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Sommario del 14/02/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a Guadalupe: in Maria, Dio risveglia la speranza di chi soffre

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“Tutti siamo necessari, soprattutto quelli che normalmente non contano perché non sono ‘all’altezza delle circostanze”. Nel venerare la Madonna di Guadalupe il Papa evoca questa immagine, rimandando all’atzeco Juan Diego che diventò il messaggero di Maria. Migliaia di persone hanno partecipato alla Messa celebrata da Papa Francesco nel Santuario mariano a Città del Messico, tra i più visitati del mondo. Il servizio del nostro inviato Alessandro Guarasci

Il Papa venera l'icona della Madonna di Guadalupe
E’ il motivo principale per il quale Francesco è venuto in Messico: venerare l’icona della Madonna di Guadalupe, di fronte alla quale ha sostato in preghiera per diversi minuti, e così confermare il Paese nella fede. Il Santuario sorge laddove nel 1531 l’indio Juan Diego, convertito al cristianesimo, ebbe cinque apparizioni della Madonna. Tesoro prezioso di questo Santuario, dove ogni giorno si celebrano venti Messe, è l’immagine della Vergine, dipinta su un mantello di tela di fibre di un cactus che normalmente resisterebbe non più di vent’anni. Ancora oggi non c’è spiegazione scientifica per la sua esistenza.

Il santuario di Dio sono i suoi figli, le nostre famiglie
Una storia che ci fa capire come anche i più umili possono essere un mezzo per costruire “il santuario di Dio”, come dice il Papa:

“Il santuario di Dio è la vita dei suoi figli, di tutti e in tutte le condizioni, in particolare dei giovani senza futuro esposti a una infinità di situazioni dolorose, a rischio, e quella degli anziani senza riconoscimento, dimenticati in tanti angoli. Il santuario di Dio sono le nostre famiglie che hanno bisogno del minimo necessario per potersi formare e sostenere. Il santuario di Dio è il volto di tanti che incontriamo nel nostro cammino”.

In Maria, Dio si fa nostro compagno di strada
Dio “risveglia la speranza dei più piccoli, dei sofferenti, degli sfollati e degli emarginati, di tutti coloro che sentono di non avere un posto degno in queste terre”. Tutti possono far parte del progetto di Dio e la Madonna percepisce “i nostri dolori”, le “nostre disperazioni”, le “nostre tristezze”. La Vergine ci dice che ha “l’onore” di essere nostra madre:

“Questo ci dà la certezza che le lacrime di coloro che soffrono non sono sterili. Sono una preghiera silenziosa che sale fino al cielo e che in Maria trova sempre posto sotto il suo manto. In lei e con lei, Dio si fa fratello e compagno di strada, porta con noi le croci per non lasciarci schiacciare da nostri dolori”.

La Madre di Dio ci invita alla Misercordia 
La Madre di Dio ci invita ad essere suoi messaggeri, ad accompagnare tante vite, asciugare tante lacrime. E poi a soccorrere “i prigionieri”, perdonare “chi ti ha fatto del male”, consolare “chi è triste”, avere “pazienza con gli altri”. Tutte doti da esercitare nell’Anno della Misericordia:

Fuori della Basilica almeno 30 mila persone, arrivate fin dalla mattina per poter essere più vicine al Papa. Al Santuario Francesco ha donato una corona per dire il suo sentirsi figlio di Maria.

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I fedeli messicani: il Papa porta la speranza in un tempo difficile

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Il Papa dal Messico lancia dei nuovi tweet: “Maria – scrive - è la donna del sì, un sì di dedizione a Dio, un sì di dedizione ai suoi fratelli. Seguiamola nella sua dedizione”. E poi ricorda che “il Messico ha un volto giovane. Questo permette di pensare e progettare un futuro, un domani. Questo dà speranza”. E di speranza hanno bisogno in questo momento i messicani. Il servizio di Sergio Centofanti

Il Messico sta vivendo un periodo molto difficile. Lo ricordano i tantissimi i fedeli che hanno partecipato alla Messa presieduta dal Papa nel Santuario della Madonna di Guadalupe.

“Attualmente viviamo tempi difficili per il Paese – afferma una donna – c’è povertà, violenza, corruzione, narcotraffico, mancanza di lavoro e di istruzione. La presenza del Papa è qualcosa di meraviglioso perché porta un messaggio di pace, di misericordia e di speranza a tutto il Messico”.

Un’altra donna è venuta a Guadalupe per ascoltare il messaggio del Papa e per chiedere alla Madonna di proteggere la sua famiglia e tutte le famiglie del Paese in un momento in cui si sta redigendo la nuova Costituzione di Città del Messico. Chiede a Maria di illuminare i governanti perché difendano la famiglia e la vita. “La famiglia – dice - è il nucleo della società, è la vera preoccupazione del popolo messicano”.

Un sacerdote ricorda quando il Papa ha spiegato chi è il vero “guadalupano”: è chi è vicino ai più piccoli, a quanti non hanno voce. La fede è capire che il vero potere è servire il più umile e il più povero.

Per un’altra donna la visita del Papa è un momento speciale per la nazione che è piena di povertà materiale e soprattutto spirituale, che è la povertà che toglie la speranza. Tanti i giovani che si stanno allontanando da Dio e cadono nelle reti del male. “Il Papa viene a ricordare che abbiamo una Madre che ci consola e ci dà forza per riprendere un nuovo cammino. Ci ha esortato a non restare indifferenti ma a costruire il bene. Questo è una grande messaggio per noi”.

Infine, un altro sacerdote afferma che la presenza del Papa in Messico “è un dono di Dio, un regalo bellissimo, una benedizione che riporta la speranza a chi soffre. E’ un tempo importante per accogliere la grazia di Dio”.

(Le interviste sono state raccolte dal nostro inviato Guillermo Ortiz)

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Papa a vescovi messicani: solo la tenerezza di Dio conquista i cuori

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Non abbiate paura della trasparenza, siate vicini alla gente, testimoni del Signore e non prìncipi: sono alcune parole del lungo e articolato il discorso che il Papa ha rivolto ai vescovi del Messico riuniti nella cattedrale dell' Assunzione nel cuore della capitale. A loro ha affidato i giovani, il rispetto e la riconoscenza per i popoli indigeni e i migranti, da seguire, ha detto, anche oltre le frontiere. Forte l'appello del Pontefice alla lotta al narcotraffico con un serio e qualificato progetto pastorale che includa tutti. Il servizio di Gabriella Ceraso

Solo 800 metri separano il Palazzo Nazionale di Città del Messico, dalla Cattedrale dell’Assunzione: per il Papa è lo spazio per un nuovo, intenso e gioioso bagno di folla, tra suoni e canti, fino al cancello d'ingresso della Chiesa, dove riceve le chiavi della città per poi fare il suo ingresso e fermarsi a pregare a lungo silenziosamente all’Altare del Perdono.

La tenerezza di Dio è l'unica forza che conquista il cuore dell’uomo
“Entro con pasos suaves..."
"Entro con passo delicato in questa casa sacra che la Vergine Morenita domandò. Qui si trova il cuore segreto di ogni messicano”. Da subito l’ampio discorso rivolto ai vescovi, si centra sul modello della Madonna di Guadalupe. “Come vorrei” - dice - ”che fosse Lei stessa a recarvi nel profondo dell’anima quanto fluisce dal cuore del Papa”.

“Ante todo, la Virgen Morenita nos enseña que la única fuerza capaz"...
“Anzitutto la Vergine Morenita ci insegna che l’unica forza capace di conquistare il cuore degli uomini è la tenerezza di Dio. Ciò che incanta e attrae, ciò che piega e vince, ciò che apre e scioglie dalle catene non è la forza degli strumenti o la durezza della legge, bensì la debolezza onnipotente dell’amore divino, che è la forza irresistibile della sua dolcezza e la promessa irreversibile della sua misericordia”.

Tornare ad offrire al popolo, come all’origine dell’evangelizzazione del continente, ”il grembo” della fede cristiana che accoglie e riconcilia. Questo chiede il Papa:

“Reclínense pues, con delicadeza y respeto, sobre el alma profunda de su gente..."
“Chinatevi con delicatezza sull’anima profonda della vostra gente, siate vescovi di sguardo limpido, di anima trasparente, di volto luminoso. Non abbiate paura della trasparenza. La Chiesa non ha bisogno dell’oscurità per lavorare. Vigilate affinché i vostri sguardi non si coprano con le penombre della nebbia della mondanità; non lasciatevi corrompere dal volgare materialismo né dalle illusioni seduttrici degli accordi sottobanco”. Nel complesso mondo di oggi - spiega il Papa - fatto di giochi di forza e di una vacillante concezione della vita, sappiate intercettare “la domanda che grida nel cuore della vostra gente” e “rispondete che Dio esiste ed è vicino”, ha volto umano. Il vostro sguardo testimoni al popolo di aver visto Gesù, altrimenti “le parole che ricordiamo di Lui risultano soltanto delle figure retoriche vuote”, il balbettare di “orfani accanto al sepolcro”.

Uno sguardo attento e vicino
Con un profondo sguardo spirituale, il Papa raccomanda alla Chiesa messicana che ha di fronte una coraggiosa conversione pastorale per cercare, generare e nutrire i discepoli odierni di Gesù. Prossimità e vicinanza sono le parole chiave, ancora una volta sul modello della vergine Morenita che custodisce e riflette il volto di chi la incontra:

“Sólo una Iglesia que sepa resguardar el rostro de los hombres...”
“Solo una Chiesa capace di proteggere il volto degli uomini che vanno a bussare alla sua porta è capace di parlare loro di Dio. Se non decifriamo le loro sofferenze, se non ci accorgiamo dei loro bisogni, nulla potremo offrire”. No dunque al clericalismo e all’autoreferenzialità.

“No se necesitan «príncipes», sino una comunidad de testigos del Señor...”
“Non c’è bisogno di prìncipi bensì di una comunità di testimoni del Signore”. L’esortazione è invece a conservare comunione e unità: l’una, forma vitale della Chiesa, l’altra prova della sua veracità. “Il Messico” - sottolinea il Papa - “e la sua vasta e multiforme Chiesa hanno bisogno di Vescovi servitori e custodi dell’unità edificata sulla Parola del Signore, alimentata con il suo Corpo e guidata dal suo Spirito che è il respiro vitale della Chiesa”.

Attenzione speciale ai giovani e lotta al narcotraffico
Zelo missionario e formazione dei laici sono le raccomandazioni che il Papa lascia ai vescovi, cui però in particolare affida i giovani. Il loro compito è incrociare i loro sguardi, offrire un grembo materno, specie ai tanti sedotti dal denaro e dai commercianti di morte del narcotraffico, “sfida etica e anticivica”, per la Chiesa e la società, che il Papa prega di non sottovalutare:

“La proporción del fenómeno, la complejidad de sus causas, la inmensidad de su extensión...”
“La proporzione del fenomeno, la complessità delle sue cause, l’immensità della sua estensione come metastasi che divora”, esigono coraggio profetico e un serio progetto pastorale. Occorre cominciare dalle famiglie, dalle periferie esistenziali e coinvolgere comunità, scuole e mondo politico.

Uno sguardo di delicatezza per i popoli indigeni
Importante il ruolo che il Papa affida ai vescovi per il futuro del Messico. Tessete con pazienza come Dio ha fatto, sul manto di Juan Diego, “quell’uomo nuovo che il vostro Paese attende”: fatelo con condiscendenza e umiltà. In particolare uno sguardo di delicatezza il Papa lo chiede per i popoli indigeni e le loro culture “non di rado massacrate”:

“Il México tiene necesidad de sus raíces amerindias para no quedarse en un enigma irresuelto...”
“Il Messico ha bisogno delle sue radici amerinde per non rimanere in un enigma irrisolto”. Gli indigeni del Messico aspettano ancora che venga riconosciuta effettivamente la “ricchezza del loro contributo e la fecondità della loro presenza per ereditare quella identità che vi fa diventare una Nazione unica e non solamente una tra le altre”. Ai vescovi spetta, secondo il Papa, il compito di ricordare la potenza delle radici antiche, di custodire la memoria e suscitare la speranza. Che i vostri sguardi, è l’invito, siano capaci di contribuire all’unità, alla riconciliazione, all’integrazione.

Seguire i migranti anche al di là delle frontiere
Ma l’ultima parola del Papa, al termine del suo ampio discorso ai vescovi, è dedicata alla sfida delle migrazioni. Milioni di figli lasciano il Messico, le loro radici e le loro famiglie. Da qui l’invito:

“Hermanos, que sus corazones sean capaces de seguirlos y alcanzarlos más allá de las fronteras...”
“Fratelli, i vostri cuori siano capaci di seguirli e raggiungerli al di là delle frontiere”, anche con l’aiuto dell’ episcopato statunitense, perché non si trasformino in "esiliati di se stessi". “Testimoniate uniti che la Chiesa è custode di una visione unitaria dell’uomo e non può accettare che sia ridotto a una mera risorsa umana”.

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Papa alle autorità: cercare bene comune non privilegi

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No al privilegio per pochi, sì al bene comune. Nel suo primo discorso in terra messicana, di fronte alle autorità, alla società civile e al corpo diplomatico, Francesco ha ricordato che ai responsabili della vita sociale “compete in modo speciale lavorare per offrire a tutti i cittadini l’opportunità di essere degni protagonisti del loro destino”. Francesco ha ribadito che il governo messicano può contare sulla piena collaborazione della Chiesa. Il servizio del nostro inviato Alessandro Guarasci: 

No a privilegi per pochi, cercare il bene comune
Francesco incontra il Presidente della Repubblica  Enrique Peña Nieto e poi le autorità messicane. Il Papa ricorda il valore dei giovani,  circa la metà degli abitanti di questo Paese. “Un popolo ricco di gioventù – dice - è un popolo capace di rinnovarsi, di trasformarsi; è un invito a sollevare lo sguardo con entusiasmo verso il futuro e, al tempo stesso, ci sfida positivamente nel presente”. Per questo, il bene comune deve essere una priorità per tutti:

“Ogni volta che cerchiamo la via del privilegio o dei benefici per pochi a scapito del bene di tutti, presto o tardi la vita sociale si trasforma in un terreno fertile per la corruzione, il narcotraffico, l’esclusione delle culture diverse, la violenza, e persino per il traffico di persone, il sequestro e la morte, che causano sofferenza e che frenano lo sviluppo”.

Sconfiggere cultura dello scarto
Sono questi i mali di un Paese, che seppur generoso e accogliente, è conosciuto anche per i 27 mila desaparecidos, vittime di interessi sordidi. Il Papa però riconosce che “la sapienza ancestrale insita nella multiculturalità” del Messico “ è, di gran lunga, una delle sue più grandi risorse umane. Una identità che ha imparato a prender forma nella diversità e, senza alcun dubbio, costituisce un ricco patrimonio da valorizzare, stimolare e curare”. L’accordo tra le forze politiche, sociali, ora come in passato, è “fondamentale nella ricerca del bene comune e nella promozione della dignità umana”. Un accordo per evitare quella “cultura dello scarto” a cui Francesco fa spesso cenno e che è ritornata nel suo discorso. E qui l’appello ai politici:

“Ai responsabili della vita sociale, culturale e politica compete in modo speciale lavorare per offrire a tutti i cittadini l’opportunità di essere degni protagonisti del loro destino, nella famiglia e in tutti gli ambiti nei quali si sviluppa la socialità umana, aiutandoli a trovare un effettivo accesso ai beni materiali e spirituali indispensabili: abitazione adeguata, lavoro degno, alimentazione, giustizia reale, una sicurezza effettiva, un ambiente sano e pacifico”.

Bagno di folla per il Papa
Al Presidente Peña Nieto il Papa ha donato un mosaico della Madonna di Guadalupe. Il capo dello Stato ha parlato dell’emozione del popolo  per questo incontro, degli stessi valori condivisi dal Papa e dai messicani. Poco prima l’ennesimo bagno di folla nel tragitto dalla nunziatura al palazzo presidenziale. E grande entusiasmo subito dopo, durante il giro della Piazza della Costituzione, capace di accogliere fino a 80 mila persone. 

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Lombardi: il Papa in Messico ha già incontrato un milione di persone

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Il Papa è felice per la calorosa accoglienza che il Messico gli sta riservando e in un solo giorno ha potuto incontrare un milione di persone. E' quando ha detto il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, che in un briefing con i giornalisti ha ripercorso la giornata di ieri a partire dalla preghiera silenziosa del Papa davanti all’immagine della Madonna di Guadalupe. Ascoltiamo padre Lombardi al microfono del nostro inviato Alessandro Guarasci

R. – Il Papa sente, evidentemente, anche in questa immagine, una presenza spirituale, un messaggio che continua a essere attualissimo, sulla capacità del messaggio cristiano di farsi prossimo, farsi presente proprio nel più concreto della vita di questi popoli e di ogni popolo. Ecco, è una inculturazione vissuta formidabile. Sono cose veramente un po’ inspiegabili, e il Papa stesso, anche l’altro giorno parlando con i giornalisti in aereo, diceva: “Ma, è qualcosa che si continua a studiare ma non si riesce a spiegare, umanamente”. E’ una manifestazione importante di una dimensione spirituale che entra nel mondo ed è capace di agire, di agire per trasformarlo in un modo positivo, ma non in un modo sensazionale: proprio nell’entrare nella vita umile e quotidiana di un popolo.

D. – Con i politici e con i vescovi ha parlato di corruzione e narcotraffico, ma anche di evangelizzazione. La Chiesa messicana, secondo lei, è pronta a rilanciare queste sfide?

R. – Quello che il Papa fa è incoraggiare, dicendo: “Questa è la sfida. Noi abbiamo una missione, noi dobbiamo confrontarci con questa situazione nel modo migliore che possiamo. Non dobbiamo avere paura”. Questo è uno degli aspetti del messaggio di Guadalupe che ha riportato continuamente: “Sono qui, sono qui con te: perché hai paura? Non devi avere paura. Anche se ti senti piccolo …”. Quindi, io direi che il Papa non dice alla Chiesa messicana: “Tu sei pronta per farlo”, dice alla Chiesa messicana: “Abbi fede e abbi fiducia, perché questa è la tua missione e quindi fai tutto quello che puoi”.

D. – Come lo ha trovato? Perché sicuramente ci sono stati grandi bagni di folla, ma ha speso anche molte energie personali. Qualcuno si è un po’ preoccupato quando nella Basilica è inciampato …

R. – Sappiamo tutti che il Papa ha qualche debolezza nella mobilità, qualche incertezza nel camminare. Però questo, in una persona della sua età, è abbastanza normale, dobbiamo dire. Quanti di noi fanno fatica e devono fare attenzione per fare i gradini, le scale, dei salti … Quindi, siamo nella totale normalità. Come condizione generale, è ottima. Noi siamo rimasti stupefatti come abbia superato la prima giornata del viaggio che è stata di 24 ore, con lunghi voli, con incontri emozionanti e importantissimi come quello con il Patriarca, l’accoglienza all’aeroporto, 15 km di papamobile all’aperto con un freddo eccezionale … Ecco, tutto questo lui l’ha fatto e poi era di nuovo pronto per una giornata impegnativa come quella che ha vissuto. Quindi, io direi proprio, sì, diciamogli di essere prudente perché desideriamo averlo a lungo, ma mi pare che di energia – almeno nello stato attuale – ne abbia ancora da vendere.

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Papa nell'ospedale pediatrico, messaggio di fede e speranza

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Questa domenica il Papa sarà in visita all’ospedale pediatrico “Federico Gomez” di Città del Messico. Una struttura di eccellenza nel Paese, attiva dal dopoguerra, e specializzata in malattie oncologiche e malformazioni natali. Silvonei Protz ha intervistato il direttore generale Josè Alberto Garcia Arranda

R. – Entonces, como le decía, este es un hospital publico…
Questo è un ospedale pubblico che si occupa dei bambini più poveri del Paese. Per essere un ospedale di terzo livello ha la caratteristica di occuparsi solo di malattie gravi. I bambini che curiamo vengono da tutto il Paese e di questi solo il 5 per cento proviene dal distretto federale, mentre il 95 per cento da tutto il Paese.

D. – Quanti bambini all’anno più o meno passano da qui?

R. – Los podemos dividir en dos diferentes grupos…
Possiamo dividerli in due gruppi differenti. Un gruppo è rappresentato dai bambini che vengono per la visita esterna, nella parte esterna dell’ospedale, dove ci occupiamo di circa 255 mila bambini all’anno. I bambini, invece, ricoverati, di cui ci occupiamo nella parte interna dell’ospedale, sono circa 6 mila durante l’anno.

D. – Il Santo Padre verrà a fare una visita. Che significa questa visita?

R. – Que significa para los niños enfermos, para los papás de los niños enfermos?…
Che significa per i bambini malati, per i genitori dei bambini malati? Un messaggio di fede, un messaggio di speranza e di misericordia, come lui ha detto recentemente, per tutti quelli che soffrono. E questi bambini che sono poveri, questi bambini che hanno malattie gravi, soffrono moltissimo.

D. – Il Santo Padre farà anche una visita privata…

R. – Sì, después de terminar el acto público…
Sì, al termine della parte pubblica, dove incontrerà 36 bambini e alcune persone chiamate lì per riceverlo, passeremo nel reparto oncologico, dove verrà ricevuto da 25 bambini malati di cancro. Sono bambini che stanno recuperando, anche se non del tutto, e potranno stare sulla sedia a rotelle, qui, all’entrata dell’edificio, nella sala d’ingresso di questo edificio, e li porteremo direttamente alla ludoteca. La ludoteca è una stanza di vetro dove i bambini giocano, come dice il nome stesso, e dove si possono divertire mentre si fa loro il trattamento, mentre aspettano la visita e così via. Lì abbiamo un simbolo che per me è bellissimo: una campana. Questa campana la suona solo il bambino che guarisce dal cancro. Quel bambino viene accompagnato da altri bambini della comunità che sono malati come lui e suona la campana. E secondo noi, secondo la nostra interpretazione, è come se suonando la campana il bambino avvertisse il Cielo che si è liberato dalla malattia, come se ringraziasse il Cielo. Questo farà parte della visita ed io, fuori da questa stanza di vetro, lo spiegherò al Papa. Se lui vorrà entrare, sarà una sua decisione.

D. – Ci sarà una cerimonia di questo tipo?

R. – Sì, hay dos niños que …
Sì, la settimana passata due bambini sono stati dichiarati guariti dal cancro. Quindi questi due bambini entreranno lì dov’è la campana con altri bambini e la suoneranno per fare una cerimonia completa di fronte a lui.

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Oggi in Primo Piano



Siria: telefonata Obama-Putin, insieme contro jihadisti dell'Is

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Il presidente russo Putin e quello americano Obama hanno deciso nel corso di un colloquio telefonico di intensificare la cooperazione tra le rispettive agenzie ed altre strutture per rendere attivo il cessate il fuoco concordato a Monaco di Baviera dal Gruppo Internazionale di Supporto sulla Siria. Intanto sul terreno proseguono i combattimenti e per il secondo giorno consecutivo la Turchia ha bombardato alcune postazioni curde nel Nord della Siria. Il servizio di Marco Guerra: 

Dopo i toni da guerra fredda evocati ieri a Monaco dal premier russo Medvedev, arrivano segnali di distensione dal colloquio telefonico tra Obama e Putin. I due si sono ritrovati sulla necessità di uno sforzo comune per la lotta al sedicente Stato Islamico. Da entrambi i presidenti - si legge in un comunicato - è arrivata una valutazione positiva del dialogo in corso a Monaco. Da Washington arriva la condanna alle operazioni dell’artiglieria di Ankara sulle postazioni curde nelle immediate vicinanze del passo di frontiera turco-siriano. Almeno due miliziani curdi sono morti negli attacchi. Il premier turco Davutoglu ha avvertito che il suo Paese non permetterà minacce alla sua frontiera, ma il governo siriano ha chiesto la convocazione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu in relazione a questi bombardamenti. Intanto, le truppe di Damasco, aiutate da iraniani, libanesi e aviazione russa, continuano ad avanzare verso Aleppo. Si muove anche l’Arabia Saudita con l’invio di aerei da combattimento nella base aerea di Incirlik, in Turchia, ufficialmente per "intensificare" le sue operazioni contro l'Is, come concordato nell’ambito della coalizione internazionale anti-califfato. E da Riad confermano anche la disponibilità a schierare truppe sul terreno senza però entrare nel dettaglio. Dichiarazioni che hanno suscitato la reazione del capo di stato maggiore dell’esercito iraniano, il quale ha messo in guardia i sauditi dall'invio di truppe in Siria.

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Presidenziali in Centrafrica. Don Bondobo: la gente vuole la pace

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Ballottaggio presidenziale questa domenica in Centrafrica: i cittadini sono chiamati a scegliere il nuovo capo di Stato tra due ex premier, Georges Dologuele e Faustin Archange Touadera. C'è grande attesa per l'esito del voto che si spera porti stabilità ad un Paese martoriato dalla guerra civile e che ha ritrovato maggiore tranquillità dopo il viaggio di Papa Francesco nel novembre scorso. Sulla situazione, ascoltiamo il rettore della Cattedrale di Bangui, don Mathieu Bondobo, al microfono di Sergio Centofanti

R. – Oggi è un giorno molto importante per noi del Centrafrica. Tutti abbiamo manifestato la volontà di girare pagina, la volontà di andare avanti – “l’altra riva”, come il Papa ci diceva - per cambiare la situazione in cui siamo immersi: la situazione di guerra, di divisione. Oggi la situazione è tranquilla. C'è la volontà, veramente, da parte di tutti gli africani di andare a votare per scegliere il nuovo presidente e anche per scegliere quelli che devono rappresentarci come deputati.

D. – Quali saranno le sfide del nuovo presidente?

R. – Ce ne sono tante, tantissime. Anzitutto, la pace. Ci sono, infatti, ancora, vari gruppi armati che possiedono delle armi in questo Paese. La cosa urgente, primaria, quindi, quello che a mio parere si deve fare, è proprio trovare il modo per disarmare chi possiede armi. Questi gruppi armati, infatti, possono fare di tutto con le armi che hanno in mano. Questa è la condizione per lo sviluppo e l’educazione. Se ci sono ancora armi, infatti, la gente ha paura di investire, la gente ha paura di andare a scuola, la gente ha paura di andare nei campi a lavorare, di dedicarsi all’agricoltura. La sicurezza, dunque, per garantire la pace: questa, secondo me, è l’urgenza. Poi bisogna anche tenere conto dello sviluppo, perché la povertà è arrivata ad un livello troppo alto: c’è gente che lavora e che non viene pagata a fine mese; ci sono famiglie che non possono mandare i loro figli a scuola, perché non hanno soldi; c’è gente che muore per le malattie, perché non ha soldi per curarsi. Pensare, quindi, allo sviluppo e fare un piano sociale per facilitare una situazione migliore per il popolo del Centrafrica.

D. – Come procede il dialogo tra cristiani e musulmani?

R. – Il dialogo sta andando molto bene. Io vi faccio un esempio, che è anche una testimonianza. Sto curando un libro sul viaggio del Santo Padre in Centrafrica. Per fare questo libro, lavoro con i protestanti e lavoro anche con i nostri fratelli musulmani. Il Papa, infatti, è venuto per tutti ed è andato dai protestanti, è andato dai cattolici ed è andato dai musulmani. Con questo lavoro, dunque, sto considerando che tesoro possiamo fare di questo viaggio del Santo Padre. E’ una grazia, è una cosa veramente grande. Stiamo, quindi, collaborando molto bene. Questa è una testimonianza personale. L’altra cosa è anche quello che si vede: il quartiere musulmano del Km 5 - che all’inizio era un luogo difficile, pericoloso - è accessibile, è pure una zona commerciale. Lì, quindi, la gente ricomincia ad andare a vendere le cose, a commerciare. La circolazione è tornata normale nel quartiere. E a Bangui, in generale, non c’è più questa paura di uscire. Vedo gente, persone che escono di casa e che si muovono senza tanta paura. Questo, alcuni mesi fa, era impossibile. Ringraziamo Dio, dunque, per questo miglioramento. E, a dire la verità, dopo il viaggio del Santo Padre, la situazione sta migliorando davvero molto.

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Cresce tensione in Asia dopo test missilistico nordcoreano

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Sale la tensione in Estremo Oriente dopo che la Corea del Nord ha lanciato un razzo a lunga gittata a un mese dall’esecuzione di un ennesimo test nucleare. Corea del Sud e Giappone hanno varato nuove sanzioni. Seul ha sospeso le attività produttive nel parco industriale di Kaesong, un progetto di cooperazione economica tra le due Coree avviato nel 2004. Pyongyang ha ordinato all’esercito di prendere possesso del complesso, a pochi chilometri dal confine. Da parte sua, Tokyo ha annunciato il divieto di accesso ai cittadini accusati di aver contributo al programma nucleare di Pyongyang. E il regime comunista ha sciolto il comitato per risolvere i casi dei cittadini giapponesi sospettati di essere stati rapiti da agenti nordcoreani. Intanto, si fa sempre più concreta la possibilità di un inasprimento delle sanzioni da parte dell'Onu. Sulla situazione ascoltiamo Romeo Orlandi, docente all'università di Bologna, al microfono di Marina Tomarro

R. – Tra le tante interpretazioni possibili, c’è quella per cui questa escalation della tensione sia una mossa o per mettere la mano sul grilletto oppure, come è auspicabile, per una mossa negoziale. La Corea del Nord alza la posta, mostra i muscoli, e questo potrebbe voler dire o che voglia mettersi al tavolo della trattativa da posizioni di forza, incutendo timore e terrore – ricordo che Seul è soltanto a poche decine di chilometri dalla Corea del Nord – oppure che il Paese potrebbe essere avvitato in una spirale di lotta interna, dove si regolano i conti all’interno facendo dimostrazioni di forza verso l’esterno. Noi non sappiamo quali siano le motivazioni per cui Kim Yong-un, così giovane, così inesperto, forse nelle mani di qualcuno, abbia deciso di rischiare così tanto sia al livello della sua vita personale e ovviamente al livello dei suoi 22 milioni di "sudditi". Per cui è difficile dare un’interpretazione. Io ritengo che anche la Cina, grande  protettrice della Corea del Nord, abbia smesso di ragionare e di pensarci. Ormai la Corea del Nord è più un problema per la Cina che una soluzione.

D. – Secondo lei, qual è il reale potenziale militare della Corea del Nord?

R. – Ritengo che l’interpretazione generale degli analisti sia giusta: un forte potenziale militare capace di sferrare un primo colpo devastante, ma che poi non potrebbe reggere l’urto né della controffensiva sudcoreana né tantomeno dell’intervento statunitense. E’ un equilibrio del terrore, però, quello sul quale sta giocando Pyongyang, è veramente una mentalità da guerra fredda. Anche solo il primo colpo sarebbe devastante, perché Seul è una metropoli di 12 milioni di abitanti circa, a pochi chilometri dalla frontiera, è relativamente facile colpirla. E’ chiaro, poi, che la controffensiva sarebbe devastante per la Corea del Nord. I danni che può infliggere sono forti ed è questo l’asso nella manica o perlomeno la carta che Kim Yong-un vuole giocare.

D. – L’Onu ha previsto un inasprimento delle sanzioni. Quali potrebbero essere le conseguenze?

R. – Una sofferenza del popolo nordcoreano che potrebbe ritornare a dei livelli di penuria alimentare. Non credo che la nomenclatura soffra molto. Lì il vero nodo è la Cina, che mantiene in vita la Corea del Nord dal punto di vista alimentare, energetico e anche politico. Il guaio per la Cina, che adesso controlla meno di quanto vorrebbe la Corea del Nord, è che se scoppia una crisi nella Corea del Nord, la Cina verosimilmente è una delle vittime di questa crisi, intanto per motivazioni politiche. Si ritroverebbe cioè un bacino di guerra e le truppe statunitensi o nordcoreane o addirittura giapponesi ai suoi confini e poi ai confini dovrebbe gestire una crisi umanitaria gigantesca con milioni di persone che cercano riparo in Cina presso i congiunti. Per cui non credo che le sanzioni possano inasprire la vita della dirigenza nordcoreana. Possono creare maggiore tensione, ma da sole non credo che riescano a risolvere il problema.

D. – Quali sono i rapporti attuali tra Pechino, la Russia e Pyongyang?

R. – Sono dei rapporti di vicinanza pragmatica. Nessuno di questi tre Paesi ama l’altro. Esiste un bacino di convenienza, esistono delle forti disparità e la Corea del Nord, al contrario di tante previsioni, non si è avviata verso un percorso di riforme e di spazio all’imprenditoria privata così forte come ha fatto la Cina popolare. Esiste lì una contrapposizione anti-statunitense, anti-giapponese, forte, radicata, che però non segnala né amore né amicizia per questi tre Paesi. Per cui fino a quando riescono a gestire una situazione, avendo l’antagonista nel mondo occidentale soprattutto negli Stati Uniti, la situazione è stabile o relativamente stabile, seppure pericolosa. Laddove, invece, le situazioni precipitano io non credo che si possa parlare di amicizia duratura tra Corea del Nord e Cina e Russia. Poi ognuno tenderà, come spesso succede da quelle parti del mondo, al proprio nazionalismo interno.

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Ultimatum Ue: Grecia ha tre mesi per gestire crisi migranti

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Fa discutere l’ultimatum dell’Unione Europea alla Grecia su Schengen. Atene ha tre mesi di tempo per sanare le gravi carenze riscontrate nella gestione delle frontiere esterne. Eugenio Bonanata ne ha parlato Christopher Hein, portavoce e consigliere strategico del Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati: 

R. – Non si capisce perché proprio un Paese tra i più poveri e più in crisi d’Europa in questo momento debba sopportare il peso dell’arrivo di centinaia di migliaia di rifugiati dal Medio Oriente - Siria, Iraq, Afghanistan - quando si è sempre detto che questa è una responsabilità dell’Europa. Quindi, mi sembra anche contraddittorio, da una parte, voler costringere la Grecia a tenere le persone nel proprio territorio, e, allo stesso tempo, intravedere un’operazione di ricollocamento delle stesse persone dalla Grecia verso altri Paesi. Quindi mi sembra veramente un approccio che non risolve la crisi in assoluto. E temo anche che le persone cercheranno altre vie per uscire dalla Grecia, probabilmente verso l’Albania, non escludendo neanche di attraversare l’Adriatico per arrivare in Puglia o in altre parti d’Italia.

D. – Ci sono segnali dell’apertura di questa rotta?

R. – Non mi risulta che fin qui ci siano stati arrivi nell’Adriatico. Ci sono stati e ci sono tuttora arrivi dal confine con la Slovenia, a Trieste e Gorizia. Avvengono anche in maniera crescente, però - appunto - non ancora via mare. Tuttavia, mi sembra almeno una giusta previsione il fatto che ciò potrà succedere, perché certamente non tutte le persone rimarranno in Grecia. Non potendo tornare nei propri Paesi, cercheranno altre vie per arrivare in Europa occidentale.

D. – Tra i Paesi che pensano di chiudere le frontiere c’è anche l’Austria: cosa provocherà questa mossa?

R. – Si parla di un ripristino dei controlli ai valichi di frontiera. Non penso che l’Austria voglia veramente costruire un muro all’interno delle Alpi verso il confine con la Slovenia o con l’Italia. Però anche il ripristino dei controlli alle frontiera, già di per sé, costringe le persone che hanno legami in altri Paesi a trovare il modo di entrare e transitare dall’Austria in altro modo. Aumentano così i rischi per le persone, specie in inverno, e aumenta anche il fenomeno del traffico delle persone all’interno del continente. Quindi, ogni Paese pensa di trovare una soluzione per conto proprio, quando invece è evidente che solo una risposta solidale e comunitaria può veramente essere una soluzione al problema.

D. – Cosa dire della decisione della Francia di smantellare almeno una metà del campo di Calais?

R. – Ma che fine faranno quelle persone che si trovano lì a Calais e che vogliono trovare qualsiasi modo per andare in Gran Bretagna attraversando il Canale? Con o senza campo - come è già avvenuto - rimarranno nella zona di Calais. E ci sarà quindi un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita, in attesa che si apra uno spiraglio per poter arrivare via mare o attraverso il tunnel in Gran Bretagna. Quindi sono tutte misure che vogliono provocare un effetto sull’opinione pubblica - un inganno in un certo modo - come se questa fosse una soluzione del problema.

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Nella Chiesa e nel mondo



Pastore Tveit: incontro tra Francesco e Kirill, evento storico

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“Un evento ecumenico di portata storica che giunge in un momento quanto mai opportuno nell’attuale contesto di conflitti e crisi che stanno causando tante sofferenze nel mondo”. Così il pastore Olav Fykse Tveit, Segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc), saluta l’incontro all’Avana tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill.

Un grande passo verso la ricucitura del grande scisma cristiano
“Il Consiglio celebra questo importante incontro come un grande passo verso la ricucitura dello scisma tra il cristianesimo orientale e occidentale”, si legge in una dichiarazione diffusa ieri. “L’apertura di Papa Francesco al dialogo con i leader delle Chiese ortodosse dimostra un crescente impegno per l’unità dei cristiani, che è un segno di speranza” in un momento in cui la pace è minacciata da gravi conflitti come quello in Siria e in Ucraina, causa di “intollerabili sofferenze” e spostamenti massici di popolazioni. 

L’incontro ispiri un rinnovato impegno per la pace
Di qui l’auspicio del Consiglio mondiale delle Chiese “che l’incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill possa ispirare un rinnovato impegno ed azione da parte delle Chiese, delle società , dei governi e della comunità internazionale ad accogliere lo straniero nel bisogno, a risolvere i conflitti e a portare pace, giustizia, dignità umana e diritti a tutti. In particolare - conclude il pastore Tveit - preghiamo che esso possa rafforzare i deboli segnali di speranza per la fine dello spaventoso conflitto in Siria e delle sofferenze del popolo siriano”. (L.Z.)

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Nigeria: Boko Haram attacca due villaggi, 30 morti

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È di almeno trenta morti il bilancio di due distinti raid perpetrati dai miliziani di Boko Haram nel Nord-Est della Nigeria. Tra venerdì sera e sabato mattina, il gruppo islamista ha attaccato i villaggi di Yakhari e Kachifa, saccheggiando case e negozi e massacrando i residenti. Solo pochi giorni prima due bambine kamikaze avevano ucciso oltre 60 persone in un campo profughi. Boko Haram, che ha promesso fedeltà al sedicente Stato Islamico e mira ad imporre un califfato in Africa, ricorre sempre più spesso ad attacchi suicidi e attentati, che finora hanno provocato circa un milione e mezzo di sfollati, civili in fuga dalle aree del Nord-Est della Nigeria. Centinaia di migliaia di persone sono poi fuggite in Ciad, Niger e Camerun. Paesi in cui i jihadisti nigeriani stanno estendendo il proprio campo d’azione. (M.G.)

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Afghanistan: aumentano vittime civili, un quarto sono minori

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Il numero di civili rimasti uccisi o feriti nel corso del 2015 in Afghanistan è stato il più alto dal 2009. È quanto emerge da un rapporto Onu, che riferisce di oltre 11mila vittime, di cui 3542 morti e 7.457 feriti, un quarto delle quali sono minori. Il documento, preparato dalla Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) in collaborazione con l'Ufficio per i Diritti umani dell'Onu, mostra che l'aumento dei combattimenti terrestri nei centri urbani, insieme all'azione dei kamikaze, è stato nel 2015 la causa principale delle vittime e dei feriti collegati al conflitto.

Per quanto riguarda le responsabilità delle vittime, il Rapporto sostiene che il 62% di esse va a "elementi anti-governativi" (ma con -10% rispetto all'anno precedente), il 17% alle differenti forze filo-governative (in aumento rispetto al passato), mentre un altro 17% riguarda vittime di cui non è
stato possibile attribuire la responsabilità. Il restante 4%, infine, è dovuto allo scoppio di residui bellici. (M.G.)

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Irlanda, nota dei vescovi in vista delle elezioni del 26 febbraio

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Il dramma dell’aborto, l’aggravarsi della povertà e l’accoglienza dei rifugiati: questi i tre temi portanti della nota che mons. John Buckley, vescovo di Cork e Ross, in Irlanda, ha diffuso in vista delle elezioni legislative, in programma nel Paese il prossimo 26 febbraio. “Le prossime votazioni rappresentano un momento importante nella storia irlandese – scrive il presule – Abbiamo la responsabilità di utilizzare saggiamente il nostro voto” perché i politici eletti “forniscono un servizio vitale per la comunità”. Quindi, mons. Buckley si sofferma sulle criticità attuali della società irlandese, a causa delle quali hanno sofferto soprattutto “le persone vulnerabili”.

Ridurre le imposte, risolvere emergenza abitativa e disoccupazione
Di qui, l’auspicio che il nuovo governo attui “una riduzione delle imposte o un aumento dei finanziamenti per i servi primari, come la sanità e la sicurezza”. Un altro grave problema riguarda l’emergenza abitativa, che il vescovo di Cork definisce “uno scandalo”, soprattutto quando colpisce i bambini: “In questo momento, abbiamo più senzatetto che in qualsiasi altra fase della storia moderna – afferma il presule – Non vi è alcuna giustificazione morale per la mancanza di alloggi, servono investimenti”. Non solo: il presule sottolinea come i nuovi poveri di oggi siano coloro che in passato facevano beneficenza, mentre la disoccupazione porta sempre più persone ad abbandonare il Paese. Negli ultimi sei anni, ad esempio, oltre 200mila irlandesi sono migrati altrove.

Affrontare con urgenza la questione dei rifugiati
Un’altra pagina amara della realtà nazionale è rappresentata dalla crisi del sistema sanitario, sempre più sovraffollato, sotto organico, in cui pazienti e malati cronici sono costretti a lunghe attese. “Questo nega la dignità della persona umana”, denuncia mons. Buckley che poi rivolge il pensiero all’emergenza dei rifugiati, ricordando che molti di essi hanno sperimentato “grandi privazioni, violenze, sofferenze”, ma invitandoli – al contempo – a “rispettare i valori, le legge e le tradizioni dei Paesi ospitanti”. Un appello viene rivolto anche all’Europa affinché affronti la questione “con urgenza”, ma nel rispetto delle procedure.  

Tutelare la vita fin dal concepimento. No all’aborto
Di qui, lo sguardo del presule si allarga alla difesa della dignità umana in ogni campo, incluso quello relativo alla vita nascente. “È probabile – scrive mons. Buckley-  che ci saranno pressioni per abrogare l’ottavo emendamento della Costituzione” che, in Irlanda, proibisce l’aborto. I promotori dell’abrogazione, spiega il presule, faranno riferimento ad “anomalie fetali fatali”. Ma in realtà “la parola ‘fatale’ è fuorviante, perché non vi alcuna prova scientifica che permetta di prevedere, con certezza, la durata della vita di un bambino prima della sua nascita”.

Guardare al bene comune del Paese
Di qui, il richiamo alla tutela della “dignità di ogni individuo, compreso il bambino nel grembo materno” e la condanna di espressioni come “incompatibile con la vita” le quali, per giustificare l’aborto, implicano che “la vita di un bambino è inutile”. “Il 26 febbraio – conclude il presule – ci troveremo di fronte alla possibilità di modellare il tipo di società che vogliamo”. Per questo, gli irlandesi sono esortati a considerare “non solo le proprie esigenze, ma il bene comune” di tutta la società. (I.P.)

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Sud Sudan. Appello vescovi: giornalisti lavorino per unità Paese

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Un appello al governo del Sud Sudan affinché assicuri ai mass-media la possibilità di operare per la riconciliazione nazionale, garantendo loro la libertà di informare i cittadini per far crescere il Paese: a lanciarlo è stato, nei giorni scorsi, il vescovo ausiliare di Juba, mons. Santo Loku Pio. Il presule è intervenuto alle celebrazioni del decimo anniversario dell’emittente locale “Radio Bakhita”, svoltesi nella parrocchia cittadina di San Giuseppe.

Riconoscere l’importanza e la dignità di ogni persona
Nel suo discorso, in particolare, mons. Loku Pio ha sottolineato la necessità di insegnare ai cittadini a riconoscere l’importanza e la dignità dell’essere umano, compito al quale sono chiamati proprio i giornalisti, esortati dal presule a lottare contro il tribalismo ed il nepotismo presenti nel Paese. “Radio Bakhita” è la prima stazione radiofonica della Rete Cattolica del Sudan. Il suo segnale copre un raggio di circa 30 km, con un’audience di circa mezzo milione di ascoltatori.

“Radio Bakhita” compie 10 anni
Gestita dai missionari Comboniani, l’emittente ha iniziato a testare il suo segnale il 24 dicembre 2006, mentre le trasmissioni regolari sono state avviate l'8 febbraio 2007. Fedele al suo motto, “Fornire un forum per i cittadini di Juba e delle aree circostanti per esprimere se stessi come persone e come Chiesa”, Radio Bakhita offre una varietà di programmi rivolti ai giovani, alle donne e ai bambini per promuovere la riconciliazione e guarire dalle ferite della guerra che per anni ha insanguinato la nazione.

Agosto 2014, periodo difficile
Intitolata a Santa Giuseppina Bakhita, la schiava sudanese divenuta religiosa canossiana, ad agosto 2014 l’emittente era stata chiusa dalle autorità per la sicurezza nazionale, dopo essersi occupata di notizie politiche del Paese, per mesi sconvolto da violenti scontri tra truppe fedeli al capo di Stato Salva Kiir e forze vicine all’ex presidente Riek Machar. Le trasmissioni sono poi riprese a novembre dello stesso anno. (I.P.)

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Chiesa polacca lancia iniziativa quaresimale via Twitter

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Esercizi spirituali su Twitter: questa la nuova iniziativa dei vescovi polacchi, lanciata in occasione della Quaresima. Dal 12 febbraio, infatti, ogni venerdì vengono lanciati specifici Tweet con l’hashtag dedicato, di volta in volta, ai singoli sacramenti. L’iniziativa – riferisce l’agenzia Sir – è promossa in occasione del 1050.mo anniversario del cristianesimo in Polonia e “costituisce l’occasione per riscoprire i sette sacramenti della Chiesa cattolica, a partire dal Battesimo,” rileva il portavoce dell’episcopato, don Pawel Rytel-Andrianik.

Preghiere per i missionari ed iniziative ecumeniche per le famiglie
Oltre a questo progetto, in Polonia sono state avviate numerose iniziative in preparazione alla Pasqua, soprattutto in concomitanza con il Giubileo straordinario della misericordia. Tra queste, c’è la lettura della “Dives in misericordia”, l’Enciclica di San Giovanni Paolo II, promossa dal movimento “Luce-vita”. Su scala nazionale, inoltre, si segnala la campagna “Un missionario per la Quaresima” che si propone di moltiplicare le preghiere a sostegno dei 2.085 missionari polacchi che lavorano in oltre 150 Paesi del mondo. Fino a Pasqua, poi, la Caritas polacca, insieme all’analoga organizzazione della Chiesa ortodossa “Eleos” e alla Chiesa evangelica, promuove un’iniziativa a carattere ecumenico rivolta alle famiglie: offrire aiuto ad anziani e malati, facendo qualche piccola rinuncia nella vita quotidiana.(I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 45

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.