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Sommario del 06/01/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Messa Epifania, Papa: amore di Dio si rivela nell'umiltà non nella potenza

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La ricerca di Dio non ha mai fine e i Magi ci indicano la strada per entrare nel mistero: così Papa Francesco nell’omelia della Messa, celebrata per la Solennità dell’Epifania nella Basilica di San Pietro, accompagnata dal Coro della Pontificia Cappella Sistina. Presente, come è tradizione, il Corpo diplomatico presso la Santa Sede. Servizio di Roberta Gisotti: 

Quel Bambino nato da Maria, ha ricordato Francesco “è venuto non soltanto per il popolo d’Israele, rappresentato dai pastori di Betlemme ma anche per l’intera umanità, rappresentata dai Magi, provenienti dall’Oriente”, che "ci indicicano la strada sulla quale camminare nella nostra vita":  

“I Magi rappresentano gli uomini e le donne in ricerca di Dio nelle religioni e nelle filosofie del mondo intero: una ricerca che non ha mai fine."

“Essi cercavano la vera luce”:

“Visto il segno della stella, lo hanno interpretato e si sono messi in cammino, hanno fatto un lungo viaggio”.

“È lo Spirito Santo – ha spiegato Francesco - che li ha chiamati”:

“... e in questo cammino avverrà anche il loro personale incontro con il vero Dio”.

Ma non mancano le difficoltà: a Gerusalemme vanno al palazzo di Erode dove pensano sarebbe nato il nuovo re e lì “attraversano un momento di oscurità, di desolazione”:

“Là perdono la vista della stella. Quante volte si perde la vista della stella! E incontrano una tentazione, messa lì dal diavolo: è l’inganno di Erode".

“Il re Erode si mostra interessato al bambino, ma non per adorarlo, bensì per eliminarlo”:

“Erode è l’uomo di potere, che nell’altro riesce a vedere soltanto il rivale. E in fondo egli considera anche Dio come un rivale, anzi come il rivale più pericoloso”.

Ma lo Spirito Santo indica che il Messia nascerà nella città di Davide, i Magi “riprendono il cammino”, con “gioia grandissima” “rivedono la stella”. E giunti a Betlemme trovano “il bambino con Maria sua madre”:

“Dopo quella di Gerusalemme, questa per loro fu la seconda, grande tentazione: rifiutare questa piccolezza”.

Ma invece si prostrano e lo adorano, gli offrono “i loro doni, preziosi e simbolici”:

“Guidati dallo Spirito, arrivano a riconoscere che i criteri di Dio sono molto diversi da quelli degli uomini, che Dio non si manifesta nella potenza di questo mondo, ma si rivolge a noi nell’umiltà del suo amore. L'amore di Dio è grande? Sì! L'amore di Dio è potente? Sì! Ma l'amore di Dio è umile, tanto umile!”.

I Magi, “modelli di conversione alla vera fede”, “hanno creduto più nella bontà di Dio che non nell’apparente splendore del potere”:

"E allora ci possiamo chiedere: qual è il mistero in cui Dio si nasconde? Dove posso incontrarlo? Vediamo attorno a noi guerre, sfruttamento di bambini, torture, traffici di armi, tratta di persone… In tutte queste realtà, in tutti questi fratelli e sorelle più piccoli che soffrono per tali situazioni, c’è Gesù".

“Il presepe ci prospetta – ha sottolineato Francesco - una strada diversa da quella vagheggiata dalla mentalità mondana”:

“ ... è la strada dell’abbassamento di Dio, quell'umiltà dell'amore di Dio si abbassa, si annienta, la sua gloria nascosta nella mangiatoia di Betlemme, nella croce sul calvario, nel fratello e nella sorella che soffre”.

“Sono passati dai calcoli umani al mistero: e questa è stata la loro conversione”:

"E la nostra? Chiediamo al Signore che ci conceda di vivere lo stesso cammino di conversione vissuto dai Magi. Che ci difenda e ci liberi dalle tentazioni che nascondono la stella. Che abbiamo sempre l’inquietudine di domandarci: dov’è la stella?, quando – in mezzo agli inganni mondani – l’abbiamo persa di vista".

Quindi l’auspicio di “conoscere in modo sempre nuovo il mistero di Dio” e non scandalizzarsi di "un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia":

"... e che abbiamo l’umiltà di chiedere alla Madre, alla nostra Madre, che ce lo mostri".

Infine, un invocazione:

"Che troviamo il coraggio di liberarci dalle nostre illusioni, dalle nostre presunzioni, dalle nostre ‘luci’, e che cerchiamo questo coraggio nell’umiltà della fede e possiamo incontrare la Luce, Lumen, come hanno fatto i santi Magi. Che possiamo entrare nel mistero".

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Il Papa all'Angelus: anche i lontani sono inseguiti dall'amore di Dio

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Dopo la Messa, il Papa si è affacciato dalla finestra del Palazzo Apostolico per recitare la preghiera dell’Angelus insieme ai tanti pellegrini, oltre 50mila, presenti in Piazza San Pietro. Francesco, nell’occasione, ha ribadito che l’Epifania ci ricorda che Gesù è venuto sulla terra per salvare tutte le genti. Il servizio di Sergio Centofanti

L’Epifania allarga i nostri sguardi all’orizzonte del mondo e ci parla della volontà di Dio di salvare tutta l’umanità. Dio – ha affermato il Papa – “non riserva il suo amore ad alcuni privilegiati, ma lo offre a tutti. Come di tutti è il Creatore e il Padre, così di tutti vuole essere il Salvatore”:

“Per questo, siamo chiamati a nutrire sempre grande fiducia e speranza nei confronti di ogni persona e della sua salvezza: anche coloro che ci sembrano lontani dal Signore sono seguiti – o meglio ‘inseguiti’ – dal suo amore appassionato, dal suo amore fedele e anche umile”.

Quello dei Magi – sottolinea - è “come un viaggio dell’anima, come un cammino verso l’incontro con Cristo. Essi sono attenti ai segni che ne indicano la presenza; sono instancabili nell’affrontare le difficoltà della ricerca; sono coraggiosi nel trarre le conseguenze di vita derivanti dall’incontro con il Signore. La vita è questa: - ha aggiunto a braccio - la vita cristiana è camminare, ma essendo attenti, instancabili e coraggiosi. Così cammina un cristiano. Camminare, attento, instancabile e coraggioso. L’esperienza dei Magi evoca il cammino di ogni uomo verso Cristo. Come per i Magi, anche per noi cercare Dio vuol dire camminare, fissando il cielo e scorgendo nel segno visibile della stella il Dio invisibile che parla al nostro cuore. La stella che è in grado di guidare ogni uomo a Gesù è la Parola di Dio". Essa - ha aggiunto - "è luce che orienta il nostro cammino, nutre la nostra fede e la rigenera. È la Parola di Dio che rinnova continuamente i nostri cuori e le nostre comunità”:

“Pertanto non dimentichiamo di leggerla e meditarla ogni giorno, affinché diventi per ciascuno come una fiamma che portiamo dentro di noi per rischiarare i nostri passi, e anche quelli di chi cammina accanto a noi, che forse stenta a trovare la strada verso Cristo. Sempre con la Parola di Dio. La Parola di Dio a portata di mano: un piccolo Vangelo in tasca, nella borsa, sempre, per leggerlo. Non dimenticatevi di questo: sempre con me la Parola di Dio!”.

Il pensiero del Pontefice va poi anche ai fratelli e alle sorelle dell’Oriente cristiano, cattolici e ortodossi, molti dei quali celebrano domani il Natale del Signore: “Ad essi – afferma - giunga il nostro affettuoso augurio”.

Il Papa ricorda, quindi, che nella Solennità dell’Epifania si celebra la Giornata Mondiale dell’Infanzia Missionaria:

È la festa dei bambini che vivono con gioia il dono della fede e pregano perché la luce di Gesù arrivi a tutti i fanciulli del mondo. Incoraggio gli educatori a coltivare nei piccoli lo spirito missionario. Che non siano bambini e ragazzi chiusi, ma aperti; che vedano un grande orizzonte, che il loro cuore vada avanti verso l’orizzonte, affinché nascano tra loro testimoni della tenerezza di Dio e annunciatori del Vangelo”.

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Fede e gioia di oltre 50mila pellegrini in Piazza San Pietro

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Oltre 50mila pellegrini giunti da tutto il mondo hanno affollato Piazza San Pietro nella Solennità dell'Epifania in una splendida giornata di sole. Tante le famiglie e tanti i bambini che hanno ascoltato le parole del Papa all'Angelus. Ascoltiamo alcuni commenti raccolti da Marina Tomarro: 

R. – La Festa dell’Epifania è la festa della luce. Seguiamo la luce, seguiamo la stella e arriveremo a Lui, sempre.

R. – E’ una festa preziosa, perché ci ricorda che Dio è sempre vicino alla nostra vita e si manifesta quando lo cerchiamo.

D. – Il Papa ci invita anche ad essere accanto a coloro che, come i Re Magi, ancora sono in ricerca. In che modo si può essere accanto a queste persone?

R. – Mettendoci a servizio del prossimo: condividendo, incontrando, cercando. Aprirsi all’altro facendosi piccolo, in mezzo a tanti. E’ così che possiamo diventare evangelizzatori nella gioia.

R. – Aprire ed allargare un po’ di più le braccia e cercare di condividere un messaggio di positività e il sorriso, cercando di accogliere l'altro per far conoscere il messaggio.

R. – Credo che con i Magi ci sia tutta l’umanità: la persona che ricerca Dio. Allora lo svelamento della stella e il ritrovamento del Bambino è proprio questo aiuto che i cristiani possono dare a chi sta nella ricerca, perché non sempre questa stella è visibile a chi sta con gli occhi bassi.

R. – Con un atteggiamento di umiltà, povertà, semplicità. Perché la stella sparisce proprio quando ci mettiamo in un contesto molto ricco, abbondante, quando vogliamo essere prepotenti, sapere tutto, dominare tutto… Invece quando apriamo l’orecchio a quello che succede attorno a noi e siamo molto attenti e ascoltiamo la Parola di Dio possiamo pian piano scoprire...

D. – Il Papa ci ha invitati ad essere attenti, instancabili e coraggiosi. Che cosa vuol dire?

R. – Vuol dire che non dobbiamo perdere mai la speranza!

R. – Significa sempre andare avanti e non perdere mai la speranza. Andare controcorrente: non importa cosa pensano, importa che ci sia il Signore Gesù che ci ama e ... ce la facciamo.

R. – La vita è un cammino. Tante volte è pieno di difficoltà, ma dobbiamo cercare con la fede di farcela e di andare avanti, tutti i giorni.

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Messaggio del Papa per i militari italiani dell'Unifil in Libano

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Papa Francesco è vicino ai militari italiani impegnati nella missione Unifil al confine tra Libano e Israele. A loro ha indirizzato un telegramma, esortando all'"impegno comune di istituzioni civili, militari e religiose per il dialogo e la fratellanza tra i popoli". Lo riferisce l'ordinario militare per l’Italia, mons. Santo Marcianò, che oggi ha celebrato la Messa per la pace con i militari italiani in Libano, impegnati nella missione sotto l'egida dell'Onu.

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Tweet del Papa: Gesù è venuto a salvarci, non rifiutiamo questo dono

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Il Papa ha lanciato un nuovo tweet dall’account @Pontifex: “Gesù è venuto a salvarci: non rifiutiamo questo dono meraviglioso!”.

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Giornata infanzia missionaria: "Gli ultimi saranno i primi"

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Nella solennità dell’Epifania, come ha ricordato il Papa all'Angelus, si celebra la Giornata dell’infanzia missionaria, che quest’anno si svolge sul tema “Gli ultimi saranno i primi”. Si tratta di una festa che intende sensibilizzare bambini e adolescenti a essere protagonisti dell’annuncio del Vangelo attraverso scelte e stili di vita propri della loro età. Federico Piana ne parla con padre Giulio Albanese, direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie: 

R. – Innanzitutto è importante ricordare che si tratta di un momento privilegiato che viene offerto ai giovani e ai giovanissimi per fare memoria della missione “ad gentes”, in altre parole della missione fuori le mura, in terre anche geograficamente distanti da noi, senza però dimenticare che nel mondo-villaggio globale c’è anche una dimensione esistenziale: molte volte i lontani sono quelli che vivono accanto a noi! Va ricordato che questa iniziativa è promossa dall’Opera dell’Infanzia Missionaria, nata ufficialmente a Parigi nel 1843 e grazie all’intuizione del vescovo di Nancy, mons. Charles August de Forbin-Janson. In Italia le Pontificie Opere Missionarie sono state introdotte nel 1853 e riconosciute ufficialmente come Pontificia Opera da Papa Pio XI nel maggio del 1922. Attualmente, questa iniziativa a livello ecclesiale, nel contesto della Conferenza episcopale italiana, si chiama “Missio Ragazzi”. Quello che è importante capire è che bisogna aiutare i giovani ad entrare in quelle che sono le dinamiche del Vangelo: anzitutto capire che essere cattolici significa essere, nel nome del Signore, cittadini del mondo e dunque avere una apertura davvero a 360 gradi; aiutare i ragazzi a coltivare l’educazione alla mondialità e dunque la comprensione di valori – come la pace, la giustizia, la solidarietà, il rispetto del Creato – che hanno davvero una valenza universale.

D. – Il tema scelto per quest’anno è “Gli ultimi saranno i primi”: perché questo tema, padre Albanese?

R. – Il riferimento è alla Giornata missionaria mondiale degli adulti, che abbiamo celebrato nell’ottobre scorso, “Periferie, cuore della missione”. Qui si tratta di aiutare i ragazzi a comprendere quella che è la logica delle Beatitudini, il mondo capovolto di Dio. Se le Beatitudini le avessimo scritte noi, certamente non le avremmo scritte così: avremmo scritto “beati quelli che stanno bene, che non hanno problemi”… Dunque diciamo che questo capovolgimento – per così dire – narrativo serve ad aiutare i ragazzi a comprendere quello che leggiamo nel Libro degli Atti degli Apostoli, un virgolettato attribuito a Gesù che non troviamo nei Vangeli, ma appunto negli atti degli Apostoli: nella vita in fondo c’è più gioia nel dare che nel ricevere. E dunque essere cristiani significa vincere il proprio egoismo, significa stare anzitutto e soprattutto dalla parte dei poveri, di coloro che vivono nei bassifondi della storia.

D. – Concretamente cosa si fa in questa Giornata?

R. – Innanzitutto è un momento di preghiera nel contesto della celebrazione eucaristica domenicale: dunque aiutare i ragazzi a comprendere che la preghiera, è la prima forma di contemplazione. C’è, però, un secondo aspetto molto importante, che è quello della raccolta fondi: questo serve ad aiutare i ragazzi a capire che bisogna imparare a spezzare il pane, il pane che troviamo tutti i giorni sulle nostre tavole. La dimensione della condivisione è fondamentale, la solidarietà appunto. C’è poi un terzo aspetto, che non va dimenticato, che è quello vocazionale: indubbiamente in questi ultimi anni c’è stata una diminuzione consistente del numero dei missionari “ad gentes” italiani e questo, per certi versi, significa anche che c’è stato un certo raffreddamento della dimensione “ad gentes” e dunque la Giornata della santa infanzia serve per aiutare i ragazzi a capire che la nostra fede va innanzitutto e soprattutto testimoniata e che bisogna pregare il padrone della messe “perché – come dice proprio Gesù – mandi operai a lavorare per la causa del Regno”.

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Montenegro: nomina cardinalizia, un servizio, non carriera

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Nessuna carriera, ma solo un servizio: così mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, ha accolto la nomina cardinalizia annunciata da Papa Francesco all’Angelus della scorsa domenica. Antonella Palermo gli ha chiesto come ha ricevuto la notizia: 

R. – Soprattutto con sorpresa, perché era inattesa. Infatti, l’ho saputo con un po’ di ritardo perché a quell’ora stavo celebrando e dopo la Messa mi è stata comunicata la notizia. La cosa mi ha sorpreso tanto.

D. – Non se l’aspettava?

R. – No, no. Onestamente … ora, non è per finzione: proprio non me l’aspettavo.

D. – Il Papa ha voluto scegliere persone rappresentanti di quelle periferie a cui lui tiene particolarmente e Agrigento è una di quelle …

R. – Penso che anche questo c’entri, che sia un motivo per cui lui abbia voluto scegliere me. Quindi, ritengo che questa scelta sia anche un atto di attenzione verso questa terra di cui io dico sempre: “Siamo gli ultimi della fila”. Gli ultimi dell’Italia, gli ultimi dell’Europa … E che il Papa abbia guardato da queste parti, credo che sia anche un gesto di stima e di apprezzamento per quanto questa terra sta facendo nel campo dell’accoglienza, che sta facendo anche nel campo delle povertà, e di un territorio che ha bisogno di risorgere …

D. – I migranti continuano ad arrivare alle coste italiane …

R. – Sì, ed è una storia che continuerà. Noi tante volte continuiamo a parlare di “emergenza”, sembra ogni volta una sorpresa. Ma credo che ormai dobbiamo metterlo all’ordine del giorno: quella gente vuol vivere, ha bisogno di scappare dalla povertà, dalla violenza … E così come abbiamo fatto noi in altri tempi, e stiamo riprendendo a fare noi, anche loro hanno voglia di una vita diversa, migliore.

D. – Lei ha accompagnato Papa Francesco in quella storica visita a Lampedusa. Come la ricorda, anche alla luce di questa nomina cardinalizia?

R. – Ma … è stato un momento straordinario: straordinario per me, che ero accanto a lui e ho potuto sentire anche le vibrazioni del suo cuore, perché ha ripetuto più volte: “Quanta sofferenza!”. Si sentiva davvero il pastore che sente battere il suo cuore per la gente a cui vuol bene e per quella gente che veniva da lontano. Credo che quello sia stato anche un insegnamento che io ho avuto nel mio ruolo di pastore, e anche per la gente un segnale molto bello: è stato un momento di grande festa.

D. – Questa mattina che tipo di auguri ha ricevuto e da chi, se è possibile saperlo?

R. – Bè, gli auguri sono tanti. Tra ieri ed oggi, molti agrigentini, molti della mia città nativa di Messina, anche altri che ho conosciuto in funzione anche  dell’impegno che ho avuto in seno alla Caritas e con Migrantes, che mi ha permesso di conoscere tanta gente: benevolmente hanno tentato – non a tutti ho potuto rispondere – di dirmi il loro affetto e anche il loro impegno di preghiera. Credo che questo sia il Signore che bussa alla porta e m’invita a tenerla sempre più aperta. E fino ad adesso, il servizio che ho fatto è stato sempre tenere finestre e porte del cuore aperte, e sento che ora il Signore chiama affinché le apra ancora di più. Poter servire la Chiesa, fino ad adesso, è stato la mia gioia e il mio impegno e continua ad essere la mia gioia e il mio impegno: non è che cambia niente di quello che ho fatto fino ad adesso. So che non posso rallentare, non posso fermarmi.

D. – Come si appresta a vivere da cardinale, alla luce di quelle malattie che proprio nei giorni scorsi Papa Francesco ha elencato? Le malattie della Chiesa, ma poi tentazioni per ogni credente …

R. – Ma ci troveremo sempre in ballo in questo campo … Sono contento che il Papa ogni tanto ci richiami e ci inviti ad una fedeltà maggiore al Vangelo. Sto tentando questo impegno nella Chiesa presso la quale sono a servizio; continuerò: non cambia niente se non continuare e continuare – ho detto – con una marcia in più.

D. – Come vivrà il Sinodo per la famiglia nella sua seconda fase?

R. – Non lo so. Perché è tutto un mondo nuovo che si apre. Prima lavoravo in piccolo, anche se un piccolo relativo perché Caritas e Migrantes mi hanno aperto all’Europa e mi hanno aperto al mondo. E’ chiaro che ora le cose sono diverse … Ma devo imparare il mestiere, ecco. La frase è terribile, ma la uso così, per intenderci.

D. – L’umiltà al primo posto …

R. – Ma credo che sia quello, perché non credo che questi siano “salti di carriera”, ma sono impegni di servizio.

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Oggi in Primo Piano



Natale in Ucraina. Appello di pace di Sviatoslav Shevchuk

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Domani, come ha ricordato il Papa all'Angelus, le Chiese ortodosse e cattoliche orientali che seguono il calendario giuliano festeggiano il Natale: tra queste c’è anche la Chiesa greco-cattolica ucraina, il cui capo, l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, alla vigilia di questa solennità lancia un appello di pace per la sua terra. Gabriella Ceraso lo ha intervistato: 

R. – Quest’anno stiamo celebrando questa festa nel contesto della guerra. E’ la prima volta, dopo la II Guerra Mondiale, che queste circostanze varcano fortemente la nostra vita e quindi anche la nostra festa. Ma il Natale è una grande luce per noi, perché nostro Signore ci dimostra la sua solidarietà divina. E noi ci sentiamo veramente sollevati: non siamo soli ad affrontare le nostre difficoltà. La tenerezza di Gesù Bambino può vincere la violenza e la guerra che ci porta amarezza in questo momento.

D. – Quale augurio vuole consegnare alla sua comunità in questa solennità?

R. – L’augurio principale è quello della pace. La terra ucraina grida questa parola: “Signore, donaci la tua pace!”. E noi auguriamo a tutti i cristiani del mondo, specialmente qui in Ucraina, che quella pace divina che il Signore ci sta donando con la sua nascita sia quella realtà che ci possa trasformare e dare speranza per il nostro futuro.

D. – E’ Natale anche per la Chiesa ortodossa in Ucraina: in questa festa si può ritrovare anche la forza per andare avanti insieme?

R. – Adesso in Ucraina è la festa di Natale, è la festa della fraternità: tutti quanti insieme stiamo affrontando questa difficoltà. Io posso testimoniare che sentiamo veramente l’appoggio fraterno di tutti i cristiani delle diverse confessioni in Ucraina. C’è una specie di “ecumenismo pratico”, specialmente quando si tratta di dare una risposta cristiana a queste sfide di guerra, di violenza, di fame e del freddo che ci porta questo inverno ucraino. Noi siamo cristiani e stiamo insieme, non solo insieme fra di noi  ma insieme con lo stesso Dio: questa è la nostra speranza.

D. – Lei ha parlato di un momento difficile per l’Ucraina: voi, come Chiesa, come vedete il lavoro della diplomazia per sanare la crisi nel Paese?

R. – Anzitutto noi stiamo accompagnando questi sforzi della diplomazia internazionale con la preghiera. Noi sappiamo che l’alternativa alla soluzione militare della crisi è proprio quella della diplomazia. Noi stiamo soffrendo veramente una aggressione esterna, contro l’integrità del nostro Paese. Certamente la diplomazia deve difendere quelli che sono i più deboli. Noi accompagniamo questi sforzi della Comunità internazionale per costruire una pace giusta, perché sappiamo che il Signore è sempre con i più deboli. Che il Signore aiuti i nostri diplomatici e i politici a livello mondiale non solo a proporre soluzioni, ma anche a salvare queste regole della pace internazionale. Questa è la nostra preghiera e il nostro augurio.

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Borse giù per Grecia e petrolio. Russia in difficoltà

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Giornata in picchiata per le borse di tutto il mondo: chiudono in negativo le asiatiche; in perdita anche le piazze europee – che migliorano leggermente in corsa - tranne Milano. A pesare, la situazione politica in Grecia con i timori per l’uscita dall’euro e il calo del prezzo del petrolio, che in Russia fa crollare il rublo. I dettagli nel servizio di Roberta Barbi: 

Giornata nera per le borse asiatiche, che temono per la situazione in Grecia e soffrono il calo del prezzo del petrolio, ai minimi da cinque anni e mezzo. Chiude in pesante perdita Tokyo, a -3%; limita i danni Shanghai. E l’ondata ribassista resta in Europa dove tutti i listini sono in calo già da ieri: unica in controtendenza Milano, grazie alla ripresa degli energetici e di alcuni bancari. A preoccupare è soprattutto il petrolio: sul circuito elettronico i future sul Wti Light crude scendono di 1,36 dollari e quelli sul Brent cedono l’1,57. Pesano i rifornimenti in eccesso e il calo della domanda. Russia sempre più in crisi, dunque: sul rublo si abbatte una nuova bufera, che lo porta a scendere del 4,5% sul dollaro e ad arretrare a 70,29 sull’euro.

Mercati finanziari molto nervosi, dunque. Per un commento sulla situazione, a partire da una ipotetica uscita della Grecia dall'euro, Alessandro Guarasci ha sentito l’economista Giacomo Vaciago: 

R. – Oggi chi esce dall’Europa danneggia molto se stesso, più che il resto dell’Europa. E la Grecia è un Paese troppo piccolo per danneggiare noi, più di quanto non danneggerebbe se stesso. Siamo in campagna elettorale e vince chi promette o minaccia di più. Questa fase di instabilità speriamo finisca presto e bene e che gli amici greci, che hanno già fatto grossi sacrifici per restare nell’euro, sarebbero veramente poco furbi se adesso buttassero via tutto, euro compreso. Attenzione, il mondo è globale e tu puoi scegliere: puoi stare in Europa o uscirne. Ma se esci, cosa trovi?

D. – Come reagiscono le Borse in questo momento?

R. – Le Borse reagiscono nel panico, perché non sanno più chi governa cosa. Questa è confusione, non è cooperazione! Jacques Delors ha detto, tante volte, che l’euro presuppone giochi cooperativi tra i governi. Cooperare non vuol dire “vengo a casa tua a dirti cosa dovresti fare”; vuol dire fare assieme. Io sto ancora sperando che Berlino e Atene facciano qualcosa assieme!

D. – Negli Usa vi sono forti cali dei listini azionari: incide anche il prezzo del petrolio, che ormai è sceso sotto i 50 dollari al barile?

R. – La discesa del prezzo del petrolio fa bene all’economia, fa male alle Borse e soprattutto se gli “hedge funds” avevano preso posizioni lunghe sul petrolio e sono ora costretti a liquidare e a vendere. Complessivamente – per noi occidentali – è una buona notizia: si stima che 50 dollari al barile significhi 80 euro al mese in più a ciascuno di noi, che non ci sono regalati dal nostro presidente del Consiglio, ma che si sono regalati da Putin; 80 euro al mese in più da spendere in questo anno. Meno costa il petrolio e meglio è! Salvo per chi esportava in Russia a fronte di quel petrolio e salvo chi aveva preso posizioni finanziarie sbagliate, perché le Borse temono sempre le conseguenze finanziarie e non hanno la lungimiranza di vedere gli aspetti reali positivi.

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Estremismo islamico: attacchi in Medio Oriente e Africa

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L’estremismo islamico si allarga a macchia d’olio: oltre ad Iraq e Siria dove l’avanzata del sedicente Stato Islamico a fatica viene fronteggiata da esercito locale e forze internazionali, vede scenari preoccupanti anche in Nigeria, Yemen e, in modo inedito, anche Cisgiordania, dove il controspionaggio israeliano ha neutralizzato una cellula dell’Is. Sulle varie espressioni del terrorismo di matrice islamica ci aiuta a fare una riflessione Paolo Branca, ricercatore in islamistica all’Università Cattolica di Milano, al microfono di Paola Simonetti

R. - Non si può fare di ogni erba un fascio. Certo, nel mondo islamico in generale e in quello arabo in particolare, viviamo in un periodo di assoluto caos, nel quale la riemersione di questo mito del califfato, in qualche modo, segna la profonda crisi delle ideologie che fino a non molto tempo fa avevano guidato sia i popoli che i regimi. Erano ideologie di origine occidentale che erano state però sposate dai movimenti che si erano creati in questi Paesi dopo la decolonizzazione, solo che hanno fallito i loro obiettivi, non hanno saputo creare uno Stato veramente moderno, uno Stato di diritto, e vincere le grandi sfide a livello globale come, ad esempio, la questione palestinese. Purtroppo, però la situazione è poi degenerata e addirittura vediamo riproporsi questo mito del califfato che era stato abolito già nel 1924 e che mai nessuno si era proposto di risuscitare.

D. – Lei riscontra delle similitudini nelle varie espressioni dell’estremismo islamico? Ci sono dei collegamenti secondo lei fra le varie cellule?

R. – Collegamenti ci sono senz’altro. L’ideologia è poi certamente comune. Nella crisi di tutte le altre ideologie questo riferimento un po’ meccanico al modello religioso islamico, coranico, all’idea del califfato è un mito che funziona in mancanza di alternative e che attira probabilmente molte persone frustrate e deluse da tanti anni di promesse e di retorica che però hanno portato pochi risultati.

D. - Quindi sostanzialmente prende piede lì dove c’è un vuoto …

R. - C’è un grande vuoto, ma non è soltanto nei Paesi arabi islamici. Direi  che la sfiducia nelle istituzioni e nella politica in genere sta contagiando un po’ tutto il mondo ed è anche il motivo della globalizzazione non governata, della crisi economica e, così come vediamo da noi con il rinforzarsi dei movimenti populisti demagogici persino razzisti, anche nel mondo arabo islamico insieme a delle nuove generazioni che vorrebbero finalmente voltare pagina, ci sono molti altri che giocano la carta del tradizionalismo assoluto, del fondamentalismo, dell’integralismo religioso.

D. - C’è una prospettiva possibile di contrasto all’estremismo islamico e, se sì, con quali strumenti ed eventualmente con quali alleanze …

R. - Credo che finché in questi Paesi la maggioranza della popolazione non potrà vivere una vita almeno decente, ci sarà sempre spazio per movimenti di questo genere. Purtroppo non sono solo dittatoriali autoritari, ma soprattutto nei Paesi dove dilaga la corruzione, dove bisogna tagliare sotto banco per qualsiasi cosa, dove non c’è nessuna garanzia per i singoli e per le famiglie di poter sopravvivere a un potere che spesso è indifferente o comunque potente quando si arriva a contatto con le istituzioni. Occorrerebbe una grande rivoluzione culturale in tanti di questi Paesi che, pur avendo moltissime ricchezze, non riescono ad uscire dal vicolo cieco.

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In aumento sbarco profughi in Italia. Risposta del Centro Astalli

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L'Europa "sta rispondendo" all'emergenza immigrati che interessa in particolare l'Italia, "stiamo facendo quello che possiamo, ma” abbiamo bisogno di più mezzi, più strumenti e più soldi": è quanto ha detto il portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas, in un briefing con i giornalisti a Bruxelles, assicurando che si "sta lavorando duramente perché tutto questo si concretizzi presto". Intanto, secondo i dati nel 2014 dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, dalla frontiera marittima del Mediterraneo meridionale sono arrivati in Italia oltre 161.000 migranti, in aumento di oltre il 400% rispetto al 2013. Emanuela Campanile ne ha parlato con padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli: 

R. – Dai primi giorni di questo 2015 abbiamo avuto la percezione che continuerà un po’ il trend dell’anno scorso, quindi un numero di migranti forzati che è profondamente in relazione con i conflitti che continuano ad esserci alle porte dell’Europa. Penso quindi alla Siria, penso all’Iraq, che sono situazioni in questo momento ancora difficilmente gestibili e quindi questo determina un flusso di migranti forzati che tenderà ad aumentare.

D. – E’ pensabile il controllo delle frontiere? Si pensa, infatti, tra i punti per affrontare l’emergenza, di aumentare le risorse destinate a Frontex in modo da avere una maggiore organizzazione della guardia di frontiera …

R. – Credo non sia la soluzione dei problemi inerenti ai migranti forzati che provengono da queste aree, da queste situazioni di conflitto. La chiusura di Mare Nostrum ha spostato gli obiettivi di Mare Nostrum – che era quello di togliere i migranti forzati dalle mani dei trafficanti, salvare vite umane – ad una agenzia internazionale che invece ha il controllo delle frontiere. Però, controllando le frontiere, facendo dell’Europa una fortezza, non si risolvono e non si riducono i flussi di persone che arriveranno o tenteranno di arrivare in Europa.

D. – Paesi come Germania e Svezia rimproverano a quelli del Sud come l’Italia di non accogliere abbastanza migranti e considerano poco che qui li si salvi uno per uno in mare …

R. – Non credo che questo atteggiamento di accusa reciproca tra gli Stati all’interno dell’Unione aiuterà ad una politica unitaria europea. Siamo di fronte ad una situazione nuova, anche perché conflitti di queste dimensioni alle porte dell’Europa non ne abbiamo mai avuti; quindi la questione è prendere in mano, come Europa, tutta unita – lo ricordava anche il Papa a Strasburgo – la questione migratoria nel suo concerto come Europa, facendo dell’Europa un continente accogliente; e prendere i problemi e cercare di affrontare questi problemi unitamente, da parte di tutti gli Stati, cercando politiche comuni.

D. – Quale potrebbe essere il terreno comune su cui trovare un compromesso, tra i 28 Paesi dell’Unione Europea, riguardo a come affrontare quella che purtroppo rimane sempre un’emergenza?

R. – Credo che un dato importante sia quello di riflettere in modo serio, anche se sono consapevole che non è una questione semplice, sui ponti umanitari: come creare ponti umanitari che garantiscano alle persone viaggi in sicurezza. E poi, io credo che vada rivista la Convenzione di Dublino che impedisce a una persona che è arrivata in un Paese di muoversi all’interno dell’Unione: anche questo andrebbe un po’ rivisto e garantita una certa libertà di movimento ai richiedenti asilo e ai rifugiati, anche in base alle esigenze che queste persone hanno di muoversi all’interno dell’Unione andando a raggiungere quei Paesi in cui magari le comunità di provenienza di queste persone sono già radicate e quindi anche già vitali. Ecco, io credo che queste siano le due cose prioritarie sulle quali vada anche un po’ investito. E poi, chiaramente, la lotta ai trafficanti come il Commissario dell’Unione Europea ha ricordato anche nei giorni scorsi.

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Tradizionale Corteo "Viva la Befana", il saluto del Papa

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La Comunità Montana dei Monti Lepini, composta dai Comuni di Carpineto Romano, Segni, Artena, Gorga e Montelanico, è stata protagonista della 30.ma edizione del corteo storico-folcloristico “Viva la Befana” che si svolge ogni anno nella Solennità dell’Epifania in Via della Conciliazione. All'Angelus, il Papa ha salutato i partecipanti in costume d'epoca, che hanno accompagnato i Re Magi fino in Piazza San Pietro. Sul significato di questa manifestazione Giacomo Di Stefano ha sentito uno degli organizzatori, Edoardo Balestrini

R. - La manifestazione è stata inventata nel 1985 per far ripristinare l’Epifania. Oggi ha compito e fine principale quello di riaffermare e tramandare i valori dell’Epifania alle nuove generazioni. Quindi è pregna di contenuti in quanto ci sono delle simbologie importanti ispirate tutte alla pace, alla solidarietà, alla fratellanza dei popoli. Questo - lo sottolineiamo - è stato recepito anche dalla parte laica, perché anche l’amministrazione comunale da alcuni anni si è resa conto di cosa significa dare un valore,  un contenuto, un valore alla festa dell’Epifania. Infatti, da alcuni anni in Piazza Pio XII si svolge la cerimonia che abbiamo chiamato “dell’accoglienza” dove le autorità romane, quindi nel caso dei romani verrà l’assessore ai servizi sociali, il quale a nome del sindaco di Roma darà il benvenuto ai cinque sindaci che verranno dalle città protagoniste del corteo – Segni, Artena, Carpineto Romano, Gorga, Montelanico -  appartenenti tutte alla 18.ma Comunità montana – e si scambieranno pubblicamente dei doni.

D. - Quindi è anche un modo per affermare una comunanza di valori tra mondo laico e mondo religioso…

R. – Si, noi siamo un’associazione di ispirazione cattolica. Comunque il corteo è laico, nel senso che non è una processione. È un corteo che vuole riaffermare i valori attraverso la storia del cristianesimo e anche quello che il giorno dell’Epifania ci dice, ovvero la manifestazione di Gesù ai popoli della Terra.

D. - Come consuetudine ogni anno vengono rappresentate realtà territoriali differenti. Che cosa rappresenta questa staffetta?

R. - Abbiamo immaginato che Gesù nasce ogni anno in un luogo diverso. La festa dell’Epifania è Gesù universale. Quindi non necessariamente doveva nascere dove è nato. Proprio per questo motivo noi immaginiamo che ogni anno nasca in un luogo diverso e da quel luogo arrivano i Re Magi. C’è una simbologia molto estrosa, fantasiosa, però una fantasia che fa riflettere.

D. - Come si svolge l’evento?

R. - L’evento si svolge con un corteo storico folcloristico composto da circa 1500 figuranti. Quest’anno riteniamo che il più bel dono che si possa fare nel giorno dell’Epifania è donare a tutte le famiglie del mondo storia, cultura, tradizioni, prodotti e risorse del proprio territorio. Quindi queste 1500 persone danno uno spaccato di quella che è la loro tradizione che hanno saputo conservare negli anni sia religiosa, sociale, civile, artigianale che industriale. Quindi ci sono contadini, romani, avremo addirittura i saraceni … Il periodo saraceno perché c’è la Porta saracena a Segni. Abbiamo il periodo medievale, rinascimentale e poi ancora il periodo garibaldino, fino ad arrivare ai tempi nostri. La cosa bella quest’anno è che nell’anniversario della fondazione dell’Arma dei carabinieri, il comando generale ci ha concesso l’intervento della fanfara a cavallo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Egitto. Due poliziotti uccisi davanti a chiesa copta a Minya

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Due poliziotti che stavano montando la guardia davanti ad una chiesa cristiana copta, sono stati uccisi oggi da un commando di uomini armati e incappucciati a Minya, città egiziana a sud del Cairo. Gli agenti facevano la guardia davanti alla chiesa della Vergine Maria, in ottemperanza all’ordine del Ministero degli Interni che ha rafforzato la vigilanza agli edifici di culto, in occasione delle celebrazioni per la vigilia del Natale, che sarà festeggiato domani dalle Chiese orientali che seguono il calendario giuliano. Salgono così i timori per ulteriori attacchi, come quello del Capodanno 2011 alla chiesa dei Santi di Alessandria, in cui persero la vita 21 fedeli copti mentre partecipavano alle celebrazioni per il nuovo anno. I cristiani copti rappresentano il 10% della popolazione egiziana e per secoli hanno convissuto pacificamente accanto alla maggioranza islamica sunnita. (R.B.)

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Iraq. Esecuzioni e attentati dell'Is: numerose vittime

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Non si arresta la violenza del sedicente Stato islamico (Is) in Iraq: attraverso il loro account Twitter, oggi i jihadisti hanno annunciato di aver giustiziato 8 persone a Salaheddin, provincia nel nord del Paese. Le vittime, non ancora identificate attraverso le foto postate, potrebbero essere poliziotti ed informatori, mentre non si sa a quando risalga l'esecuzione. Sempre oggi, poi, almeno 23 membri delle Forze nazionali di sicurezza irachene sono stati uccisi nella provincia occidentale di Al-Anbar, come precisano fonti mediche. Questa la ricostruzione dei fatti: alcuni kamikaze si sono fatti esplodere nei pressi di una moschea, dove sostavano combattenti anti-jihadisti, uccidendo una decina di persone; poi sono scaturiti degli scontri che hanno causato altre 13 vittime. E 8 persone sono rimaste uccise anche in diversi attacchi nella capitale Baghdad: la prima bomba è esplosa nella notte in una strada commerciale nel quartiere a prevalenza sciita di Shula, la seconda nei pressi di una fermata dell’autobus; infine due uomini armati su una moto hanno aperto il fuoco contro il negozio di un barbiere. Infine, il Pentagono ha confermato che sono quasi quotidiani gli attacchi a colpi di mortaio dell’Is contro la base militare statunitense di al-Assad, a nord di Baghdad, dove i marines stanno addestrando le Forze di sicurezza locali, ma li ha definiti “completamente inefficaci”. (R.B.)

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Libia si scusa per raid su nave greca, ma Paese è nel caos

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Sono due le vittime e due i feriti in seguito al raid aereo che ieri l’Esercito nazionale libico ha ammesso di aver effettuato sulla petroliera battente bandiera liberiana, ma operante per l’azienda greca Aegean Oil, ormeggiata al porto di Derna, città orientale controllata dal gruppo jihadista di Ansar al Sharia, fedele al sedicente Stato islamico. Le vittime sono due marinai su un equipaggio di 26 uomini. Il portavoce dell'Esercito del governo riconosciuto dalla comunità internazionale, il colonnello Ahmad al-Mismari, ha espresso cordoglio per le vittime e ha precisato che l’attacco è avvenuto prima che Tripoli fosse informata che la petroliera era in servizio per una centrale energetica locale. La nave ha subito molti danni, ma non rischia di affondare, mentre il Ministero degli Esteri di Atene ha formalmente chiesto un risarcimento alla Libia.

Intanto il Paese nordafricano sprofonda sempre più nel caos: sono slittati per l’ennesima volta e “sine die” i colloqui di pace sotto l’egida Onu che avrebbero dovuto svolgersi il 9 dicembre scorso. La prima tranche di tali colloqui si era tenuta al Cairo tra settembre e ottobre, poi i continui rinvii fino all’annuncio che aveva fatto sperare in uno sblocco della situazione quando, il 24 dicembre, l’inviato speciale delle Nazioni Unite in Libia, Bernardino Leon, aveva affermato che le parti avevano trovato un accordo di principio. Intanto oggi la Turkish Airlines, ultimo vettore straniero a mantenere rotte verso la Libia, ha annunciato che interromperà i voli a causa delle precarie condizioni di sicurezza. (A cura di Roberta Barbi

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Arcivescovo di Lagos: cattolici entrino in politica per rinnovarla

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I cattolici hanno il compito di rinnovare la vita politica della Nigeria attraverso i valori cristiani: lo ha affermato mons. Alfred Martins, arcivescovo di Lagos, intervenuto in questi giorni al Forum sociale cattolico della Nigeria, svoltosi nella sua diocesi. Incentrato sul tema “Signore, dona a noi leader secondo il Tuo cuore”, il Forum ha riflettuto anche sulle elezioni presidenziali che si terranno quest'anno nel Paese.

Migliorare processi elettorali
In vista di questa tornata elettorale, il presule ha esortato i fedeli laici cattolici ad impegnarsi di più nella governance del Paese “per salvare la nazione da ulteriori degenerazioni” sociali e non solo. Per questo, ha aggiunto mons. Martins, “è necessario migliorare il processo di scelta dei leader politici”, poiché spesso esso “non è democratico”, tanto che le elezioni si svolgono in un clima di “violenza, acrimonia e frode”. Esortando, quindi, i cattolici ad “entrare nell’arena politica per ripulire il sistema”, l’arcivescovo di Lagos ha messo in guardia da “coloro che usano la fede e la religione solo per ricavarne vantaggi politici”, e non come una guida “nell’esercizio delle loro funzioni”.

Politica, servizio per il bene comune
I valori del Vangelo, dunque, “permeino il sistema politico nazionale, così da rinnovare il volto del Paese grazie ai doni dello Spirito Santo”. E questo significa, ha spiegato ancora mons. Martins, “fare tutto il necessario per affermare la dignità di ogni persona umana e per garantire a tutti i beni di prima necessità: cibo, abitazione, sicurezza, educazione, acqua, elettricità ed altri servizi sociali”. E guardando alle elezioni del 2015, l’arcivescovo nigeriano ha esortato i cattolici a parteciparvi in modo “non egoistico, ma disinteressato”, ovvero senza pensare ai propri vantaggi personali, bensì al bene comune. (I.P.)

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Burundi. Episodi di violenza in vista delle elezioni

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Si moltiplicano le violenze in Burundi, in vista delle elezioni generali che si svolgeranno tra maggio e giugno. Si è avuta oggi notizia di un attacco avvenuto nella notte tra domenica e lunedì in un bar a Gisuru, nella provincia di Ruyigi – circa 250 km a est della capitale Bujumbura – in cui sono rimasti uccisi tre attivisti del Cndp-fdd, partito attualmente al governo: secondo le testimonianze, gli assassini erano uomini armati in uniforme militare, che poco dopo hanno dato fuoco alla vicina stazione di polizia. Secondo quanto riferito da un portavoce delle forze armate, inoltre, la settimana scorsa sono avvenuti nel Paese scontri tra i ribelli penetrati dal vicino Congo e l’esercito, in cui sono rimaste uccise 97 persone, 95 ribelli e due soldati, mentre nove sono gli arrestati. (R.B.)

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Bagnasco: come i Magi, uomo è in cammino verso l’assoluto

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La tecnologia che “assopisce la natura umana” e la povertà e la disoccupazione che continuano a perseguitarci: questi i temi toccati dal presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco, nell’omelia della celebrazione per l’Epifania nella cattedrale di San Lorenzo. Sulle difficoltà economiche che spesso sembrano non dare tregua, il porporato dà un messaggio di speranza: “L’esperienza ci insegna che non possiamo rivestirci di luce da soli, ma che possiamo lasciarci rivestire di luce, dobbiamo lasciarci andare a Cristo, alla Verità del suo amore e all’amore della sua carità”.

Non è però solo la crisi a farci vivere nell’ombra: spesso ad accompagnarci – ricorda Bagnasco – sono il peccato, la fragilità, lo smarrimento e la fiducia, mentre a rinnovarci spiritualmente è solo Cristo che porta luce laddove restiamo nel buio. Anche la cultura tecnologica diffusa oggi può essere nemica: “Vuole farci dimenticare questa realtà profonda e incancellabile che ogni uomo è un desiderio, una sinfonia incompleta che trova compimento solo in Cristo”. I Magi, dunque, sono un esempio dell’uomo in cammino alla ricerca dell’assoluto, un’opera incompleta che attende di essere compiuta dall’alto, mentre oggi spesso “si sente soddisfatto dalle cose che riesce ad avere” e “presume di conoscere tutto con la sua ragione e pretende di essere il controllore incontrastato della sua vita”.

Al termine della celebrazione, poi, il cardinale ha parlato della situazione della Grecia, affermando che “l’uscita dall’Europa sarebbe un male”. “La Grecia – ha detto - è una radice del nostro patrimonio culturale, della nostra cultura occidentale e in particolare europea. Perdere la presenza della Grecia, con questa ricchezza culturale, con il suo patrimonio storico e di civiltà, sarebbe sicuramente un tagliare una radice alla nostra cultura”. Infine, qualche parola anche per l’annuncio di Papa Francesco sulla creazione di nuovi cardinali: “È un bellissimo messaggio, un motivo di gioia e di speranza in più che il Santo Padre ha voluto dare a tutta la Chiesa”. (R.B.)

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Goa: 4 milioni di pellegrini per San Francesco Saverio

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Circa quattro milioni di cristiani hanno assistito a Goa, ex colonia portoghese sulla costa occidentale dell’India, alla tradizionale ostensione delle reliquie di San Francesco Saverio, che avviene ogni dieci anni. Questa volta l’esposizione delle reliquie del missionario gesuita, pioniere dell’evangelizzazione dell’Asia, canonizzato nel 1622 e venerato come patrono della città, è durata ben 45 giorni, durante i quali fedeli da tutto il Paese sono arrivati in pellegrinaggio a Goa, dove attualmente vive una consistente comunità cristiana che rappresenta il 27% della popolazione. Domenica scorsa, con una solenne processione, il feretro del Santo è stato riportato nella storica basilica di Bom Jesu dove è normalmente conservato. (R.B.)

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Dialogo interreligioso, sfida missionaria dei gesuiti in India

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Dialogo interreligioso, confronto con la cultura contemporanea, opzione preferenziale per i poveri: sono queste le tre sfide principali che la Compagnia di Gesù si trova ad affrontare in India. A tracciare il quadro della missione dei gesuiti nel Paese è stato, recentemente, padre Michael Amalodoss, teologo gesuita, direttore dell’Istituto per il dialogo con le culture e le religioni di Chennai, nello Stato del Tamil Nadu. Nello specifico, padre Amalodoss ha tenuto una conferenza intitolata “Le sfide missionarie per i gesuiti in India: continuità nella discontinuità”, nella quale ha innanzitutto ricordato come “i gesuiti siano presenti nel Paese asiatico grazie a San Francesco Saverio”, arrivato in India nel 1542.

Religioni collaborino nella promozione dei valori umani
Quindi, il teologo si è soffermato sulla prima sfida, quella del dialogo interreligioso, ed ha ribadito che “la Chiesa può essere presente ed attiva nelle altre religioni”, perché, come disse Giovanni Paolo II nel 1986, durante un incontro interreligioso svoltosi proprio a Chennai, “è possibile, per gli appartenenti a tutte le religioni, collaborare alla difesa ed alla promozione dei valori umani ed evangelici”. Di qui, l’invito a proseguire iniziative come incontri e momenti di  preghiera comune, per “promuovere il dialogo, la ricerca e la collaborazione” tra le religioni. Altro strumento essenziale in questo ambito, ha aggiunto padre Amalodoss, è “la testimonianza del Vangelo”, vissuto “secondo un’autentica vita cristiana”.

Inculturazione dei valori evangelici
Al secondo punto, il religioso gesuita ha ricordato poi la sfida “dello spazio di dialogo tra il Vangelo e la cultura” contemporanea. “L’inculturazione – ha sottolineato – presuppone che il messaggio ed i valori evangelici possano prendere corpo all’interno delle nuove culture”.  In quest’ottica, è importante anche “la riflessione teologica”, che la Compagnia di Gesù ha promosso grazie a “la trasmissione contestualizzata della dottrina in lingua locale, portata avanti nel corso di trentacinque anni”, anche “prendendo parte a diverse associazioni teologiche nazionali”. “Lo sviluppo di una teologia indiana per rispondere all’esperienza locale resta dunque una sfida” in cui “i gesuiti hanno sempre avuto un ruolo primario”.

Opzione preferenziale per i poveri
La terza sfida indicata da padre Amalodoss è stata, quindi, quella "dell'opzione preferenziale per i poveri, una caratteristica che la Compagnia di Gesù ha sempre avuto sin dalle sue origini”. “In India, il Vangelo ha toccato principalmente gli indigenti – ha ribadito il religioso – in particolare le caste inferiori, poiché l’apostolato sociale ed educativo dei gesuiti ha contribuito allo sviluppo economico e sociale della popolazione”. I poveri “non vanno considerati solo dal punto di vista economico”, ha continuato padre Amalodoss, poiché “la povertà può essere anche culturale” e può colpire fasce diverse della popolazione: i rifugiati, gli anziani, le donne “spesso ritenute esseri umani di seconda categoria”, vittime di aborti e violenze, private del diritto all’educazione. E in questo contesto, il religioso gesuita ha ricordato l’impegno della Compagnia nel combattere il sistema delle caste e tutelare, in particolare, coloro che ne vengono esclusi, come i dalit.

Un gesuita su cinque è indiano
Infine, padre Amalodoss ha evidenziato la necessità di “accrescere la consapevolezza” sul bisogno di salvaguardare il Creato, proteggendo “la natura dalla mano distruttiva dell’uomo e del suo egoismo”. Da ricordare che oggi un gesuita su cinque, nel mondo, è indiano: con circa 4mila gesuiti suddivisi in 18 province, infatti, l’India è il Paese più rappresentato all’interno della Compagnia di  Gesù. Il tutto in una nazione in cui i cristiani sono una minoranza, pari al 2,3% della popolazione. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 6

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.