Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 17/02/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a Morelia: no a rassegnazione che ci chiude nelle sacrestie

◊  

Vincere la rassegnazione che ci rinchiude nelle sacrestie e la rassegnazione che ci impedisce di cambiare un sistema dominato da narcotraffico, corruzione e violenza. Il Papa celebra la Messa con i sacerdoti e i religiosi a Morelia, nello Stato di Michoacán, centro geografico del Messico, contornato dall'affetto gioioso di tanti fedeli messicani. Commenta il Vangelo in cui Gesù insegna il Padre nostro ai discepoli, ricordando l’esempio di “Tata Vasco”, primo vescovo di questa terra e difensore delle popolazioni indigene, lo spagnolo che nel XVI secolo si fece indio e non si rassegnò all’esclusione sociale della sua gente. Il Papa ha usato per la Messa proprio il pastorale e il calice appartenuti a tale vescovo. Il servizio del nostro inviato Alessandro Guarasci

E’ una terra non facile, Morelia. Il narcotraffico è purtroppo una dura realtà, con la sua guerra tra bande. Ma questa è anche una terra che ha fatto della tutela del suo patrimonio artistico una bandiera. In almeno 20mila fedeli accolgono Francesco, segno di un affetto che coinvolge tutto il popolo messicano. Davanti al clero, alle religiose e ai religiosi il Papa ricorda il valore della preghiera e chiede loro un forte impegno:

No queremos ser funcionarios de lo divino, no somos ni queremos ser nunca ...
"Non vogliamo essere dei funzionari del divino, non siamo né desideriamo mai essere impiegati dell’impresa di Dio, perché siamo invitati a partecipare alla sua vita, siamo invitati a introdurci nel suo cuore, un cuore che prega e vive dicendo: Padre nostro".

Attenzione alle tentazioni
Le tentazioni d’altronde sono molte, e allora "quale può essere una delle tentazioni che sorge non solo dal contemplare la realtà ma nel viverla? Che tentazione ci può venire da ambienti dominati molte volte dalla violenza, dalla corruzione, dal traffico di droghe, dal disprezzo per la dignità della persona, dall’indifferenza davanti alla sofferenza e alla precarietà? Che tentazione potremmo avere noi sempre nuovamente, noi chiamati alla vita consacrata, al presbiterato, all’episcopato, che tentazione potremmo avere di fronte a tutto questo, di fronte a questa realtà che sembra essere diventato un sistema inamovibile?". No, dunque, a ogni forma di rassegnazione:

Y Frente a esta realidad nos puede ganar una de las armas preferidas del ...
“Di fronte a questa realtà ci può vincere una delle armi preferite del demonio: la rassegnazione. ‘E che fa? La vita è così!’. Una rassegnazione che ci paralizza, una rassegnazione che ci impedisce non solo di camminare, ma anche di fare la strada; una rassegnazione che non soltanto ci spaventa, ma che ci trincera nelle nostre 'sacrestie' e apparenti sicurezze; una rassegnazione che non soltanto ci impedisce di annunciare, ma che ci impedisce di lodare”.

Quanto ci aiuta dunque “osservare il ‘legno’ con cui siamo stati fatti”. Il Papa porta così l’esempio di Tata Vasco, primo vescovo di Michoacán, lo spagnolo che si fece indio per aiutare le popolazioni indigene vessate e costrette a vagabondare per ottenere il cibo. Un esempio di come si può vincere la rassegnazione.

Visita nella cattedrale
La giornata è proseguita con la visita alla cattedrale, dove il Papa ha salutato alcuni ragazzi della prima comunione. Presente anche la bambina miracolata dal beato José Sanchez Del Rio, un ragazzo di 15 anni ucciso nella persecuzione dei "cristeros" degli anni '20 che sarà presto canonizzato. Ai ragazzi ha ricordato il valore della preghiera e della famiglia, aggiungendo che la vita non è bella se si hanno dei nemici.

inizio pagina

Papa ai giovani: siete ricchezza del Messico, Cristo vostra speranza

◊  

“Essere giovani in Messico è la più grande ricchezza e non può essere sacrificata”. E’ forte l’incoraggiamento che Papa Francesco ha rivolto ieri agli oltre 100mila giovani riuniti allo stadio " Morelos y Pavòn" di Morelia, che lo hanno fatto cantare e commuovere, al termine della quarta giornata del suo viaggio apostolico. In più di un’ora di musiche, coreografie spettacolari, preghiere e testimonianze, Francesco, che i giovani hanno chiamato ”fratello e padre”, ha risposto, in un dialogo spontaneo e animato, alla loro sete di valori, famiglia, pace e giustizia, con una sola parola: Gesù Cristo. Il servizio di Gabriella Ceraso

E’ una distesa sterminata di palloncini colorati e mani alzate quella che accoglie allo stadio la piccola vettura elettrica che conduce il Papa fino al grande palco bianco. E la festa tanto attesa, entra nel vivo.

Testimonianze e preghiere per la pace e la famiglia
Sfilano le bandiere di tutte le diocesi, cortei di balli tradizionali si alternano a coreografie in movimento. Dominano i colori diversi di grandi farfalle monarca delle Americhe, fino al volo di migliaia di palloncini bianchi e ad una imponente croce issata verso il cielo.

Ma l'incontro col Papa non è solo canti, musiche e danze: per i giovani giunti da ogni parte del Messico è l’occasione per raccontare al loro“ padre” e “fratello maggiore”, successi e sofferenze della loro vita reale:

Violenza, corruzione, narcotraffico, poco lavoro, cattiva educazione sessuale e perdita di rapporti umani ci “condizionano”, dicono alternandosi in quattro sul palco, mentre il Papa prende appunti; eppure le nostre aspirazioni sono la famiglia e la pace.

Giovani ricchezza del Messico: Cristo la vostra speranza
“Vogliamo vincere tiepidezza, paura e conformismo”, “vogliamo essere giovani in uscita come lei chiede”. Ma a “cosa aggrapparci per avere speranza?” E il Papa, che si è lasciato coinvolgere e commuovere da un affetto travolgente, lascia loro una parola, “base di tutto”, Gesù Cristo.

Ustedes son la riqueza de México, ustedes son la riqueza de la Iglesia …
“Voi siete la ricchezza del Messico e la ricchezza della Chiesa e non vi sto prendendo in giro o adulando …Siete ricchezza che occorre trasformare in speranza, come la materia prima da lavorare. Ma non c’è speranza se non c’è stima di sè, se c’è chi ti svaluta, ti mette in disparte, ti fa sentire di seconda o quarta categoria - cosa che annienta e uccide - o, ancora peggio, ti fa credere che vali solo perchè sei ricco".

Cristo smentisce i tentativi di sentirvi inutili
Es difícil sentirse la riqueza de una nación cuando no se tienen oportunidades ...
"Capisco, aggiunge, che è difficile sentirsi ricchezza per la nazione quando non ci sono opportunità di lavoro degne, quando i diritti sono negati. Ma ve lo ripeto, è così, perché:

Porque como ustedes creo en Jesu Cristo …
“Perché come voi credo in Gesù Cristo …". E’ Lui che trasforma la ricchezza in speranza, che “risveglia l’incanto di sognare” e ti fa dire che l’unico modo di vivere non è nella povertà, nell’emarginazione, nel narcotraffico. E’ Gesù Cristo che “ smentisce tutti i tentativi di rendervi inutili o meri mercenari di ambizioni altrui”.

Cristo unico sostegno alle vostre cadute
Dunque “abbracciatevi a Lui quando tutto sembra pesante e il mondo pare che ci cada addosso” e soprattutto ribadisce il Papa con forza, non staccatevi dalla sua mano e se cadete, lasciatevi rialzare, perché come si dice in un canto di montagna:

En el arte de ascender el triunfo no está en no caer sino en no permanecer caído ...
“Nell’arte di ascendere, il trionfo non è nel non cadere ma nel non rimanere a terra”. Mai dunque rimanere “caduti”, ripete il Papa, e ricordate che solo Gesù Cristo vi dà una mano. E se è un amico a cadere stategli accanto e con l’”ascolto-terapia” dategli forza, in nome di Cristo.

Giovani costruttori di santuari: famiglia base della nazione
“Siate furbi come serpenti e umili come colombe”: questa l’immagine che il Papa lascia ai giovani, insieme alle tre parole chiave “speranza, ricchezza e dignità”. E come impegno li chiama a “costruire santuari”: non luoghi fisici, spiega, ma comunità, parrocchie e soprattutto famiglie, dove si impara la condivisione, il discernimento, il vero amore; famiglie che sono, dice, “la prima scuola e la pietra di base di una grande nazione”.

Gli ultimi momenti di questo indimenticabile incontro sono dedicati ad una preghiera corale che il Papa guida, rivolto alla Vergine di Guadalupe:

Que nos haga conscientes de la riqueza que Dios nos dio ...
“Che ci renda coscienti della ricchezza che Dio ci ha donato”, ci accresca nella speranza che è Gesù Cristo, in modo da camminare nella vita con la dignità dei cristiani”.

inizio pagina

P. Lombardi: il Papa affronta da pastore i mali del Messico

◊  

Al termine dell'intensa giornata di ieri del Papa a Morelia, terra che vive il dramma della violenza e del narcotraffico, Alessandro Guarasci ha intervistato il portavoce vaticano e direttore della nostra emittente, padre Federico Lombardi

R. – Un grande incontro del Papa con il popolo messicano, non solo nei grandi eventi ma anche molto lungo le strade e anche attraverso i media che hanno seguito e stanno seguendo con grandissima attenzione tutto quello che il Papa fa, minuto per minuto. Mi sembra che il motto che il Papa ha scelto per il viaggio – missionario di misericordia e di pace – corrisponda perfettamente a quello che il Papa sta facendo, perché è veramente un grande servizio spirituale, pastorale che abborda anche i temi drammatici che si vivono nella società messicana di oggi, di cui abbiamo parlato tante volte, di cui il Papa parla continuamente: connessi con le migrazioni, con il traffico di droga, con il traffico di persone, con la violenza … Però, lo fa con una prospettiva che è la prospettiva di un pastore. Il Papa ha fatto un messaggio veramente molto coerente con la sua missione, che tiene presente la concretezza dei problemi ma che poi ne affida la soluzione alle persone responsabili, ciascuna secondo la sua collocazione, secondo le sue possibilità.

D. – Nell’incontro con i giovani li ha definiti “speranza e ricchezza”. In sostanza, questo tema poi è tornato più volte, durante il viaggio. Lui punta in modo particolare sui giovani, anche per evangelizzare ancor meglio la società messicana, secondo lei?

R. – C’è una grande vitalità, qui, della pastorale per i giovani, ma anche per i bambini, anche per i piccoli, con strumenti, sussidi, metodi di apostolato adatti a questo. E l’incontro del Papa con i bambini nella cattedrale ha avuto anche questo significato. I giovani entrano nella prospettiva della fede e della vita cristiana, della partecipazione alla Chiesa, oppure domani la Chiesa non c’è più. E quindi è importante anche da un punto di vista ecclesiale, l’impegno e la presenza con i giovani, come è importante da un punto di vista sociale.

D. – Ai sacerdoti, alle religiose e ai religiosi ha detto: “Non rassegnatevi”. Come hanno preso questo messaggio?

R. – Ma, è molto simile al discorso fatto ai giovani, cioè il problema in una società che ha grandi difficoltà è quello di evitare di scoraggiarsi e quindi di lasciarsi dominare dalle forze attivissime che stanno rovinando la società, che stanno corrompendola, che stanno lucrando sulla morte, sulla violenza e su un uso sbagliato del potere. Quindi il Papa con il tema della preghiera, della memoria del passato positivo e della vocazione al servizio degli altri, incoraggia i religiosi; ma sono più o meno i discorsi che anche ai giovani.

inizio pagina

Il vicario di Ciudad Juarez: Papa sul confine Usa per dire no ai muri

◊  

Oggi, ultimo giorno del suo viaggio in Messico, Papa Francesco si reca in visita a Ciudad Juarez, nello Stato settentrionale di Chihuahua, proprio sul confine con gli Stati Uniti, città simbolo del narcotraffico, dello sfruttamento sessuale e che vive il dramma dell'immigrazione dal Centroamerica. Fra gli anni '90 e gli anni 2000 nella città si sono moltiplicati i femminicidi. Qui il Papa incontrerà i detenuti nel Penitenziario di Cereso, il mondo del lavoro e infine celebrerà la Messa con i migranti nell’area fieristica della città, a ridosso del muro costruito sulla frontiera. Come aspetta la città il Pontefice? Mercedes de la Torre ha sentito il vicario episcopale, mons. José René Blanco

R. – Primearamente con grande fé, porque es Cristo Resucitado ...
Anzitutto con grande fede, perché è il Cristo Risorto che viene ad incontrarci nella persona del Santo Padre, che viene a confermarci nella fede in Gesù Cristo. La sua visita ci aiuterà a passare dalla tristezza di tanti anni di violenza, vissuta sulla nostra frontiera, alla gioia dello Spirito Santo. Accogliamo il Papa con tutta la nostra la sofferenza e con molto amore, con cuore aperto, con gioia, perché viene a confermarci nell’amore di Dio, come missionario della pace e della misericordia.

D. – Papa Francesco qui incontra il mondo del lavoro, i migranti, i detenuti. Cosa vuole evidenziare di questi incontri?

R. – Primero en el encuentro con los presos y sus familias…
Anzitutto l’incontro con i carcerati e le loro famiglie, la prima tappa della sua visita a Ciudad Juarez. Il Santo Padre vuole aiutare i carcerati e le loro famiglie ad incontrarsi con l’amore di Dio, nostro Padre, sempre disposto a perdonarci. Vuole aiutare a vivere la grazia dell’Anno Santo della Misericordia. Poi il Santo Padre vuole invitarci a lavorare per la giustizia nei rapporti di lavoro, per la dignità della persona umana, mettendola al centro di ogni discorso economico. Infine, durante la Messa alla frontiera, con l’incontro con i migranti e con le vittime della violenza, il Papa, in questo Anno Santo della Misericordia, ci invita a riconoscere il volto di Cristo sofferente nel volto di questi nostri fratelli, per riceverlo con amore e servirlo con gioia.

D. – Quale il significato della Messa alla frontiera con gli Stati Uniti?

R. – Todos sabemos por nuestra fé, que el Sacramento de la Eucarestia...
Tutti noi sappiamo, per la nostra fede, che il Sacramento dell’Eucarestia è il Sacramento dell’amore di Cristo, fonte e culmine  della vita della Chiesa. E il Santo Padre, con questa questa Messa alla frontiera tra Messico e Stati Uniti, vuole invitarci a non costruire muri di indifferenza: proprio lì di fronte al luogo della Messa, c’è il muro che è stato costruito tra il Messico e gli Stati Uniti, come segno di rifiuto dei migranti. Il Papa ci esorta ad abbattere questi muri di indifferenza, di rifiuto, di odio, per costruire, collaborando con Dio e con lo Spirito Santo, ponti di comunione, di fraternità, di solidarietà, di amore. In questo luogo si costruirà una chiesa molto grande, molto bella e un centro pastorale al servizio dei migranti, dell’educazione dei bambini e dei giovani, un centro anche in difesa delle donne. Sarà un grande centro che si chiamerà “Il Punto” e sarà costruito grazie all’aiuto di molti imprenditori e persone di buona volontà di tutto il Messico, che hanno collaborato a questo progetto.

D. – Come lavora la Chiesa di Ciudad Juarez per i migranti? Quali i rapporti con la Chiesa di El Paso?

R. – Sì! Hace 30 anos se construyó, en nuestra diócesis, la “Casa del Migrante”...
Sì! Trent’anni fa è stata costruita, nella nostra diocesi, la “Casa del Migrante”, che da 30 anni accoglie migliaia e migliaia di famiglie migranti, ai quali si offre un tetto, cibo, accompagnamento e assistenza nella difesa dei loro diritti. In comunione con la diocesi di El Paso e Las Cruces, abbiamo lavorato per formare quello che si chiama l’Istituto “Speranza della frontiera”: è una iniziativa delle tre diocesi per lavorare per la giustizia e per la pace, lavorando ed impegnandoci soprattutto nella formazione dei fedeli laici, dei sacerdoti, delle religiose e dei religiosi al servizio dei più poveri, per la difesa dei loro diritti, vivendo nella solidarietà.

inizio pagina

Francesco in Messico, la fede dei semplici che scalda il cuore

◊  

In questi giorni in Messico, in ogni luogo ed evento, Papa Francesco è sempre accompagnato dalla gioia e l’amore dei fedeli, quasi un esempio concreto di quella “affetto-terapia” di cui proprio in terra messicana ha parlato il Pontefice. Nel servizio di Alessandro Gisotti, respiriamo un po’ di questo clima gioioso grazie alle testimonianze raccolte dal nostro inviato padre Guillermo Ortiz

Vescovo e popolo. Il binomio enunciato da Papa Francesco la sera dell’elezione, il 13 marzo di tre anni fa, emerge in tutta la sua forza in questi giorni in Messico. “E’ il Papa di cui ha bisogno il popolo”, dicono molti fedeli che si spostano anche con mezzi di fortuna e per centinaia di chilometri pur di vedere anche solo un istante il pastore con l’odore delle pecore:

R. – La gracia de tener un Papa que necesitaba el pueblo …
“E’ una grazia – afferma una fedele con parole commosse – avere un Papa di cui il popolo aveva bisogno. Ciascun Papa ha la sua grazia, il suo dono. Però per me Giovanni Paolo II e, questo  “Papa Panchito” – come diciamo con affetto – sono un regalo molto grande che Dio ci ha dato.

Il richiamo a Giovanni Paolo II, il Papa che ha visitato cinque volte il Messico, torna più volte nei pensieri della gente:

R. – Es una emoción muy grande …
“E’ una grande emozione – confida una donna del Chiapas – 25 anni fa ho partecipato alla visita di Giovanni Paolo II e adesso a quella di Papa Francesco. Siamo felici, siamo molto contenti per il suo modo di essere: per la sua umiltà, per la sua misericordia, che è quello di cui abbiamo bisogno. Stanno guadagnando troppo terreno, infatti, la vanità, la ricchezza e c’è troppa povertà. Qui in Chiapas c’è una grande povertà, molte ristrettezze, molte mancanze. Quindi, ci piace che lui promuova questa umiltà, la misericordia, la vicinanza a Dio, che è l’unico che ci salva.

Nel “Santo Popolo fedele di Dio”, come ama chiamarlo Francesco, si distinguono per entusiasmo i giovani fedeli messicani. Tanti non si rassegnano di fronte alle piaghe profonde che feriscono il corpo della società messicana e si impegnano in attività caritatevoli, aiutano il prossimo. Impossibile dunque per loro mancare l’incontro con il Papa della “Chiesa povera e per i poveri”:

R. – Nos levantamos desde muy temprano …
“Ci siamo alzati molto presto per venire a vedere il Papa – dice una ragazza – Credo che quello che più conta qui è la volontà di ciascuno. Non ci stanno pagando, prestiamo un servizio, e stiamo sotto il sole, abbiamo fame, ma vogliamo vedere il Papa”.

Semplice e salda la fede del popolo, una fede viva che scalda il cuore. E torna alla mente quanto già a Buenos Aires amava dire il vescovo Jorge Mario Bergoglio: “Quando vuoi sapere ciò che crede la Madre Chiesa, rivolgiti al Magistero; ma quando vuoi sapere come crede la Chiesa, rivolgiti al popolo fedele”.

inizio pagina

Nuovi Tweet del Papa dal Messico sulla fede in Gesù che dà speranza

◊  

Cinque tweet del Papa nelle ultime ore incentrati sulla fede negli Signore che dà speranza. “A pregare si impara, come impariamo a camminare, a parlare, ad ascoltare. Dimmi come preghi e ti dirò come vivi”. Ancora, Francesco su @Pontifex afferma: “La nostra prima chiamata è imparare a dire 'Padre nostro': Padre nostro, non lasciarci cadere nella tentazione della rassegnazione”. “In Gesù – si legge in un altro tweet – ho incontrato Colui che è capace di accendere il meglio di me stesso”. Ancora, Francesco ha lanciato questo messaggio su @Pontifex: “Mi avete chiesto una parola di speranza: quella che ho da darvi si chiama Gesù Cristo”. Infine, il tweet: “Gesù mai ci inviterebbe ad essere sicari, ma ci chiama discepoli. Egli mai ci manderebbe a morire, ma tutto in Lui è invito alla vita”.

inizio pagina

Papa prega per la morte dell'ex segretario Onu Boutros Boutros-Ghali

◊  

Una vita spesa nel “generoso servizio al suo Paese e alla Comunità internazionale”. Così il Papa in un telegramma al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, per la morte dell’ex segretario Onu, Boutros Boutros-Ghali. Nel dirsi “rattristato”, Francesco assicura preghiere estendendo “sentite condoglianze” a quanti vivono il dolore per la scomparsa del politico e diplomatico egiziano, spentosi ieri al Cairo all’età di 93 anni.

Accolse san Giovanni Paolo II nella sua visita all'Onu nel '95
Boutros Boutros-Ghali è stato il sesto segretario generale delle Nazioni Unite, dal 1992 al 1996. Subito dopo la fine della “Guerra Fredda” affrontò diverse crisi mondiali tra cui la guerra dei Balcani e il genocidio ruandese. Accompagnò anche il processo di pace nel Salvador dopo la fine della guerra civile. Il 5 ottobre del 1995 fu ringraziato davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di New York, da Papa Giovanni Paolo II per “aver caldamente incoraggiato” la visita in quella sede. Egiziano, nato al Cairo, ha ricoperto incarichi accademici. Dal 1977 al 1991 fu sottosegretario agli Esteri, poi viceministro degli Esteri.

inizio pagina

Concluso il Seminario sui 50 anni del Sinodo dei Vescovi

◊  

A conclusione del Seminario di studio, dal titolo “A 50 anni dall’Apostolica Sollicitudo. Il Sinodo dei Vescovi al servizio di una Chiesa Sinodale”, la Segreteria generale dell’organismo dei presuli, che ha promosso l’evento, ha emesso un comunicato sui contenuti affrontati nei lavori dell’assise durata dal 6 al 9 febbraio e alla quale hanno partecipato numerosi docenti di ecclesiologia e di diritto canonico provenienti da diverse Università e Facoltà ecclesiastiche del mondo. Scopo dell’incontro è stato quello di approfondire il discorso che Papa Francesco ha pronunciato il 17 ottobre 2015, in occasione della commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi da parte del Beato Paolo VI.

Sinodo e sinodalità
Durante i lavori è emersa l’esigenza di inquadrare il Sinodo dei Vescovi nella cornice più ampia di un’ecclesiologia sinodale, in analogia con il mistero di unità della Santissima Trinità. Questa prospettiva porta a concepire l’autorità episcopale "in Synodo" come servizio al Popolo di Dio, di cui si riconosce la dignità sacerdotale fondata sul Battesimo. Quando Papa Francesco parla della sinodalità – si legge nel comunicato – come dimensione costitutiva della Chiesa, invita a concepire i vescovi come coloro che rappresentano singolarmente la propria Chiesa e collegialmente la Chiesa intera.

Collegialità e Popolo di Dio
Questo assunto ha come conseguenza la considerazione della relazione che ciascun vescovo intrattiene con la propria Chiesa e simultaneamente con la Chiesa universale, un processo, che vede protagonisti il Vescovo di Roma e l’episcopato, ma anche i fedeli, in cui il raduno assembleare è la fase culminante. Nella vita della Chiesa, la stabile consultazione del Popolo di Dio, il suo maggior coinvolgimento e ascolto, danno particolare significato all’espressione di San Cipriano secondo la quale “il vescovo si trova nella Chiesa e la Chiesa nel vescovo”. Si è riflettuto anche sulla sinodalità della Chiesa particolare, partendo dalle parrocchie, che rappresentano la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra; sulla sinodalità delle cosiddette istanze ecclesiali intermedie, tra le quali le Conferenze episcopali; sulla sinodalità degli organismi centrali della Chiesa, tra i quali la stessa Curia Romana.

Papa Francesco e la sinodalità
Il comunicato sui lavori del Simposio ricorda infine che il discorso, tenuto dal Papa per il 50° anniversario del Sinodo dei Vescovi, è uno dei testi teologicamente più impegnativi per la Chiesa, in particolare laddove il Pontefice afferma che “una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare è più che sentire”. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare: Popolo di Dio, Collegio episcopale, Vescovo di Roma.

inizio pagina

Grande Imam al Tayyeb invitato in Vaticano per rilanciare il dialogo S.Sede-al Azhar

◊  

Ieri mons. Miguel Àngel Ayuso Guixot, segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, accompagnato dal nunzio apostolico in Egitto, mons. Bruno Musarò, ha fatto una visita alla prestigiosa istituzione musulmana sunnita di al-Azhar.

Incontro in un clima di grande cordialità e necessità di riprendere il dialogo
​La Delegazione - si legge nel comunicato del dicastero vaticano per il Dialogo interreligioso - è stata ricevuta da Abbas Shuman, vice del Grand Imam, Ahmad Al-Tayyib. L'incontro si è svolto in un clima di grande cordialità e si è parlato della necessità di una ripresa del dialogo tra le due Istituzioni, come auspicato da Papa Francesco e da varie persone di buona volontà. Si è rimasti d'accordo sull'importanza di proseguire e intensificare tale dialogo per il bene dell'umanità.

Disponibilità del card. Tauran ad accompagnare in udienza dal Papa il Grand Imam
Il segretario mons. Ayuso ha consegnato una lettera del card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, nella quale il porporato esprime la sua disponibilità a ricevere il Grand Imam e ad accompagnarlo ufficialmente in udienza dal Santo Padre. Mentre si ringrazia quanti hanno collaborato per il successo della visita ad al-Azhar - sottolinea il comunicato del Pontificio Consiglio - ci si augura che essa possa condurre ad una fruttuosa collaborazione.

inizio pagina

Mons. Auza all'Onu: aborto non è la risposta per fermare Zika

◊  

Riunione ieri a New York, convocata dal presidente del Consiglio economico e sociale dell’Onu per fare il punto sul virus Zika. Presente all’incontro mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, che ha sollecitato tutti i governi a collaborare per fermare la diffusione del virus e fornire a quanti sono stati infettati adeguati trattamenti e accesso alle cure necessarie, evitando di diffondere il panico e soprattutto di promuovere pratiche abortive. Il servizio di Roberta Gisotti

Non lasciamo indietro - ha raccomandato mons. Auza - “i poveri” “specie gli anziani, i bambini e i disabili”, a maggior rischio di non accedere “agli strumenti di prevenzione, alle informazioni e ai trattamenti medici”. E tra i più vulnerabili sono le donne incinte e i bambini nel loro grembo. Il supposto legame tra il virus Zika e patologie alla nascita rappresenta infatti “un’aggiuntiva grave preoccupazione, che merita un’azione concertata della comunità internazionale”. Per questo - ha osservato il presule - “sono necessarie più ricerche per determinare una connessione tra il virus e  la microcefalia e la sindrome di Guillain-Barré”.

E’ comunque già chiaro che non tutte le donne incinte infettate rischiano di mettere al mondo figli malati. Così anche aspettano conferma scientifica le ipotesi che il virus sia trasmissibile per via sessuale. Occorre dunque “adeguata vigilanza” e non “panico”, ha suggerito l’osservatore della Santa Sede, biasimando il recente richiamo da parte di alcuni esponenti di governi ed anche dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu, per liberalizzare le leggi sull’aborto e l’accesso ai farmaci abortivi, quale strumento di prevenzione alla nascita di bambini malati. “Una risposta illegittima a questa crisi” - ha ammonito mons. Auza - che ponendo fine alla vita di una bambino “non è assolutamente preventiva”. “La promozione di una politica così radicale - ha stigmatizzato il presule - è la conferma di un fallimento della comunità internazionale per fermare la diffusione della malattia e sviluppare e fornire i trattamenti medici di cui hanno bisogno le donne incinte e i loro bambini, per evitare patologie alla nascita o mitigarne gli effetti e portare la gravidanza a termine”. Il presule ha concluso il suo intervento richiamando “il dovere di salvaguardare tutta la vita umana, sana o disabile, con eguale impegno, non lasciando indietro nessuno”.

inizio pagina

Nomine episcopali di Francesco in Brasile, Ghana, Zimbabwe e Usa

◊  

In Zimbabwe, Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Chinhoyi, , presentata da mons. Dieter Bernd Scholz, S.I., per sopraggiunti limiti d’età e ha nominato Amministratore Apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della medesima diocesi mons. Robert Christopher Ndlovu, Arcivescovo di Harare.

Negli Usa, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Lafayette, presentata da mons. Charles Michael Jarrell, per sopraggiunti limiti d’età. Francesco ha nominato vescovo di Lafayette mons. John Douglas Deshotel, finora Vescovo titolare di Cova ed Ausiliare della diocesi di Dallas.

In Brasile, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Rio Grande, presentata da mons. José Mário Stroeher, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Rio Grande il rev.do Ricardo Hoepers, del clero dell’arcidiocesi di Curitiba, finora Parroco della parrocchia “Santo Agostinho” a Curitiba.

Sempre in Brasile, il Papa ha nominato Vescovo Coadiutore della diocesi di Juazeiro il rev.do padre Carlos Alberto Breis Pereira, O.F.M., finora Ministro Provinciale della Provincia di Santo Antônio con sede a Recife.

Nel Ghana, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Wa (Ghana), presentata da mons. Paul Bemile, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Wa (Ghana) il rev.do padre Richard Kuuia Baawobr, M. Afr., Superiore Generale dei Missionari d’Africa (Padri Bianchi).

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "La ricchezza del Messico".

No alle discriminazioni: rapporto dell'Unicef e dell'Ong International Alert sulle donne rapite da Boko Haram.

Oltre la rete del rimpianto: la prefazione al libro di Dawn Eden "Remembering God's mercy".

James Joyce e il Gadda porteno: Silvia Guidi su "Finnegans Wake" nella traduzione di Juan Rodolfo Wilcock.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Siria: 100 camion con aiuti umanitari verso le zone assediate

◊  

Cento camion di aiuti di vario genere oggi tenteranno di raggiungere cinque aree assediate della Siria. Il via libera di Damasco al passaggio dei convogli è arrivato ieri sera dopo colloqui tra l'inviato dell'Onu Staffan de Mistura e il ministro degli Esteri siriano Walid al-Muallim. Intanto proseguono i raid della Coalizione, 15 civili sono morti nella parte orientale del Paese. Mentre la Turchia dichiara di voler creare una zona cuscinetto lungo il confine con la Siria. Il servizio di Marco Guerra: 

Secondo le Nazioni Unite, sono mezzo milione i siriani che vivono sotto l’assedio di una delle tante parti che si combattono nel caos della guerra civile. Questa popolazione attende con ansia l’arrivo dei camion con farina e altri generi alimentari che saranno distribuiti sotto il coordinamento della Mezzaluna Rossa. Cinque le zone individuate dall'Onu, ovvero Madaya, Zabadani e Mouadamiya al-Sham vicino a Damasco e verso i villaggi di al-Foua e Kefraya nella provincia di Idlib.  Inizialmente era previsto l’invio anche Deir Ezzor, nell'est del Paese ma non era chiaro come riuscire a passare attraverso il territorio controllato dall'Isis. La boccata di ossigeno sul fronte umanitario non ferma però i raid della Coalizione internazionale: colpito un panificio a  Shaddadi, nel est, almeno 15 le persone uccise. Intanto fa discutere la proposta della Turchia di creare una striscia di sicurezza di 10 km all'interno della Siria, libera dagli scontri.  Dal canto suo, la Russia respinge l'idea di creare una 'no-fly zone' avanzata dalla cancelliera tedesca Merkel. Infine, secondo indiscrezioni della Stampa araba, Mosca ha avvertito gli alleati che entro 30 giorni farà partire un’operazione militare su Raqqa.

inizio pagina

Nuove proteste in Grecia contro l'austerity

◊  

In Grecia cresce il malcontento popolare contro le misure di austerity imposte dal governo Tsipras, in linea con le richieste dell’Unione Europea per fronteggiare la crisi economica. Proprio oggi il presidente della Commissione europea, Claude Juncker, riceve a Bruxelles il capo dell’esecutivo ellenico. Intanto Atene continua a fronteggiare l’emergenza immigrazione di fronte al continuo arrivo di migranti che scelgono la rotta balcanica per raggiungere l’Europa. Sulla situazione greca, Giancarlo La Vella ha intervistato Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana: 

R. – La Grecia è un Paese che avrebbe bisogno del consenso della popolazione per affrontare questa crisi, che può richiedere misure molto drastiche e i sacrifici non trovano mai il sostegno della gente che soffre. Tutto questo, inoltre, è aggravato dall’arrivo di queste masse di migranti, un impegno pesantissimo per un Paese in quella condizione. In più, la Grecia avrebbe bisogno di trovare un appoggio dagli altri Paesi europei. Invece si ritrova in questo momento ad essere messo sotto accusa in Europa.

D. - Sganciare anche parzialmente la Grecia dagli impegni europei alleggerirebbe un po’ la situazione?

R. - Il problema è che sembra più probabile il contrario: cioè che l’Europa sganci la Grecia dai privilegi europei; si parla di una sospensione dal Trattato di Schengen, ma questa è una misura molto controversa, perché si teme che, una volta tolto un anello alla catena di Schengen, poi tutta questa possa cedere. Si ha quasi la sensazione che si voglia abbandonare la Grecia al suo destino e, a questo punto, trasformarla in una specie di gigantesco campo profughi, perché gli altri Paesi si attrezzerebbero per chiudere le frontiere e Atene rimarrebbe da sola a fronteggiare l’ondata migratoria.

D. - Di fatto, tutto il peso della crisi sta gravando sulla popolazione. Il tenore di vita è ormai ai minimi. Questo come è potuto avvenire in un Paese che fa parte del panorama europeo?

R. - Credo che la crisi della Grecia stia dentro anche alla grande crisi dell’Europa, nel senso che non è possibile che un Paese con 10 milioni di abitanti non possa essere sorretto e guidato fuori dalla crisi da un’Unione Europea che ha 500 milioni di abitanti e che è probabilmente la zona più benestante del mondo. Credo che l’Europa non è mai stata così divisa. C’è da domandarsi onestamente se l’Unione Europea, come la intendiamo, esista ancora.

D. - Che significato hanno queste proteste contro Tzipras, che era stato il paladino della grande opposizione nei confronti dell’austerity richiesta da Bruxelles?

R. - Tzipras ad un certo punto, circa un anno fa, ha fatto uscire dal governo il ministro Varoufakīs e si è allineato con le ricette della cosiddetta Troika. Da quel momento ovviamente ha dovuto sposare un tipo di impostazione economica basato sull’austerity. Naturalmente manca la controprova, ovvero se l’uscita della Grecia dell’Euro avrebbe prodotto qualche risultato positivo o non avrebbe piuttosto aggravato il disastro. Resta il fatto che Tzipras ha deciso di sposare una politica molto dura verso i cittadini ed ora ne sconta le conseguenze politiche. D’altra parte la sua stessa maggioranza in parlamento è legata a due voti. Quindi la situazione è veramente fragilissima.

inizio pagina

Tensione in Burundi, dall'Ue blocco degli aiuti

◊  

Continua lo Stato di tensione in Burundi, dove proseguono le violente proteste per il terzo mandato del presidente Nukurunziza. L'Unione Europea pensa di bloccare gli aiuti al governo di Bujumbura. Come interpretare quello che sta avvenendo in Burundi? Al microfono di Roberta Barbi lo spiega Fabrizio De Longis, giornalista autore del libro “L’apartheid dimenticato. La democrazia del machete in Burundi”: 

R. – Il Burundi si è caratterizzato sempre per avere una guerra diffusa, una guerra civile, che non sempre ha rispecchiato dei confini precisi e delle parti precise. Indubbio che in questo momento sia molto attiva la parte tutsi della popolazione a confronto degli hutu. Il Burundi ha sempre vissuto questa divisone etnica, con una popolazione prevalentemente hutu, che si è però trovata generalmente non al governo. Negli ultimi anni Nkurunziza è arrivato al governo: un governo, però, che pian piano è andato a conformarsi come una dittatura o qualcosa di simile: si è visto con il recente rifiuto di andare ad elezioni democratiche. Quello che si è visto in questi giorni ripete quello che si è visto negli anni che vanno dal ’91 al 2005, che poi è in realtà proseguito fino al 2008, con una guerra che si è vissuta casa per casa, nelle università, con una grossa confusione tra i civili e molti infiltrati addestrati. In questo momento si parla della possibilità che il Rwanda stia addestrando i profughi tutsi, che stanno rientrando proprio in questi giorni, oltre 70 mila. Che tra alcuni di questi questo caratterizzerebbe quello che si è visto nelle guerre precedenti e cioè degli infiltrati nei movimenti hutu e tutsi che sollevano una guerra civile combattuta porta per porta, basandosi sulla divisione etnica.

D. - Sabato scorso Bujumbura è stata teatro di un’imponente manifestazione di protesta contro il vicino Rwanda, accusato di voler destabilizzare il governo burundese di Nkurunziza. Quanto sono fondate queste accuse e questo come s’inserisce in una situazione già piuttosto esplosiva?

R. – Si inserisce sicuramente come una miccia molto accesa. Forse ciò che può dare adito ad uno scontro tra le due parti: da parte di Nkurunziza sollevare accuse e trovare un avversario; e da parte degli hutu a trovare manforte, perché con una guerra civile avrebbe la possibilità di riconquistare il potere. Il Rwanda e Paul Kagame, il presidente del Rwanda, è storicamente legato ad un personaggio che ha influito tantissimo sulla storia del Burundi, Buyoya: Buyoya è stato due volte presidente, due volte presidente con due colpi di Stato; è un uomo che è uscito dal governo del Burundi costituendo un proprio esercito personale e costituendolo con fondi governativi e portando dentro questa sua milizia i maggiori gerarchi dell’esercito burundese. E questo legame che ha con Kagame e il Rwanda, in questo momento, indubbiamente si fa risentire.

D. - In queste ore, tra l’altro, l’Unione Europea dovrebbe decidere sulla possibilità di sanzioni contro il Burundi e per la sospensione degli aiuti umanitari, dopo il fallimento delle consultazioni in materia di diritti umani…

R. – Una decisione del genere sembra una decisione drastica, che andrebbe a colpire i burundesi e non di certo il governo del Burundi. Il Burundi è stato sotto embargo per oltre 10 anni e durante l’embargo esportava, ogni giorno, con un aereo che non poteva decollare, ma che decollava nei fatti, oro e diamanti… Io lo ho definito uno dei Paesi satelliti del Congo, uno dei Paesi che storicamente è stato cioè utilizzato per depredare ricchezze. Un embargo o sanzioni in questo momento comporterebbero una situazione di grande sofferenza per la popolazione, mentre i gerarchi del Burundi troverebbero modo di aggirare questa situazione. Andrebbe a colpire una popolazione che è stremata, un Paese che ha bisogno di attrarre investimenti esteri e che non la ce la fa proprio per la situazione governativa che ha; una popolazione che si trova a subire una grande carenza di cibo e soprattutto di acqua potabile… In questo modo si andrebbero a colpire i burundesi e probabilmente si andrebbe a motivare ancora di più il popolo burundese – di entrambi i fronti – a trovare in una guerra civile o in uno scontro bellico una possibilità di riscatto e di risoluzione delle controversie.

D. - Il 24 febbraio è atteso nel Paese il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Che aspettative ci sono intorno a questa visita?

R. – L’Onu, in Burundi, non ha mai dimostrato grandi capacità di azione, dovendosi anche confrontarsi con l’Unione Africana che ha sempre rivendicato un ruolo da primario attore nell’area e soprattutto nell’area dell’Africa centrale. Io spero e personalmente mi auguro che sia l’occasione per trovare una transizione governativa nel Burundi. Ma il problema è questo: con Nkurunziza al potere, il Burundi non può trovare una situazione di pacificazione e una situazione che lo metta in un contesto internazionale, per cui si possa evitare di apporre sanzioni o altro. Tra l’altro Nkurunziza è sostenuto fortemente da alcuni governi africani: e questo va sempre sull’asse in cui il Burundi, essendo posizionato al centro dell’Africa, e quindi sull’asse che conduce dalla costa occidentale alla costa orientale dell’Africa, è strategico. Per questo molti interessi africano si trovano tra i due fronti: quelli che vorrebbero Nkurunziza al potere ancora per molti anni e quelli che lo vorrebbero destituire.

inizio pagina

Unioni civili, slitta esame. Bonini: fiutato pensiero della gente

◊  

Il dibattito in Senato del ddl Cirinnà sulle unioni civili: bocciate tutte le proposte alternative di calendario avanzate stamattina dalla Conferenza dei capigruppo, l'Aula del Senato ha confermato la richiesta della maggioranza di rinviare a mercoledì prossimo l'esame del testo. Prevista una seduta unica fino alle ore 22 che proseguirà fino alle 18 di giovedì. Il no, ieri sera, del Movimento 5 Stelle all’emendamento detto “canguro” presentato dal senatore Pd Marcucci, aveva decisamente sparigliato le carte rendendo necessaria la ri-calendarizzazione dei lavori. Su quanto deciso ieri dai grillini, Adriana Masotti ha chiesto un commento a Francesco Bonini, professore ordinario di Storia delle istituzioni politiche alla Lumsa di Roma: 

R. – Si tratta evidentemente di un gioco parlamentare. Certamente il cosiddetto “canguro”, che è stato inventato nel Parlamento inglese molti, molti anni fa, risponde a una logica di efficienza nella produzione legislativa. Certamente, è anche un’arma molto forte di chiusura del dibattito e quindi è un’arma da maneggiare con cura. Penso che il Partito democratico non l’abbia maneggiata con sufficiente cura e nello stesso tempo abbia aperto la possibilità al Movimento 5 Stelle di smarcarsi e di affermarsi politicamente. Siamo ritornati in qualche modo all’inizio della legislatura, quando il Pd ha cercato invano di inseguire il Movimento 5 Stelle, e ne è rimasto in qualche modo scornato.

D. – Secondo diversi commentatori, il cambiamento di posizione del Movimento 5 Stelle deriverebbe da un calcolo politico: non sostenere il governo. Ma quanti interessi di partito ci sono sotto queste discussioni sul ddl Cirinnà, secondo lei?

R. – C’è certamente un calcolo politico, ma c’è anche una percezione dell’Italia reale. La proposta Cirinnà è molto pasticciata dal punto di vista formale, e nel corso del dibattito sono emerse con chiarezza due questioni. Primo, il fatto che la grande maggioranza degli italiani è contraria alla cosiddetta “stepchild adoption”. Secondo, la grande maggioranza degli italiani è contraria a un simil-matrimonio. Per cui, il Movimento 5 Stelle ha fiutato l’opinione pubblica più ampia e quindi ha preso “due piccioni con una fava”. Ha fatto un’operazione di realismo e si è smarcato dal punto di vista politico. Ora bisognerà pazientemente ricostruire il processo senza nessuna forzatura politica.

D. – Ecco, il Pd ha bisogno di riparlarsi al suo interno per trovare l’unità. Finora, però, ha tentato il tutto per tutto imponendo una prova di forza in Parlamento, aiutato anche dalla gran parte dei mass media. Perché tutto questo?

R. – Perché appunto si tentava di portare a casa un obiettivo in qualunque forma. Questo è un po’ il risultato del vecchio proverbio che dice: “La fretta è cattiva consigliera”. Cercare di portare a casa comunque un risultato a volte può funzionare, altre volte invece si scontra con la realtà. Io credo che a questo punto tutto ciò dovrebbe portare tutti quanti a fare un’operazione di realtà: non cercare scorciatoie, ma centrare l’obiettivo di assicurare i diritti e nello stesso tempo salvaguardare anche le istituzioni: in questo caso la famiglia, l’idea di famiglia.

D. – Qualcuno ha invocato il ritorno del testo in Commissione come unico modo per poter andare avanti…

R. – Bisogna arrivare ad un risultato e prendersi il tempo per arrivare ad un risultato condiviso che non rappresenti nessuna forzatura ideologica. C’è bisogno di una legge, ma non c’è bisogno di farla contro qualcuno.

D. – Secondo una dichiarazione di questa mattina, dell’esponente di sinistra del Pd Roberto Speranza, la “stepchild adoption” è un punto irrinunciabile…

R. – E si arrivi allora alla conta sulla “stepchild adoption”. Credo che alla fine il punto in democrazia sia proprio quello di contarsi. E se i parlamentari, in questo caso i senatori, opereranno secondo coscienza, il risultato può essere certamente un risultato aperto. Credo che il presidente del Consiglio, arrivato ormai al traguardo dei due anni - un traguardo importante nella politica italiana - abbia tutto l’interesse a continuare nella sua opera di governo senza nessuna forzatura, lasciando alla decisione parlamentare le forme della regolamentazione dei diritti e quindi anche la decisione se arrivare alla “stepchild adoption”. Non a caso si usa una parola inglese per cercare di far passare una cosa che è gravemente indigesta alla maggioranza dell’opinione pubblica italiana.

inizio pagina

Contrastare le Agromafie, business da oltre 16 miliardi di Euro

◊  

“Sulle agromafie c’è un'attenzione che dobbiamo mantenere sempre molto alta, rivendico però il lavoro che il Paese ha fatto su questo fronte: 240 mila controlli in due anni ed è stata messa in campo un'attività complessa, per capire come si muove questo fenomeno”. Così, il ministro dell'Agricoltura, Maurizio Martina, ha commentato il quarto "Rapporto sui crimini agroalimentari" in Italia, presentato questa mattina a Roma. La ricerca è stata elaborata da Eurispes, Coldiretti e dall’Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare. Il servizio è di Marina Tomarro

Nel 2015 il business delle Agromafie ha superato i 16 miliardi di euro. E’ questo il primo dato che emerge dal quarto "Rapporto sui crimini agroalimentari" in Italia. E tante le conseguenze che si legano a questo reato, dal porto illegale di armi da fuoco, il riciclaggio, ma anche furti di attrezzature e  mezzi agricoli, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Senza dimenticare poi una lievitazione dei prezzi fino a quattro volte nella filiera che va dal produttore al consumatore, frutto delle tante speculazione della malavita nelle attività di intermediazione e trasporto. Ascoltiamo il commento di Lorenzo Bazzana, responsabile economico della Coldiretti e tra i redattori del rapporto:

R. – Dal Rapporto emerge una situazione preoccupante, per altri versi è comunque confortante, nel senso che noi vediamo questa attenzione che il fenomeno agromafie ha portato nel settore agricolo e anche proprio nel settore agroalimentare: ad esempio, l’attenzione nella ristorazione, agli investimenti che sono stati fatti proprio in questo settore; e il fatto che ci sia un valore, un business che venga a superare i 16 miliardi di Euro, è sicuramente un fatto molto preoccupante. Però, le positività ci sono e sono date dal forte contrasto che le autorità stanno opponendo nel Paese che sicuramente ha gli anticorpi per poter riuscire a vincere questa battaglia, viste anche le forze dispiegate e le quantità dei controlli che vengono a essere effettuati.

Il fenomeno delle agromafie vede la sua maggiore presenza soprattutto nel Mezzogiorno in particolare in Sicilia, Calabria, Puglia, e Campania, ma interessa anche il Centro Italia, in regioni come l’Abruzzo e l’Umbria e al Nord in particolare in Piemonte e nell’Alto Lombardo. Inoltre, nel 2015, sono state oltre mille le strutture operanti nell’agroalimentare chiuse dai Nas. Tra i settori più colpiti, la ristorazione, la carne, il pane e la pasta. E la contraffazione di prodotti alimentari italiani all’estero, spesso va a rovinare l’immagine dell’eccellenza italiana a tavola. Ascoltiamo ancora Lorenzo Bazzana:

R. – Questa è la preoccupazione: perché le agromafie alimentano anche quel circuito di prodotti falsamente italiani o italiani ma non di elevata qualità, che possono – appunto – danneggiare l’immagine del nostro ‘made in Italy’ agroalimentare. E’ chiaro che anche il fatto che ci sia un rinnovato ricorso da parte degli italiani all’acquisto – ad esempio – attraverso Internet di prodotto alimentari, rischia di mettere, se questi non sono canali controllati, nelle mani dei consumatori prodotti che sono falsamente di qualità o sono falsamente di eccellenza italiana.

D. – Cosa dovrebbe fare maggiormente il governo, per tutelare da una parte i consumatori ma dall’altra anche i produttori?

R. – Sicuramente, investire ancora di più sui controlli e sull’attività di contrasto. Noi vediamo che ci sono fenomeni, come ad esempio quello delle infiltrazioni mafiose anche in territori normalmente non così normalmente considerati come suscettibili a questo tipo di fenomeno, che ci fanno capire che la forza dev’essere ancora più forte, ancora più convinta in modo da dissuadere i soggetti che si vogliono infiltrare in questa attività economica e allontanarli per evitare che questo possa accadere.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Card. Filoni sugli aspetti religiosi delle migrazioni in Europa

◊  

“Credo che la conoscenza della storia del cristianesimo in Medio-Oriente – oggi Iraq - non sia una stravaganza culturale, ma piuttosto un approccio che permette di comprendere le ragioni e gli eventi drammatici di questa regione, di apprezzare la sua vita e la sua cultura, così come le testimonianze di fede e le motivazioni che stanno dietro all'attaccamento dei cristiani a questa terra”. Così si è espresso il card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, nel suo intervento alla Conferenza accademica sugli impatti religiosi dell’immigrazione nelle società europee, che si svolge oggi presso l’Università nazionale di Budapest.

Il porporrato è autore di un libro sulla Chiesa caldea
Il Prefetto del Dicastero Missionario è intervenuto sul tema “La Chiesa in Iraq: storia, sviluppo e missione dagli inizi ai nostri giorni” dal momento che è autore di un libro sull’argomento, in fase di traduzione in inglese, spagnolo e arabo, “al fine di portare l'attenzione sulla bella storia di questa antica Chiesa orientale, conosciuta anche come Chiesa caldea”, di cui non esisteva una storia completa.

In Mesopotamia i cristiani in 100 anni sono passati dal 15% a meno del 2
La Chiesa in Iraq ha le sue radici in una “piccola, antica comunità cristiana, che da 2000 anni vive nella regione della Mesopotamia” ha spiegato il card. Filoni. “In questa regione 100 anni fa i cristiani raggiungevano il 15% della popolazione totale. Oggi sono dall’1 al 2%! Dal tempo del genocidio armeno (1,2 milioni di vittime) e l'uccisione di 250.000 caldei, armeni e siriani, sia cattolici che ortodossi, è iniziato un esodo dei popoli dalla regione, e queste migrazioni di massa hanno accelerato fino ai giorni nostri, provocate da guerre, discriminazioni, mancanza di coesistenza pacifica e di lavoro”.

Il motivo dell'esodo biblico delle popolazioni del Medio Oriente è l'assenza di pace
Il card. Filoni, che ha vissuto per molti anni in Medio Oriente e nel 2014 è stato inviato in Iraq da Papa Francesco come suo rappresentante personale, si è soffermato sul fenomeno migratorio sottolineando che “le società europee non sono mai state un ‘unicum’. Non lo erano ieri, non lo sono oggi e non lo saranno domani. L'Europa è più simile a un contenitore…”. Nonostante le diversità, tre elementi hanno svolto un ruolo unificante in Europa: la religione, il concetto di diritto legato alla persona, la bellezza e l'arte. “Il motivo profondo che ha portato ad un esodo di dimensioni bibliche delle popolazioni del Medio Oriente verso l’Europa è l’assenza della pace” ha evidenziato il cardinale, ribadendo che “ognuno ha diritto a vivere in pace, che rappresenta la più alta delle aspirazioni. Tutte le grandi emigrazioni hanno avuto inizio con la guerra”. (S.L.)

inizio pagina

Migrazioni. Vescovi europei: unanime impegno dei cristiani

◊  

“Un chiaro segno dell’unanime impegno dei cristiani” sul tema delle migrazioni: così mons. Ägidius Zsifkovics, vescovo di Heiligenkreuz, in Austria, definisce l’incontro dei vescovi europei tenutosi in città  e dedicato alla questione dei rifugiati in Europa, che da tempo impegna la Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece). All’evento, intitolato “Di fronte a una crisi con molte facce”, hanno preso parte vescovi ed esperti di venti Paesi europei e mediorientali: Siria, Iraq, Grecia, Ungheria, Croazia, Bulgaria, Macedonia, Serbia, Germania, Austria e Stati scandinavi, ovvero “Paesi di origine, di transito e di destinazione dei rifugiati”, sottolinea mons. Zsifkovics, citato dall’agenzia Sir.

Occorre ascolto rispettoso e dialogo aperto
“La sofferenza di queste donne, uomini e bambini ci obbliga a discussioni aperte e costruttive”, aggiunge poi il presule austriaco, ribadendo l’obiettivo comune di “andare avanti mano nella mano”, perché “solo in un ambiente di ascolto rispettoso e di dialogo aperto l’uno con l’altro, riusciremo a bloccare lo sviluppo della crisi con uno stile di umanità cristiana nei Paesi d’origine dei rifugiati, in quelli di transito e in quelli riceventi”. Tra i partecipanti all’evento, il patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako; il vescovo caldeo di Aleppo, mons. Antoine Audo; l’arcivescovo di Budapest, Peter Erdö, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee); l’arcivescovo di Zagabria, Josip Bozanic, ed il vescovo di Piacenza-Bobbio, mons. Gianni Ambrosio, vicepresidente della Comece.

Migrazioni al centro della prossima Plenaria della Comece
​Da ricordare che già lo scorso dicembre la Comece aveva inviato alle istituzioni europee ed ai governi nazionali un “Documento di riflessione” sul tema delle migrazioni, redatto proprio da mons. Zsifkovics, coordinatore per quest’ambito. Inoltre, nella prossima Plenaria della Comece, in programma a Bruxelles dal 2 al 4 marzo, si cercheranno “conclusioni concrete” alla questione. Il tema specifico dell’Assemblea sarà “Promuovere la pace nel mondo, vocazione dell’Europa”. (A cura di Isabella Piro)

inizio pagina

Venezuela. Card. Urosa invita a difendere la vita

◊  

Il card. Jorge Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, ha esortato "nel nome di Dio", a "lottare per la difesa della vita di tutte le persone, a promuovere il bene comune, lasciando da parte gli interessi personali o di partito, e a lavorare per la promozione di una vita migliore, soprattutto per i più poveri". Così si legge nel messaggio del cardinale dal titolo "Misericordia e conversione", pubblicato in occasione della Quaresima, che è stato letto domenica scorsa in tutte le chiese, rivolto a tutti i fedeli cattolici dell'arcidiocesi e a tutta la comunità civile.

Invito alle autorità a mettere fine “ai crimini senza criminali"
Nel testo, ripreso dall'agenzia Fides, il card. Urosa chiede alle autorità con "saggezza, forza e coraggio” di “applicare le nostre leggi” e mettere definitivamente fine “ai crimini senza criminali". Riferendosi al fatto che in Venezuela molti atti vandalici e tanti crimini, per le autorità non hanno un autore o non si riesce mai a catturare il criminale. Allo stesso tempo incoraggia i funzionari della sicurezza a "non desistere nella lotta alla criminalità, sempre con il rispetto dei diritti umani; e senza mai abusare del potere e delle armi loro consegnate dallo Stato".

Il cardinale condanna debolezza dei tribunali e sovraffolamento delle carceri
​Nel suo messaggio quaresimale, l’arcivescovo di Caracas evidenzia che i venezuelani "soffrono la debolezza dei tribunali nel punire il crimine e i reati, e l'incapacità delle autorità nel risolvere l'orrore del sovraffollamento delle carceri". Ritiene poi “urgente” la conversione della vita delle persone, "data l'avanzata del secolarismo, cioè la freddezza e l'indifferenza religiosa e l'oblio e il rifiuto di Dio", e il respingere vizi e difetti "come la violenza e l'odio, la corruzione, gli sprechi e la pigrizia". "Conversione significa cambio di vita, pentimento, trasformazione e rinnovamento morale", conclude l'arcivescovo di Caracas. (C.E.)

inizio pagina

Canada: Campagna di Quaresima di Sviluppo e Pace

◊  

“Creiamo un clima di cambiamento”. È ispirato all’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” e al Giubileo della Misericordia il tema scelto quest’anno per la Campagna di Quaresima promossa dall’Organizzazione cattolica canadese per lo sviluppo e la pace (Occdp). La campagna è la principale fonte di finanziamento per l’opera dell’organizzazione caritativa svolta con il sostegno di numerosi di partner locali in Africa, America Latina, Asia e Medio Oriente  e per i programmi educativi promossi anche in Canada.

Seguire l’invito del Papa a prendersi cura della nostra casa comune
Nel dossier che presenta l’iniziativa vengono proposte alle parrocchie cinque settimane di impegno e un Pellegrinaggio verso la conversione che deve comportare  “la scelta di vivere più semplicemente, di comunicare con l’intera umanità e prendersi cura della nostra casa comune”, ad esempio aumentando l’efficacia energetica della propria abitazione, rinunciando ai beni superflui, riducendo gli sprechi, utilizzando mezzi di trasporto sostenibili.

I fondi raccolti destinati ad aiutare le popolazioni più povere
La colletta vera e propria si terrà il 13 marzo, “Domenica della solidarietà”, ma le parrocchie e altre comunità cattoliche saranno aperte alle offerte tutti i giorni fino alla fine della Quaresima. I fondi raccolti serviranno ad aiutare le popolazioni più povere di oltre trenta Paesi. Per la campagna sono stato scelti come testimonial persone che, grazie all’Occdp, hanno potuto cambiare, in meglio, la propria vita. Tra queste le suore salesiane del convento nella Valle di Cremisan, in Terra Santa, che assicurano l’educazione a 450 bambini, Adonis Medjine, sopravvissuta al terremoto che nel 2010 devastò Haiti e oggi allevatrice di polli grazie a un progetto di impresa sociale; Liz Benítez, la cui famiglia appartiene a un movimento di contadini che in Paraguay si batte per garantire l’accesso alla terra agli agricoltori più poveri; Try Mopurto, malato di mente, che in Indonesia ha potuto restaurare la casa dove abita con la sua famiglia.

Lavorare insieme alla costruzione di un mondo più giusto
“Sviluppo e Pace — scrive il presidente della Conferenza episcopale canadese  mons. David Douglas Crosby — ci offre strumenti concreti per rispondere agli appelli del Santo Padre a lavorare insieme alla costruzione di un mondo più giusto e rispettoso della dignità umana. Ciò che egli ci propone è l’esperienza della tradizione, ben radicata, della Chiesa riguardo le opere di misericordia, che ci riconducono esplicitamente ai comandamenti di nostro Signore: dare da mangiare a chi ha fame; dare da bere a chi ha sete; vestire chi è nudo; far visita a chi è detenuto, compresi coloro che sono prigionieri di strutture economiche e sociali ingiuste”.

La campagna è accompagnata da un video nel quale i collaboratori dell’Occdp, vescovi canadesi e di altri Paesi coinvolti, condividono le loro speranze e riflessioni sul successo della missione. L’organizzazione ha anche messo a disposizione un’app per tablet e smartphone. (A cura di Lisa Zengarini)

inizio pagina

Vescovi di Malta: Cristo medicina delle nostre malattie

◊  

“Non c’è nessuna malattia che non possa essere curata da Gesù. Solo una cosa è necessaria: rivelare a Lui la nostra vera condizione spirituale nella convinzione che Egli ha la ‘parola’ che cura le nostre ferite”. E’ quanto sottolineato nel messaggio di Quaresima dei vescovi maltesi intitolato “Cristo medicina delle nostre malattie”.

Cristo cura le nostre malattie fisiche e spirituali
La malattia – spiega la lettera firmata da mons. Charles Scicluna e di mons. Mario Grech, rispettivamente arcivescovo di Malta e vescovo di Gozo - non è solo l’infermità fisica, ma anche quella che colpisce i nostri rapporti interpersonali - a cominciare da quelli in famiglia - quella morale e quella spirituale che si ha “quando una persona si sente lontana da Dio”. “Tutti questi malanni ci riempiono di tristezza e ci inducono a chiuderci in noi stessi e, quel che è peggio, ci sono momenti in cui gli altri ci evitano causa della nostra malattia”. Una tentazione dalla quale non è immune neanche la comunità cristiana. Ma l’esempio di San Paolo, che durante il suo breve soggiorno a Malta nel suo viaggio verso Roma si era guadagnato la fama di guaritore, ci incoraggia a rivolgerci con fiducia a Cristo, l’unico a poterci guarire.

Una Chiesa aperta capace di accogliere anche i feriti più gravi
E questa - sottolinea il messaggio - è la missione alla quale è chiamato il sacerdote: “non di condannare o scomunicare,  bensì imporre le sue mani sulle persone ammalate e pregare per la misericordia di Dio che guarisce”. Attraverso le sue azioni San Paolo ci mostra quella Chiesa “ospedale da campo” evocata da Papa Francesco “che accoglie i feriti anche gravi”. Se infatti, “la Chiesa rimanesse uno spazio riservato a persone spiritualmente sane”, scoraggerebbe quelle ferite ad avvicinarsi a Dio. Di qui l’auspicio dei presuli maltesi di una Chiesa dalle porte aperte che non esclude coloro che vivono momenti di debolezza e di difficoltà nel matrimonio e in famiglia, ma piuttosto li incoraggia a trovare il proprio posto nella comunità ecclesiale.

Solo con la confessione possiamo esperimentare l’infinita misericordia di Dio
​Il messaggio ricorda quindi che la misericordia di Dio che guarisce le nostre malattie passa attraverso il sacramento della Confessione: solo con il sacramento della Riconciliazione, infatti, “possiamo esperimentare in prima persona la grandezza dell’infinita misericordia di Dio. L’assoluzione che riceviamo – conclude - è una dose di quella medicina divina che aiuta il processo della nostra guarigione”.  (L.Z.)

inizio pagina

Chiesa Thailandia: no all’avidità ma spazio a un cuore di amore

◊  

La persona umana “non può mai essere materiale in vendita o un oggetto da cui trarre benessere. Dobbiamo imparare ad avvertire le necessità del nostro prossimo oltre alle nostre e capire la vera dignità e valore di ogni persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio”. E’ quanto scrive mons. Philip Banchong Chaiyara, presidente della Commissione giustizia e pace della Conferenza episcopale thailandese,  nel suo messaggio di Quaresima.

Cambiare i cuori
Intitolata “Misericordia io voglio, non sacrificio,  la lettera - riporta l’agenzia Asianews - esorta i fedeli a “cambiare i cuori induriti e a rinunciare all’avidità per lasciare spazio a un cuore di amore, misericordia e condivisione con i fratelli”. Il vescovo di Udon Ratchathani descrive quindi i diversi volti della sofferenza umana, alla quale la Quaresima porta consolazione: dai bambini costretti a crescere in un ambiente inquinato, in mezzo a montagne di spazzatura e di rifiuti lasciati dai ricchi, alle tante persone che in molti Paesi nel mondo devono fare i conti con la mancanza di beni di prima necessità, a causa della siccità provocata dai cambiamenti climatici , ma anche “dall’aridità di cuori egoisti”. “Tutto questo - avverte mons. Chaiyara – ci chiama ad un cambiamento di comportamento verso una più equa distribuzione dei beni nella società nel rispetto del progetto per cui Dio ci ha creati”.

Vivere più intensamente l’esperienza della misericordia di Dio
Per questa Quaresima, ricorda quindi il vescovo, “Papa Francesco ci ha chiesto di vivere più intensamente e in modo speciale l’esperienza della misericordia di Dio, comunicataci attraverso Gesù Cristo. Il Santo Padre ripete continuamente che questa misericordia ci indica la strada per raggiungere il peccatore perché possa convertirsi”. Di qui l’auspicio del presule che questa Quaresima 2016 sia per i fedeli un’occasione per riflettere sulla propria vita alla luce della Parola di Dio e del messaggio del Papa e così riconoscere e correggere i propri errori. In particolare egli li esorta ad aiutare gli altri e a “non avvantaggiarsi ingiustamente a danno dei più poveri”. (L.Z.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 48

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.