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Sommario del 20/02/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: misericordia è impegno concreto che cambia il cuore

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I cristiani sono chiamati ad impegnarsi a portare la misericordia di Dio, soprattutto dove c’è sete di speranza. E’ quanto affermato da Papa Francesco nell’udienza generale giubilare in Piazza San Pietro, gremita di fedeli tra cui 25 mila donatori di sangue provenienti da tutta Italia. Il Pontefice ha sottolineato che Gesù “è il grande impegno di Dio” nei nostri confronti ed ha ribadito che la sua misericordia cambia il cuore dei peccatori. Il servizio di Alessandro Gisotti

Dopo la pioggia, un bel sole primaverile e su Piazza San Pietro per qualche istante spunta anche un arcobaleno. Questa la cornice, se possibile ancor più suggestiva del solito, che ha accolto i tanti pellegrini, almeno 50 mila, giunti da tutto il mondo per la seconda udienza giubilare dall’inizio dell’Anno Santo.

Nostra vita sia segno concreto dell’amore di Dio
Francesco prosegue il suo cammino di catechesi sulla misericordia e si sofferma, in particolare, sull’impegno che tutti i cristiani sono chiamati ad assumere per portare a ognuno l’amore di Dio:

“E’ un impegno che siamo chiamati ad assumere per offrire a quanti incontriamo il segno concreto della vicinanza di Dio cioè la mia vita, il mio atteggiamento, il modo di andare per la vita deve essere proprio un segno concreto del fatto che Dio è vicino a noi. Piccoli gesti di amore, di tenerezza, di cura, che fanno pensare che il Signore è con noi, è vicino a noi. E così si apre la porta della misericordia”.

L’impegno più grande di Dio con noi è Gesù
“Impegnarsi, insomma – osserva Francesco – vuol dire mettere la nostra buona volontà e le nostre forze per migliorare la vita”. E annota che Dio per primo si è impegnato con noi:

“Il suo primo impegno è stato quello di creare il mondo, e nonostante i nostri attentati per rovinarlo – e ne sono tanti, eh! -, Egli si impegna a mantenerlo vivo. Ma il suo impegno più grande è stato quello di donarci Gesù. Questo è il grande impegno di Dio! Sì, Gesù è proprio l’impegno estremo che Dio ha assunto nei nostri confronti”.

L’amore di Gesù cambia il cuore dei peccatori
Quindi, ancora una volta, ribadisce che il Signore è venuto per cambiare il nostro cuore di peccatori:

“Gesù accoglieva con bontà i peccatori. Ma se noi pensiamo in modo umano, il peccatore sarebbe un nemico di Gesù, un nemico di Dio… E Lui si avvicinava a loro con bontà, li amava e cambiava loro il cuore. Tutti noi siamo peccatori: tutti! Tutti abbiamo davanti a Dio qualche colpa. Ma non avere sfiducia: Lui si avvicina proprio per darci il conforto, la misericordia, il perdono. E’ questo l’impegno di Dio e per questo ha mandato Gesù: per avvicinarsi a noi, a tutti noi! E aprire la porta del suo amore, del suo cuore, della sua misericordia. E questo è molto bello. Molto bello!”.

Portare la carezza di Dio, soprattutto a chi soffre
“A partire dall’amore misericordioso con il quale Gesù ha espresso l’impegno di Dio – prosegue – anche noi possiamo e dobbiamo corrispondere al suo amore con il nostro impegno”. E questo, è la sua esortazione, “soprattutto nelle situazioni di maggiore bisogno, dove c’è più sete di speranza”. Francesco fa così riferimento “al nostro impegno con le persone abbandonate, con quanti portano handicap molto pesanti, con i malati più gravi, con i moribondi, con quanti non sono in grado di esprimere riconoscenza”. In tutte “queste realtà – afferma – noi portiamo la misericordia di Dio attraverso un impegno di vita, che è testimonianza della nostra fede in Cristo”:

“Sempre portare quella carezza di Dio, perché così Dio ci ha accarezzato a noi, con la sua misericordia. Portarla agli altri, a quelli che hanno bisogno, a quelli che hanno una sofferenza nel cuore o sono tristi: avvicinarsi con quella carezza di Dio, che è la stessa che Lui ha avuto con noi”.

Al momento dei saluti, il Papa ha rivolto un pensiero speciale alle Federazioni dei Donatori di Sangue, dei Genitori oncoematologia pediatrica e dei motociclisti italiani come pure all’Associazione delle società di mutuo soccorso. “Il Giubileo della misericordia – ha concluso – sia per tutti un’opportunità per riscoprire l’importanza della fede e per diffondere nella quotidianità la bellezza dell’amore di Dio per ogni uomo”.

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Giubileo Curia Romana. Francesco chiede preghiere per il suo Ministero

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Al termine dell’udienza giubilare Papa Francesco ha ricordato che lunedì prossimo 22 febbraio, festa della Cattedra dell’Apostolo Pietro, è un “giorno di speciale comunione dei credenti con il Successore di San Pietro e con la Santa Sede. Tale ricorrenza, in questo Anno Santo – ha detto - sarà anche giornata giubilare per la Curia Romana, che opera quotidianamente a servizio del popolo cristiano. Vi esorto a perseverare nella preghiera a favore del mio universale Ministero e vi ringrazio per il vostro impegno nell’edificazione quotidiana della comunità ecclesiale”.

Il Giubileo della Curia Romana e delle Istituzioni Collegate con la Santa Sede si aprirà lunedì alle 8.30 nell’Aula Paolo VI con la Celebrazione dell’Ora Media e la meditazione del padre gesuita Marko Ivan Rupnik, direttore del Centro Aletti. Alle 9.15 si svolgerà la processione dei religiosi e dei laici verso la Porta Santa, seguita da quella dei sacerdoti. Alle 10.30 Papa Francesco presiede la Messa nella Basilica di San Pietro.

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Il saluto del Papa ai donatori di sangue per il loro Giubileo

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All’udienza generale erano presenti migliaia di donatori di sangue a cui il Papa ha rivolto un pensiero speciale al momento del saluto ai pellegrini. Amedeo Lomonaco ha raccolto alcune testimonianze tra i donatori della Banca del Sangue della parrocchia Santa Monica di Ostia, che da 30 anni raccoglie sangue per rispondere alle esigenze dell’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma: 

R. - “Noi oggi eravamo in San Pietro proprio per partecipare al ‘Giubileo dei Donatori di Sangue’. Donare il sangue è un impegno. Noi come “Banca del Sangue del Bambino Gesù” – esterna – collaboriamo con quest’ospedale da 30 anni, e vediamo tante persone assumersi questo impegno nel silenzio. Il donatore di sangue, infatti, non esprime quella che è la sua attività: è una persona che decide di donarsi senza chiedere nulla in cambio.

D. – In questi gesti per i quali uno non si aspetta nulla in cambio c’è anche la "carezza di Dio", come ha detto il Papa…

R. – Sicuramente. Il Bambino Gesù è un ospedale dedicato ai bambini e ancora di più noi sentiamo questa carezza da dare, perché sappiamo di raggiungere una fascia di età dove il dolore non dovrebbe esistere!

R. - “Sì, è un gesto di misericordia: è un dono proprio di sé, del proprio tempo, e anche di condivisione di quello che è l’amore verso Dio e gli altri. Probabilmente forse – diciamo così – è poco "sponsorizzato", dovrebbe esserlo ancora di più. Tuttavia, secondo me, è una realtà – anche se magari nascosta –  presente e viva. Soprattutto riguarda tanti giovani, tanti nuovi donatori che sono presenti, che vengono anche con molto coraggio, combattendo le proprie paure. Questo è bello e ci fa sperare anche per il futuro”.

R. - “Il nostro è un servizio di volontariato per la gente. Il nostro impegno, che è quotidiano, è bello. Si lavora in gruppo, e questo quindi può avvicinare anche altre persone e convincerle a venire”

D. – Diamo anche delle informazioni pratiche: chi può donare il sangue?

R. – I requisiti fondamentali sono innanzitutto la fascia di età, compresa tra i 18 e i 60-65 anni; essere in stato di buona salute; non avere preso medicinali poco prima della donazione; essere a digiuno ovviamente; quindi rispettare anche un peso minimo di 50 kg.

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Dialogo interreligioso: Papa riceve card. Tauran e mons. Ayuso

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Francesco ha ricevuto, ieri in udienza, il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, insieme al segretario del medesimo dicastero, mons. Miguel Angel Ayuso Guixot.

Nei giorni scorsi, mons. Ayuso Guixot aveva compiuto una visita, in un clima di grande cordialità, alla prestigiosa istituzione musulmana sunnita di al-Azhar al Cairo. Il segretario mons. Ayuso ha consegnato una lettera del card. Jean-Louis Tauran, nella quale il porporato esprime la sua disponibilità a ricevere il Grande Imam e ad accompagnarlo ufficialmente in udienza da Papa Francesco.

Proprio di ritorno dal Messico, durante la conferenza stampa in aereo, il Pontefice aveva espresso il suo desiderio di poter incontrare il Grande Imam di al-Azhar.

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Giubileo turismo. Andreatta: sicuri i pellegrinaggi in Terra Santa

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Si è svolto oggi il Giubileo degli Operatori del Turismo. Nell’occasione, il cardinale vicario Agostino Vallini ha presieduto la Messa nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Ha organizzato l’evento l'Opera Romana Pellegrinaggi. A mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato dell’organismo, Luca Collodi ha chiesto come si ìntegrino pellegrinaggio e turismo religioso: 

R. – Si integrano molto bene perché ogni pellegrinaggio, ogni itinerario religioso, ha anche l’incontro con l’arte, la storia, la cultura e le bellezze naturali e tutto ciò che il turismo può offrire al pellegrino.

D. - C’è differenza tra un pellegrinaggio e un pellegrino che fa turismo?

R. - Oggi è molto difficile individuare e distinguere il turista dal pellegrino. Per esempio il turista che viene a Roma ad un certo punto lo intercettiamo, gli offriamo la possibilità di vivere anche un‘esperienza da pellegrino. Il compito dell’Opera Romana Pellegrinaggi è quello di trasformare il turista in pellegrino.

D. –Chi è il pellegrino oggi? Che identikit possiamo fare?

R. – Oggi il pellegrino è l’uomo che ha bisogno di ricercare se stesso, di ritrovare quei valori che la società non gli offre più, quei punti di riferimento. Si pone le domande fondamentali della vita: chi sono? Da dove vengo? Dove vado? E nel pellegrinaggio cerca queste risposte.

D. – Albergatori, ristoratori e agenti di viaggio, come guardano al pellegrino? È una persona che non porta guadagno?

R. – No, assolutamente. Il pellegrino è colui che va all’essenziale; non cerca il lusso, non cerca l’evasione nell’acquisto di beni superflui o non necessari. Il pellegrino va alla sostanza. Quindi usa i mezzi, gli strumenti, gli alberghi, come un qualsiasi turista senza però sprecare il denaro o perdere del tempo.

D. – Qual è il senso del Giubileo degli Operatori del Turismo promosso dall’Opera Romana Pellegrinaggi?

R. - È quello di preparare tutti gli operatori del turismo, coloro che accolgono negli alberghi, nei ristoranti, nei negozi, i pullman .... Coloro che operano devono capire perché il pellegrino è venuto a Roma. Quindi fare l’esperienza del pellegrinaggio e del passaggio della Porta Santa perché solo se proverà e sperimenterà in prima persona quell’esperienza entrerà nella logica e nella dinamica di colui che accoglie sia nell’albergo che nei ristoranti piuttosto che nei negozi. È una preparazione personale.

D. – Si parla molto di pellegrinaggi in Medio Oriente. Qual è la situazione alla luce di quello che è il tema del Medio Oriente oggi?

 R. – I pellegrinaggi in Terra Santa, Israele, Palestina e Giordania, sono tranquillissimi e si svolgono nella massima sicurezza. Purtroppo i media innescano un meccanismo di paura, mentre  – lei lo sa e lo sanno tutti e nei miei 40 anni di esperienza vissuta qui – non è mai stato torto una capello ad un pellegrino. Anche in queste ultime situazioni di paura che proviene dalle notizie dei media, ci sono i pellegrini che partono, i gruppi che tornano felici, sereni perché gli itinerari svolti dai pellegrini sono nella massima sicurezza e nella massima tranquillità.

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Nomine episcopale di Francesco nelle Filippine

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Nelle Filippine, Francesco ha nominato vescovo di Alaminos mons. Ricardo Lingan Baccay, finora vescovo titolare di Gabala e ausiliare di Tuguegarao.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Impegno a lungo termine: in prima pagina, dopo la visita del Papa in Messico, un editoriale del cardinale arcivescovo di Morelia, Alberto Suarez Inda.

Per portare la carezza di Dio: oltre cinquantamila fedeli alla seconda udienza giubilare.

Dal recupero di un cubicolo del quarto secolo all'interno delle catacombe romane dei santi Pietro e Marcellino emergono preziose decorazioni: i contributi del cardinale Gianfranco Ravasi, Fabrizio Bisconti e di Raffaella Giuliani. 

In morte di Umberto Eco: un articolo di Silvia Guidi dal titolo "Volto pop dell'erudizione".

E da quella siepe venne la luce: Gabriele Nicolò ricorda la scrittrice statunitense Harper Lee.

Se un'iniezione salva la vita: Ferdinando Cancelli su sanità e deficit culturale.

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Oggi in Primo Piano



Regno Unito, accordo perché resti in Ue: referendum il 23 giugno

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Il referendum in Gran Bretagna sulla permanenza o meno nell'Unione Europea si farà il 23 giugno. La data è stata annunciata dopo il compromesso raggiunto tra Ue e Cameron che permette al premier britannico di schierarsi a favore del sì. Cameron, parlando di fronte al numero 10 di Dowing Street, ha sottolineato che "spettera' al popolo britannico decidere" e ha poi ribadito la convinzione che "la Bretagna sia piu' sicura, piu' forte e piu' prospera in un'Europa riformata". Del significato e dell'importanza dell'accordo, Fausta Speranza ha parlato con Enzo Moavero Milanesi, direttore della Scuola di diritto dell’Università Luiss: 

R. – Per la Gran Bretagna i punti dell’accordo sono molto importanti e possono essere apprezzati dai cittadini. Noi tutti dobbiamo augurarci che questo possa essere sufficiente a votare “sì” al rimanere nell’Unione Europea.

D. – Quali elementi valutare?

R. – Nel primo punto c’è il riconoscimento di una più netta separazione fra i Paesi che adottano l’Euro come moneta e quelli che non l’adottano: sostanzialmente due sfere di autonomia che si rispettano reciprocamente. Il secondo punto dell’accordo riguarda l’utilizzazione al meglio delle potenzialità del Mercato Unico Europeo, soprattutto nel settore dei servizi. Ricordiamoci quanto rappresentò per la crescita dei Paesi dell’allora Comunità Europea la realizzazione della libera circolazione delle merci. Il terzo punto riguarda un aspetto di carattere istituzionale: si è concordato che quando i parlamenti dei 28 Paesi, rappresentanti il 55% del peso di questi ultimi nell’Unione, ritiene che un certo disegno normativo, un certo disegno di legge europeo, violi il cosiddetto “principio di sussidiarietà” - che è un principio molto importante per l’Ue che dice che l’Unione interviene nei campi di propria competenza solo quando effettivamente si può fare meglio a livello di Unione una data azione, e non a livello di Stati membri e viceversa - allora l’Ue deve abbandonare questo progetto legislativo. Io credo che sia un elemento di forte democrazia. L’ultimo punto, il quarto, è stato molto controverso soprattutto nel dibattito delle settimane e dei mesi scorsi, perché tocca un principio importantissimo per tutti noi cittadini europei: la libera circolazione e la libertà di stabilimento in altri Paesi. E la questione sollevata dai britannici, ma che ancora una volta non riguarda unicamente la Gran Bretagna, è quella di cittadini di altri Stati dell’Unione che diventano residenti in un altro Paese e, in conseguenza di ciò e della loro attività lavorativa, fruiscono immediatamente dell’insieme delle tutele del welfare. Questo afflusso di beneficiari dei meccanismi di cosiddetto “welfare”, che non hanno ancora contribuito pecuniariamente ai medesimi, creava un forte disequilibrio nella sostenibilità dei sistemi stessi e di conseguenza dei conti pubblici. I capi di Stato e di Governo, ieri, hanno deciso che è possibile dare una moratoria di graduale fruizione dei meccanismi di welfare per un periodo di quattro anni. E questo durante un arco di tempo sperimentale di sette anni. Non significa rimanere privi assolutamente di previdenza sanitaria, sociale, pensione e quant’altro, perché si rimane comunque collegati ai meccanismi di welfare del Paese di origine.

D. – Si può dire che in termini di economia e di democrazia, in qualche modo, questo accordo faccia fare un passo avanti un po’ a tutti?

R. – Assolutamente sì. Certamente i punti dell’accordo sono stati sollecitati e auspicati dal governo britannico - dalla Gran Bretagna in vista della campagna referendaria - ma nel momento in cui saranno operativi riguarderanno tutti i Paesi, si applicheranno a tutti i Paesi. Da un punto di vista democratico e di prospettiva di un’Ue, e anche di quella rifondazione che nella dichiarazione recentissima abbiamo ritrovato anche nelle parole del Santo Padre, questo accordo di ieri va nella giusta direzione.

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Presidenziali Niger, alla ricerca di pace e sviluppo economico

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Vigilia elettorale tesa in Niger, dove questa domenica il presidente uscente sfiderà i quattordici candidati dell’opposizione, in un primo turno denso di incognite. Eletto nel 2011 dopo una travagliata stagione di colpi di Stato, Mahamadou Issoufou ha governato il Paese in un periodo difficile, segnato da crisi regionali e attentati. Il momento è delicato anche per la piccola comunità cristiana, vittima di pesanti attacchi nel gennaio 2015. Giacomo Zandonini ha raccolto in Niger la testimonianza di padre Mauro Armanino, sacerdote della Società Missioni Africane e antropologo, residente da anni nel Paese: 

R. – È un clima deleterio per vari motivi: esterni ed interni. Per motivi esterni, perché intorno al Paese c’è una realtà di violenza radicale, jihadista, che ha toccato il Mali, la Libia dal 2011 in poi, la Nigeria. Ci sono stati degli attentati: non dimentichiamo quello alla prigione civile di Niamey, a Agadez e a Arlit; e poi nella zona di Diffa, ad oltre 1000 Km ad Est da qui, ci sono stati più di 300 morti a partire dal mese di febbraio dell’anno scorso. Sono venuti centinaia di migliaia di rifugiati qui dal Mali e da altri Paesi. Quindi, è una situazione tesa all’esterno. E all’interno, dal punto di vista politico, si riscontra la mancanza di un ricambio. A partire dalla Conferenza nazionale sovrana del 1990 sono sempre le stesse facce che passano dall’opposizione al potere, e dal potere all’opposizione. Quindi è una crisi politica. Ma è anche una crisi economica, che continua e si è accentuata, sia perché si è molto puntato sull’uranio, che ha beneficiato pochi nell’insieme, e sul petrolio - soprattutto con i cinesi - e sappiamo del crollo del prezzo di quest’ultimo; e altre materie prime, che però non sono in tutti i casi utilizzate per il bene pubblico.

D. – In un momento di tensione anche la locale minoranza cristiana del Niger è più esposta: è ancora vivo in questo senso il ricordo delle violenze seguite nel gennaio 2015 agli attentati al settimanale parigino “Charlie Hebdo”?

R. – Si vede che si trascina una realtà in cui il cristiano è identificato un po’ con lo straniero. E visto che la Francia, attualmente, non gode di buone simpatie, è chiaro che "Charlie Hebdo" abbia costituito la tipica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Poi all’interno c’è anche una crisi che tocca la società nigerina in quanto tale, una crisi complessa e che anzitutto è relativa alla sua Costituzione: si è passati da una realtà egemonica islamica; un Islam moderato che è stato accentuato dalla colonizzazione francese; e poi un processo di re-islamizzazione fatta in parte dalle confraternite e soprattutto in questi ultimi 30 anni, da gente che era andata a studiare in Arabia Saudita e in Egitto e che, tornando, ha cercato in questo tipo di Islam delle risposte che la politica in tutti questi anni non ha saputo dare. Quindi siamo in questa situazione di crisi. E all’interno di questa realtà c’è anche la piccola, fragile, frammentata presenza cristiana. Questa è iniziata con i protestanti; poi con i cattolici circa 85 anni fa. È una presenza fragile: ci sono 50, 100 o forse 150 mila cristiani, per buona parte stranieri, anche se non tutti. Con questo trauma accaduto un anno fa, il 16 e il 17 di gennaio quando 72 chiese e cappelle sono state bruciate, dei negozi sono stati distrutti e anche di alcuni hotel. Alcune persone sono state uccise. È stato un trauma sia per i locali, che si sono sentiti traditi come cittadini di questo Paese, sia anche per gli altri che vivevano qui da molti anni e comunque si identificavano con questo Paese. Qualcosa si è rotto. Se è vero che, secondo la classifica dello Sviluppo Umano, siamo all’ultimo posto, però, per quanto riguarda le persecuzioni siamo al numero 46 secondo l’ultimo Rapporto di “Portes Ouvertes”, una Ong che appunto studia le persecuzioni.

D. – Paese ricchissimo di risorse, il Niger è il Paese più povero al mondo, e fra i più esposti al cambiamento climatico: come possiamo spiegarlo?

R. – Di queste risorse hanno approfittato in pochi, e i soliti: non hanno rappresentato possibilità per tante persone. Per quanto riguarda l’uranio, è da una quarantina d’anni che la Francia con Areva ha preso in mano quasi tutto. Era stato prevista la costruzione di un cantiere enorme che avrebbe fatto del Niger – penso – il secondo produttore mondiale. È stato fermato tutto perché anche l’uranio oggi è un po’ in difficoltà. Però si dimenticava l’impatto ambientale clamoroso che ci sarà nel medio e nel lungo termine, e che si vedrà nei disastri che sono stati provocati: sia le falde sotterranee, la terra stessa, le persone. A parte l’uranio, il petrolio, l’oro, qualche altro materiale che si scoprirà, è un’economia estrattiva utilizzata per foraggiare i politici stessi, o comunque i loro vicini per perpetuarsi nel potere. Questo è uno dei tanti aspetti che rendono questa democrazia fragile. Il Niger ha avuto colpi di Stato, transizioni difficili, e soprattutto, poco ricambio dal 1990.

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Rizzo, Pc: no a mercificazione bimbi e sfruttamento donne povere

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Dibattito acceso in Italia sulle Unioni Civili. Torna a reclamare lo stralcio della stepchild adoption il ministro della Salute Lorenzin, che in un tweet chiede di considerare l’utero in affitto un reato penale. Una condanna arriva anche dal segretario del Partito Comunista Marco Rizzo secondo il quale il ddl Cirinnà è una legge finalizzata a distogliere l’attenzione dal massacro sociale ai danni dei lavoratori. Paolo Ondarza lo ha intervistato: 

R. - Io credo che ci sia un problema, in generale, di questa sinistra e non solo a livello italiano, ma anche a livello europeo. Pensi a quello che sta accadendo in Grecia con Tsipras: dove vengono, appunto, concesse le unioni civili e quant’altro per i gay, ma vengono al contempo tagliate le pensioni, la sanità, l’assistenza, lo stato sociale, l’istruzione… Sono – diciamo così – delle concessioni che vengono fatte quasi a copertura di un danno incommensurabilmente più forte. Io sono per i diritti a tutte le persone, però il problema non è tra il gay e l’eterosessuale: il problema è tra il gay ricco e il gay povero. Spesso queste questioni vengono dibattute così tanto e permeano così tutta la discussione politica nazionale, anche le discussioni tra le singole persone, per distrarre un po’ da temi ben più rilevanti: perché se io ti levo la pensione, ti levo il lavoro, ti tolgo l’istruzione e ti tolgo la sanità, poi che me ne faccio dell’unione civile?

D. – Riferendosi al Ddl Cirinnà, lei ha usato un’espressione forte: ha parlato di “arma di distrazione di massa”…

R. – Distrazione di massa, infatti! Si distraggono le persone dalle questioni principali. La questione principale nel mondo è la disuguaglianza, è tra ricchi e poveri. Questa è una società basata esclusivamente sul denaro…

D. – Quindi sta dicendo: si sta dibattendo tanto attorno al Ddl Cirinnà, ma si sta nascondendo il massacro sociale ai danni dei lavoratori…

R. - E’ un massacro sociale non solo a livello generale, ma anche europeo, anche a livello delle classi sociali che una volta erano il ceto medio. 68 persone detengono quanto la metà della popolazione del mondo: cosa c’è di più alta concentrazione dei capitali che questa cosa? Quindi c’è la necessità di cambiare questo indirizzo. Però queste persone, questi grandi potentati economici e finanziari hanno bisogno che queste cose non si dicano! Per cui nei bar, nelle piazze, nelle scuole, nelle famiglie si discute di cose laterali. Detto questo, c’è poi un tema che è quello della mercificazione dei bambini…

D. - Si riferisce all’utero in affitto?

R. – Sì, certo! Il comunismo è la lotta contro ogni forma di sfruttamento. E quale forma di sfruttamento più odiosa ci può essere nell’andare a cercare una donna, certamente in condizioni economiche difficili, comprare il frutto della sua maternità, privarla di questo e mercificarla? Vengono condannati – giustamente! – i traffici di organi, ma questa cosa qua che cos’è? E’ una cosa ancora peggiore! E’ uno sfruttamento bestiale! E poi cosa succede? Se il bimbo è handicappato, cosa fanno? Me lo sostituiscono dopo otto giorni? Diventa un prodotto? E poi non si arriva al fatto di scegliere? Magari lo voglio intelligente, lo voglio bello, lo voglio con gli occhi azzurri ... Arriviamo all’eugenetica? Arriviamo al dottor Mengele? Al nazismo? No, no! Io sono – da questo punto di vista – per i diritti delle persone, ma sono contro la mercificazione dei bambini! Tanto più che poi, peraltro, sarebbe una mercificazione a favore dei ricchi! Un poveraccio non può andare in Africa e noleggiare una donna per avere un bambino…

D. – Tanti suoi ex colleghi di partito, tanti ex comunisti si dicono favorevoli…

R. – Perché quelli non erano comunisti: erano comunisti fino a quando il Partito Comunista consentiva di eleggere deputati. Adesso che, dal punto di vista elettorale, la parola “comunista” e il simbolo comunista non tira più, si sono scordati tutti di esserlo… Erano finti comunisti anche prima!

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Crollo nascite. De Palo: politica si occupa di false priorità

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Le culle vuote sono il principale problema economico del Paese: è quanto ha affermato il ministro della Salute Beatrice Lorenzin annunciando nuove misure per il sostegno delle donne che lavorano e sul fronte del bonus bebè. Lo scenario è "orrendo", ha detto il ministro riferendosi ai recenti dati sulla denatalità in Italia: nel 2015 i decessi sono stati 653 mila, i nati poco più di 488 mila. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Nel 2015 il picco più alto di decessi, dal secondo dopoguerra, si incrocia con un nuovo record: il minimo storico di nascite dall’Unità d’Italia. Nel corso di pochi decenni il Paese è profondamente cambiato. Quella del 1976, nella quale per la prima volta il tasso di fecondità si attestava sopra i due figli per donna in età fertile, era un’altra Italia. In quella di oggi, invece, il declino demografico è certificato dal minimo storico di nascite e dal basso tasso di fecondità, 1,35 figli per donna. Diminuisce anche l’aspettativa di vita a causa, secondo diversi osservatori, delle risposte sempre meno efficaci del sistema sanitario limitato da tagli e da esigenze di risparmio. La popolazione straniera – ha detto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin – non è sufficiente a colmare la denatalità. “Lo scenario futuro è orrendo”: serve ora un grande investimento culturale. “E’ normale essere genitori giovani” ed essere madri – ha aggiunto il ministro – dovrebbe essere “un prestigio sociale”.

L’Italia è anche un Paese in cui le forze politiche si interrogano su unioni civili e adozioni ma non sul vero motore, anche economico, del Paese: la famiglia, quella disegnata dalla Costituzione. Così Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle Famiglie, intervistato da Amedeo Lomonaco

R. – Questo trend purtroppo c’è da parecchi anni. Siamo il Paese che ha un tasso di fecondità più basso da più tempo nel mondo, non solo in Europa. Nonostante questo, ci stiamo incaponendo in false priorità. Non ci rendiamo conto che questi dati sono preoccupanti perché tratteggiano un futuro assolutamente insostenibile per il nostro Paese. Una precarietà senza prospettive, come quella che stiamo vivendo, non so quante volte ci sia stata. Anche dopo la guerra, c’era una prospettiva di crescita. Oggi il sessanta percento dei giovani in Italia pensa che può prendere in considerazione la possibilità di andare a lavorare all’estero. Il problema, secondo me, è il fatto che noi non riusciamo a realizzare i sogni dei nostri giovani. Il 92 percento dei giovani, secondo la ricerca dell’Istituito Toniolo, vuole fare una famiglia e avere dei figli. Addirittura il numero dei figli è sopra i due. Quindi vuol dire che il desiderio c’è. Ma il problema è che non mettiamo i giovani nella condizione di realizzare questo desiderio.

D. – Tra l’altro, per chi ha figli, il problema è legato anche al fatto che spesso in questa società l’infanzia è vista un po’ come un corpo estraneo …

R. - Il problema è che i figli non vengono vissuti e non vengono visti come un bene comune ma come un bene di lusso: se sei ricco puoi fare i figli. Mentre invece questo è un desiderio ancestrale. È oggettivo che l’aspetto demografico ha a che fare anche con il tema della crisi economica perché chi ha un figlio, chi mette al mondo un figlio, ha fiducia nella vita. E la fiducia è qualcosa che rompe lo schema della congiuntura economica e della crisi. Chi non ha fiducia si richiude in una depressione che poi si riversa anche a livello economico.

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Giornata Giustizia Sociale. Onu: impegno a combattere diseguaglianze

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Si celebra oggi la Giornata mondiale della giustizia sociale, istituita dall’Onu nel 2007 per invitare gli Stati membri a riflettere su temi come lo sviluppo sociale, la povertà, le disuguaglianze e su tutti quei fattori che creano distanze tra gli uomini. Il tema di quest’anno è la lotta al traffico di esseri umani e alle moderne forme di schiavitù. Dinamiche che accompagnano un’epoca di crisi, conflitti e imponenti migrazioni, in una continua e spesso caotica globalizzazione economica, culturale e sociale, con un’Europa sempre più sottoposta alla pressione del cambiamento del mondo che la circonda. Abbiamo chiesto un commento a Giuseppe Iuliano, responsabile del Dipartimento politiche internazionali della Cisl, intervistato da Stefano Pesce

R. – Noi, come espressioni del movimento sindacale che crede nei diritti umani fondamentali e nei diritti soprattutto dei lavoratori, che ancora oggi rappresentano la parte più debole della società, non possiamo che salutare un’iniziativa del genere. Stiamo sottolineando il rapporto forte tra diritti individuali e diritti collettivi. E oggi, grandi fasce di popolazioni dell’umanità hanno bisogno di maggiore attenzione da parte di tutta la comunità internazionale.

D. – Giustizia sociale, crisi umanitarie, migrazioni e sfruttamento del lavoro: sono termini che mai come in quest’epoca viaggiano su uno stesso binario…

R. – Bisogna distinguere la realtà dalla percezione della realtà. Nel 2014, in un Paese come l’Italia, sono stati più gli italiani che hanno lasciato il nostro Paese che i migranti che vi sono entrati. Purtroppo è vero che la concentrazione del fenomeno su tutte le frontiere esterne dell’Unione Europea sta mettendo in discussione il principio di Schengen, e quindi uno dei principi fondanti dell’Ue: quello della libera circolazione. Noi dobbiamo salvaguardare questo principio e nello stesso tempo in qualche modo permettere che non si perda lo spirito dell’accoglienza. Sono persone che scappano da situazioni di guerra, di tortura, di pericolo per la loro dignità di persone; e quindi cercano accoglienza per la sopravvivenza soprattutto, per se stessi e per le proprie famiglie.

D. – Per il perseguimento della giustizia sociale, la globalizzazione è un tema fondante. L’Onu ha adottato la “Dichiarazione sulla Giustizia Sociale per una Globalizzazione Giusta”. Ma che cos’è la “globalizzazione giusta”?

R. – Una globalizzazione giusta è quella che mentre favorisce, abbatte barriere, toglie dogane, permette anche che le persone possano essere riconosciute con tutta la loro piena dignità nella circolazione, nei loro diritti. Per 50, forse 70 anni, il diritto di cittadinanza è stato legato all’identità sociale, a un lavoro e a un territorio. Ecco, la globalizzazione ha messo in discussione tutto questo: oggi non c’è più un’identità sociale che si riconosce con un diritto di cittadinanza, con un lavoro e con un territorio, perché le persone sono costrette a cambiare lavori durante la propria vita, a spostarsi per poter cercare lavoro. Allora dobbiamo cercare un nuovo contratto sociale per questo nuovo millennio: che possa ricostruire un Welfare, così come abbiamo potuto sperimentare in momenti di ricostruzione della democrazia, per esempio dopo l’ultimo conflitto mondiale.

D. – Com’è possibile conciliare il tema della giustizia sociale con il fatto che, ad oggi, la metà di tutta la ricchezza generata nel mondo è nelle mani dell’1% della popolazione?

R. – C’è da dire una cosa: mai come in questa fase della storia dell’umanità il mondo è capace di produrre ricchezza. Eppure, mai come in questa fase, il mondo è nella incapacità di distribuirla questa ricchezza prodotta. È un problema di distribuzione, è un problema politico: quindi è nelle mani degli uomini, dei decisori. Noi dobbiamo far sì che la distribuzione della ricchezza possa passare dalla semplice speculazione finanziaria, da chi beneficia di questa a chi invece lavora ed opera. Ecco perché una giornata come questa è un monito per tutti coloro che operano nella politica.

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Addio a Umberto Eco e Harper Lee, il cordoglio di Mattarella

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Il mondo della cultura piange Umberto Eco e la scrittrice Harper Lee che si sono spenti ieri all’età, rispettivamente, di 84 e 89 anni. A livello internazionale, la fama di Umberto Eco - scrittore, filosofo e semiologo - è legata, in particolare, al romanzo 'Il nome della rosa'; mentre la scrittrice statunitense è nota in tutto il mondo per ‘Il buio oltre la siepe’, capolavoro sulla segregazione razziale negli Stati Uniti. Il servizio di Marco Guerra

Umberto Eco è stato un vero è proprio intellettuale enciclopedico, forse l’ultimo. Il suo eclettismo lo portò a combinare filosofia e cultura di massa. È stato autore di numerosi saggi di semiotica, filosofia del linguaggio, testi di linguistica e sui processi di comunicazione. Grande la passione per la cultura Medioevale che coltivò fin da giovane con una tesi sull'estetica di San Tommaso d'Aquino. E' stato anche autore televisivo in Rai negli anni ‘50. Scrisse la “fenomenologia di Mike Bongiorno“. Lunga la sua carriera universitaria: tenne corsi in diversi atenei italiani e di tutto il mondo. È stato direttore dell'Istituto di Comunicazione e spettacolo del Dams a Bologna e  diede impulso anche alla nascita del  Corso di Laurea in Scienze della comunicazione. Nel 1980 il suo debutto letterario con 'Il nome della rosa' con cui raggiunse la fama mondiale. L’apice del successo arriva nel 1988 con la pubblicazione del ‘Pendolo di Foucault’. Ha maneggiato con intelligenza e ironia tutta l’eredita culturale occidentale.

Per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Umberto Eco era "un uomo libero, dotato di un profondo spirito critico e di grande passione civile", un "protagonista del dibattito intellettuale italiano e internazionale". "Osservatore acuto, disincantato, scrittore finissimo, anticipatore e sperimentatore di fenomeni e tendenze" - prosegue Mattarella - "si è sempre proiettato nella dimensione internazionale, lontano da ogni chiusura dogmatica o provinciale". Per il presidente del Consiglio Renzi, Umberto Eco è un "esempio straordinario di intellettuale europeo, univa una intelligenza unica del passato a una inesauribile capacità di anticipare il futuro".

Il poeta bolognese Davide Rondoni afferma, da parte sua, che “Umberto Eco è uno che ha provato a fare l’intellettuale enciclopedico, forse fuori tempo massimo, assomigliando all’avventura illuministica, cioè all’idea del luogo enciclopedico. Lascia sicuramente l’idea dell’ecclettismo, di un intellettuale che può parlare da Paperino a San Tommaso e con una certa facilità, una certa arguzia e una certa ironia. Forse lascia, purtroppo - dice - un’idea anche relativista del sapere e della cultura”. Sul rapporto di Eco con la fede, Rondoni aggiunge: “Come tutti quelli che dicono di aver abbandonato la fede, alla fine Dio rimane loro nel petto e negli occhi come grande problema, come grande questione... Nella seconda parte, la parte più nota della sua carriera, Umberto Eco, dopo aver abiurato la fede giovanile, ha cercato in tutti i modi di far fuori questo Dio scomodo, arrivando ad accusarlo – fino alla fine – di essere il responsabile delle peggiori efferatezza della storia. Di fatto, anche qui c’è lo strano paradosso di una classe intellettuale che ha costruito la sua carriera sulla negazione della verità, sulla possibilità della verità e la negazione di Dio e alla fine, probabilmente, ha interessato la gente proprio perché parlava di Dio”.

Nello stesso giorno della svcomparsa di Eco, si è spenta, all’età di 89 anni, anche la scrittrice statunitese Harper Lee. La Lee è stata resa celebre dal suo romanzo "Il buio oltre la siepe", storia di ingiustizia e razzismo ambientata negli anni '30 in una cittadina dell'Alabama, durante il periodo della segregazione razziale nel Sud degli Stati Uniti. Negli Usa, ma anche in altri Paesi, il testo costituisce lettura obbligatoria nelle scuole. 

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Il commento di don Gianvito Sanfilippo al Vangelo della Domenica

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Nella seconda Domenica di Quaresima, la liturgia ci propone il Vangelo della Trasfigurazione. Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa. Venne poi una nube e li coprì con la sua ombra. Dalla nube uscì una voce:

«Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

Il monte è un luogo dove Dio ama manifestarsi e Gesù invita a seguirlo fino alla vetta; ma la fatica dell’ascesa rivela anche la fragilità e il limite  del cuore umano. Il torpore del sonno, poi, e talvolta oscuri terrori ostacolano il cammino dei tre discepoli. Il Signore insegna a superare queste tentazioni immergendosi nella preghiera che trasfigura, svelando la grandezza della sua gloria e la sua onnipotenza. Nel contempo fa conoscere la Volontà del Padre per ogni uomo: farci dono, in questo mondo, della sua Luce, trasfigurare gradualmente anche noi con la sua divinità, fino ad accoglierci, un giorno, nelle dimore eterne. Invochiamo dunque il perdono del Dio fattosi uomo, sole che riscalda chi ha perso il fuoco della Carità. Lasciamoci stupire dallo splendore del Crocifisso che non resiste al malvagio e risorge aprendogli le porte del Paradiso. Chiediamo un cuore capace di quella misericordia che, brillando, salva il nemico dalla giusta condanna. Le Scritture ci consolano con la profezia, Mosè ed Elia, eminenti testimoni della fedeltà divina sul santo monte, annunciano: Cristo Signore  compirà con la sua Pasqua in Gerusalemme la nostra salvezza. Il Padre ce ne dà conferma avvolgendoci con quella stessa nube che spesso intimorisce, segno dello Spirito Santo la cui ombra ha fecondato Maria come aveva detto l’angelo. E anche per noi risuona dal cielo questa voce di speranza: “Mio Figlio l’eletto risorgerà in te!”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Celam: il Ttp mette a rischio migliaia di vite umane

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Preoccupazione: è il sentimento espresso nei confronti del Trattato Transpacifico (Ttp) dai vescovi presidenti della Caritas e della Pastorale sociale dei Paesi dell’America Latina e Caribe, facenti parte del Dipartimento giustizia e solidarietà (Dejusol) del Celam (Consiglio episcopale latino-americano). Il Trattato è stato approvato recentemente dai  governi di Messico, Perù e Cile, e altri Stati sono intenzionati ad aderirvi. Assente, invece, la Cina.

Negato il diritto alla salute e ad una vita degna
Nello specifico, l’accordo si occupa della creazione delle regole dell’economia contemporanea, per tutto ciò va dai flussi internazionali di dati al modo in cui alle aziende di proprietà statale verrà permesso di competere a livello internazionale. La preoccupazione delle Chiese latinoamericane riguarda, in particolare, il settore sanitario, nel documento episcopale, infatti, si sottolinea che alcune conseguenze del Trattato “non solo si tradurranno nel massimo ampliamento e rafforzamento delle condizioni di monopolio farmaceutico, ma anche metteranno a rischio migliaia di vite umane cui verrà negato il diritto alla salute e a una vita degna”.

Guardare al primato della vita umana sull’economia
Questo perché, spiega il Celam, finirebbe per verificarsi “la restrizione delle possibilità di accedere a medicinali a basso costo per le fasce di popolazione più povere”. “I presuli della Chiesa cattolica – prosegue la nota – solidali con le popolazioni che hanno visto l’approvazione del Trattato, esortano pubblicamente a prestare la dovuta attenzione al processo di dialogo all’interno del Congresso, affinché si tenga molto presente il primato del valore della vita umana” rispetto all’economia.

Il caso verrà presentato alla Commissione interamericana dei diritti umani
In quest’ottica, i vescovi latinoamericani sono intenzionati a sollevare il caso nel corso di un’udienza pubblica alla Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh), che ha sede a Washington e che terrà la sua prossima assemblea dal 4 all’8 aprile. Da segnalare, infine, che la dichiarazione del Celam è stata diffusa al termine di un seminario intitolato “Una Chiesa in uscita, povera per i poveri: sfide della Pastorale sociale nel Pontificato di Papa Francesco”, svoltosi recentemente a Bogotà, in Colombia. (I.P.)

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Vescovi tedeschi: impegno per rifugiati, famiglia e lavoro

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“Principi di impegno della Chiesa per i rifugiati”: questo il principale documento diffuso dalla Conferenza episcopale tedesca (Dbk) al temine della sua Assemblea Plenaria, svoltasi in questi giorni. A presentare i documenti alla stampa – riferisce l’agenzia Sir - è stato il presidente della Dbk, card. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco-Frisinga, presso l’Abbazia di Schöntal.

Missione della Chiesa per integrare i profughi
Riguardo all’assistenza ai rifugiati, il porporato ha evidenziato che “la Chiesa deve compiere una missione importante per integrare e contribuire ad una riuscita collaborazione con coloro che provengono” da altri Paesi. La Plenaria episcopale ha lavorato intensamente sulle sfide proposte dalla crisi dei rifugiati, anche confrontandosi con esperti come Volker Türk, membro dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Acnur)  come il presidente della Caritas tedesca, mons. Peter Neher.

Cercare di conciliare famiglia e lavoro
“Alcuni vescovi – ha affermato il card. Marx - hanno evidenziato che, nonostante qualche polemica politica, la soluzione dei problemi deve essere in primo piano per il governo perché bisogna pensare a risolvere la questione dei rifugiati, senza aggiungere al dibattito altre questioni che porterebbero lontano dalla soluzione”. Infine, i vescovi tedeschi hanno riflettuto sui temi della famiglia e del lavoro, analizzati attraverso un apposito documento intitolato “Misure per conciliare lavoro e vita familiare”. (I.P.)

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Elezioni in Irlanda. Vescovi: cristiani non possono eludere Vangelo

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Salute, emergenza abitativa, educazione, sicurezza, ambiente, responsabilità dell’Irlanda nella comunità internazionale. Sono questi oggi i problemi che più preoccupano i cittadini irlandesi nel clima generale di incertezza in cui vive il Paese. E a questi temi è dedicata la nota pastorale dei vescovi sulle prossime elezioni legislative del 26 febbraio.

La crisi del sistema sanitario e l’emergenza abitativa
Tra i problemi più gravi, la nota - firmata da mons. Eamon Martin e card. Diarmuid Martin, rispettivamente presidente e vicepresidente della Conferenza episcopale, insieme ad altri due vescovi - mette al primo posto la crisi del sistema sanitario nazionale. “La risposta a questa crisi – affermano i vescovi - non è lo scarica-barile”, perché essa è il risultato di un “fallimento grave”di tutta la politica. Un’altra grave difficoltà sulla quale viene richiamata l’attenzione  è l’emergenza abitativa, che – si sottolinea - non riguarda solo chi dorme per strada, ma tutte quelle famiglie costrette a vivere in abitazioni insalubri a causa dell’annosa assenza di una seria politica di edilizia popolare.

Troppe disuguaglianze nell’educazione e sicurezza a rischio
In Irlanda c’è poi il problema delle troppe disuguaglianze nelle opportunità educative: “La vera disuguaglianza nelle scuole irlandesi – ammoniscono i vescovi - non è di natura religiosa, bensì economica”, perché dovuta all’inadeguato sostegno alle comunità più povere e alle scuole con molti bambini svantaggiati. Un’altra grave emergenza è inoltre la criminalità sempre più violenta che ha accresciuto l’insicurezza dei cittadini. A preoccupare in particolare l’episcopato è la diffusione del narcotraffico che sta distruggendo le vite di tanti giovani.

La difesa di un’ecologia integrale che difenda la vita
La nota si sofferma poi sul tema della difesa dell’ambiente, ricordando l’”ecologia integrale” evocata da Papa Francesco nella “Laudato sì” che implica “l’uguale diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale”. A questo proposito essa ribadisce la ferma opposizione della Chiesa a qualsiasi modifica di tale principio così chiaramente sancito dalla Costituzione irlandese.

Il dovere di aiutare i migranti
Infine, i vescovi ricordano le responsabilità dell’Irlanda nella comunità internazionale con riferimento in particolare all’attuale emergenza migratoria. Memore della sua storia di Paese di emigrazione e nonostante l’attuale congiuntura economica, l’Irlanda – si sottolinea - è oggi chiamata a rispettare i suoi impegni internazionali accogliendo quelle comunità che fuggono dalle persecuzioni, dalla fame e dalla discriminazione religiosa.

La responsabilità dei cristiani in politica
Alla luce di tutte queste considerazioni, la nota ricorda le particolari responsabilità dei cristiani nella vita politica e sociale del Paese che non possono prescindere dagli insegnamenti del Vangelo e quindi essere subordinate alla convenienze politiche.  “La politica non è solo l’arte del possibile: è una vocazione dove gli interessi dei cittadini dovrebbero essere rispettati e in cui il rispetto e la fiducia dei cittadini potranno essere conquistati solo con l’onestà e l’integrità”, conclude il messaggio. (A cura di Lisa Zengarini)

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Vescovi Bosnia Erzegovina: bene richiesta di entrare nell'Ue

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“L’Unione europea è la via da seguire per arrivare a una sempre maggiore democrazia”: il segretario generale della Conferenza episcopale bosniaca, mons. Ivo Tomasevic, saluta così la presentazione ufficiale,  il 15 febbraio scorso a Bruxelles,  della richiesta del Paese balcanico  di entrare nell’Ue.

Un segno di speranza per i giovani bosniaci
“È necessario riformare il nostro Paese – sottolineaTomasevic citato dall’agenzia Sir – così che tutti i gruppi etnici presenti e tutti i cittadini possano godere di ogni diritto”. Secondo il presule questa decisione è un segno che in Bosnia-Erzegovina c’è futuro e speranza per i giovani che sono sempre più tentati di partire in cerca di un avvenire migliore: “Come Chiesa siamo sempre impegnati su questo fronte e lo saremo sempre di più in futuro - afferma - nostro dovere è anche quello di sforzarci per una società più giusta e democratica. Non è certo compito delle Chiese e delle diverse comunità religiose sostituirsi alla politica, ma dobbiamo collaborare per il dialogo e la riconciliazione”.

La decisione anche frutto della visita a Sarajevo di Papa Francesco
La presentazione della candidatura era attesa come uno stimolo a fare meglio, anche se restano tanti i problemi da risolvere, come l’alto tasso di corruzione della classe politica, lo stallo economico, il non rispetto dei diritti fondamentali e la deriva secessionista della Repubblica Srpska, l’altra entità che, insieme alla Federazione croato-musulmana, forma la Bosnia-Erzegovina. “Tante riforme sono state fatte, ma molto lavoro resta da fare”, “ciò che vedo è che c’è la volontà da parte della politica e della società di andare avanti su questa strada e ciò è positivo”, ha detto mons. Tomasevic. Secondo il segretario dei vescovi bosniaci, “questa decisione è anche il frutto della visita a Sarajevo di Papa Francesco - svoltasi il 6 giugno 2015 - durante la quale la Bosnia-Erzegovina ha dimostrato di sapere e di potere fare qualcosa di buono e bello, grazie all’aiuto di tanti uomini di buona volontà”. (L.Z.)

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Benin, allarme vescovi: corruzione minaccia pace e democrazia

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“La corruzione minaccia la democrazia”: lo ha ribadito la Conferenza episcopale del Benin (Ceb) che, il 18 febbraio scorso, ha organizzato un dibattito pubblico dedicato alla “necessità di lottare contro la corruzione elettorale ed i suoi misfatti”. Il prossimo 28 febbraio, infatti, il Paese è chiamato alle urne per votare il nuovo presidente che dovrà sostituire l’attuale capo di Stato Thomas Yayi Boni, non più rieleggibile dopo due mandati consecutivi di cinque anni l’uno.

Sistema corrotto danneggia la pace
“Il contesto nazionale – hanno affermato i presuli del Benin – è segnato da una corruzione talmente vasta che la Chiesa cattolica ha avvertito la necessità di lanciare l’allarme”, proprio per evitare che “la pace sia fortemente minacciata” da un sistema corrotto. All’incontro della Ceb hanno preso parte un centinaio di partecipanti provenienti da tutto il Paese ed appartenenti a confessioni religiose diverse. Tra i presenti, anche mons. Antoine Ganye, arcivescovo di Cotonou e presidente della Ceb, è a lui che è stato chiesto di indirizzare una lettera aperta al presidente Boni per chiedergli di fare tutto il possibile per porre fine alla corruzione.

Predominio del denaro, primo flagello sociale e politico
La Conferenza episcopale ha inoltre richiamato la necessità di un maggior coinvolgimento delle organizzazioni della società civile nella formazione dei funzionari elettorali. Da ricordare che già all’inizio di febbraio la Ceb aveva diffuso un lettera pastorale dedicata alla lotta contro la corruzione intitolata: “Sotto lo sguardo di Dio”. La missiva esortava i fedeli a combattere contro questo “male sociale”, così come contro l’egocentrismo; il predominio del denaro, primo flagello sociale e politico; il potere percepito come avidità e autoritarismo. Dai presuli arrivava, infine, l’invito alla conversione ed al perdono all’interno del Paese. (I.P.)

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Pakistan: Chiesa perplessa su legge relativa a sermoni del venerdì

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Desta qualche riserva anche nella Chiesa cattolica pakistana una proposta di legge, presentata nella provincia del Sindh, che vuole sottoporre al controllo preventivo delle autorità i testi dei sermoni del venerdì nelle moschee.

L’opposizione dei musulmani al provvedimento
Contro il provvedimento, il cui obiettivo è impedire discorsi di odio da parte di predicatori estremisti che alimentano le tensioni interreligiose, sono scesi in campo i partiti islamici, i quali ritengono che in questo modo verrebbe messo in discussione l'Islam. Più sfumato il giudizio della Chiesa, la proposta non convince del tutto padre Abid Habib, dell’Associazione dei Superiori maggiori e membro della Commissione Giustizia e pace del Pakistan. Secondo il sacerdote, interpellato dall’agenzia Asianews, “è necessario che i leader religiosi pongano più attenzione in quello che predicano durante i sermoni del venerdì”, ma il rischio è che in futuro il governo potrebbe chiedere di registrare anche le omelie.

Luci e ombre della normativa
Dal suo canto, mons. Samson Shukardin, vescovo di Hyderabad, evidenzia i risvolti positivi della legge. A suo avviso, “essa aiuterà ad alleviare le tensioni nel Paese, dovrà però essere la stessa in tutte le province". “Il controllo del Governo – ha precisato impedirà - ai leader religiosi di parlare l’uno contro l’altro, inoltre metterà un freno al settarismo”. (L.Z.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 51

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.