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Sommario del 25/01/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il 31 ottobre il Papa in Svezia per commemorare i 500 anni della Riforma

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Papa Francesco sarà in Svezia il prossimo 31 ottobre: prenderà parte ad una cerimonia congiunta in programma a Lund fra la Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana Mondiale, per commemorare il 500.mo anniversario della Riforma, che cade nel 2017. Lo comunica la Sala Stampa della Santa Sede. Il servizio di Giada Aquilino

Un “particolare risalto ai solidi progressi ecumenici fra cattolici e luterani e ai doni reciproci derivanti dal dialogo”: questo il senso della commemorazione ecumenica congiunta che sarà presieduta a Lund dal Pontefice, dal vescovo Munib A. Younan, presidente della Federazione Luterana Mondiale, e dal rev. Martin Junge, segretario generale della medesima Federazione. A spiegarlo il comunicato della Federazione Luterana Mondiale e del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, presieduto dal cardinale Kurt Koch. Per l'evento, organizzato in collaborazione con la Chiesa di Svezia e la diocesi di Stoccolma, è prevista una celebrazione comune fondata sulla “Common Prayer - Preghiera Comune”, la recente guida liturgica appositamente preparata da cattolici e luterani e inviata alle Chiese della Federazione e alle Conferenze episcopali cattoliche.

Da parte luterana, l’anniversario della Riforma verrà commemorato in “uno spirito di responsabilità ecumenica”, spiega il rev. Martin Junge, aggiungendo come lavorando “per la riconciliazione fra luterani e cattolici” si operi “per la giustizia, la pace e la riconciliazione in un mondo lacerato dai conflitti e dalla violenza”.

Concentrandosi insieme su “centralità della questione di Dio” e su un “approccio cristocentrico”, afferma il cardinale Koch, le due comunità avranno la possibilità di celebrare la commemorazione ecumenica della Riforma “non semplicemente in modo pragmatico, ma con un senso profondo della fede in Cristo crocifisso e risorto”.

La Chiesa di Svezia, con l’arcivescovo Antje Jackelén, auspica che tale appuntamento “contribuisca all’unità dei cristiani” in tutto il mondo.

La diocesi di Stoccolma, con il vescovo Anders Arborelius, pone l’accento sulla situazione ecumenica “unica e interessante” in Svezia, nella speranza che l’incontro del 31 ottobre “aiuti a guardare al futuro in modo tale da essere testimoni di Gesù Cristo e del Suo Vangelo” nel mondo secolarizzato di oggi.

La commemorazione ecumenica congiunta, spiega ancora il comunicato, si inquadra nel processo di ricezione del documento del 2013 “From Conflict to Communion - Dal conflitto alla comunione”, il “primo tentativo” delle comunità luterane e cattoliche di descrivere insieme, a livello internazionale, la storia della Riforma e delle sue intenzioni. La Preghiera Comune al centro della celebrazione si fonda in particolare sul documento “From Conflict to Communion: Lutheran-Catholic Common Commemoration of the Reformation in 2017 - Dal conflitto alla comunione: commemorazione comune luterano-cattolica della Riforma nel 2017” e presenta i temi del rendimento di grazie, del pentimento e dell’impegno alla testimonianza comune, “al fine - aggiunge il comunicato - di esprimere i doni della Riforma e chiedere perdono per le divisioni seguite alle dispute teologiche”.

Il 2017, si precisa infine, coinciderà anche con il 50.mo anniversario del dialogo internazionale luterano-cattolico, dal quale sono scaturiti rilevanti risultati ecumenici, come la “Joint Declaration on the Doctrine of Justification - Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione”, firmata nel 1999, annullando “dispute antiche di secoli” sulle verità fondamentali della Dottrina della Giustificazione, che era al centro della Riforma del XVI secolo.

All’inizio della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno Papa Francesco, ricevendo la delegazione ecumenica della Chiesa Luterana di Finlandia, ha ricordato i risultati conseguiti nel dialogo tra luterani e cattolici, evidenziando come le differenze che “tuttora permangono nella dottrina e nella prassi” non devono scoraggiarci ma “spronarci a proseguire insieme il cammino verso una sempre maggiore unità, anche superando vecchie concezioni e reticenze”. Soprattutto in un mondo, come quello di oggi, “spesso lacerato dai conflitti e segnato da secolarismo e indifferenza”: per questo, ha aggiunto, “tutti uniti siamo chiamati ad impegnarci nel confessare Gesù Cristo, diventando sempre più testimoni credibili di unità e artefici di pace e di riconciliazione”. Perché in fondo la divisione è uno “scandalo”, aveva detto ancora il Pontefice visitando nel novembre scorso la chiesa evangelica luterana di Roma.

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Mons. Farrel: rapporti sempre più fraterni tra cattolici e luterani

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La Commemorazione ecumenica congiunta il prossimo 31 ottobre a Lund, in Svezia, dei 500 anni della Riforma, rappresenta un passo significativo nel cammino verso l’unità. Ascoltiamo, in proposito, il commento di mons. Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, al microfono di Philippa Hitchen

R. – Sono passati 500 anni dal periodo delle controversie tra cattolici e protestanti. E negli ultimi 50 anni si è vissuto in un clima diverso: non di rivalità, di opposizione ma nella ricerca dell’unità di tutti i cristiani. L’ecumenismo è servito per guardare le cose in modo più approfondito, cioè non da un punto di vista unilaterale, ma cercando di capire anche le ragioni dell’altra parte. Questo ha portato - dopo 50 anni di intenso dialogo teologico - ad un nuovo modo di vedere la Riforma.

D. – E’ un simbolo molto forte quello del Papa e dei capi del mondo luterano insieme per questo anniversario…

R. – Sì, è la prima volta che accadrà una cosa del genere. Tutte le altre celebrazioni della Riforma in passato sono stati momenti di conflitto, di trionfalismo da una parte o dall’altra. Questa volta cercheremo di commemorare insieme le cose giuste, buone, emerse da quei conflitti terribili con conseguenze di grandi violenze nella storia dell’Europa. Ma, in fondo, ci sono anche quegli impulsi positivi di riforma, di miglioramento della vita della Chiesa che oggi possiamo commemorare.

D. – Questo evento nasce dal dialogo paziente di 50 anni di dialogo tra teologi. Ma quanto, secondo lei, è anche il frutto della pressione di cattolici e luterani che già lavorano insieme, pregano insieme e vogliono vedere un segno più positivo del loro cammino insieme?

R. - È precisamente questo: due realtà insieme. È il dialogo della verità, cioè il chiarire le difficoltà teologiche, i motivi più profondi delle nostre divisioni, ma è anche il dialogo della vita, in cui cattolici e luterani vivono insieme in un clima più ecumenico, di mutua accettazione e fratellanza. C’è un grande impulso alla collaborazione. La gente nelle nostre Chiese locali spinge perché ci sia un superamento delle divisioni. E questa è una cosa magnifica.

D. – Il comunicato congiunto della Federazione luterana mondiale e del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani parla anche dei “doni” della Riforma, che forse saranno difficili da comprendere per coloro che vedono in essa solo un periodo di conflitto e divisioni…

R. - Pensiamo all’inizio: che cosa voleva Lutero? Voleva che venissero corretti gli abusi che - dobbiamo accettarlo - erano presenti nella vita della Chiesa. Purtroppo le cose sono andate diversamente e c’è stata la divisone. Però quel cercare una Chiesa più santa, più vitale, più onesta è una spinta positiva che col tempo, attraverso il Concilio di Trento e poi nella vita degli ultimi secoli ed in particolare negli ultimi anni sotto l’impulso della grazia del Vaticano II, ha reso molti dei richiami di Lutero parte della vita della Chiesa.

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Papa: sacerdoti siano semplici e misericordiosi, no a doppia vita

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Sacerdoti siano semplici, evitino ogni forma di doppiezza e non cerchino il proprio interesse. Sono alcuni dei consigli che Francesco ha offerto ai seminaristi del Pontificio Seminario Lombardo, ricevuti in Vaticano nel 50.mo di fondazione da parte del Beato Paolo VI. Il Papa ha ribadito che non bisogna formarsi a “compartimenti stagni” e ha invitato i pastori – con le parole di San Carlo Borromeo – ad essere “padri per la gente, soprattutto per i poveri”. L’indirizzo di saluto è stato pronunciato dal cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola. Il servizio di Alessandro Gisotti

Siate sacerdoti “secondo il cuore di Dio, non secondo le preferenze di ciascuno o le mode del momento, ma come l’annuncio del Vangelo richiede”. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto alla comunità del Pontificio Seminario Lombardo in Roma. Il Pontefice ha ricordato che questa istituzione fu benedetta 50 anni fa dal Beato Paolo VI nello spirito del Concilio Vaticano II che spingeva la Chiesa ad “annunciare il Vangelo in modo nuovo”.

“Normalità” dei sacerdoti sia la santità, no a doppia vita
Francesco ha dunque sottolineato che per “prepararsi bene occorre un lavoro approfondito, ma soprattutto una conversione interiore” quotidiana. Ed ha citato come modello San Carlo Borromeo la cui vita, diceva il padre gesuita de Certeau, era come un costante “movimento di conversione, proteso a riflettere l’immagine del Pastore”. Quindi, il Papa si è soffermato su alcune tentazioni che vanno respinte da parte dei sacerdoti: innanzitutto quella della normalità, di un Pastore a cui basta una vita “normale”:

“Allora questo sacerdote comincia ad accontentarsi di qualche attenzione da ricevere, giudica il ministero in base ai suoi successi e si adagia nella ricerca di ciò che gli piace, diventando tiepido e senza vero interesse per gli altri. La 'normalità' per noi è invece la santità pastorale, il dono della vita. Se un sacerdote sceglie di essere solo una persona normale, sarà un sacerdote mediocre o peggio”.

Sacerdoti siano uomini spirituali e pastori misericordiosi
San Carlo, ha soggiunto, “desiderava Pastori che fossero servi di Dio e padri per la gente, soprattutto per i poveri”. Ma, ha ammonito, “può annunciare parole di vita solo chi fa della propria vita un dialogo costante con la Parola di Dio o, meglio, con Dio che parla”. In questi anni, ha sottolineato, “vi è affidata la missione di allenarvi in questo dialogo di vita” perché “la conoscenza delle varie discipline che studiate non è fine a sé stessa, ma va concretizzata nel colloquio della preghiera e nell’incontro reale con le persone:

“Non giova formarsi a compartimenti stagni; preghiera, cultura e pastorale sono pietre portanti di un unico edificio: devono stare sempre saldamente unite per sostenersi a vicenda, ben cementate tra loro, perché i sacerdoti di oggi e domani siano uomini spirituali e pastori misericordiosi, interiormente unificati dall’amore del Signore e capaci di diffondere la gioia del Vangelo nella semplicità della vita”.

Sacerdoti siano semplici nella vita e nella predicazione
“L’evangelizzazione – ha detto ancora - oggi, sembra chiamata a dover nuovamente percorrere proprio la via della semplicità”:

"Semplicità di vita, che eviti ogni forma di doppiezza e mondanità, a cui basti la comunione genuina con il Signore e con i fratelli; semplicità di linguaggio: non predicatori di complesse dottrine, ma annunciatori di Cristo, morto e risorto per noi”.

Francesco ha infine sottolineato “la necessità, per essere un buon sacerdote, del contatto e della vicinanza con il Vescovo”, vivere la “diocesanità”. “Un sacerdote che non ha un rapporto assiduo con il suo Vescovo – ha avvertito – lentamente si isola dal corpo diocesano e la sua fecondità diminuisce, proprio perché non esercita il dialogo con il Padre della Diocesi”. Dal Papa infine l’incoraggiamento ai seminaristi a “coltivare la bellezza dell’amicizia e l’arte di stabilire relazioni, per creare una fraternità sacerdotale più forte delle diversità particolari”.

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Papa presiede Vespri a San Paolo: si pregherà per i cristiani perseguitati

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A conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, Papa Francesco presiede alle 17.30, presso la Basilica di San Paolo fuori le Mura, la celebrazione ecumenica dei Secondi Vespri nella Solennità della Conversione di San Paolo. Partecipano al rito i rappresentanti del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e dell’arcivescovo di Canterbury, nonché esponenti di varie Chiese e comunità ecclesiali presenti nella capitale.

La celebrazione sarà aperta dall’Inno dell’Anno Santo della Misericordia “Misericordes sicut Pater”. Durante le intercessioni, si pregherà anche per i “cristiani vittime di persecuzione” perché possano sperimentare “la solidarietà di tutti gli uomini e soprattutto dei loro fratelli nella fede”.

La Settimana di quest’anno si è svolta sul tema “Chiamati per annunziare a tutti le opere meravigliose di Dio” (cfr. 1 Pietro 2, 9).

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Papa Francesco crea una nuova diocesi in Guatemala

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, l’ambasciatore di Croazia, Neven Pelicarić, per la presentazione delle Lettere Credenziali, il nunzio apostolico in Romania, l’arcivescovo Miguel Maury Buendía, il nunzio apostolico in Burundi, l’arcivescovo Wojciech Zaluski, mons. Mario Antonio Cargnello, Arcivescovo di Salta in Argentina, l’ambasciatore di Indonesia in visita di congedo, Budiarman Bahar, e il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze in Italia.

In Guatemala, Papa Francesco ha eretto la diocesi di San Francisco de Asís de Jutiapa, con territorio dismembrato dalla diocesi di Jalapa, rendendola suffraganea dell'arcidiocesi di Santiago de Guatemala. Come primo vescovo di San Francisco de Asís de Jutiapa, il Papa ha nominato il sacerdote Antonio Calderon Cruz, del clero della diocesi di San Marcos e parroco di "La Blanca", nella medesima diocesi. Il neo presule è nato il 13 giugno 1959 a Città di Guatemala, arcidiocesi di Santiago de Guatemala. Ha compiuto gli studi di Filosofia e di Teologia nel Seminario Maggiore di Tegucigalpa in Honduras e nel Seminario Maggiore Nazionale "Nuestra Señora de la Asunción" a Città di Guatemala. È stato ordinato presbitero il 5 luglio 1986 incardinandosi nella diocesi di San Marcos. Dopo l'ordinazione presbiterale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1989-1990: Amministratore della parrocchia di San Marcos; 1991-1993: Responsabile della Pastorale giovanile diocesana e Collaboratore del Vescovo nella cura pastorale di tre parrocchie: San Antonio (Sacatepéquez); Santísima Trinidad (Río Blanco) e San Lorenzo (San Marcos); 1994-1995: Formatore del Seminario Maggiore Nazionale "Nuestra Señora de la Asunción" a Città di Guatemala; 1997-1999: Studente a Roma di Teologia pastorale presso l'Università Lateranense; 1999-2002: Nuovamente Formatore presso il Seminario Maggiore Nazionale "Nuestra Señora de la Asunción" a Città di Guatemala; 2002-2005: Parroco a Comitancillo; 2005-2012: Vicario episcopale per la pastorale; 2006-2015: Parroco a Tejutla; 2012-2015: Amministratore diocesano di San Marcos. Attualmento è Parroco della parrocchia di "La Blanca" nella diocesi di San Marcos.

La nuova diocesi si estende su 3219 kmq, con una popolazione di 458 mila persone. I cattolici sono circa 390 mila, divisi in 15 parrocchie, con 14 sacerdoti diocesani e 10 religiosi, 15 seminaristi, 2 religiosi non sacerdoti e 80 religiose.

Il Pontefice ha nominato nunzio apostolico in Moldova mons. Miguel Maury Buendía, finora nunzio apostolico in Romania.

Papa Francesco ha deciso di far passare al diritto comune le seguenti sei Circoscrizioni ecclesiastiche del Canada settentrionale, finora dipendenti dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli: Keewatin-Le Pas, Churchill-Hudson Bay, Moosonee, Grouard-McLennan, Mackenzie-Fort Smith e Whitehorse.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Papa Francesco in Svezia per i cinquecento anni della riforma protestante: il 31 ottobre a Lund la partecipazione alla commemorazione ecumenica congiunta con la Federazione mondiale luterana.

Chi sono i veri preti: Francesco mette in guardia dalle tentazioni della doppiezza e della mondanità.

Innesti tra culture: Tullio Gregory sulla traduzione come grazia di Dio. 

Attrazione fatale: Carlo Maria Polvani su numeri primi e infinito.

Omelie lampo: Silvia Guidi su Giorgio La Pira e le Messe dei poveri di San Procolo a Firenze.

Un articolo di Maria Voce, presidente del movimento dei Focolari, dal titolo "Dono, impegno e traguardo": l'unità dei cristiani e del genere umano.

I figli prima di tutto: la prolusione del cardinale Angelo Bagnasco per il Consiglio permanente della Cei.

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Oggi in Primo Piano



Trattato Schengen: sfida per Ue. Ministri Interno ad Amsterdam

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Il Trattato di Schengen per la libera circolazione delle persone è al centro oggi di una riunione ad Amsterdam, in Olanda, dei ministri dell’Interno dell’Unione Europea. E mentre la politica segna il passo continua la pressione alle frontiere dei flussi migratori. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Sul fronte immigrazione e sicurezza sembra giocarsi la tenuta dell’Unione Europea. Tanto che non si attendono decisioni dal vertice di Amsterdam ma solo un confronto serrato su posizioni divergenti che per ora non hanno trovato sintesi ma solo ricorso ad eccezioni alla norma sottoscritta nel Trattato di Schengen, previste in caso di eventi prevedibili o che richiedano un’azione immediata. Ad oggi sono sei i Paesi - Danimarca, Francia, Germania, Austria, Norvegia e Svezia - su 26 dell’area Schengen, che hanno reintrodotto controlli alle frontiere interne. Parigi lo ha fatto a seguito degli attentati terroristici, gli altri per far fronte al flusso eccezionale di migranti. Ad Amsterdam si parlerà anche della proposta del premier sloveno Miro Cerar di rafforzare le frontiere tra Grecia e Macedonia, che ha già ricevuto apprezzamenti da diversi Paesi dell’area Schengen e in via informale dalla stessa Commissione europea. Atene chiede invece maggiore assistenza dall’Ue, attraverso il programma Frontex, per rimpatriare i migranti illegali in Turchia. Di fatto oggi non si può parlare più di libera circolazione nell’area Schengen, mentre i migranti continuano a patire, fino a morire soprattutto in mare. Al nostro microfono abbiamo il prof. Giandonato Caggiano, ordinario di Diritto dell’Unione Europea all’Università “Roma Tre”:

R. – La discussione è quella di verificare se queste chiusure temporanee resteranno tali oppure se l’intero sistema andrà in crisi, con una sospensione di due anni, pure prevista dalle regole nell’art. 26 del Codice frontiere, che non è mai stato usato e che forse sarebbe veramente la fine di Schengen!

 D. – I Paesi che sono usciti dall’area del Trattato sono ricorsi in realtà a delle eccezioni che sono previste nel Trattato…

R. – Sì, le eccezioni fino ad oggi utilizzate sono sospensioni a seguito di arrivi imprevedibili di persone dalle frontiere; sono eccezioni per un periodo breve che giunge fino a 6 mesi, rinnovabile sempre con una valutazione da parte della Commissione Ue sulla proporzionalità della misura adottata rispetto al contesto migratorio in atto. Ma qui si parla di due anni e si parla non di alcuni Stati, perché sarebbe una raccomandazione della Commissione che si potrebbe imporre a tutti.

D. – Quali scenari si aprono sul piano concreto, pratico?

R. – Questo è un flusso dovuto al rischio della vita. Queste persone hanno situazioni disperate: cercano e cercheranno sempre un passaggio. Attualmente addirittura di fronte alla chiusura delle frontiere della Germania, stanno andando al Circolo Polare, passando dalla Russia e poi ripiegando verso la Finlandia e la Norvegia. E’ qualcosa di inarrestabile, perché sono persone terrorizzate, persone che non sanno come sopravvivere. L’Europa, dunque, deve trovare una soluzione. E’ veramente una situazione che va risolta alla fonte, cercando la pace in questi Paesi, avendo un controllo dell’immigrazione legale. Certamente, è un momento drammatico per l’Europa.

D. – E’ pur vero che questo Trattato è nato in tutt’altro contesto storico e quindi è normale che vada rivisitato e che la politica, però, dia delle risposte in tempi brevi, perché questo è il ruolo della politica…

R. – Guardi, c’è qualcosa che non funziona, ma non è tanto Schengen, è anche il Regolamento Dublino III, nato nel ’90, quando gli Stati non erano competenti in materia. Questo Trattato ha una regola che dà la competenza non solo ad esaminare le domande, ma anche ad accogliere i rifugiati da parte del Paese, cosiddetto di primo ingresso. Insomma, sarebbe come se l’Europa fosse un grande condominio, in cui l’Italia e la Grecia sono al piano terra e dove tutti devono passare dal piano terra per andare al settimo, al sesto, al quinto, al quarto piano… e si fosse cristallizzata la regola che se passano dal piano terra, devono restare al piano terra.

D. – E’ giusto, quindi, dire che il tema dell’immigrazione è un banco di prova ineludibile per la tenuta dell’Unione Europea?

R. – Assolutamente. Non è possibile far parte di una casa comune e poi dire che invece no, questo è un problema di alcuni Paesi, perché oggi questo problema diventa concreto per tutti. Ora è impensabile che il problema dei rifugiati sia limitato e che il contagio di questa patologia non riguardi anche gli altri elementi dell’integrazione e, ahimè, soprattutto, anche la parte dell’economia e della moneta.

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Presidenziali Portogallo: vince centrodestra con Robelo de Sousa

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Alle presidenziali in Portogallo vince, al primo turno, il candidato del centrodestra Marcelo Robelo de Sousa, con il 52% dei voti. A seguire: Antonio Sampaio da Novoa, di area socialista, con il 22,75%; Marisa Matias, del Bloco de Esquerda vicino a Podemos e Syriza, con il 10,15. Rebelo de Sousa, 67 anni, subentrerà il 9 marzo a Anibal Cavaco Silva. Al governo c’è il premier socialista Antonio Costa, arrivato al potere con un "ribaltone" dopo la sconfitta alle urne in ottobre, grazie all'appoggio della sinistra radicale del Bloco de Esquerda. Per una valutazione del voto e delle prospettive politiche, Fausta Speranza ha intervistato Domenico Fracchiolla, docente di politica comparata all’Università Luiss: 

R. – Il voto in Portogallo premia una formazione politica tradizionale, conservatrice. E’ un voto tra l’altro in linea con la tradizione del Portogallo, che ha avuto in passato altre situazioni simili con un leader politico che si è distinto accrescendo la sua popolarità grazie al ruolo di commentatore politico e televisivo: è un profilo che potremmo definire di carattere accademico-istituzionale. Quindi i cittadini si sono espressi nella linea di una sostanziale moderazione e continuità, rispetto agli impegni internazionali presi, con un profilo chiaramente europeo.

D. – Anche il Portogallo ha vissuto da vicino la crisi…

R. – Alle elezioni politiche, in realtà, il fronte delle sinistre, pur molto diversificate - con formazioni tra loro molto diverse - ha avuto un notevole consenso e affermazione. Brodo politico e culturale nel quale si è formato il "ribaltone" che ha portato al governo il socialista Costa. In realtà l’espressione politica, la rappresentanza politica di questo malcontento sociale in qualche modo si è avuta. Il punto è che ci si è resi conto della possibile instabilità, evidentemente. L’elettorato quindi ha pensato di rivolgersi per il profilo del presidente ad una formazione di tipo più tradizionale, e in linea con gli impegni assunti e con la politica di austerità che ha consentito al Portogallo di uscire bene e prima dalla crisi, anche con costi sociali notevoli. Dobbiamo dire che la ricetta economica di sviluppo che il Portogallo ha seguito è una linea di sviluppo basata sostanzialmente sulla ripresa delle esportazioni. E questo ha avuto dei dividendi importanti, che consentirà probabilmente al Portogallo di ripagare il debito contratto con le istituzioni internazionali persino in anticipo. Certo, i costi sociali sono stati altissimi. È vero che anche il governo socialista di Costa ha dovuto sottoscrivere quelle sei condizioni che ne guidano l’azione di governo sugli impegni internazionali e su quelli alla stabilità finanziaria che il Paese si è assunto. Anzi, direi che l’elezione di questo presidente è esattamente in linea con gli impegni che sono stati assunti. Il governo Costa sarà ulteriormente posto sotto pressione per il rispetto degli impegni.

D. Si parla di rischio instabilità. Lei che ne pensa?

R. - Vorrei ricordare che i governi di minoranza possono in realtà diventare governi molto stabili se riescono a creare nel Parlamento consenso alla loro linea politica e di governo. Io quindi aspetterei prima di parlare di un’ulteriore instabilità. Questa al momento è presente, è potenzialmente esplosiva. E’ quell’instabilità che ha consentito il "ribaltone" con il nuovo governo Costa – un governo di minoranza che si appoggia e si avvale del sostegno esterno delle altre forze di sinistra – ma non è detto che debba rimanere l’elemento costante. Di sicuro, un ulteriore avvicendamento con una formazione di governo anche di carattere conservatore sarebbe più in linea e più semplice, ma la composizione attuale del Parlamento lo esclude. Quindi, o ci saranno elezioni anticipate oppure la sensazione è che questo governo continuerà a camminare in modo sempre più convinto sui binari della continuità istituzionale, del rigore e degli impegni europei assunti, eventualmente anche con ulteriori appoggi esterni, perché fino a questo momento gli impegni sono stati completamente rispettati.

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Brasile rassicura sul virus Zika. Rezza: minaccia remota per Italia

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In Italia si sono registrati quattro casi di virus Zika. Si tratta di 4 persone rientrate dal Brasile. I casi si riferiscono alla Primavera 2015. Tre pazienti sono stati trattati allo Spallanzani di Roma, uno a Firenze. Attualmente tutti stanno bene, confermano fonti mediche. Il virus è pericoloso per le donne in gravidanza perché potrebbe generare malformazioni. "Una minaccia remota per l’Italia" ribadisce il professore Giovanni Rezza, direttore del dipartimento Malattie Infettive dell'Istituto Superiore di Sanità. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato: 

R. – Il virus dà una sindrome febbrile che è simile, ma meno grave, di quella della Dengue, e addirittura meno pesante della sindrome febbrile che dà la Chikungunya, tanto per citare altri due virus trasmessi da zanzare che sono molto diffusi in aree tropicali e sub-tropicali. Quindi dà febbre, mal di testa, dolori articolari, un’eruzione cutanea; ma in genere viene superato abbastanza facilmente nel giro di pochi giorni. Il problema dell’allerta nasce dal fatto che sembra, una volta che infetti le donne gravide, poter dare delle malformazioni nei bambini, in particolare microcefalie.

D. – In Italia c’è pericolo?

R. – No. Questi casi riscontrati in Italia o in altri Paesi europei sono semplicemente relativi a delle persone che erano andate in zone attualmente colpite – soprattutto dell’America Latina – sono tornate, hanno manifestato una febbre e gli è stata diagnosticata l’infezione da Zika. Adesso oltretutto in Italia siamo in inverno, quindi l’attività delle zanzare è veramente ridotta quasi a zero. Questa non è un’infezione che si trasmette da persona a persona, ma viene trasmessa da zanzare del genere “Aedes”, soprattutto “Aedes aegypti”, diffuso nella fascia tropicale. Se, come avviene per Dengue e Chikungunya, quest’infezione può essere trasmessa anche da “Aedes albopictus” - la nostra zanzara tigre - allora nel periodo estivo bisognerebbe prendere più precauzioni.

D. – “Se” vuol dire che non è certo?

R. – Certo, non è stato verificato, perché fino ad ora l’infezione si è trasmessa in aree soprattutto infestate da zanzare del genere “Aedes aegypti”.

D. – E’ già stato realizzato un test…

R. – Naturalmente. Noi già l’anno scorso avevamo diagnosticato, proprio nel marzo del 2015, un’infezione da virus Zika in un paziente che era rientrato a Firenze dopo un viaggio in Brasile. Quindi c’è già un test a disposizione, e la diagnosi precoce può essere fatta.

D. – Ma per non creare allarmismo, come ci si deve comportare?

R. – Intanto, questo virus non c’è in Italia, non è presente in Europa, ma solo in alcune zone tropicali e sub-tropicali: in questo momento soprattutto in America Latina, e in misura minore in Oceania e Polinesia. È un virus di origine africana, però è diffuso in queste zone. Qualora una persona rientrasse dopo un viaggio in queste zone affette e presentasse febbre, allora in quel caso andrebbe fatta una diagnosi con tutte le altre infezioni che sono trasmesse per esempio da zanzare nelle zone affette. Potrebbe essere anche una banale influenza che gira in Italia, ma lo Zika – ripeto – non è pericoloso per la maggior parte delle persone, perché dà una sindrome febbrile abbastanza leggera. Le uniche precauzioni vanno prese per le donne gravide, che devono evitare di essere punte. Naturalmente, se si può evitare in gravidanza un viaggio, per esempio per turismo, verso le zone attualmente affette, è meglio.

D. – Per quanto riguarda le donne in gravidanza, c’è un periodo di maggiore pericolo in relazione alla microcefalia?

R. – Ritengo che lo sviluppo embrionale, quindi i primi mesi, sono certamente i più a rischio. Però, non essendo stata ancora accertata definitivamente l’associazione tra l’infezione virale e la comparsa della microcefalia, naturalmente è ancora più difficile stabilire se c’è un’epoca più a rischio. Diciamo che applicando il principio di precauzione, si deve ritenere a rischio l’intera gravidanza.

D. – Questo adesso, quando arriverà il periodo delle zanzare, quindi primavera-estate, ci sarà questo rischio?

R. – Naturalmente il rischio c’è, però è abbastanza basso. Si abbassa ancora di più se si prendono tutte le precauzioni che il ministero della Salute raccomanda ogni anno, che riguardano soprattutto il controllo delle zanzare. Bisogna tenere basso il numero di zanzare, soprattutto quelle del genere “Aedes”. Quindi l’opera di disinfestazione è molto importante, ed è poi importante anche ridurre il rischio di essere punti nelle zone in cui le zanzare tigri sono molto presenti. Però è un rischio – diciamo - basso quello di importazione e diffusione di una simile infezione. 

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Conferenza internazionale a Parigi su abolizione utero in affitto

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Unioni civili sempre in primo piano in Italia a pochi giorni dal Family Day del 30 gennaio. E’ polemica sull’apertura da parte della presidente della Camera Boldrini alla stepchild adoption, ovvero l’adozione del figlio del partner che secondo molti introdurrebbe la pratica dell’utero in affitto. Proprio all’abolizione universale della maternità surrogata sarà dedicata a Parigi una conferenza internazionale che si aprirà il prossimo 2 febbraio all’Assemblea Nazionale. Paolo Ondarza ne ha parlato con Il costituzionalista Carlo Cardia: 

R. – È una manifestazione che riunisce culture, sensibilità diverse, e anche alcune lontane dalla sensibilità religiosa. La promotrice è Sylviane Agacinski, che è moglie di Lionel Jospin, ed è una esponente del femminismo storico. Ad un certo punto, visto anche il consenso che riceveva da femministe, personalità della cultura di sinistra, in Europa e negli Stati Uniti, ha pensato di riunire a Parigi, una coralità internazionale, mettendo al centro il problema della maternità surrogata come violazione della dignità della donna e come strumento poi di scissione della maternità biologica da quella sociale.

D. – Colpisce che chi, storicamente, ha sempre tutelato e difeso il diritto della donna a disporre del proprio corpo, oggi dica a chiare lettere: “Avere un figlio non è un diritto. Un figlio non è merce di scambio”…

R. – Il motivo forse è che io vengo da una cultura di sinistra, sia pure moderata, però io questa contraddizione io non la sento. Perché l’idea di fruire del proprio corpo è stata lanciata in un’epoca in cui vi erano una serie di discriminazioni nei confronti della donna; però, attenzione: fruire del proprio corpo è una cosa, sfruttare quello degli altri le femministe non lo hanno mai chiesto. Cioè, a loro modo, Agacinski e le altre sono molto più coerenti di alcuni gruppi femministi che invece accettano questo tipo di pratica. Tanto è vero che la Agacinski cita il vecchio Karl Marx, che dice: “L’uomo non deve essere usato come merce”. L’uomo come persona, eh? La persona, la donna, che si presta alla surrogazione di maternità deve stare per nove mesi o quello che è il tempo della gestazione e seguire le indicazioni del committente: una sorta di riduzione servile. In queste parole c’è una sensibilità universale; sono concetti che abbiamo tutti nella nostra mente: non usare l’altro come mezzo, non usare l'essere umano come merce. Ecco, in questo il Forum di Parigi è un elemento che parla un linguaggio universale.

D. – Sta crescendo effettivamente la coscienza attorno alla barbarie insita nella pratica dell’utero in affitto. Particolarmente in Italia se ne sta parlando in questi giorni in relazione al Ddl Cirinnà. A livello generale, si riscontra anche come nel dibattito pubblico e politico si parli spesso di diritto per le coppie omosessuali ad avere un figlio e quindi si lasci in un certo senso aperta la porta alla pratica dell’utero in affitto…

R. – Più che aperta una porta, a volte la surrogazione di maternità è uno strumento tipico per soddisfare questo desiderio da parte delle coppie omosessuali. Però lei ha toccato un punto cruciale quando ha detto: “il diritto ad avere un figlio”. Qui si è rovesciato il linguaggio dei diritti umani. I diritti umani non parlano del “diritto ad avere un figlio”: è il figlio che è soggetto di diritti. Ha diritto ad avere un papà e una mamma. Pensi che la Convenzione sui diritti del fanciullo parla di una “speciale” tutela della maternità e dice: “Salvo in casi eccezionali, il bambino non può essere separato nella prima fase della sua età dalla mamma”. Ora, queste parole sono state dette in un’epoca in cui questo concetto era talmente normale che era il primo diritto, ovvio! Quindi, quando si sente parlare di “diritto ad avere un figlio”, attenzione! È il figlio che ha diritto ad avere i genitori. Se no si rovescia tutto e allora il figlio diventa oggetto di diritti altrui.

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Roma, Incontro di "Talitha Kum", rete mondiale contro la tratta

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Si è aperto oggi a Roma il secondo Incontro internazionale di coordinamento di "Talitha Kum", la rete internazionale della vita consacrata contro la tratta di persone che, in oltre 70 Paesi, promuove iniziative contro questa vergognosa piaga. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

All’incontro partecipano religiose, che hanno aderito a "Talitha Kum", provenienti da tutto il mondo. "Thalitha Kum" è un espressione che si trova nel Vangelo di Marco. Tradotta dall’aramaico significa: “Fanciulla, io ti dico: alzati”. E’ un invito rivolto a tutti per contrastare tutto ciò che sostiene la tratta.

Talitha Kum, contro la tratta nei cinque Continenti
"Talitha Kum" nasce nel 2009 per coordinare e rafforzare le attività contro la tratta nei cinque continenti. E’ una rete di reti organizzate differentemente, nel rispetto dei diversi contesti. E’ un progetto dell’Unione internazionale delle superiori generali  (Uisg) in collaborazione con l’Unione superiori generali (Usg).

Prevenire, assistere, denunciare
Sono diversi gli obiettivi. Tra questi, “la promozione del lavoro in rete tra persone consacrate e altre organizzazioni sociali, religiose e politiche”. Un altro nodo centrale è il rafforzamento delle azioni esistenti “di prevenzione, sensibilizzazione e protezione. Tra le finalità, anche quella di denunciare “le cause dello sfruttamento”.

Definire linee strategiche
Le prime giornate di lavoro del secondo incontro internazionale di coordinamento di "Talitha Kum" sono dedicate alla definizione di linee strategiche della rete per i prossimi anni. Dal 28 al 30 gennaio si susseguiranno incontri con fondazioni, istituzioni della Chiesa cattolica e altre organizzazioni.

Papa Francesco: la tratta è una vergognosa piaga
Papa Francesco lo scorso 8 febbraio, in occasione della Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, aveva denunciato questa vergognosa piaga e incoraggiato quanti si impegnano per contrastarla:

“Incoraggio quanti sono impegnati ad aiutare uomini, donne e bambini schiavizzati, sfruttati, abusati come strumenti di lavoro o di piacere e spesso torturati e mutilati. Auspico che quanti hanno responsabilità di governo si adoperino con decisione a rimuovere le cause di questa vergognosa piaga, una piaga indegna di una società civile”.

La tratta segue delle rotte ma non ha confini. Lo sfruttamento è diffuso in molte città, spesso tra occhi apparentemente distratti. La rete "Talitha Kum" non solo vede ma soprattutto lenisce queste sofferenze, in una società sempre meno pronta a tutelare la dignità delle persone. Amedeo Lomonaco ha intervistato suor Gabriella Bottani, coordinatrice di "Talitha Kum": 

R. – La tratta, oltre ad essere un dramma vissuto da singole persone che hanno dei nomi, una storia, una famiglia, una cultura, è anche la punta di un iceberg: ci mostra come la nostra società abbia rotto i valori alla base di una relazione rispettosa tra individui. Per cui, il primo lavoro è quello di rendersi conto che non possiamo contrastare da sole drammi e crimini come quelli della tratta. Dobbiamo metterci insieme. Questo è un primo lavoro: uniamo le forze per un lavoro prima di tutto di prevenzione, quindi di formazione, di informazione, con progetti educativi per rafforzare l’autostima di chi si trova in situazioni di vulnerabilità. Poi, serve un lavoro di sensibilizzazione e di accompagnamento rivolto a chi, invece, è riuscito a uscire dalla tratta e vuole ricostruirsi una vita. Quindi, abbiamo diverse case di accoglienza e progetti di reinserimento sociale.

D. – Questo sicuramente è un impegno prezioso ma difficile perché anche il potere economico e finanziario, spesso con arroganza e violenza, calpesta  proprio la dignità delle persone…

R. – E siamo così immersi in queste dinamiche di potere economico, finanziario, di uso, di sfruttamento della vita delle persone a fine di lucro, che quasi non ce ne rendiamo conto. Questo manipola e ci porta ad atteggiamenti e a scelte quotidiane che siamo chiamati a comprendere. Siamo chiamati a rendercene conto per cambiare, per trasformare la nostra vita con delle scelte che siano più rispettose e solidali.

D. – Sono solo gli interessi economici ad alimentare la tratta o ci sono anche altre catene, ad esempio quelle diaboliche che riducono in schiavitù milioni di persone?

R. – Le dinamiche economiche sono sicuramente importanti e sono quelle che, principalmente, muovono la tratta: è una delle attività lucrative e illegali tra le maggiori al mondo. Ci sono, però, altre dinamiche che credo la sostengano. Queste sono le dinamiche di potere, legate soprattutto alla diversità di genere. Penso, soprattutto, allo sfruttamento sessuale: la maggioranza è costituita da donne, bambine e bambini sfruttati. Quindi, c’è una dinamica di potere, una simmetria tra uomini e donne e tra adulti e bambini.

D. – In questo Anno Santo della Misericordia, l’invito di "Talitha Kum" alla misericordia, alla compassione è ancora più forte…

R. – Credo che la forza della misericordia sia questa luce che ci può aiutare a comprendere quali siano le dinamiche che, prima di tutto, ci rendono schiavi di queste forze del male. Forze che ci portano, poi, a negare al libertà e la dignità dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Per cui, per noi è prima di tutto un invito personale alla conversione, a lasciarci abbracciare da questa misericordia per poi poterla testimoniare con le nostre vite fino ai confini estremi della terra.

D. – Quando si incontra tanta sofferenza come si riesce comunque ad avere dentro una forza che può sorreggere in questo cammino così difficile?

R. – Le porto la mia esperienza personale. Da un anno sono qui a Roma nel servizio di coordinamento, ma vengo da un’esperienza in Brasile, prima in una favela e, negli ultimi anni, nella regione amazzonica. Devo dire che quello che mi ha stupito tantissimo, come religiosa, è di aver scoperto che a sostenermi e a darmi forza erano proprio queste persone che vivevano la sofferenza in prima persona. Si tocca con mano e si contempla la presenza di Cristo in queste persone, quindi questa forza della vita che ci rinnova, che ci sostiene e ci aiuta. E ci motiva a continuare in un impegno più effettivo ed anche a rischiare insieme con queste persone.

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Compiono 200 anni gli Oblati di Maria Immacolata

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Fondata nel 1816 da Sant’Eugenio de Mazenod, la Famiglia oblata compie oggi 200 anni. Come festeggiano questa data, e come vivono il Giubileo della Misericordia, i Missionari Oblati di Maria Immacolata? Natalia La Terza ha parlato con il vicario generale, padre Paolo Archiati

R. – Nasce dal desiderio di un giovane sacerdote, il fondatore, Eugenio de Mazenod, di rispondere a una situazione che si era venuta a creare dopo la Rivoluzione Francese, una situazione di grave abbandono della fede da parte di tante persone e anche di una mancata risposta dei ministri della Chiesa alle necessità di queste persone. Il fondatore era stato esule in Italia per dieci anni; era rientrato in Francia all’inizio del 1800; dopo poco aveva avuto un’esperienza di conversione davanti al crocifisso; aveva poi deciso di diventare sacerdote e, come giovane sacerdote, tornato ad Aix, sente di dover cercare dei compagni per dare inizio a questa prima comunità, il cui scopo era principalmente la predicazione delle missioni popolari nella Provenza.

D. – Cosa fanno gli Oblati?

R. – Oggi, in seguito all’apertura della Congregazione, alle missioni "ad gentes", sono presenti in 68 Paesi nel mondo, nei cinque continenti. Hanno mantenuto fede al carisma ispiratore del fondatore, che si era sentito scelto da Dio per portare soprattutto ai poveri la buona novella della salvezza, del Vangelo. Oggi siamo 3.800, più o meno.

D. – Come vivono i missionari Oblati di Maria Immacolata il Giubileo della Misericordia?

R. – Questo Giubileo ci interpella particolarmente, perché anche noi come Oblati siamo nati da un’esperienza di misericordia. Il fondatore, Eugenio, un Venerdì Santo, davanti al crocifisso ha fatto l’esperienza profonda di essere un peccatore perdonato.

D. – Come si inserisce il vostro carisma nel Pontificato di Papa Francesco?

R. – Vedendo l’esempio di Papa Francesco, ascoltando la sua parola, ci sembra che ci sia una consonanza profonda, forte anche direi, tra il suo magistero – che non si recita solo a parole, ma anche attraverso degli esempi, con i quali ci invita a prendere sul serio e in maniera più radicale il Vangelo e l’insegnamento di Gesù – e il carisma che il nostro fondatore ci ha lasciato. Certi gesti, certe parole di Papa Francesco ci sembrano a volte proprio una traduzione, nell’oggi della Chiesa e nel mondo in cui viviamo, del carisma di Eugenio.

D. – Come festeggerete il bicentenario oggi a Roma?

R. – Abbiamo una Messa solenne nella parrocchia oblata del Santissimo Crocifisso, in Via Bravetta. E’ soprattutto aperta agli Oblati della Provincia mediterranea, che include Italia e Spagna, e alla famiglia oblata, che include anche il laicato. Da alcuni decenni, infatti, ormai anche tanti laici hanno sentito una consonanza con il carisma di Sant’Eugenio e con la missione di Eugenio e si sentono parte della famiglia oblata.

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Nella Chiesa e nel mondo



Card. Bo: Eucarestia, faro per la dignità dei poveri

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L'Eucaristia ha una potente dimensione sociale e richiede una “lotta contro la povertà e la crudeltà”: lo ha detto il card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, in Myanmar, inviato come rappresentante del Santo Padre al 51° Congresso Eucaristico Internazionale (Iec), in corso da ieri al 31 gennaio a Cebu City, nelle Filippine centrali.

La fame nel mondo è un "genocidio di massa"
Come riferisce l'agenzia Fides, il card. Bo ha descritto la malnutrizione diffusa e la fame nel mondo come “genocidio di massa”, e ha legato l'Eucaristia alla giustizia, ricordando “ un mondo che produce più armi, mentre più di mezzo miliardo di persone non hanno cibo a sufficienza”. “L'Eucaristia è un faro per la dignità umana e per i poveri. Nessun'altra religione eleva i poveri a questo livello” ha rimarcato il cardinale.

I politici invitati al Congresso come pellegrini
La settimana eucaristica di Cebu, dal titolo “Cristo in voi, la nostra speranza di gloria”, prevede una affluenza di 12.000 partecipanti alle diverse giornate e celebrazioni, proprio mentre è in corso nel Paese la campagna elettorale per le elezioni generali di maggio prossimo. “I politici sono invitati a partecipare al 51° Congresso Eucaristico Internazionale qui, ma solo come pellegrini. Questa non è l’occasione per propaganda elettorale” ha detto mons. Joseph Tan, segretario esecutivo dell’Ufficio Comunicazione del Congresso.

Il sacramento dell'Eucarestia per ritrovare la verà unità
“La Chiesa cattolica è una Chiesa per tutti gli uomini” ha spiegato il teologo padre Gerard Francisco Timoner, Provinciale dei Domenicani nelle Filippine. “Si tratta di una manifestazione della universalità della Chiesa, e di come l'Eucaristia realmente ci unisce in modo molto concreto” ha aggiunto. Padre Timoner ha sottolineato che “la grazia dell'Eucaristia viene ostacolata quando c'è divisione, nelle fratture che attraversano le famiglie, le comunità e la società”, e il Sacramento “dona nuova grazia per ritrovare e vivere l’unità”. (P.A.)

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Siria: 3 morti per attentato nel quartiere cristiano di Qamishli

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E' di 3 morti e di 10 feriti il bilancio dell'attentato realizzato nella serata di ieri davanti a un internet cafè nel centro di Qamishli, seconda città della provincia siriana nord-orientale di Hassakè. A portare ancora una volta morte e devastazione nel quartiere abitato in maggioranza da cristiani sono stati due ordigni, uno dei quali collocato su una moto-bomba, nella via conosciuta come “Miami street”, dal nome del ristorante che ospita.

Un atto terroristico dell'Is o dei curdi?
“Tutte e tre le vittime sono cristiane: si tratta di un caldeo e di due siro-ortodossi” riferisce all'agenzia Fides l'arcivescovo Jacques Behnan Hindo, a capo dell'arcidiocesi siro cattolica di Hassakè-Nisibi. “Al momento” prosegue l'arcivescovo Hindo “ci sono voci ancora indistinte che parlano di una rivendicazione dell'attentato da parte dei jihadisti del Daesh. Ma c'è anche chi mette in relazione gli attentati ai recenti scontri tra milizie curde, che mirano a controllare quel quartiere, e i gruppi di autodifesa “Sootoro”, formati da giovani cristiani siri e assiri, che sono attivi in quella zona. Quindi, in molti pensano che dietro all'attentato potrebbero esserci anche mandanti e esecutori curdi. E' un altro dei fattori inquietanti di questa guerra: c'è il terrorismo, ma a volte non sappiamo chi davvero ci terrorizza”.

Oggi i funerali delle tre vittime
Già lo scorso 20 dicembre gli attentati contro due ristoranti di Qamishli, appartenenti a proprietari cristiani, avevano provocato la morte di 13 cristiani e 6 musulmani. Di recente, il Patriarca siro ortodosso Mar Ignatius Aphrem II si era recato a Qamishli, nel governatorato siriano nord-orientale di Hassakè, per compiere una mediazione riconciliatrice tra le milizie curde e i gruppi di autodifesa Sootoro. (G.V.)

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Chiesa Pakistan: giornata di preghiera per strage di Charsadda

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Una giornata nazionale di preghiera per non dimenticare le vittime del terrorismo e pregare per la pace in Pakistan. Su proposta della Chiesa cattolica pakistana - riferisce l'agenzia AsiaNews - la giornata di ieri è stata dedicata in molte città del Paese a Veglie di preghiera, a seguito del massacro dell’università di Charsadda, dove uomini armati sono entrati il 20 gennaio uccidendo 21 persone e ferendone 30.

La partecipazione di anglicani e pentecostali
Anche la Chiesa anglicana e quella pentecostale hanno partecipato all’iniziativa, che fa seguito alle veglie organizzate dalla società civile nei giorni scorsi, al messaggio della Commissione nazionale di Giustizia e pace e alla manifestazione pubblica voluta da alcune ong che operano nel Paese che hanno chiesto al governo più educazione e azioni immediate contro i terroristi.

Tutti vogliono la pace nella regione
I momenti di preghiera ecumenici e fiaccolate si sono tenuti soprattutto a Rawalpindi, Faisalabad (Punjab) e nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa, dove si trova Charsadda. Padre Arshed Gill, della diocesi di Mardan (30 km a est di Charsadda), racconta: “Abbiamo sofferto molto a causa del terrorismo e preghiamo per la pace e la tolleranza all’interno della società. Tutti qui vogliono la pace. Ci uniremo e promuoveremo l’armonia”.

Molto apprezzata dalla comunità musulmana l'iniziativa della Chiesa cattolica
La comunità musulmana di Rawalpindi ha accolto con favore l’iniziativa dei cattolici. Maulana Arif Alvi, della moschea Madni della città, afferma che “questo è un grande gesto da parte della Chiesa cattolica. È una proposta incoraggiante: staremo uniti alla Chiesa per lavorare insieme per la pace. C’è ancora molto da fare per promuovere la tolleranza e la coesistenza”. (J.K.)

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L'impegno della Chiesa tedesca per i rifugiati

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“Frasi a buon mercato per diffondere l’odio nei social network”; un segnale “di perdita di ogni senso civile”. Così il card. Rainer Maria Woelki, arcivescovo di Colonia, ha definito in una dichiarazione al giornale “Rheinische Post” gli attacchi via internet compiuti di recente in Germania contro i rifugiati.

Numerose le iniziative di solidarietà in tutto il Paese
Proprio per vincere chi tenta di alimentare un clima di paura e intolleranza, la Chiesa in Germania continua il suo impegno a fianco delle migliaia di disperati che varcano il confine e sono numerose le iniziative volte ad accogliere e ad alleviare le loro sofferenze.  In tutte le diocesi tedesche, dove il numero dei rifugiati accolti aumenta di giorno in giorno nelle strutture ecclesiali e nelle comunità civili, i gesti semplici di accoglienza e le testimonianze quotidiane non si contano.

Offerte per ordinazione episcopale mons. Bentz destinate ai profughi
Proprio in questi giorni – riferisce L’Osservatore Romano - il nuovo vescovo ausiliare di Magonza, mons. Udo Mark Bentz, nell’esprimere soddisfazione per le offerte ricevute (20.750 euro) in occasione della sua ordinazione episcopale, ha deciso che la somma raccolta venga utilizzata per le opere di soccorso ai rifugiati della diocesi. E nella cittadina di Gera, diocesi di Dresden-Meissen, si prepara una grande festa, alla quale sono stati invitati tutti i rifugiati della zona: una festa a un mese dal primo battesimo di un bimbo rifugiato siriano.

Nuova campagna di “Missio” a favore dei rifugiati giunti in Germania
Intanto, l’organizzazione umanitaria della Chiesa cattolica Missio ha lanciato la nuova campagna nazionale in favore del milione di rifugiati giunti in Germania nel 2015. “Costruiamo una casa per tutti” è il titolo della campagna, che interesserà parrocchie, scuole, asili, centri sportivi, dove si terranno incontri con i profughi. “In modo particolare — ha sottolineato il vice-presidente di Missio, Gregor von Furstenberg — siamo sfidati in Europa dalla necessità di offrire condizioni di vita giuste a persone di altri Paesi e culture perché mai come oggi nella storia recente tante persone sono in fuga dalla guerra, dall’oppressione, dalla fame, e sono in piedi davanti alla nostra porta”.

Missio propone alle comunità cattoliche, momenti di "cultura dell'incontro"
Missio propone alle comunità cattoliche, nei luoghi dove si può svolgere la loro azione, di organizzare feste, progetti scolastici, momenti di “cultura dell’incontro”. I posti privilegiati sono le classi d’asilo e scolastiche per insegnare la lingua tedesca, salotti e soggiorni per conoscersi e confrontarsi, sale da pranzo e mense per apprezzare la cultura dei rifugiati, campi e sale da gioco per condividere momenti di gioia, luoghi di silenzio per pregare insieme.

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Gioia in Argentina per la canonizzazione del Cura Brochero

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"Cura Brochero ha lavorato per noi, per il nostro progresso umano" ha detto ieri mons. Santiago Olivera, vescovo della diocesi argentina di Cruz del Eje, commentando la notizia della prossima canonizzazione del sacerdote gaucho. Venerdì 22 gennaio infatti, Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a pubblicare il decreto di approvazione del secondo miracolo attribuito a Brochero, riguardante il caso di una bambina di 9 anni uscita dal coma dopo 45 giorni.

Cura Brochero sarà il primo santo nato e morto in Argentina
Mons. Olivera ha ricordato che José Gabriel del Rosario Brochero "è stato un sacerdote vicino al suo popolo", sottolineando il "momento di gioia" che vivono a Cordoba, terra dove è vissuto e ha lavorato, alla notizia della sua canonizzazione che lo farà diventare il primo santo nato e morto in Argentina. "Brochero è stato un sacerdote gaucho, era molto vicino al suo popolo ed è andato con il suo mulo di località in località, lavorando perché ci fosse il lavoro, le scuole e la dignità" ha detto mons. Olivera, che è il vice postulatore della Causa di canonizzazione.

Brochero beatificato nel 2012
Il sacerdote, "cura", Brochero (1840-1914) è stato beatificato da Benedetto XVI alla fine del 2012, anche se la sua causa di canonizzazione era già stata autorizzata nel 1967. Il primo santo nato in Argentina è San Hector Valdivielso Saez, conosciuto anche come San Benito de Jesus (1910-1934), ma all'età di quattro anni venne portato dai suoi genitori in Spagna, dove è morto durante la rivoluzione delle Asturie, prima della guerra civile spagnola.(C.E.)

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Vescovi Svizzera: matrimonio è unione tra uomo e donna

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"Per il matrimonio e la famiglia. No agli svantaggi per le coppie sposate": questa l’iniziativa che verrà sottoposta a voto popolare in Svizzera, il prossimo 28 febbraio. L’obiettivo è quello di non penalizzare le famiglie dal punto di vista fiscale. Attualmente, infatti, nel Paese elvetico, il calcolo delle imposte per le coppie sposate prevede che i redditi dei coniugi vengano cumulati, mentre i conviventi vengano tassati individualmente. Cosicché, una coppia sposata, e quindi con doppio reddito, paga un’imposta più elevata rispetto ad una coppia convivente. L’iniziativa ha ottenuto il sostegno della Chiesa cattolica.

La Chiesa attribuisce grande importanza alla famiglia
“La Chiesa attribuisce una grande importanza alla famiglia, come dimostra, d'altronde il recente Sinodo”, svoltosi in Vaticano ad ottobre 2015, informa una nota dei vescovi svizzeri, a firma del loro presidente, mons. Charles Morerod, vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo. “Lo scopo di quest'iniziativa, che ci sembra eccellente, è espresso dal titolo: il fatto di essere sposati non deve comportare oneri fiscali supplementari o riduzioni della rendita Avs”, ovvero l’assicurazione vecchiaia e superstiti.

Matrimonio è unione sacramentale tra uomo e donna
I presuli poi sottolineano che “un altro dibattito si è aggiunto al primo, cioè la definizione di matrimonio”: “si tratta della definizione che utilizziamo anche per il nostro matrimonio religioso – spiegano - concepito come sacramento che riprende una realtà naturale, ossia l'unione tra un uomo ed donna, che permetta di fondare una famiglia”. Di qui, il richiamo alle parole di Papa Francesco che, a conclusione del Sinodo, lo scorso ottobre, ha ricordato l’importanza della famiglia "come base fondamentale della società e della vita umana". “Diamo volentieri eco a queste parole – conclude la Ces - tra tutte le voci che si esprimono in una società democratica, per mettere in rilievo il senso di questo particolare tipo d'unione cui diamo il nome di matrimonio". (A cura di Isabella Piro)

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Niger: ricordati gli attacchi contro i cristiani di un anno fa

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Un triduo e una solenne celebrazione hanno commemorato la settimana scorsa a Niamey e a Maradi, nel Niger, gli atti vandalici perpetrati un anno fa – il 16 e 17 gennaio - a danno di sette parrocchie durante le manifestazioni contro le caricature del settimanale satirico Charlie Hebdo. “Vogliamo testimoniare la grande speranza che è in noi – recitava la monizione introduttiva della celebrazione eucaristica del 17 gennaio –. Vogliamo anche, meditando questa pagina così provata della storia della nostra Chiesa Famiglia, … attestare il nostro desiderio a lavorare per ristabilire una coabitazione pacifica e fraterna tra musulmani e cristiani”.

Durante le celebrazioni un suggestivo rito penitenziale ricco di simboli
Suggestivo il rito penitenziale durante le Messe, con una processione di tre simboli: la cenere (simbolo delle chiese saccheggiate e incendiate, ma anche di speranza e di rinascita della Chiesa stessa da queste), la sabbia (simbolo della terra nigeriana e dei suoi valori) e il logo del Giubileo della Misericordia (simbolo del perdono che i cristiani sono chiamati ad offrire a quanti li hanno offesi). Simboli, si legge sul portale della Chiesa del Niger, volti ad esprimere la ferma volontà della Chiesa di radicarsi nelle realtà locali e di pregare per l’amore, la tolleranza, la giustizia, la pace, il perdono e la solidarietà.

Nell’anno della Misericordia l’invito ai cristiani a perdonare
Mons. Ambroise Ouédraogo, vescovo di Maradi, ha esortato i fedeli a perdonare e ad amare sull’esempio di Gesù, a voler bene ai propri nemici, a pregare per i propri persecutori e a vivere e testimoniare la misericordia di Dio in questo speciale Anno Santo. “Facciamo di questo Giubileo un tempo favorevole per tutti – ha aggiunto il presule – perché guardando alla misericordia di Dio che supera ogni limite umano … diveniamo a nostra volta testimoni più decisi e più forti di questa misericordia divina”.

Esortazione ad intensificare il dialogo cristiano-islamico
Il vescovo di Maradi ha osservato che l’esperienza del perdono è sempre più rara, ma che senza la testimonianza del perdono, la vita è infeconda e sterile, quindi ha esortato i fedeli ad approfondire e rendere più credibile e più efficace nel Niger il dialogo islamo-cristiano. “Ciò – ha spiegato mons. Ouédraogo – ci chiede di uscire e di andare incontro ai nostri fratelli e alle nostre sorelle musulmani in uno spirito di amore, di collaborazione e di ricerca per una vita sociale più fraterna”.

Una pastorale per i giovani che promuova il dialogo islamo-cristiano
Per il presule è necessaria anche una pastorale di accompagnamento per i giovani ed iniziative per far si che giovani cristiani e musulmani lavorino insieme e collaborino in iniziative solidali comuni allo scopo di creare legami di amicizia e di fraternità per la promozione della pace e della giustizia. A sacerdoti, religiosi e religiose, infine, l’invito a vegliare sui fedeli, ad essere servitori nelle comunità cristiane e ad aiutare ciascun battezzato a vivere e a testimoniare la propria fede cristiana nella verità e con amore tra i fratelli e sorelle musulmani. (T.C.)

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Vescovi Uganda ringraziano autorità per successo della visita papale

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La gratitudine della Chiesa cattolica dell’Uganda alle autorità politiche e religiose locali per il successo della visita di Papa Francesco nel Paese e un incoraggiamento a tutti gli ugandesi a continuare a dimostrare quell’unità e coesione di cui hanno saputo dare prova in quell’occasione. E’ quanto ha espresso il presidente della Conferenza episcopale (Uec), mons. John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu, in occasione di una cerimonia di ringraziamento organizzata nei giorni scorsi dalla stessa Uec per ricordare il viaggio papale dello scorso novembre. All’evento, al quale hanno partecipato 400 persone, è stato invitato come ospite d’onore il Primo Ministro Ruhakana Rugunda. 

Una visita che ha dimostrato l’unità del Paese
Ai presenti mons. Odama ha riferito di avere ricevuto una lettera del Santo Padre che esprime la sua profonda gratitudine per la calorosa accoglienza ricevuta durante la visita. “È stato un successo che ha dato grande gioia al Papa e che non sarebbe stato possibile senza l’appassionato e duro lavoro di tutti”,  ha osservato il presule, sottolineando che la visita ha insegnato “una lezione importante: che la Chiesa e lo Stato possono collaborare per il bene comune”. 

Mantenere la coesione nel Paese scaturita dal viaggio papale
​Il presidente della Uec ha quindi esortato a mantenere sempre vivo l’orgoglio nazionale scaturito da questo viaggio per preservare l’unità e la coesione del Paese: “La presenza di diversi leader di differenti credi politici e religiosi, la stretta di mano di due candidati presidenziali sono stati la dimostrazione che l’Uganda condivide solo l’unità”. Alle parole di mons. Odama hanno fatto eco quelle del Premier Ruhakana:  “Il Santo Padre ha acceso la coesione nazionale e ha dato un esempio di unità, solidarietà ed ecumenismo”, ha detto. (L.Z.)

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A Dakar il Giubileo del Concilio Vaticano II

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Intellettuali e religiosi africani si ritroveranno a Dakar, in Senegal, da domani al 28 gennaio, per celebrare il “Giubileo del Concilio Vaticano II”, a cinquant’anni dalla sua conclusione, nel 1965. Inaugurato dal card. Théodore Adrien Sarr, arcivescovo emerito di Dakar, e da mons. Barthélémy Adoukounou, segretario del Pontificio Consiglio della cultura, l’evento verterà, in particolare, sul dialogo interreligioso e le sfide dell’epoca contemporanea.

Presenti intellettuali e teologi di 11 Paesi africani
Ad organizzare il “Giubileo del Concilio Vaticano II” sono, oltre al dicastero vaticano per la cultura, anche il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam), la Conferenza episcopale dell’Africa dell’ovest (Cerao) e la Comunità africana della cultura del Senegal (Cacsen). “Gli organizzatori – informa l’agenzia Apic – vogliono radunare esperti, cardinali, vescovi, sacerdoti e laici, intellettuali e teologi di tutte le religioni, provenienti da undici Paesi africani diversi, tra cui la Costa d’Avorio ed il Benin”.

Centrale la riflessione sulla figura di Alioune Diop
Nel corso dei lavori, si rifletterà, in particolare, sulla figura di Alioune Diop: intellettuale senegalese vissuto tra il 1910 ed il 1980, ha giocato un ruolo importante nell’emancipazione delle culture africane, tanto che, nel 1947, fondò la rivista “Presenza africana”, edita tuttora. Non solo: all’annuncio dell’indizione del Concilio Vaticano II da parte di San Giovanni XXIII, Diop prese l’iniziativa di organizzare un’ampia consultazione tra tutti gli intellettuali africani, laici e sacerdoti, per raccoglierne le principali riflessioni da presentare al Concilio come contributo del genio africano. (I.P.)

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Lituania: in preparazione il Congresso della misericordia

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Preghiera. accoglienza, scambio. Sono le tre parole d’ordine per il Congresso nazionale della Misericordia che avrà luogo nella capitale della Lituania, Vilnius, dal 6 all’8 maggio 2016. A tutti è rivolto l’invito di sperimentare la Divina misericordia attraverso la preghiera comune dei pellegrini e il Sacramento della penitenza individuale nella città dove ebbe inizio e da dove si propagò, nel resto del mondo, il messaggio della Divina misericordia ricevuto da Santa Faustina Kowalska. Ed infatti Vilnius sempre più spesso viene ricordata come “Città della Misericordia di Dio”.

Aprirsi a “scambi di solidarietà”
La maggior parte degli avvenimenti del Congresso avranno luogo nel centro storico, mentre la Piazza della Cattedrale sarà il palcoscenico principale degli incontri previsti. Per l’occasione i vescovi hanno chiesto ai fedeli, soprattutto gli abitanti di Vilnius, di essere accoglienti ed ospitare tutti i partecipanti all’evento, rendendosi disponibili a “scambi di solidarietà”, cioè ad aprirsi con disponibilità alle opere di misericordia, sia nel riceverle che nell’offrirle generosamente agli altri. Per i residenti di Vilnius, in particolare, la richiesta è di sperimentare la Divina Misericordia offrendo alloggio ai pellegrini.

Incontri di cultura e di evangelizzazione
Nel programma del Congresso si prevedono, venerdì 6 maggio, incontri di cultura e di evangelizzazione nelle chiese di Vilnius e altri luoghi del centro storico; sabato 7 maggio, un workshops sulla misericordia nella vita quotidiana e le varie sfide odierne,  le celebrazioni eucaristiche e un concerto. Infine, domenica 8 maggio, la Processione e la Celebrazione Eucaristica conclusiva in Piazza della cattedrale di Vilnius.

A Vilnius, due Santuari della Misericordia
Altri luoghi simbolo del Congresso Nazionale saranno i due principali Santuari della Divina Misericordia a Vilnius, dove si trovano le immagini sacre più conosciute e rappresentative della Divina Misericordia: La “Mater Misericordie” della Porta D’Aurora (Aušros Vartai) e il “Gesù Misericordioso” di Via dei Domenicani (Domininkonų g.), dove è permanentemente esposta la tela dipinta a Vilnius sotto la direzione di San Faustina Kowalska e in presenza del beato Michele Sopocko, guida spirituale di suor Faustina a Vilnius e figura chiave della propagazione sia del messaggio, sia dell’immagine impareggiabile di “Gesù Misericordioso”.

Mons. Grušas: Congresso sia esperienza autentica di misericordia
La preparazione al Congresso nelle sette diocesi e l’ordinariato militare della Lituania è coordinata da sacerdoti nominati dai vescovi e dal gruppo di lavoro composto dall’arcivescovo di Vilnius mons. Gintaras Grušas, presidente della Conferenza episcopale della Lituania. Prossimamente verrà pubblicato il programma completo, curato dal Servizio di accoglienza affidato ai volontari e avviata l’iscrizione dei partecipanti via internet al Congresso. Secondo mons. Grušas è cruciale che il Congresso possa diventare, per i partecipanti, un’autentica esperienza del Giubileo della misericordia sia a livello personale che comunitario. (A cura del Programma Lituano)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 25

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