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Sommario del 06/02/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: Padre Pio, "carezza" della misericordia di Dio per tutti

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Il mondo “ha bisogno come il pane” della misericordia di Dio, quella misericordia di cui San Pio da Pietrelcina fu un tale “servitore” da diventare per milioni di persone una “carezza vivente del Padre”. Lo ha affermato Papa Francesco alle decine di migliaia di persone appartenenti ai gruppi di preghiera di Padre Pio, giunte da molte parti del mondo all’udienza in Piazza San Pietro. Siate, ha detto loro Francesco, delle “centrali di misericordia” che provvedano “l’energia dell’amore” alla Chiesa e al mondo. Il servizio di Alessandro De Carolis

Non ha girato il mondo, perché per lui il mondo aveva le dimensioni di un confessionale e perché era il mondo che girava e continua a girare attorno a lui, a quasi 50 anni dalla sua morte, per gustare l’impagabile gioia di sentire la propria anima riappacificata con Dio. Perché lui, di Dio, era la “carezza”.

Il profumo del perdono
Il Papa trova una espressione dolcissima, e in piena sintonia con il Giubileo, per ridire ciò che di San Pio da Pietrelcina si conosce anche dove spesso non si sa nient’altro della Chiesa. Davanti a Francesco si para una Piazza San Pietro affollata da 80 mila devoti del frate cappuccino provenienti da mille posti. Fra loro il Papa gira a lungo in papamobile prima di salire sul sagrato e porre in risalto il perché del grande amore che attornia Padre Pio. Vi ha aiutato, afferma, a scoprire e sperimentare “la bellezza del perdono”, una “scienza – dice – che dobbiamo imparare tutti i giorni”:

“Possiamo proprio dire che Padre Pio è stato un servitore della misericordia. Lo è stato a tempo pieno, praticando, talvolta fino allo sfinimento, ‘l’apostolato dell’ascolto’. E’ diventato, attraverso il ministero della Confessione, una carezza vivente del Padre, che guarisce le ferite del peccato e rinfranca il cuore con la pace. San Pio non si è mai stancato di accogliere le persone e di ascoltarle, di spendere tempo e forze per diffondere il profumo del perdono del Signore”.

Chi prega non fa affari
La forza per vivere quel suo ministero speciale, ricorda il Papa, Padre Pio la traeva da una intensissima vita interiore, contagiosa al punto tale da suscitare quei “gruppi di preghiera” che il frate amava chiamare “vivai di fede”, “focolai d’amore”. Perché “la preghiera – ribadisce Francesco citando Padre Pio – è forza che muove il mondo”:

“La preghiera, allora, non è una buona pratica per mettersi un po’ di pace nel cuore; e nemmeno un mezzo devoto per ottenere da Dio quel che ci serve. Se fosse così, sarebbe mossa da un sottile egoismo. 'Ma io prego per star bene, come se prendessi un’aspirina': no, non è così. Io prego per ottenere questo: ma questo è fare un affare. Non è così. La preghiera è un’altra cosa. E’ un’altra cosa. La preghiera, invece, è un’opera di misericordia spirituale, che vuole portare tutto al cuore di Dio”.

La preghiera fa miracoli
Francesco trova altre espressioni per incidere a fondo in chi lo ascolta la potenza della preghiera. È “una chiave che apre il cuore di Dio”, una “chiave facile”, “comune”, perché – sostiene – “il cuore di Dio non è blindato con tanti mezzi di sicurezza”, perché, semplicemente, è “un cuore di padre”. E dunque…

“… i gruppi di preghiera siano delle 'centrali di misericordia': centrali sempre aperte e attive, che con la potenza umile della preghiera provvedano la luce di Dio al mondo e l’energia dell’amore alla Chiesa. (…) Siate sempre apostoli gioiosi della preghiera! La preghiera fa dei miracoli. L’Apostolato della preghiera fa miracoli”.

Accanto ai malati
Se i gruppi di preghiera di Padre Pio sono la misericordia spirituale fatta persona, la “Casa Sollievo della Sofferenza” – polo sanitario di eccellenza non solo pugliese – da 60 anni incarna l’opera di misericordia corporale, che Francesco definisce “straordinaria” per effetto del preciso approccio ai malati che indusse Padre Pio a volere un ospedale:

“Curare la malattia, ma prendersi cura del malato. Può succedere che, mentre si medicano le ferite del corpo, si aggravino le ferite dell’anima, che sono più lente e spesso difficili da sanare. Anche i moribondi, a volte apparentemente incoscienti, partecipano alla preghiera fatta con fede vicino a loro, e si affidano a Dio”.

“Voglio venire da Padre Pio”
E questa considerazione riporta alla mente del Papa il ricordo di un suo amico prete, costretto in coma da molto tempo. Un doloroso stato di incoscienza e un nodo complesso dal punto di vista medico, che un giorno si sciolse grazie all’intervento di un altro sacerdote che riuscì a comunicare col malato invitandolo ad affidarsi serenamente a Dio:

“Tanta gente ha bisogno, tanti malati che si litigano parole, che si diano carezze, che diano loro forza per portare avanti la malattia o andare all’incontro con il Signore: hanno bisogno di essere aiutati a fidarsi del Signore. Sono tanto grato a voi e a quanti servono gli ammalati con competenza, amore e fede viva”.

Le ultime parole di Francesco sono un saluto che si trasforma in un invito. “Chiunque venga nella vostra bella terra” – e “io - dice - ho voglia di andarci – possa “trovare anche in voi un riflesso della luce del Cielo”.

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Migliaia di fedeli in San Pietro per Padre Pio e Leopoldo Mandić

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I tantissimi fedeli presenti oggi in Piazza San Pietro hanno accolto ieri pomeriggio le spoglie di Padre Pio e San Leopoldo Mandić, giunte in Vaticano con una lunga processione partita dalla Chiesa di San Salvatore in Lauro. Ad accogliere le reliquie il cardinale arciprete Angelo Comastri. Le due teche, poste davanti all'Altare della Confessione,rimarranno nella Basilica di San Pietro fino al prossimo 11 febbraio. Il servizio di Marina Tomarro: 

Decine di migliaia i fedeli accorsi su Via della Conciliazione per attendere il passaggio delle reliquie di San Pio da Pietrelcina e San Leopoldo Mandić, entrambi confessori e scelti dal Papa come figure di riferimento per questo Giubileo della Misericordia: partite dalla Chiesa di San Salvatore in Lauro sono giunte in una lunga processione, fino alla  Basilica San Pietro. Grande la gioia tra la gente. Ascoltiamo le loro emozioni:

R. - È un incontro d’amore che già San Pio e San Leopoldo hanno fatto. Più che l’uomo che si avvicina a Dio, è Dio che si avvicina all’uomo, questa è la cosa importante. Questo è l’atto di misericordia; questa profondità d’amore che Dio ha per noi e che in questo momento intenso di spiritualità ci porta in questo cammino di misericordia e di conversione.

R. – Oggi per noi è un gran giorno di festa. Padre Pio è stato molto significativo nella nostra vita; è lui che piano piano ci ha portato ad amare Gesù.

D. – Da dove venite?

R. – Siamo di Catania.

D. – Cosa vuol dire per voi essere qui oggi?

R. – Appena abbiamo avuto la notizia che c’era Padre Pio non abbiamo esitato un attimo ad essere presenti qui per condividere questo momento di preghiera.

D. – Tu sei molto giovane. Quale messaggio ti arriva da questo frate?

R. – Sicuramente un messaggio di grandissima misericordia che lui ha sempre trasmesso nella sua vita. Questo è quello che ci trasmette.

R. – Padre Pio e Padre Leopoldo in questi giorni sono le figure importanti per il Giubileo perché sono stati dei bravi confessori durante la loro vita. In questi giorni sono qui Roma anche per celebrare il Giubileo con tutto il popolo credente che è venuto per pregare insieme questi grandi santi della Chiesa.

D. – Signora, da dove viene?

R. – Dalla provincia di Sassari.

D. – Perché siete venuti qui?

R. – Noi siamo devoti, siamo del Gruppo di preghiera di Padre Pio, il nostro santo protettore e non potevamo non venire!

D. – Il cardinale Comastri ha ricordato che San Pio e San Leopoldo non hanno operato solo sulla terra ma continuano ad operare in cielo …

R. – Penso che stanno operando molto più ora di quando erano sulla terra, perché come diceva padre Pio: “Farò più rumore da morto che da vivo”. Penso che con tutta questa gente presente, da quando è partito da San Giovanni  Rotondo, si è sentito anche lungo la strada questo rumore!

A dare loro il benvenuto c’era il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa. Ascoltiamo le sue parole:

“I Santi in Paradiso non possono dormire, ma ci seguono, ci accompagnano, ci difendono, ci aiutano nel cammino della nostra continua conversione e ci aspettano nella festa dei santi: nella festa del pieno compimento delle Beatitudini. Come è consolante questo pensiero! E in questo momento, Padre Pio e Padre Leopoldo ci parlano attraverso la loro vita. Essi hanno vissuto pienamente le Beatitudini e ci indicano la strada per sperimentarle anche noi”.

Il porporato ha quindi sottolineato il grande cuore misericordioso dei due santi che trascorrevano giorni interi al confessionale senza lamentarsi mai:

“Padre Pio e Padre Leopoldo hanno lasciato passare un fiume di Misericordia nelle loro mani restando anche 16 e più ore al giorno nel Confessionale. È impressionante questo fatto. Quante persone hanno ritrovato la Grazia di Dio per mezzo di loro! Quanti hanno ritrovato la pace! Quanti hanno ritrovato la fede e la gioia di credere in Gesù! Questi giorni, benedetti dalla loro presenza tra noi, siano occasione propizia per ritornare al Signore e per ritrovare il  fervore della fede e l'entusiasmo missionario che ha caratterizzato tutta la vita di questi due santi, che sulle orme di San Francesco hanno seguito fedelmente Gesù”.

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Francesco: Terra è di tutti, gestire economia in modo diverso

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Prendiamoci “cura della creazione, perché l’abbiamo ricevuta come dono da coltivare e proteggere per le generazioni future”: è la “richiesta speciale” rivolta da Papa Francesco in un videomessaggio con una meditazione sulla sua intenzione universale di preghiera per il mese di febbraio. Il servizio di Sergio Centofanti

Il videomessaggio mostra scenari naturali suggestivi e immagini di inquinamento, bimbi che giocano sulla riva del mare e onde che portano sporcizia, un ragazzo in bicicletta in una cittadina verde e un altro con la mascherina in mezzo alle macchine e allo smog, volti di uomini e donne di tutte le razze che accarezzano il grano, un giovane che getta un bicchiere di plastica in un cestino della spazzatura in strada, altri che guardano il sole che splende sull’orizzonte.

“Creyentes y no creyentes estamos de acuerdo...”
“Credenti e non credenti - afferma il Papa nel videomessaggio - siamo tutti d'accordo che la terra è un patrimonio comune, i cui frutti dovrebbero essere beneficio di tutti”. Tuttavia, oggi, “la relazione tra la povertà e la fragilità del pianeta richiede un altro modo di gestire l’economia e il progresso, immaginando un nuovo stile di vita”.

“Necesitamos una conversión que nos una a todos...”
“Abbiamo bisogno di un conversione che ci unisca tutti” – prosegue il Papa – abbiamo bisogno di essere “liberi dalla schiavitù del consumismo” per prenderci “cura della nostra casa comune”.

Il videomessaggio, letto in spagnolo e tradotto in 10 lingue, è una nuova iniziativa promossa, a partire da questo gennaio, dall’Apostolato della Preghiera.

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Incontro Papa-Kirill. Padre Destivelle: nuova pagina di storia

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Ha avuto una risonanza mondiale l’annuncio dello storico incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Russia il prossimo 12 febbraio a Cuba. Un evento di straordinaria importanza di cui ci parla il padre domenicano Hyacinthe Destivelle, responsabile della sezione orientale del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, al microfono di Hélène Destombes:

R. - C’est une rencontre qui est désirée et préparée depuis très longtemps ; il y avait des projets …
E’ un incontro desiderato e preparato da molto, molto tempo; i progetti c’erano da 25 anni, ma non sono mai andati in porto. Negli ultimi anni, le relazioni si sono molto intensificate, in particolare a partire dal Pontificato di Papa Francesco. Il Patriarca Kirill aveva manifestato da tempo il desiderio di incontrare Papa Francesco, quasi fin dalla sua elezione; il metropolita Hilarion ha dato un forte contributo alla realizzazione di questo progetto: l’anno scorso, è venuto in Vaticano a più riprese …

D. – Un lavoro al quale ha contribuito anche Papa Benedetto XVI, creando soprattutto un’atmosfera di fiducia …

R. – Oui, tout à fait … malheureusement, le projet n’a pas pu se réaliser lors du pontificat du Pape Benoît.
Sì, è vero. Purtroppo, questo progetto non si è potuto realizzare durante il Pontificato di Papa Benedetto. Quello che aveva impedito l’incontro finora era un certo timore da parte del Patriarcato di Mosca, il timore del “proselitismo” cattolico in Russia, il timore anche di quello che chiamano “il metodo dell’uniatismo” , in particolare in Ucraina. Credo che questi timori siano stati superati e che gli ortodossi russi si rendano conto che da parte della Chiesa cattolica non c’è alcuna intenzione di fare proselitismo in Russia e che altrettanto non c’è alcun desiderio di riprendere il “metodo dell’uniatismo”, che consiste nel ri-annettere alcune parti della Chiesa ortodossa alla Chiesa cattolica. Attualmente, la Chiesa cattolica promuove un metodo diverso per raggiungere l’unità, che è quello ecumenico, un metodo cioè che non consiste nel riannettere una parte della Chiesa ortodossa alla Chiesa cattolica, ma che prevede un cammino che vogliamo fare insieme, un cammino di fratellanza, di collaborazione in diversi ambiti, un percorso di dialogo teologico e anche di carità, quello che chiamiamo il “dialogo della carità” … Tutto questo dovrà contribuire a riavvicinarci, gli uni con gli altri. Credo che lo scopo di tutto questo movimento ecumenico, di questo processo di unità è quello di riuscire, un giorno, cattolici e ortodossi, a fare la Comunione dallo stesso Corpo e Sangue di Cristo: questo è quello che conta.

D. – Si può parlare di “normalizzazione delle relazioni”? Di una nuova pagina che si apre nei rapporti tra le due Chiese?

R. – Je pense qu’on peut tout à fait parler, oui, d’une nouvelle phase: c’est à la fois un point d’arrivée …
Penso che si possa parlare in effetti di una nuova fase: questo evento è un punto d’arrivo, perché ci sono voluti molti anni per completare questo progetto; ma è al contempo anche un punto di partenza nei rapporti, nella misura in cui da adesso possiamo avere rapporti normali e fondati sulla fiducia. L’approccio di Papa Francesco è nella promozione di una cultura dell’incontro, e questo incontro sarà un momento particolarmente importante nel Pontificato di Papa Francesco: la Chiesa ortodossa russa infatti è una Chiesa molto importante nel mondo cristiano. E’ una delle Chiese più grandi, nella Chiesa ortodossa è al quinto posto, considerando che il “primus inter pares” nell’ortodossia – il Patriarcato Ecumenico, e quindi attualmente il Patriarca Bartolomeo, Patriarca di Costantinopoli, gode del primato d’onore nel plenum delle Chiese ortodosse; sicuramente la Santa Sede ha un legame particolare con il Patriarcato Ecumenico che – mi sembra – non possa essere paragonato ad alcun altro rapporto con le altre Chiese ortodosse. Detto questo, il Patriarcato di Mosca per il numero di fedeli rappresenta una questione di particolare importanza per quanto riguarda le relazioni ecumeniche, perché raggruppa quasi due terzi del mondo ortodosso.

D. – In occasione dell’incontro del 12 febbraio è prevista la firma di una Dichiarazione comune: cosa dobbiamo aspettarci?

R. – C’est une Déclaration commune qui vraisemblablement reprendra les thèmes qui sont …
E’ una Dichiarazione comune che verosimilmente riprenderà i temi particolarmente cari al dialogo cattolico-ortodosso in generale. Non è una Dichiarazione che si incentra su un aspetto teologico in particolare; non è una Dichiarazione che apre a prospettive teologiche particolari, perché il dialogo teologico si svolge nell’ambito della Commissione internazionale del dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme. Nella Dichiarazione si parla degli ambiti di collaborazione e di dialogo che non hanno carattere teologico ma che pure sono molto importanti per il riavvicinamento delle Chiese: la questione della persecuzione dei cristiani in Medio Oriente, la questione della famiglia, la questione della secolarizzazione, del ruolo che i cristiani possono ricoprire nelle società secolarizzate; la questione dei giovani, della vita in termini generali … tutti questi aspetti sono particolarmente importanti, soprattutto nel dialogo con la Chiesa ortodossa russa.

D. – Oggi c’è una reale sfida: parlare e lavorare insieme, a una sola voce …

R. – Oui. Toute l’idée de cette rencontre et sans doute de la Déclaration également, c’est que …
Sì, il concetto di fondo di questo incontro e sicuramente anche della Dichiarazione è di affermare che non siamo “concorrenti”, ma “fratelli”, in particolare fratelli dei nostri fratelli ortodossi con i quali condividiamo la medesima successione apostolica, la stessa concezione di Chiesa, la stessa concezione dei Sacramenti: noi riconosciamo tutti i Sacramenti ortodossi e gli ortodossi riconoscono a loro volta tutti i Sacramenti cattolici. Per questo, abbiamo grande interesse a lavorare insieme per testimoniare insieme il Cristo. Ecco, alla fine, lo scopo di questo incontro tra il Patriarca e Papa Francesco: testimoniare insieme il cristianesimo nel mondo di oggi.

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Nomine episcopali in Costa Rica e Sud Africa

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

In Costa Rica, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Tilarán-Liberia, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Vittorino Girardi Stellin, dei Missionari comboniani. Al suo posto, il Papa ha nominato il sacerdote Manuel Eugenio Salazar Mora, del clero dell’arcidiocesi di San José de Costa Rica, finora parroco della Parrocchia “San Jerónimo” in Moravia. Il neo presule è nato a Guadalupe, arcidiocesi di San José de Costa Rica, il 9 ottobre 1958. Ha compiuto gli studi di Filosofia e di Teologia presso il Seminario Maggiore Nazionale di Costa Rica. Ha ottennuto la Licenza in Teologia Fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 4 dicembre 1982, incardinandosi nell’arcidiocesi di San José de Costa Rica. Ha svolto successivamente i seguenti incarichi: Vicario Parrocchiale della Parrocchia “San Juan” in Tibás, Amministratore parrocchiale della Parrocchia “San Ramón Nonato”, Direttore del Dipartimento per l’Educazione Religiosa della Conferenza Episcopale, Direttore del Seminario Introduttorio, Rettore del Seminario Maggiore Nazionale, Vicario Episcopale arcidiocesano per la Pastorale profetica, Rettore del Santuario Nazionale “Sagrado Corazón de Jesús”, Parroco della Parrocchia “Medalla Milagrosa” a San José e, dal 2014, Parroco della Parrocchia “San Jerónimo” in Moravia.

In Sud Africa, il Pontefice ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Johannesburgil sacerdote Duncan Theodore Tsoke, vicario generale della medesima arcidiocesi e parroco. Gli è stata assegnata la sede titolare vescovile di Orreacelia. Mons. Tsoke, è nato il 15 aprile 1964,  a Daveyton, arcidiocesi di Johannesburg.  Ha studiato Filosofia nel Seminario Maggiore di Hammanskraal in Pretoria (1988-1990) e Teologia nel Seminario Maggiore Nazionale di St. John Marie Vianney (1991-1994). Ha anche conseguito un Diploma in Gestione dei Beni Ecclesiastici (2010) a Nairobi, in Kenya. È stato ordinato sacerdote il 2 dicembre 1995, per l’Arcidiocesi di Johannesburg. Successivamente ha svolto gli incarichi: 1995-1999 Vicario parrocchiale di St. Francis of Assisi di Yeoville, in Johannesburg,  e responsabile della pastorale giovanile; 1999-2000: Formatore e docente di Spiritualità presso il Seminario di St. Peter di Garsfontein, Pretoria; 2000-2009: Vicario Episcopale per l’Evangelizzazione, Assistente Vicario per la pastorale vocazionale e, nel contempo, Parroco di St. Albert in Vosloorus e della Sacra Famiglia in Ponong, Johannesburg (2000-2004),   Amministratore parrocchiale di St. Anthony Pucci (2006-2007); dal 2009:         Vicario generale dell’Arcidiocesi di Johannesburg e Parroco della Sacra Famiglia a Turffontein.

Papa Francesco ha nominato membri della Congregazione delle Cause dei Santi gli Eccellentissimi mons. Giorgio Corbellini, presidente dell'Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica, e mons. Guido Pozzo, segretario della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei".

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Il card. Parolin: il celibato sacerdotale è un dono che dà libertà

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Il celibato sacerdotale è una vocazione, un dono di Dio, ed è particolarmente conveniente per la missione della Chiesa. Lo ha affermato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, concludendo il Convegno iniziato giovedì scorso alla Pontificia Università Gregoriana, sul tema “Il celibato sacerdotale, un cammino di libertà”. Una sintesi del suo intervento nel servizio di Adriana Masotti

Una scelta non sempre compresa quella del celibato per quanto riguarda la vita sacerdotale, anzi spesso criticata anche a motivo dell’attuale calo del numero delle ordinazioni.

Un cammino di libertà
Il cardinale Parolin sottolinea che ogni discepolo avanza sempre nell’incontro con Dio non dando nulla per conquistato “una volta per sempre”. Così’ il sacerdote è in cammino e ogni giorno deve rinnovare l’offerta della propria vita a Cristo e alla Chiesa, vigilando su se stesso. E la libera quotidiana offerta di sé, rinnovata nella preghiera permette al contempo una crescita e una maturazione di tutta la persona. Cristo, afferma il porporato, chiede uomini liberi, interiormente sereni, con una struttura personale equilibrata e matura, consapevoli delle esigenze della chiamata e liberamente disponibili, con l’aiuto della Grazia, a viverle pienamente. Solo un uomo libero può essere anche serenamente celibe e, dunque, il celibato è un cammino di libertà che dura tutta la vita.

Il mistero del prete: uomo configurato a Cristo
Il celibato è poi in stretta relazione con l’identità presbiterale stessa. Il sacerdote infatti è “un uomo configurato a Cristo” e la sua identità, continua il cardinale, è il suo “non appartenersi”. Il prete, insomma, è prete solo nella misura in cui la sua vita è totalmente rivolta a Colui che lo chiama. Come Cristo il sacerdote è per servire i fratelli, come Cristo è segno dell’amore totale e verso la sua sposa, la Chiesa. Lungi dall’essere una rinuncia o una separazione dall’umanità, il celibato al contrario manifesta il profondo legame tra il prete e il popolo.

Il celibato, vocazione per la missione, va scoperta, accolta e custodita
La vocazione al celibato, afferma il segretario di Stato, non è contraria ai desideri di felicità e di pienezza e può essere accolta solo in un rapporto con il Maestro. Il celibato infatti è richiesto da una norma disciplinare, ma questa norma ha un fondamento vocazionale. Non si dà la propria vita per rispettare una regola, ma per offrirla a una persona, a Dio stesso, e così farne un dono per tutti gli uomini, per la Chiesa e per il mondo. Per il sacerdote che l’ha accolta, la vocazione al celibato, nell’equilibrio e nella disciplina degli affetti, si alimenta nella vita quotidiana attraverso una serie di relazioni: con il Signore, con i propri cari – i confratelli, i famigliari e gli altri amici – nonché con i fedeli, affidati in ragione del ministero.

La “speciale convenienza” del celibato per la missione apostolica
Il cardinale Parolin spiega che la Chiesa Latina continua, nonostante tutte le difficoltà e le obiezioni sollevate lungo i secoli, a ritenere conveniente fare la  scelta di conferire l'ordine presbiterale solo a uomini che diano prova di essere chiamati da Dio al dono della castità nel celibato assoluto e perpetuo”. E ne spiega le ragioni: nel celibato il sacerdote è libero per amare tutti in Cristo. Il celibato costituisce per il sacerdote l’opportunità di farsi carico, in profondità e verità di volta in volta delle persone e delle situazioni che incontra in ragione del suo ministero. Il suo amore poi è libero, perché non contiene il desiderio di possesso. Per la sua vita e la sua missione, conclude il cardinale, il celibato è un “viaggiare leggeri” per arrivare a tutti, portando solo l’amore di Dio.

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Turkson in Iran: differenze tra religioni sono ricchezza per pace

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Il saluto del Papa e l’importanza delle religioni per la pace e la custodia del creato, nella ricerca del bene comune. Questi i cardini dell’intervento del cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, alla Conferenza sul ruolo delle religioni nel raggiungimento della pace e della giustizia nel mondo. L’evento si svolge oggi a Qom, in Iran, presso il Centro Studi di Giurisprudenza di Aemer Athar. Il servizio di Giada Aquilino

Dialogo tra le religioni
La maggior parte degli abitanti del Pianeta dichiara di essere credente: “questo dovrebbe spingere le religioni ad entrare in un dialogo tra loro” per orientarsi alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità. È partito da una citazione dell’Enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco l’intervento del cardinale Peter Turkson nella città santa iraniana di Qom, patria dello sciismo.

Nuove speranze da incontro tra il Papa e il presidente Rouhani
Il porporato ha salutato, a nome del Pontefice, i partecipanti alla Conferenza, ricordando il recente incontro in Vaticano tra Francesco e il presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Hassan Rouhani, che ha generato “nuove speranze” - ha sottolineato - nei cuori di molti in tutto il mondo: nell’occasione sono state messe in risalto proprio “l’importanza del dialogo interreligioso e la responsabilità delle comunità religiose” nella promozione della riconciliazione, della tolleranza e della pace.

Cura della nostra casa comune
Il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e pace ha evidenziato l’importanza della “creazione” per le tre grandi religioni monoteiste, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam: oggi, ha spiegato, “un chiaro caso dell’applicazione dei principi della religione rilevata per la pace e la giustizia nel mondo è come ci prendiamo cura della nostra casa comune globale”. Non solo nel giugno scorso c’è stata la pubblicazione della “Laudato si’”, ma nel corso dell’estate diverse istituzioni ed esponenti del mondo musulmano si sono riuniti ed hanno elaborato in agosto un importante documento sulle sfide urgenti poste dal cambiamento climatico: la Dichiarazione islamica sul cambiamento climatico globale, ha aggiunto il cardinale Turkson, è qualcosa che i cattolici di ogni parte del mondo “possono accogliere e sostenere”.

Voce musulmana è grande risorsa strategica
La diffusione geografica dell’islam è vasta, ha osservato: include i principali Paesi produttori di petrolio, ma anche alcuni degli Stati più vulnerabili a causa degli effetti delle mutazioni del clima, come il Bangladesh o l’Indonesia. Non vi è dubbio, ha notato il porporato, che “l’aggiunta di una voce forte musulmana al coro di coloro che chiedono una risposta morale coerente ai problemi ecologici del mondo sarebbe una grande risorsa strategica”.

Nostre differenze sono ricchezza
L’auspicio finale del cardinale Turkson è stato che, come nel 1963, quando il mondo era sull’orlo di una guerra nucleare, Papa Giovanni XXIII scrisse l’Enciclica “Pacem in terris”, esortando tutte le persone di buona volontà a riflettere sull’esperienza della pace sulla terra nella vita della famiglia umana, così oggi possiamo ritrovarci insieme: “con la ricchezza delle nostre differenze e i nostri comuni principi morali e spirituali”, ha concluso, si possa “prosperare in un casa comune all’interno dell’‘ordine divino stabilito’”.

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Vaticano, Anno giudiziario: alto livello prevenzione riciclaggio

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Le recenti riforme nell’ordinamento vaticano volute da Papa Francesco e le attività svolte dagli organi giudiziari sono state, stamani, al centro della relazione del Promotore di Giustizia, l’avvocato Gian Piero Milano, per l’inaugurazione in Vaticano dell’Anno giudiziario 2016. Prima della relazione, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha celebrato la Santa Messa nella Cappella di Maria, Madre della Famiglia, nel Palazzo del Governatorato. Nella relazione non ci sono riferimenti alla vicenda dell’ex nunzio Józef Wesołowski, morto prima della celebrazione del processo, e alla fuga di notizie del cosiddetto caso “Vatileaks” perché il periodo dell’iter giudiziario, in questo caso, non corrisponde all’arco temporale preso in esame. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Nella relazione del Promotore di Giustizia, l’avvocato Gian Piero Milano, si ricorda che le riforme avviate da Papa Francesco incidono profondamente sulla vita interna dello Stato Vaticano, sulla sua attività normativa, giurisdizionale ed amministrativa. “Hanno effetto anche sul piano dei rapporti con gli altri ordinamenti, ai quali la Chiesa e le sue espressioni istituzionali possono offrire un contributo peculiare e significativo” per la soluzione di grandi problemi.

La giustizia non riguarda solo la singola persona ma l’intera comunità
La carità verso il prossimo, la pace, la cura del creato, la sollecitudine instancabile per l’eliminazione delle diseguaglianze – si sottolinea nella relazione - sono valori che interpellano anche gli operatori della giustizia, chiamati ad intervenire – come ha affermato Papa Francesco nel discorso rivolto ai membri del Consiglio Superiore della Magistratura italiana – “in presenza di una violazione della regola”. Non è solo un atto che riguarda la singola persona, ma la comunità nel suo insieme.

La giustizia nell’Anno Santo della Misericordia
L’inaugurazione dell’Anno giudiziario – l’87.mo del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano – cade nell’Anno Santo della Misericordia. Il ministero della misericordia e quello della giustizia, “che in un’ottica terrena possono apparire solo a tratti coniugabili”, sono legati da “una relazione di inclusione”. “La giustizia – come ha sottolineato il Santo Padre nella bolla Misericordiae Vultus – da sola non basta. Per questo Dio va oltre la giustizia con la misericordia e il perdono”.

Il diritto ecclesiale e le sue basi
Il sistema delle fonti del diritto vaticano – ricorda il Promotore di Giustizia - “individua nell’ordinamento canonico la prima fonte normativa”. Accanto a questo impianto operano poi le fonti principali: la legge fondamentale del 2000 e le leggi promulgate per lo Stato della Città del Vaticano dal Pontefice, dalla Pontificia Commissione. Per le materie in cui non provvedano le fonti principali, si osservano, in via suppletiva, le leggi emanate dallo Stato italiano, se applicabili nell’ordinamento vaticano.

Apportate varie riforme all’ordinamento vaticano
Con il Pontificato di Papa Francesco è iniziata una nuova fase legislativa: “la Santa Sede condivide le istanze più urgenti della comunità internazionale, in particolare la tutela dei mercati finanziari ed il contrasto al riciclaggio dei proventi di attività criminose e al finanziamento del terrorismo”. La Santa Sede e lo Stato della Città del Vaticano si sono anche “impegnati ad adottare una serie di misure di adeguamento e recezione di specifiche norme dell’Unione Europea”.

Adeguamento agli standard europei per materie economiche e finanziarie
Il processo di assimilazione delle regole europee in materia economico-finanziaria ha determinato “la graduale integrazione nell’ordinamento comunitario” e il “disancoramento” in tale materia dalla legislazione italiana. E’ quanto avvenuto, in modo emblematico, “per il reato di riciclaggio”. Con l’acquisizione degli assetti normativi di matrice comunitaria - si osserva nella relazione - i confini virtuali dello Stato Vaticano si sono dilatati da enclave d’Italia ad enclave d’Europa.

Modifiche in materia penale
L’adeguamento alla legislazione sovranazionale ha portato all’individuazione di nuove figure di reato: delitti contro la persona (discriminazione razziale, tratta di persone, tortura); delitti contro i minori (vendita di minori, induzione o gestione della prostituzione minorile, violenza sessuale, pedopornografia, arruolamento di minori); delitti contro l’umanità (genocidio e altri delitti contro la popolazione civile). A questi si aggiungono crimini di guerra e delitti legati al terrorismo e a sostanze stupefacenti.

Modifiche al codice di procedura penale
Modifiche radicali riguardano il rifiuto di assistenza giudiziaria che deve essere sempre motivato. “Può essere opposto laddove l’esecuzione della richiesta sia tale da arrecare pregiudizio alla sovranità, sicurezza, ordine pubblico o altri interessi fondamentali della Santa Sede o dello Stato”. Si specifica anche che “nei casi espressamente previsti dalle convenzioni internazionali ratificate, non potrà essere invocato il segreto bancario per respingere una domanda di assistenza giudiziaria”.

Riforme in materia finanziaria
L’azione di ammodernamento – scrive il Promotore di Giustizia - ha riguardato soprattutto “il settore della regolamentazione del sistema finanziario”. In questo ambito l’ordinamento vaticano è ormai alla pari con quello europeo. Sono state introdotte varie disposizioni “volte a tutelare e ad incrementare la trasparenza, l’integrità e la stabilità del mercato”. Il fulcro del sistema è costituito dalla “adeguata verifica” che devono svolgere gli operatori finanziari o professionali.

Alto livello nelle attività di vigilanza
E’ stato raggiunto “un alto livello di operatività” in politiche di prevenzione del riciclaggio e in altre attività di vigilanza. Nel corso del 2015 l’Autorità di informazione finanziaria (A.I.F.) ha ricevuto circa 350 segnalazioni di attività sospette. Significativo è stato anche lo scambio di  informazioni con istituzioni di altri Paesi. Tali segnalazioni hanno portato “ad una serie di provvedimenti di sequestro cautelare di somme per un valore complessivo superiore ad 11 milioni di euro”.

Il Consiglio per l’Economia e la Segreteria per l’Economia
Con il Motu proprio “Fidelis dispensator et prudens” del 24 febbraio del 2014 sono stati istituiti il Consiglio per l’Economia e la Segreteria per l’Economia. Il primo ha il compito “di vigilare sulle strutture e sulle attività amministrative e finanziarie dei dicasteri della Curia Romana, delle istituzioni collegate con la Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”. La seconda ha il compito di attuare “il controllo economico e la vigilanza sui medesimi enti e istituzioni”.

Verifiche internazionali sul sistema finanziario
Il processo di graduale applicazione della normativa internazionale – si sottolinea - ha portato anche a controlli e verifiche da parte di organismi europei. In questo quadro assume particolare rilevanza il controllo periodico effettuato da “Moneyval, Comitato di esperti del Consiglio d’Europa, per la valutazione delle misure di lotta al riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo”. Per quanto riguarda la Santa Sede, le verifiche condotte si sono concluse con esito positivo.

Moneyval raccomanda di intensificare le attività in ambito finanziario
Moneyval ha raccomandato l’Ufficio del Promotore di Giustizia di intensificare “le attività di prosecuzione giudiziale e quella, previa, di investigazione dei reati in materia finanziaria”. Nella relazione si ricorda che “se le risultanze probatorie appaiono fragili o comunque non convincenti oltre ogni ragionevole dubbio, esigenze di giustizia, oltre che di economia processuale, impongono che il procedimento si fermi alle soglie del dibattimento”.

Estremamente difficili gli accertamenti di reati finanziari
Un altro limite è costituito dal fatto che, sebbene l’ordinamento penale punisca tra l’altro la ricettazione e il riciclaggio in tutti i casi “è necessaria non solo la prova ma anche la dimostrazione della consapevolezza di tale provenienza”. Si tratta di accertamenti – ricorda il Promotore di Giustizia – estremamente difficili perché, nel caso dello Stato della Città del Vaticano, “richiedono quasi sempre la collaborazione di autorità giudiziarie straniere”. Si tratta infatti, quasi sempre, di cittadini non vaticani.

Rafforzare gli strumenti preventivi contro reati finanziari
E’ indubbio che nessun sistema potrà mai essere in grado “di annullare il rischio di infiltrazione di capitali illeciti se non sarà accompagnato da un adeguato meccanismo repressivo”. Proprio sotto il profilo della repressione – spiega il Promotore di Giustizia - il sistema ha un apparato cautelare e sanzionatorio efficaci che sta dando risultati concreti e apprezzati. Si tratta – si legge nella relazione – “solo di completare l’opera rafforzando gli strumenti di intervento preventivo”. 

Convenzione tra Santa Sede e Italia in materia fiscale
Per disciplinare la cooperazione in materia fiscale presso la Segreteria di Stato è stata sottoscritta, il primo aprile del 2015, la Convenzione tra Santa Sede e Repubblica italiana. Tale Convenzione consente “il pieno adempimento, con modalità semplificate, degli obblighi fiscali relativi alle attività finanziarie detenute presso enti che svolgono attività finanziaria nella Santa Sede da alcune persone fisiche e giuridiche fiscalmente residenti in Italia”.

Riforme degli organi giudiziari
Le riforme hanno riguardato anche l’ordinamento giudiziario. Sono state concesse, in particolare, “più ampie prerogative ai Tribunali vaticani”. I nuovi assetti, determinati dalle recenti riforme di Papa Francesco, assicurano “una interlocuzione e rapporti di cooperazione con altri ordinamenti, per una più efficace adozione di tutti gli strumenti giuridici e di prevenzione e contrasto sviluppati dalla comunità internazionale, a presidio del bene comune”.

Attività della Gendarmeria
Sono molteplici le attività svolte dalla Gendarmeria. Tra quelle legate alle recenti riforme – ricorda il Promotore di Giustizia - i controlli sul trasporto transfrontaliero di denaro contante hanno portato ad una media di 30 verifiche al giorno per un totale di 11 mila all’anno. Più in generale, nel corso del 2015 sono stati disposti 8 arresti e 53 fermi. Le denunce di furto sono state 58. Sono state elevate 88 contravvenzioni. Sono stati accertati 64 incidenti stradali. Sono inoltre stati 3 i tentativi di truffa.

Crimini informatici
Tra le attività della polizia giudiziaria rientrano le azioni di contrasto dei crimini informatici. Sono stati oscurati siti web con contenuti diffamatori dello Stato del Vaticano e della Santa Sede. Sono stati chiusi account di posta elettronica “per reati di truffa, ovvero di furto di identità virtuale”. In questa materia, in particolare, emerge “il ruolo strategico della cooperazione sia a livello interno sia soprattutto in ambito internazionale tra omologhe istituzioni operanti nei vari Stati”.

Le attività degli organi giudiziari
Nel corso dell’anno giudiziario – si legge infine nella relazione - si è registrato “un significativo incremento del carico giudiziale”. In particolare, il giudice unico, in materia civile, ha avviato una procedura “per constatazione e prelievo di documenti”. Ha inoltre apposto 250 vidimazioni sui registri matrimoniali, 112 sui registri di cittadinanza, 6 in quelli di residenza e 14 nei registri dei decessi. In sede penale, ha esaminato 2 segnalazioni di infortunio avvenuti nella Città del Vaticano.

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Commissione Protezione minori: periodo di aspettativa per Saunders

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La Commissione Pontificia per la Protezione dei minori, istituita da Papa Francesco nel 2014, nell’incontro di oggi ha discusso l’orientamento e gli scopi della Commissione stessa. Come risultato della discussione si è deciso – come riferisce un comunicato dell’organismo - che "il signor Peter Saunders prenderà un periodo di aspettativa dalla sua partecipazione come membro per riflettere come egli possa contribuire nel modo migliore al lavoro della Commissione".

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Abbiamo la chiave: ai pellegrini di padre Pio il Papa ricorda che la preghiera muove il mondo e apre il cuore di Dio.

Un modello da seguire: le reazioni all'annunciato incontro fra Papa Francesco e il patriarca Cirillo.

Per viaggiare leggeri: il cardinale segretario di Stato sul celibato ecclesiastico.

Un bar per i clochard: Christian Manuel sul Cap de Bonne-Esperance che apre a Parigi il 9 febbraio.

Peccato le assenze: Giulia Galeotti su Barbie in mostra a Milano.

Animi in tumulto: Emilio Ranzato recensisce il film "Les innocentes" della regista francese Anne Fontaine.

Tintin alla radio: un articolo di Quentin Fruchard (uscito su "La Croix") su un nuovo adattamento a puntate interpretato da attori della Comedie-Francaise.

Le quattro mura di Charlotte Bronte: Gabriele Nicolò su due mostre in Inghilterra dedicate alla scrittrice nel bicentenario della nascita.

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Oggi in Primo Piano



Siriani in fuga: Turchia chiude frontiera, è catastrofe umanitaria

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Decine di migliaia di siriani ammassati nel Nord del Paese, al confine con la Turchia: tentano di fuggire dai raid aerei russi e dall'offensiva militare in corso da giorni da parte delle forze governative. Il servizio di Fausta Speranza: 

Un altro esodo: migliaia di uomini, donne e bambini,  verso la Turchia, anche se  Ankara continua a tenere chiusi i posti di frontiera. Sul piano della comunità internazionale, la Nato accusa Mosca: "Mina gli sforzi per una soluzione politica al conflitto". Da parte sua, l'inviato speciale dell’Onu, Staffan De Mistura, ancora impegnato a fornire la sua relazione al Consiglio di Sicurezza sulla sospensione dei colloqui di Ginevra decisa nei giorni scorsi, rimanda alla riunione, la prossima settimana a Monaco di Baviera, del cosiddetto Gruppo di Vienna, tra cui anche Iran e Arabia Saudita. Sul terreno, le forze governative avanzano anche nel Sud della Siria al confine con la Giordania. E Ankara ha cominciato a innalzare un muro di divisione nell'unica zona frontaliera a Nord di Aleppo non controllata dal sedicente Stato islamico. Resta da dire che l'agenzia ufficiale siriana Sana e siti delle opposizioni hanno riferito della conquista da parte dei governativi di Atman, alle porte di Daraa.  La città era stata, nel 2011, la prima roccaforte delle proteste anti-regime e teatro delle sanguinose repressioni poliziesche e militari che hanno contribuito a innescare il conflitto, diventato incendio regionale. Più di 250mila siriani sono morti dal 2011 e oltre la metà dei 21 milioni di siriani hanno dovuto abbandonare le loro case, come profughi all'estero o come sfollati in patria.

Delle conseguenze dei raid aerei russi e delle prospettive per quanto riguarda i negoziati, Fausta Speranza ha parlato con Riccardo Redaelli, docente di geopolitica all’Università Cattolica di Milano:  

R. – Va sicuramente detto che i raid aerei russi sono estremamente pesanti e tengono molto meno conto della protezione della popolazione civile rispetto ai raid della coalizione internazionale a guida statunitense. L’altro problema dei raid russi è che più che colpire l’Is – cioè le truppe jihadiste del califfato – colpiscono l’opposizione sunnita ad Assad che spesso era sostenuta, almeno indirettamente, dall’Occidente.

D. - È per questo che la Nato dice che in qualche modo ostacolano i tentativi di negoziato?

R. – Il negoziato è in crisi per molti motivi. La Nato ha sempre una percezione estremamente antirussa e molto poco bilanciata e questo va detto. I negoziati sono in crisi per colpa dell’Arabia Saudita che rifiuta di riconoscere un ruolo regionale all’Iran come nella logica delle cose. Certo i raid russi non aiutano, non facilitano. Va anche detto che questi sono la conseguenza del fatto che dal 2012 al 2014 l’Occidente si è rifiutato di riconoscere alla Russia e all’Iran il ruolo regionale, che da anni questi Paesi giocano in Siria, e Putin non è un uomo che si fa mettere all’angolo.

D. - Dopo il fallimento a Ginevra, la prossima settimana riunione a Monaco di Baviera. Ci saranno anche Iran e Arabia Saudita. Ma quale presenza è davvero essenziale?

R. - I negoziati devono essere più inclusivi possibile, ovviamente escludendo i terroristi Daesh. Il problema di tutte queste riunioni, che ormai si susseguono in continuazione, è che manca l’accordo tra i tre attori principali regionali: Arabia Saudita, Iran e Turchia. Soprattutto l’Arabia Saudita non è disposta a riconoscere il ruolo iraniano e tutti sono disposti a giocare sulla pelle della popolazione siriana per fare le loro “proxy wars”, cioè guerre per procura, pagate essenzialmente dai civili siriani.

D. – Che dire dell’ennesimo esodo di massa che stiamo vedendo dalla Siria verso la Turchia?

R. - È una catastrofe umanitaria. Ormai il conflitto siriano si aggiunge alla catastrofe del conflitto iracheno e di tutti gli ultimi 15 anni di disastro in Iraq. Nel Levante ormai abbiamo centinaia di migliaia di morti e centinaia di migliaia di feriti, milioni di rifugiati in altri Paesi del Levante o verso l’Occidente, verso la Turchia. Noi europei abbiamo un atteggiamento spesso orribile, di sufficienza, di rifiuto, ma i Paesi regionali come Libano, Turchia, Iran, Giordania hanno milioni di questi profughi, che vivono però spesso in condizioni inaccettabili. Bisogna rispondere alla catastrofe umanitaria con umanità e misericordia, per citare le parole di Papa Francesco.

D. - Un conflitto siriano, come continuiamo a definirlo, ma ormai è più un conflitto regionale …

R. - È chiaramente un conflitto regionale. La posta in gioco – se mai lo è stata - non è più di instaurare la democrazia in Siria, un Paese ormai devastato e che lo sarà per i prossimi decenni. Evidentemente è una guerra di equilibrio geopolitico regionale fra attori che si curano molto meno, rispetto al passato, di quanto dice la comunità internazionale e di quanto possa dire Washington, a lungo molto assente e distratto in questa crisi.

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Haiti. Alta tensione alla vigilia delle dimissioni di Martelly

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Si stanno consumando tra gravi violenze le ultime ore del mandato del presidente uscente di Haiti, Michel Martelly. Ieri una milizia di ex soldati ha fatto irruzione in una manifestazione di protesta a Port-au-Prince contro i brogli elettorali dello scorso turno elettorale di ottobre e la folla ha linciato con un lancio di pietre un uomo in divisa da militare. Già da tempo le proteste hanno fatto annullare a data da destinarsi il previsto ballottaggio del 24 gennaio e ora il Paese vive un vuoto istituzionale. Veronica Di Benedetto Montaccini ha raggiunto al telefono Gotson Pierre, giornalista haitiano, fondatore dell’agenzia stampa di Port-au-Prince, Alterpresse: 

R. – La questione della sicurezza è sempre stata un problema ad Haiti, ci sono diversi casi di omicidi che si registrano periodicamente… Al momento attuale si è ulteriormente aggravata. Uno dei problemi più importanti è che anche la polizia è assoggettata da chi è al potere e non garantisce la sicurezza.

D. – Cosa chiedono i manifestanti che scendono in piazza ogni giorno dal 24 gennaio?

R. – Pendant le 5 ans de Martelly au pouvoir effectivement il y a eu des prisonniers et des gens qui ont été arrêtés...
Durante i cinque anni di Martelly, sono state arrestate delle persone solo per aver espresso pubblicamente la propria opinione e non sono state mai portate davanti ad un giudice... I manifestanti chiedono anzitutto la liberazione di questi prigionieri politici. Poi, la gente è in rivolta per come si sono svolte le elezioni, tutte le inchieste hanno dimostrato che ci sono state moltissime irregolarità, delle frodi massicce. E via via che queste manifestazioni si radicalizzavano hanno cominciato anche a chiedere le dimissioni di Martelly stesso. Quindi, manifestazioni antigovernative che chiedono una riforma del sistema elettorale haitiano, ma anche contro l’impunità elettorale che è un fenomeno che continua a perdurare da ormai 30 anni.

D. – Martelly ha annunciato che potrebbe non dimettersi il 7 febbraio. Quali soluzioni legali si possono percorrere e quali azioni stanno preparando le opposizioni per i prossimi giorni?

R. – C'est une situation qui n'est pas prévue par la Constitution haïtienne…
E’ una situazione che non è prevista dalla Costituzione haitiana: non è possibile che il mandato di un presidente possa terminare senza che vi sia un nuovo presidente eletto. L’opposizione sta organizzando delle nuove manifestazioni e potrebbe esserci il rischio di nuovi scontri dopo il 7 febbraio.

D. – Sono 12 anni che ad Haiti si è insediata la missione Minustah dell’Onu per la stabilizzazione. E’ stata utile, secondo lei?

R. – J'ai demandé à la chef de cette mission, Madame Honoré : pour elle, il y a eu des progrès…
Ho parlato con Sandra Honoré, responsabile di questa missione: per lei ci sono stati dei progressi in termini di stabilizzazione ad Haiti. Ma la popolazione non ha visto questi progressi. E’ necessario per superare l’instabilità, secondo me, partire da una riforma elettorale.

D. – Perché la situazione politica di Haiti ha un’importanza non soltanto locale, ma anche per molti altri Stati e soprattutto per gli Stati Uniti?

R. – On est  à la veille des élections aux États-Unis…
Siamo alla vigilia delle elezioni degli Stati Uniti e la questione haitiana potrebbe influenzare l’opinione pubblica americana e questo porterebbe i democratici a porsi numerose questioni. Ad Haiti, si sa, ci sono risorse nel sottosuolo e c’è la presenza di petrolio… L’avvenire di Haiti si giocherà nei prossimi anni. I prossimi cinque anni saranno per Haiti cruciali.

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Giubileo contro tratta esseri umani: affare da 32 miliardi di dollari

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Iniziano oggi le celebrazioni per “Il Giubileo della Misericordia per la liberazione degli schiavi di oggi” che culminerà l’8 febbraio, giorno in cui la Chiesa ricorda Giuseppina Bakhita, la schiava sudanese diventata Santa. Questa sera, alle 20.00, si svolgerà una Veglia di Preghiera nella Basilica del Sacro Cuore di Gesù. La tratta di esseri umani coinvolge circa 21 milioni di persone. Sull’importanza di questo evento, Lucas Duran ha intervistato suor Eugenia Bonetti, che da anni si batte a favore delle vittime della tratta: 

R. – Vogliamo sensibilizzare non solo le nostre organizzazioni, che da anni lavorano in questo settore, ma vogliamo toccare le diocesi, le parrocchie, i gruppi giovanili, le varie organizzazioni, perché tutti devono sentirsi impegnati a lavorare e a lottare contro questa terribile forma di schiavitù, che diventa sempre più subdola. C’è un giro di affari enorme. Allora noi vogliamo usufruire di questa giornata, proprio per rendere le nostre comunità diocesane e parrocchiali, le scuole, coscienti di che cosa sia la tratta di esseri umani oggi, che non riguarda le realtà lontane, ma riguarda proprio noi, questa nostra società.

D. – Quanto sentite vicini la parola e il sostegno del Papa alla vostra azione?

R. – Dal primo momento, dal primo discorso ufficiale, che ha fatto nel 2013, in occasione della Pasqua, quando ha detto per la prima volta “la tratta degli esseri umani è la schiavitù più terribile del nostro secolo”, da quel primo messaggio abbiamo colto immediatamente che per il Papa la tratta degli esseri umani era una priorità. In Vaticano, in questo ultimo anno soprattutto, sono stati organizzati numerosissimi convegni, incontri, tra cui anche un Simposio con i sindaci delle grandi capitali del mondo. Il Papa, infatti, veramente, non lascia nessuno “irresponsabile” di questo settore. Uno di questi incontri è stato dei giovani - I giovani, per i giovani – perché il Papa è convinto che attraverso i giovani, che hanno una sensibilità maggiore verso la tratta degli esseri umani, noi davvero si possa coinvolgere maggiormente tante altre organizzazioni, per poter combattere e poter dire, come il Papa nel messaggio della pace dello scorso anno: “Mai più schiavi”.

D. – Dopo tanti anni di contrasto anche, di interventi a favore delle vittime, il fenomeno anziché diminuire sembra aumentare con anche un mutamento delle forme della tratta e delle modalità dello sfruttamento. Come mai questo tipo di situazione non riesce a trovare una soluzione che, quantomeno, ci faccia dire “sta diminuendo”?

R. – Purtroppo la realtà è molto triste, e sta aumentando e non diminuendo perché ci sono dei fattori che lavorano sul guadagno. La tratta di esseri umani è un grande profitto per chi opera in questo settore: 32 miliardi di dollari all’anno è il profitto della tratta di esseri umani ed è per difetto. Ecco, c’è questo grande desiderio di guadagno. E allora i poveri, gli ultimi, le persone più semplici ci cascano dentro, perché sperano di poter trovare un aiuto. Viene promesso loro un aiuto, un futuro, un lavoro e poi cascano nella trappola di questa realtà. Penso, per esempio, che adesso le nigeriane arrivano sempre più giovani - moltissime sono minorenni - molte analfabete, molte incinte, per facilitare questa entrata nel giro della prostituzione. Penso che non si sappia che dietro ad una ragazza che noi vediamo, incontriamo per la strada, c’è una taglia di 60, 70, 80 mila euro che lei deve consegnare ai suoi trafficanti. Quindi c’è una forte richiesta di queste persone, perché c’è un grande guadagno. Poi dobbiamo avere il coraggio di dire che, purtroppo, la richiesta di sesso a pagamento o di lavoro sottopagato o di tante altre forme non diminuisce. Quando, quindi, noi riusciremo a diminuire la richiesta di queste persone, di questi schiavi di oggi, che è una vergogna enorme per la nostra società, che si dice del benessere ma, in fondo in fondo, ha una grande povertà di valori? Perché questa gente che viene presa in ostaggio da questi trafficanti è povera materialmente, ma noi che la sfruttiamo siamo di una povertà di valori estrema. E qui dobbiamo tutti lavorare.

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Giornata contro le mutilazioni genitali femminili

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Il 6 febbraio si celebra la Giornata internazionale della “tolleranza zero” contro le mutilazioni genitali femminili, istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2003. Circa 140 milioni le donne e le bambine che hanno subito questa terribile violenza che comporta sofferenze e gravi conseguenze sulla salute. Circa la metà delle donne mutilate vive in Egitto e in Etiopia. Seguono Sudan, Mali e Guinea, ma la pratica è diffusa in quasi tutto il continente africano e anche in alcuni Paesi del Medioriente e dell’Asia. In occasione della Giornata, l’associazione Nosotras Onlus di Firenze, da tempo impegnata per liberare le donne da questa pratica, ha lanciato un nuovo progetto: la vendita on-line di un anello realizzato appositamente dall’azienda italiana di moda Es’Givien, destinando il ricavato al sostegno, in Africa, di donne mutilatrici disponibili a cambiare “mestiere”. Adriana Masotti ha intervistato Laila Abi Hamed, presidente di Nosotras: 

R. – Nel 2003, la Conferenza mondiale del Comitato inter-africano si era posta come obiettivo quello di sradicare entro il 2010 queste pratiche nefaste per la salute per le bambine e per le donne. Oggi nel 2016, 13.ma Giornata contro la mutilazione genitale femminile “Zero tolleranza”, abbiamo appurato che gli sforzi compiuti, come quello di “fare lobby" con il legislatore, campagne di sensibilizzazione, creazione del microcredito per le donne ex mutilatrici ed altro, non sono stati sufficienti. I risultati ad oggi sono questi: in Mali e in Somalia, ad esempio, abbiamo ancora il 98 percento delle mutilazioni genitali femminili, e quindi è evidente che gli sforzi non sono sufficienti. Qual è quindi il segnale che ora bisogna dare? Quello di spostare la data dello sradicamento delle mutilazioni al 6 febbraio 2030. Che cosa vuol dire? Significa che entro i prossimi 15 anni dobbiamo raggiungere l’obiettivo di sinergia e collaborazione e che bisogna puntare sull’istruzione e sul sostegno economico.

D. – Certo non basta spostare la data per risolvere i problemi: vuol dire che c’è bisogno di più tempo. Ma quali sono, anche in base alla vostra esperienza, le modalità più efficaci per arrivare ad una diminuzione di questa pratica?

R. – Per quanto riguarda l’Italia, nel 2006 è stata varata una legge contro questa pratica, articolata in quattro punti importanti. Il primo, è quello della pressione tramite la condanna sia del medico che la fa, sia dei genitori della ragazza; il secondo è la formazione dei medici, dei servizi sociali, degli insegnanti; il terzo, la promozione di campagne di sensibilizzazione della comunità e il quarto è quello di avviare una cooperazione internazionale. Dal 2006 ad oggi in Italia ci sono state solo due condanne ed una ancora è da definire. Questo vuol dire che la pratica c’è e che viene perpetuata clandestinamente sul territorio. Io credo che abbiamo già perso la seconda generazione proprio perché i controlli non sono stati fatti. La terza generazione potrà essere quella del cambiamento se faremo un lavoro importante. L’obiettivo che noi ci poniamo a livello nazionale quindi è fare in modo che la terza generazione sia una generazione di donne non mutilate in quanto nate e vissute in Italia.

D. - Quanto è forte ancora la mentalità secondo la quale le stesse madri chiedono per le loro figlie questa pratica violenta?

R. - È forte, è forte: perché la questione della mutilazione genitale femminile per quanto riguarda la diaspora, cioè le persone che sono arrivate e che ormai vivono qui, è legata ad un forte attaccamento alla propria tradizione; invece in Africa è legata all’ignoranza e alla povertà. Come si può intervenire? L’intervento dei mass media sicuramente è fondamentale; però, se ogni volta che si parla di mutilazione genitale femminile si propone l’immagine di una bambina che urla, quindi un’immagine “forte”, qualcuno potrebbe risentirsi e dire: “Così si attaccano la mia cultura e la mia tradizione: a più forte ragione io voglio rimanere legato alla mia tradizione”. Credo quindi che anche i mass media abbiano un ruolo fondamentale per cambiare il modo in cui viene presentata questa pratica, affinché anche nell’immaginario collettivo vengano smontate queste idee di attaccamento alla nostra tradizione per paura di perderla e dire: “La mantengo perché tutti ci accusano di essere barbari”: quella parola va eliminata. Non è una questione di barbarie, ma di tradizione per il fatto che l’uomo ha un certo immaginario del corpo delle donne.

D. - Un contributo al contrasto della pratica delle mutilazioni è anche offrire alternative a chi vive praticandole. Per raccogliere i fondi necessari voi avete lanciato il progetto "CC" cioè "Castitatis Cingulum", un anello che si potrà comprare. Come è nata quest'idea?

R. - Abbiamo fatto un censimento in vari Paesi, dal Niger alla Nigeria, dalla Liberia fino a Gibuti e al Benin, di tutte le donne che praticano le mutilazioni e che già vogliono cambiare: questo progetto è importante e ambizioso. Questo oggetto di moda si potrà acquistare on-line e in alcuni negozi: aiuterà a dare un sostegno economico alle donne “mutilatrici”, cosicché possano smettere questa pratica e deporre i loro strumenti di mutilazione. Per informazioni si può visitare il sito dell’associazione: www.nosotras.it.

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Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

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Nella quinta Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù invita Pietro e i discepoli a prendere il largo e gettare le reti per la pesca. Pietro risponde:

«Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano.

 Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti

L’evangelista Luca, dopo aver raccontato numerose guarigioni compiute da Gesù a Cafarnao, ci presenta oggi una folla che fa ressa attorno a lui per ascoltare la sua parola. In particolare ci propone due segni, due parole importanti per la sua missione: la pesca miracolosa e la chiamata dei primi discepoli. E’ importante che anche noi accompagniamo questi futuri apostoli per ricevere, insieme con loro, la parola del Signore. Simone ed i suoi compagni hanno faticato inutilmente tutta la notte, senza pescare nulla; ma non è un caso, questo fallimento li prepara ad accogliere la parola del Signore: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”. Obbediscono, forse più per l’autorevolezza di chi parla che per altro! E le reti si riempiono di pesci fin quasi a rompersi. Insieme ai compagni di un’altra barca, chiamati subito in aiuto, mettono al sicuro il pesce. Poi Simon Pietro, pieno di stupore per l’accaduto, si butta in ginocchio dicendo: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore”. Pronta arriva la risposta di Gesù che consacra totalmente la sua vita e la vita di coloro che sono con lui: “Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini”. E, “tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”. Nella fede, anche noi siamo oggi testimoni del segno compiuto da Gesù con la pesca miracolosa, e la sua chiamata coinvolge ognuno di noi: “Non temere…”! Ogni battezzato è un chiamato da Dio a diventare “pescatore di uomini”; non si dà cristiano muto, diceva il Beato Papa Paolo VI. Il battesimo ci costituisce “sacerdoti, re e profeti”, testimoni, per il dono dello Spirito Santo, della stessa missione di Cristo di fare degli uomini dei figli di Dio.

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Nella Chiesa e nel mondo



Comece, sì a risoluzione su genocidio cristiani in Medio Oriente

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“Accogliamo con grande soddisfazione la risoluzione del parlamento europeo come significativo passo avanti nel facilitare l’adozione di misure per fermare il genocidio in atto contro i cristiani, gli yazidi e le altre minoranze etniche e religiose in Medio Oriente”. Lo ha dichiarato il segretario generale della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), padre Patrick Daly, dopo l’approvazione, da parte del parlamento di Strasburgo, della “risoluzione sul massacro sistematico delle minoranze religiose ed etniche da parte del sedicente Stato Islamico”.

Imperativo assicurare i responsabili alla giustizia
Il documento – riferisce l’agenzia Sir – chiama in causa la comunità internazionale per azioni immediate di contenimento dell’Is. “È ora un imperativo che siano intrapresi passi per perseguire penalmente i criminali e portarli di fronte alla giustizia”, ha sollecitato padre Daly. A nome dei vescovi dell’Ue, ha inoltre espresso apprezzamento per l’attenzione che il parlamento europeo “ha dato al più ampio tema del rispetto per la diversità e la libertà di religione in una parte sofferente del mondo con cui tutti noi abbiamo un legame culturale importante”.

Risoluzione approvata a larga maggioranza
La risoluzione era stata lanciata dal parlamentare europeo, Lars Adaktusson, (Democratici cristiani, Svezia) ed è stata approvata a larga maggioranza, con un consenso trasversale ai partiti – “cosa rara in Parlamento”, precisa la dichiarazione Comece. Il voto dell’aula di Strasburgo è infatti arrivato al termine di un ampio dibattito avviato il 20 gennaio scorso, al quale ha partecipato anche l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini.

Il richiamo di Papa Francesco
La Comece ricorda poi che Papa Francesco è stato tra i primi a usare la parola “genocidio” per descrivere gli attacchi sistematici, barbari e letali condotti sulle comunità cristiane e su altri gruppi vulnerabili a causa del loro credo religioso. Il 9 luglio 2015, nel corso del viaggio apostolico in Bolivia, il Pontefice ha infatti affermato: “Oggi vediamo con orrore come in Medio oriente e in altre parti del mondo si perseguitano, si torturano, si assassinano molti nostri fratelli a causa della loro fede in Gesù. Dobbiamo denunciare anche questo: in questa terza guerra mondiale 'a rate' che stiamo vivendo, c’è una – forzo il – di genocidio in corso che deve fermarsi”. (I.P.)

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Repubblica Dominicana, appello vescovi contro la corruzione

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No alla corruzione e alla denigrazione dell’onestà: questo l’appello lanciato da mons. Ramón Benito de La Rosa y Carpio, arcivescovo emerito dell'arcidiocesi di Santiago de los Caballeros, nella Repubblica Dominicana. Intervenendo in una trasmissione televisiva locale per commentare l’attuale situazione del Paese, il presule ha criticato quanti acquisiscono ricchezze illegalmente e rapidamente e allo stesso tempo vogliono sminuire il lavoro serio e onesto.

Lavoro ed onestà non sono concetti obsoleti
“Tutti ci lamentiamo della corruzione, ma la gente si dimentica del lavoro e dell'onestà”, ha detto mons. de La Rosa, esprimendo rammarico per quanti non vogliono operare in modo integro e corretto. "Il lavoro e l'onestà non sono un qualcosa di obsoleto – ha sottolineato il presule – e la generazione che si dimentica di questo è una generazione che non vive bene”. L’arcivescovo dominicano ha poi insistito sul fatto che è molto spiacevole vedere un rovesciamento di valori nel Paese, in cui si mira alla conquista della ricchezza senza compiere alcuno sforzo.

Il difficile contesto sociale del Paese
In effetti, la Repubblica Dominicana sta vivendo un contesto sociale difficile, segnato dalla crisi della famiglia e dei valori, tanto che numerosi temi hanno destato e destano tuttora la preoccupazione dei vescovi. Tra questi, la depenalizzazione dell’aborto, approvata nel dicembre 2014 dopo lunghi anni di dibattiti; la povertà che colpisce più del 40% della popolazione, mentre l’assistenza sociale e sanitaria è carente e prolifera il lavoro nero, la diffusione del narcotraffico, ma anche di stili di vita consumistici, che incoraggiano il gioco d’azzardo e la ricerca del denaro facile, la corruzione diffusa nella sfera pubblica e privata che genera disuguaglianze sociali. In ultimo, ma non meno importante, c’è il problema dell’immigrazione massiccia di cittadini haitiani, con le tensioni sociali che ne derivano e le sue inevitabili strumentalizzazioni politiche. (I.P.)

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Costa d’Avorio. Vescovi: famiglia, luogo di educazione alla pace

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“La famiglia, luogo di educazione alla vita ed alla pace”: si intitola così il messaggio che la Conferenza episcopale della Costa d’Avorio ha diffuso al temine della sua 102.ma Assemblea plenaria, svoltasi a Daloa dal 18 al 24 gennaio. Nel testo, che i presuli definiscono “un messaggio di speranza”, si ricorda che “la famiglia costituisce l’elemento fondante di tutta la comunità umana” nella quale si realizzano “i processi di  socializzazione e di formazione integrale della persona”. “L’importanza della famiglia è ben riconosciuta nella nostra tradizione africana”, sottolineano i vescovi, ma non mancano le difficoltà soprattutto “di ordine culturale, relazionale, professionale e morale”.

Le difficoltà culturali, sociali ed economiche che minacciano le famiglie
E qui i presuli ricordano la poligamia, i matrimoni forzati, i sacrifici rituali, i conflitti familiari, ma anche la povertà, la disoccupazione, la mancanza di alloggi. Tutti fattori che – spiega la Chiesa della Costa d’Avorio – portano alla disgregazione della famiglia. Non solo: anche lo sviluppo delle nuove tecnologie “frena la convivialità e i rapporti interpersonali, generando solitudini ed isolamento”, mentre le esigenze lavorative creano problemi all’organizzazione familiare e all’educazione dei figli. Altre difficoltà riguardano le liti ereditarie e “la corsa sfrenata al denaro”, favorita anche da “una mentalità materialista della classe possidente”. Da qui, derivano conseguenze drammatiche, notano i vescovi, come la prostituzione, la criminalità su web, l’esodo rurale, la vendita illecita di terreni, la tossicodipendenza, l’alcolismo, le violenze, le gravidanze precoci.

Famiglia, scuola di virtù dal valore inestimabile
Per questo, i vescovi esortano a guardare alla famiglia secondo il piano di Dio, nel quale “la realtà familiare inizia con la creazione dell’uomo e della donna ad immagine del Signore”. “Prima scuola di virtù sociali dal valore inestimabile”, dunque, la famiglia va promossa in quanto istituzione che “educa alla vita, alla pace, all’amore, al rispetto dell’altro e di Dio, al perdono, alla misericordia, alla generosità, alla cura del lavoro, alla non violenza, alla compostezza nei costumi”. In quest’ottica, l’auspicio della Chiesa in Costa d’Avorio è che i responsabili della vita pubblica sappiano “garantire e favorire l’identità autentica della famiglia, lottando contro tutto ciò che la ferisce e la sfigura”.

Tutelare la vita dal concepimento e fino alla morte naturale
Essenziale, allora, sarà “la tutela della vita dal concepimento e fino alla morte naturale, così come il diritto all’educazione dei figli”, accompagnata dalla “lotta contro l’immoralità e tutte le ideologie che tendono a distruggere la famiglia”, nascoste “sotto la coperta di aiuto allo sviluppo, modernità, democrazia”. Anche i mass media vengono chiamati in causa: a essi, i vescovi chiedono di “diffondere i valori autentici della dignità della persona”, contribuendo così “alla formazione della coscienza individuale e collettiva verso il bene”.

Promuovere Pastorale familiare dinamica
I presuli, poi, non dimenticano i giovani e li esortano a “costruire famiglie solide, grazie all’acquisizione di veri valori umani, sociali e religiosi”, mentre ai sacerdoti e a tutti i membri della Chiesa viene ricordato che “hanno una responsabilità diretta verso l’istituzione familiare” e che per questo devono “promuovere un’apposita pastorale che sia dinamica e capace di accompagnare adeguatamente le famiglie”, assicurando “una formazione integrale” a tutti i loro componenti. Infine, rivolgendosi alle famiglie cristiane, i vescovi della Costa d’Avorio le incoraggiano a “rispondere efficacemente alla loro vocazione e missione al servizio dell’amore, della vita e della pace”, in quanto “Chiese-domestiche”. (I.P.)

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Dall’Australia all’India per promuovere dialogo interreligioso

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Arrivano oggi, 6 febbraio, a New Delhi numerosi fedeli provenienti dall’Australia, per partecipare ad un pellegrinaggio interreligioso in India. “Si tratta di fedeli di diverse confessioni che, nel proprio Paese d’origine, lavorano in favore del dialogo interreligioso”, spiega all’agenzia AsiaNews padre Victor Edwin sj, sacerdote gesuita ed esperto di islam e di relazioni interreligiose.

Incontri con esponenti musulmani
Il pellegrinaggio sarà preceduto da una serie di incontri, spiega il sacerdote: il primo “sarà la Messa di domenica 7 febbraio presso la cattedrale di New Delhi, cui seguirà un incontro con il Mufti Mukarram Ahmad, imam della moschea di Fatehpuri Masjid, nella capitale. In serata, è in programma un secondo incontro con Maulana Wahiduddin Khan, famoso studioso islamico”.

Momenti di preghiera comunitaria
Il calendario degli appuntamenti prosegue con una seconda celebrazione eucaristica, l’8 febbraio, e con una visita al mausoleo islamico Hazrat Nizamuddin e alla tomba dell’imperatore moghul Humayun, dove sono previsti momenti di preghiera comunitaria. Della delegazione australiana fa parte anche il rev. John Dupuche, presidente della Commissione cattolica interreligiosa dell’arcidiocesi di Melbourne, insieme a tre religiosi e quattro laici di quattro religioni differenti.

Praticare il rispetto e l’armonia tra le religioni
La visita del gruppo nella capitale indiana terminerà nella serata dell’8 febbraio con un incontro con la Coalizione interreligiosa per la pace. “Questa sarà l’occasione – conclude p. Edwin – per condividere la loro esperienza di lavoro in Australia e anche un modo per discutere su come mettere in pratica il rispetto e l’armonia tra le religioni. Il giorno seguente avrà inizio il vero e proprio pellegrinaggio in tutta l’India”. (I.P.)

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Spagna. Barrio Barrio: misericordia stile di vita cristiana

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“Lo stile di vita del cristiano deve essere definito dalla misericordia”, perché “i cristiani devono essere persone di misericordia”. Scrive così mons. Julián Barrio Barrio, arcivescovo di Santiago di Compostela, in Spagna, nel suo messaggio per la Quaresima intitolato “Misericordia, mio Dio, per la tua bontà!” e ispirato al Salmo 50. In vista dell’inizio di questo “tempo forte”, che si aprirà il 10 febbraio, Mercoledì delle Ceneri, il presule esorta le parrocchie e le comunità a “riflettere sulle parabole della misericordia e a fare riferimento alle preghiere e alle letture liturgiche a carattere penitenziale”.

Dio risponde alle aspirazioni più profonde
“Dio ci interessa davvero?”, chiede poi mons. Barrio ai fedeli, dicendosi “addolorato” per il fatto che “a volte non ci interessiamo a Lui e viviamo occupandoci solo delle nostre cose, trasformandole in idoli che non danno risposta alle nostre aspirazioni più profonde”. Di qui, l’invito dell’arcivescovo di Santiago a “non far aspettare Dio, ma a rivolgersi subito a Lui, senza attendere di avere un’altra occasione”.

Praticare condivisione e carità
A conclusione del suo messaggio, il presule incoraggia i fedeli a vivere “gli uni per gli altri, in famiglia, in parrocchia, nella società”, praticando uno stile di vita semplice, basato sulla condivisione e la carità. “Di fronte all’attuale deterioramento dell’essere umano del quale siamo vittime – sottolinea infine mons. Barrio – la fede rende la vita più umana e degna di essere vissuta”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 37

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.