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Sommario del 23/01/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: la famiglia "prima scuola di comunicazione"

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E’ nella famiglia che si insegna e si impara a comunicare. E’ il cuore del messaggio del Papa, presentato oggi,  in occasione della 49.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali dal tema “Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore” che si celebra il prossimo 17 maggio. Servizio di Francesca Sabatinelli

E’ partendo dai due Sinodi sulla famiglia, quello straordinario, nell’ottobre scorso, e quello ordinario, il prossimo ottobre, che il Papa articola il suo Messaggio fondato sulla famiglia “primo luogo dove impariamo a comunicare” spiega Francesco, sin dal grembo materno “prima ‘scuola’ di comunicazione fatta di ascolto e contatto corporeo”.

La famiglia scuola di perdono
L’incontro mamma-bambino è “la nostra prima esperienza di comunicazione” che accomuna tutti.  E’ in famiglia che si impara a parlare, ad usare le parole, ed è in famiglia che si trasmette la preghiera, “dimensione religiosa della comunicazione”. In famiglia, scrive il Papa, si capisce “che cosa è veramente la comunicazione come scoperta e costruzione di prossimità”. E’ la famiglia, inoltre, che “diventa una scuola di perdono”,  perché è laddove volendosi bene che si sperimentano limiti “propri e altrui”. “Non esiste la famiglia perfetta, dice il Papa, ma non bisogna avere paura dell’imperfezione, della fragilità, nemmeno dei conflitti; bisogna imparare ad affrontarli in maniera costruttiva”.

Messaggio per le famiglie disabili
Anche il perdono “è una dinamica di comunicazione”, attraverso la quale il bambino che impara “ad ascoltare gli altri, a parlare in modo rispettoso, esprimendo il proprio punto di vista senza negare quello altrui, sarà nella società un costruttore di dialogo e di riconciliazione”. Francesco richiama l’esperienza delle famiglie con figli disabili, il deficit può indurre a chiudersi, ma con l’amore della famiglia, così come degli amici, può diventare “stimolo ad aprirsi, a condividere, a comunicare in modo inclusivo; e può aiutare la scuola, la parrocchia, le associazioni a diventare più accoglienti verso tutti, a non escludere nessuno”.

Famiglia: scuola di comunicazione come benedizione
Anche in un mondo dove le chiacchiere e le maldicenze inquinano, “la famiglia può essere una scuola di comunicazione come benedizione”. Anche quando possono prevalere odio e violenza, quando “le famiglie sono separate tra loro da muri” anche dettati da pregiudizio e risentimento, è allora che benedire, visitare e accogliere diventano il modo per “testimoniare che il bene è sempre possibile, per educare i figli alla fratellanza”.

I media devono sempre rendere possibile l'incontro
Francesco si sofferma sui mezzi di comunicazione per eccellenza, i media oggi “ormai irrinunciabili” che possono ostacolare la comunicazione, in famiglia e tra famiglie, se significano “sottrarsi all’ascolto, isolarsi dalla compresenza fisica” ma possono anche favorirla se “aiutano a raccontare e condividere, a restare in contatto con i lontani, a ringraziare e chiedere perdono, a rendere sempre di nuovo possibile l’incontro”. E’ così che si potrà orientare il proprio rapporto con le tecnologie anziché farsi “guidare da esse”.

La famiglia non è un terreno per combattere battaglie ideologiche
I genitori sono i primi educatori, spiega il Papa, ma vanno affiancati dalla comunità cristiana perché “sappiano insegnare ai figli a vivere nell’ambiente comunicativo secondo i criteri della dignità della persona umana e del bene comune”. Ed ecco che si arriva alle sfide di oggi: “reimparare a raccontare, non semplicemente produrre e consumare informazione”, che spesso semplifica, contrappone le differenze e le visioni diverse, anche schierandosi, “anziché favorire uno sguardo d’insieme”. La famiglia, è la conclusione, “non è un oggetto sul quale si comunicano delle opinioni o un terreno sul quale combattere battaglie ideologiche, ma un ambiente in cui si impara a comunicare nella prossimità e un soggetto che comunica, una ‘comunità comunicante’”.

Famiglia: luogo dove imparare a comunicare l'amore ricevuto e donato
La famiglia “continua ad essere una grande risorsa, e non solo un problema o un’istituzione in crisi”, aldilà di come tendono a volte a presentarla i media, quasi fosse un modello “astratto da accettare o rifiutare, da difendere o attaccare, invece che una realtà concreta da vivere; o come se fosse un’ideologia di qualcuno contro qualcun altro, invece che il luogo dove tutti impariamo che cosa significa comunicare nell’amore ricevuto e donato”. La famiglia più bella “è quella che sa comunicare, partendo dalla testimonianza, la bellezza e la ricchezza del rapporto tra uomo e donna, e di quello tra genitori e figli”. “Non lottiamo per difendere il passato, è la conclusione, ma anche il richiamo del Papa, ma lavoriamo con pazienza e fiducia, in tutti gli ambienti che quotidianamente abitiamo, per costruire il futuro”.

E’ un messaggio originale che a prima vista non sembra neanche per le comunicazioni sociali, bensì sulla vita familiare, ma non è così. Sono queste le parole con le quali il presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, mons. Claudio Maria Celli ha presentato in Sala Stampa vaticana il messaggio del Papa. Servizio di Francesca Sabatinelli

Questo non è un messaggio sulla famiglia, ma un messaggio dedicato alla profonda interrelazione tra famiglia e comunicazione. Il messaggio del Papa, dice mons. Celli, verte soprattutto sulla dimensione umana della comunicazione:

“Il Papa sottolinea la dimensione positiva della famiglia. E non è una affermazione ingenua: dopo il Sinodo straordinario vissuto lo scorso ottobre, il Papa sa perfettamente che cosa vive in questo momento la famiglia e quali siano i problemi che riguardano la vita familiare. Eppure, il Papa dice in questo messaggio, che la famiglia continua ad essere una grande risorsa e quindi non solo un problema o una istituzione in crisi”.

Mons. Celli si riferisce poi al paragrafo dedicato ai media più moderni e spiega come il messaggio di Francesco sia in grande sintonia con il magistero dei suoi predecessori, San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI:

“Non si dice nulla di più, però c’è una sottolineatura: spetta a babbo e a mamma aiutare i figli a entrare e a vivere umanamente la loro presenza nel contesto delle reti sociali. E qui, invece, il Papa sottolinea come, proprio perché è una presenza che dà testimonianza di valori umani e di questa nostra appartenenza a Gesù Cristo, abbiamo bisogno di avere babbo e mamma che stanno accanto, che accompagnano, che introducono, che sanno dare quella sapienza tipica, che molte volte i giovani o i ragazzini non possono avere”.

Di qui, il richiamo ad una grande attenzione della Chiesa a far sì che i genitori si sentano responsabilmente coinvolti nel rapporto tra i figli e il “continente digitale”:

“Oggi il ‘continente digitale’ è tremendamente e fortemente frequentato. Io ritengo che la nostra pastorale familiare sia proprio quella di vedere come e in che misura i genitori aiutano i figli non proibendone l’accesso, ma educando, aiutando a riscoprire che senso ha questa nostra presenza, il come essere presenti e anche con che responsabilità essere presenti. Ecco, io ritengo che una pastorale familiare, in questo settore, debba crescere e debba ancora di più affermarsi, a livello anche ecclesiale”.

In chiusura, in risposta ad una precisa domanda, un riferimento diretto agli attentati di Parigi, a Charlie Hebdo e ai limiti della libertà di comunicazione:

“Io credo che tutti si sia sentita profondamente questa affermazione ‘Je suis Charlie’. Io credo che, ancora una volta, si debbano ridefinire i contorni di questa presenza e di questa libertà di comunicazione. Qui, il Papa è intervenuto sottolineando che anche la posizione altrui, pur non togliendo nulla alla mia libertà, esige che io sia rispettoso della posizione altrui. Poi, il Papa innegabilmente, alle volte, ha un suo linguaggio immediato, però credo che un tema di fondo sia quello che: sì c’è la mia libertà, che va assolutamente protetta e salvaguardata, ma c’è anche un rispetto della posizione dell’altro. E su questo io ritengo che valga la pena mantenere sempre un giusto e sano equilibrio”. 

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Papa alla Rota Romana: esaminare la volontà matrimoniale

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Papa Francesco ha ricevuto oggi i membri del Tribunale della Rota Romana nel giorno dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario. Il giudice, ha affermato il Papa, nel ponderare la validità del consenso espresso dagli sposi, deve tener conto del contesto di valori e di fede – o della loro carenza o assenza – in cui l’intenzione matrimoniale si è formata. Ha quindi sollecitato il Tribunale ad un accresciuto impegno per il bene di tante coppie che si rivolgono alla Chiesa per far luce sulla propria situazione coniugale auspicando sempre più cause  del tutto gratuite. Il servizio di Adriana Masotti

Il Papa coglie l’occasione dell'inaugurazione dell'Anno giudiziario per offrire una riflessione sul contesto umano e culturale in cui oggi vengono contratti tanti matrimoni. La crisi dei valori non è certo un fenomeno recente, riconosce Francesco, già il beato Paolo VI, stigmatizzava le malattie dell’uomo moderno «talora vulnerato da un relativismo sistematico … così che esteriormente tenta di impugnare la 'maestà della legge', e interiormente sostituisce all’impero della coscienza morale il capriccio della coscienza psicologica" .

"In effetti, l’abbandono di una prospettiva di fede sfocia inesorabilmente in una falsa conoscenza del matrimonio, che non rimane priva di conseguenze nella maturazione della volontà nuziale".

Mentalità mondana
L’esperienza pastorale, continua Francesco, ci insegna che vi è oggi un gran numero di fedeli in situazione irregolare, sulla cui storia ha avuto un forte influsso la diffusa mentalità mondana che conduce a perseguire, invece della gloria del Signore, il benessere personale. 

Per questo, afferma il Papa: “il giudice, nel ponderare la validità del consenso espresso, deve tener conto del contesto di valori e di fede – o della loro carenza o assenza – in cui l’intenzione matrimoniale si è formata. Infatti, la non conoscenza dei contenuti della fede potrebbe portare a quello che il Codice chiama errore determinante la volontà. Questa eventualità non va più ritenuta eccezionale come in passato".

In ricerca del proprio benessere
Tale errore, continua, non minaccia solo la stabilità del matrimonio, la sua esclusività e fecondità, ma spinge i nubendi alla riserva mentale circa la stessa permanenza dell’unione, o la sua esclusività, che verrebbero meno qualora la persona amata non realizzasse più le proprie aspettative di benessere affettivo”.

"Vorrei dunque esortarvi ad un accresciuto e appassionato impegno nel vostro ministero, posto a tutela dell’unità della giurisprudenza nella Chiesa. Quanto lavoro pastorale per il bene di tante coppie, e di tanti figli, spesso vittime di queste vicende! Anche qui, c’è bisogno di una conversione pastorale delle strutture ecclesiastiche, per offrire l’opus iustitiae a quanti si rivolgono alla Chiesa per fare luce sulla propria situazione coniugale".

Evitare i sofismi, sogno cause gratuite
Non bisogna, dunque, chiudere la salvezza delle persone dentro le strettoie del giuridicismo ma, evitando sofismi lontani dalla carne viva delle persone in difficoltà, stabilire la verità nel momento consensuale. Infine un dato positivo che il Papa commenta a braccio: un rilevante numero di cause presso la Rota Romana sono di gratuito patrocinio a favore di parti che, per le disagiate condizioni economiche in cui versano, non sono in grado di procurarsi un avvocato.

"E questo è un punto che voglio sottolineare: i Sacramenti sono gratuiti. I Sacramenti ci danno la grazia. E un processo matrimoniale tocca il Sacramento del matrimonio. Quanto vorrei che tutti i processi fossero tutti gratuiti!".

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Francesco: Dio perdona sempre, perdona tutto

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La confessione non è un “giudizio”, ma un “incontro” con un Dio che perdona e dimentica ogni peccato alla persona che non si stanca di chiedere la sua misericordia. È il pensiero di fondo dell’omelia di Papa Francesco, pronunciata durante la Messa del mattino presieduta in Casa S. Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

E’ il “lavoro” di Dio, ed è un lavoro “bello”: riconciliare. Perché “il nostro Dio perdona” qualsiasi peccato, lo perdona “sempre”, fa “festa” quando uno gli chiede perdono e “dimentica” tutto. Francesco riflette sul brano di Paolo agli Ebrei, nel quale l’Apostolo parla in modo insistito della “nuova alleanza” stabilita da Dio col suo popolo eletto, e l’omelia diventa un’appassionata meditazione sul perdono.

Dio perdona sempre
“Il Dio che riconcilia”, afferma il Papa, sceglie di mandare Gesù per ristabilire un nuovo patto con l’umanità e il caposaldo di questo patto è fondamentalmente uno: il perdono. Un perdono che ha molte caratteristiche:

“Prima di tutto, Dio perdona sempre! Non si stanca di perdonare. Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono. Ma Lui non si stanca di perdonare. Quando Pietro chiese a Gesù: “Quante volte io devo perdonare? Sette volte?” – “Non sette volte: settanta volte sette”. Cioè sempre. Così perdona Dio: sempre. Ma se tu hai vissuto una vita di tanti peccati, di tante cose brutte, ma alla fine, un po’ pentito, chiedi perdono, ti perdona subito! Lui perdona sempre”.

Dio perdona tutto e dimentica
Eppure, il dubbio che potrebbe sorgere nel cuore umano è sul “quanto” Dio sia disposto a perdonare. Ebbene, ripete Francesco, basta “pentirsi e chiedere perdono”: “non si deve pagare niente”, perché già “Cristo ha pagato per noi”. Il modello è il figliol prodigo della parabola, che pentito prepara un discorso da fare a suo padre, il quale invece non lo fa nemmeno parlare ma lo abbraccia e lo tiene stretto a sé:

“Non c’è peccato che Lui non perdoni. Lui perdona tutto. ‘Ma, padre, io non vado a confessarmi perché ne ho fatte tante brutte, tante brutte, tante di quelle che non avrò perdono...’ No. Non è vero. Perdona tutto. Se tu vai pentito, perdona tutto. Quando… eh, tante volte non ti lascia parlare! Tu incominci a chiedere perdono e Lui ti fa sentire quella gioia del perdono prima che tu abbia finito di dire tutto”.

Confessione non è giudizio ma incontro
E un’altra cosa, continua a elencare il Papa: quando perdona, Dio “fa festa”. E infine, Dio “dimentica”. Perché quello che importa per Dio è “incontrarsi con noi”. E qui, Francesco suggerisce un esame di coscienza ai sacerdoti dentro al confessionale. “Sono disposto a perdonare tutto?”, “ a dimenticarmi i peccati di quella persona?”. La confessione, conclude, “più che un giudizio, è un incontro”:

“Tante volte le confessioni sembrano una pratica, una formalità : ‘Po, po, po, po, po… Po, po, po… Vai”. Tutto meccanico! No! E l’incontro dov’è? L’incontro con il Signore che riconcilia, ti abbraccia e fa festa. E questo è il nostro Dio, tanto buono. Anche dobbiamo insegnare: che imparino i nostri bimbi, i nostri ragazzi a confessarsi bene, perché andare a confessarsi non è andare alla tintoria perché ti tolgono una macchia. No! E’ andare a incontrare il Padre, che riconcilia, che perdona e che fa festa”.

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Il Papa ai giovani brasiliani: scommettete su grandi ideali

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“Non perdete la speranza ed il sogno, voi siete profeti di speranza, siete il presente della società e della nostra amata Chiesa e, soprattutto, siete coloro che possono costruire una nuova civiltà dell’amore”. Scrive così Papa Francesco in un messaggio inviato al nono Incontro nazionale della Pastorale giovanile del Brasile (Enpj), in corso a Manaus fino a domenica 25 gennaio. Nel documento, indirizzato ad Aline Ogliari, segretario nazionale dell’Enpj, e ad Alberto Chamorro, membro della Commissione nazionale degli assessori della Pastorale giovanile, il Pontefice invita i ragazzi a “giocarsi la vita ed a scommettere su grandi ideali”, perché “siamo stati scelti dal Signore non per cose piccole, ma per cose grandi”.

Gesù, modello per chi cerca la verità
Il tema dell’Incontro è tratto dal Vangelo di Giovanni, “Maestro, dove abiti? Venite e vedrete!”, e offre al Papa la possibilità di ribadire che “questa domanda alberga nel cuore dell’uomo in tutte le circostanze”, tanto che “anche oggi questa domanda bussa alla porta della nostra coscienza: cosa desideri della vita? Che senso dai al tempo? Come gestisci i momenti della tua storia personale? Hai presente il tuo futuro in modo definitivo e il tuo contributo per il bene di tutti?”. Tutte queste domande, sottolinea il Santo Padre, “hanno una risposta: ‘Venite e vedrete’, la risposta di Gesù che rimane come modello per tutti i pellegrini della verità”.

Costruire una civiltà dell’amore
Di qui, l’esortazione del Papa a “lasciarsi plasmare” dal Signore, a “vivere insieme a Lui, a condividere la Sua vita, ad accogliere il Suo sguardo penetrante, a lasciarsi attrarre ed afferrare da questa esperienza gratificante che risponde alle aspirazioni più profonde del cuore umano”. In pratica, spiega il Papa, si tratta di fare come i discepoli che “dal Maestro hanno imparato il modo per realizzare la loro missione: curare i malati, sfamare gli affamati, vivere con gioia sincera, lasciarsi guidare dall’amore universale e generoso che Dio ha per noi, accogliere i deboli e gli emarginati”. E, soprattutto, “andare ai quattro angoli della Terra ad annunciare la vocazione più alta di tutti gli esseri umani, ad avere cura della dignità della persona, a costruire relazioni sulla base della regola d’oro ‘Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te’, a riconoscere che la civiltà dell’amore manifesta, nel modo migliore possibile, una convivenza sostenibile nella società”.

Non restare indifferenti al dolore degli altri
D’altronde, ricorda Papa Francesco, “a cosa servirebbe dire che siamo seguaci di Cristo se restiamo indifferenti ai dolori dei nostri fratelli?”. Come dice l’apostolo Giacomo, “Mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”. Per questo, il Pontefice ripone le sue speranze nei giovani affinché “diano testimonianza, con le loro vite, di Cristo liberatore”. “La Chiesa vi ama” conclude il Papa rivolgendosi ai ragazzi ed esortandoli a non ascoltare chi, in questo momento storico, parla in modo sprezzante dei giovani, perché “sono gli stessi ragazzi a dare prova di impegno, fedeltà e gioia”. (A cura di Isabella Piro)

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Presto 23 nuovi Beati, molti martiri in Spagna

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Ventitré futuri Beati e sette nuovi Venerabili, quattro donne e tre uomini. Sono le figure, tutte vissute tra il 19.mo e il 20.mo secolo, per le quali Papa Francesco ha autorizzato a promulgare i relativi Decreti, nell’udienza concessa ieri pomeriggio al cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Tra i nuovi Beati spiccano due gruppi di religiose e religiosi uccisi in odio alla fede durante la Guerra civile spagnola.

In particolare sono stati riconosciuti:

- il miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Maria Teresa Casini, Fondatrice della Congregazione delle Suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù; nata a Frascati (Italia) il 27 ottobre 1864 e morta a Grottaferrata (Italia) il 3 aprile 1937.

- Il martirio delle Serve di Dio Fidelia (al secolo: Dolores Oller Angelats) e 2 Compagne, Religiose professe dell'Istituto delle Suore di San Giuseppe di Gerona; uccise in odio alla Fede, tra il 26 e il 29 agosto 1936, durante la guerra civile spagnola.

- Il martirio dei Servi di Dio Pio Heredia e 17 Compagni e Compagne, degli Ordini Cistercensi della Stretta Osservanza (Trappisti) e di San Bernardo; uccisi in odio alla Fede, nel 1936, durante la guerra civile spagnola.

- Il martirio del Servo di Dio Tshimangadzo Samuele Benedetto Daswa (Bakali), Laico, ucciso in odio alla Fede, il 2 febbraio 1990, a Mbahe (Sud Africa).

- Le virtù eroiche del Servo di Dio Ladislao BukowiƄski, Sacerdote diocesano; nato a Berdyczów (Ucraina) il 22 dicembre 1904 e morto a Karagandà (Kazakhstan) il 3 dicembre 1974.

- Le virtù eroiche del Servo di Dio Luigi Schwartz, Sacerdote diocesano, Fondatore delle Congregazioni delle Suore di Maria e dei Fratelli di Cristo; nato a Washington, D.C. (Stati Uniti d'America) il 18 settembre 1930 e morto a Manila (Filippine) il 16 marzo 1992.

- Le virtù eroiche della Serva di Dio Cointa Jáuregui Osés, Monaca professa della Società di Maria Nostra Signora; nata a Falces (Spagna) l'8 febbraio 1875 e morta a San Sebastián (Spagna) il 17 gennaio 1954.

- Le virtù eroiche della Serva di Dio Teresa Gardi, Laica, del Terzo Ordine di San Francesco; nata ad Imola (Italia) il 22 ottobre 1769 ed ivi morta il 1° gennaio 1837.

- Le virtù eroiche del Servo di Dio Luigi Trelles y Noguerol, Laico, Fondatore dell'Adorazione Notturna in Spagna; nato a Viveiro (Spagna) il 20 agosto 1819 e morto a Zamora (Spagna) il 1° luglio 1891.

- Le virtù eroiche della Serva di Dio Elisabetta Maria Satoko Kitahara, Laica; nata a Tokyo (Giappone) il 22 agosto 1929 ed ivi morta il 23 gennaio 1958.

- Le virtù eroiche della Serva di Dio Virginia Blanco Tardío, Laica; nata a Cochabamba (Bolivia) il 18 aprile 1916 ed ivi morta il 23 luglio 1990.

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Francesco riceve i card. Pell e Müller

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, i cardinali George Pell, prefetto della Segreteria per l'Economia, e Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Inoltre, ha ricevuto l’ambasciatore di Slovenia, in visita di congedo, Maja Marija Lovrencic Svetek.

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Metropolita Gennadios: chiedere a Dio il dono dell'unità

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E' in corso la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, tempo opportuno per prendere coscienza delle divisioni ancora esistenti tra le Chiese e per chiedere al Signore il sostegno nel percorso intrapreso verso l'unità. E’ quanto sostiene Sua Eminenza Zervos Gennadios, arcivescovo metropolita dell’arcidiocesi ortodossa d’Italia e di Malta del patriarcato ecumenico, intervistato da Adriana Masotti

R. – Credo che sia una grazia di Dio: è un dono di Dio che ci dà questo tempo per pregare per questo divino testamento: “Che tutti siano una cosa sola”. Pregare è una grande cosa, importantissima nel cammino per l’unità dei cristiani. Pregare significa camminare insieme e, come mi ha detto una volta Papa Francesco, “camminare significa unione. Quando camminiamo insieme, l’unità è più vicina a noi”.

D. – C’è una grande sintonia tra Papa Francesco e il patriarca Bartolomeo I, che lei rappresenta in Italia. Nei mesi scorsi si sono incontrati più volte, prima in Terra Santa poi in Turchia: momenti intensi e commoventi …

R. – Veramente, io ne sono testimone: ho vissuto questi due grandissimi e meravigliosi incontri tra il Papa di Roma, Francesco, e il patriarca ecumenico, Bartolomeo; incontri pieni di fratellanza, di riconciliazione, di amicizia, di amore, di pace, di speranza e di unità. Tutti e due sono diventati amici, amici sinceri; sono uomini di Dio, mandati da Dio. Il Papa è una straordinaria personalità, veramente gli vogliamo molto bene. Preghiamo, noi come arcidiocesi in Italia, per la sua salute, per il suo ruolo, per la sua missione come anche per il patriarca ecumenico Bartolomeo che è una personalità veramente straordinaria che Dio ha mandato per farci sentire nel cuore questo grande peccato che tutti noi fedeli abbiamo: la divisione dei cristiani. Noi adesso dobbiamo essere crocifissi, noi uomini dobbiamo salire sulla croce, per far sparire le nostre passioni, i nostri difetti, i nostri errori. Non viene più, Gesù Cristo, per essere crocifisso ma dobbiamo essere noi sulla croce per cancellare il fanatismo, l’odio, l’egoismo: questi grandi peccati che distruggono l’umanità.

D. – La Chiesa ortodossa sottolinea molto la responsabilità dell’uomo nei confronti del Creato: il patriarca ne parla spesso. Questo è un elemento che arricchisce anche la vita di noi cattolici...

R. – Credo che il patriarca Bartolomeo – o, come lo chiamano anche, il "patriarca verde" – è anche lui una illuminazione: anche lui, illuminato da Dio. Comprendiamo molto bene i suoi sforzi, i suoi congressi internazionali, per diffondere questo amore che l’umanità deve avere verso il Creato, perché noi non siamo i creatori: l’uomo non è il creatore. L’uomo deve soltanto conservare e apprezzare questo creato. Ma il Creato appartiene a Dio e il patriarca Bartolomeo, con i suoi congressi internazionali ha coinvolto – possiamo dire – anche la Chiesa cattolica, la nostra Chiesa sorella, nella partecipazione attiva in questo amore per il Creato che è anche una grande responsabilità verso Dio, perché Lui ci ha dato il  Creato per svilupparci e per fare cose per il bene dell’uomo.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Non è una scorciatoia: in prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia sul discorso del Papa alla Rota romana.

Dove si impara a comunicare: la famiglia al centro del messaggio di Papa Francesco per la giornata mondiale del 17 maggio

Vocazione a servire: lettera ai cardinali che saranno creati il 14 febbraio.

Un'altra Betlemme: dal Cairo, Rossella Fabiani sulle orme del viaggio della Sacra famiglia in Egitto, tema cui è dedicato un affascinante libro di Lucette Valensi.

In costante colloquio: Anthony Currer sulle relazioni con la Comunione anglicana e il Consiglio metodista mondiale.

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Oggi in Primo Piano



In Grecia cresce fronte anti UE mentre la Bce rafforza l'euro

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A due giorni dal cruciale voto politico in Grecia, nei sondaggi aumenta il divario tra i due principali partiti: "Syriza", il partito di sinistra radicale guidato da Tsipras, e "Nea Dimokratia", di centrodestra, del premier Samaras. Sembra inoltre che nel nuovo parlamento entrerebbero 8 partiti, ma nessuno con la maggioranza necessaria per formare il governo. Ma che dire della prospettiva annunciata da Ttsipras di uscita di Atene dall’euro? Fausta Speranza l’ha chiesto a Matteo Caroli, docente di Economia e gestione di imprese: 

R. – La Grecia ha sofferto, in questi ultimissimi anni, problemi sociali fortissimi, peraltro conseguenza di gestioni dissennate degli anni ancora più lontani. E quindi, in qualche modo è anche inevitabile che ci si siano spinte come quelle che appunto si osservano in occasione delle elezioni. Io credo che chiunque andrà al governo in Grecia farà di tutto per rimanere all’interno dell’euro, perché è ora più evidente che mai che, comunque, questo progetto di moneta unica è vincente: presenta delle difficoltà, anche delle contraddizioni sicuramente, ma nel lungo termine sarà vincente. Quindi, è fondamentale rimanerci dentro. Sarà altrettanto fondamentale anche una politica da parte dell’Unione Europea che supporti il più possibile la Grecia. Ma non solo la Grecia, perché anche altri Paesi hanno grossi problemi sociali e quindi supporti, appunto, questi Paesi nel facilitare le condizioni di ripresa dell’economia e quindi di riduzione delle problematiche sociali, che sono fortissime e che poi inevitabilmente portano a spinte, che sono appunto anche antieuropeiste.

D. – Il piano di investimenti che ha annunciato la Commissione europea sicuramente trova aiuto da queste misure della Bce: anche per la Grecia in particolare?

R. – Sì, mi pare però che per la Grecia tutto sia condizionato al fatto che si aderisca alle misure che vengono richieste dalla cosiddetta "trojka". Quindi, è lì un po’ il nodo, anche politico, perché è chiaro che se la Grecia decide di non aderire a quelle misure rischia di rimanere fuori dall’azione di "Quantitative easing".

D. – Sono misure soprattutto di garanzia, di trasparenza… Come definirle, professore?

R. – Sono misure che vanno nella direzione della riduzione del debito e del deficit pubblico e quindi della spesa pubblica e questo ovviamente impatta pesantemente sugli assetti sociali del Paese, perché significa licenziamenti di dipendenti pubblici, significa riduzione delle spese per i servizi pubblici a partire dalla sanità, significa manovra sulle pensioni. Quindi, tutti temi di forte impatto sociale in cui il Paese – la Grecia – è chiamato a fare risparmi molto forti, con contraccolpi sociali molto forti. Però, purtroppo, si paga il prezzo per scelte e comportamenti dissennati in passato. L’atterraggio, il cambiamento, deve essere il più morbido possibile, non c’è dubbio. Però, il cambiamento ci deve essere.

D. – In definitiva, i mercati scommettono dopo la decisione della Bce su tassi in calo, "spread" ridotti, un euro competitivo e destinato a durare. Quanto può essere "suicida" per la Grecia pensare di uscire in questa fase?

R. – Io credo che sarebbe un errore. La misura di quantitative "easing" di Draghi era una azione fondamentale ed è stata gestita – credo – con un grande equilibrio, trovando sostanzialmente l’assenso di tutti gli Stati. Questo avrà un impatto fondamentale sulle economie europee. Naturalmente, sarà poi importante che le risorse finanziarie passino all’economia reale, che siano cioè effettivamente utilizzate anche dalle imprese per riprendere gli investimenti.

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Italia-Germania. Renzi rassicura sulle riforme

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Facciamo le riforme ma non perché lo chiede la Ue. Lo ha affermato il premier, Matteo Renzi, nel vertice bilaterale di questa mattina a Firenze con la Cancelliera tedesca, Angela Merkel. Il numero uno di Berlino ha definito ambiziose le riforme varate dall’Italia. Il servizio di Alessandro Guarasci

Italia e Germania continuano a guardare all’Europa, anche se le opinioni sono a volte divergenti. La conferenza stampa in un luogo affascinante: ai piedi del David nella Galleria dell’Accademia di Firenze. Renzi guarda ai compromessi sulla flessibilità raggiunti in sede di Commissione e al "Quantitive Easing" varato ieri dalla Bce:

“Credo che siano il simbolo di un compromesso importante, significativo; i primi segnali che io giudico come positivi. Tutti questi cambiamenti che la politica economica europea sta vivendo non devono però far fermare o bloccare il percorso di riforme che i singoli Paesi stanno facendo. L’Italia sta attraversando una fase di riforme straordinaria”.

Renzi ribadisce però che ora l’Italia deve accelerare, bisogna mettere un turbo. E annuncia che "nel giro di alcune settimane o mesi la maggioranza delle riforme sarà completa". Tra queste, c’è anche la legge elettorale.

Apprezzamento della Merkel per il piano del governo ma al contempo la Cancelliera fa notare che  bisogna andare avanti su questa linea. "La decisione della Bce - dice - non deve frenare il fervore per le riforme e questo vale per tutti e non solo per l'Italia". La numero uno di Berlino aggiunge che "Italia e Germania condividono la stessa idea sulla necessità di una maggiore unità politica in Europa”. Sulle elezioni in Grecia, la Germania chiede che Atene continui a far parte dell’Europa.

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Yemen: rischio caos dopo le dimissioni del presidente

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Si temono pensanti ripercussioni in tutta l’area per la situazione nello Yemen, dopo le dimissioni del premier e del presidente. I ribelli sciiti Houthi, che sono pronti a varare una giunta militare, minacciano l’arresto di alcuni ministri e hanno eretto barricate intorno al parlamento di Sanaa che ha annunciato una riunione straordinaria. Nella capitale, intanto, si organizzano manifestazioni a favore dell’esecutivo dimissionario. E sono molte le regioni – soprattutto del sud, a maggioranza sunnita – che rifiutano di prendere ordini dalle istituzioni del nord. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Stefano Torelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI): 

R. - Il rischio più imminente, più che quello di una scissione, purtroppo, è quello di un vero e proprio caos. Mi viene in mente il paragone con quanto sta accadendo in Libia: sono così tanti e così eterogenei i gruppi presenti nel Paese, e rappresentano anche così diversi interessi, che prima di arrivare ad una vera e propria scissione, più o meno strutturata, c’è da interrogarsi su quanto potrebbe ancora andare avanti questa situazione. In realtà è una situazione di confusione, quasi di guerra civile.

D. - Il rischio guerra civile è veramente così elevato?

R. - Il rischio c’è. E tra l’altro non rappresenta una novità per lo Yemen. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che ci sono anche istanze indipendentiste nel Sud del Paese come retaggio dello Yemen diviso fino agli anni ’90. Infine lo Yemen è roccaforte di una buona parte del movimento di Al Qaeda nella Penisola Arabica.

D. - E ovviamente adesso diventa terreno ancora più fertile per il terrorismo …

R. - Sì, e anche questa non è una novità. Del resto non sappiamo ancora se le rivendicazioni siano vere o meno, ma gli stessi attentati di Parigi, in qualche modo, sono stati ricollegati ad Al Qaeda proprio in Yemen, nella Penisola Arabica.

D. - Quali ripercussioni potrà avere questa situazione nell’area del Golfo?

R. - Crea sicuramente un potenziale problema soprattutto per l’Arabia Saudita. E anche per le monarchie arabe del Golfo che sono quelle che più di tutte politicamente potrebbero risentire di  questo cambiamento di equilibri nello Yemen.

D. - Poi c’è anche la Somalia da quelle parti …

R. - Tutta l’area del Corno d’Africa, del Golfo di Aden, è molto calda. La Somalia è il classico esempio di quello che in letteratura viene definito “a failed State” – uno Stato fallito – in cui vi sono almeno quattro o cinque entità che si proclamano autonome e in cui vi è un gruppo molto attivo legato ad Al Qaeda:  il gruppo degli al Shabab. Quindi la situazione ha sicuramente delle connessioni con lo Yemen.

D. - C’è un margine di intervento da parte dei Paesi esteri?

R. - Sostanzialmente soltanto le monarchie del Golfo potrebbero intervenire in qualche modo per cercare di risanare questa crisi. D’altro lato, è pur vero che in molti parlano del ruolo di un altro attore, cioè dell’Iran, in questo caso in funzione pro-sciita. Anche questo complica il quadro: lo Yemen è diventato, in parte, un terreno di scontro tra le due potenze mediorientali che sono Iran e Arabia Saudita. Però non dobbiamo pensare soltanto a questo aspetto perché appunto comunque ci sono tanti problemi di natura interna che devono essere risolti prima che potenze straniere possano riuscire ad intervenire.

D. - Sul fronte occidentale qual è la posizione di Stati Uniti ed Europa?

R. - La posizione dell’occidente è quella di non riconoscere questo tentativo di colpo di Stato. Il governo riconosciuto è sempre quello che per il momento, sebbene sulla  carta, è ancora in carica. Poi, però, come ci insegna anche la storia di questi ultimi anni, bisognerà vedere come confrontarsi con una situazione che invece, di fatto, potrebbe veramente cambiare. Non è detto che nel medio-lungo periodo anche le potenze occidentali non cerchino di ricollocarsi proprio a livello di posizione politica nell’area.

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Libia. Merkel: "Per risolvere la crisi, mobilitiamo il G7"

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Sempre tesa la situazione in Libia, dove continua lo scontro tra opposte fazioni, che fanno capo ai due parlamenti di Tripoli e Tobruk. Il capo della sicurezza, colonnello Senoussi, è stato assassinato da un commando armato a Sirte, nel nord del Paese, mentre si rincorrono voci sull’uccisione di al-Zahawi, leader del movimento jihadista, Ansar al-Sharia. Ancora nessuna novità sulla sorte del cittadino italiano scomparso. Intanto, la cancelliera tedesca, Angela Merkel, annuncia che per risolvere la crisi verrà mobilitato il G7. Il termometro della situazione da Cristiano Tinazzi, raggiunto telefonicamente a Tripoli da Giancarlo La Vella

R. – La capitale è in una situazione di apparente normalità. Le persone vanno a lavorare – chi ancora il lavoro ce l’ha – nonostante la crisi abbia toccato anche il petrolio. Però, è una normalità che comunque cela una situazione di insicurezza che si vive dappertutto. Purtroppo, è una situazione fatta di contraddizioni, questa del Paese libico. I libici ormai ci sono abituati e vanno avanti comunque per la loro strada. Il problema sono gli stranieri che vivono in città, i pochissimi che sono rimasti, ovviamente, perché gli alberghi sono vuoti.

D.  – Possiamo dire che la parcellizzazione del Paese poi rischia di frantumare irrimediabilmente lo Stato?

R.  – E’ già frantumato, perché comunque ci sono due governi, ci sono due primi ministri, ci sono milizie contrapposte, c’è una serie di alleanze variabili che vanno dai tuareg alleati con gli “islamisti” e altri gruppi alleati col generale Kahlifa Haftar. Ci sono i separatisti che in questo momento stanno combattendo contro gli “islamisti” nella zona di Sidra. C’è una situazione di totale caos per quanto riguarda la situazione politica e la ripercussione si vede nel calo della produzione del petrolio, che ormai è arrivata a 250 mila barili al giorno, contro un milione 600 mila che sono quelli che farebbe la Libia normalmente. Quindi, la situazione pare peggiorare, insomma. Non dimentichiamo anche il fatto che gli americani hanno mandato un alert, invitando tutti i cittadini statunitensi ad abbandonare immediatamente il Paese.

D . – Quindi, anche per quanto riguarda la produzione del petrolio possiamo dire che c’è una doppia gestione?

R.  – Sì, infatti gli introiti andrebbero direttamente alla Banca centrale libica, che fino a questo momento ha mantenuto una sorta di neutralità tra le due posizioni, tra i due fronti contrapposti. L’attacco che è avvenuto alla Banca centrale nei giorni scorsi sta minando questa neutralità, tanto è che gli oppositori “islamisti” hanno nominati un nuovo governatore della Banca centrale, che però non ha nessun potere in merito perché è rimasto ancora quello vecchio. Purtroppo, il lavoro è calato per tutti e la Libia vive degli introiti petroliferi. Ovviamente, se calano gli introiti petroliferi non vengono pagati milioni di stipendi perché la macchina statale ha tantissimi impiegati e il 95% delle entrate provengono dal petrolio.

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Mons. Bregantini: presidente sia della gente non dei partiti

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La Camera discute le riforme, il Senato la legge elettorale. I lavori del parlamento italiano sembrano rallentare le diplomazie dei partiti al lavoro in vista dell’elezione del Presidente della Repubblica, prevista a partire dal 29 gennaio prossimo con la prima votazione a Camere unite. Luca Collodi ha chiesto a mons. Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso e Presidente della Commissione episcopale della Cei per i problemi sociali e il lavoro, se l’elezione del capo dello Stato italiano non rischi di essere una questione privata per i professionisti della politica, attraverso giochi e scambi parlamentari, escludendo i cittadini a danno del pluralismo e della democrazia: 

R. – Ma, un po’ sono inevitabili, perché i partiti sono la prima mediazione che rappresenta la nostra gente per questa scelta così delicata. Io mi auguro che sottotraccia emerga invece un nome qualificato. Anche l’attenzione a essere cauti, evitando l’errore dell’altra volta, di esporre in maniera immediata nomi che poi sono stati bruciati: anche questa è una precauzione giusta. Quindi, essere prudenti e saggi. Quello che lei chiede, e che è nel cuore di tutti noi, è che siano soprattutto lungimiranti – in primo luogo – cioè capaci di cogliere un nome di lunga durata e di forte spessore. E poi capaci soprattutto di guardare questo nome con gli occhi e il cuore di tutto il Paese italiano, di tutta la realtà italiana, cioè quell’attenzione alle esigenze vere della gente, specie in questo momento di fatica nella crisi. E qualche rapido cenno di soluzione della crisi va accompagnato da mani sagge e prudenti, ecco, perché è un momento molto delicato.

D. – Mons. Bregantini, dalle sue parole si può pensare ad un presidente preparato e forte che risponda agli italiani e non agli interessi particolari dei singoli politici…

R. – Certo. Questo è il primo grande interesse che noi abbiamo: l’interesse di tutti, il bene comune, come anche altri saggi prelati hanno già espresso nei loro interventi. In particolare, io darei tre priorità a questo ipotetico nome che mi auguro che sia un nome gradito, che venga individuato con discernimento. Prima di tutto, che ascolti molto i giovani e che quindi sia attento alle loro precarietà. Secondo, che sappia essere profondamente attento e molto vicino alla gente, e quindi anche umile, sereno, magari con costi ancora minori al Quirinale – con attenzione, in fondo, ai bisogni profondi e grandi della gente, che visiti molto le periferie della nostra Italia, si informi, prenda atto dal vivo delle situazioni particolari. E, terzo, le alleanze mondiali le faccia con il cuore di Papa Francesco, cioè con il cuore delle periferie. Cioè non solo le solite, consuete, grandi nazioni, ma l’Italia sappia intrecciare rapporti in particolare con il Nord Africa. Lì, a mio giudizio, ci vuole una lettura saggia, un’esperienza diversa, specialmente per la Libia: il Mediterraneo dev’essere il primo grande cuore del presidente. E poi i Paesi dell’Est, in particolare in questo momento l’Ucraina, e infine i Paesi dell’Asia, senza dimenticare l’America Latina. Ecco, l’occhio dev’essere veramente di respiro mondiale e capace di cogliere soprattutto i poveri della terra. Queste tre priorità – i giovani, la gente, i poveri del mondo.

D. – Si parla di candidati politici, di economisti, qualcuno addirittura ipotizza personaggi del mondo dello spettacolo. Si può pensare a una figura proveniente dalla società civile?

R. – E’ difficile. Difficile che abbia quei 650-700 voti necessari, su cui convergere: sarebbe però un bellissimo segno di una politica che diventa servizio alla società civile, che possa rendere la società civile prioritaria, magari.

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Eugenetica: ieri e oggi. Riflessioni a 70 anni da Auschwitz

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L’attualità dell'eugenetica e le teorie pseudoscientifiche diffuse nella Germania nazista al centro di un Convegno organizzato presso il Policlinico Umberto I di Roma dal titolo “1945-2015: Medicina e Shoah, settant’anni dopo Auschwitz. Dalle leggi di Norimberga alla bioetica contemporanea”. Il servizio di Paolo Ondarza: 

Le atroci sperimentazioni nei lager nazisti su persone con disabilità fisica e mentale, bambini,  prigionieri ebrei, sinti e rom e su altri internati: questo il focus del convegno organizzato dalla Sapienza di Roma in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Fondazione Museo della Shoah di Roma. Tra i relatori Livia Ottolenghi, medico all’ateneo romano: 

R. – L’obiettivo è quello più che altro di approfondire e comprendere le origini della bioetica contemporanea, anche attraverso la conoscenza reale di quale è stato il ruolo dei medici nella teorizzazione delle leggi razziste e nelle sofferenze, le persecuzioni e lo sterminio, durante la Seconda Guerra Mondiale, di coloro che poi erano stati considerati pseudoscientificamente non degni di vivere.

La medicina può curare, salvare vite, ma anche essere asservita al male. Quanto è viva a 70 anni di distanza la tentazione eugenetica? Ancora la Ottolenghi:

R. – Si, è paradossale che la medicina, che dovrebbe avere come obiettivo primario la salute, in questo caso si è fatta promotrice, sia sulle basi teoriche che poi anche nella pratica, degli eccidi e degli orrori dello sterminio. E’ una considerazione molto importante che serve soprattutto come lettura dell’attualità per poi formare anche in maniera umanistica, per umanizzare anche i futuri professionisti della salute... Questo è l’obiettivo. Quello che mi fa più orrore è che queste cose oggi sono più che mai attuali. L’idea che è emersa dal dibattimento di oggi è proprio quella di dare segnali come di non utilizzare, per esempio, più il termine “razza” nelle pubblicazioni scientifiche, per dare proprio segnali veri, culturali e scientificamente appropriati, perché se no poi la scienza viene utilizzata malamente. Bisogna trarre degli insegnamenti per cercare che queste cose non accadano mai più.

E che il rischio di selezione eugenetica non appartenga al passato, ma sia oggi drammaticamente attuale lo dimostra la cultura dello scarto, più volte denunciata da Papa Francesco. Aborti selettivi, distruzione di embrioni umani, manipolazioni genetiche, eutanasia ribattezzata come "dolce morte": tutti attacchi alla dignità umana in nome del mito dell’efficienza e della perfezione.

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"Il primo Papa": nuovo musical rock su San Pietro

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“Il primo Papa – La libertà di essere uomo” arriverà il prossimo autunno nei principali teatri italiani e già promette di imporsi come l’evento dell’anno. La storia di San Pietro vista dagli occhi di Gesù arriverà in anteprima il 25 aprile 2015 all’Arena di Verona e gli introiti della serata saranno completamente devoluti in beneficienza. Il servizio di Corinna Spirito

Che immagine aveva Gesù di Pietro? È da questa domanda che i due autori e compositori della SDT Music, Tony Labriola e Stefano Govoni, sono partiti per realizzare il loro sogno di una vita: un musical su San Pietro. Un personaggio storicamente poco conosciuto, ma che è stato uno degli uomini chiave del cristianesimo. Ecco perché Tony Labriola ha sempre voluto dedicargli un’opera particolare:

“Questa non è un’opera sulla vita di San Pietro; questa è un’opera su Gesù che parla di San Pietro. È un raccontare direttamente dal Maestro, la sua prima pietra, quindi: San Pietro”.

E per raccontare San Pietro, Labriola ha scelto di comporre una colonna sonora di tipo rock sinfonico:

“Parlare di un personaggio così importante e sanguigno non si poteva con musiche “sacre”, importanti… Lui era uno che con forza ha scelto di essere uomo e secondo noi, con la musica rock-sinfonica si riesce a fare molto bene”.

Il progetto ha puntato in alto sin da subito, circondandosi di artisti provenienti dai maggiori successi teatrali degli ultimi anni, come “Notre Dame De Paris”, “Il fantasma dell’opera”, “Jesus Christ Superstar”. A interpretare Pietro sarà Simone Sibillano, mentre Gesù sarà impersonato da Heron Borelli, che si è detto molto emozionato e onorato:

“Mi sono avvicinato con molto entusiasmo. Soprattutto, quando poi sei credente, il pensiero di dovere interpretare Colui che ha dato ispirazione a miliardi di persone, sicuramente è una grande responsabilità. Dall’altra parte, mi sono approcciato in maniera più umana e meno divina, proprio perché il messaggio che ha dato sempre Gesù è stato proprio quello dell’umanità, della semplicità, che spesso un po’ si dimentica…”.

Il prossimo 25 aprile la produzione si impegna a riempire l’Arena di Verona in occasione di un’anteprima dello spettacolo, il cui ricavato sarà completamente devoluto in beneficienza, come spiega don Sergio Mercanzin, consulente del musical:

“I proventi che arriveranno – speriamo abbondanti – dallo spettacolo andranno tutti per i poveri di Papa Francesco. Abbiamo quindi preso un accordo iniziale con l’elemosiniere apostolico, mons. Krajewski, e lui quasi sicuramente sarà presente in prima fila all’Arena di Verona, il 25 aprile, e i proventi saranno dati attraverso di lui ai poveri di Papa Francesco”.

Un evento teatrale che si pone l’obiettivo di raggiungere il successo di "Jesus Christ Superstar" ed essere così un ponte tra i popoli. Dopo Verona, infatti, "Il primo Papa" arriverà nei principali teatri italiani, ma anche a Cuba, negli Stati Uniti e in Asia per ricordare al mondo la figura profondamente umana, prima che santa, di Pietro. Un uomo che con i suoi limiti e le sue debolezze riuscì a conquistare la fiducia di Gesù Cristo.

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Laterano: i "Promessi Sposi" alle Letture teologiche

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Alessandro Manzoni e “I Promessi Sposi” sono stati il tema della seconda serata delle “Letture teologiche” che si è svolta ieri sera a Roma nel Palazzo Lateranense. L’iniziativa, promossa dalla diocesi di Roma, ha come filo conduttore “I grandi classici della letteratura cristiana” e si concluderà il prossimo giovedì con l’incontro su “L’Idiota” di Fëdor Dostoevskij. Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro

Un romanzo che attraversa il cuore umano, scrutando nei sentimenti, la fragilità e le cadute; ma che racconta anche di quell’affidarsi sempre alla volontà di Dio, come un mezzo sicuro di riscatto dalle ingiustizie e dalla violenza del mondo. Ascoltiamo don Paolo Asolan, docente presso la Pontificia Università Lateranense:

R. – La conoscenza che il Manzoni offre di quel che capita nella vita dell’uomo è realmente qualcosa che descrive noi a noi stessi. E dentro a questa descrizione, il fatto del graduale accorgersi e rendersi conto, acconsentire a una presenza, prima non riconosciuta, poi sempre più evidente, poi capace di trasformare effettivamente la vita, è una questione che interessa chiunque si rispecchi in quelle descrizioni: cioè, è qualcosa che noi speriamo succeda anche per noi.

D. – Perché nella storia dei "Promessi Sposi" è così presente la Provvidenza?

R.  – Credo sia il carattere che il Manzoni ricavò della fede cristiana nel suo travaglio. Ha cominciato come ipotesi, come possibilità, appunto, che i lutti, i travagli dentro i quali lui stesso era passato, in realtà potevano condurre a una dimensione della vita totalmente diversa e che tuttavia lasciava delle impronte, a volte impronte invisibili. Per questo, lui si preoccupa di decodificarle mentre racconta.

D.  – Lucia è una figura di purezza che porta tutti verso il bene, perché?

R.  – Perché Manzoni la descrive così: come una ragazza che in realtà prende sul serio la fede, quindi chi entra in rapporto con lei non incontra soltanto lei, ma anche quello che Dio sta facendo in lei. Per questo, si può dire correttamente che si tratta di una figura cristologica.

E nei "Promessi Sposi" oltre alla storia di Renzo e Lucia si trova anche un romanzo nel romanzo: quello che narra le vicende della monaca di Monza, la cui figura oscura si contrappone alla purezza di Lucia. Ascoltiamo la scrittrice Susanna Tamaro:

R. - E’ un personaggio in cui non c’è lieto fine, anzi la vita diventa sempre più terribile per lei e non c’è nessuna luce che viene a salvarla. Allora, è come rimasto un pozzo nero; è inquietante dentro.

D. – Cosa i Promessi Sposi possono insegnare ai giovani di oggi?

R. - Innanzitutto a scrivere meglio, perché imparerebbero l’italiano molto meglio! E poi la complessità della persona, l’idea che c’è in tutte le vite una tensione verso la redenzione e che la vita, per ognuno di noi, è un cammino verso la redenzione.

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Nella Chiesa e nel mondo



Arabia Saudita: la morte di Re Abdullah. Incontrò Benedetto XVI

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Il re dell’Arabia Saudita, Abdullah, 90 anni, è morto oggi e il suo fratellastro Salman, 79 anni, già ministro della Difesa, gli è succeduto al trono del primo esportatore di petrolio del pianeta e Paese chiave del Golfo. Come i quattro sovrani sauditi che l’avevano preceduto, Abdullah era figlio di Abdel Aziz Ibn Saud, fondatore e primo sovrano del moderno regno saudita (1932-1953). 

I funerali nella grande moschea Turki bin Abdullah
In una breve nota, letta alla tv dopo la recitazione di una preghiera dal Corano, il palazzo reale ha annunciato il decesso alle 01:00, ora locale. Salman ha invitato il consiglio di famiglia a prestare fedeltà al principe Muqri, 69 anni, fratello minore di Abdullah. I funerali si terranno oggi a Riyadh, alla grande moschea intitolata all’imam Turki bin Abdullah.

Stretto alleato degli Usa
Abdullah ha ufficialmente governato un decennio – era salito al trono nel 2005 a 81 anni – ma di fatto teneva le redini dell’Arabia Saudita come reggente dal 1995 dopo l’ictus di cui era stato vittima il fratello, re Fadh. Stretto alleato degli Stati Uniti dopo l’11 settembre 2001 (15 dei 19 dirottatori erano sauditi) Abdallah è stato ricordato, fra gli altri, da Barack Obama come “amico prezioso” e “leader coraggioso”.

L'incontro con Papa Benedetto XVI
Il 6 novembre del 2007 era stato il primo sovrano saudita ad incontrare il Papa. Si è trattato di un incontro storico in quanto era, la prima visita di un re dell'Arabia Saudita al Papa. I colloqui si svolsero in un clima di cordialità e permisero di toccare temi che stavano a cuore” al Papa e al re saudita. “In particolarei l’impegno in favore del dialogo interculturale ed interreligioso, finalizzato alla pacifica e fruttuosa convivenza tra uomini e popoli, e il valore della collaborazione tra cristiani, musulmani ed ebrei per la promozione della pace, della giustizia e dei valori spirituali e morali, specialmente a sostegno della famiglia”. Non mancò infine “uno scambio di idee sul Medio Oriente e sulla necessità di trovare una giusta soluzione ai conflitti che travagliano la regione, in particolare quello israeliano-palestinese”. (R.P.)

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Vietnam: il card. Filoni al Santuario di La Vang

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“Come pellegrino - anche per conto della nostra Congregazione missionaria - chiedo a Maria la Sua protezione per l’opera di evangelizzazione nel mondo: Ella che generò Gesù, il Vangelo vivente, la Parola di Dio, e che accompagnò la Chiesa dal giorno della Pentecoste, sia ancora madre per tanti figli della Chiesa, in particolare nel Continente asiatico. Per questo motivo, oggi porto in dono tre rose d’argento, a perenne ricordo di questa richiesta”. Sono le parole dell’atto solenne pronunciato dal card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, durante la Messa che ha presieduto ieri pomeriggio, nel santuario mariano nazionale di La Vang, nuova tappa della sua visita pastorale in Vietnam.

L'apparizione della Vergine a un gruppo di cattolici perseguitati
Cuore pulsante della fede e della spiritualità mariana in Vietnam, il Santuario di La Vang, a circa 60 km da Hue, è legato alle apparizioni della Vergine Maria nella foresta vicino a Quang Tri, ad un gruppo di cattolici vietnamiti in fuga dalle persecuzioni, che vi si erano rifugiati. La prima apparizione avvenne nel 1798, cui ne seguirono molte altre. Nel 1886, terminate le persecuzioni, sul luogo sorse una modesta chiesetta di legno, che divenne luogo di intensi pellegrinaggi. Bruciata successivamente dai persecutori, la chiesa venne sostituita da una costruzione in muratura inaugurata nel 1901 quando Nostra Signora di La Vang venne proclamata “Patrona dei cattolici vietnamiti”. Per contenere il flusso sempre crescente dei devoti, furono costruite in seguito parecchie cappelle e molte opere. Ma le varie costruzioni di La Vang vennero abbattute completamente nel 1972, durante la guerra fra il Nord e il Sud. Solo dopo la riunificazione del Paese (30 aprile 1975), i vescovi di tutto il Vietnam, radunati ad Hanoi il 1° maggio 1980, rinnovarono solennemente il riconoscimento di La Vang come “Centro mariano nazionale”. Oggi il santuario mariano è uno dei più noti e frequentati non solo del Vietnam, ma di tutto il continente asiatico.

Gesù ci ha fatto dono di Maria sotto la croce
Nella sua omelia, il card. Filoni ha invitato i presenti a riandare ai piedi della Croce, al duplice affidamento fatto da Gesù. “Questo significa che Gesù ha fatto dono di Maria a noi – ha sottolineato -. Non se l’è portata via. Ecco perché, nel corso di duemila anni, spesso Maria è apparsa tra noi… Voi sapete la bella storia dei primi cristiani perseguitati che trovarono rifugio, incoraggiamento e protezione in questo luogo. Vuol dire che Maria abita qui e con giusta decisione i vostri vescovi hanno proclamato questo luogo Santuario nazionale mariano”. Il prefetto del dicastero missionario ha quindi concluso invitando a ringraziare Maria per il suo “dono”, di essere presente in questo luogo: “è oggi con noi, e a Lei rinnovo, insieme con voi, l’Atto di affidamento per l’Evangelizzazione di questa terra e di tutto il Continente Asiatico”.

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Myanmar: funerali due cristiane stuprate e uccise dai militari

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Questa mattina a Myitkyina, capitale dello Stato Kachin, nel nord del Myanmar al confine con la Cina, una folla commossa (nella foto) ha partecipato ai funerali delle due giovani cristiane stuprate e uccise da militari birmani il 19 gennaio scorso nello Stato Shan. Maran Lu Ra, 20 anni, e l'amica Tangbau Khawn Nan Tsin, un anno più grande, erano due insegnanti volontarie appartenenti alla comunità Kachin Baptist Convention; entrambe avevano deciso di dedicare parte della loro vita - riferisce l'agenzia AsiaNews - all'educazione dei bambini dei villaggi più sperduti e remoti del Myanmar.

I sospetti sui militari birmani
Migliaia di persone, munite di nastri bianchi e foto, hanno voluto essere presenti alle esequie delle ragazze, i cui corpi presentavano segni di torture e violenze brutali. A rinvenire i cadaveri, all'interno del compound della chiesa in cui erano alloggiate, sono stati gli stessi alunni del villaggio di Shabuk-Kaunghka, insospettiti dal loro ritardo alle lezioni del mattino. Fonti locali nella zona in cui è avvenuto il crimine, dietro anonimato per timore di ritorsioni, affermano che Maran Lu Ra e Tangbau Khawn Nan Tsin presentavano segni di violenza sessuale sui loro corpi. Inoltre, all'esterno dell'edificio erano ben visibili tracce di scarponi in uso fra i militari. Proprio in quei giorni poco distante dal villaggio era stanziato un battaglione dell'esercito birmano, impegnato in queste settimane in una serie di raid contro gruppi ribelli delle minoranze etniche nei territori Kachin e Shan.

Chiesta un'indagine indipendente
Attivisti birmani e organizzazioni internazionali chiedono di far luce sulla vicenda e punire i responsabili; il governo ha annunciato l'apertura di un'inchiesta sugli omicidi, ma il timore è che si tratti di un annuncio di facciata e i colpevoli resteranno impuniti. Khon Ja Labang, leader cattolica già membro del movimento Kachin Peace Network, impegnata nella pacificazione delle aree teatro di conflitti etnici, chiede con forza "una indagine indipendente" per chiarire le responsabilità

Cerimonie anche in altre parti del Paese
Cerimonie funebri si sono svolte anche in altre parti del Paese: a Yangon un centinaio di persone hanno partecipato a una funzione per le due giovani Kachin, che si è svolta nei pressi del monumento per l'Indipendenza al Maha Bandula Park. Fra i partecipanti vi erano anche rappresentanti della Women's League for Burma (Wlb) e della Women's Organisation Network of Myanmar (Wonm). Anche gli abitanti della cittadina di Mai Ja Yang, in territorio Kachin, poco distante dal confine con la Cina, hanno voluto rendere omaggio alle due ragazze.

Appello di pace dei vescovi
Il Myanmar è composto da oltre 135 etnie, che hanno sempre faticato a convivere in maniera pacifica, in particolare con il governo centrale e la sua componente di maggioranza birmana. In passato la giunta militare ha usato il pugno di ferro contro i più riottosi, fra cui gli Shan e i Kachin nell'omonimo territorio a nord, lungo il confine con la Cina. Divampata nel giugno 2011 dopo 17 anni di relativa calma, la guerra ha causato decine di vittime civili e almeno 200mila sfollati; nell'agosto scorso i vescovi della regione hanno lanciato un appello per la pace, auspicando una soluzione "duratura" al conflitto. (F.K.T.)

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Germania: documento cattolico-evangelico 70° liberazione Auschwitz

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In occasione del 70° anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, il prossimo 27 gennaio, il presidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), il cardinale Reinhard Marx, e il presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania (Ekd), il vescovo Heinrich Bedford-Strohm, hanno rilasciato oggi una dichiarazione comune.

Auschwitz è sinonimo della Shoah
Nel documento - riferisce l'agenzia Sir - viene evidenziato il ruolo simbolico che ha avuto e ha ancora Auschwitz come personificazione della malvagità umana, e la riflessione per l’attuale situazione della società: “Auschwitz è il luogo dove i nazisti uccisero gli intellettuali polacchi, rom e sinti, prigionieri di guerra sovietici e membri di diverse nazioni. Soprattutto, è il luogo dove i tedeschi realizzarono una fabbrica per gestire in modo sistematico e industriale la distruzione degli ebrei europei - è scritto nella dichiarazione -. Auschwitz è sinonimo in tutto il mondo della Shoah”.

Ferita aperta sul corpo dell‘umanità
Per i cristiani tedeschi “Auschwitz è una ferita aperta sul corpo dell‘umanità. Il ricordo doloroso di Auschwitz oggi ci presenta la domanda del senso di colpa con le sue conseguenze, nonché le nostra responsabilità”. Come cristiani infatti “non possiamo evitare anche la questione del perché i reati di Auschwitz siano accaduti in un continente che è stato segnato dal cristianesimo”. Oggi, con il progetto dell’Europa Unita “è una questione di fedeltà e rispetto della memoria per loro e noi stessi far rispettare i diritti umani e opporsi all’aumento dei movimenti disumani, xenofobi e nazionalisti”. (R.P.)

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Nigeria. Vescovi in vista del voto: non incitare alla violenza

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“Ci complimentiamo con tutti i politici e i partiti politici che hanno gestito finora campagne elettorali senza violenza in preparazione alle elezioni generali. Li esortiamo a continuare in questo modo” affermano i vescovi della Provincia ecclesiastica nigeriana di Ibadan, in un comunicato inviato all’agenzia Fides al termine della loro Assemblea plenaria.

Diversi politici incitano alla violenza
I vescovi notano però che ci sono “diversi politici che, direttamente o indirettamente, ricorrono alla calunnia e alla plateale menzogna per ottenere vantaggi politici e provocare violenze tra la popolazione”.

I vescovi lodano gli sforzi del governo contro Boko Haram
Le elezioni, che si terranno a febbraio, sono molto attese in Nigeria anche in relazione alle violenze del gruppo estremista Boko Haram che scuotono diverse regioni del nord-est della Federazione. A questo riguardo, il comunicato loda “gli sforzi del governo per frenare il mostro, simile ad un’idra dalle mille teste, il sacrificio dei soldati, degli agenti di sicurezza e dei civili, molti dei quali sono morti nella crisi” e deplora pure le altre situazioni di violenza legate “alla giustizia della giungla e agli omicidi rituali” .

Difesa della famiglia e della vita
“Ripetiamo che la vita umana è sacra e dove essere così trattata dal concepimento alla morte naturale e chiediamo a tutti di respingere la violenze in qualsiasi rapporto” ribadiscono i cescovi, che concludono ricordando il Sinodo sulla Famiglia, e riaffermando l’impegno della Chiesa in Nigeria a difendere la famiglia, le scelte pro-vita e la paternità e maternità responsabili.

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Vescovi Senegal: no a terrorismo e fanatismo in nome di Dio

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“Condanniamo con forza la violenza omicida del terrorismo e del fanatismo che sotto la facciata della religione attenta alla vita dell’uomo in nome di Dio. Questo è inaccettabile e incoerente perché la vita è un dono di Dio che deve essere rispettato e protetto” scrivono i vescovi del Senegal in una dichiarazione in relazione alla strage di Parigi. Dopo aver implorato la misericordia di Dio per le vittime, i vescovi senegalesi - riferisce l'agenzia Fides - stigmatizzano le caricature di “Mohamad, fondatore dell’Islam”, distinguendo tra la libertà d’espressione e quella di offendere i sentimenti religiosi di milioni di persone.

La libertà di espressione non è senza limiti
“Condanniamo con veemenza questa libertà che si pretende essere falsamente assoluta, senza limiti, offendendo e mancando di rispetto all’altro, nella sua dignità di uomo, nelle sue scelte, nella sua fede e nelle sue convinzioni religiose” affermano i vescovi senegalesi. 
“La religione è una fibra molto sensibile. Non giochiamo quindi con il fuoco! Per questo motivo, senza entrare mai nella logica della vendetta e della violenza, denunciamo il carattere ingiurioso di queste pubblicazioni”.

Anche i cristiani nel mirino delle vignette
I vescovi sottolineano inoltre che “tali caricature non possono e non devono, in alcun modo, essere assimilate ad azioni dei cristiani contro l’Islam, come le violente reazioni avvenute in Niger potrebbero far credere”. In Niger, tra il 16 e il 17 gennaio, varie chiese e comunità religiose hanno subito danni ingenti a causa dei manifestanti che protestavano contro le pubblicazioni del settimanale francese. Anzi, rincarano i vescovi, l’ideologia di chi pubblica queste vignette “è spesso diretta contro la religione cristiana e in particolare contro i cattolici”.

Appello contro la divisione, l'odio e la violenza
“Lanciamo questo appello per preservare il nostro caro Senegal dai demoni della divisione, dell’odio e della violenza, come hanno sempre fatto i capi religiosi cristiani e musulmani” conclude il comunicato, che invita tutti a non cedere “alla pressione delle influenze esterne, che potrebbero rimettere in causa i fondamenti della nostra società e ipotecare il nostro futuro”. (R.P.)

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Gabon: Plenaria dei vescovi su tutela della famiglia

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La famiglia, la sua importanza, ma anche le sue difficoltà: è stato questo il tema principale della Plenaria dei vescovi del Gabon (Ceg), svoltasi a Libreville dal 13 al 16 gennaio scorsi. La scelta di tale argomento – spiegano i presuli nel messaggio diffuso al termine dei lavori – è legata, naturalmente, al prossimo Sinodo generale ordinario che si terrà in Vaticano ad ottobre e che sarà dedicato proprio alla famiglia.

Famiglia, il più grande tesoro di un Paese
Nel loro documento, i presuli del Gabon ribadiscono, quindi, “l’importanza della famiglia”: “cellula basilare della società – scrivono – essa è il tesoro più grande di un Paese ed occupa un posto preponderanete nell’esperienza umana”. Da un lato, poi, la Ceg ricorda gli sviluppi positivi avvenuti in seno alla famiglia, come “il riconoscimento sempre più chiaro dei diritti della donna e dei bambini, la consapevolezza del dialogo tra i coniugi e della vita affettiva, il numero crescente dei matrimoni religiosi tra i giovani”.

Attentati contro la famiglia sono attentati alla società
Dall’altro, tuttavia, i presuli evidenziano le tante difficoltà e sfide che affrontano i nuclei familiari oggi, “vittime della secolarizzazione”: “Oggi, nel mondo ed in Gabon – scrivono i presuli – la famiglia è sotto attacco e subisce le scosse che attraversano la società”, ma bisogna ricordare che “senza la famiglia, la società stessa non ha alcun fondamento” e che “ogni complotto contro la famiglia distrugge la società, ogni attentato alla società è un attentato alla famiglia”. Di qui, il richiamo al “matrimonio cristiano, che fonda la famiglia come unione indissolubile tra un uomo e una donna, aperta alla vita” e la “ferma condanna”, da parte dei vescovi di Libreville, di “tutti gli attacchi alla famiglia ed alla società come l’aborto, l’eutanasia, l’omicidio”.

Contesto sociale difficile
Al contempo, la Ceg “invita ogni persona a promuovere e difendere i valori inalienabili della famiglia” ed incoraggia “tutti coloro che contribuiscono alla preparazione al matrimonio, all’accompagnamento degli sposi, soprattutto all’inizio della loro unione, all’ascolto gli uni degli altri”. Guardando, inoltre, al contesto attuale del Gabon, i presuli denunciano “un clima nazionale pesante a tutti i livelli: sociale, economico, morale, spirituale e politico”; chiedono l’attuazione di leggi, già votate, che pongano fine ai “crimini rituali”; richiamano l’attenzione su “gli scioperi a ripetizione”, “le violenze”, “la corruzione che guadagna terreno”.

Appello per la pace, valore universale
Inoltre, sottolineano, “la valorizzazione dei giovani non va fatta a detrimento della saggezza degli anziani”, e “nella gestione del bene comune deve prevalere la competenza”. Per questo, “i politici devono assumersi le loro responsabilità davanti a Dio e agli uomini, sia a livello nazionale che internazionale”. Nell’ultima parte del loro messaggio, poi, i vescovi di Libreville lanciano un vibrante appello alla pace: “valore universale”, la definiscono, “frutto di un ordine iscritto nella società umana dal suo divino fondatore”.

Rispettare dignità di ogni uomo
“La pace di cui parliamo – spiegano i vescovi – non si può ottenere sulla terra senza la salvaguardia del bene delle persone”, perché “la ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri popoli nella loro dignità, insieme alla pratica assidua della fraternità sono assolutamente indispensabili alla costruzione della pace”. In questo senso, conclude la Ceg, “la pace terrestre nasce dall’amore per il prossimo, immagine ed effetto della pace di Cristo che viene da Dio Padre” ed è per questo che tutti gli uomini sono invitati ad “amarsi gli uni gli altri, nel rispetto reciproco”. (I.P.)

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Vescovi dominicani: gratitudine per la vita consacrata

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Gratitudine per il passato, passione per il presente e speranza per il futuro: sono questi i sentimenti con i quali va celebrato l’Anno della vita consacrata, indetto da Papa Francesco ed in corso fino al 2 febbraio 2016. Ad indicare queste tre modalità è la Conferenza episcopale dominicana (Ced) in una lunga lettera pastorale pubblicata il 21 gennaio, in occasione della festa di Nostra Signora di Altagracia.

Povertà evangelica contro idolatria del denaro
Il documento, destinato a “tutti i fedeli della Chiesa cattolica”, si pone innanzitutto l’obiettivo di “orientare e illuminare la realtà ecclesiale e sociale del Paese, a partire dalla Parola di Dio e dalla dottrina della Chiesa”. Quindi, viene messa in luce la “missione profetica” della vita consacrata, evidenziata dalla “qualità essenziale del discernimento dello spirito”, che porta alla “perfetta castità, testimone della forza dell’amore di Dio nella fragilità della condizione umana”, in contrapposizione alla “cultura edonistica che cerca nella sessualità solo il piacere egoistico senza alcuna norma morale obiettiva”. Allo stesso modo, continua la Ced, il consacrato sceglie “la povertà evangelica accompagnata da un impegno attivo nella promozione della solidarietà e della carità”, in risposta al “materialismo avido, disinteressato alle sofferenze dei più deboli”. 

Vedere Cristo nel volto degli emarginati
Per questo, ribadisce la lettera pastorale, “l’opzione preferenziale per i poveri è parte della vita consacrata”, perché i consacrati vedono il volto di Cristo negli affamati, nei disillusi dalla politica, nei terrorizzati dalla violenza, nei minori abbandonati, nelle donne umiliate ed offese, nei migranti che non trovano accoglienza, negli anziani che non possono vivere dignitosamente, “nei nascituri strappati dal ventre materno da medici senza scrupoli o con l’approvazione di una società che si lascia ipnotizzare dalla cultura della morte”.

2.200 consacrati nella Repubblica Dominicana

Guardare al passato con gratitudine, dunque – esorta la Ced – per ricordare, in particolare, tutti quei missionari “difensori instancabili dei nativi, promotori dell’umanità di fronte agli abusi di una colonizzazione a volte priva di scrupoli”. Ma anche guardare al presente con passione, confortati dalle statistiche: attualmente, infatti, spiegano i presuli, la Chiesa dominicana conta 2.200 consacrati, il cui 66% è autoctono e ciò significa che “la vita consacrata si è inculturata nella popolazione, frutto della testimonianza di una consacrazione vissuta con gioia, entusiasmo e dedicazione”. E ancora: guardare al futuro con speranza, per “dimostrare che Dio è capace di riempire i cuori e renderli felici”.

Attenzione ai social network per annunciare il Vangelo ai giovani
Nell’ultima parte della lettera pastorale, i vescovi dominicani sottolineano alcune “urgenze che necessitano una risposta ecclesiale”: una maggior presenza nel mondo delle comunicazioni sociale, in particolare nei social network, “per annunciare il Vangelo soprattutto alle nuove generazioni”.

Importanza vitale della Pastorale familiare
“Un campo di vitale importanza – aggiunge la Ced – è inoltre quello della pastorale familiare”, poiché “la struttura della famiglia è fortemente pregiudicata” oggi, e “la perdita dei suoi valori più sani causa, a sua volta, il deterioramento della società”. (A cura di Isabella Piro)
 

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 23

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.