell’atteggiamento rinunciatario che porta a far crescere muri, alla diffidenza e creare problemi di sicurezza.

D. - A Lampedusa erano presenti anche leader religiosi. Perché?

R. - Perché penso che l’Italia e l’Europa saranno, a breve, Paesi multietnici e multireligiosi. Dobbiamo quindi creare le condizioni per la cooperazione, per la solidarietà. E i lampedusani sono quelli che ci possono far vedere come si fa.

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Le Figlie di San Camillo compiono 125 anni

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Le Figlie di San Camillo compiono 125 anni dalla fondazione del loro istituto. In occasione di questo importante avvenimento, stamane si è svolta una celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale João Braz De Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, presso la Casa Generalizia di Grottaferrata, in provincia di Roma. Ma con quale spirito viene vissuto questo anniversario? Federico Piana lo ha chiesto a madre Zelia Andrighetti, superiora delle Figlie di San Camillo: 

R. – Con uno spirito veramente di ringraziamento, di lode e di tanta gioia per questo tempo, per questa vita che il Signore ha dato al nostro Istituto. 125 anni di fondazione: un tempo in cui abbiamo sentito e sentiamo - noi oggi e le nostre consorelle nel passato - una carica veramente viva, anche del carisma.

D. – Vogliamo ricordare come nascono e chi sono le Figlie di San Camillo?

R. – Le Figlie di San Camillo nascono il 2 febbraio 1892, ad opera dal reverendo padre – oggi beato - Luigi Tezza dei Ministri degli Infermi, con la collaborazione della giovane Giuditta Vannini, successivamente madre Giuseppina Vannini, oggi anche lei beata. Noi abbiamo lo stesso carisma dei padri Camilliani di assistenza agli infermi, pertanto nell’ambito della sanità; così  camminiamo sempre insieme. Siamo nate propriamente nel cubicolo in cui è morto San Camillo e dove oggi è custodito il suo cuore, una reliquia insigne, nella Casa della Maddalena, che è la Casa Generalizia dei Padri Camilliani.

D. – La vostra attenzione agli infermi, agli ultimi, ai poveri, alle persone che sono distanti, alle persone che tante volte noi dimentichiamo… Questi 125 anni, madre, che anni sono stati?

R. – Sono stati anni veramente belli, ma anche anni difficili e molto duri e questo perché le diverse realtà nelle quali noi ci troviamo ad operare sono realtà caratterizzate sempre da tanta povertà. Oggi più che mai, però, la più grande difficoltà che noi incontriamo, soprattutto nelle Nazioni più evolute, è la burocrazia: questo ci fa veramente tanto soffrire, perché oggi è veramente molto difficile riuscire a portare avanti questo servizio, soprattutto nell’ambito degli ospedali. Non è facile! Però andiamo sempre avanti, con tanta speranza. Il nostro servizio è stato iniziato con l’assistenza domiciliare ai vecchietti, ai malati e ai poveri. A Roma è nato il nostro Istituto e le nostre prime sorelle hanno cominciato così: subito dopo la fondazione – non aveva ancora neanche un anno – le sorelle avevano già in casa delle vecchiette che assistevano.

D. – Tante difficoltà, ma anche tante gioie?

R. – Sì! Tantissime, tantissime gioie! Perché io penso che proprio nella difficoltà nasca la gioia. Io vedo tante sorelle giovani che hanno tanto impegno e tanto entusiasmo; vedo che si sentono sempre più portate a questa realtà, ad aiutare coloro che si trovano ai margini della strada, ai poveri. Le sorelle hanno tanto desiderio di andare in missione: non soltanto fuori, ma anche qui in città, nelle nostre periferie, in cui si sono anziani abbandonati, poveri, malati…

D. – Come vede il futuro delle Figlie di San Camillo?

R. – Io ho molta speranza, anche perché noi non siamo certo un grande numero di religiose Figlie di San Camillo, ma abbiamo più sorelle giovani che anziane. Ci sono tante giovani che vengono da tanti Paesi - poche oggi provenienti dall’Europa -  e che arrivano con grande entusiasmo. Questo, per me, rappresenta una grande speranza.

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Bolivia, mons. Solari: il dono più bello di Dio, servire la gente

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S’intitola “Tito Solari la forza dell’umiltà. Storia di un pastore” il libro, edito dalla Lateran Press di Roma, che don Ariel Beramendi, sacerdote boliviano della Segreteria per la Comunicazione, ha dedicato al suo vescovo. La biografia senza filtri di un salesiano nato in Friuli, diventato missionario e poi pastore in Bolivia, sempre in cammino con il suo popolo. Nel servizio di Fabio Colagrande la testimonianza dello stesso mons. Tito Solari, oggi arcivescovo emerito di Cochabamba: 

Era destinato a prendere in mano l’avviata azienda familiare, Tito Solari, nato nel ’39 a Pesariis in provincia di Udine. Ma nel ’66 diventa sacerdote, al seguito di Don Bosco, e dal ’74 è missionario in Bolivia con una scelta per lui irrevocabile. Ascoltiamo la sua testimonianza:

“Sento che la Bolivia mi ha dato il dono più bello della mia vita: quello di poter offrire, dare, servire e soprattutto di volere bene e amare la gente. Ho sentito che il Signore mi chiedeva di donarmi agli altri; dovevo solo, semplicemente dire ‘Sì’ al Signore, sapendo che il Signore mi faceva un regalo, il regalo più grande: la capacità di donarmi, questo il regalo più grande che mi fa il Signore. E quando mi hanno chiesto di andare in Bolivia ho detto di sì, non ci ho pensato su, ci avevo già pensato prima. Però per sempre, perché un dono si fa per sempre”.

Col tempo Solari diventa superiore dei salesiani e poi arcivescovo, sempre in prima fila contro le ingiustizie e le discriminazioni subite dai boliviani. Convive con la dittatura militare, come prete in un piccolo centro nella giungla, e come pastore si confronta con il governo di Evo Morales, al potere da dieci anni nel Paese latinoamericano:

“E' uno dei Paesi più organizzati la Bolivia. Ogni cittadino fa parte di un’organizzazione territoriale di base o di un sindacato. Quello di Evo Morales - secondo un’inchiesta condotta da Ipsos - è un governo totalitario e il potere è al cento percento nelle mani del governo. Quindi questa è un’altra situazione, che non ha niente a che vedere con la situazione di 40 anni fa. Mi diceva un tassista in questi ultimi giorni: ‘Abbiamo avuto periodi brutti, siamo stati male, però come adesso mai, padre… Adesso non possiamo neanche parlare!’”.

Una testimonianza di coerenza al Vangelo, quella di mons. Solari, che diventa scomoda, come spiega il suo biografo don Ariel Beramendi:

“Prima, la Chiesa in Bolivia aveva un ruolo sociale importante. Penso che adesso questo ruolo lo abbia ancora, però con grosse difficoltà, perché viene sistematicamente attaccata dal governo. Proprio nel libro, mons. Solari racconta anche come Evo Morales abbia minacciato di cacciarlo via dal Paese, perché raccontava le sue perplessità sulla produzione eccessiva della foglia di coca, che poi è l’elemento di base per fare la droga, la cocaina”.

La storia di Tito Solari è, dunque, la biografia di un pastore in cammino con il suo popolo, che ritrova la sua vocazione in una pagina di Vangelo:

“La scena del Vangelo dei due discepoli di Emmaus è una scena fantastica per me: Gesù si è avvicinato a loro e si è messo a camminare con loro. Mi sono detto: ‘Tito, tu sei educatore come don Bosco; devi metterti in mezzo ai ragazzi, devi stare lì e camminare con loro, nella loro strada, per la loro vita. Dare la tua vita per loro’”. Io ho cercato di darmi da fare, di vivere questo pezzo di Vangelo, e ancora adesso mi sento felice di camminare per le strade di Cochabamba, in mezzo alla mia gente, che mi vuole tanto bene!”.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 36

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.