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Sommario del 05/12/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: cambiamento di Gesù non è trucco, rinnova il cuore

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Lasciamoci trasformare da Gesù, lasciamo che possa “ri-crearci” liberandoci dai nostri peccati. Così Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, incentrata sul tema del rinnovamento che porta il Signore. Il Papa ha messo in guardia dal dare un po’ di vernice ai nostri peccati senza vergognarsi davvero dentro il cuore. Solo dando “nome e cognome” ai nostri peccati, ha avvertito, potremo permettere a Dio di farci donne e uomini nuovi. Il servizio di Alessandro Gisotti

Il deserto fiorirà, i ciechi vedranno, i sordi sentiranno. La Prima Lettura, tratta dal Profeta Isaia, ha esordito Francesco, “ci parla di rinnovamento”. Tutto verrà cambiato “dal brutto al bello, dal cattivo al buono”. “Un cambiamento in meglio”: questo, ha rammentato, era ciò che il Popolo di Israele si attendeva dal Messia.

Il cambiamento che porta Gesù non è semplice maquillage
Gesù, ha quindi affermato spostando l’attenzione sul Vangelo odierno, guariva, “faceva vedere una strada di cambiamento alla gente e per questo la gente lo seguiva”. Non lo seguiva, ha osservato, “perché era di attualità: lo seguiva perché il messaggio di Gesù arrivava al cuore”. E poi, ha soggiunto, “il popolo vedeva che Gesù guariva e lo seguiva” anche per questo:

“Ma quello che faceva Gesù non era soltanto un cambiamento dal brutto al bello, dal cattivo al buono: Gesù ha fatto una trasformazione. Non è un problema di far bello, non è un problema di maquillage, di trucco: ha cambiato tutto da dentro! Ha cambiato con una ri-creazione: Dio aveva creato il mondo; l’uomo è caduto in peccato; viene Gesù a ri-creare il mondo. E questo è il messaggio, il messaggio del Vangelo, che si vede chiaro: prima di guarire quell’uomo, Gesù perdona i suoi peccati. Va lì, alla ri-creazione, ri-crea quell’uomo da peccatore in giusto: lo ri-crea come giusto. Lo fa nuovo, totalmente nuovo. E questo scandalizza: questo scandalizza!”

Per questo, ha affermato il Papa, i Dottori della Legge “incominciarono a discutere, a mormorare” perché non potevano accettare la sua autorità. Gesù, ha detto, “è capace di farci - noi peccatori – persone nuove”. E’ qualcosa, ha osservato, che “intuì la Maddalena”, che era sana “ma aveva una piaga dentro: era una peccatrice”. Intuì dunque, che “quell’uomo poteva guarire non il corpo, ma la piaga dell’anima. Poteva ri-creala! E per questo ci vuole tanta fede”.

Aprire il cuore davanti al Signore, dire i peccati “con nome e cognome”
Il Signore, ha ripreso, “ci aiuti a prepararci al Natale con grande fede” perché “per la guarigione dell’anima, per la guarigione esistenziale la ri-creazione che porta Gesù ci vuole grande fede”. “Essere trasformati – ha ribadito – questa è la grazia della salute che porta Gesù”. E bisogna vincere la tentazione di dire “io non ce la faccio”, ma lasciarci invece “trasformare”, “ri-creare da Gesù”. “Coraggio” è la parola di Dio:

“Tutti siamo peccatori, ma guarda la radice del tuo peccato e che il Signore vada laggiù e la ri-crei; e quella radice amara fiorirà, fiorirà con le opere di giustizia; e tu sarai un uomo nuovo, una donna nuova. Ma se noi: ‘Sì, si, io ho dei peccati; vado, mi confesso… due paroline, e poi continuo così…’, non mi lascio ri-creare dal Signore. Soltanto due pennellate di vernice e crediamo che con questo sia finita la storia! No! I miei peccati, con nome e cognome: io ho fatto questo, questo, questo e mi vergogno dentro il cuore! E apro il cuore: ‘Signore, l’unico che ho. Ricreami! Ricreami!’ E così avremo il coraggio di andare con vera fede – come abbiamo chiesto – verso il Natale”.

Sempre, ha aggiunto, “cerchiamo di nascondere la gravità dei nostri peccati”. Per esempio quando sminuiamo l’invidia. Questa, invece, ha detto Francesco “è una cosa bruttissima! E’ come il veleno del serpente” che cerca “di distruggere l’altro!”.

Lasciamo che il Signore cancelli i nostri peccati per farci davvero nuovi
Il Papa incoraggia, dunque, ad “andare al fondo dei nostri peccati e poi darli al Signore, perché Lui li cancelli e ci aiuti ad andare avanti con fede”. E ha sottolineato questo passaggio, raccontando un aneddoto di un Santo, “studioso della Bibbia” che aveva un carattere troppo forte, con tanti moti di ira e che chiedeva perdono al Signore, facendo tante rinunce e penitenze:

“Il Santo, parlando col Signore diceva: ‘Sei contento, Signore?’ – ‘No!’ – ‘Ma ti ho dato tutto!’ – ‘No, manca qualcosa…’. E questo povero uomo faceva un’altra penitenza, un’altra preghiera, un’altra veglia: ‘Ti ho dato questo, Signore? Va bene?’ – ‘No! Manca qualcosa…’ – ‘Ma cosa manca, Signore?’ – ‘Mancano i tuoi peccati! Dammi i tuoi peccati!’. Questo è quello che, oggi, il Signore ci chiede a noi: ‘Coraggio! Dammi i tuoi peccati e io ti farò un uomo nuovo e una donna nuova’. Che il Signore ci dia fede, per credere a questo”.

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Le udienze e nomine episcopali di Papa Francesco.

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Le udienze e nomine episcopali di Papa Francesco. Consulta il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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Greg Burke: incontro tra il card. Parolin e Virginia Raggi

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Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Greg Burke, informa che questa mattina il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, ha incontrato la sindaca di Roma, Virginia Raggi. L’incontro – aggiunge Burke - era stato programmato da tempo. Il card. Parolin e la Raggi hanno parlato della città di Roma.

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Oggi in Primo Piano



Italia: Referendum. Vince il No. Mattarella: impegni da rispettare

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Referendum costituzionale. Netta vittoria del No con quasi il 60% delle preferenze. Alle urne si sono recati il 68,48% degli aventi diritto. Il premier Renzi andrà nel pomeriggio al Quirinale per rassegnare le dimissioni, alle 12.30 circa è salito al Colle, per un incontro con il Presidente della Repubblica Mattarella, il quale ha detto: ci sono impegni e scadenze da rispettare. E mentre esultano le opposizioni, il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, cardinale Bagnasco, ribadisce: "Cerchiamo di camminare insieme”. Massimiliano Menichetti: 

Bocciata dal 60% degli italiani la riforma della Costituzione voluta dal premier Renzi che oggi pomeriggio salirà al Quirinale per rimettere nelle mani del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il suo mandato. Ieri il primo ministro, in conferenza stampa, visibilmente commosso, ha ammesso la sconfitta politica: "Ho perso e a saltare è la mia poltrona. L'esperienza del governo – ha detto Renzi - è finita e nel pomeriggio salgo al Colle per dimettermi". Alta l’affluenza alle urne per il referendum che voleva modificare la Carta Fondamentale: più del 68% degli italiani è andato al seggio elettorale, in pratica sette aventi diritto su dieci, di questi, sei su dieci hanno detto “no”. Il voto all’estero invece è stato di segno diverso, i dati mostrano la marcata prevalenza dei Si' con quasi il 65% delle preferenze. Oggi dunque ci sarà l’ultimo Consiglio dei ministri prima della salita al Colle e dopo poco più di mille giorni di governo Renzi."Adesso e' il momento di una grande responsabilita', a tutti i livelli. E' l'ora di camminare insieme" ha detto il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, a margine delle celebrazioni di Santa Barbara, commentando l'esito del referendum. Sollecitato dai giornalisti sulla frammentazione in Italia, il porporato ha sottolineato: "Cerchiamo di camminare insieme". 

L’esito del referendum e le annunciate dimissioni del premier Renzi hanno provocato una prima reazione negativa dei mercati, con l’euro deprezzato alla Borsa di Tokio.  E naturalmente c’è attesa su come reagiranno i Mercati finanziari. Ma quali sono ora le tappe e gli scenari della crisi politica che di fatto si è aperta in Italia?  Servizio di Giampiero Guadagni: 

La parola passa ora al Capo dello Stato Mattarella, che dovrà trovare una soluzione alla crisi garantendo comunque stabilità in vista di mesi importanti per l’Italia a livello europeo e internazionale. Per l’immediato  dopo Renzi circolano già alcuni nomi: dal Presidente del Senato Grasso ai ministri dell’Economia Padoan e delle Infrastrutture Delrio.  La scelta potrebbe tenere conto della reazione dei mercati finanziari. Ma il principale nodo da sciogliere sarà quello della nuova legge elettorale. Dallo scorso luglio è in vigore solo per la Camera l’Italicum, con premio di maggioranza  e ballottaggio, mentre per il Senato è previsto un sistema proporzionale corretto. Nel frattempo elezioni politiche il prima possibile è la parola d’ordine del Movimento 5 Stelle, con Di Maio che dice: ci mettiamo subito al lavoro per creare il programma del nostro futuro governo. Elezioni subito sono chieste anche dai leader della Lega Salvini e di Fratelli d’Italia Meloni. Mentre per Forza Italia, altro partito del No, il Pd ha il dovere di garantire il governo al Paese. Ma nel Pd ora è il momento del confronto decisivo tra la maggioranza di Renzi e la minoranza che si è attivamente schierata contro queste riforme. Martedì la direzione del partito.

"La partecipazione degli italiani è il dato più importante" commenta al micorfono di Massimiliano Menichetti il presidente del Movimento Cristiano Lavoratori, Carlo Costalli: 

R. – La cosa più importante è stata questa grande prova di partecipazione del popolo italiano, a dimostrazione che quando vengono toccati temi importanti la partecipazione c’è e non si accettano condizionamenti. La seconda è il risultato, chiaro: la riforma del governo Renzi, al di là dei contenuti, ha diviso anziché unire, e non ha mostrato i segni del dialogo, della concordia, che sono indispensabili per una legge così importante. E già da questo punto di vista aveva fallito; ma adesso ci vuole un senso di responsabilità.

D. – Costalli, lei aveva detto: “Dobbiamo dire ‘no’ ad un’economia dell’esclusione e dell’iniquità”…

R. – Sicuramente ha influito anche questo. È apparsa come una legge, una riforma, imposta da poteri occulti e sostenuta in modo evidente da grandi lobby internazionali, anche in modo eccessivo, che sicuramente non hanno favorito anche Renzi; e nello stesso tempo si è trascurato il disagio delle nostre periferie e del nostro Sud. Quindi, sicuramente questa situazione di disagio ha influito anche sul voto.

D. – Adesso c’è chi invoca immediate elezioni, chi una ricerca dell’unità: secondo lei qual è la strada?

R. – No, le elezioni non esageriamo. Io credo che adesso, intanto, debba scendere in campo con più convinzione il mondo cattolico, che ha avuto delle posizioni anche variegate, ma non contrapposte, per indicare una scelta giusta, che, come ho detto, è quella della responsabilità. Credo che una delle cose più importanti sia intanto lavorare a una legge elettorale che non sia modulata sulle cose contingenti, vere o presunte, come è avvenuto sull’Italicum; e che questo rafforzi un rapporto fiduciario con l’elettore, che questa volta ha dimostrato di voler contare, e che sia degno di una rappresentanza reale. Quindi approviamo la legge di stabilità anche al Senato; prepariamo una legge elettorale; il Pd esprima un candidato, e andiamo avanti. È chiaro che adesso ci sono tutta una serie di lacerazioni che vanno attenzionate. E qui dobbiamo – io credo – giocare un ruolo anche come mondo cattolico.

"In questo momento la priorità è la stabilità" sottolinea al microfono di Massimiliano Menichetti il presidente delle Acli, Roberto Rossini

R. – L’aspetto positivo che davvero rende felice la democrazia è il fatto che comunque tanta gente si sia recata a votare. In questo momento la priorità è la stabilità, ovviamente del quadro politico, perché questa determinerebbe anche la stabilità del quadro economico e lavorativo. Solo che è molto difficile dire se è più facile raggiungere la stabilità con un accordo un po’ pasticciato, piuttosto che con elezioni rapide e immediate. Speriamo che il Capo dello Stato faccia una scelta oculata, che ci permetta di uscire da questo periodo di incertezza, con la possibilità che magari anche nel breve, medio periodo ci possa essere più stabilità.

D. – Lei stesso ha ribadito più volte: “L’idea del bicameralismo perfetto è ormai antiquata”…

R. – Noi abbiamo detto più volte che una riforma era meglio di una non riforma. Il fatto rimane: dovremo proporre una forma di bicameralismo imperfetto, e adesso non so che cosa ci si potrà inventare. Ci sono ancora tante altre riforme che aspettano nel cassetto di essere fatte in questo Paese per farlo funzionare, a partire dalla riforma del tema del lavoro. Nel pubblico impiego qualcosa è stato fatto, però certamente va fatto molto di più. Il tema della scuola va approfondito, così come quello dell’università e della ricerca. Penso che dobbiamo andare in questa direzione.

D. – La legge elettorale: è una necessità ritoccarla?

R. – Su questo devono trovare un accordo tutti insieme: un accordo saggio, che consenta di avere un governo chiaro, serve una legge elettorale che sia condivisa da tutti. Credo che questa sia la priorità. Penso che ora, come è accaduto in tanti altri momenti della storia italiana, si farà un governo di transizione, che ci consentirà di approvare la legge elettorale, e la legge di bilancio; e poi probabilmente si andrà a elezioni. Però, certo, la legge elettorale è una priorità in questo momento.

Il voto referendario mostra che gli italiani non accettano forzature su temi importanti. Lo ha detto il direttore del quotidiano Avvenire, Marco Tarquinio il quale al microfono di Fabio Colagrande traccia l'immagine del Paese:  

R. - È l’immagine di un Paese che va alle urne per una questione importante, quella della Costituzione; è un’Italia purtroppo a due velocità tra Nord e Centro Nord e Sud che fornisce un quadro relativo alla partecipazione diverso e questo è un altro indice preoccupante; un’Italia che manda un segnale politico e istituzionale molto chiaro anche al parlamento. Adesso tutti si concentreranno su cosa accadrà al governo, ma la questione era un’altra: forse su questa bisognerebbe ragionare.

D. - Un voto che ha bocciato Renzi o ha bocciato la sua riforma costituzionale?

R. - Diciamo che ci sono due segnali: Renzi raccoglie il frutto dei suoi errori: l’aver personalizzato - come è stato detto e come lui stesso ha ammesso - la campagna referendaria soprattutto al suo principio, ma prima ancora, aver condotto in porto una riforma della Costituzione di così ampia portata senza quella sponda di almeno una parte dell’opposizione che era stata intelligentemente pensata e realizzata anche sotto la regia del Quirinale. Sono questi i due errori di Renzi che alla fine sono stati sanzionati. Ma c’è di più e c’è dell’altro. Nel 2006 prima e nel 2016 ora - dieci anni dopo - ci troviamo di fronte ad un segnale del corpo elettorale limpido, forte, ostile ad un cambiamento del sistema costituzionale che faccia perno sul superamento brusco del bicameralismo paritario. Bisogna decidersi a fare i conti con questa indicazione, non può essere considerata un’indicazione casuale pur che sia. A distanza di dieci anni, la riforma Berlusconi e la riforma Renzi vengono archiviate entrambe dal corpo elettorale. Bisognerà, nel tempo della ricostruzione che ci troviamo davanti, trovare la strada giusta per ammodernare la seconda parte della nostra Costituzione senza forzare gli orientamenti di un elettorato che si è dimostrato molto reattivo e consapevole.

D. - Quale sfida in questo momento per il Paese dopo le dimissioni di Renzi?

R. - Non finire ostaggio delle ambizioni reciproche di coloro che hanno lavorato anche per il fronte del “No”: è evidente che è molto semplice trovarsi d’accordo quando c’è da essere contro, ma come dicevo, in questo tempo di ricostruzione è necessario che si sappiano declinare delle proposte concrete. Vedo che è già cominciata una gara invece a chi va prima alle urne, con la legge elettorale che tutti hanno vituperato, ma c’è qualcosa che non torna. Credo che bisogna sapere andare oltre gli egoismi. È evidente che a questo punto serve un concerto che fino ad oggi non c’è stato.

D. - I cattolici si sono trovati su entrambi gli schieramenti. Ora, dopo il referendum quale può essere il loro contributo alle nuove sfide che stavi descrivendo?

R. - Attraverso le pagine dei giornali e il dibattito pubblico, ho potuto verificare che i cattolici hanno partecipato con toni, dal mio punto di vista giusti a questo grande dibattito nazionale stando molto sul merito delle questioni costruzioni che erano poste. Mi auguro che questo atteggiamento sia contagioso e che sappiano innervare le diverse posizioni politiche - nelle quali si riconoscono - di questa sensibilità e di questo senso delle priorità vere.

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Austria: Van der Bellen è il nuovo Presidente. Vince linea europeista

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Alexander Van der Bellen è il nuovo Presidente dell’Austria. Con oltre il 53% dei consensi, il candidato dei Verdi ha sconfitto al ballottaggio presidenziale Norbert Hofer, leader della destra ultranazionalista. "Voglio essere il presidente di tutti gli austriaci. Porgo la mano anche agli elettori di Hofer”, ha detto il nuovo Presidente che ha poi confermato una linea filo-europeista. Quella di ieri è stata la ripetizione del ballottaggio del 23 maggio scorso che Van der Bellen aveva già vinto per soli 30 mila voti, ma che era stato poi annullato per irregolarità procedurali nello spoglio dei voti per corrispondenza. Per un commento sul voto, Marco Guerra ha sentito Micaela Taroni, corrispondente in Italia per Apa, la maggiore agenzia di stampa austriaca: 

R. – Gli austriaci hanno sentito un effetto Trump al contrario, nel senso che dopo i grandi terremoti politici negli Stati Uniti con l’elezione di Trump e la Brexit in Gran Bretagna, forse, gli austriaci hanno un po’ avuto paura di un cambiamento troppo radicale e hanno preferito puntare sulla stabilità, comunque sui buoni rapporti con Bruxelles, come li garantisce il verde Van der Bellen, che comunque ha puntato tutta la sua campagna elettorale sulla necessità di un’Austria che, nonostante il forte problema degli immigrati, rimanga comunque aperta e capace di integrazione.

D.  – Quali sono le sfide che adesso spettano a Van der Bellen? C’è l’occupazione, c’è la crisi dei migranti… Quali sono i temi in cima all’agenda del Presidente?

R. – Intanto, sicuramente, cercare di ricucire i rapporti tra i vari gruppi politici. Diciamo che questa campagna elettorale che è durata mesi e mesi, ha spaccato l’opinione politica austriaca. Adesso si tratta di riconquistare la fiducia dell’elettorato più conservatore e anche più di destra che aveva votato in massa Hofer. Sicuramente il tema degli immigrati è un tema che andrà  continuamente affrontato e monitorato, come quello dell’economia. Infatti, sebbene l’Austria abbia un’economia solida, strettamente agganciata alla locomotiva tedesca, è innegabile che anche in questo Paese problemi come la disoccupazione e le prospettive economiche abbastanza incerte siano comunque un tema che preoccupa l’opinione pubblica. Tuttavia, dobbiamo ricordare che l’incarico del Presidente è  come in Italia piuttosto rappresentativo: non ha le competenze di un premier, quindi Van der Bellen avrà incarichi di indirizzo politico ma non veramente operativi ed esecutivi.

D. – Hofer, l’Fpö, il partito che guida, comunque, hanno ottenuto un risultato impensabile fino a qualche anno fa… In vista delle politiche del 2018 restano in corsa?

R. – Sì, assolutamente. Hofer si è dato molto da fare durante questa campagna elettorale per togliersi un po’ la nomea dell’estremista di destra, come lo accusano di essere, soprattutto molti partiti tradizionali, anche a Bruxelles. In realtà si è dato molto da fare per portare avanti una campagna tutto sommato dai toni moderati in cui, naturalmente, il discorso di un maggiore controllo delle frontiere era sicuramente in preminenza ma allo stesso tempo si è impegnato per assicurare che non ci sarebbe stata l’uscita dell’Austria dall’Unione Europea. E’ riuscito con questi toni più moderati a far breccia in una buona parte dell’elettorato conservatore di destra.

D. – C’è una ricerca di stabilità in Austria?

R.  – Sì, direi di sì. La paura di un salto nel buio ha spinto la maggioranza degli austriaci a votare per la stabilità. Possiamo dire che mentre gli italiani hanno deciso un po’ di fare un salto nel buio votando “no” e accelerando questa crisi politica e aprendo le porte a un cambiamento politico, gli austriaci hanno dimostrato di essere un po’ più conservatori e di prediligere una stabilità che Van der Bellen garantisce più che il suo rivale Hoefer.

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Francia, Valls si candida per l'Eliseo: oggi l'annuncio

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Il premier francese Manuel Valls annuncerà questa sera la sua candidatura alle Presidenziali in Francia. Lo riferisce un comunicato di palazzo Matignon riportato dai principali media francesi, in cui si annuncia che il premier parlerà da Evry, città alla periferia di Parigi e di cui è stato sindaco per oltre dieci anni. A quattro giorni dalla rinuncia di François Hollande per un secondo mandato, Valls formalizzerà la sua decisione annunciando ufficialmente la sua candidatura all'Eliseo per le elezioni in programma il prossimo 23 aprile. Per Valls c'è da superare uno scoglio interno, vincere le primarie del centrosinistra in programma il 22 gennaio. Clarissa Guerrieri ha intervistato Massimo Nava, editorialista e corrispondente del Corriere della Sera da Parigi: 

R. – Si sarebbe rischiato uno scontro istituzionale se Hollande fosse rimasto in carica e si sarebbe rischiato una primaria del partito socialista a gennaio con un convitato di pietra. Questo non significa che la sinistra di problemi non ne abbia, ne ha moltissimi: è lacerata e ci sono già almeno due anime che si confrontano nella contesa, quella dell’ex ministro dell’economia e delle finanze Emmanuel Macron, che ha lanciato la sua candidatura riformista liberale, poi quella della sinistra più radicale, socialcomunista, che è al seguito di Jean-Luc Mélenchon. La vera domanda è che cosa riuscirà a fare Valls per rimettere insieme i cocci e portare la sinistra a uno scontro, a una sfida finale contro Fillon che avrebbe due grandi vantaggi: in primo luogo riportare il Paese a una dimensione politica di normalità, in secondo luogo, anche con una sconfitta onorevole, di portare all’Assemblea nazionale un’opposizione forte e credibile.

D. – Cosa pensano i francesi di questa svolta politica?

R. – C’è chi pensa che a sinistra adesso le cose cambino. Il sentimento più diffuso adesso in questo momento è di soddisfazione per la rinuncia di Hollande.

D. – Come mai secondo lei il presidente Hollande non si è ricandidato per il secondo mandato?

R. - Da un lato ha preso atto del fatto che la sinistra rischiava veramente l’emarginazione, la caduta dei sondaggi è verticale, quindi ha preferito gettare la spugna.

D. – Cosa dovrebbe fare secondo lei il premier Valls per risollevare il Paese da questa crisi che l’avvolge da tempo?

R. – La scommessa di Valls è quella di prendere atto del profondo bisogno di riforme che la Francia ha e, al tempo stesso, deve rassicurare l’opinione pubblica e soprattutto i ceti popolari più sfavoriti.

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Algeria: espulsioni di migranti. Don Zerai: Ue apra accessi legali

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Nessun annuncio ufficiale da parte delle autorità algerine. È quanto denunciano le comunità di migranti dell’Africa occidentale che riferiscono come sia in corso in Algeria un’espulsione collettiva: si parla di 1.400 migranti. Centinaia di questi sarebbero stati arrestati dalle forze dell’ordine e sarebbero ora detenuti in campi di Tamanrasset ed Algeri. A darne notizia Radio France Internationale (Rfi), che riferisce di una vera e propria “caccia all’uomo” in corso, con i migranti costretti a nascondersi per fuggire alle retate degli agenti. Giada Aquilino ne ha parlato con don Mussie Zerai, presidente dell’Agenzia Habeshia per la cooperazione allo sviluppo: 

R. – Questo tipo di retate, di arresti e deportazioni in Algeria non sono una cosa nuova: ci sono state ultimamente ma già negli anni passati, più volte, abbiamo segnalato questi fatti. È ciò che di fatto l’Europa chiede a questi Paesi, con il Processo di Khartoum e il Processo di Rabat, con il Marocco, per tutti quelli che passavano per il Maghreb, per cercare di impedire che queste persone approdino in un posto sicuro. Questo è quello che sta avvenendo e l’Algeria sta solo facendo il “compito” che le è stato assegnato dall’Unione Europea, anche dietro finanziamenti, affinché impedisca il flusso in arrivo. Molte di queste persone provengono dall’Africa occidentale, molti nigeriani scappano da Boko Haram e da altre situazioni, così come dal Mali e da altri Paesi vicini per povertà, per guerre, per dittature. A queste persone, che cercano di trovare un posto sicuro, di salvare la propria vita o conquistare la propria libertà, si sbarra la strada con tali accordi che l’Unione Europa ha fatto e fa per impedire il flusso attraverso il Sudan, verso la Libia, per poi varcare il Mediterraneo.

D. – Una volta arrivati in Algeria, come vivono questi migranti?

R. – Vivono veramente in condizioni di totale miseria. Ad Algeri ovunque lungo i marciapiedi c’è gente che dorme, riparandosi con i cartoni. Migliaia di profughi vivono per strada, buttati lì! L’Algeria ha realizzato qualche Centro, ma più che di accoglienza è di detenzione: le condizioni di trattamento in queste strutture sono veramente pessime e la gente evita di finirvi dentro, nella speranza di poter riuscire a proseguire il proprio viaggio.

D. – Già negli anni scorsi ci sono stati vari rapporti che parlavano delle condizioni di queste persone: citiamo nel 2012 il rapporto del Jesuit Refugee Service, presentato a Bruxelles, che denunciava un aumento dei rimpatri forzati e delle violazioni dei diritti umani dei migranti, in particolare in Marocco e in Algeria. Cosa è stato fatto?

R. – Di fatto niente! Ed è quello che l’Unione Europea vuole: a tutti i Paesi del Nord Africa e anche quelli dell’Africa sub-sahariana ha chiesto e sta chiedendo di impedire l’arrivo di queste persone. E come lo impediscono? Violando i diritti fondamentali di questa gente. Ormai non viene attuata nemmeno la Convenzione di Ginevra, che impedisce queste deportazioni di massa: non si verificano le reali situazioni e le condizioni di quelle persone e se hanno i requisiti per essere riconosciute come rifugiate!

D. – Quando tra l’altro continuano i soccorsi nel Mar Mediterraneo anche per gli algerini - negli ultimi giorni si sono verificati nuovi sbarchi in Sardegna - qual è l’appello dell’Agenzia Habeshia?

R. – Di non ignorare, di non far finta di non vedere le situazioni di bisogno, di urgenza che queste persone stanno vivendo. Di non chiudersi dietro i muri, ma di aprire accessi legali, rafforzando il corridoio umanitario che è iniziato in Italia e che ha permesso l’arrivo già di 500 migranti: spero che questo continui... Quindi aprire quei canali legali che permettano a queste persone, che hanno bisogno di protezione internazionale, di venire legalmente. E, nello stesso momento, vedere anche come poter proteggere queste persone nei Paesi vicini, quando scappano dai loro Paesi di origine: se nei Paesi vicini, invece di maltrattarli e di abbandonarli, noi creiamo condizioni di vita dignitosa, molte persone potrebbero trattenersi volentieri lì.

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Bari. Bartolomeo I: appello di pace per il Mediterraneo

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“Se tutti i soggetti interessati sapranno accettare con coraggio la giustizia, la libertà, e la verità come pilastri della pace e se le religioni sapranno creare ponti tra individui, popoli e culture, allora potremmo essere ancora segno di speranza per l’umanità. Solo così Adriatico e Ionio, Puglia e Italia e le altre sponde dei nostri mari torneranno ad essere luoghi di comunione per tutti”. Un appello forte per la pace nel Mediterraneo e per l’accoglienza dei migranti - riferisce l'agenzia Sir - è stato lanciato questa mattina dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I nella Lectio magistralis pronunciata nella basilica di San Nicola a Bari, dove gli è stato conferito il premio ecumenico San Nicola nel giorno dell’inaugurazione della Facoltà teologica pugliese. 

Forte appello all'Ue sull'emergenza immigrazione
Il Patriarca che, quest’anno con Papa Francesco si è recato a Lesbo, è tornato a parlare dell’emergenza immigrazione. Il Patriarca ha lanciato una forte denuncia all’Ue: “La stessa Unione europea ha faticato a comprendere la grande valenza del Mediterraneo e la sua portato storico-religiosa, stritolata tra laicizzazione e secolarizzazione”.

Il Mediterraneo è diventato la tomba di tanti fratelli e sorelle che sognavano una vita migliore
“Il Mediterraneo, il mare dell’incontro e della cultura, della convivenza di religioni e popoli – ha detto -, si è trovato improvvisamente attraversato da ondate di disperati che fuggono da guerre, dal fondamentalismo religioso, apparso sulla scena Medio-Orientale, da carestie, prodotte troppe volte dalla ingordigia di pochi a scapito di molti, da tirannie che rendono impossibile la vita, dalla mancanza dei più elementari beni di sopravvivenza”. Il Patriarca ha quindi chiesto come i cristiani delle diverse Chiese possono “alimentare i principi di Dialogo, Amore e Pace, in un mondo sconvolto e davanti ad un mare che è diventato la tomba di tanti Fratelli e Sorelle che sognavano una vita migliore”. 

La giustizia tra le nazioni prevalga sugli interessi dell'economia mondiale e della globalizzazione 
“Crediamo – ha aggiunto – che il ruolo delle Religioni divenga fondamentale nel creare, avviare e consolidare un principio di comunione per la collaborazione e la comprensione reciproca, allontanando i fondamentalismi che si trovano in tutte le società e religioni. C’è necessità di ricreare la reciproca stima tra i popoli, superando diffidenze, violenza, stragi e genocidi. Bisogna che la giustizia sociale e la giustizia tra le nazioni prevalga sui meri interessi della economia mondiale e della globalizzazione più sfrenata, così da porre fine a migrazioni incontrollate. Nessuno lascia piacevolmente il proprio focolare domestico se non è proprio incalzato dalle necessità o dalla violenza. Allo stesso tempo ci vuole una economia di comunione che sappia accogliere, senza creare il malcontento sociale nei Paesi ospitanti”.

Un pensiero pieno di affetto del Patriarca per il “santissimo fratello” Papa Francesco
“Non possiamo dimenticare in questo solenne momento il fraterno amore e la stima che legano la nostra Modestia, vescovo della Nuova Roma, al Santissimo Fratello Vescovo della Chiesa della Antica Roma, Papa Francesco, a cui inviamo il nostro saluto ed il Bacio di Pace” ha detto il Patriarca il quale ha anche ricordato, andando a braccio, che l’ultima volta che si è incontrato con Papa Francesco è stato ad Assisi ed “era la sesta volta”. “Siamo molto commossi e grati per aver voluto attribuire al Patriarca ecumenico, l’importante riconoscimento del Premio ecumenico ‘San Nicola’”, ha poi aggiunto facendo riferimento al premio. “Lo accogliamo da una parte come un dono di Dio non solo per la nostra Modestia, ma come un riconoscimento alla Santa e Grande Chiesa martire di Cristo, il Patriarcato ecumenico, Primo Trono della Chiesa Ortodossa, che presiede nella carità e nella diaconia all’unità, la sinfonia delle Sante Chiese Ortodosse Autocefali Locali. E dall’altra parte, lo accogliamo come segno profetico dell’unità di tutte le Sante Chiese di Dio, il cui cammino teologico tra le nostre Chiese e l’amore, il rispetto e la collaborazione sono uno dei tratti fondamentali”. (R.P.)

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Card. Filoni: San Francesco Saverio, modello di missionarietà

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“Francesco Saverio è all’origine di quella missionarietà moderna che si apriva ai nuovi mondi e che si andava affermando nel corso dei secoli XV e XVI” ha evidenziato il Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il card. Fernando Filoni, durante la Messa che ha presieduto sabato sera nella chiesa romana del Gesù, nella festa del Santo Patrono delle Missioni.

Le sue gesta hanno obbligato i Papi del tempo ad assumere l’iniziativa missionaria
Nel 1506 - riporta l'agenzia Fides - quando nacque Francesco Saverio, erano passati quattordici anni dalla scoperta dell’America e otto dall’apertura delle rotte verso le Indie Orientali. “Si era, cioè, agli albori di quel secolo che avrebbe indotto la Sede Apostolica a occuparsi dell’evangelizzazione a Occidente, a Oriente e a Sud dell’Europa” ha ricordato il cardinale, anche se poi, si dovrà attendere il 1599, alcuni decenni dopo la sua morte, per vedere la struttura antesignana della Congregazione di Propaganda Fide. “Le sue lettere, le sue relazioni e le sue gesta avevano avuto tanto rilievo in Europa da obbligare i Papi del tempo a manifestare ogni attenzione non solo nel finanziare i viaggi apostolici dei missionari, ma ad assumere l’iniziativa missionaria”.

La sfida missionaria: accogliere l'invito di Papa Francesco nell’essere una Chiesa 'in uscita'
“Francesco Saverio si può effettivamente ritenere l’uomo che fu preso totalmente dalla grazia dello Spirito Santo per una missione” ha detto il card. Filoni, ma “anche oggi il compito di evangelizzare è sempre urgente davanti a noi”. Seguendo le tracce di Paolo di Tarso e di Francesco Saverio, un immenso stuolo di missionari in questi secoli si sono succeduti nel portare il Vangelo in tutti i continenti, ed ancora oggi “la sfida missionaria ci spinge ad accogliere, con intima adesione, l'invito di Papa Francesco nell’essere una Chiesa 'in uscita', una comunità missionaria che sempre prende l’iniziativa per raggiungere tutti i popoli”. Sfida che appartiene a tutti i battezzati, compito affidato dal Signore risorto a tutta la sua Chiesa.

Francesco Saverio, Teresa di Gesù Bambino e Paolina Jaricot uniti nell'amore alla missionarietà
Quindi il Prefetto del dicastero missionario ha accomunato Francesco Saverio, “il grande e straordinario viaggiatore missionario”, Teresa di Gesù Bambino, “la grande mistica di clausura sempre spiritualmente proiettata all’annuncio del Vangelo” e Paolina Jaricot, la giovane laica fondatrice dell’Opera della Propagazione della Fede, che, attraverso la Catena del Rosario e la raccolta delle offerte tra le operaie della fabbrica in cui lavorava, rendeva quelle giovani donne partecipi dell’opera missionaria. “Tre personalità, diverse e così profondamente amanti della missionarietà – ha messo in evidenza - zelanti nel sostegno spirituale e materiale, assillate dal desiderio che Gesù Cristo fosse portato, conosciuto e amato da tutti gli uomini e da tutte le donne; tre personalità in cui troviamo come la sintesi, di tutto il Popolo di Dio che si slancia nell’annunzio del Vangelo”.

L'annuncio del Vangelo è l'incontro con Cristo
Nella parte conclusiva dell’omelia, il card. Filoni ha messo ancora in rilievo che “la missionarietà della Chiesa porta in sé la gioia dell’annunzio del Vangelo, il quale non è un bel libro di filosofia o di racconti edificanti, ma è l’incontro con Cristo; la missionarietà è portare, andare incontro a Cristo Signore”. (S.L.) 

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Myanmar: la minoranza Rohingya sotto attacco

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In Myanmar la minoranza musulmana dei Rohingya si trova da due mesi sotto attacco dell’esercito governativo che ha spinto i profughi fino alla frontiera con il Bangladesh dove le guardie di confine hanno impedito loro l’accesso anche dal mare. Aumentati gli scontri nelle ultime settimane fra un gruppo militante della minoranza e il Tatmadaw, l’esercito governativo, nello Stato di Rakhine, dove si parla di almeno 90 morti dall’inizio di ottobre e 30mila sfollati. A descrivere la comunità dei Rohingya e l’attuale situazione Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, nell’intervista di Sabrina Spagnoli: 

R. – I Rohingya sono una popolazione che vive prevalentemente nel nord del Myanmar; sono di religione musulmana e considerati dalla maggior parte del Paese e dal governo nient’altro che immigrati provenienti dal Bangladesh, ai quali da diversi anni è stata tolta la cittadinanza. Quindi di fatto sono degli apolidi. Fuggono da una persecuzione molto forte che si è acutizzata negli ultimi mesi. Vanno verso il Bangladesh via terra e molto spesso prendono il mare in direzione dell'Indonesia o della Malesia.

D. - Per quali ragioni il Myanmar non riconosce loro la cittadinanza?

R. - Perché ormai li considera degli stranieri a differenza di quanto sostengono i Rohingya, i quali affermano di essere una popolazione nativa. Sono considerati come dei contadini arrivati dal Bangladesh successivamente all’indipendenza di quel Paese e arrivati per di più in maniera irregolare e che dunque non hanno titolo di rimanere all’interno del Myanmar.

D. - Com’è attualmente la situazione al confine con il Bangladesh?

R. - Il Bangladesh in questi anni ha ospitato, prevalentemente in maniera irregolare, dunque tollerata, sopportata a volte, la presenza dei Rohingya. Una grande quantità di profughi in fuga dal Myanmar è stata ricacciata indietro; si calcola siano anche 500mila quelli senza protezione legale, senza documenti. Negli ultimi mesi - soprattutto dal 9 ottobre quando ci sono stati attacchi mai rivendicati contro posti di polizia dello Stato di Rakhine, quello dove vivono i Rohingya, nel nord del Myanmar - c’è stata un’ulteriore fuga di 30mila persone. A ottobre, come rappresaglia nei confronti di quegli attacchi, c’è stata una campagna che mirava alla distruzione, incendio di villaggi, uccisioni, stupri e torture. Circa 30milia, forse anche 33mila, sono arrivati di nuovo in Bangladesh e le autorità di questo Paese hanno cominciato a rimandarne indietro a centinaia.

D. - Ultimamente ci sono state tensioni fra John McKissick, capo dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, e la capitale birmana. Qual è la natura di questa polemica?

R. - È legata al fatto che le autorità del Myanmar, tacitamente tollerano che ci sia una forte repressione nel nord del Paese o vi collaborano attivamente. Questa tensione però, a quanto pare, ha dato dei risultati di cui dobbiamo vedere la portata, perché il 1° dicembre il Presidente del Myanmar ha ordinato la creazione di una commissione di inchiesta che deve dire, entro il 31 dicembre del 2017, cosa stia succedendo nello Stato di Rakhine, che tipo di persecuzione stia colpendo i Rohingya, chi ne sono i responsabili e suggerire delle misure per riportare la calma in quell’area che è completamente sigillata; questo è stato un altro motivo di tensione tra il capo dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati e il governo del Myanmar.

D. - Quindi se già nel 2012 si è parlato di pulizia etnica, di fatto si sta ripetendo ancora una volta?

R. - Sì, con caratteriste pressoché analoghe, cioè una campagna di terra bruciata che costringe le persone a fuggire dai villaggi che vengono dati alle fiamme, le donne vengono stuprate, i civili vengono uccisi. La scelta è varcare il confine con il Bangladesh, ma abbiamo visto che ultimamente questo Paese li sta rimandando indietro in Myanmar. L’altra soluzione è prendere il mare, ma nel 2015 dopo un’altra campagna di persecuzione, c’è stato un eccidio in mare perché a centinaia e centinaia sono morti durante il tentativo di salvarsi prendendo il largo.

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La missione delle famiglie cattoliche in Asia

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Le famiglie cattoliche in Asia sono luoghi dove si vive e si trasmette al prossimo la misericordia e la compassione: è questo il concetto-chiave attorno a cui si è snodata la riflessione dell’Assemblea plenaria della "Federazione delle Conferenza episcopali dell'Asia" (Fabc) tenutasi nei giorni scorsi a Negombo (Colombo), in Sri Lanka, e conclusasi ieri. I vescovi del continente si sono confrontati sul tema "La famiglia cattolica in Asia: una Chiesa dei poveri in missione di misericordia".

Le famiglie dell'Asia consacrate alla Santa Famiglia di Nazareth
Come riferisce l'agenzia Fides, a conclusione dell'assise, tutte le famiglie asiatiche sono state consacrate alla "Sacra Famiglia di Nazareth, modello e fonte di ispirazione. E' stato il card. Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato (Filippine), a recitare la preghiera di consacrazione, durante l’Eucarestia conclusiva, tenutasi nella cattedrale di Colombo e presieduta dal card. Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay e presidente Fabc. Alla Messa hanno preso parte oltre 3mila fedeli. La preghiera di consacrazione ricorda che "la vita della Sacra Famiglia si è svolta in Asia" e essa rappresenta oggi "l'esempio di un santuario dell'amore e della vita, un Vangelo vivente, l'icona della misericordia e della compassione di Dio".

Le famiglie cattoliche diventino piccole chiese domestiche in una missione di misericordia 
"O Santa Famiglia di Nazareth, consacriamo a te oggi le famiglie cattoliche in Asia, in mezzo alle difficoltà che si trovano ad affrontare quotidianamente", recita la preghiera conclusiva, "perché  le famiglie cattoliche in Asia nel loro cammino possano diventare, in parole e opere, piccole chiese domestiche, in una missione di misericordia e di compassione".

Le famiglie sono chiamate a seguire l'esempio di San Francesco Saverio
Come ha rimarcato il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, le famiglie sono chiamate "a seguire l'esempio di San Francesco Saverio per annunciare il Vangelo ai poveri in tutto il mondo”. Ogni battezzato, pur nella sua vulnerabilità è "un missionario di misericordia" ha detto il cardinale. Nella missione della Chiesa, ha rilevato "la strada è il dialogo e non la conquista". (P.A.)

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Myanmar: distrutta dalle bombe la chiesa di San Francesco Saverio

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Il 3 dicembre scorso un attacco aereo dell’esercito governativo ha distrutto la chiesa di San Francesco Saverio a Mung Koe, nello stato Shan (nord-est del Myanmar). Mons. Philip Za Hawng, vescovo della diocesi di Lashio, dove la parrocchia si trova, ha scritto un messaggio in cui afferma: “Tutta la chiesa è stata distrutta, ad eccezione del campanile. Il fumo che si è alzato era visibile da molto lontano fino a mezzogiorno. Quella chiesa era costruita in cemento armato ed era stata consacrata nel 2006”.

L'etnia Shan ha sempre faticato a convivere in maniera pacifica con il governo centrale
La chiesa di San Francesco Saverio - riferisce l'agenzia AsiaNews - si trova in uno dei territori teatro dello scontro fra l’esercito governativo (Tatmadaw) e le milizie etniche ribelli degli Stati Kachin e Shan, confinanti con la Cina. Queste ultime sono due delle 135 etnie di cui il Myanmar è composto, che hanno sempre faticato a convivere in maniera pacifica con il governo centrale e la sua componente di maggioranza birmana. Divampata nel giugno 2011 dopo 17 anni di relativa calma, la guerra fra Tatmadaw e Kachin ha causato decine di vittime civili e almeno 120mila sfollati, che vivono in 167 campi profughi.

Appelli di pace del card. Charles Bo
Da alcune settimane si è intensificata l’avanzata del Tatmadaw nei territori del nord-orientali. Le truppe di Naypyidaw utilizzano attacchi aerei e terrestri per colpire le postazioni delle milizie etniche, causando un numero indefinito di morti e arrestando civili in modo indiscriminato. L’arcivescovo di Yangon, il card. Charles Bo, ha più volte fatto appello a tutto il Paese affinché si cerchi la pace.

Per la distruzione della chiesa sacerdoti, suore e parrocchiani sono fuggiti in Cina
La distruzione della parrocchia della diocesi di Lashio, scrive mons. Za Hawng, ha costretto “i sacerdoti e le suore, insieme con i parrocchiani, a trovare rifugio oltre il confine cinese. Anche i residenti della città sono scappati”. Da settimane il governo cinese ha predisposto alcune tendopoli per ospitare i profughi che provengono dal Myanmar (circa 3mila). I sacerdoti e le suore, continua il vescovo, “tornano ogni tanto in città per nutrire il bestiame, nei momenti di tregua negli scontri. Le strutture della parrocchia sono molto vicine al confine cinese”. Il luogo, spiega il presule, è interessato dai combattimenti perché “poco dopo la costruzione della chiesa è stato edificato un Centro di comando dell’esercito governativo al lato opposto della strada”. Il messaggio di mons. Za Hawng finisce con un appello: “Chiunque legga queste righe, per favore preghi per la pace in Myanmar”. La diocesi di Lashio è nata dall'opera di missionari italiani del Pontificio istituto missioni estere (Pime). (R.P.)

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Assegnato il Premio Focsiv 2016 del volontariato cristiano

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Il premio Focsiv 2016 è stato assegnato a tre volontari in Burkina Faso, Kenya e Romania. Il premio viene assegnato in occasione dell'odierna Giornata Mondiale del Volontariato dell'Onu. La Focsiv, Federazione degli Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario, raggruppa 65 organizzazioni non governative italiane di ispirazione cristiana attive nel campo della solidarietà con i Paesi in via di sviluppo, con oltre 36 mila persone, tra soci e sostenitori. Marco Alban, 46 anni, è il vincitore del Premio Volontario Internazionale e rappresentante Lvia Burkina-Mali, il cui progetto sarà sostenuto con 20mila euro dell’8x1000 della Chiesa Cattolica. Premiati a seguire Chiara Passatore, 26 anni, volontaria in Servizio Civile per Ibo Italia in Romania, vincitrice del Premio Giovane Volontario Europeo, e Samuel Murage Kingori, 46 anni, presidente per il National Government Constituency Development Fund della Regione di Nyahururu in Kenya, volontario per il Saint Martin Csa-Catholic Social Apostolate e vincitore del Premio Volontario del Sud. Tre interventi in diverse aree del mondo ma con un unico obiettivo: lo sviluppo umano come sistema di crescita della comunità. Clarissa Guerrieri ha intervistato il presidente della Focsiv Gianfranco Cattai:  

R. – Noi abbiamo fatto una rassegna e premiato tre casi di volontariato internazionale, di servizio civile. È un’esperienza del noi: è un’esperienza di un’associazione, di una comunità, di una parrocchia.

D. – Come mai sono stati scelti proprio quei tre vincitori per il premio Focsiv?

R. – I tre vincitori fanno parte di candidature che vengono presentate sia dal sistema degli organismi Focsiv, ma anche da tutti, perché il bando, quando viene fatto, è un bando assolutamente aperto e va su due fasi. Nella prima fase ciascuno raccoglie il consenso attraverso il web, il consenso individualmente. Quest’anno siamo stati premiati dall’attenzione, perché i candidati, complessivamente nei tre premi, hanno portato l’attenzione di 16mila persone: cioè sono 16mila che hanno appoggiato una candidatura piuttosto che l’altra. Poi, c’è il secondo passaggio: i primi quattro del Volontariato internazionale e i primi tre del Volontariato europeo e dei Volontari del Sud vengono da un comitato italiano formato da tutti i partner del premio - esiste soltanto una figura della Focsiv - e quindi si viene piano piano a definire. Ciascuno definisce le motivazioni per premiare una persona. La giornata di oggi deve essere un riconoscimento ai 16mila che si sono attivati per appoggiare le candidature, e alle 23 candidature che noi avevamo raccolto.

D. – Cosa rappresenta al giorno d’oggi il volontario?

R. – Di fronte ad un’umanità, che sempre di più rischia di chiudersi in sé stessa, il volontariato per definizione è esattamente il contrario. Di fronte ad un’umanità che deve avere sicurezza - bisogna alzare dei muri - il volontariato è capace di dire: “Ci mettiamo in gioco nelle relazioni per creare la sicurezza, realizzando bene comune”. Questa è la cosa importante.

D. – Da quanto tempo siete presenti sul territorio con la Focsiv?

R. – Il prossimo anno, nel 2017, compirà 45 anni: gli 80 organismi che compongono oggi la Focsiv.

D. – Presidente, in questa Giornata Onu del volontariato quale appello vuole lanciare?

R. – Dobbiamo attrezzarci per dare molte più possibilità soprattutto ai nostri giovani, ma non solo, di fare delle esperienze nel volontariato internazionale che ti cambiano vita. Bisogna facilitare l’opportunità per tanti di fare delle esperienze di volontariato. 

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Vescovi Congo: un compromesso politico è possibile

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“Un compromesso politico è ancora possibile, se le parti coinvolte si impegnano e danno prova di buona volontà. Restiamo disponibili ad offrire i nostri buoni uffici” afferma un comunicato della Cenco (Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo) ripreso dall’agenzia Fides.

Il punto della mediazione della Chiesa tra maggioranza e opposizione
Il comunicato, firmato da mons. Marcel Utembi Tapa, arcivescovo di Kisangani e presidente della Cenco, e da mons. Fridolin Ambongo Besengu, arcivescovo eletto di Mbandaka-Bikoro, amministratore apostolico di Bokungu-Ikela e vice presidente della Cenco, fa il punto sulla mediazione tra maggioranza e opposizione richiesta ai vescovi dal Presidente Joseph Kabila e sostenuta dalla comunità internazionale.

Ci sono diversi punti di convergenza tra le parti ma rimangono divergenze importanti
I vescovi affermano che il lavoro di mediazione ha permesso “di rilevare che ci sono diversi punti di convergenza tra le parti” ma che rimangono divergenze importanti sui seguenti argomenti: rispetto della Costituzione e sue implicazioni con la crisi attuale; calendario elettorale; finanziamento delle elezioni; indipendenza della Commissione elettorale indipendente e del Consiglio superiore dei mezzi audiovisivi congolesi; funzionamento delle istituzione durante il periodo di transizione.

Stabilire date e procedure per le elezioni presidenziali
La Cenco media tra maggioranza e opposizione per stabilire date e procedure per le elezioni presidenziali, che dovevano tenersi entro dicembre 2016 alla scadenza del secondo e ultimo mandato di Kabila, e per decidere il governo provvisorio che dovrà governare il Paese fino alle elezioni. (L.M) 

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Progetto per disabili visivi: 'illuminare' anche i vedenti

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“Illuminare un mondo cieco, ma anche viceversa”. E’ questo uno degli obiettivi del Centro regionale Sant’Alessio-Margherita di Savoia per i ciechi, che a Roma ha dato vita ad un progetto per disabili visivi, giovani adulti e anziani che saranno coinvolti con momenti di svago nei musei di Roma e parteciperanno ad attività riabilitative nel Centro. Al microfono di Maria Cristina Montagnaro, Antonio Organtini, direttore del Sant’Alessio spiega di che cosa si tratta: 

R. – In collaborazione con la Fondazione “Posta insieme”, abbiamo realizzato dei percorsi riabilitativo-culturali per famiglie in cui vi sia un componente non vedente o ipovedente, anche con minorazioni aggiuntive. Le persone vengono presso la nostra sede di Roma, che è un istituto storico degli anni Trenta: al mattino possono visitare la città, specialmente i percorsi culturali classici, come i Musei Capitolini o i Musei Vaticani, con percorsi dedicati e con visite tattili; al pomeriggio, presso la nostra sede, affrontare quello che è invece un percorso riabilitativo, con tutte le terapie tipiche per l’autonomia del non vedente, quale la tifloinformatica, l’orientamento e la mobilità, il supporto psicologico alle famiglie. E tutto questo in una dimensione assolutamente familiare: dare loro anche l’uso di cucina o possono fruire della nostra mensa o andare nei ristoranti della zona… E’ una settimana che possiamo definire di vacanza, ma al contempo anche terapeutica. E’ totalmente gratuito.

D. – Oltre a queste ci sono anche altre attività, come la “Black Boxe”. Che cos’è?

R. – Si affiancano a quelle che sono le attività storiche dell’ente e cioè la riabilitazione in convenzione con l’Asl per gli ipovedenti o ciechi oppure l’assistenza didattica, sia presso le scuole che a casa, ovvero l’attività educativa di carattere tiflopedagogico. La “Black Boxe” è una innovazione che abbiamo portato, anche dopo la mia esperienza personale un po’ in tutto il mondo, in quelle che sono le attività al buio. Abbiamo realizzato una stanza completamente oscurata, in cui possiamo fare attività di formazione rivolte ai dirigenti di azienda, in cui possono sperimentarsi in tematiche quali quelle che sono la leadership, la capacità di costruire un gruppo di lavoro, la comunicazione sintetica ed efficace, che sono poi tematiche proprie della disabilità visita e che mettiamo a frutto invece dei cosiddetti vedenti. Al contempo anche attività di educazione per le scuole: vengono da noi al mattino gli studenti delle scuole elementari o medie per provare la multisensorialità e quindi riscoprire al buio il valore del gusto, del tatto, dell’olfatto e dell’udito. E questo lo facciamo anche attraverso momenti di apparente ricreazione, come quella del thè: il primo lunedì del mese, offriamo un thè al buio – l’iniziativa si chiama “al buio con thè” – nella nostra “Black Boxe”. Un’iniziativa rivolta a tutti, anche alle famiglie, e molto spesso genitori o fratelli di disabili visivi, che possono in quel momento capire effettivamente quale può essere la vita di un cieco.

D. – Come reagiscono le persone che fanno questa esperienza?

R. – Noi riteniamo che il buio sia soltanto una metafora della cecità, ma è una piattaforma, una dimensione molto più importante e comprensiva di quello che è un vivere a più livelli: ognuno di noi, al buio, può riscoprire effettivamente se stesso, ha l’opportunità di guardarsi dentro, conoscere le proprie attitudini e le proprie capacità. Quindi è un momento di valorizzazione dell’essere umano, al di là delle sue abilità o disabilità. Noi simuliamo anche dei percorsi turistici a Roma, descriviamo - ad esempio -  dei quadri al buio e quando le persone, all’esterno, vedono effettivamente il quadro descritto dicono: “Io questo quadro, con questa attenzione con cui voi me lo avete descritto oggi, non lo avevo visto mai!”. Proprio perché oggi molto spesso la vista nella sua egemonia tirannica rispetto agli altri sensi, è un po’ vittima anche della fretta. Per cui non si guarda con attenzione, ma si vede distrattamente. 

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 340

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.