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Sommario del 07/12/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: la speranza cristiana non è l'ottimismo, è Dio che cammina con noi

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La speranza cristiana non delude mai, lo ha sottolineato stamane il Papa all’udienza generale, rivolto ai fedeli di tutto il mondo convenuti nell’Aula Paolo VI in Vaticano, nel tempo di Avvento. Il servizio di Roberta Gisotti

La prima, oggi, di una nuova serie di catechesi dedicate da Francesco alla speranza cristiana: 

“E’ molto importante, perché la speranza non delude. L’ottimismo delude, la speranza no! Chiaro?".

Ne abbiamo tanto bisogno, ha sottolineato il Papa:

“…in questi tempi che appaiono oscuri, in cui a volte ci sentiamo smarriti davanti al male e alla violenza che ci circondano, davanti al dolore di tanti nostri fratelli. Ci vuole la speranza!".

Ci sentiamo infatti smarriti e anche un po’ scoraggiati, perché ci troviamo impotenti e ci sembra che questo buio non debba mai finire. “Ma non bisogna lasciare che la speranza ci abbandoni”:

“…perché Dio con il suo amore cammina con noi. Io spero, perché Dio è accanto a me”.

Speranza, che nelle difficoltà non deve toglierci il sorriso:

“Una delle cose, delle prime cose, che accadano alle persone che si staccano da Dio è che sono persone senza sorriso. Forse sono capaci di fare una grande risata, ne fanno una dietro l’altra; una battuta, una risata…".

Ma il sorriso manca:

“Il sorriso soltanto lo dà la speranza. Avete capito questo? E’ il sorriso della speranza di trovare Dio”.

La vita "è spesso un deserto” dove è difficile camminare, ha osservato Francesco:

“Ma se ci affidiamo a Dio può diventare bella e larga come un’autostrada. Basta non perdere mai la speranza, basta continuare a credere, sempre, nonostante tutto”.

Non possiamo però negare – ha detto il Papa – "che il mondo di oggi è in crisi di fede”:

“Sì, poi diciamo: ‘Io credo in Dio, sono cristiano’ – ‘Io sono di quella religione…’. Ma la tua vita è ben lontana dall’essere cristiano; è ben lontana da Dio”.

Si tratta allora di tornare a Dio, di convertire il cuore a Dio, di preparare in questo tempo di Avvento l’incontro con il Bambino Gesù, guardando ai piccoli e ai semplici, che troviamo intorno a Gesù che nasce:

“Sono i piccoli, resi grandi dalla loro fede, i piccoli che sanno continuare a sperare. E la speranza è una virtù dei piccoli. I grandi, i soddisfatti non conoscono la speranza; non sanno cosa sia”.

Da qui l’auspicio di Francesco, lasciamoci insegnare dai piccoli la speranza:

“Attendiamo fiduciosi la venuta del Signore, e qualunque sia il deserto delle nostre vite e ognuno sa in quale deserto cammina, qualunque sia il deserto delle nostre vite diventerà un giardino fiorito. La speranza non delude!”.

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Appello del Papa contro la corruzione e in favore dei diritti umani

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Al termine dell'udienza generale il Papa ha lanciato un appello ricordando che nei prossimi giorni ricorrono due importanti Giornate promosse dalle Nazioni Unite: quella contro la corruzione, il 9 dicembre, e quella per i diritti umani, il 10 dicembre. Queste le sue parole: 

"Sono due realtà strettamente collegate: la corruzione è l’aspetto negativo da combattere, incominciando dalla coscienza personale e vigilando sugli ambiti della vita civile, specialmente su quelli più a rischio; i diritti umani sono l’aspetto positivo, da promuovere con decisione sempre rinnovata, perché nessuno sia escluso dall’effettivo riconoscimento dei diritti fondamentali della persona umana. Il Signore ci sostenga in questo duplice impegno".

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Francesco: impariamo dall'Immacolata ad abbandonarci a Dio

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Domani, nella Solennità dell’Immacolata Concezione, Papa Francesco presiederà alle 12.00 l’Angelus in Piazza San Pietro. Nel pomeriggio, alle 15.45, partirà in auto da Casa Santa Marta per recarsi in Piazza di Spagna per il tradizionale omaggio all’Immacolata. Oggi, durante l’udienza generale, ha ricordato questa verità di fede proclamata da Pio IX nel 1854.

“In previsione della morte di Cristo” – ha detto – Dio ha preservato Maria “da ogni macchia di peccato”. Impariamo dall’Immacolata a vivere in unione con Dio, abbandonandoci a Lui con fiduciosa speranza e con il quotidiano compimento della Sua volontà. Gesù Misericordioso, suo Figlio, ci conceda, per intercessione di Maria, di raggiungere la felicità del cielo nella gioia, con la consapevolezza di una vita dignitosamente vissuta”. 

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Papa a giornale belga: sana laicità è aperta alla trascendenza

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I frutti del Giubileo della Misericordia, il tema della laicità, le sfide per i giovani e l’Europa. E ancora, l’aspirazione di una Chiesa sinodale, la responsabilità degli operatori della comunicazione e alcuni buoni consigli per i sacerdoti. Sono i temi forti affrontati da Papa Francesco in una lunga intervista a tutto campo con il settimanale belga cattolico Tertio pubblicata oggi. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

No a laicismo che non rispetta apertura a trascendenza
L’impostazione che vuole separare la religione dalla vita pubblica “è un’impostazione antiquata”. Papa Francesco esordisce così nella sua intervista con il settimanale cattolico belga Tertio. Richiamandosi alla distinzione tra laicità e laicismo, osserva dunque che uno Stato laico “è migliore di uno Stato confessionale”. Tuttavia, aggiunge, non va bene il laicismo che “chiude le porte alla trascendenza”. Questa, afferma, è una “eredità che ci ha lasciato l’Illuminismo”. L’apertura alla trascendenza, sottolinea, “fa parte dell’essenza umana”, fa “parte dell’uomo”. Quindi, quando un “sistema politico” non rispetta questo “pota, taglia la persona umana”. Per questo, “demandare alla sacrestia qualunque atto di trascendenza” è tagliare alla “natura umana buona parte della vita”.

Nessuna guerra in nome della religione
Il Papa risponde dunque ad una domanda sulle guerre e il fondamentalismo religioso. Innanzitutto, ne è convinto, “nessuna religione come tale può fomentare la guerra”, perché in questo caso “starebbe proclamando un dio di distruzione, un dio di odio”. Francesco ribadisce che “non si può fare la guerra in nome di Dio”, “in nome di nessuna religione”. Per questo, “il terrorismo, la guerra non sono in relazione con la religione”. Quello che succede è che si “usano deformazioni religiose per giustificarle”. Il Papa riconosce che “tutte le religioni hanno gruppi fondamentalisti. Tutte. Anche noi”. Questi piccoli gruppi, soggiunge, “hanno ammalato la propria religione” e fanno “la divisione nella comunità, che è una forma di guerra”.

L’Europa ha bisogno di leader
Francesco rivolge dunque l’attenzione al Continente Europeo e rileva, con rammarico, che anche cento anni dopo la Prima Guerra Mondiale siamo sempre in uno stato di conflitto mondiale, ma “a pezzetti”. Diciamo con la bocca “Mai più la guerra”, è il suo monito, “ma intanto fabbrichiamo armi e le vendiamo” agli stessi “che si combattono” per gli interessi dei fabbricanti d’armi. Si rimettono in equilibrio i bilanci, aggiunge con tristezza, con le guerre e “il prezzo è molto alto: il sangue”. Francesco annota così che oggi mancano veri leader all’Europa come Schumann, De Gasperi e Adenauer che si impegnarono contro la guerra. “L’Europa – riprende – ha bisogno di leader, leader che vadano avanti”.

Giubileo della Misericordia, un’idea ispirata dal Signore
Una parte importante dell’intervista è dedicata al Giubileo della Misericordia. Francesco sottolinea che l’idea non è arrivata “di colpo”, ma prende le mosse da quanto fatto in particolare dal Beato Paolo VI e da San Giovanni Paolo II. Quindi ricorda come l’indizione di un Anno Santo straordinario sia nato nella conversazione con mons. Rino Fisichella, presidente del dicastero per la Nuova Evangelizzazione. E’ stata, sottolinea, un’idea che “viene dall’alto”, “credo che l’ha ispirata il Signore”. Un evento, prosegue, che “evidentemente è andato molto bene”. E sottolinea che il fatto che non si sia svolto solo a Roma, ma in tutto il mondo “ha creato tanto movimento”. Molta gente, dice ancora, si è “sentita chiamata a riconciliarsi con Dio”, a “sentire la carezza del Padre”. La misericordia, evidenzia il Papa riprendendo Bonhoeffer, “è a caro prezzo e a buon mercato”. E’ “a buon mercato” perché “non c’è da pagare niente”: “non si devono comprare indulgenze”. Ed è a “caro prezzo” perché “è il dono più prezioso”. E’ preziosa, ripete ancora una volta, “perché il nome di Dio è misericordia”.

Sinodalità: Chiesa nasce dalla comunità
Ancora, Papa Francesco si sofferma sulla sinodalità. La Chiesa, afferma, “nasce dalla comunità”, nasce “dalla base”. Quindi, riprende, “o c’è una Chiesa piramidale, dove quello che dice Pietro si fa, o c’è una Chiesa sinodale, in cui Pietro è Pietro, ma accompagna la Chiesa”. L’esperienza “più ricca di tutto questo – prosegue – sono stati gli ultimi due Sinodi” sulla famiglia da cui è nata Amoris Laetitia. Per il Papa, “è interessante la ricchezza della varietà di sfumature, che è propria della Chiesa. E’ unità nella diversità”. Questo, ribadisce, è “sinodalità”, “non calare dall’alto in basso, ma ascoltare le Chiese, armonizzarle, discernere”. Ognuno ai Sinodi, “ha detto quello che pensava senza paura di sentirsi giudicato”, “tutti erano nell’atteggiamento di ascoltare, senza condannare”. C’è stata una discussione “come fratelli”. C’è stata “una libertà di espressione molto grande” e “questo è bello”. Pietro, aggiunge, “è il garante dell’unità della Chiesa” e “bisogna progredire nella sinodalità”, una delle cose che “gli ortodossi hanno conservato”. E ai giovani, ricordando l’esperienza della GMG di Cracovia, chiede di non avere paura, di non avere “vergogna della fede”, di “cercare strade nuove” e di “non andare in pensione a 20 anni”.

Media: no a calunnia, diffamazione e disinformazione
Il Papa offre quindi la sua riflessione sui mezzi di comunicazione che, sottolinea, “hanno una responsabilità molto grande” e in particolare possono formare “una buona o una cattiva opinione”; “possono costruire”, fare un bene “immenso”. E ribadisce che “i mezzi di comunicazione sono costruttori di una società”, “per far pensare, per educare”. In se stessi, “sono postivi”, ma “possono diventare dannosi” dato che tutti siamo peccatori. Francesco si sofferma su alcune tentazioni dei mezzi di comunicazione: la tentazione della calunnia, essere usati “per calunniare, per sporcare la gente, questo soprattutto nel mondo della politica”. Ancora, parla della tentazione dei mass media di diventare “mezzi di diffamazione” e così si “annulla la persona”. Quindi, mette in guardia dalla “disinformazione”, una cosa che “può fare molto danno nei mezzi di informazione”. La disinformazione, tiene a sottolineare, è “probabilmente il danno più grande che può fare” un mezzo di comunicazione, “perché orienta l’opinione in una direzione, tralasciando l’altra parte della verità”. Ancora chiede ai media di essere “molto limpidi, molto trasparenti”, senza cadere nella “malattia della coprofilia, che è voler comunicare lo scandalo”, le “cose brutte” e così “fare molto danno”.

Sacerdoti non abbiano vergogna della tenerezza
L’ultimo pensiero del Papa è per i sacerdoti, ai quali chiede di amare sempre la Vergine Maria, di non sentirsi mai orfani, di lasciarsi guardare da Gesù e di “cercare la carne sofferente di Gesù nei fratelli”. Da qui, afferma, “viene tutto”. “I sacerdoti – è l’incoraggiamento di Francesco – non abbiano vergogna di avere tenerezza”. “Oggi – conclude – c’è bisogno di una rivoluzione della tenerezza in questo mondo che patisce la cardiosclerosi”.

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Papa: Chiese siano oasi di bellezza per favorire l'incontro con Dio

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Gli artisti facciano brillare la bellezza, soprattutto dove il grigiore domina la quotidianità, e la bellezza curerà tante ferite. Lo sottolinea il Papa nel Messaggio alla XXI seduta comune delle Pontificie Accademie sul tema “Scintille di bellezza. Per un volto umano delle città”. Il testo è stato letto questo pomeriggio dal segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, durante l’incontro presso il Palazzo della Cancelleria. Il porporato, a nome di Francesco, ha consegnato anche il premio delle Pontificie Accademie a due giovani artisti. I lavori sono introdotti dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e del Consiglio di coordinamento tra le Accademie Pontificie. Sul messaggio del Papa, il servizio di Debora Donnini

Le Chiese parrocchiali, specialmente se sorgono in contesti periferici e degradati, siano “oasi di bellezza” e di accoglienza, “pur nella loro semplicità”, favorendo l’incontro con Dio per uno sviluppo armonico delle comunità. Così il Papa nel Messaggio rivolto alla seduta comune delle Pontificie Accademie. Prendersi cura delle persone, specialmente dei più indifesi, significa necessariamente prendersi cura dell’ambiente in cui vivono. Per questo, piccoli gesti, “scintille di bellezza”, possono “rammendare” un tessuto umano, urbanistico e ambientale, spesso lacerato e rappresentare così un’alternativa all’indifferenza e al cinismo.

Gli artisti curino la bellezza e la bellezza curerà le ferite
Gli artisti, specialmente quelli che sono credenti, hanno dunque un compito importante: realizzare opere d’arte che, tramite “il linguaggio della bellezza”, portino una scintilla di speranza “dove le persone sembrano arrendersi all’indifferenza e alla bruttezza”. Francesco chiede dunque a “architetti e pittori, scultori e musicisti, cineasti e letterati, fotografi e poeti, artisti di ogni disciplina”, di far brillare la bellezza “soprattutto dove l’oscurità o il grigiore domina la quotidianità”. Il Papa ricorda che sono “testimoni di speranza per l’umanità, come hanno più volte ripetuto i miei Predecessori”. “Li invito, pertanto  - prosegue - ad avere cura della bellezza, e la bellezza curerà tante ferite che segnano il cuore e l’animo degli uomini e delle donne dei nostri giorni”.

Se non ci si ferma a contemplare il bello, ogni cosa si trasforma in oggetto di abuso
Nel testo il Papa si congratula con i membri della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon, la più antica istruzione accademica, sorta nel 1542. Il titolo dell’evento richiama due riferimenti. Uno al discorso rivolto agli artisti di Benedetto XVI, nel 2009, nel quale li invitava  a impegnarsi per rendere sempre più umani i luoghi della convivenza sociale. Il secondo riferimento è all’attualità, ai progetti di riqualificazione delle periferie delle metropoli, elaborati da qualificati architetti, che propongono “scintille” di bellezza, cioè piccoli interventi urbanistici e architettonici attraverso cui ricreare, anche nei contesti più degradati, un senso di “decoro umano prima che urbano”. Lo scrittore Italo Calvino sottolineava che le città come i sogni sono costruite di desideri e paure. E forse, nota il Papa, “tante città del nostro tempo”, con i sobborghi desolati, hanno lasciato più spazio alle paure che ai sogni più belli “soprattutto dei più giovani”. Francesco fa riferimento all’Enciclica Laudato si', nella quale ha sottolineato il legame fra  educazione estetica e mantenimento di un ambiente sano e che quando non ci si ferma ad apprezzare il bello, ogni cosa si trasforma “in oggetto di uso e abuso senza scrupoli”.

Assegnato il Premio delle Pontificie Accademie a due giovani artisti
Per sostenere i giovani che si impegnano a offrire un valido contributo all’umanesimo cristiano, viene quindi assegnato il Premio delle Pontificie Accademie, ex aequo, alla dottoressa Chiara Bertoglio, per la sua ricerca in campo musicologico e letterario e per la sua attività concertistica, e al dottor Claudio Cianfaglioni per la sua ricerca poetica e lo studio di alcune significative figure poetiche e letterarie del nostro tempo, tra cui padre David Maria Turoldo. La Medaglia del Pontificato va al dottor Michele Vannelli, maestro di Cappella della Basilica di San Petronio a Bologna, e al signor Francesco Lorenzi, compositore e musicista, fondatore del gruppo musicale The Sun. Il Papa conclude affidando ciascuno alla Vergine Maria, la Tota pulchra, vera scintilla della bellezza di Dio, che rischiara con la sua materna protezione il nostro cammino quotidiano.

“Scintille di bellezza per un volto umano delle città” è dunque il titolo dell’evento. Al segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, Debora Donnini ha chiesto come la Chiesa possa incoraggiare gli artisti a portare questa bellezza nelle città: 

"La Chiesa può incoraggiare in tanti modi gli artisti ad essere operatori di bellezza nelle città, soprattutto per quanto riguarda i luoghi di culto. A me sembra molto importante che le chiese, oltre ad essere funzionali – quindi capaci di rispondere ai bisogni delle comunità -, siano anche luoghi di bellezza, cioè posti dove attraverso la cosiddetta 'via pulchritudinis' si arriva a Dio. Oggi credo che questo sia molto importante, proprio perché anche le nostre città, soprattutto le periferie delle città, rischiano di essere luoghi anonimi e quindi di non favorire anche quei rapporti di conoscenza e di solidarietà che dovrebbero caratterizzare ogni convivenza civile". 

Sul senso di questa seduta comune delle Pontificie Accademie e del premio consegnato, Debora Donnini ha chiesto un commento al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e del Consiglio di coordinamento tra le stesse Accademie Pontificie:  

R. - Questo incontro è dedicato a due componenti che si incrociano tra di loro: da un lato la città e dall’altra parte la bellezza. Noi sappiamo bene che questo è uno dei grandi problemi del nostro tempo: la convergenza di folle enormi verso le città che diventano anonime, oscure, qualche volta anche grembo di violenza; dall’altra parte c’è la necessità di innestare all’interno della città una dimensione che chiamiamo di bellezza, ma vuol dire anche spiritualità, convivenza reciproca, trasparenza, comunione tra le persone. Per questo motivo credo che questa giornata accademica abbia un significato particolare: quello di far ritrovare ancora lo stare insieme tra le persone fatto attraverso il bene e il bello, cioè la bontà da una parte e dall’altra non solo l’etica ma anche l’estetica.

D. – Nel messaggio del Papa si sottolinea infatti l’importanza di chiese parrocchiali specialmente dove ci sono luoghi di degrado umano che testimoniano la bellezza e l’accoglienza …

R. – Il messaggio del Papa ricorda soprattutto un dato di fatto abbastanza significativo, come era in passato e dovrebbe essere soprattutto ora, cosa che non sempre è accaduto: le chiese non soltanto le comunità ecclesiali, ma le chiese come edificio, come architettura siano simili ad una spina nel fianco all’interno della bruttezza e della bruttura della città. Sappiamo che queste due parole – bruttezza e bruttura – in italiano hanno la stessa base, ma non sono sinonimi: la bruttezza è una qualità estetica negativa, la bruttura è una qualità morale negativa. La Chiesa, la comunità cristiana, soprattutto all’interno delle periferie che spesso sono degradate dal punto di vista urbanistico ed architettonico, devono essere proprio queste seme, questo germe, quindi, come avveniva in passato, devono essere la bellezza che illumina un po’ la quotidianità delle altre case che sono intorno.

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Crisi governo. Card. Parolin: serve responsabilità e unità

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Responsabilità, unità, bene comune: sono questi i principi che il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin richiama nel contesto della crisi politica italiana seguita alla vittoria dei No al referendum sulla riforma costituzionale. Interpellato dai giornalisti a margine di un convegno a Roma, il porporato ha parlato delle sue speranze e delle sue preoccupazioni riguardo alla situazione in Italia. Ascoltiamo le sue parole: 

R. - Come sempre, noi seguiamo con molta attenzione tutte le vicende e anche le ultime non potevano non interessare direttamente anche la Santa Sede. Quindi con preoccupazione, però direi anche con la certezza che l’Italia ha le risorse umane, spirituali, culturali per affrontare anche questa nuova fase e cercare di trovare delle soluzioni. Insisterei su due punti che erano già stati riportati e che mi sembrano molto importanti: tutti, di fronte a questa nuova fase, dobbiamo avere un grande senso di responsabilità e lo devono avere soprattutto le forze politiche; l’altro punto è cercare questa unità che consiste pure nelle diversità delle posizioni, nella volontà di costruire davvero il bene comune e di essere attenti ai problemi della società, di essere attenti ai problemi dei cittadini, perché credo che questa sia una delle cose che manca: i politici devono sviluppare di più questa capacità di ascolto e di risposta.

D. - Quali le emergenze?

R. - Credo che le emergenze sono tante e rimangono un po’ sempre quelle che conosciamo: prima di tutto, l’emergenza lavoro per i giovani, quindi l’occupazione per i giovani, l’emergenza famiglia; il bisogno di rafforzare la famiglia per noi è fondamentale proprio perché la famiglia continua a rimanere il pilastro, la base, la cellula della società. C’è anche l’emergenza immigrazione; credo che il governo abbia cercato di fare quello che si poteva di fronte all’emergenza, non dobbiamo negarlo. C’è, però, un progetto più ampio, una visione più ampia che dovrebbe essere quella “dell’integrazione”, questa parola magica su cui si dovrebbe lavorare di più proprio perché non si diano soltanto risposte immediate ma si abbia una visione a lungo termine che permetta di gestire in modo positivo e costruttivo anche questa realtà che è diventata la realtà di tutti i giorni.

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Giornata Mondiale Pace: lunedì sarà pubblicato il Messaggio del Papa

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Lunedì 12 dicembre verrà pubblicato il Messaggio di Papa Francesco per la 50.ma Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il primo gennaio 2017 sul tema: “La non violenza: stile di una politica per la pace”. Per l’occasione, alle ore 11.30, il cardinale Peter Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e mons. Silvano Tomasi, membro del medesimo Dicastero, saranno presenti presso la Sala Stampa della Santa Sede per rispondere alle domande dei giornalisti sul nuovo documento pontificio.

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Papa nomina nunzio in Lussemburgo e vescovo di Tricarico

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Tra le nomine di oggi, il nuovo nunzio in Lussemburgo e il nuovo vescovo di Tricarico, in Italia. Consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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E' nata la prima Associazione di donne in Vaticano

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Si è costituita di recente in Vaticano un’Associazione tutta al femminile, aperta alle donne dipendenti o pensionate dello Stato della Città del Vaticano, della Santa Sede e delle istituzioni ad essa collegate, laiche e religiose: un fatto inedito nella storia del piccolo Stato. “D.VA”, Donne in Vaticano, la sigla dell’Associazione il cui statuto è stato approvato dalle autorità competenti e l’Atto Costitutivo firmato il primo settembre 2016 presso il Governatorato. Sono oltre 750 oggi le donne che lavorano a servizio del Papa. Ma perché questa iniziativa? Adriana Masotti lo ha chiesto alla giornalista Romilda Ferrauto, tra le fondatrici e vice presidente di D.VA, a lungo responsabile della redazione francese della nostra emittente: 

R. – Bisogna dire che questa iniziativa è nata in modo spontaneo. E’ nata da un gruppo di donne che si sono conosciute, si sono ritrovate e hanno sentito il bisogno di creare una rete, una rete di amicizia e di solidarietà. Probabilmente hanno sentito questo bisogno perché si sentivano minoritarie, c’era dietro un bisogno di stare insieme. In nessun momento da parte nostra c’è stato un progetto di tipo ideologico e tuttora non si tratta di un progetto ideologico però, man mano che ci riunivamo, ci siamo rese conto che era necessario dare una struttura e un riconoscimento ufficiale a questa associazione. Perché? Perché questo avrebbe rassicurato le autorità, ovviamente, ma anche le donne che potevano esitare ad aderire ad un’associazione completamente nuova in Vaticano e anche per non lasciar credere ad alcune persone che dietro ci fosse  una volontà rivendicativa. E il nostro non è mai stato uno spazio rivendicativo. Dunque l’Associazione è nata spontaneamente, si è strutturata e oggi spera di raccogliere più membri possibili per un progetto tutto da costruire.

D.  – Qual è la presenza femminile in Vaticano attualmente?

R. – Secondo alcuni studi che sono stati fatti da una delle fondatrici di questa Associazione la presenza è di circa 750 donne, il che corrisponde a un po’ meno del 20 per cento del personale dipendente. E’ una presenza che, anche se rimane minoritaria, diventa sempre più significativa. Questo però è un fenomeno nuovo perché fino al Concilio Vaticano II le donne erano veramente poco numerose, ma man mano negli anni il loro numero è aumentato.

D.  – E’ uno spazio associativo aperto a tante iniziative, tante idee… Qualche esempio?

R. – La cosa principale è l’amicizia, la solidarietà. Solidarietà per accogliere le difficoltà, le sofferenze, i problemi. Noi vogliamo essere solidali fra di noi ma anche con altre donne, donne che soffrono, donne che sono in difficoltà. Oppure solidali con donne che hanno cose da dire ma a cui non viene data voce. Poi, la crescita insieme e si cresce con dei progetti di tipo culturale, professionale…

D.  – Sullo sfondo della nascita di D.VA, quanto c’è di Papa Francesco che spesso parla del ruolo delle donne nella società e nella Chiesa, ruolo che è ancora da valorizzare e comprendere meglio?

R. - Bisogna dire innanzitutto che questa idea è nata prima di Papa Francesco, ancora sotto il Pontificato di Benedetto XVI. E si è poi sviluppata sotto il Pontificato di Papa Francesco. Direi che c’è molto degli ultimi Papi, soprattutto da Paolo VI e poi Giovanni Paolo II, ricordiamo il “genio femminile”; poi Benedetto XVI e adesso Papa Francesco, che moltiplica le dichiarazioni favorevoli alla maggiore partecipazione della donna alla vita della Chiesa. Io penso che questo pontificato abbia aperto molti spazi nuovi non solo per le donne ma per tante categorie. Penso che ci sia un clima favorevole alla nascita di un’Associazione di questo tipo. Poi, c’è una cosa molto importante: noi sentiamo di dover rispondere anche a una chiamata di Papa Francesco e dei suoi predecessori perché la donna assuma più responsabilità nella Chiesa.

D.  – Quali sono state le reazioni finora raccolte dalle donne in Vaticano?

R.  – Le reazioni sono molto diversificate… Ci sono state reazioni di paura, non bisogna negarlo, ci sono state reazioni molto più numerose di scetticismo, - "a che serve un’associazione così?” - ma anche di molta attesa... Io penso che visto che è un’associazione ancora tutta da costruire, molte donne aspettano di vedere cosa succederà… Invece noi le invitiamo a venire e a partecipare perché questa Associazione si farà insieme.

D.  – So che ci sono state adesioni ed entusiasmo…

R.  – Sì, moltissimo, siamo rimaste molto colpite alla nostra prima assemblea ufficiale! Le persone che hanno partecipato hanno mostrato un interesse grandissimo, le domande erano molto dinamiche, precise. Vuol dire che questa Associazione risponde a un bisogno e che era opportuna: c’è stato un grandissimo entusiasmo e man mano che spiegavamo cosa volevamo fare ci sono state adesioni. Oggi siamo a quasi 60 ed è solo l’inizio.

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Oggi in Primo Piano



Terremoto in Indonesia, oltre 100 vittime: gli aiuti della Caritas

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Torna l’incubo terremoto in Indonesia, Sumatra è stata svegliata all’alba da una scossa di magnitudo 6.4 che ha raso al suolo abitazioni e moschee nella zona di Pidie Jaya. Secondo le prime stime, sono almeno 100 le vittime e più di 70 i feriti gravi, nel contempo la protezione civile locale è all’opera per soccorrere le persone rimaste intrappolate sotto le macerie. Il servizio di Sabrina Spagnoli

Una scossa di magnitudo 6.4 è stata registrata a Sumatra, in Indonesia, poco dopo le 5 del mattino, ora locale, quando molti fedeli musulmani si stavano preparando a recitare le preghiere mattutine. La scossa, della durata di circa tre minuti, ha colpito la provincia di Aceh a nord dell’isola provocando il cedimento di decine di case e 6 moschee nell’area di Pidie Jaya. Stando ai dati dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e dell'agenzia geologica statunitense Usgs, il sisma ha avuto ipocentro a circa 10 km di profondità a nord di Reuleuet. Decine le persone rimaste intrappolate sotto le macerie, si contano almeno 100 morti e, tra i feriti, più di 70 sono in gravi condizioni. Secondo la protezione civile locale sono 1.500 gli operatori coinvolti negli interventi di soccorso, metà dei quali militari, che in queste ore stanno cercando di estrarre le vittime rimaste sotto i detriti. Non ci sono comunque rischi di maremoto. La costa ovest di Aceh è stata epicentro nel 2004 dell’intensa scossa di magnitudo superiore a 9 che ha causato lo tsunami in cui hanno perso la vita più di 250 mila persone. 

A descrivere l'attuale situazione a Sumatra è Matteo Amigoni, responsabile Caritas Internationalis Filippine-Indonesia, intervistato da Sabrina Spagnoli: 

R.  – Ci sono morti e feriti gravi; molte case sono state distrutte.  E’ stato un sisma abbastanza circoscritto in quella zona: abbiamo visto le immagini della gente che scappava, cercando di andare nelle zone un po’ più alte, sulle colline intorno alle città. Non c’è stato un allarme tsunami, ma facevano molti paragoni con quello che era successo nel 2004, quando il terremoto aveva provocato il grande tsunami: comunque, non siamo a quel livello lì. Abbiamo sentito i nostri colleghi della Caritas nazionale indonesiana che ci hanno detto che, in queste ore, un team dalla diocesi più vicina, che è la diocesi di Medan, sta partendo via terra per andare a vedere quale sia la reale situazione e portare i primi aiuti. In Indonesia, c’è una buona collaborazione e le diocesi vicine invieranno, nei prossimi giorni, un sistema di volontari per andare ad aiutare. Adesso stanno valutando i danni per capire cosa sarà necessario fare. Sicuramente in Indonesia - e soprattutto in questa zona - sono abbastanza pronti da questo punto di vista e quindi c’è anche la presenza del governo locale. Senza dubbio, poi, quando un terremoto di questo tipo colpisce - grande o piccolo che sia - c’è molta confusione nelle prime ore. Si sta quindi cercando di capirne un po’ di più.

D. – L’Indonesia è un Paese a prevalenza musulmana: com’è il dialogo con i cristiani? Si accettano aiuti in questo momento di necessità?

R. – La nostra esperienza, da questo punto di vista, è stata sempre abbastanza positiva. Anche perché la Caritas e le Caritas diocesane, quando si presentano, non guardano il colore di nulla: né della pelle né degli occhi né di altre cose… Si porta solo l’aiuto laddove ce n'è bisogno. E questo, in Indonesia, hanno ormai imparato a riconoscerlo, soprattutto dopo la grande esperienza dello tsunami.

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Aleppo: governativi riconquistano città vecchia, decine di morti

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Sarebbero 80mila i civili fuggiti da Aleppo est dopo un mese di offensiva e i bombardamenti continuano. Nelle ultime 24 ore almeno 50 i civili uccisi nell’avanzata governativa che ha riconquistato i quartieri prossimi alla città vecchia. Intanto i ribelli chiedono una tregua umanitaria di 5 giorni a cui Mosca finora si oppone. Bombardato anche lo scalo militare di Damasco da parte di aerei israeliani. Sulla situazione ad Aleppo, Gabriella Ceraso ha raccolto la testimonianza di mons. George Abou Khazen, vicario apostolico per i cattolici di rito latino: 

R. – L’esercito regolare sta liberando molti quartieri: si tratta dei quartieri intorno alla cittadella, le vecchie cattedrali. Molti di questi luoghi sono stati dichiarati patrimonio internazionale dall’Unesco. Ma si continua a bombardare alla cieca in quartieri con strade strette in cui non passano nemmeno le automobili. Questa è sicuramente una guerra molto dura.

D. - La gente come reagisce a questa avanzata? C’è maggiore sicurezza?

R. - Le persone sono molto contente, dicono: “Speriamo di finirla”.

D. - Si parla oggi di 80mila sfollati che sarebbero fuggiti, da novembre, dalla parte di Aleppo Est. È effettivamente così la realtà?

R. - Chi aveva la possibilità di andare via è andato via. Adesso l’esercito sta richiamando di nuovo dicendo: “Oramai i vostri quartieri sono liberati, hanno tolto tutte le mine. Potete tornare a casa vostra”. Quindi molti stanno tornando a casa loro.

D. - Questo è un piccolo segnale positivo per la gente?

R. - Sicuramente, certo! Immaginate una famiglia che ha dovuto lasciare la casa, fuggire … É una cosa sicuramente positiva!

D. - Le zone ancora occupate dai cosiddetti ribelli sono poche, ma fanno una grande resistenza. Oggi c’è stata una richiesta di  tregua anche da parte di ribelli perché la gente possa uscire, soprattutto chi è più bisognoso. Che cosa vi augurate sotto questo punto di vista?

R. – Speriamo che si arrivi ad un accordo così come è successo altrove, dove gli uomini armati possono uscire, andare dove vogliono oppure fare una riconciliazione con lo Stato.

D. - Domani è la festa dell’Immacolata. Come state vivendo questa preparazione al Natale?

R. - Stiamo preparando come al solito la nostra gente ad accogliere questo avvenimento con fede e con speranza perché la nascita di un bambino è vita, è ricominciare! Speriamo che succeda questo anche per Aleppo e per altre città della Siria. Speriamo veramente che avvenga veramente!

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Presidenziali in Ghana, i vescovi: voto sia pacifico e trasparente

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Si svolgono oggi le elezioni presidenziali in Ghana, che vedono il presidente uscente John Dramani Mahama del partito di centro-sinista National Democratic Congress (NDC) - entrato in carica al posto di John Atta-Mills, deceduto durante il suo mandato - sfidare sei candidati, tra cui una donna, e dove il principale oppositore è l’economista Nana Akufo-Addo del liberal-conservatore New Patriotic Party (NPP). La campagna elettorale ha registrato alcune violenze, tanto che i vescovi hanno denunciato il clima politico incandescente, invitando a un voto pacifico e trasparente. Francesco Gnagni ha domandato qual è il clima del Paese a Enrico Casale, giornalista della rivista dei Padri Bianchi "Africa": 

R. – Il clima generale è buono. Penso che il Paese è ormai una democrazia. Possiamo dichiarare con abbastanza tranquillità che si tratta di una democrazia affermata dell’Africa, soprattutto nell’Africa occidentale. Quindi in generale il clima è positivo. Nonostante questo clima positivo ci sono stati in questi giorni alcuni scontri pre-elettorali che hanno causato la morte di un sostenitore del principale partito di opposizione ghanese che è il Partito nazionale patriottico. Questo supporter è stato ucciso nella cittadina di Chereponi che è nel nordovest del Paese.

D. – Come esce il presidente dall’ultimo mandato?

R. – Il presidente ha dovuto affrontare una situazione un po’ difficile dal punto di vista economico. Teniamo presente che il Ghana è un Paese fondamentalmente in crescita dal punto di vista economico, cresce su buoni livelli, intorno al tre e mezzo, quattro per cento ogni anno, quindi è buono. Però, ultimamente, il presidente ha dovuto far fronte ad una debolezza dell’economia legata al rallentamento dei prezzi delle commodities. Il Ghana è esportatore soprattutto di petrolio, di gas, di oro e di cacao: tutti beni i cui prezzi sono definiti altrove e quindi il Ghana è soggetto a fluttuazioni di prezzo che non decide, sui quali non ha voce in capitolo. Questo ha portato a un elevato deficit fiscale e ad un aumento del debito pubblico. Quindi è un discreto problema dal quale però si prevede che nel 2017 possa gradualmente uscire.

D. - Si dice che le forze armate sono in allerta per eventuali manifestazioni violente: lei lo vede questo rischio?

R. – Sì, potrebbero esserci queste manifestazioni violente. Teniamo presente che come in altri Paesi dell’Africa c’è, sì, una dinamica democratica sulla quale però si inseriscono dinamiche diverse, come quelle etniche. Quindi potrebbero sorgere tensioni, come sono sorte in altri Paesi dell’Africa occidentale. Per questo motivo, probabilmente, le forze armate e in generale le forze dell’ordine sono state mobilitate.

D. - Quali sfide dovrà affrontare il nuovo presidente?

R.  – Innanzitutto la sfida dell’economia. Il Paese è un Paese ricco, in crescita, che è stato tutto sommato ben gestito nell’ambito del panorama africano, soprattutto dell’Africa occidentale. Il problema grosso è quello della ridistribuzione della ricchezza, chiaramente dei servizi, a partire dai servizi energetici. Ci sono ricorrenti problemi deficit energetici nel Paese.

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Scola: Europa sia famiglia di popoli, non super-stato burocratico

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“I processi in atto nel mondo di oggi sono talmente complessi che rendono l'Europa non un'opzione ma una vera e propria necessità. lo ha detto il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, nel suo discorso alla città per la Festa di Sant'Ambrogio dal titolo "Milano e il futuro dell'Europa". Il porporato ha parlato della crisi della natalità nel vecchio continente una vera tragedia: "L’Italia e l’Europa - ha detto - hanno urgente bisogno di ricominciare ad investire sulla promozione e protezione della vita e sulla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna". Fabio Brenna

L’Europa non è un’opzione, ma una necessità. Potrebbe sembrare un paradosso quello lanciato dal cardinale Scola nel tradizionale appuntamento del Discorso alla città nella vigilia del Patrono S. Ambrogio. Un approccio realistico: un continente alla prova del meticciato e delle migrazioni, fiaccato dalla crisi politica e finanziaria, alle prese con l’Islam e il terrorismo; realtà complesse che indicano chiaramente come non siano affrontabili dalle singole nazionalità. Ascoltiamo il cardinale Scola:

“Ha portato dei vantaggi ma, come vediamo in tanti campi, ha portato anche non pochi squilibri, finendo per trasformare l’Europa in una sorta di grande organizzazione internazionale piuttosto che in una comunanza di Stati e di Paesi. Quindi noi siamo a questo punto e a partire da qui dobbiamo reagire”.

Parte allora dalla vocazione di Milano non ad essere città cosmopolita, osserva l’arcivescovo, ma città accogliente, l’indicazione a non realizzare un super-stato europeo, ancora più schiavo delle tecnocrazie e delle burocrazie, ma quella “famiglia di popoli” più volte evocata da Papa Francesco, generatrice di vita buona:

“Io credo che Milano abbia tante risorse da fornire all’Europa e possa realmente trascinare tutto il Paese in questa direzione, ricavando benefici anzitutto per l’Europa ma anche per Milano e per l’Italia stessa. Del resto il referendum, al di là del suo esito nel quale non tocca a me entrare, è qualche cosa che viene dall’Europa e provoca l’Europa”.

L’Europa dunque come luogo dove vivere insieme, salvaguardando le diversità, per meglio affrontare le sfide della complessità. Un compito certo della politica, che deve rifuggire la ricerca del consenso immediato, ma che coinvolge direttamente i cristiani, i cui principi stanno alla base della stessa cultura europea.

“Il primo modo di contribuire all’Europa è che il cristiano sia se stesso e che laddove è, in tutti gli ambienti dell’umana esistenza, con molta semplicità, in termini elementari, senza inventare macroscopiche iniziative, documenti la bellezza, la bontà e la verità di seguire Gesù come fece Sant’Ambrogio”.

Un impegno che rilancia anche alla sua Chiesa ambrosiana che deve essere capace di “integrare, dialogare, generare”.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 342

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.