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Sommario del 22/02/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: Quaresima, tempo di “corpo a corpo” contro il male

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La Quaresima è un tempo di lotta contro le insidie del demonio e da questa lotta scaturisce la conversione dei cuori. Lo ha affermato Francesco all’Angelus in Piazza San Pietro, al termine del quale il Papa ha fatto distribuire ai presenti un piccolo sussidio per la riflessione personale quaresimale. Inoltre, Francesco ha annunciato che la prossima settimana sarà in ritiro per vivere gli Esercizi spirituali. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

Il duello, meglio il “corpo a corpo”, con le tentazioni ha bisogno di un tempo e di uno spazio di silenzio e di preghiera per meglio individuare le trappole del demonio e batterle con l’aiuto di Dio. Francesco lo ricorda alla folla che abbraccia con lo sguardo dalla sua finestra sulla Piazza. C’è bisogno di un deserto fuori dell'anima e dentro l’anima, un luogo solitario simile a quello dove Gesù scelse di ritirarsi e raccogliersi prima di iniziare la sua missione tra la gente.

“Egli, in quei quaranta giorni di solitudine, affrontò Satana ‘corpo a corpo, smascherò le sue tentazioni e lo vinse. E in Lui abbiamo vinto tutti; ma a noi tocca proteggere nel nostro quotidiano questa vittoria. La Chiesa ci fa ricordare tale mistero all’inizio della Quaresima, perché esso ci dà la prospettiva e il senso di questo tempo, che è un tempo di combattimento, eh - nella Quaresima si deve combattere - un tempo di combattimento spirituale contro lo spirito del male”.

Deserto pulisce dagli "idoli"
Come per Gesù, osserva il Papa, nel silenzio del deserto diventa udibile “la voce di Dio” ma anche “la voce del tentatore”. Un luogo di ascolto per eccellenza dove – assicura Francesco – “possiamo scendere in profondità, dove si gioca veramente il nostro destino, la vita o la morte”. Ma in che modo sentiamo la voce di Dio?

“La sentiamo nella sua Parola. Per questo è importante conoscere le Scritture, perché altrimenti non sappiamo rispondere alle insidie del maligno. E qui vorrei ritornare sul mio consiglio di leggere ogni giorno il Vangelo. Ogni giorno leggere il Vangelo, meditarlo, un pochettino, dieci minuti (...) Il deserto quaresimale ci aiuta a dire no alla mondanità, agli ‘idoli’, ci aiuta a fare scelte coraggiose conformi al Vangelo e a rafforzare la solidarietà con i fratelli”.

In ritiro
Prima di recitare la preghiera dell’Angelus, Francesco ricorda che nel pomeriggio, assieme ai membri della Curia Romana, partirà per una settimana di Esercizi spirituali della Quaresima e chiede vicinanza spirituale per sé e i suoi collaboratori:

“Pregate perché in questo ‘deserto’ che sono gli Esercizi possiamo ascoltare la voce di Gesù e anche correggere tanti difetti che tutti noi abbiamo e fare anche fronte alle tentazioni che ogni giorno ci attaccano. Vi chiedo pertanto di accompagnarci con la vostra preghiera”.

Il cuore, luogo del bene e del male
Ma Francesco non pensa mai solo a sé e si congeda lasciando anche alla folla un aiuto concreto per vivere la Quaresima e combattere la buona battaglia della fede. Così, in modo simile ad altre volte, dopo aver salutato i gruppi presenti nel colonnato fra le sue mani compare un nuovo libretto tascabile. “Custodisci il tuo cuore”, si intitola, e – spiega il Papa – nelle sue pagine si trovano i “contenuti essenziali della nostra fede”. A distribuirlo alla gente, precisa inoltre, ci sarà anche un gruppo di sentatetto venuti in pellegrinaggio:

“E come sempre anche oggi qui in piazza coloro che sono nel bisogno, sono gli stessi a portarci una grande ricchezza: la ricchezza della nostra dottrina, per custodire il cuore. Prendete un libretto ciascuno di voi e portatelo con voi, come aiuto per la conversione e la crescita spirituale, che parte sempre dal cuore: lì dove si gioca la partita delle scelte quotidiane tra bene e male, tra mondanità e Vangelo, tra indifferenza e condivisione. L’umanità ha bisogno di giustizia, di pace, di amore e potrà averle solo ritornando con tutto il cuore a Dio, che ne è la fonte di tutto questo”.

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Custodire il cuore: il sussidio del Papa per la Quaresima

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"Un aiuto per la conversione e la crescita spirituale, che parte sempre dal cuore". Con queste parole, Papa Francesco ha fatto donare alla folla dell'Angelus le 50 mila copie del sussidio "Custodire con il Cuore". Un libretto composto di una trentina di pagine con all'interno gli insegnamenti di Gesù, dai precetti della Chiesa fino alle pratiche spirituali. Il servizio di Benedetta Capelli: 

Un allenamento del cuore con una finalità precisa che lo stesso Papa Francesco rivela nella prima pagina del sussidio: “Noi dobbiamo diventare cristiani coraggiosi”. Non è un caso che coraggio viene dal latino “cor” che è appunto cuore. Sulla copertina c’è Gesù, il Buon Pastore, la guida per camminare in questa Quaresima, e sono i suoi insegnamenti a fare da luce nel percorso da intraprendere. Si inizia con le Beatitudini evangeliche per giungere al Comandamento nuovo, “che vi amiate gli uni gli altri”, la chiave per capire che siamo i discepoli del Signore.

Le basi della vita di fede
Poi, la fede professata nel Credo e i misteri della fede, le tre virtù teologali, i sette sacramenti, i sette doni e 12 frutti dello Spirito Santo. Si ricordano anche i dieci comandamenti e i cinque precetti della Chiesa; le opere di misericordia corporale e spirituale, le quattro virtù cardinali e i sette vizi capitali. Nel capitoletto dedicato alle pratiche spirituali, è riportato un passo dell’"Evangelii Gaudium" di Papa Francesco sulla "lectio divina", definita “la modalità concreta per ascoltare quello che il Signore vuole dirci nella Parola e per lasciarci trasformare dal suo Spirito”.

Il cuore è di Dio, non una piazza
Un passo che ci porta a Casa Santa Marta con la meditazione del 10 ottobre 2014 incentrata sul “custodire il cuore”, il “tesoro dove abita lo Spirito Santo”, dove non bisogna far entrare altri spiriti che siano cattivi pensieri, gelosie e intenzioni. E’ necessario così allontanare la possibilità che “il cuore diventi una piazza dove tutti vanno e vengono” e pertanto il Papa raccomanda l’esame di coscienza a fine giornata, quello “stare in silenzio davanti a se stessi e davanti a Dio”. Una meditazione che è preludio alla Confessione e al perdono dei peccati. Sono infatti una catena di domande dirette a svelare le nostre bugie – so perdonare? sono invidioso? sono costruttore di pace? – che ci portano all’atto di dolore. E’ la conclusione di un percorso profondo verso la conversione del cuore per accogliere in modo nuovo la gioia della Pasqua.

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Esercizi spirituali ad Ariccia. Padre Secondin: “Ritornare alle radici”

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Prima di recitare l'Angelus, Papa Francesco ha ricordato e ha chiesto preghiere per il periodo di Esercizi spirituali quaresimali che dal pomeriggio e fino a venerdì 27 febbraio, lo vedranno impegnato assieme ai suoi collaboratori della Curia Romana nella Casa Divin Maestro di Ariccia. “Servitori e profeti del Dio vivente” è il tema delle meditazioni, tenute dal padre carmelitano Bruno Secondin, docente ordinario emerito di Spiritualità moderna e Fondamenti di vita spirituale alla Gregoriana. Ce ne parla Sergio Centofanti: 

Le meditazioni presentano una lettura pastorale del profeta Elia, una delle più grandi figure dell’Antico Testamento, difensore della fedeltà a Dio contro gli idoli. Vissuto nel IX secolo avanti Cristo, perseguitato dai regnanti dell’epoca, Elia fugge nel deserto dove ha un momento di scoraggiamento tanto da desiderare la morte. Viene nutrito misteriosamente con pane e acqua ritrovando la forza di camminare per 40 giorni e 40 notti e raggiungere così l’Oreb, il monte su cui Dio gli si manifesterà non con potenza ma come un vento leggero. Nella sua debolezza, così, fa la vera esperienza di Dio.

Padre Secondin, seguendo il cammino di Elia, rifletterà sull’autenticità della fede: i temi delle meditazioni evidenziano la necessità di “ritornare alle radici” e avere il coraggio di “dire no all’ambiguità”, passando “dagli idoli vani alla pietà vera”, “dalla fuga al pellegrinaggio”. In questo cammino c’è il superamento dell’angoscia per inoltrarsi verso la vita. Ma occorre “lasciarsi sorprendere da Dio”, perché il Signore è un vento leggero, una “voce di silenzio lieve”: è diverso da come ce lo immaginiamo. Parlando dell’incontro di Elia con la vedova di Zarepta, padre Secondin ricorderà che i poveri ci evangelizzano. Quindi, indicherà i cristiani come testimoni di giustizia e solidarietà e profeti di fraternità.

Nelle sue meditazioni padre Secondin utilizzerà il metodo della Lectio divina: si tratta della lettura della Sacra Scrittura accompagnata dalla preghiera che realizza quell’intimo colloquio in cui, leggendo, si ascolta Dio che parla e, pregando, gli si risponde con fiduciosa apertura del cuore.

“La Lectio divina – ha affermato Benedetto XVI - consiste nel rimanere a lungo sopra un testo biblico, leggendolo e rileggendolo, quasi ‘ruminandolo’ come dicono i Padri, e spremendone, per così dire, tutto il ‘succo’, perché nutra la meditazione e la contemplazione e giunga ad irrigare come linfa la vita concreta. Condizione della lectio divina è che la mente ed il cuore siano illuminati dallo Spirito Santo, cioè dallo stesso Ispiratore delle Scritture, e si pongano perciò in atteggiamento di religioso ascolto”.

Durante il periodo di ritiro, come di consueto, vengono sospese le udienze private e speciali, compresa l’udienza generale del mercoledì.

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Oggi in Primo Piano



Nuovo video-choc dell’Is, 21 prigionieri curdi in gabbia

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Il sedicente Stato islamico continua a sollevare lo sdegno di tutto il mondo con la sua propaganda. In un nuovo terribile video,, diffuso sul web, sono mostrati 21 peshmerga curdi, ciascuno dentro una gabbia, fatti sfilare per le strade di una località irachena. E su Twitter sono circolate nuove minacce a Roma e L’Italia, mentre i media arabi lanciano l’allarme sugli arsenali chimici in Libia trafugati dalle milizie islamiste. Il servizio di Marco Guerra: 

La barbarie non la limiti nelle aree controllate dal sedicente Stato islamico e le brutalità contro il nemico sono ormai il principale strumento di propaganda. L’ultimo video diffuso dai miliziani dell’Is mostra 21 peshmerga curdi portati a bordo di pick-up per le strade di una città irachena nella provincia di Kirkuk, ciascuno rinchiuso dentro un gabbia simile a quella dell’uccisione del pilota giordano. I prigionieri indossano le famigerate tute arancioni e sono esposti come in una pubblica gogna davanti ad una folla di sostenitori dell’Isis. Il filmato sembra il preludio a una nuova esecuzione di massa, ma al momento i jihadisti non hanno fornito informazioni sulla sorte dei 21 curdi.

Blitz turco in Siria
Intanto nella notte la Turchia ha effettuato un blitz in territorio siriano controllato dall’Is, per evacuare i 38 soldati turchi di guardia al mausoleo di Suleyman Shah. Ankara ha inoltre trasferito le spoglie del nonno del fondatore dell'Impero ottomano e ha distrutto il complesso per impedire che venisse occupato dai miliziani integralisti. E resta caldissimo anche il fronte libico. Nelle ultime 48 ore, 25 jihadisti di Ansar al Sharia, formazione affiliata allo Stato islamico, sono morti in combattimenti a Bengasi, mentre secondo alcuni media arabi le milizie filo-islamiche hanno trafugato “armi chimiche” da arsenali di province centrali e meridionali del Paese. Tuttavia, non si tratterebbe di armamenti pronti all'uso. E dai jihasiti libici arrivano via twitter le nuove minacce a Roma e l’Italia, in riferimento al ruolo guida che il governo italiano vuole giocare per la stabilizzazione della Libia.

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Ucraina: scambio di prigionieri tra governativi e filorussi

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Si è concluso nella notte il primo scambio di prigionieri tra l'esercito ucraino e i ribelli separatisti, che hanno attuato così uno dei punti degli accordi di Minsk. L'operazione ha riguardato 139 militari di Kiev e 52 filorussi e si è svolta a 20 chilometri da Lugansk, città in mano ai ribelli. E secondo alcune indiscrezioni riferite dalla Bbc, le due parti sono d'accordo per cominciare anche il ritiro delle armi pesanti dal fronte. Nonostante la fragile tregua in vigore dal 15 febbraio, i ribelli in questi giorni hanno però continuato a combattere a Debaltsevo, per questo il segretario di Stato Usa, John Kerry, è tornato ad evocare nuove sanzioni contro la Russia, ipotesi che Mosca ha definito “non di aiuto alla soluzione” della situazione. Tutto questo avviene ad un anno dall’eccidio di Maidan a Kiev, quando decine di manifestanti furono uccisi dai cecchini durante le proteste contro il presidente filorusso, Yanukovich. Come è stato vissuto questo anniversario? Michele Raviart lo ha chiesto a Matteo Tacconi, coordinatore di “Rassegna est”, agenzia specializzata in Europa orientale: 

R. – La memoria su quello che è successo a Maidan sicuramente viene strumentalizzata da ambo le parti. Se, per quanto riguarda Kiev, Maidan è l’avvenimento che dimostra la brutalità del regime Janukovic, e quindi la legittimità di quella che è stata una rivoluzione, dall’altra, intendo dire Mosca, simboleggia piuttosto quello che i giornali e l’"establishment" politico e anche intellettuale di Mosca definiscono come un colpo di Stato orchestrato dall’Occidente, volto a esautorare un presidente legittimamente eletto. Fa parte un po’ di quella propaganda che ha un suo senso perché stiamo parlando di una guerra e quindi la propaganda fa parte di una guerra e delle ragioni per cui si fa una guerra.

D. – Siamo a una settimana dalla cosiddetta tregua di Minsk. Che cosa ha funzionato e che cosa non ha funzionato finora?

R.  – Siamo di fronte a una situazione un po’ paradossale: la tregua in parte è rispettata ma, nel caso di Debaltsevo, non lo è stata. Non si capisce se appunto la tregua venga rispettata inogni sua parte, oppure se non lo sia. Detto questo, il discorso della tregua risolve e non risolve la questione ucraina, perché a Minsk sono stati definiti altri punti e probabilmente quello più importante è che tipo di ordinamento dare a queste regioni ribelli dell’est, Donetsk e Lugansk. Ecco, lì, Minsk prevede che ci debba essere un accordo costituzionale. Però, detto questo, Kiev vuole decentrare, ma senza rendere l’Ucraina uno Stato federale, e Mosca e i filo-russi vorrebbero al contrario che l’Ucraina fosse uno Stato federale. La Costituzione, se tutto va bene, verrà cambiata nel giro di un anno, ma è possibile che non tutto vada bene e tutto questo può far continuare lo stato di crisi, perfino perennemente.

D.  – Sui futuri assetti istituzionali quanto conterà il successo o il fallimento militare sul campo?

R. – Sicuramente, la questione militare è fondamentale alla luce di tutta l’impalcatura della crisi. Debaltsevo, dove si è combattuto nonostante la tregua che implicava il cessate-il-fuoco, indica che gli spostamenti di terra anche piccoli, ma comunque strategici o simbolici che siano, influenzano l’ossatura complessiva dei negoziati. Per cui, è evidente che si combatte anche per guadagnare potenziali punti in più, carte in più, al tavolo dei negoziati. Tra il negoziato politico e la situazione sul terreno in termini di scontri, in termini militari, c’è un legame di diretta proporzionalità.

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Bangladesh. L'azione medico-solidale di "Emergenza sorrisi"

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Il Bagnladesh piange le vittime di una nuova tragedia, quelle del traghetto con oltre 100 persone a bordo, affondato nel fiume Padma, a circa 70 km a nord di Dacca, dopo essere stato urtato da una nave mercantile. I soccorsi sono scattati subito per salvare il maggior numero di superstiti, anche se manca un bilancio preciso dei morti. La notizia della tragedia, non nuova, pesa sul Bangladesh al cui interno vive un alto numero di persone in condizioni di necessità, molte delle quali bambini. E proprio da una nave arriva un particolare aiuto ai più piccoli del Paese grazie all'ong "Emergenza sorrisi", che dal 2007 è presente in nazioni disagiate e offre uno specifico intervento chirurgico a minori affetti da una patologia che fra l'altro grava su loro come uno stigma sociale. Maria Cristina Montagnaro ha chiesto di illustrare di cosa si tratti al presidente di "Emergenza sorrisi", Fabio Massimo Abenavoli: 

R. – L’operazione è finalizzata a ridare il sorriso ai bambini affetti da questa deformità, quando cioè il labbro durante la fase embrionale non si è completato o non si è chiuso e il palato rimane aperto. In questo caso, i bambini non possono nutrirsi adeguatamente e, al di là dell’aspetto funzionale, che pure è fondamentale perché nei casi più avanzati muoiono nei primi anni di vita, è importante anche quella che noi chiamiamo la dignità di una persona: sono bambini che vengono isolati, emarginati dalla società; non possono giocare con gli altri, perché obiettivamente hanno quest’aspetto che colpisce molto e che crea un enorme disagio, sia al bambino che alla famiglia stessa.

D. – Ora vi trovate in Bangladesh: qual è la situazione che avete trovato in questo Paese?

R. – Il Bangladesh è un Paese dove le persone hanno una grossa dignità, però hanno delle necessità immense. Noi andiamo ormai da anni in questo Paese, nelle aree più povere, e troviamo un numero enorme di questi bambini e di queste famiglie che ci portano i loro bambini.

D. – Concretamente, come si svolge la missione in Bangladesh?

R. – Questa missione si svolge su una nave, una nave ospedale: questo ci permette di muoverci maggiormente anche perché per le persone è difficile spostarsi. Per cui questa nave si sposa all’interno del Paese e riesce a raggiungere molte località dove vengono raccolti questi bambini. Lavoriamo ovviamente con i medici locali, perché parte predominante della nostra "mission" è quella di fare formazione sui medici locali, perché la costante presenza dei medici locali è quella che garantisce poi una continuità di azione.

D. – Partirete anche per Gaza: lì, quali sono le problematiche?

R. – E’ stato richiesto il nostro intervento prevalentemente per bambini con conseguenze di ustioni: in questo caso noi andremo a soccorrere in qualche modo quelle che sono le necessità dei bambini, cercando di recuperare, quando possibile, quelle che sono le situazioni di un grave disagio e di un grave handicap provocato dall’esito delle ustioni.

D. – C’è qualche ricordo che ci può raccontare?

R. – Noi abbiamo, come tutti noi medici e infermieri volontari che andiamo in questi Paesi, il nostro cuore e portiamo sempre dei ricordi bellissimi. Ad esempio, quello di una mamma che aveva due bambini con lo stesso problema e che non sapeva quale dei due bambini affidarci prima, perché quando noi andiamo abbiamo centinaia di casi e purtroppo dobbiamo anche fare una scelta: in questo caso lei aveva questa l’angoscia di non sapere quale dei due bambini potesse essere operato per primo. In questo caso, abbiamo fatto una eccezione e abbiamo operato tutti e due i bambini, perché obiettivamente non era possibile non operarne uno.

D. – E chi volesse sapere di più su ciò che fate e magari anche aiutarvi?

R. – I nostri volontari prestano la loro opera gratuitamente, ma a noi servono i finanziamenti per i viaggi, per quelle che sono le azioni di cooperazione con i medici locali e per i materiali. Noi abbiamo il nostro sito, che è www.emergenzasorrisi.it.

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Carceri. Don Balducchi: senza dignità cella è disumanizzante

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“Ma in questa Quaresima nel tuo cuore c`è posto per quelli che non hanno compiuto i comandamenti?  Che hanno sbagliato e sono in carcere?”. A domandarlo è stato il Papa in una delle omelie pronunciate nei giorni scorsi a Casa Santa Marta, durante la Messa. Francesco ha fatto riferimento a quanti allontanano chi ha sbagliato, aggiungendo “se tu non sei in carcere è perché il Signore ti ha aiutato a non cadere”. Luca Collodi ne ha parlato con don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei Cappellani delle carceri italiane: 

R. – Sicuramente, la prima cosa che si vede nel messaggio del Santo Padre, l’indicazione, è che gli strumenti che lui suggerisce hanno un obiettivo: di cancellare l’indifferenza o di lavorare contro l’indifferenza verso le persone che soffrono di più e che non vengono considerate. Quindi, da questo punto di vista, è un messaggio che conferma la capacità di Papa Francesco di ricordare a tutte le comunità cristiane che non c’è nessun luogo in cui ci possano essere delle persone non considerate fratelli. E questa, credo che sia la prima cosa, che impatta bene con il mondo del carcere, che è un luogo sempre un po’ separato da tanti nostri pensieri e anche dal nostro vissuto.

D. – Senza dimenticare il tema della "globalizzazione dell’indifferenza", riflessione frequente nelle parole del Papa: nel carcere si rischia proprio la globalizzazione dell’indifferenza…

R. – Esatto. E da tutti i punti di vista: sia dal punto di vista dell’indifferenza, sia della globalizzazione, perché nelle nostre carceri ormai c’è il mondo intero proprio per la provenienza da nazioni diverse. Credo, tuttavia, che anche in carcere si possano vivere dei cammini di costruzione della propria conversione e di capacità di essere solidale con gli altri: proprio dentro quei luoghi, in cui forse si pensa che ci sia il male, che ci sia chiuso il male, sperimentiamo invece tanta capacità di condividere la sofferenza, anche con delle azioni di carità verso chi ha di meno. Il mondo del carcere è infatti abitato anche da persone molto povere e da persone detenute che possono un po’ di più e aiutano a condividere quello che hanno. Quindi, da questo punto di vista, c’è già un’indicazione di vissuto. L’altra esperienza che si fa durante la Quaresima è quella di sentire la vicinanza di Gesù Cristo giudicato e anche crocifisso. C’è, dunque, una capacità di cogliere la problematica del Signore giudicato, del Signore in croce, che è vissuta sulla propria pelle.

D. – Don Balducchi, dopo la Quaresima arriva la Resurrezione. Per restare al tema carcere, possiamo tentare un paragone tra la speranza della Resurrezione e la ricerca di giustizia da parte degli uomini?

R. – L’uomo è capace, sicuramente, di fare una giustizia migliore. Il problema è che alcune volte non si lascia convincere, perché giudica ancora attraverso dei percorsi di vendetta, in cui si mette in testa che la cosa migliore, per rispondere al male, sia fare dell’altro male. La Resurrezione nella giustizia vuol dire fare il bene anche a chi eventualmente ha fatto il male. E questa, è l’esperienza della Resurrezione, che libera dal male. Ciò rende anche possibile cammini di resurrezione, di cambiamento e di libertà nuova.

D. – Si parla molto di carcere nel mondo politico e sociale. E' cambiato qualcosa, negli ultimi mesi, nella realtà carceraria italiana? 

R. – Realisticamente, dobbiamo dire che il numero dei detenuti è diminuito. Questo permette di lavorare un po’ meglio. E’ anche vero che ci sono nuove sperimentazioni di responsabilizzazione delle persone detenute, sia all’interno del carcere che fuori, con i lavori socialmente utili. Ma si tratta ancora di sperimentazioni e dobbiamo dire che non sono la struttura fondante. Questa dovrebbe essere in ogni caso che nessun detenuto sia lasciato a vivere da solo o con altri, abbondanti purtroppo nelle celle, senza fare niente tutto il giorno. Purtroppo, la maggior parte della realtà carceraria è ancora in questa condizione. Finché, in un modo molto radicale, non porteremo le persone a essere e vivere con dignità, compreso lavorare per poter vivere, il carcere resterà sempre una struttura piuttosto devitalizzante.

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ProVita. Urgente firmare petizione contro Gender a scuola

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Bisogna contrastare l’ideologia gender che minaccia la scuola italiana. E’ l’esortazione dell’Associazione ProVita Onlus che, insieme all’Associazione Italiana Genitori (AGe), l’Associazione Genitori delle Scuole Cattoliche (AGeSC), il Movimento per la Vita e Giuristi per la Vita, sostiene una petizione che sarà inviata alle massime cariche istituzionali italiane. Le organizzazioni pro-life denunciano che l’Unar, l’Ufficio anti discriminazioni raziali, dal 2013 ha avviato una strategia nazionale che diffonde questa ideologia spesso sotto forma di corsi sulla discriminazione, affettività e sessualità. Massimiliano Menichetti ha intervistato Andrea Fiore, portavoce di Pro-Vita Onlus: 

R. – Abbiamo lanciato questa petizione a fine dicembre e chiediamo alle autorità, in particolare al ministro dell’Istruzione, alla presidenza della Repubblica, al presidente del Consiglio, anzitutto di disapplicare questa strategia dell’Unar e poi di emanare tutta una serie di direttive per fare in modo che attuali o eventuali progetti futuri ispirati al gender nelle scuole non possano avviarsi. Tra l’altro, chiediamo soprattutto che venga riconosciuto il diritto dei genitori a essere informati: questo è fondamentale, perché sia questa strategia nazionale, sia i progetti gender vengono fatti senza cercare la collaborazione o a totale insaputa dei genitori.

D.  – Come accadde nel 2013, quando il governo Monti firmò l’avvio di questa strategia che peraltro termina quest’anno…

R. – E’ stata redatta cercando la collaborazione di decine di associazioni Lgbt – lesbo, gay, bisex, transgender – ma senza alcuna associazione in rappresentanza delle istanze della famiglia.

D. – Il gender, lo ricordiamo, afferma in sintesi: non sono maschio o femmina in base al sesso biologico, con cui sono nato, ma – dice - io sono ciò che mi sento di essere. Che succede concretamente nelle scuole?

R. – La strategia nazionale afferma a chiare lettere che bisogna favorire nelle scuole, il cosiddetto “empowerment Lgbt”, cioè favorire l’ingresso anche, ad esempio, di transessuali tra gli insegnanti. Stanno anche girando delle favole nelle scuole che mostrano la pretesa normalità di famiglie con due mamme o due papà che ricorrono all’utero in affitto per avere un figlio che, ricordiamo, è reato nel nostro Paese. Tutto questo viene mostrato come assoluta normalità.

D. – Nelle scuole, in sostanza, si possono trovare dei corsi che sotto il "cappello" della non discriminazione in realtà propongono l’ideologia gender…

R.  – E’ chiaro che bisogna educare i bambini a non discriminare, non fare violenza, non insultare nessuno, per qualsiasi motivo. Altra cosa è questo capitolo di promozione del gender che bisogna assolutamente fermare.

D. – Cioè voi dite: nessuna discriminazione nei confronti della realtà omosessuale, ma non si può sovvertire nelle scuole il dato che in natura un bambino nasce dall’unione di un uomo e di una donna…

R.  – Sì. E’ chiaro che scatta la rilevanza sociale quando si cerca di imporre un’ideologia, che tra l’altro non viene sentita come propria, neanche da molti omosessuali, che non si identificano in questa ideologia Lgbt o comunque del gender.

D. – Le famiglie che possono fare concretamente?

R. – Battersi contro questa ideologia, ad esempio informando altre mamme, riunendosi e ottenendo informazioni dagli insegnanti, e dai presidi, chiedendo di essere informati... E' un diritto. E’ importante informarsi su tutti i progetti e in particolare sui progetti relativi all’affettività, la sessualità… Non dimenticate che la scuola deve avere il vostro consenso.

D . – Come si fa a firmare la vostra petizione?

R.  – Si può trovare sul nostro sito, quindi www.notizieprovita.it. Molte altre associazioni – la lista è sempre più lunga – hanno aderito. Speriamo di arrivare alle 100 mila firme entro fine febbraio, che è un traguardo importante. E speriamo di aver anche un colloquio con alcune delle autorità a cui la petizione è indirizzata.

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10.mo morte Giussani. Carrón: 7 marzo CL lo ricorderà col Papa

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Ricorre questa domenica il 10.mo anniversario della morte del Servo di Dio don Luigi Giussani e il 60.mo di fondazione di “Comunione e Liberazione”. Numerose le celebrazioni per la ricorrenza: il 23 febbraio, a Milano, sarà il cardinale Angelo Scola a ricordare in una Messa il fondatore di CL, lo stesso giorno a Roma il cardinale vicario Agostino Vallini; a Buenos Aires il cardinale Mario Poli presiederà invece una celebrazione in suffragio il 26 febbraio. Per una testimonianza su come la comunità di CL vive questo anniversario, Alessandro Gisotti ha intervistato il presidente della Fraternità di “Comunione e Liberazione”, don Julián Carrón: 

R. - Questo decimo anniversario lo accogliamo con una grande gratitudine che cresce con il passare degli anni, perché più andiamo avanti più ci rendiamo conto di che cosa ci ha lasciato, della sua eredità, perché la sua eredità, il suo carisma, la sua visione, il suo sguardo sul cristianesimo si comprende di più quando più uno entra e cerca di seguirlo perché non si può capire il cristianesimo senza partecipare ad esso.

D. - Nell’omelia per il funerale nel Duomo di Milano, l’allora cardinale Joseph Ratzinger, sottolineò che don Giussani aveva testimoniato che il cristianesimo “non è un sistema di dogmi, un moralismo, ma un incontro con il Signore, un avvenimento”. Questo messaggio, che è poi al cuore della testimonianza di don Giussani, come è continuato in questi anni?

R. - Noi abbiamo provato con la nostra fragilità e nei nostri limiti a vivere di questo, perché per noi non c’è altra modalità di vivere il cristianesimo se non quello che lui ci ha testimoniato e che ci ha introdotto quasi in ogni fibra dell’essere: il cristianesimo, prima di tutto, non è la riproposizione formale dell’annuncio cristiano, una serie di verità o un moralismo, ma è l’incontro con una presenza con cui la vita va giocata, perché l’unica cosa è una presenza così, una presenza affettivamente attraente – diceva lui – che può veramente guadagnare il cuore dell’uomo tutto desideroso della felicità, della pienezza, di quel senso del vivere, di quell’intensità del vivere che soltanto qualcuno presente può veramente rendere possibile. Nessuna dottrina, nessuna etica può veramente attrarre la totalità dell’uomo come l’attrae una presenza.

D. - Come è noto, con Giovanni Paolo II e anche con Benedetto XVI c’era una grande affinità, una consonanza con Don Giussani. Quali sono i punti di contatto più forti che secondo lei CL ha con Papa Francesco?

R. - Noi con Papa Francesco sentiamo una sintonia totale per la sua insistenza sull’essenziale, sul guardare Cristo, sul non trattenersi sulle cose secondarie - perché senza questo sguardo su Cristo non si capisce il resto. La fede che si comunica per attrazione e quindi questa gioia del Vangelo che occorre testimoniare, tutto questo è ciò che ci lega a Papa Francesco. Noi sentiamo questa sintonia totale, perché è proprio questa modalità del cristianesimo vissuta così, insieme al desiderio della missione di andar fuori, perché noi dall’inizio delle nostra storia siamo stati sempre negli ambienti, nelle periferie, nelle università piuttosto che nel mondo del lavoro, nelle borgate della città, rispondendo ai bisogni. Per questo sentiamo da tutti i punti di vista una grandissima sintonia con Papa Francesco che veramente ringraziamo di questo costante richiamo che per noi è il richiamo alla nostra storia.

D. - Lei ha già avuto occasione di un’udienza privata con Papa Francesco. C’è invece in programma un incontro della comunità con il Papa?

R. – Si, lui ha voluto concederci per questa ricorrenza un’udienza che celebreremo a Piazza San Pietro con lui insieme a tutto il movimento il 7 marzo. Siamo già tutti in attesa chiedendo al Signore di preparare il nostro cuore per accogliere le indicazioni che lui vorrà darci per poter continuare il nostro cammino in fedeltà e nel carisma di don Giussani.

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Si è spento Luca Ronconi, teatro italiano perde il suo genio

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Si è spento ieri a Milano, all'età di 81 anni, il regista teatrale Luca Ronconi: il mondo dell'arte lo piange ricordando la sua indimenticabile carriera nel corso della quale ha impresso un segno indelebile nella storia del teatro e degli allestimenti scenici. Il servizio di Luca Pellegrini

Non ha eredi, Luca Ronconi, e lascia vuoti i palcoscenici dei suoi teatri, tanti, sparsi lungo la Penisola, ma soprattutto quelli milanesi, il Piccolo e la Scala, che oggi lo piangono per le tracce indelebili di cultura e passione che vi ha lasciato. Si fece conoscere a Spoleto, trentenne regista elegante e da allora sempre assolutamente discreto e riservato.

Un genio innovatore
Era il 1969 e il suo sorprendente, meraviglioso adattamento dell'ariostesco "Orlando furioso" fece sensazione: l'uso di macchine teatrali - da allora sempre inserite nei suoi spettacoli, e se non erano meccaniche le estraeva dai movimenti, dalle scene, dalle prospettive - il movimento degli attori, la loro recitazione aulica e accuratissima, mai affettata, la simultaneità di più azioni in diversi luoghi. Fu un successo incondizionato, una pietra miliare nella storia del teatro e della messinscena. 
Raggiunto la scorsa estate a Pesaro, affaticato dalla dialisi che segnava la sua vita da otto anni, mentre era alle prese con l'"Armida" di Rossini tratta dalla "Gerusalemme liberata" del Tasso, era tornato inevitabilmente con una memoria sempre attivissima a quello spettacolo che ricordava come "una delle esperienze teatrali più forti della mia vita, mentre "Armida" la metterei, invece, tra quelle piacevoli, comunque originali". Ecco, la forza, il piacere e l'originalità hanno contraddistinto tutta e sempre la sua carriera e tutte le sue scelte teatrali - centinaia gli spettacoli allestiti - rigorosissime, moderne, affascinanti, talvolta impossibili.

Centinaia di allestimenti
Per l'arditezza delle messinscene, i testi affrontati, i luoghi prescelti: le sole donne di "Ignorabimus" di Arno Holz al Fabbricone di Prato, dalla durata infinita come per "Gli ultimi giorni dell'umanità" di Karl Kraus al Lingotto di Torino nel 1990, o "Infinities" di John Barrow ai laboratori della Bovisa milanese. Ma gli autori affrontati andavano dalla tragedia greca a Goldoni, da Cecov a Pirandello. E spesso si ritagliava spazio e tempo per il melodramma, che ne ha accompagnato la vita e i sogni. Anche in questo caso con allestimenti arditi e indimenticabili: la scoperta sublime del "Viaggio a Reims" di Rossini nel 1984 a Pesaro, con la piazza che diventa luogo della rappresentazione contemporaneamente al teatro, oppure gli impossibili voli per un "Barbiere di Siviglia" e alla Scala le meraviglie di "Guillaume Tell" oppure le vertiginose prospettive di "Lodoiska" di Cherubini. Un catalogo enorme. Non ha rifiutato anche l'impegno di dirigere teatri e assumersi la responsabilità artistica e morale di seguire e aiutare i giovani, come docente generoso all'Accademia d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma e al Centro Teatrale Santa Cristina di Gubbio, dove risiedeva, conscio che nelle loro mani avrebbe depositato tutta la sua meravigliosa, unica esperienza, e la sua umanità.

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Nella Chiesa e nel mondo



Sud Sudan. Unicef denuncia rapimento di 89 bambini

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Si teme per la sorte di 89 bambini rapiti in Sud Sudan da un gruppo armato che ha assaltato il villaggio di Wau Shilluk vicino a Malakal, capitale dello stato dell'Alto Nilo. La notizia è stata resa nota dall’Unicef, secondo cui i ragazzini di età superiore ai 12 anni sono stati prelevati mentre stavano sostenendo alcuni esami scolastici.

Cercati casa per casa
Testimoni citati dall’agenzia Onu per i minori, riferiscono che uomini armati sono andati a cercare i bambini casa per casa. Al momento non è chiaro a quale gruppo armato attribuire il sequestro di massa e a quale scopo siano stati presi i bambini ma il timore è che possano essere utilizzati come soldati.

Nuovi bambini-soldato
Diverse organizzazioni umanitarie, infatti, accusano le fazioni in guerra nel Paese di reclutare bambini da addestrare e armare. E' di qualche giorno fa la denuncia di "Human Rights Watch", secondo cui, in Sud Sudan militari governativi e ribelli arruolano attivamente i minori nonostante le continue assicurazioni in senso contrario. In questo contesto, stime delle Nazioni Unite parlano oltre 12 mila i bambini soldato reclutati lo scorso anno sia dalle forze governative, che dai ribelli. 

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Nigeria: duro colpo a Boko Haram, esercito riconquista Baga

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Le autorità nigeriane hanno annunciato di aver ripreso il controllo di Baga, città strategica sulle rive del lago Ciad, nel gennaio conquistata dal gruppo islamista di Boko Haram che, secondo alcune fonti, uccise almeno 2.000 persone durante la presa del centro abitato. “Le truppe hanno ripreso Baga dopo una feroce battaglia con i terroristi”, ha detto il portavoce del ministro della difesa nigeriano, secondo il quale "un gran numero di terroristi è annegato nel lago Ciad" mentre cercava di sfuggire ai bombardamenti. L'esercito ha inoltre dovuto neutralizzare circa 1.500 mine poste a difesa della città da parte dei jihadisti. Tuttavia, nel resto della Nigeria non si fermano le violenze di Boko Haram, solo in questa settimana almeno 34 persone sono morte in diversi attacchi del gruppo integralista. (M.G.)

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Usa: 23 morti e radisagi per l’ondata di gelo sul Nord-Est

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Almeno 23 persone hanno perso la vita nell’ultima settimana per l’eccezionale ondata di freddo che ha colpito il nordest degli Stati Uniti. Temperature ben al di sotto dello zero in molte città: a New York si sono toccati i -20 e -29 a Boston. Enormi disagi alla circolazione dei trasporti, con i treni bloccati per ore alla stazione di Manhattan, mentre i venti forti hanno fermato l’attività dei due aeroporti di New York, JFK e La Guardia.

Hudson e Niagara Falls ghiacciati
Sul fiume Hudson è persino entrata in azione una nave rompighiaccio della guardia costiera, per permettere alle imbarcazioni di continuare a navigare lungo il corso d’acqua che attraversa lo Stato di New York per poter portare i rifornimenti a molti centri abitati. Infine, si registra l’incredibile spettacolo delle cascate del Niagara in gran parte ghiacciate. (M.G.) 

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21 cristiani uccisi dall'Is martiri per il calendario copto

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I 21 egiziani uccisi in Libia saranno ricordati come martiri dalla Chiesa copta
Uccisi perché professavano la fede cristiana: così il patriarca della Chiesa copta ortodossa Tawadros II si è espresso a proposito dei 21 egiziani decapitati in Libia dall’Is. I loro nomi, ha annunciato il patriarca, saranno inseriti nel Sinassario, l’equivalente orientale del martirologio romano. Una procedura, spiega il portale Terrasanta.net, che equivale alla canonizzazione nella Chiesa latina. Il martirio di questi 21 fedeli verrà commemorato l’8 di Amshir del calendario copto (il 15 febbraio del calendario gregoriano), che è anche la festa della Presentazione di Gesù al tempio.

Lo Stato egiziano pronto a sostenere i parenti delle vittime
Intanto, l'Egitto si è impegnato a versare alle famiglie delle vittime una pensione mensile di 1.500 sterline egiziane (pari a poco più di 172 euro, tenuto conto che il salario minimo in Egitto è di 1.200 sterline al mese, cioè circa 138 euro). I nomi dei 21 lavoratori egiziani cristiani copti emigrati in Libia sono stati pubblicati dal settimanale Watani, organo di stampa espressione dei copti del Cairo.

I nomi dei 21 cristiani copti uccisi
Ecco come si chiamano i nuovi martiri della Chiesa copta: 1. Milad Makeen Zaky, 2. Abanoub Ayad Attiya, 3. Maged Soliman Shehata, 4. Youssef Shukry Younan, 5. Kyrillos Shukry Fawzy, 6. Bishoy Estefanous Kamel, 7. Samuel Estefanous Kamel, 8. Malak Ibrahim Sinout, 9. Tawadros Youssef Tawadros, 10. Girgis Milad Sinout, 11. Mina Fayez Aziz, 12. Hany Abdel-Messih Saleeb, 13. Bishoy Adel Khalaf, 14. Samuel Alham Wilson, 15. Ezzat Bishri Naseef, 16. Lucas Nagati, 17. Gaber Munir Adly, 18. Essam Baddar Samir, 19. Malak Farag Abram, 20. Sameh Salah Farouq, 21. Un lavoratore ancora senza generalità del villaggio di al-Our. (T.C.)

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Anno Vita consacrata: a Roma Conferenza sulle vocazioni

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Responsabili vocazionali e superiori e superiore religiose da diversi Paesi si ritroveranno dal 23 al 27 febbraio a Roma per partecipare a una Conferenza internazionale sulla pastorale delle vocazioni alla Vita consacrata. L’evento, ospitato dall’’Istituto Maria Santissima Bambina, è organizzato dal "National Religious Vocation Conference di Chicago" (Nrvc), Associazione cattolica statunitense impegnata da 27 anni nel campo della promozione vocazionale, in occasione dell’Anno della Vita Consacrata indetto da Papa Francesco.

Sostegno a vita consacata
Scopo dell’incontro, sponsorizzato dalla Conrad N. Hilton Foundation, è di scambiare esperienze e informazioni, individuare necessità e sfide comuni e quindi possibili collaborazioni in questo ambito. “L’Anno della Vita Consacrata è un’occasione ideale per capire come i vari organismi nazionali impegnati nella promozione vocazionale possono promuovere e sostenere insieme la vita religiosa”, spiega fratel Paul Benarczyk, religioso della Santa Croce e direttore esecutivo del "National Religious Vocation Conference". Tra i partecipanti all’evento padre Henry Lemoncelli, della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica, padre David Kinnear Glenday, segretario generale dell’Unione Superiori generali (USG) e Suor Patricia Murray, segretaria generale dell'Unione Internazionale delle Superiore Generali.(L.Z.)

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Quaresima. Vescovo Hong Kong dedica messaggio alla famiglia

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Un appello a riscoprire i valori della famiglia. A lanciarlo è il cardinale John Tong, vescovo di Hong Kong, in Cina, in una lettera pastorale indirizzata ai fedeli per la Quaresima. Il porporato scrive che oggi egocentrismo ed edonismo “possono facilmente cancellare la presenza di Dio dalla nostra coscienza, confondendo la sua chiamata a farci servitori nella governance/gestione della sua creazione”, così come possono anche “far dimenticare il valore del matrimonio e della famiglia”. E aggiunge che le tentazioni spingono a gonfiarsi d’orgoglio, a non seguire che i soli propri desideri, facendo dimenticare il rispetto che si deve alla vita, cosa che spesso porta all’abuso di droghe, alla dipendenza, alla violenza domestica e alla mancanza di rispetto verso anziani e bambini.

Quaresima, tempo per la famiglia
“Quest’anno – ricorda poi il porporato – il primo giorno della Quaresima coincide con la festa del Nuovo Anno lunare, un giorno particolarmente dedicato alle riunioni di famiglia nella tradizione culturale cinese. I valori della famiglia – prosegue – occupano un posto assai importante nel mondo cinese, come anche nei Vangeli; un posto che dovrebbe essere ugualmente trovato più spesso nella società”. La famiglia ad Hong Kong deve far fronte oggi a numerosi problemi che minacciano di trasformarsi in grandi difficoltà nel futuro, rileva inoltre il porporato che esorta ad evitare tali conseguenze. Da qui, l’invito del cardinale Tong ad agire “cominciando da noi stessi”, perché i valori della famiglia e delle relazioni umane possano essere vivificati”, e a vivere “il matrimonio e la vita di famiglia con amore" trascorrendo "più tempo in famiglia”.

Sacrificio e amore per gli altri per una società migliore
“La società ha bisogno di persone che abbiano più abnegazione – conclude il vescovo di Hong Kong – che sappiano sacrificarsi nelle relazioni con gli altri per amore. Ciò pone tutti di fronte alla sfida di vivere il perdono e l’amore nella vita quotidiana, a casa come a lavoro. E’ risolvendo i problemi e i conflitti che emergono nella nostra società ad Hong Kong che potremo avanzare e andare avanti”. (T.C.)

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Zimbabwe. Appello dei vescovi: non dimenticare gli ammalati

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“Ero malato e mi avete visitato”: parte da un versetto del Vangelo di Matteo. La Lettera pastorale per la Quaresima di mons. Robert Ndlovu, arcivescovo di Harare in Zimbabwe, sottolinea che i quaranta giorni che precedono la Pasqua rappresentano “un periodo di conversione, in cui ci si allontana dal peccato e ci si volge verso Dio” ed è per questo che bisogna pensare “soprattutto ai poveri ed agli abbandonati, a chi è privo dei mezzi basilari di sussistenza e a chi vive come un emarginato nella società e, a volte, anche nella Chiesa”.

La Chiesa non è seconda a nessuno nell’aiutare chi soffre
Di qui, l’invito di mons. Ndlovu a non trascurare gli ammalati: “Conosciamo bene la loro situazione – spiega – e la loro sofferenza è avvertita da tutti. Dobbiamo, perciò, pensare a una risposta da dare loro attraverso le diverse istituzioni e iniziative sanitarie dell’arcidiocesi”. Infatti, prosegue la lettera pastorale, “la cura della salute è sempre stata un aspetto importante della pastorale e della missione della Chiesa”, che “eccelle per quanto riguarda educazione, formazione, e supporto” a tutte le persone coinvolte in questo ambito. Non solo: l’arcivescovo di Harare ricorda che “la Chiesa non è seconda a nessuno” nell’impegno contro le pandemie e nella lotta all’Aids, portata avanti attraverso “l’assistenza ai malati, il sostegno ai bambini rimasti orfani, la sensibilizzazione sul problema e il contributo alla ricerca”.

Aprire il cuore ai bisogni dei malati
“I nostri ospedali – sottolinea il presule – sono un faro che brilla e il nostro personale sanitario rappresenta il volto umano della compassione di Dio così richiesta dagli ammalati”. In Quaresima, dunque, continua il vescovo dello Zimbabwe, è necessario “aprire il cuore ai bisogni dei malati. Il digiuno aiuta a renderci più sensibili, la preghiera contribuisce a porre i sofferenti davanti alla misericordia di Dio, mentre l’elemosina sarà un contributo concreto e tangibile per i bisognosi”.

Collette di Quaresima devolute a strutture sanitarie della Chiesa
Citando, inoltre, il messaggio quaresimale di Papa Francesco, mons. Ndlovu esorta a “non restare indifferenti davanti alla sofferenza dei malati”, contrastando “la globalizzazione dell’indifferenza”. Per questo, il ricavato delle collette di Quaresima sarà devoluto alle strutture sanitarie gestite dalla Chiesa e impiegato per l’acquisto di medicinali, macchinari e per l’avvio di interventi di manutenzione. “Pregare per i malati è di vitale importanza”, conclude l’arcivescovo di Harare, perché la preghiera, “identifica con Gesù” e con il suo aiuto ai sofferenti. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 53

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.