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Sommario del 24/12/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Il Natale di Francesco: nel Bambino Gesù contempliamo il Figlio di Dio

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La Chiesa festeggia in tutto il mondo la nascita del Salvatore. Alle 21.30 il Papa presiede la Messa della Notte di Natale nella Basilica di San Pietro. E’ il quarto Natale di Papa Francesco, che questo 25 dicembre ricorda anche l’80.mo anniversario del suo Battesimo. Ieri pomeriggio si è recato al Monastero "Mater Ecclesiae" in Vaticano per porgere come ogni anno gli auguri a Benedetto XVI. Il servizio di Sergio Centofanti

In questa notte risplende una grande luce, gli angeli annunciano ai pastori di Betlemme una gioia grande: “Anche i nostri occhi” - aveva detto il Papa nell’omelia dell’anno scorso - possano “riempirsi di stupore e meraviglia, contemplando nel Bambino Gesù il Figlio di Dio”. Questa notte “viene veramente Dio. Non c’è posto per il dubbio - afferma Papa Francesco - lasciamolo agli scettici che per interrogare solo la ragione non trovano mai la verità. Non c’è spazio per l’indifferenza, che domina nel cuore di chi non riesce a voler bene, perché ha paura di perdere qualcosa. Viene scacciata ogni tristezza, perché il bambino Gesù è il vero consolatore del cuore”. Con la sua nascita “tutto cambia. Il Salvatore del mondo viene a farsi partecipe della nostra natura umana, non siamo più soli e abbandonati”.

Durante la Messa, al momento del “Gloria”, un gendarme ed un vigile del fuoco del Vaticano si recheranno in Piazza San Pietro per porre l’immagine del Bambino Gesù nella mangiatoia del Presepe, offerto quest’anno da Malta.

Al termine del rito verrà eseguito il tradizionale canto natalizio “Tu scendi dalle Stelle”, che quest’anno seguirà fedelmente il manoscritto originale dell’autore: Sant’Alfonso Maria de’ Liguori.

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Papa nomina mons. Desfarges arcivescovo di Algeri

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In Algeria, Francesco ha nominato Arcivescovo Metropolita di Algeri, mons. Paul Desfarges, S.I., finora Vescovo di Constantine. Per una biografia di mons. Desfarges, consultare il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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Oggi in Primo Piano



Al via a Betlemme il Natale in Terra Santa

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Clima di gioia in Terra Santa per le festività natalizie. Oggi l’ingresso di mons. Pizzaballa nella Basilica della Natività a Betlemme, dove c’era per noi Sara Fornari: 

Rulli di tamburo e fischi di cornamuse: è l'immancabile accoglienza riservata agli ospiti nelle occasioni solenni a scandire come sempre il giorno della Vigilia in cui l’arcivescovo a guida del Patriarcato latino di Gerusalemme fa il suo solenne ingresso nella Basilica della Natività, dando inizio al Natale di Betlemme. Accolto - secondo il rituale dello status quo vigente nei santuari condivisi dal clero armeno e ortodosso, mons. Pizzaballa sta entrando in Basilica. Solo 10 chilometri dalla Città Santa dove questa sera inizia la festa di “Hanukka”, la festa della luce, ma oltre il muro di separazione a Betlemme sono iniziate le celebrazioni del Natale con la manifestazione civile che coinvolge centinaia di ragazzini e bambini cristiani e musulmani; una lunghissima parata di scout con le cornamuse ha accolto l’amministratore apostolico, giunto col tradizionale corteo dal Patriarcato, facendo tappa lungo la strada al monastero ortodosso di Mar Elias e salutato dal comitato di cristiani locali. Poi il passaggio per la Tomba di Rachele, aperta solo in occasioni come questa, una enclave difesa dall’esercito israeliano all’interno della muraglia che divide Betlemme da Israele.

Nell'incontro per gli auguri con i rappresentanti della piccola comunità latina di Gerusalemme, mons. Pizzaballa si è detto contento di essere accompagnato, secondo la tradizione, da Gerusalemme a Betlemme, "un segno che le due comunità sono unite; una tradizione – ha detto – che indica che c'è ancora una comunità cristiana".

Questa notte mons. Pierbattista Pizzaballa presiederà la Messa pontificale a cui è attesa la partecipazione di Mahmoud Abbas. 600 i permessi concessi ai cristiani di Gaza per il Natale. La cittadina palestinese finalmente oggi è nel cuore del mondo: gli addobbi, i visitatori, i pellegrini portano il sapore della gioia in una realtà di difficoltà economica e isolamento. Il clima di festa riunisce la popolazione tutta, in maggioranza musulmana, per l’evento che si svolge attorno alla Basilica della Natività. Nella Piazza della Mangiatoia ha visibilità la minoranza cattolica, che festeggia oggi il suo Natale.

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Mobeen: la fede di Asia Bibi più forte dell'odio e della prigionia

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“Vorrei solo dire che non odio nessuno. Perdono tutti e prego per quanti mi hanno fatto del male”. Sono le toccanti parole di Asia Bibi, la donna cristiana pakistana condannata a morte ingiustamente per blasfemia. A raccoglierle e a farle conoscere al mondo, è stato il giornalista Paolo Affatato sul sito Vatican Insider. Questo del 2016 è il settimo Natale che Asia Bibi trascorre in carcere, ma sono tanti i cristiani, e non solo, che vivono nel terrore a causa della legge anti-blasfemia vigente in Pakistan. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

“Una preghiera, la lettura di un passo biblico, un dolce da mangiare insieme. Nel suo povero Natale, celebrato in un carcere del Pakistan in un incontro di soli trenta minuti con il marito e le due figlie, Asia Bibi lancia un solo messaggio al mondo che segue col fiato sospeso la sua vicenda: ‘Vorrei solo dire che non odio nessuno. Non odio quanti mi hanno fatto soffrire in tutti questi anni. Perdono tutti e prego per quanti mi hanno fatto del male’”. Lo riferisce il giornalista dell’Agenzia Fides, Paolo Affatato, in un ampio articolo su Vatican Insider. Asia Bibi, scrive Affatato, “vive la sua drammatica condizione grazie alla preghiera e alla lettura quotidiana della Bibbia”. Una sorta di “lungo ritiro spirituale” in cui la donna cristiana ha maturato “una profonda consapevolezza di sé, della sua storia, del suo destino, che esula da ogni ragionamento o rivendicazione umana e giunge al cuore dell’esperienza cristiana”. 

Il 19 dicembre l’incontro in carcere con il marito e le figlie
Il 19 dicembre scorso, riferisce sempre Vatican Insider, suo marito Ashiq Masih, le due figlie Aisha ed Esham, accompagnate dal tutore della famiglia Joseph Nadeem, hanno potuto farle visita in carcere e, in un incontro di soli trenta minuti, hanno celebrato il Natale con Asia. Due secondini, prosegue Vatican Insider, hanno registrato ogni parola detta in quella fugace conversazione. Dopo le parole di perdono e di benedizione, “Asia ha voluto ringraziare nuovamente il Papa e quanti continuano a pregare per lei”, riferisce Nadeem a Vatican Insider. Ha inoltre “espresso la convinzione che, grazie alla volontà di Dio, sarà presto libera”. Il tormentato caso legale di Asia Bibi è davanti alla Corte Suprema, terzo grado di giudizio. L’udienza prevista ad ottobre scorso è stata rinviata perché uno dei magistrati si è tirato indietro all’ultimo minuto. Attualmente l’avvocato della donna non ha notizie né indicazioni orientative su quando una nuova udienza potrebbe essere fissata.

Prof. Mobeen: Asia Bibi simbolo di tanti cristiani perseguitati in Pakistan
Sull’eroica testimonianza di fede di Asia Bibi e sulla condizione dei cristiani in Pakistan, abbiamo raccolto la riflessione del prof. Mobeen Shahid, presidente dell’Associazione dei Pakistani Cristiani in Italia:

R. – I cristiani in Pakistan vivono una vita quotidiana normale finché poi a un certo punto non c’è un amico, un conoscente, un vicino, che li accusa ingiustamente per varie gelosie sociali, economiche, abusando di questa legge sulla blasfemia, riducendo la loro vita a un inferno su questa terra, dovendosi poi nascondere. Da 7 anni la famiglia, i figli e il marito di Asia Bibi, per esempio, vivono una vita di nascosto, una vita segreta, quasi anche anonima. So che alcuni figli si sono sposati ma Asia Bibi stando in carcere, ha potuto solo pregare per la loro felicità e serenità, ma non ha potuto essere presente a questi matrimoni. Per cui la vita di Asia Bibi è una sofferenza continua, sia a livello fisico che psicologico. Ha vissuto anche momenti in cui ha rischiato la vita o perché c’era una collega che è nel carcere femminile che voleva ucciderla, oppure il giudice che all’inizio voleva convertirla con la sua testimonianza di vita quotidiana vissuta pienamente, con testimonianza anche della fede, perché lei ha rifiutato di convertirsi all’islam e ha preferito vivere carcerata da cristiana che libera da musulmana. Questo è un impatto forte che c’è stato anche come racconto della vita dei cristiani specialmente testimoniata da Asia Bibi. Ricordiamo che non è l’unica donna accusata per abuso della legge sulla blasfemia e non è neanche l’unica vittima.

D. – Ci sono figure cristiane, anche musulmane, che hanno pagato con la vita per essersi opposte alla legge antiblasfemia e all’incarcerazione di Asia Bibi. Oggi qual è la situazione in Pakistan? C’è qualche possibilità, qualche speranza di una possibile correzione?

R. – Penso che ci sono tanti musulmani anche di buona volontà che vogliono vivere in pace e in serenità con il proprio vicino anche se di fede diversa, cristiano, indù o di qualsiasi altra denominazione religiosa. Ciò che conta di più per questi amici musulmani è la serenità e la convivenza quotidiana insieme, condividendo le gioie e anche i dolori. Così, altrettanto, per esempio, è ciò che avviene ora a Lahore dove ci sono i mercati di Natale in risposta a ciò che è stato fatto a Berlino. In Pakistan, in occasione di questa festività di Natale, si cerca di far vedere che i musulmani sono vicini ai loro fratelli di cittadinanza pachistana ma di fede diversa.

D. – Che esempio ci dà il Natale di Asia Bibi come degli altri cristiani che in Pakistan sono in carcere o perseguitati o discriminati a causa della legge sulla blasfemia ad un Occidente a volte anche un po’ addormentato, poi, sul messaggio forte del Natale di perdono, di amore?

R. – Nel caso particolare di Asia Bibi, questa coerenza della fede, della vita cristiana vissuta anche in carcere, che è segno della speranza, segno della fede in Gesù Cristo che nasce nel cuore di ogni singolo, come dice anche il Papa, dandoci l’occasione non solo per essere misericordiosi verso noi stessi e cercare un’armonia nel nostro rapporto personale con Dio Padre, tramite Gesù Cristo, ma anche verso il proprio fratello, anche se di fede diversa, anche se è quello che ti toglie la vita o ti minaccia di toglierti la vita.

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Terrorismo: si indaga sugli spostamenti del tunisino Amri

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All’indomani dell’uccisione dell’autore della strage di Berlino, a Sesto San Giovanni nel milanese, gli inquirenti dell’antiterrorismo si interrogano sulle possibili coperture e sulle reali intenzioni del terrorista Anis Amri, giunto in Italia passando dalla Francia. Intanto, in Tunisia è stato arrestato il nipote dell'uomo, nell'ambito di un'operazione delle forze di sicurezza contro una cellula terroristica. Il ragazzo avrebbe comunicato con lo zio via Telegram. Il servizio di Marco Guerra: 

Si indaga nelle ore e nei giorni che Anis Amri ha passato tra la strage di Berlino, costata la vita a 12 persone, e l’epilogo della fuga in Italia, con la sparatoria e la sua uccisione. L’antiterrorismo di Milano cerca di capire se il tunisino abbia goduto di coperture e soprattutto cosa facesse a Sesto San Giovanni. L’uomo ha attraversato Germania, Italia e Francia senza documenti e con pochissimi effetti personali, tra cui la pistola con cui ha sparato e una scheda telefonica al vaglio degli inquirenti. Dal canto suo, la polizia tedesca spera di trovare alcune risposte dal cellulare ritrovato nel camion utilizzato per compiere la strage. E' plausibile che nei quattro anni trascorsi nelle carceri siciliane, l'uomo abbia stabilito dei contatti che possano essergli tornati utili in Italia. C’è poi il video, diffuso ieri dall’Is, in cui Amri giura fedeltà al cosiddetto Stato islamico. Il questore di Milano ha definito il ragazzo una 'scheggia impazzita' e non ha escluso che avrebbe potuto fare altri attentati. E mentre si vagliano tutti questi elementi, oggi le forze speciali tunisine hanno smantellato una cellula terroristica composta da tre membri di età tra i 18 ed i 27 anni, uno dei quali nipote del killer di Berlino. I due parenti comunicavano via Telegram per eludere i controlli di polizia. L’allerta sale in tutto il continente, soprattutto in Italia. Il capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha inviato una circolare in cui si invita alla “massima attenzione” poiché “non si possono escludere azioni ritorsive”. Sulla sicurezza e la lotta al terrorismo sentiamo il presidente del Centro Studi Internazionali, Andrea Margelletti:

R. – Al momento, l’unica cosa che pare plausibile è il fatto che Amri, visto che  è stato sul territorio italiano per molto tempo, probabilmente avesse una rete di contatti tra il mondo della criminalità o del radicalismo e che quindi, questo saranno le indagini a verificarlo, cercasse un rifugio sicuro.

D. – E’ possibile, quindi, pensare che avesse un piano o si è tratttato della fuga disperata di un uomo braccato?

R. – No, qua di fughe disperate non ce ne sono, Amri non lo fa reagendo di istinto, ma all’interno di una progettualità ben definita.

D. – Come ha fatto ad attraversare l’Europa? Quale era la sua meta finale? Aveva appoggi nel nostro Paese? Ecco, davanti a tutti questi interrogativi, ci si chiede quanto siano integrate le intelligence europee…

R. – Qui non è questione di integrazione delle intelligence europee, qui è questione che uno attraversa i confini in quanto è in vigore Schengen. Ma il punto vero è un altro: noi continuiamo a parlare di polizia europea, di intelligence europee, ma bisognerebbe avere il coraggio di dire che si tratta di un problema politico. O l’Europa si dota di una politica comune o altrimenti continueremo ad essere tutti vulnerabili e a contare i morti. Non c’entra niente l’intelligence, non c’entrano niente le polizie integrate: queste sono scuse dei politici per non fare il proprio dovere! Gli strumenti di investigazione e gli strumenti di informazione e sicurezza sono strumenti tecnici, quello di cui c’è bisogno in Europa è una politica condivisa, altrimenti non andremo da nessuna parte!

D. – Anche il controllo del territorio è stato fondamentale in questo caso, partendo dalle cose più semplici: le volanti, la Polizia nelle piazze, nelle città…

R. – Direi assolutamente di sì e soprattutto abbiamo visto ancora una volta come il modello italiano funzioni. Naturalmente non è un modello sicuro al cento per cento, non ne esistono di tali.  Ma certamente, rispetto ad altri Paesi, abbiamo visto con profondo interesse le modalità attraverso le quali le forze dell’ordine e il servizio di informazione e sicurezza italiani si muovono.

D. – La radicalizzazione in carcere del terrorista tunisino dimostra che le prigioni sono il luogo in cui è più facile entrare in contatto con l'integralismo islamico. Quindi bisogna partire anche dalle carceri per dare più sicurezza?

R. – Non gli italiani, gli italiani lo sanno. Non è un caso che all’interno del Comitato di analisi strategica antiterrorismo ci sia un polo permanente sul monitoraggio delle attività terroristiche, che è una cosa che dovrebbero avere anche altri Paesi europei, ma non hanno. Così come non è un caso che in Italia sia presente anche la Polizia Penitenziaria.

D. – La vicenda di Berlino e della fuga di Amri ha fatto alzare l’allerta in tutta Europa, in particolare in Italia, dove si parla anche di possibili ritorsioni. Si alzeranno anche i livelli di sicurezza in Europa? Cosa dobbiamo aspettarci per il Natale?

R. – Sinceramente tutte le volte che si parla di innalzare i livelli di sicurezza rimango molto colpito. Credo che dall’11 settembre del 2001 i livelli di sicurezza siano al massimo. Non so veramente immaginare di più di quanto si stia oggettivamente facendo da tanti anni in Europa. Ripeto: ogni cosa è migliorabile, ma l’attenzione degli investigatori e delle forze dell’ordine è sinceramente al massimo da anni.

D. – Nella vicenda dell’uccisione del terrorista Amri colpisce la divulgazione delle identità dei due agenti che lo hanno ucciso. E’ stato corretto rendere noti i loro nomi, le loro identità?

R. – Credo sia stato qualche funzionario che, in maniera superficiale, abbia fatto trapelare i nomi. E quando è successo ho la sensazione che il ministro degli Interni abbia dovuto, a malincuore, prendere atto di un patatrac che era già avvenuto.

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Perego (Cei): strumentalizza chi unisce migrazioni e terrorismo

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"Non c'è alcuna esposizione, ma una sottolineatura per mettere al centro chi ha reso possibile tutto questo, rischiando la propria vita". Il capo della Polizia Franco Gabrielli interviene così sulla polemica dopo che il Governo ha reso pubblici i nomi dei due agenti che hanno bloccato e ucciso Anis Amri a Sesto San Giovanni. Intanto la Lega torna a chiedere più controlli alle frontiere e Beppe Grillo aggiunge che “l’Italia sta diventando un vivaio di terroristi”, quindi “tutti gli irregolari devono essere rimpatriati subito”. Alessandro Guarasci ha sentito il direttore della Fondazione Migrantes della Cei, mons. Giancarlo Perego: 

R. – Ogni volta che capita un fatto che interessa un richiedente asilo o un rifugiato o comunque una persona immigrata, si ripropone sempre questa coniugazione terrorismo oppure delinquente uguale immigrato. Sappiamo, invece, come questa equazione sia assolutamente sbagliata, e i fatti lo dimostrano. Sono arrivate 180 mila persone, quest’anno, e sono persone che sono in fuga da situazioni drammatiche. E' chiaro che ci sono anche alcuni casi di radicalizzazione, ma partire dalla radicalizzazione per negare un diritto fondamentale, in democrazia, che è il diritto alla protezione umanitaria e diritto all’asilo, credo che sia un passo indietro grave.

D. – Ma lei teme che ci siano forze politiche che soffiano su questa paura dei terroristi?

R. – Purtroppo sempre, quando capita un fatto come quello di Berlino, c’è chi utilizza e strumentalizza anche questi fatti per ritornare a parlare di espulsioni, di selezione di un diritto di asilo nei confronti di alcune persone. Credo che occorra combattere assolutamente queste derive che sono assolutamente anti-democratiche, ma soprattutto non tutelano il dramma di chi oggi è in fuga da guerre che sono combattute anche per colpa nostra e grazie alle nostre armi.

D. – Se ci fossero corridoi umanitari certi, secondo lei non sarebbe più facile anche evitare che possibili terroristi arrivino nel Vecchio Continente?

R. – La partenza governata di persone sarebbe non solo uno schiaffo impressionante alla tratta degli esseri umani, che è di fatto una delle fonti più importanti del terrorismo jihadista, oggi; ma dall’altra sarebbe anche una maggiore sicurezza. Non dimentichiamo che abbiamo raggiunto quest’anno i 5.000 morti nel Mediterraneo. Per chi è in cammino sarebbe una maggiore sicurezza e ci sarebbe anche certamente un maggior controllo. Quindi credo che la risposta effettiva, di fronte anche al fatto che è successo recentemente ma soprattutto di fronte alle morti e alle violenze che stanno avvenendo per chi è in fuga da guerre, sia effettivamente un ingresso legale nel contesto europeo, secondo una distribuzione equa e soprattutto non caricando alcuni Paesi di questa responsabilità. E qui è chiaramente in gioco il cambiamento del regolamento di Dublino, che guardi soprattutto a vie legali di ingresso di cui i corridoi umanitari sono sicuramente tra gli strumenti importanti.

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Onu blocca insediamenti. Israele richiama gli ambasciatori

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Astensione storica degli Stati Uniti all'Onu, grazie alla quale il Consiglio di Sicurezza ha approvato una risoluzione di condanna degli insediamenti israeliani in Cisgiordania. Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, lo definisce uno schiaffo ad Israele, che annuncia la volontà di ignorare il provvedimento. Intanto il neo-presidente statunitense Donald Trump ribadisce l’alleanza con la “stella di David”. Massimiliano Menichetti: 

Il governo Netanyahu ha annunciato che non rispetterà la decisione dell’Onu, varata ieri, che blocca gli insediamenti israeliani in Cisgiordania compresa Gerusalemme Est. L’esecutivo ha richiamato gli ambasciatori in Nuova Zelanda e Senegal, i Paesi che insieme a Venezuela e Malesia hanno riproposto la risoluzione che blocca le costruzioni e che sottolinea la mancanza di “validità legale” e la “flagrante violazione della legge internazionale”. Il provvedimento, il primo in questo senso in oltre 36 anni, è stato approvato con 14 voti favorevoli e l'astensione degli Usa di Barack Obama. Per il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, Il voto del Consiglio di Sicurezza "rappresenta un grande schiaffo alla politica israeliana ed una unanime condanna internazionale delle colonie". Di tutt'altro segno la reazione del presidente eletto statunitense Donald Trump che ha ribadito: ''Con me cambierà tutto il 20 gennaio''.

Ai nostri microfoni Giusi Regina direttore di Arabpress.eu:  

R. - Ricordiamo che quella degli Stati Uniti è una presa di posizione di Obama; Trump ha provato ad evitarla convincendo il Consiglio, ma non c’è stato nulla da fare. Israele, però, ha subito dichiarato che non rispetterà la risoluzione.

D. - Ma quindi cosa succederà? Non si fermeranno le attività di Israele nei territori palestinesi?

R. - Altre volte ci sono state risoluzioni dell’Onu che andavano in una certa direzione e che comunque Israele ha continuato ad ignorare, forte proprio dell’alleanza con gli Stati Uniti. Quindi in questo caso, dato che formalmente, con questa mossa, non ha più l’alleanza degli Stati Uniti, si potrebbe pensare che appunto adesso le cose vadano diversamente, ma in realtà il 20 gennaio arriverà Trump. L’alleanza sarà ripristinata a tutti gli effetti.

D. - Che senso ha allora, secondo lei, questo gesto di Obama che in sostanza condanna per la prima volta in 36 anni gli insediamenti ebraici?

R. - Sembra un po’ un gesto forte per cercare di riscattarsi; sinceramente la sua agenda è stata abbastanza vaga e inconcludente.

D. - Quali erano le promesse che poi non sono state mantenute in relazione al Medio Oriente?

R. - La prima di tutti la risoluzione dei due Stati tra Israele e Palestina, quindi tornare agli antichi confini, con Gerusalemme capitale metà di Israele e metà di Palestina o comunque capitale internazionale; Obama aveva detto che avrebbe preso a cuore questa questione per arrivare poi ad una risoluzione … ma non ha fatto niente di tutto questo. Poi, in realtà non è mai andato d’accordo con il governo Netanyahu; le relazioni tra Usa e Israele non sono mai state così ai minimi termini come durante questi due mandati di Obama, tanto che Israele - anche in questo caso - si è subito rivolto a Trump che, anche se non è riuscito a fermare il voto dell’Onu, ha detto: “Non ti preoccupare che le cose cambieranno”.

D. - Un cambiamento annunciato, ma poi, sul piano internazionale, questo avverrà?

R. - Non lo sappiamo, perché l’esperienza in politica estera di Trump è veramente ridotta. Se dobbiamo rifarci alle sue promesse, diceva che avrebbe riconosciuto Gerusalemme come capitale unica e indivisibile di Israele. Già questa sarebbe una cosa abbastanza forte; poi che avrebbe portato lì l’ambasciata americana e, per le questioni relative ad Israele, anche il consigliere di Trump, Jason Greenblatt, disse che il neopresidente non considera gli insediamenti come un ostacolo alla pace. Però, ovviamente, stiamo parlando di tutto quello che Trump ha detto prima. Poi nel momento in cui ci sarà da  fare, bisognerà sempre vedere più che altro quali saranno le sue priorità, perché magari alla fine quello che lui dice sarà fatto, però bisognerà vedere in che termini e in quanto tempo, perché effettivamente Trump sembra essere più interessato alle questioni americane interne.

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Coro della Cappella Sistina su Sky Arte HD

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Il Coro della Cappella Pontificia Sistina sarà questa sera in televisione, sul canale satellitare Sky Arte HD alle 21.15, per eseguire in occasione del Natale la “Missa Papae Marcelli” di Palestrina: con le voci e con le immagini della Sistina, un augurio di pace e una riflessione sulla storia della salvezza che si compie nel mistero della nascita del Bambino Gesù. Il servizio di Luca Pellegrini: 

Dalla Cappella Sistina gli auguri di Natale con le note eterne di Palestrina e la sua “Missa Papae Marcelli”: il Coro del Papa si unisce alla gioia del mondo per la nascita del Salvatore, in questa notte di mistero e di luce, con le voci dei cantori che da secoli accompagnano le celebrazioni pontificie. E’ un regalo quello di Sky Arte, perché si potranno anche vedere in alta definizione i capolavori della Sistina, che diventano riflessione sulla storia della salvezza insieme all’ascolto di uno dei vertici assoluti della polifonia sacra. Il Direttore della Cappella Sistina, mons. Massimo Palombella, spiega perché è stato scelto questo capolavoro.

R. – La scelta è stata concordata insieme all’etichetta discografica “Deutsche Grammophon”, quando lo scorso anno noi abbiamo fatto una ricerca storica su questa Messa, ripristinata la prima edizione stampata – quella del 1567 – e l’abbiamo incisa lo scorso anno in Cappella Sistina. Il concerto è stato organizzato dalla Prefettura della Casa Pontificia, è stato filmato da Sky Arte, il suono è stato ripreso dalla Radio Vaticana. La “Deutsche Grammophon” ha visionato il tutto e ha ritenuto che con Sky Arte potesse andare in onda, proprio come augurio di Natale, il 24 sera.

D. – Maestro, il significato della “Missa Papae Marcelli” nel contesto storico e soprattutto all’indomani del Concilio di Trento …

R. – Dobbiamo sicuramente dire che Palestrina e, in quel contesto storico, la Cappella musicale pontificia, è stato il motore propulsore della realizzazione delle istanze dettate dal Concilio di Trento circa la musica, e in sostanza l’intelligibilità del testo, cioè uscire un po’ da questo contrappunto fine a se stesso, dalla politestualità per arrivare a un testo che si comprenda nonostante qualche intreccio polifonico. La “Missa Papae Marcelli” rappresenta un mirabile esempio della realizzazione delle istanze conciliari.

D. – Maestro, questo vostro concerto, questo vostro augurio va in onda nel momento nel quale tutto il coro è anche impegnato nella Basilica di San Pietro per l’apertura delle celebrazioni pontificie per le feste del Natale. Con quale spirito il coro che lei dirige vive questo momento?

R. – Lo vive sicuramente con l’onore di poter passare la notte di Natale al servizio del Papa, ma anche con la consapevolezza che ha – posso dire oggi, da parte di tutti i cantori – che c’è un punto di non ritorno che si chiama Concilio Vaticano II. Cioè: esattamente come la Sistina fu al tempo di Trento un motore propulsore per la Riforma Tridentina, oggi la Sistina è totalmente nel Concilio Vaticano II e anche la musica antica che esegue – ne eseguiamo tanta – è sempre ricollocata nella celebrazione con pertinenza celebrativa, così come il Concilio chiede. Quindi, io devo dire che affrontiamo ormai le celebrazioni delle solennità con questa grande consapevolezza, che il Concilio ci ha consegnato una grande sfida di cultura e una grande sfida di nobiltà.

D. – Infine, Maestro, facendosi lei portavoce di tutte le voci che dirigerà questa sera e nei giorni a venire, quale sarebbe l’augurio che lei vuole rivolgere agli ascoltatori di Radio Vaticana?

R. – Il Natale è sempre una celebrazione che tocca aspetti emotivi della nostra vita, aspetti ancestrali della nostra vita: in qualche modo torniamo un po’ tutti bambini, magari prendiamo l’impegno di essere buoni … Io credo che sia importante che noi tutti abbiamo la consapevolezza che il Natale è una cosa inaudita, è un Dio fatto uomo e quindi tutta la nostra Storia, tutte le nostre fatiche, tutte le nostre sofferenze, tutto ciò che nella vita di ognuno di noi rimane non risolto, ha un senso, è un punto in questo piccolo bambino indifeso che diviene uomo. E’ l’inizio della nostra redenzione: l’incarnazione si compirà con la Pentecoste. E quindi iniziamo a vivere un mistero che entrerà nel mistero pasquale e ci condurrà dalla Storia all’eternità.

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Commento di don Sanfilippo al Vangelo del giorno di Natale

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Nella Messa del giorno di Natale, la liturgia ci propone il Prologo del Vangelo di Giovanni in cui l’evangelista annuncia che il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi:

“Venne fra i suoi e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

Gesù bambino è nato per salvare ogni persona dalla fredda solitudine dell’egoismo, come Principe di Pace, eppure la sua gente non lo ha accolto, non c’era posto per Lui in nessun albergo e nel cuore di molti uomini. Pochissimi pastori sono divenuti testimoni della nascita del Salvatore per l’annuncio degli angeli, ma Betlemme e Gerusalemme, il resto della Giudea e del mondo intero non si sono accorti della sua venuta. Forse neppure noi ce ne siamo accorti perché abbiamo trascurato l’esortazione che la Chiesa ci ha rivolto in questo tempo: “Viene il Signore, prepara la strada!”. E c’è il rischio di vivere il Natale tra cenoni, viaggi, regali sotto alberi addobbati e luminosi o tra presepi sentimentali e ricchi di muschio, senza che tutto ciò ci tocchi nell’intimo. Senza accorgerci dell’unico vero Regalo che dà senso a questo clima di festa: Il Dio-bambino che porta con sé il Perdono e un nuovo modo di amare. Ma oggi siamo ancora in tempo, apriamo gli occhi, accogliamo il Dio che viene. Il Signore non si lascia vincere dalla nostra superficialità. La nostra  anima, anche se oscura e sporca, attende la sua venuta, ed Egli non disdegnerà di abitarvi, se umilmente invocheremo il perdono desiderando la vita nuova.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 359

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.