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Sommario del 04/02/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: la fede è la più grande eredità che possiamo lasciare

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La più bella eredità che possiamo lasciare agli altri è la fede: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Nell’omelia, ha invitato a non avere paura della morte, perché il percorso della vita continua. Il servizio di Sergio Centofanti

Il pensiero della morte illumina la vita
La prima lettura del giorno parla della morte del Re Davide. “In ogni vita c’è una fine” – sottolinea il Papa – questo “è un pensiero che non ci piace tanto”, “si copre sempre” ma “è la realtà di tutti i giorni”. Pensare “all’ultimo passo” è “una luce che illumina la vita”, “è una realtà che dobbiamo avere sempre davanti a noi”:

“In una delle udienze del mercoledì c’era tra gli ammalati una suorina anziana, ma con una faccia di pace, uno sguardo luminoso: ‘Ma quanti anni ha lei, suora?’. E con un sorriso: ‘83, ma sto finendo il mio percorso in questa vita, per cominciare l’altro percorso col Signore, perché ho un cancro al pancreas’. E così, in pace, quella donna aveva vissuto con intensità la sua vita consacrata. Non aveva paura della morte: ‘Sto finendo il mio percorso di vita, per incominciare l’altro’. E’ un passaggio. Queste cose ci fanno bene”.

La fede, la più bella eredità
Davide regnò su Israele per 40 anni: “Ma anche 40 anni passano”, osserva Papa Francesco. Prima di morire, Davide esorta il figlio Salomone a osservare la Legge del Signore. Lui in vita aveva peccato molto, ma aveva imparato a chiedere perdono e la Chiesa lo chiama “il Santo re Davide. Peccatore, ma Santo!”. Ora, in punto di morte, lascia al figlio “l’eredità più bella e più grande che un uomo o una donna possa lasciare ai figli: lascia la fede”:

“Quando si fa testamento la gente dice: ‘Ma a questo lascio questo,  a questo lascio quello, a questo lascio questo…’. Sì, sta bene, ma la più bella eredità, la più grande eredità che un uomo, una donna, può lasciare ai suoi figli è la fede. E Davide fa memoria delle promesse di Dio, fa memoria della propria fede in queste promesse e le ricorda al figlio.  Lasciare la fede in eredità. Quando nella cerimonia del Battesimo diamo - i genitori - la candela accesa, la luce della fede, gli stiamo dicendo: ‘Conservala, falla crescere in tuo figlio e in tua figlia e lasciala come eredità'. Lasciare la fede come eredità, questo ci insegna Davide, e muore così, semplicemente come ogni uomo. Ma sa bene cosa consigliare al figlio e quale sia la migliore eredità che gli lascia: non il regno, ma la fede!”.

Dio è fedele, è Padre e non delude mai
Ci farà bene porci una domanda – conclude il Papa – “Qual è l’eredità che io lascio con la mia vita?”:

“Lascio l’eredità di un uomo, una donna di fede? Ai miei lascio questa eredità? Chiediamo al Signore due cose: di non avere paura di quest’ultimo passo, come la sorella dell’udienza di mercoledì - ‘Sto finendo il mio percorso e incomincio l’altro’ - di non avere paura; e la seconda, che tutti noi possiamo lasciare con la nostra vita, come migliore eredità, la fede, la fede in questo Dio fedele, questo Dio che è accanto a noi sempre, questo Dio che è Padre e non delude mai”.

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Papa visita alcuni dicasteri vaticani: il grazie di mons. Fisichella

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Stamane, il Papa si è recato in visita ad alcuni dicasteri della Curia Romana: la Congregazione per le Chiese Orientali e i Pontifici Consigli “Cor Unum” e per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, in Via della Conciliazione. Ascoltiamo il presidente di quest’ultimo dicastero, mons. Rino Fisichella al microfono di Stefano Leszczynski

R. – Siamo profondamente grati a Papa Francesco per questa sua visita che ancora una volta non fa altro che manifestare la profonda disponibilità nei confronti anche del lavoro che stiamo portando avanti. Il Papa ci ha dato una grande lezione su come portare avanti la nuova evangelizzazione, soprattutto il tema della conversione pastorale a cui lui tiene molto, così come il tema della catechesi che è una grande sfida che è nelle nostre mani ma è una grande sfida per la Chiesa. Sono le tematiche che il Papa ha trattato in corrispondenza alle competenze del nostro dicastero. Ovviamente, il Papa è stato anche di una grande disponibilità a voler rispondere alle domande che diversi collaboratori hanno voluto rivolgergli.

D. – Una visita che assume anche un significato molto specifico nel contesto dell’Anno Giubilare …

R. – Certamente, siamo alla vigilia di una processione molto importante in cui le reliquie di Padre Leopoldo e Padre Pio verranno domani trasportate solennemente nella Basilica di San Pietro. Il Papa ha fatto accenno anche a quello, ricordando la sua profonda devozione in particolare anche per padre Leopoldo. Il Papa vuole dare un grande esempio con questi due santi confessori ai sacerdoti di tutto il mondo, perché riscoprano il grande valore che, nella vita di fede e soprattutto nella vita di tanti cristiani, possiede il Sacramento della Riconciliazione, perché venga celebrato con una accoglienza profonda e con un senso di grande misericordia.

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Papa a Scholas Occurentes: educare per superare le esclusioni

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Il valore dell’educazione per l’armonia della persona. E’ stato questo il tema al centro delle parole di Papa Francesco durante l’incontro, ieri pomeriggio in Vaticano, con la Fondazione pontificia Scholas Occurentes, la rete internazionale di scuole nata in Argentina per volere dell’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio. Promuove formazione attraverso sinergie tra sport, scienza e tecnologia. Annunciati due appuntamenti a maggio, tra cui la partita della pace allo Stadio Olimpico di Roma. Ha seguito l’incontro, al quale era presente anche il calciatore brasiliano Ronaldinho, Fausta Speranza 

"Armonia” è la parola più sottolineata da Papa Francesco. Quando si parla di educazione - ha detto - si deve parlare di tutta la ricchezza della persona umana, appunto di tanti aspetti in armonia tra loro. Innanzitutto, dunque, guardare all’uomo – ha raccomandato Francesco – e guidarlo a scoprire la dignità di vivere una vita di amore, di apertura all’incontro. Per una formazione che aiuti i giovani a scoprire pienezza, è bello far sì che i giovani scoprano i più bei valori della vita esprimendo la propria creatività. Dunque, studio ma anche arte, sport, musica: sono tutti veicoli – ha spiegato il Papa - attraverso i quali può passare “un’educazione e una formazione per l’uomo contro ogni esclusione, economica, politica, culturale”.

Sono gli strumenti al centro dell’impegno delle Scholas Occurrentes, la rete che oggi conta 400 istituti in 5 continenti. I rappresentanti hanno fatto sapere che alcune iniziative hanno conquistato anche il Messico - che si aggiunge ai Paesi in cui la rete opera - e che si incrementa l’impegno per coinvolgere i ragazzi che praticano la boxe, tra le varie discipline sportive. E, poi, degli ultimi tre programmi lanciati, hanno comunicato qualcosa tre veloci ed efficaci videoclip preparati da giovani.

I programmi sono: “Scholas arts”, incentrato su diverse arti, che sta coinvolgendo 17 Paesi; “Scholas Sports y Social”, che lancia il neologismo FutVal, che coniuga in qualche modo gioco del pallone e valori e lancia la sfida – come è stato detto – di un “Mundial educativo”. Messaggio centrale: giocare insieme ci fa superare l’egoismo. Poi, “Scholas Ciudadania”, per la partecipazione attiva dei giovani alla vita della comunità civile. A parlarne sei ragazzi di Madrid. Il pensiero breve ai nostri microfoni di uno di loro:  

R. – Pues Scholas es, personalmente, la oportunidad…
Scholas, dal mio punto vista, rappresenta un’opportunità di scambio e di incontro che tutti i giovani possono avere, qualcosa che, avendo l’opportunità, è davvero peccato rifiutare. E’ una cosa molto buona perché rappresenta un insieme di scuole ma di fatto è un’unica scuola, che ci connette tutti. Una scuola di vita. Questo posso dire di Scholas Occurrentes.   

Papa Francesco ha raccomandato di non sottovalutare il bisogno e il desiderio dei giovani di scoprire orizzonti di valori e di vita. Lo ha fatto facendo riferimento a un pensiero dell’altra ragazza che ha preso la parola: “Ci dicono sempre che noi giovani siamo il futuro – ha detto la giovane - ma in realtà siamo il presente, perché è oggi che dobbiamo imparare i valori per vivere poi nel futuro”. Poi, proprio Papa Francesco ha annunciato due particolarissimi appuntamenti: il 7 maggio un incontro di boxe tra un cattolico e un musulmano a Las Vegas; il 29 maggio la “partita della pace” all’Olimpico di Roma.

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Tweet Papa: "Dio vuole abitare in mezzo ai suoi figli"

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"Dio vuole abitare in mezzo ai suoi figli. Facciamo posto per Lui nel nostro cuore". E' il tweet di Papa Francesco pubblicato sul suo account Twitter @Pontifex in 9 lingue.

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Tante e positive le reazioni in Cina all'intervista del Papa

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Articoli, resoconti, riflessioni. Si moltiplicano in Cina le reazioni all’intervista rilasciata dal Papa alla testata “Asia Times”. “Ammiro la Cina, la sua grande cultura, la sua inesauribile saggezza”, aveva detto il Pontefice nel colloquio avuto in Vaticano a fine gennaio col sinologo Francesco Sisci. Immediata e vasta l’eco nel Paese asiatico, con il governo di Pechino che - dopo le parole di Francesco - parla di mantenere “l’intenzione di avere un dialogo costruttivo col Vaticano”. Giada Aquilino ha intervistato Gianni Valente dell’agenzia Fides, esperto di questioni cinesi: 

R. – Sicuramente il messaggio che il Papa ha voluto mandare con l’intervista ad “Asia Times” è arrivato chiaro e forte, anche agli alti livelli della leadership cinese ed è stato recepito come un messaggio di amicizia e di ammirazione. Quindi contribuisce a portare avanti quel cammino di reciproca comprensione, che è ricominciato negli ultimi tempi. E’ interessante notare, per esempio, che anche nelle parole usate dal portavoce del ministero degli Affari Esteri c’è quasi un cambiamento di linguaggio: non compaiono più le vecchie formule che si vedevano sempre in questo tipo di dichiarazioni da parte cinese, riguardo ai rapporti col Vaticano e con la Santa Sede, che parlavano di un pericolo di intromissione negli affari interni, con il pretesto della religione, oppure che tiravano in ballo i rapporti diplomatici con Taiwan. Il linguaggio del portavoce fa invece riferimento ad un atteggiamento di pragmatismo, di flessibilità e in qualche modo indica la possibilità di trovarsi “a metà strada”: usa proprio questa espressione.

D. – Questa strada è il processo di miglioramento delle relazioni?

R. – Sì, chiaramente l’intervista del Papa, anche per intenzione dell’autore, il sinologo Francesco Sisci, non aveva toccato affatto i temi del rapporto tra il governo cinese, la Santa Sede e la Chiesa cattolica e neanche questioni strettamente politiche. Però evidentemente tanti in Cina hanno letto le parole di Francesco di ammirazione in riferimento alla saggezza del popolo cinese, le parole di stima verso la grande cultura, la grande civiltà, il contributo che la nazione cinese può dare alla risoluzione dei problemi a livello internazionale come un segno positivo e da valorizzare al livello delle relazioni bilaterali.

D. – Le reazioni sulla stampa locale sono state appunto tantissime. La testata in inglese “Global Times” legge le parole di Francesco come “note gentili”, parlando di un contributo ad “addolcire” le relazioni tra Cina e Santa Sede. Cosa si evoca?

R. – Le reazioni sono state tantissime, a tutti i livelli. Nelle 24 ore successive alla pubblicazione dell’intervista, c’erano già più di cento articoli e commenti che giravano sul web, sia sulle testate ufficiali, quelle più legate al Partito e al governo, sia sui blog, sui siti più popolari. Anche qui, nel linguaggio, c’è uno slittamento del lessico, c’è un fare riferimento ad un atteggiamento di pragmatismo, di flessibilità, di realismo, mentre cala il riferimento alle parole dell’autonomia e della indipendenza della Chiesa cinese rispetto alla Santa Sede. Chiaramente in alcuni passaggi dell’intervento del “Global Times”, che è una testata in inglese, considerata organo semi-ufficiale del Partito comunista cinese, si fa riferimento ancora a questo tipo di linguaggio. Secondo me, però, c’è un alleggerimento di questa insistenza che fa ben sperare.

D. – Ed è significativo proprio perché la testata in inglese è appunto considerata vicina al Partito comunista cinese…

R. – Evidentemente è un segno importante. Chiaramente bisogna tener conto pure di questo. Poi anche gli apparati cinesi, al loro interno, hanno differenti approcci. Si sa, per esempio, che il ministero degli Esteri è più addentro alla tematica del rapporto con la Santa Sede e quindi magari vari tentativi di dialogo e di spiegazione cominciano ad avere effetto.

D. – Di fatto la gente come ha accolto le parole del Papa, che ha inviato tra l’altro i suoi auguri al presidente e a tutto il popolo per il nuovo Anno Cinese e poi ha espresso grande apprezzamento per il Paese, per la sua cultura, per la sua saggezza?

R. – E’ stata veramente un’accoglienza - oserei dire - entusiasta. Le parole del Papa sono state percepite come un segno di grande amicizia e poi come un andare al cuore dei drammi, delle sofferenze, delle difficoltà, ma anche delle possibilità di rinnovamento, di cammino comune, rivolto un po’ tutto al popolo cinese. Questa era anche la caratteristica delle risposte. L’orizzonte è quello di lavorare insieme per il bene comune, il bene del mondo. Nell’orizzonte dello sguardo di Papa Francesco rispetto alla Cina c’è la percezione che anche la Santa Sede, la Chiesa cattolica, possano contribuire a disinnescare le prospettive che sono potenzialmente catastrofiche di una escalation, magari di uno scontro, tra l’Occidente e la super potenza cinese. La prospettiva suggerita dall’intervista del Papa è proprio quella di uno sviluppo condiviso che aiuti tutti i popoli a crescere nella pace e nell’armonia. Quindi una prospettiva, come diceva Papa Francesco, diversa da quella di Yalta, dove c’era stata la “spartizione della torta”. L’immagine, la metafora che ha usato il Pontefice è molto suggestiva. La torta deve rimanere unita. La torta è ciò che unisce tutta la famiglia umana e in questa torta chiaramente la Cina non può essere messa da parte, perché adesso è un attore globale imprescindibile. La prospettiva, però, non è quella della paura, quella del conflitto, ma di un camminare insieme a favore del bene della famiglia umana e curando insieme la nostra casa comune, che era stata anche la prospettiva dell’enciclica di Papa Francesco “Laudato sì”.

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Spoglie di Padre Pio e Leopoldo Mandić a Roma: la gioia dei fedeli

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Grande emozione e commozione tra i fedeli nella Basilica romana di San Lorenzo fuori le Mura dove ieri pomeriggio sono arrivate le spoglie San Pio da Pietrelcina e San Leopoldo Mandić, provenienti rispettivamente da San Giovanni Rotondo e da Padova, in occasione del Giubileo della Misericordia. Nel pomeriggio di domani saranno accompagnate processionalmente dalla parrocchia di San Salvatore in Lauro nella Basilica di San Pietro. Inoltre, proprio per questa occasione, sabato alle 10.00 in Piazza San Pietro, Papa Francesco concederà un’udienza speciale agli aderenti dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio e ai dipendenti della Casa Sollievo della Sofferenza. Il servizio di Marina Tomarro: 

Cardinale Vallini: "Cari fratelli e sorelle, abbiamo ascoltato dalla Parola di Dio un messaggio importante, che questa sera noi viviamo anche nella emozione spirituale, intensa, nella presenza di due testimoni, due campioni della Santità cristiana, che di queste parole hanno fatto il programma della loro vita. Nel Vangelo, Gesù ci ha detto: 'Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua Croce, e mi segua'. A me pare che, per scoprire il mistero della Santità di San Pio e di San Leopoldo, noi dobbiamo tener presente questi testi, queste luci, della Parola di Dio. Perché qui abbiamo la testimonianza viva di come queste parole di Gesù siano davvero indispensabili per essere felici e santi".

Con queste parole il cardinale vicario Agostino Vallini ha aperto la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Lorenzo fuori le Mura per l’arrivo delle spoglie di San Pio da Pietrelcina e San Leopoldo Mandic. Grande l’emozione delle migliaia di fedeli che sin dalla mattina aspettavano questo evento. Ascoltiamo i loro commenti:

R. – Padre Pio ha fatto nella vita del bene. Lui, nella sua umiltà, nella sua grande ubbidienza, ha superato ogni momento. Questo è il bello di Padre Pio: che ci ha dato un insegnamento di umiltà e di ubbidienza.

D. – Perché lei vuole tanto bene a Padre Pio?

R. – Vengo a ringraziarlo Padre Pio. Ho un fratello che ha avuto la leucemia nel 1998. Mi sono raccomandata a lui ... e il 23 di febbraio compirà 86 anni.

R. - È un grande santo. Ci insegna veramente come amare il Signore nella sofferenza e nella preghiera continua.

D. – Insieme a Padre Pio c'è anche San Leopoldo...

R. – Non si conoscevano San Leopoldo e Padre Pio. Eppure, tutti e due hanno seguito la stessa strada, seguendo Cristo.

R. – Io non l’ho conosciuto perché ero ragazzina, però mia madre e mia zia erano devotissime e dicevano che era di una modestia e di una dolcezza incredibili! Andavano per confessarsi… Quindi sono qui proprio in ricordo loro che sono tutte e due mancate.

R. – Io vengo dal Brasile. Lì si chiede tanto l’intercessione di Padre Pio. E le preghiere di tante persone vengono accolte. Quindi è una grazia vedere il suo corpo.

D. – Insieme a Padre Pio c’è anche San Leopoldo, grande confessore…

R. – Noi sacerdoti dobbiamo sempre cercare di andare dietro a queste figure che sono stati i grandi confessori: coloro che hanno saputo curare benissimo le anime, guidandole nelle vie del Signore.

R. – È molto importante, perché dobbiamo riconciliarci con Dio. E questi due Santi sono riconosciuti per il sacrificio che hanno fatto rimanendo tutto il giorno nel confessionale, uno nel Sud d'Italia, l’altro nel Nord, a Padova. È molto significativo.

Grande gioia anche per i tanti frati minori cappuccini giunti da tutta Italia, per questo straordinario evento. Il commento di padre Gianfranco Palmisani, ministro provinciale dei Frati minori Cappuccini del Lazio:

R. – È una grande grazia, per noi Cappuccini è una benedizione. Il Santo Padre ha voluto scegliere San Pio e, allo stesso tempo San Leopoldo, per l’Anno della Misericordia. Sono due esempi da seguire: noi come sacerdoti, soprattutto come Cappuccini, ci dobbiamo assumere una responsabilità in più: quella di fare come loro, dedicarci completamente al servizio della Confessione.

D. – Milioni sono i fedeli che ogni anno arrivano a San Giovanni Rotondo per poter pregare sulla tomba di Padre Pio. Allora perché, secondo lei, questo Santo attira tanto il popolo?

R. – Perché è un Santo che, come tutti i santi – ma Padre Pio in particolare – che ha davvero usato la misericordia nella sua vita; ha davvero esercitato il ministero della Riconciliazione. E soprattutto ha riportato i cuori al Cuore di Gesù. E credo che sia la cosa più importante: la fede. E oggi – mi permetto di dirlo – è la festa della fede per noi.

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Siria. Mons. Gallagher: urgente rafforzare impegno umanitario

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“Assicuro l’impegno della Chiesa cattolica a proseguire la sua assistenza umanitaria” nei confronti dei siriani. E’ quanto affermato dall'arcivescovo Paul R. Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, in occasione della conferenza dei Paesi donatori per la Siria oggi a Londra.

Chiesa aiuta tutti senza distinzioni di religione o etnia
Obiettivo della conferenza dal titolo “Sostenere la Siria e la regione” è di cercare una via d’uscita alla crisi umanitaria del Paese e di sbloccare i fondi per assistere i rifugiati e i Paesi vicini che li accolgono. L’arcivescovo Gallagher ha ribadito che “nel distribuire aiuti, le agenzie e gli enti cattolici non fanno distinzioni per quanto riguarda l’identità religiosa o etnica delle persone bisognose di aiuto, cercando sempre di dare la priorità a chi è più vulnerabile e bisognoso”.

A rischio la presenza dei cristiani in Medio Oriente
Mons. Gallagher ha poi sottolineato che in Siria, sconvolta da cinque anni di guerra, sono “particolarmente vulnerabili le minoranze religiose, tra cui i cristiani, che soffrono enormemente per gli effetti della guerra e degli sconvolgimenti sociali nella regione”. Di fatto, ha avvertito, “la loro stessa presenza e la loro esistenza sono fortemente minacciate”. Per questa ragione, prosegue, “Papa Francesco ha ripetutamente richiamato l’attenzione sui bisogni particolari dei cristiani e delle minoranze religiose in Medio Oriente”.

Santa Sede chiede nuovi fondi per aiutare le popolazioni
Quindi, il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati ha messo l’accento sull’aumento dei fondi stanziati dalla Santa Sede per rispondere alla crisi umanitaria in Siria e nella regione. “Date le immense necessità umanitarie – ha detto – la Santa Sede unisce la propria voce agli appelli per maggiori stanziamenti  destinati all’aiuto ai rifugiati e alle comunità ospitanti, che ne subiscono l’impatto”: Giordania, Libano, Iraq, Turchia ed Egitto.

Dalla Chiesa interventi umanitari per 4 milioni di siriani
Nel 2015, ha poi spiegato, gli enti della Chiesa cattolica, “con i fondi ricevuti grazie agli appelli lanciati dalle conferenze episcopali nazionali, alle donazioni private di fedeli cattolici in tutto il mondo e in collaborazione con governi e organizzazioni internazionali, hanno contribuito a fornire assistenza umanitaria per 150 milioni di dollari americani, di cui hanno beneficiato direttamente oltre 4 milioni di persone”. Le principali aree di priorità degli interventi da parte di enti cattolici nel 2015 sono state: educazione, assistenza alimentare e non alimentare, salute e infine gli alloggi. Altri 12 milioni di dollari statunitensi, ha concluso, sono stati utilizzati per fornire assistenza diretta in contanti, acqua e servizi igienici, sostentamento e assistenza socio-psicologica. (A cura di Alessandro Gisotti)

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10.mo morte don Santoro. La sorella: suo sacrificio seme di misericordia

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Il 5 febbraio di 10 anni fa, don Andrea Santoro, sacerdote fidei donum della diocesi di Roma, veniva ucciso nella Chiesa di Santa Maria a Trabzon, in Turchia, mentre pregava con la Bibbia in mano. Nel decennale del suo sacrificio, il cardinale vicario Agostino Vallini celebrerà una Messa in suo ricordo nella Basilica di San Giovanni Laterano, domani alle 19.00. Alessandro Gisotti ha chiesto alla sorella di don Andrea, la prof.ssa Maddalena Santoro di soffermarsi sui frutti spirituali sbocciati in questi dieci anni grazie alla testimonianza del sacerdote: 

R. – Il vissuto con don Andrea non è terminato, finito nel momento della morte o quando lo si è visto e ci si è parlato per l’ultima volta, ma è continuo. Molte persone, oltre a me che lo sento vivo, dicono: “Quello che ho vissuto con don Andrea, i suoi insegnamenti spirituali, i suoi orientamenti, le sue esortazioni, sono presenti”. Questa maturità cresce, proprio nel senso di radicamento nella Parola di Dio e nelle indicazioni che vengono dalla Chiesa.

D. - La testimonianza di suo fratello è stata quella di un cristiano in un contesto musulmano. Da alcuni è stato definito “l’uomo dell’incontro, nel tempo dello scontro di civiltà”. Questa è una testimonianza che in qualche modo serve ancora di più oggi rispetto a dieci anni fa …

R. - È vero. Infatti noi vediamo che negli scritti di quell’epoca di don Andrea – parlo di scritti, quindi lettere personali, private, pubbliche, che erano quelle che ci inviava proprio per comunicarci il suo vissuto in Turchia come fidei donum – c’è tanta profezia: lui ha anticipato i tempi in quello che ha detto. Ad esempio, lui già diceva proprio nel momento in cui partiva nel 2000: "Io vorrei attingere e consegnare un po’ di quella luce antica e nello stesso tempo dare a quel luogo, a quella luce un po’ di ossigeno perché brilli di più”. Ecco, lui vedeva questi due mondi in un certo senso lontani e il suo desiderio era quello che si avvicinassero! Perciò diceva: “Loro hanno bisogno di noi, del nostro senso universale della considerazione dell’uomo, della fede, ma anche noi abbiamo bisogno di loro per non morire di benessere, di materialismo, di progresso vuoto, illusorio …” Lui non parlava tanto di un discorso solo culturale, lui parlava proprio di un ravvicinamento a livello di fedi, non per credere nelle stesse cose; infatti lui diceva: “Il dialogo non è quando diciamo le stesse cose; possiamo dire cose diverse, però ci apriamo l’uno all’altro nel cogliere il positivo, l’amore verso l’unico Dio, verso gli uomini, insieme, come umanità”.

D. – In un suo scritto don Andrea Santoro afferma: “Fate fiorire la carità amando chi non vi ama, facendo del bene a chi vi fa del male”. Questo è un messaggio potente nell’Anno della Misericordia, considerando che don Andrea non solo lo ha scritto ma lo ha vissuto fino all’effusione del sangue …

R. – Questo è vero. Ha avuto sempre questa attenzione verso coloro che erano più lontani da Dio. E lui diceva: “Io devo andare nei crocicchi delle strade, come dice Gesù; devo andare per raccogliere tutti, i più lontani, i più diseredati, così che possano vestire la veste bianca”. Quindi questa attenzione significa non solo perdonare, ma propriamente porsi in atteggiamento di piena accoglienza anche di coloro che in quel momento ci stanno facendo del male, di coloro che in quel momento non vorrebbero questo atteggiamento di vicinanza, di fratellanza, di amore. E lui non chiuse mai la porta a nessuno!

D. – In qualche modo, nella sua persona, nella sua testimonianza don Andrea Santoro, impersonifica "la cultura dell’incontro" di cui Papa Francesco tanto ci parla e lui stesso testimonia con i suoi gesti prima ancora che con le sue parole, proprio come don Andrea …

R. – Sì, un incontro fatto veramente di sentimenti, di volontà, di amore e di accoglienza; un incontro veramente dell’altro come altro, chiedendo all’altro di porsi nei nostri confronti un po’ con lo stesso atteggiamento, ma non per rivendicare qualcosa, ma perché se non c’è l’amore, anche reciproco, è difficile che poi ci sia la pace.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Così si uccide la maternità: in prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia sul documento francese sull'utero in affitto.

La migliore eredità: Messa a Santa Marta.

Per alleviare le sofferenze del popolo siriano: intervento del segretario per i Rapporti con gli Stati alla conferenza di Londra.

Un articolo di Fabrizio Bisconti dal titolo "Oro, gemme e seta": a Betlemme risorge la basilica della Natività.

La tentazione di perdonarsi da soli: Lucio Coco sul dialogo tra Nikolaj Stavrogin e padre Tichon ne "I demoni" di Dostoevskij.

Leonardo in lavanderia: Gabriele Nicolò sulla decisione del Louvre di restaurare il "San Giovanni Battista".

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Oggi in Primo Piano



Siria, Paesi donatori a Londra. Appello di pace da Aleppo

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Delegazioni di 70 Paesi sono oggi a Londra per discutere di emergenza profughi e prospettive di ricostruzione della Siria, devastata da 5 anni di guerra che ha causato 260mila morti e 4,6 milioni di profughi all'estero. L’impegno totale atteso è di oltre 8 miliardi di euro. Ma sul terreno l’offensiva tra lealisti e ribelli cresce intorno ad Aleppo e la mancata intesa ha fatto sospendere fino al 25 febbraio prossimo i colloqui di pace iniziati a Ginevra. Il servizio di Gabriella Ceraso: 

Servono azioni coordinate specie via aerea per aiutare popolazioni bloccate in Siria. Russia e Stati uniti ritrovano una voce unica a Londra per spingere ciascuno a offrire il suo contributo umanitario ai siriani e ai Paesi vicini in cui hanno trovato rifugio milioni di profughi. Così arrivano le proposte, in misure diverse, dall'Ue e poi da Germania, Regno Unito e Italia con l’obiettivo di moltiplicare gli stanziamenti previsti dalla precedente conferenza in Kuwait in parte disattesi. Il ruolo del vertice di Londra resta importante nonostante siano stati sospesi i negoziati intra siriani ieri a Ginevra. Il parere di Matteo Pizzigallo ordinario di Relazioni internazionali alla Federico II di Napoli:

"Se la comunità si impegna sul terreno umanitario degli aiuti, fa comprendere alle milizie sul campo che la rotta è quella di cessare il fuoco, salvare e diplomatizzare la crisi. Da Londra può venire un forte messaggio nel quale si dice: “Noi decidiamo di aiutare la Siria comunque e fino in fondo e partendo da qui, che nessuno ha interesse a remare contro gli accordi sia quando si ritroveranno a Ginevra con Staffan de Mistura tra 20 giorni sia sul terreno di scontro, perché la comunità internazionale questa volta è decisa ad andare fino in fondo”.

Quando il 25 febbraio riprenderanno i colloqui di Ginevra si spera siano stati compiuti passi in avanti. Intanto ognuno cerca di guadagnare una posizione forte. Ancora Pizzigallo:

"Io azzardo una previsione: penso che alla fine tutti dovranno accettare la posizione delle potenze internazionali  e che quindi degli accordi che vanno rispettati a prescindere delle aspirazioni di alcuni dei vari gruppi presenti sul campo o dei loro 'protettori internazionali'. Non si può continuare ad avere questa grave situazione in Siria che sta provocando e danneggiando soltanto le popolazioni".

Ora la partita si gioca intorno alla roccaforte dei ribelli sunniti anti Assad, Aleppo. I raid dei lealisti sostenuti da Mosca e condannati dagli Stati Uniti e dalla Francia stringono d’assedio la città. Ci sarebbero anche tre bambini tra le vittime di oggi. La “situazione sul terreno è insostenibile” denuncia l’Onu e “l’escalation del conflitto è inquietante”. Lo conferma da Aleppo, il gesuita padre Ghassan Sahoui che dai nostri microfoni lancia anche un appello per la Siria:

R. – La situazione ad Aleppo sembra sempre più difficile. E’ quasi impossibile vivere dal punto di vista umano, quindi noi cerchiamo di sopravvivere.

D. – Vi sentite al sicuro in città? Quali sono le condizioni di ogni giorno?

R. – Sono giorni difficili. Anche se i combattimenti avvengono fuori, cade però qualche colpo di mortaio, e quindi la gente ha lasciato la propria casa in alcuni quartieri. Senza parlare delle altre condizioni di vita: da una decina di giorni non abbiamo acqua potabile, che è disponibile solo qualche giorno a settimana, grazie al governo. Ora, tutto questo è sotto l’autorità dell’Is. La gente cerca l’acqua dappertutto, essendo un elemento essenziale. Poi la mancanza di sicurezza, come pure la mancanza di elettricità. Ma quando chiedo, la gente dice: “Padre, possiamo anche continuare a vivere, ma sentiamo che non c’è futuro”. Quindi la gente sta cercando di fuggire, di partire. Dei quasi 150 mila cristiani che erano ad Aleppo ora ne sono rimasti forse 25 o 30 mila al massimo. Ho chiesto a qualcuno: “Cosa possiamo fare? Continuiamo a vivere così?” E questa persona mi dice: “No, padre, non possiamo fare altro che pregare”. E quindi io lancio un appello a tutti i cristiani, a tutto il mondo, di pregare soprattutto in questi giorni, in modo particolare per noi, ad Aleppo.

D. – Spero che la sua preghiera possa arrivare a quei grandi della Terra che in queste ore sono riuniti a Londra. Prima si erano riuniti a Ginevra, senza trovare una soluzione. Da Londra, potrebbe arrivare un aiuto finanziario…

R. – Magari, magari. Ma tutto quello che noi chiediamo è la pace. Senza la pace, infatti, senza trovare un modo per finire questa guerra difficile e feroce, la gente fuggirà. Anche se potremo vivere con un aiuto finanziario, quello che la gente chiede di più è la riconciliazione, la sicurezza e la pace. Sono cinque anni e non possiamo più sopportare tutto questo. La gente è davvero affaticata, è stanca, e vuole una soluzione definitiva a questa crisi.

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L'Italia chiede al Cairo indagine congiunta su morte Giulio Regeni

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Cresce la tensione in Egitto dopo l’annullamento delle condanne a morte per 149 sostenitori del destituito presidente islamico Mohamed Morsi, che nel 2013 a Kerdasa uccisero 11 poliziotti e 2 civili, e l’uccisione di quelli che, a detta dell’agenzia egiziana Mena, sono stati identificati come “due elementi terroristi molto pericolosi”. Una situazione difficile, segnata nelle ultime ore dal ritrovamento del corpo del ricercatore friulano Giulio Regeni, in un fosso alla periferia del Cairo. La salma presenta segni di tortura secondo il procuratore egiziano che si è occupato della vicenda, ma il Ministero dell'Interno smentisce e parla di lividi e abrasioni, frutto di un incidente in auto. L'Italia chiede un'indagine congiunta. Natalia La Terza ha chiesto all’esperto di problemi del Nord Africa, Luciano Ardesi, quale è oggi la situazione attuale in Egitto: 

R. – In questo momento, l’Egitto vive una situazione molto particolare: è apparentemente in una situazione di relativa tranquillità, ma ci sono due grossi problemi. Il primo, quello che ha più eco nella nostra opinione pubblica, riguarda gli attentati terroristici, riguarda naturalmente la morte del nostro giovane connazionale e attacchi di minore importanza di cui si conosce ancora molto poco. In secondo luogo, il problema economico dell’Egitto, il problema di una instabilità sociale molto forte che è poi quella che fa da sfondo – diciamo così – alle tensioni politiche e anche allo stesso terrorismo.

D. – A che punto è la lotta al terrorismo?

R. – Il presidente al-Sisi è molto impegnato nella lotta al terrorismo e si è dato tutti i mezzi per combatterlo, mezzi che sono – talvolta – anche molto discutibili e sono già sotto la lente delle Nazioni Unite; riguardano anche l’uso sistematico delle torture da parte della polizia e nei processi, come denunciano molte organizzazioni per i diritti umani, la salvaguardia dei diritti degli accusati non sempre è garantita.

D. – A che punto sono le misure per lo sviluppo interno, in Egitto?

R. – Il presidente al-Sisi, attraverso un’attività diplomatica molto importante, sta intrecciando rapporti economici molto intensi. Una settimana fa, la visita del presidente cinese – la Cina è molto presente in Egitto – e l’argomento principale usato dal presidente egiziano è quello che uno sviluppo economico del Paese attraverso l’intensificarsi delle relazioni economiche con il resto del mondo potrebbe dare quella stabilità che è il principale mezzo per sconfiggere alla lunga il terrorismo e l’instabilità politica.

D. – Il ministro per lo sviluppo economico, Federica Guidi, ha detto che l’Egitto è un Paese che deve crescere e che dobbiamo cercare di creare opportunità per i giovani. Che significato prende in questo contesto la morte di Giulio Regeni, un giovane che era lì proprio per lo sviluppo del Paese?

R. – Fino a quando le circostanze della morte di Giulio Regeni non saranno chiarite, è difficile pensare a ripercussioni sui rapporti tra l’Italia e l’Egitto, ma è vero che l’Italia può giocare un ruolo importante nelle future relazioni economiche – e non solo economiche – con l’Egitto, sia per la vicinanza sia per il fatto che l’Egitto è un importante punto di riferimento per tutto il mondo arabo e musulmano che in questo momento sicuramente ha un’attenzione particolare da parte della diplomazia italiana, ma anche degli investitori e del settore economico italiano.

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Siglato il Tpp, l'accordo di libero scambio Trans-Pacifico

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Un accordo che cambierà i rapporti economici globali nei prossimi anni. Si tratta del Partenariato Trans-Pacifico, il cosiddetto Tpp, siglato poche ore fa ad Auckland, in Nuova Zelanda, dai ministri del Commercio di Stati Uniti e altri 11 Paesi. L’intesa liberalizza gli scambi in un’area che rappresenta quasi il 40% del commercio mondiale. Ce ne parla Giancarlo La Vella: 

Le due sponde dell’Oceano Pacifico stringono un patto decisivo per la facilitazione e il conseguente aumento degli scambi di merci. L’intesa di Auckland di fatto assegna agli Stati Uniti il ruolo di Paese leader del commercio nell’area e rafforza la partnership di un organizzazione, della quale, oltre a Washington, fanno parte Australia, Nuova Zelanda, Canada, Cile, Perù e, sul fronte asiatico, Giappone, Malesia, Vietnam e Brunei, ma alla quale guardano con attenzione, tra gli altri, Filippine, Taiwan, Indonesia, Sud Corea, India e Thailandia. In attesa delle rispettive ratifiche, il presidente Obama plaude all’accordo e sottolinea il compito decisivo che gli Usa potranno avere nel 21.mo secolo in un’area altamente dinamica da punto di vista economico. Una sorta di sfida al colosso cinese, che, invece, continua a tessere la sua economia sulla base di rapporti bilaterali.

Per un'analisi sulla storica intesa, che liberalizza gli scambi in un’area pari al 40% del commercio mondiale, Giancarlo La Vella ha intervistato l’economista Riccardo Moro:

R. – Quest'accordo forse è più uno strumento di carattere geopolitico, che non commerciale ed economico. Nel senso che in questo trattato sono contenuti non solamente accordi tecnici, che facilitano i commerci, riducendo le barriere a questi ultimi, ma ci sono anche regole. E questo va obiettivamente riconosciuto. Ad esempio è citato il Codice del Lavoro dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), perché i prodotti esportabili siano frutto di un processo all’interno del quale c’è stato un rispetto dei diritti dei lavoratori ecc. Questa cosa è relativamente nuova rispetto ad altri trattati commerciali. Quello però che mi sembra rilevante è proprio il fatto che, anche in questo cercare di definire delle regole, c’è soprattutto il tentativo di creare un gruppo di Paesi che hanno relazioni privilegiate e non sono Paesi che fanno parte di aree regionali, che tradizionalmente lavorano in comune.

D. – Il Tpp rappresenta una sorta di sfida al colosso cinese, che continua, invece, con una politica economica fatta di intese bilaterali...

R. – Sì. La Cina non riesce a esercitare una leadership nella creazione di aree multilaterali. La risposta degli Stati Uniti, in questa che, di fatto, è una competizione molto pesante - ed è dunque una competizione politica, non soltanto economica e commerciale - ovviamente è quella di creare un’area più condivisa, in cui non ci siano solo dei rapporti commerciali o bilaterali, ma ci sia un’intesa più partecipata da un numero più grande di attori. Per cui, non è ancora un quadro che coinvolge tutti tranne la Cina; però è chiaro che la tendenza e il disegno sono quelli di creare un quadro forte, che possa essere domani inclusivo e nel quale la Cina poi possa chiedere di entrare, ma in cui le regole non siano monopolizzate da Pechino con rapporti bilaterali, ma siano condivise.

D. – L’economia mondiale sembra andare verso una realtà di macro-strutture: questo vuol dire mettere in crisi le economie più piccole dei Paesi in via di sviluppo?

R. –  Se si guarda ai risultati degli accordi di questo tipo più antichi, non è detto che i Paesi in via di sviluppo abbiano pagato dei prezzi più alti. C’è dall’altra parte un rischio ed è quello che la richiesta di rispettare determinati standard, che è in sé positiva per certi aspetti, possa, nel caso, ad esempio, dei prodotti farmaceutici, invece, comportare un generale aumento dei prezzi. Questo è ciò che sta facendo più paura, soprattutto nelle società civili del Sud del mondo.

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Mamma e papà sono fondamentali. La parola agli esperti

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Prosegue la discussione al Senato sulle unioni civili, mentre è acceso il dibattito nella comunità scientifica. Il presidente della società italiana di pediatria Corsello ha parlato di “possibili danni per i figli in una famiglia omosessuale”. Di diverso avviso il presidente della società italiana di psichiatria Mencacci secondo il quale” ciò che conta è la capacità affettiva dei genitori. Paolo Ondarza ha intervistato il prof. Alberto Villani, vicepresidente della Società Italiana di Pediatria: 

R. – Non sono stati condotti degli studi sufficientemente numerosi e lunghi per poter esprimere un parere definito. Va ribadito però che il professor Corsello, presidente della Società Italiana di Pediatria, ha detto quello che credo sia importante dire, ossia che va salvaguardata la figura del bambino; come pediatri non possiamo da un lato dire, ad esempio, che l’allattamento materno svolge un ruolo fondamentale e poi negare il ruolo della madre. Quindi la madre non può essere importante solo quando allatta o solo quando c’è la gestazione. Da anni ormai, grazie all’epigenetica si è ben compreso che un individuo è quello che è sua madre prima ancora di concepire l’individuo. Quindi è chiaro che nella formazione, nella crescita di un bambino, il ruolo materno e il ruolo paterno sono fondamentali.

D. - E che cosa dire per quanto riguarda la figura paterna?

R. - È difficilmente comprensibile la posizione del presidente degli psichiatri per il semplice fatto che quando un bambino presenta un disturbo del comportamento la prima cosa che viene fatta è il colloquio con i genitori ai quali quasi sempre viene spiegato quello che è il ruolo genitoriale, il ruolo materno, il ruolo paterno e come deve essere impostato il rapporto con il bambino. Quindi per molti dei comportamenti che non rientrano nella norma, il bambino non viene affidato direttamente al terapeuta, ma il primo passaggio fondamentale è proprio il colloquio con i genitori e il chiarire quelli che sono i compiti di ognuno dei due nel processo educativo.

D. - Quindi lei si sente di ribadire la necessità di una figura maschile e femminile, di un papà ed una mamma, per la crescita di un bambino?

R. - Questo senz’altro. Questa è sicuramente la condizione ottimale. Se poi si passa ai casi eccezionali, quelli a cui si fa riferimento, come ad esempio è meglio un bambino accudito con amore in questa situazione piuttosto che un bambino maltrattato in quest’altra, non è questo ciò che è interessante appurare. Noi dobbiamo prevedere per il bambino quella che è la sua situazione ottimale. Quindi senz’altro esiste un ruolo paterno, un ruolo materno, esiste anche addirittura una genetica diversa e innegabilmente questo ha un valore. Questo non significa che come pediatri noi non dobbiamo sempre farci carico di tutti i bambini indipendentemente dalla loro razza, dall’indirizzo politico, da tutti i fattori: come pediatri noi dobbiamo avere amorevole cura del bambino ed offrire a lui il meglio.

D. - Ritiene che all’interno del dibattito, chiaramente acceso, delle ultime giornate si stia tenendo conto dell’apporto della ricerca scientifica?

R. - Bisognerebbe conoscere nel dettaglio tutti i passaggi e tutto ciò che sta avvenendo. Quello che è certo è che non viviamo in una società, e questo non solo in Italia ma direi in molti Paesi, in cui il bambino abbia il massimo del rispetto. Quindi dire che molte delle cose che vengono fatte anche in un Paese civile come l’Italia siano prioritariamente nell’interesse del bambino onestamente ciò non mi sembra che accada. Come pediatri invece abbiamo tutto l’interesse che l’interesse del bambino prevalga sugli altri interessi.

Ascoltiamo ora l’opinione dello psicanalista Giancarlo Ricci, autore del libro “Il padre dov’era. Le omosessualità nella psicoanalisi”.  L’intervista è di Paolo Ondarza: 

R. – C’è una differenza tra il concetto di bambino e di figlio. Il “bambino” è piuttosto un oggetto d’amore, un oggetto pensato, progettato, desiderato. Il rischio è che, appunto, nelle coppie omogenitoriali sia considerato un oggetto. Altra cosa è il “figlio”, cioè qualcuno che si situa in un processo di filiazione, che è una filiazione simbolica, rispetto alla quale l’amore è necessario, ma non è sufficiente, nel senso che, certamente, un bambino deve crescere sano e, affettivamente, in una struttura particolare, ma – ripeto – il figlio è un’altra cosa.

D. – Si può stabilire un nesso tra una crescita sana di un bambino e la presenza, all’interno del nucleo familiare in cui vive, di un papà e di una mamma piuttosto che di due papà o di due mamme?

R. – Sì, a mio avviso si possono fare almeno due considerazioni. La prima, che è stata sottolineata da diversi giuristi, è che il figlio che nasce o che viene adottato da una coppia omosessuale perde immediatamente il diritto di avere un padre e una madre come la maggior parte di tutti i figli che nascono. Quindi si presenta una disuguaglianza fin dall’inizio. Evidentemente è una disuguaglianza che poi dovrà essere elaborata dal soggetto, perché riguarda il mito delle origini, riguarda la struttura della parentela, direi che è il cuore del soggetto. Per un individuo è essenziale sapere “da dove vengo”, per capire dove andare.

D. – Questo, quindi, ha delle ricadute esistenziali?

R. – Ha delle ricadute esistenziali soggettive, perché costringe un individuo a fare una fatica immensa per capire la storia delle proprie origini. La seconda considerazione concerne più un aspetto psichico in un processo evolutivo, riguarda l’identità sessuale. E’ evidente che un bambino che vive in una coppia omosessuale incontra diverse difficoltà nella costruzione e nel processo di creazione di una propria identità sessuale, nel senso che, abitualmente, l’identità sessuale di ciascun bambino, di ciascun figlio, si struttura a partire da un confronto con i genitori dello stesso sesso. Secondo alcune associazioni lgbt, se nei figli che crescono in famiglie omogenitoriali c’è una maggiore presenza di omosessualità, non c’è nessun problema… in realtà però il problema c’è e non è facile, non è semplice.

D. – Molti dicono che in tante famiglie in cui ci sono due genitori eterosessuali – un maschio e una femmina – ci sono tanti problemi che ricadono sui figli. Ecco allora che acquista la predominanza il discorso affettivo: ciò che conta è la capacità affettiva dei genitori, indipendentemente dal genere sessuale…

R. – A me sembra sempre ridicola l’obiezione di quelli che dicono “Sì, ma anche nelle famiglie eterosessuali ci sono dei problemi”. Bisogna distinguere: i casi della vita sono infiniti, ma qui stiamo parlando di una norma, cioè di una legge che norma una certa situazione. Allora è molto diverso. Certo, può accadere tutto di tutto, in qualsiasi situazione, ma non bisogna andare a procurare i problemi artificialmente, direi. 

D. – Si sente di dire che queste considerazioni andrebbero tenute in conto nel momento in cui si formula una legge in materia di unioni civili...

R. – Sì, assolutamente, ci vorrebbe un po’ di realismo. Di che cosa stiamo parlando? Di pochi casi, di alcune centinaia di casi per quanto riguarda l’adozione del figliastro, e di poche migliaia di casi per quanto riguarda le unioni civili. E’ evidente quindi che la vera questione ha un’altra natura: è più una questione ideologica e demagogica.

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Disabilità: via libera della Camera a legge "Dopo di noi"

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Si' dell'Aula della Camera dei Deputati alla legge sul “Dopo di noi', che prevede misure in materia di assistenza per i disabili senza sostegno familiare. Ora il provvedimento passa al Senato. Il servizio di Alessandro Guarasci: 

Sono circa 630 mila in Italia le persone con gravi disabilità che vivono da sole, la maggioranza ha più di 65 anni. E le stime dicono che, entro il 2019, quasi 13 mila persone in più vivranno quella condizione del “dopo di noi” che tanto preoccupa le famiglie. L’angoscia di tanti genitori che accudiscono un figlio disabile è come e da chi questo sarà assistito quando loro non ci saranno più. Con un fondo pubblico di 90 milioni per quest'anno e i primi 150 milioni nel triennio, le regioni e tutti i soggetti interessati possono garantire percorsi personalizzati per i disabili gravi. Il commento della deputata del Pd, Ileana Argentin, prima firmataria di una delle proposte di legge confluite nel testo unificato:

R.- “Cambia che i genitori delle persone con disabilità potranno pensare a quando non ce la faranno più con maggiore tranquillità. Nel senso che ci sarà il supporto, attraverso case famiglia e sistemi alloggiativi molto vicini alla proprie residenzialità, se non casa propria, in cui i ragazzi potranno continuare a vivere serenamente. E i genitori sapranno accompagnati da chi e come perché diverranno protagonisti di questo piano di intervento. Sono almeno quattro anni che ci lavoro. Ad esempio il Movimento Cinque Stelle sostiene con forza che già ci sono delle leggi che lo prevedono, ma non è così, perché le altre leggi non prevedono un fondo specifico! E le assicuro che noi stiamo regalando non solo tanti sorrisi a questi familiari, ma – mi conceda, anche se è forte questo – anche il "lusso di morire", da parte di molte mamme e papà”.

Il risultato delle votazioni: 374 sì e 75 no. Per il ministro del Lavoro Giuliano Poletti questa legge è un atto di civiltà. 

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Giornata contro cancro. L'oncologo Pinto: più risorse e prevenzione

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Oggi, Giornata internazionale contro il cancro. Sono oltre 8 milioni le vittime di tumori ogni anno nel mondo e il principale fattore di rischio resta il fumo di sigarette, ma il 40% dei decessi potrebbe essere evitato con la prevenzione, a partire dagli stili di vita. L’Italia è tra i Paesi con tassi di guarigione più alti in Europa, 6 pazienti su 10 riescono a sconfiggere la malattia, come rileva l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom). Roberta Gisotti ha intervistato il presidente Carmine Pinto, direttore dell’Unità operativa di oncologia medica al Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna: 

D. - Prof. Pinto, a che punto è la lotta al cancro, sia livello di diffusione delle patologie tumorali che di guarigioni?

R.  – Nel mondo industrializzato la strategia di controllo del tumore ha fatto dei grandi passi in avanti, sia riguardo gli screening per la prevenzione che le cure, con miglioramenti sostanziali nella riduzione della mortalità e nella sopravvivenza. Diverso è il discorso dei Paesi emergenti e del Terzo Mondo dove abbiamo anche tipi di tumori diversi. Pensiamo ad esempio all’America Latina dove il tumore alla cervice uterina è un tumore importante diagnosticato in fase avanzata, tra l’altro curato in situazioni talvolta molto precarie e da noi è invece un tumore assolutamente inesistente. Per cui in quei Paesi c’è molto da fare, specie in America Latina e in Africa per la prevenzione e la formazione del personale.

D. – Parlando di prevenzione, cosa si intende per stili di vita? C’è chi per esempio propugna diete particolari o attività fisiche determinate o altro ancora per mantenersi sani …

R. - Avere stili di vita corretti vuol dire aver cura della propria persona. Quindi non adottare una serie di atteggiamenti, in primis il fumo di sigarette, che è causa primaria del tumore al polmone. In Italia non si riduce la mortalità di questo tumore nelle donne perché le donne sostanzialmente hanno continuato a fumare mentre gli uomini per fortuna hanno ridotto questa abitudine. Quindi stile di vita vuol dire prima di tutto evitare fumo e alcol eccessivo, poi è importante avere un’alimentazione corretta. Come detto tante volte, non sto a demonizzare le carni rosse, non è il problema della bistecca una volta alla settimana che è come mezzo bicchiere di vino una volta al giorno. Il  problema è aver una dieta con tutti gli ingredienti, quindi una dieta mediterranea con vegetali, olio di oliva, frutta. Anche il movimento è importante, perché l’obesità è uno dei fattori che può favorire non solo il cancro ma anche patologie cardiovascolari. Questo è rilevante, a livello educativo soprattutto per i più giovani. A questo va aggiunto, ed è importantissimo per un Paese come il nostro la prevenzione secondaria e quindi l’adesione a programmi di screening per i tumori del colon retto, alla mammella e alla cervice uterina, che sappiamo riducono l’impatto tumorale e ovviamente riducono la mortalità.

D. - Sappiamo che in Italia abbiamo buone statistiche di guarigione, però ci sono anche forti preoccupazioni per la diminuzione della spesa sanitaria …

R. - Questo è un grande problema, perché oggi abbiamo e stanno arrivando farmaci nuovi e novità su tutta la gestione del malato oncologico. Dovremo quindi trovare risorse e strategie: da una parte riorganizzare il sistema quindi percorsi, reti oncologiche, l’appropriatezza e questo è già un sistema di risparmio; dall’altra dovremmo trovare dei fondi diversi. Noi abbiamo proposto un fondo nazionale che utilizzi parte dei proventi della vendita di sigarette per dare la possibilità a tutti i malati del nostro Paese di accedere ai nuovi farmaci. Questo è un problema di cui ci rendiamo conto. Nel momento in cui vogliamo curare dobbiamo anche cercare di capire al meglio come avere le risorse.

D. - È importante che ci sia tutta l’attenzione necessaria su questo …

R. - Io direi che l’attenzione c’è – noi stiamo incontrando anche gli organismi istituzionali perché questo venga garantito – e penso che il nostro Paese andrà in questa direzione.

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In Vaticano la proiezione del Film "Risorto" di Kevin Reynolds

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Sarà proiettato oggi pomeriggio nella Sala di Palazzo San Carlo in Vaticano – prima dell’uscita negli Stati Uniti a metà febbraio e in Italia il mese successivo – “Risorto”, l’ultimo film del regista americano Kevin Reynolds, in cui è protagonista il tribuno romano Clavio incaricato di fare luce sulla sparizione dal sepolcro di un corpo appena crocefisso, quello di Gesù. Il servizio di Luca Pellegrini

Furono tre giorni cruciali da quando Gesù venne disteso sulla pietra fredda in un sepolcro. Sua Madre e i suoi discepoli e Maria Maddalena nel dolore di una morte, nell’attesa di una promessa. “Risorto” inizia dalla croce e termina con l’Ascensione del Signore in un lampo di luce. Kevin Reynolds dirige con mano felice e rispettosa del Vangelo una detective story – in questo prendendosi le opportune libertà narrative e ricordando molto da vicino “L’inchiesta” di Damiano Damiani – nella quale sono protagonisti il tribuno Clavio incaricato da Pilato di scoprire il mistero della sparizione del corpo di Gesù, Pilato che gli ordina tale compito senza presagire le crepe che la Resurrezione e la missione apostolica infliggeranno all’Impero che rappresenta, Caifa e il Sinedrio in preda al panico e gli Undici che, dopo i dubbi e i timori, gioiranno per il Risorto e riceveranno il compito di portare la Buona Novella fino ai confini della terra. Joseph Fiennes, il protagonista, ieri ha partecipato all’udienza generale di Papa Francesco. Così il suo ricordo:

R. - Time at the Vatican was phenomenon and we never dreamt that the end of our movie …
Il tempo passato in Vaticano è stato fantastico e mai avremmo pensato che la destinazione finale del nostro film sarebbe stata a Roma, in Vaticano. Quindi, questo è stato un momento molto speciale, prezioso. Del film non è stata detta una parola, perché non era il momento di parlare del film; era piuttosto il momento per centinaia di persone di godere dell’esperienza di un vero, straordinario galantuomo, quale è Papa Francesco.

D. - Perché ha accettato di partecipare alla realizzazione di “Risorto”?

R. - Essentially, the thing that attracted me to this film is that we get to see the crucifixion, the …
Quello che in questo film, mi ha attratto è che arriviamo a vedere la crocifissione, la resurrezione – un bel po’ di avvenimenti, in un solo film! – attraverso gli occhi di un non credente. C’è un elemento nella storia dell’indagine che è la versione ‘fiction’ delle Scritture. Abbiamo quindi una sorta di matrimonio – per così dire – tra la Scrittura e la fiction storica.

D. - Come interpreta la dimensione spirituale del suo personaggio?

R. - So, the spiritual aspect, that what you are asking: of course, Clavius goes on a very interesting journey. …
Considerando l’aspetto spirituale - che è la domanda che lei ha fatto – naturalmente Clavio intraprende un viaggio molto interessante. Da quel viaggio io ritengo la redenzione come elemento principale: l’idea di una seconda possibilità.

D. - Lei ha interpretato anche Lutero. Che cosa l’attrae di questi personaggi?

R. - I think consciously or subconsciously a strong attraction to characters, historical or non-fiction, …
Penso di avere una forte attrazione, consapevole o inconsapevole, nei riguardi di determinati personaggi – storici, non di fantasia – come ad esempio, come lei ha detto, Martin Lutero che ha portato la Riforma alla Chiesa forse un centinaio di anni prima del dovuto. Queste persone esercitano su di me un richiamo speciale, perché essi hanno alzato l’asticella dell’integrità umana o della loro personale evoluzione e perché hanno una fede alla quale rimangono fedeli: sanno superare la tempesta, quando a volte io non sono capace di farlo. Mi piacciono le persone che hanno quell’integrità morale che porta ad una loro più alta evoluzione. La parola “fede” è collegata a questo viaggio, a questo percorso; forse è questo l’elemento dal quale mi sento attratto.

D. - “Risorto” uscirà in tutto il mondo nell’Anno giubilare della Misericordia. Come inquadrerebbe il film nell’attuale situazione storica e politica?

R. - I think that we are going through a special time, today, and have been all through the existence …
Credo che stiamo attraversando un’epoca particolare oggi, come è accaduto in realtà nel corso di tutta la storia dell’umanità. Penso che non abbiamo concetto o idea dell’esito che questa rivelazione potrebbe avere. Lavori con un’idea rivolta al pubblico: loro sono i destinatari finali. E tu speri che il film possa illuminare, stimolare e intrattenere. Mi piace pensare che il successo di questo film lo si possa trovare nel fatto che coloro che hanno care le Scritture e coloro che non credono possano sedere insieme nello stesso ambiente e godersi il film. Non sarebbe meraviglioso se tutte le persone di ogni ambiente di vita e di ogni denominazione e fede potessero sedere nello stesso ambiente e godersi qualcosa insieme? Penso che questo potrebbe essere il vero successo del film.

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Nella Chiesa e nel mondo



Caritas Libano: più aiuti per fermare guerra e traffico armi

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“La cosa più importante, il punto iniziale è fermare questa guerra. Bisogna far tacere le armi, oggi e non domani, l’urgenza aumenta ogni giorno che passa. Sino a che vi sarà la guerra non si potranno mai risolvere i problemi anzi, il conflitto è destinato a intensificarsi”. È l’appello, lanciato attraverso l'agenzia AsiaNews, da padre Paul Karam, direttore di Caritas Libano, da quattro anni in prima fila nell’accoglienza del flusso continuo di famiglie siriane (e non) che fuggono dalla guerra.

Nel conflitto prevalgono gli interessi personali
In questi giorni il sacerdote si trova a Londra, per partecipare alla Conferenza internazionale dei Paesi donatori iniziata oggi. “Sino a che vinceranno gli interessi personali - avverte padre Karam - e si continuerà ad alimentare il traffico di armi, a pagarne il prezzo sarà la popolazione civile, i poveri, quanti lavorano ogni giorno per guadagnare il pane quotidiano per sopravvivere e dare un’educazione ai figli”. 

La cosa più importante è fermare la guerra
Caritas Libano in questi anni non ha mai fatto mancate l’assistenza, garantendo non solo cibo e aiuti ma anche sostegno psicologico e favorendo il confronto fra cristiani e musulmani, in particolare fra i giovani. “È importante intervenire sotto l’aspetto sanitario, garantire l’educazione dei bambini per dare loro un futuro - riferisce padre Kamar - ma la cosa più importante è fermare la guerra. Questa è una responsabilità della comunità internazionale, che deve trovare una soluzione per bloccare il traffico di armi. Non si può continuare così… si trovano sempre i soldi per le armi, per distruggere, e non per fermare le violenze e aiutare la popolazione. Dobbiamo fermare questa tragedia”. 

Il cammino tracciato da Papa Francesco nei suoi appelli alla pace
Per il direttore di Caritas Libano il cammino è quello tracciato da Papa Francesco nei suoi appelli alla pace. In questo senso il fallimento - attuale - dei negoziati di Ginevra è fonte di “grande dispiacere”, perché le parti “devono trovare la pace e guardare al bene del popolo, non all’interesse personale”. “Il Medio oriente è un vulcano in subbuglio - conclude il sacerdote - speriamo che la comunità internazionale si svegli, rilanciando la solidarietà fra i popoli e l’aiuto ai migranti”. (R.P.)

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Caritas Svizzera chiede fondi per aiuti umanitari ai siriani

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La Caritas Svizzera si unisce all’appello rivolto da  numerose organizzazioni non governative alla Conferenza internazionale “Sostenere la Siria e la regione” organizzata oggi a Londra dal Regno Unito,  insieme alla Germania, al Kuwait, alla Norvegia e alle Nazioni Unite per cercare una via d’uscita congiunta alla crisi umanitaria del Paese.

Sbloccare i fondi necessari per gli aiuti umanitari
Le ong – riferisce l’agenzia Apic - chiedono agli Stati partecipanti di assumersi le loro responsabilità verso le vittime della guerra siriana e di sbloccare i fondi necessari per gli aiuti umanitari. La situazione della popolazione civile è infatti catastrofica e l’emergenza è ben lungi dall’essere risolta: anzi, minaccia di aggravarsi anche a fronte allo stallo politico e ad un conflitto entrato nel suo sesto anno che non accenna a finire.

Necessari finanziamenti anche per progetti a lungo termine
Le ong ricordano che i diritti umani continuano ad essere calpestati in Siria, mentre la comunità internazionale è meno disposta a finanziare i programmi di aiuto. Di qui il pressante appello a garantire finanziamenti sostanziosi che coprano i bisogni reali e a lungo termine per i programmi di aiuto delle agenzie Onu e delle organizzazioni non governative.  Oltre agli aiuti di emergenza, sono infatti necessari progetti che creino opportunità economiche e di lavoro sia ai rifugiati siriani, sia alle popolazioni locali dei Paesi vicini che li accolgono. Le ong chiedono poi l’immediata cessazione degli attacchi contro la popolazione e contro le strutture civili come le scuole e gli ospedali e piena libertà di movimento in Siria per potere assistere le persone che hanno bisogno di assistenza. (L.Z.)

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Australia: Chiese contro la deportazione dei rifugiati

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Le Chiese cristiane d’Australia si sono offerte di ospitare centinaia di migranti che il governo vuole deportare sull’isola di Nauru. La dichiarazione delle congregazioni - riporta l'agenzia AsiaNews - arriva poche ore dopo la decisione dell’Alta Corte nazionale, secondo cui è “legittima” la decisione di spostare i richiedenti asilo dal territorio nazionale all’isola della Micronesia. Il gruppo in questione è composto da più di 260 persone, fra cui 37 bambini.

La vicenda dei rifugiati è una questione morale
Il primate anglicano Peter Catt ha dichiarato che le chiese prescelte – una decina, fra cui la cattedrale di Brisbane – stanno “reinventando l’antico concetto di santuario (rifugio, con diritto di asilo-ndr). È vero che si tratta di una definizione ancora non testata dalla nostra legge, e credo che se le autorità dovessero scegliere di entrare nelle chiese e portare via le persone con ogni probabilità sarebbe una mossa legale”. Tuttavia, aggiunge, “si tratta di una questione morale, e non farebbe buona impressione. Non penso che qualcuno voglia osare tanto”.

In Australia non possono essere accolti neppure i veri rifugiati politici o civili
La stragrande maggioranza dei migranti che cerca di raggiungere l’Australia via mare viene arrestata e portata nei centri di detenzione della Papua Nuova Guinea o di Nauru. L’isola di Manus è tristemente nota per la situazione che vi si è creata a causa di tensioni relative alla migrazione. Secondo la legge, non possono essere accolti in Australia neanche se vengono ritenuti veri rifugiati politici o civili. A fianco delle chiese si sono schierati migliaia di australiani, che sono scesi in piazza contro la deportazione di migranti. Tutti portavano cartelli con su scritto “Malcolm Turnbull, lasciali rimanere”. Turnbull è l’attuale primo ministro del Paese. Intanto, un’inchiesta della Commissione nazionale per i diritti umani ha sottolineato il rischio di disordini mentali per coloro che vengono rinchiusi nei campi profughi, soprattutto per i bambini.

Difficile realizzare il progetto delle Chiese in favore dei rifugiati
​Misha Coleman, della task force delle Chiese australiane per rifugiati, ammette che “sarà difficile spostare fisicamente i richiedenti asilo dai Centri di detenzione ai nostri santuari, ma potremmo riuscirci”. Da parte sua, il ministro per l’Immigrazione Peter Dutton ha dichiarato che i cristiani “hanno il diritto alle proprie opinioni, ma non sono al di sopra della legge australiana”. (R.P.)

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Chiesa Filippine: per le Ceneri, Campagna per i bambini malnutriti

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Raccogliere denaro sufficiente per sfamare almeno 25mila bambini malnutriti in tutte le Filippine. Questo l’obiettivo fissato per il 2016 dalla campagna di raccolta fondi "Fast2Feed" (“Digiunare per nutrire”), promossa annualmente nel primo giorno di Quaresima dalla fondazione “Pondo ng Pinoy”, il noto ente caritativo cattolico fondato dal cardinale Gaudiencio Rosales, arcivescovo emerito di Manila. 

Donare i soldi risparmiati con il digiuno del Mercoledì delle Ceneri ai bambini
L'iniziativa si rivolge ai fedeli chiedendo loro di donare il denaro risparmiato con il digiuno il prossimo 10 febbraio, Mercoledì delle Ceneri, per l'acquisto di cibo. Anche quest’anno in prima fila nella promozione del progetto vi è il cardinale arcivescovo di Manila Luis Antonio Tagle, che in una lettera pastorale esorta i fedeli a donare i soldi non spesi a favore dei bambini malnutriti, come gesto concreto di carità in questo Giubileo della Misericordia. “Bastano 1.200 pesos filippini (poco più di 26 dollari), ossia 10 pesos al giorno, per trasformare in sei mesi un bambino affamato o malnutrito in un bambino sano”, scrive nella lettera il porporato, che è anche l’attuale presidente della fondazione “Pondo ng Pinoy”.

21mila bambini sfamati nel 2015 grazie ai fondi raccolti dal "Fast2Feed"
​Istituita nel 2004  la fondazione ha dato ai fedeli filippini l'opportunità di aiutare migliaia di bambini bisognosi nel modo più semplice possibile. Nel 2015 le donazioni sono servite ad offrire pasti caldi per sei mesi a 21mila bambini sottonutriti o malnutriti. Oltre al cibo, il programma fornisce anche corsi ai genitori, per insegnare loro a dare una buona alimentazione ai loro figli. (L.Z.)

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Sri Lanka. Card. Ranjith invoca pace e unità per il Paese

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“Pace, unità, armonica convivenza tra tutte le comunità presenti nella società”: sono questi i valori più importanti da ricordare nel giorno dell’indipendenza dello Sri Lanka, che si celebra oggi. Lo sottolinea il card. Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo in un messaggio ripreso dall’agenzia Fides, in cui esorta la nazione a guardare avanti, dopo aver superato i traumi di una lunga guerra.

Il porporato chiede l'unità di tutti i leader politici
Il card. Ranjith ricorda: “E’ ben noto che avremmo potuto ottenere l'indipendenza sconfiggendo il colonialismo britannico grazie agli sforzi del popolo, unito per un unico obiettivo. Non siamo riusciti a conseguirlo in quanto il nostro Paese è stato diviso in base a etnie e opinioni politiche”. “La necessità prioritaria di questo momento – prosegue – è che tutti i leader politici e religiosi lavorino uniti per lo sviluppo del Paese e che proteggano i diritti, la cultura nazionale, le libertà, per costruire l'equità, la giustizia, l'uguaglianza, la verità e la convivenza. E’ dovere di tutti, politici e semplici cittadini, svolgere le proprie responsabilità e i propri obblighi con massimo impegno per conseguire tale nobile obiettivo”. 

Valorizzare l'indipendenza
​“Preghiamo il nostro Dio Onnipotente – conclude il messaggio – perche ci dia la forza e il privilegio di esercitare con piena lealtà il compito di valorizzare ulteriormente l'indipendenza che la nostra patria ha guadagnato”. (P.A.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 35

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