![]() |
![]() |

Sommario del 06/12/2015
- Il Papa all'Angelus: Anno Misericordia per non smettere di convertirsi
- 1000 giorni con Papa Francesco: gli auguri della gente in Piazza San Pietro
- Papa Francesco accende dal Vaticano Presepe e Albero di Natale di Assisi
- Papa a RnS: animare città secolare. Martinez: con la novità dello Spirito
- Kasper: Giubileo della Misericordia per una Chiesa dalle porte aperte
- Terrorismo: 27 morti in Ciad, ucciso in Yemen governatore di Aden
- Siria, un francescano: "È una guerra tra le potenze del mondo"
- In crescita adorazione eucaristica perpetua. Pacini: primavera Giubileo
- Mons. Lorefice a Palermo: fare argine ai poteri di questo mondo
- Un libro di Città Nuova sulle "relazioni che curano"
- Nigeria. Kaigama: Cristianesimo ed Islam sono compatibili
- Belgio. Messa di Natale trasmessa in diretta da un carcere
- Giubileo. Arcivescovo Singapore: misericordia salva il mondo
- “Mercy in Motion”, iniziativa educativa del Jrs per il Giubileo
- Regno Unito. Domenica della Bibbia sul Vangelo della Misericordia
Il Papa all'Angelus: Anno Misericordia per non smettere di convertirsi
Non dobbiamo mai smettere di convertirci, l'Anno Santo della Misericordia serve a questo, ad andare avanti nella strada della salvezza: è quanto ha detto il Papa all'Angelus ai fedeli riuniti in una Piazza San Pietro in cui campeggiano già il Presepe e l'Albero di Natale. Papa Francesco ha poi lanciato un appello per la Conferenza sui cambiamenti climatici a Parigi e ha ricordato il 50.mo anniversario dell'abolizione delle scomuniche reciproche tra cattolici e ortodossi. Il servizio di Sergio Centofanti:
Nella seconda domenica di Avvento risuona il Vangelo in cui Giovanni il Battista, predica «un battesimo di conversione per il perdono dei peccati» (Lc 3,3). Papa Francesco ricorda che la conversione non riguarda solo gli atei ma anche quanti si ritengono già cristiani. Nessuno può dire: sono a posto. Non è vero, sarebbe presunzione, perché "sempre dobbiamo convertirci". Quindi, invita a farsi alcune domande:
“E’ vero che sentiamo come sente Gesù? Per esempio, quando subiamo qualche torto o qualche affronto, riusciamo a reagire senza animosità e a perdonare di cuore chi ci chiede scusa? Quanto difficile è perdonare, eh? Quanto difficile! ‘Me la pagherai!’: quella parola viene da dentro, eh? Quando siamo chiamati a condividere gioie o dolori, sappiamo sinceramente piangere con chi piange e gioire con chi gioisce? Quando dobbiamo esprimere la nostra fede, sappiamo farlo con coraggio e semplicità, senza vergognarci del Vangelo?”.
La voce del Battista – afferma il Papa – “grida ancora negli odierni deserti dell’umanità, che sono le menti chiuse e i cuori duri, e ci provoca a domandarci se effettivamente stiamo percorrendo la strada giusta, vivendo una vita secondo il Vangelo". È un "invito pressante ad aprire il cuore e accogliere la salvezza che Dio ci offre incessantemente, quasi con testardaggine, perché ci vuole tutti liberi dalla schiavitù del peccato". Ma il testo del profeta dilata quella voce, preannunciando che «ogni uomo vedrà la salvezza di Dio»:
"La salvezza è offerta ad ogni uomo, ad ogni popolo, nessuno escluso, a ognuno di noi: nessuno di noi può dire: ‘Io sono santo, io sono perfetto, io già sono salvato’. No. Sempre dobbiamo prendere questa offerta della salvezza, e per questo l’Anno della Misericordia: per andare più avanti in questa strada della salvezza, quella strada che ci ha insegnato Gesù. perché Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati per mezzo di Gesù Cristo, l’unico mediatore (cfr 1 Tm 2,4-6)”.
Per questo occorre “far conoscere Gesù a quanti ancora non lo conoscono”. "Questo - ha aggiunto - non è fare proselitismo. No: è aprire una porta". «D’altra parte – sottolinea il Papa – “se a noi il Signore Gesù ha cambiato la vita” non possiamo non sentire “la passione di farlo conoscere a quanti incontriamo”:
“Se ci guardiamo intorno, troviamo persone che sarebbero disponibili a cominciare o a ricominciare un cammino di fede, se incontrassero dei cristiani innamorati di Gesù. Non dovremmo e non potremmo essere noi quei cristiani? Ma, io vi lascio la domanda: ‘Ma io davvero sono innamorato di Gesù? Sono convinto che Gesù mi offre e mi dà la salvezza? E se sono innamorato, devo farlo conoscere!’. Ma dobbiamo essere coraggiosi: abbassare le montagne dell’orgoglio e della rivalità, riempire i burroni scavati dall’indifferenza e dall’apatia, raddrizzare i sentieri delle nostre pigrizie e dei nostri compromessi”.
Dopo l’Angelus, il Papa ha detto di seguire “con viva attenzione” i lavori della Conferenza sul clima in corso a Parigi, e ha invitato a porsi una domanda: “Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?”:
“Per il bene della casa comune, di tutti noi e delle future generazioni, a Parigi ogni sforzo dovrebbe essere rivolto ad attenuare gli impatti dei cambiamenti climatici e, nello stesso tempo, a contrastare la povertà e far fiorire la dignità umana. Le due scelte vanno insieme: fermare i cambiamenti climatici e contrastare la povertà perché fiorisca la dignità umana. Preghiamo perché lo Spirito Santo illumini quanti sono chiamati a prendere decisioni così importanti e dia loro il coraggio di tenere sempre come criterio di scelta il maggior bene per l’intera famiglia umana”.
Quindi ha ricordato che domani ricorre il cinquantesimo anniversario di un “memorabile evento” tra cattolici e ortodossi: il 7 dicembre 1965, vigilia della conclusione del Concilio Vaticano II, con una Dichiarazione comune di Papa Paolo VI e del Patriarca Ecumenico Atenagora, venivano cancellate dalla memoria le sentenze di scomunica scambiate tra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli nel 1054:
“E’ davvero provvidenziale che quello storico gesto di riconciliazione, che ha creato le condizioni per un nuovo dialogo tra ortodossi e cattolici nell’amore e nella verità, sia ricordato proprio all’inizio del Giubileo della Misericordia. Non c’è autentico cammino verso l’unità senza richiesta di perdono a Dio e tra di noi per il peccato della divisione. Ricordiamo nella nostra preghiera il caro Patriarca Ecumenico Bartolomeo e gli altri Capi delle Chiese Ortodosse, e chiediamo al Signore che le relazioni tra cattolici e ortodossi siano sempre ispirate dall’amore fraterno”.
Il Papa ha poi ricordato che ieri a Chimbote, in Perù, sono stati proclamati beati Michele Tomaszek e Zbigniew Strzałkowski, francescani conventuali, e Alessandro Dordi, sacerdote fidei donum, uccisi in odio alla fede nel 1991:
“La fedeltà di questi martiri nel seguire Gesù dia la forza a tutti noi, ma specialmente ai cristiani perseguitati in diverse parti del mondo, di testimoniare con coraggio il Vangelo”.
Infine, augurando a tutti una buona domenica ha esortato a prepararsi bene per l’inizio dell’Anno della Misericordia.
1000 giorni con Papa Francesco: gli auguri della gente in Piazza San Pietro
Decine di migliaia di fedeli erano presenti questa mattina in Piazza San Pietro per ascoltare l’Angelus del Papa e anche per festeggiare in anticipo i primi 1000 giorni del suo Pontificato che ricorrono proprio l'8 dicembre, inizio del Giubileo della Misericordia. Ascoltiamo i loro auguri raccolti da Marina Tomarro:
R. – Siamo felici che ci sia questo pastore, che veramente ci riempie il cuore con ogni parola che dice!
R. – E’ un momento veramente importante. Abbiamo un Papa che veramente sta a contatto con tutti noi, con la povera gente. Molti suoi gesti devono essere per noi un esempio: anche lo stare con gli ultimi è testimonianza non solo per noi, ma anche per la Chiesa intera. E questo è un esempio che deve farci riflettere. E che Dio lo benedica veramente!
R. – E’ una meraviglia per noi, per tutti gli argentini, di avere un Papa che è molto importante per tutta l’umanità, per tutto quello che fa … Siamo molto emozionati …
R. – Siamo un gruppo proveniente dall’Argentina, dal Santuario di Gesù Misericordioso, e siamo venuti in Italia per il Giubileo della Misericordia. Un saluto di cuore a Papa Francesco: tanti auguri Papa Francisco!
R. – Per me sono proprio mille giorni di misericordia, di amore e di una paternità infinita. Grazie, Papa!
D. – Di questi mille giorni di Pontificato, c’è stato qualche gesto, qualche episodio di Papa Francesco che l’ha colpita particolarmente?
R. – Per me il gesto e anche le parole che mi hanno colpito tanto e che porto nel cuore sono l’invito a uscire, ad andare nelle periferie, quello che continua a ripetere e a indicare a noi cristiani: a vivere questo.
R. – Quello che piace a me è quando Papa Francesco invita noi giovani a non stare alla finestra, ma a vivere attivamente la vita.
D. – Siamo anche alla vigilia del Giubileo della Misericordia: in che modo vi state preparando a vivere questo momento?
R. – Facendo un servizio per l’Unitalsi, perché noi da lunedì siamo in servizio qui, in Vaticano, per l’Anno della Misericordia.
R. – Sarà avere un ulteriore punto di riferimento per cercare di essere migliori, nel nostro piccolo poter aiutare gli altri …
D. – Vedo che avete due bambine: in che modo cercate di spiegare loro che cos’è il Giubileo della Misericordia?
R. – Cerchiamo di insegnare quello che ci hanno insegnato i nostri genitori: di essere tutti più buoni con il nostro prossimo. Credo che questa sia la cosa più importante.
D. – E tu, piccola, che cosa vuoi dire a Papa Francesco?
R. – Tanti auguri, Papa Francesco! Ti voglio bene!
Papa Francesco accende dal Vaticano Presepe e Albero di Natale di Assisi
Sarà Papa Francesco ad accendere, oggi da Roma, l'albero di Natale e il Presepe nella piazza antistante la Basilica Inferiore di San Francesco di Assisi, entrambi dedicati ai migranti. Nella piazza è installata una barca di circa sette metri proveniente da Lampedusa che ha salvato nove tunisini e che rappresenta quanti tentano di attraversare il mare in cerca di un futuro migliore in Europa. Sul significato di questo Presepe ascoltiamo padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, al microfono di Sergio Centofanti:
R. – È un Presepe che ha un significato molto profondo, molto forte: una barca sequestrata agli scafisti che ha trasportato diversi migranti e profughi, nella quale sarà collocata la Natività. Il senso di tutto questo ce lo ha ribadito il custode, padre Mauro Gambetti: si tratta di superare la logica dei confini, per immaginarci in una logica di spazi aperti, dove regna la condivisione, non solo materiale, ma anche culturale e spirituale. Dopo la benedizione del Presepe da parte di mons. Georg Gänswein, con accanto il vescovo di Assisi, le istituzioni, ma soprattutto direi il tesoro della Chiesa - i poveri, trentuno migranti provenienti dal Camerun, dalla Siria, la Nigeria - saranno poi due testimonianze ad interloquire - direi quasi a dialogare – con il momento più atteso della serata, quando alle 18.25 Papa Francesco si collegherà in diretta dal Vaticano con la piazza di Assisi. Sarà un momento molto atteso, dove 100 bambini animeranno con le loro voci, la loro purezza, la loro semplicità, il momento dell’accensione dell’albero. E poi ci saranno le testimonianze di un camerunense e di un marinaio che ha salvato una bambina nata da appena tre giorni.
D. - Per voi che significato ha la presenza di Papa Francesco per questo evento?
R. - È un significato che sottolinea il profondo legame tra San Francesco di Assisi e la Chiesa di Roma, tra San Francesco di Assisi e Papa Francesco. Vorrei quasi che immaginassimo spiritualmente che Papa Francesco sia in dialogo con San Francesco e viceversa. In fondo è come riproporre quell’immagine che già molti di noi hanno avuto modo di vedere: quando Papa Francesco si inginocchiò davanti a San Francesco e i suoi occhi lucidi dissero più di tante nostre povere parole.
D. – Un evento che si situa alla vigilia del Giubileo della Misericordia con San Francesco che voleva mandare tutti in Paradiso, alla Porziuncola…
R. – Sì, c’è una felice coincidenza quest’anno. Il Giubileo della Misericordia si innesta sul Giubileo – direi – della misericordia francescana, a sottolineare come davvero il Signore è provvidente, “cuce” la storia, al di là di quello che noi possiamo pensare e programmare. E quindi è come se San Francesco desse una mano a Papa Francesco, a ribadire con forza quanto oggi sia necessaria la misericordia. E non posso non ricordare le parole di San Francesco di Assisi ai suoi frati, alle persone che guardano a lui con attenzione, agli uomini di buona volontà, ma anche ai non credenti. C’era stato una specie di bisticcio tra alcuni frati; uno di questi frati va da San Francesco e gli chiede: “Ma come mi devo comportare? Cosa devo fare?”. E San Francesco risponde: “Vedi prima di tutto se lui ti chiede di essere perdonato e tu perdonalo. Se poi lui non ti chiede il perdono, sii tu stesso a dirgli se vuole essere perdonato. E se lui rifiuta questo perdono – ed ecco il terzo passaggio, che è quello direi più sorprendente e animato dal cuore di Dio – fai in modo che ogni volta che ti incontri e incroci il tuo sguardo, non vada via senza il tuo perdono”. È come se San Francesco ci dicesse: occhi di misericordia. E il Papa ha detto bene: “Il nome di Dio è misericordia”.
Papa a RnS: animare città secolare. Martinez: con la novità dello Spirito
"Camminare in novità di vita e, resi fecondi dalla preghiera carismatica personale e comunitaria, contribuire con la forza rinnovatrice del Vangelo all'animazione cristiana della città secolare". Questa l’esortazione di Papa Francesco rivolta al Rinnovamento nello Spirito, riunito al Palacongressi di Rimini per la trentanovesima Conferenza degli animatori. Su queste parole ascoltiamo Salvatore Martinez, presidente nazionale del movimento, al microfono di Sergio Centofanti:
R. – Siamo in un cammino: in un cammino di Chiesa. Il Papa ci diceva nel luglio scorso, in occasione della nostra convocazione in Piazza San Pietro: un cammino che si deve esprimere in una novità di vita. E quando si ha a che fare con lo Spirito Santo, tutto è nuovo, incessantemente nuovo o rinnovato e quindi la dimensione della vita nuova nello Spirito ci appartiene, non soltanto nel linguaggio ma proprio nella nostra sensibilità. Ci raduniamo nel nome del Signore ma per sperimentare ogni volta l’originalità del Vangelo, la novità di ciò che lo Spirito costantemente ci suggerisce. E il Papa indica un metodo: è proprio la preghiera comunitaria carismatica, cioè questa preghiera vissuta nello Spirito Santo, mediante lo Spirito come dice il tema di questa conferenza, che è capace di determinare il dinamismo, il cammino, la novità e poi – dice il Papa – la forza: questa forza innovatrice che è la forza della prima comunità cristiana, è la forza del bene dinanzi al male, che è la forza di questi carismi che sono proprio gli attrezzi dello Spirito attraverso i quali noi facciamo vedere l’efficacia del Vangelo.
D. – Il Rinnovamento nello Spirito come si prepara a vivere il Giubileo della Misericordia?
R. – Credo proprio con le parole che il Papa ci consegna nel messaggio: cioè, tutto questo che abbiamo ricordato deve poi avere uno sbocco, e cioè l’animazione cristiana della città secolare, quell’umanesimo cristiano che il Pontefice ha ricordato a Firenze, alle nostre Chiese d’Italia. Insomma, c’è bisogno che la forza dello Spirito si avverta nella storia. Questa inclusione sociale che tanto ci sta a cuore guardando ai poveri, agli ultimi, deve poterci far dire che spiritualmente nessuno dev’essere eslcuso: allora diventa Giubileo, diventa gioia, allora diventa racconto della misericordia. In un intervento dicevo: dobbiamo essere misericordiosi più che “mistericordiosi”, cioè troppo mistero sembra aleggiare introno alla fede. La fede non è un teorema, la fede non è una dottrina astratta: la fede è un’esperienza. E “giubilo” parla di gioia, di qualcosa di estremamente concreto; “misericordia” parla di cuori, di cuori che sono immersi nell’amore di Dio, nella compassione di Dio. Ecco, tutto questo – il Papa dice – dev’essere animazione, e cristiana, cioè alla maniera di Cristo, e deve entrare nella storia. Si apre questa porta della misericordia, questa porta giubilare, e il Rinnovamento non solo non vuole stare nelle retrovie, ma deve davvero segnare in modo importante, significativo – ed è la nostra grande attesa, la nostra grande speranza – questo Giubileo della Misericordia.
D. – Papa Francesco compie mille giorni di Pontificato: cosa sta portando il suo ministero alla Chiesa?
R. – Uno sguardo così profondo, così incarnato, così appassionato, capace di entrare nella vita della gente, che continua a sorprendere. Sorprende i vicini e sorprende i lontani: talvolta disarma, altre volte manda profondamente in crisi strutture di pensiero, strutture organizzative … E in questo non si può non sentire un soffio rinnovatore, riformatore. Lo diceva già Paolo VI, siamo a 50 anni dal Concilio ecumenico Vaticano II: “Sì, potremmo rinnovare tutte le strutture della Chiesa, ma attenzione a non rinnovare l’anima della Chiesa!”. E l’anima è lo Spirito Santo. Come ho avuto modo di dire più volte, anche al Pontefice, quando ne ho avuto la possibilità, il suo è davvero un Pontificato improntato alla libertà dello Spirito e dove c’è libertà questa è libertà libera, quindi una libertà liberante. Gesù è più vicino alla gente, lo si percepisce, lo si avverte nel sentimento, nell’emozione, nella decisione, nella volontà e di tutto questo dobbiamo rendere grazie al Signore perché in questi 50 anni post-conciliari, partendo da Paolo VI, giungendo a Papa Francesco, abbiamo visto in quanti modi lo Spirito sta parlando alla Chiesa, in che modo profondo continua a rinnovarla, a renderla sempre più vicina agli uomini come strumento di salvezza e quante meraviglie ordinariamente, ogni giorno noi possiamo testimoniare, accertare, quindi raccontare. Il Vangelo è vivo, e Papa Francesco ne è una dimostrazione eloquente.
Kasper: Giubileo della Misericordia per una Chiesa dalle porte aperte
“E’ un grave scandalo che oggi la Chiesa sia considerata da molti come non misericordiosa”. Lo afferma il cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei cristiani, alla vigilia dell’apertura dell’Anno Santo della Misericordia che inizierà l’8 dicembre, nella Solennità dell’Immacolata Concezione. Nel 2013 il porporato aveva pubblicato il libro ‘Misericordia: concetto fondamentale del Vangelo – Chiave della vita cristiana’ che il Papa citò nel suo primo Angelus. Sui motivi di questo Giubileo, ascoltiamo il cardinale Kasper al microfono di Fabio Colagrande:
R. – Penso che Papa Francesco abbia considerato la situazione attuale e nel mondo di oggi abbiamo davvero bisogno della misericordia, di un nuovo slancio, di un nuovo inizio: non possiamo continuare così come abbiamo fatto finora, dobbiamo perdonarci gli uni gli altri e soprattutto abbiamo bisogno del perdono di Dio e della misericordia di Dio. Tutti noi siamo peccatori, ma dobbiamo ricominciare daccapo e penso che l’iniziativa del Papa di annunciare quest’Anno Santo della Misericordia sia veramente un atto profetico, che corrisponde al bisogno del nostro tempo.
D. – Nella Bolla di indizione, il Papa afferma che la Chiesa ha perso molta credibilità perché non ha saputo praticare la misericordia…
R. – Spesso abbiamo parlato di un Dio che punisce o di un Dio che minaccia, di un Dio della vendetta. Tutto ciò è anche nell’Antico Testamento ma non esiste in Gesù; e noi dobbiamo partire da Gesù che è il volto di Dio, il volto di un Dio misericordioso e perciò dobbiamo parlare in modo nuovo di un Dio che accoglie, di un Dio che ascolta, di un Dio che vede la miseria dell’uomo, che ci accompagna. E penso che questo Dio possa avere davvero un’attrattiva nuova per l’uomo di oggi.
D. – Lei ha usato un’espressione molto bella: “La mistica della misericordia è la mistica degli occhi aperti”: che vuol dire?
R. – Vuol dire occhi aperti per vedere la miseria dell’altro, per i bisogni che oggi cambiano molto velocemente; occhi aperti per vedere nell’altro il volto di Gesù Cristo che ha detto: ‘Quello che avete fatto all’altro, lo avete fatto a me’. Questi occhi aperti sono quindi una vera mistica nuova o rinnovata: è la mistica del Buon Samaritano e Papa Paolo VI, non a caso, alla fine del Concilio ha detto: “La spiritualità del Concilio Vaticano II è quella del Buon Samaritano”.
D. – Potremmo dire che senza misericordia non c’è futuro?
R. – Senza misericordia restiamo sempre nel circolo vizioso della vendetta, delle ingiustizie. Dobbiamo invece dire “basta”, ricominciare daccapo, insieme: abbiamo un futuro solo se saremo uniti, non avremo un futuro se l’uno sarà contro l’altro. Perciò la misericordia è anche la forza che ci porta nel futuro e allo stesso tempo è un dono di Dio, perché ci vuole una certa “nobiltà” per applicare la misericordia: questo è un dono di Dio, un dono per il futuro del mondo di oggi.
D. – Dal punto di vista ecclesiologico, la misericordia può essere un elemento per dare una nuova forma alla Chiesa?
R. – Sì, la Chiesa è segno e strumento della grazia e anche della misericordia di Dio. Ma può essere segno e strumento della misericordia soltanto se essa stessa è plasmata dalla misericordia. E penso che sia un grande scandalo che la Chiesa sia considerata da molti, al suo esterno, come non misericordiosa. Questo aspetto la Chiesa lo deve cambiare, deve diventare – come dice il Papa – una Chiesa dalle porte aperte e dalle finestre aperte, una Chiesa in uscita che va alle periferie, e non una fortezza chiusa.
Terrorismo: 27 morti in Ciad, ucciso in Yemen governatore di Aden
Nelle ultime 24 ore due attacchi terroristici di matrice islamista hanno colpito Africa e Medio Oriente. In Ciad quattro donne kamikaze legate a Boko Haram hanno ucciso almeno 27 persone, mentre in Yemen lo Stato Islamico ha rivendicato l’assassinio del governatore della regione di Aden. Il servizio di Michele Raviart:
Le quattro donne hanno colpito tre luoghi differenti del mercato di Koulfoua, città che si trova in una delle isole del lago Ciad, dove gli islamisti di Boko Haram provenienti dalla Nigeria e dai Paesi limitrofi hanno trovato rifugio. Una trentina le persone uccise e oltre un centinaio quelle ferite, in un’area che dal 9 novembre si trova in stato d’emergenza per la presenza dei jihadisti, costretti alla ritirata dalle operazioni militari degli Stati della regione. Boko Haram, che negli ultimi sei anni ha causato oltre 20mila vittime, è alleato dallo scorso marzo con lo Stato islamico che questa mattina ad Aden, nello Yemen meridionale, ha ucciso il governatore della città, Jafaar Mohammed Saad. Insieme con lui sono morti per l’esplosione di un’autobomba anche sei membri dello staff che stavano attraversando il quartiere di Tawahi, roccaforte degli islamisti. Ad Aden, seconda città del Paese, si trova il presidente Mansour Hadi, in guerra da otto mesi con i ribelli sciiti Houti. Ieri era stata fissata la data per i colloqui di pace voluti dalle Nazioni Unite ed era stato ucciso nella stessa Aden anche il presidente della Corte d’appello per la sicurezza dello Stato.
Siria, un francescano: "È una guerra tra le potenze del mondo"
Momenti di panico ieri nella metro di Londra. Un uomo ha tentato di tagliare la gola a una persona e ne ha attaccate altre urlando: "Questo è per il sangue che state spargendo in Siria". L'aggressore è stato fermato e arrestato. Intanto, continuano i raid britannici contro obiettivi del sedicente Stato islamico in territorio siriano. Sono previsti un minimo di 5 bombardamenti aerei ogni 24 ore per almeno 6 giorni. Da parte sua, il presidente Assad ha definito in un’intervista al Sunday Times l’intervento del Regno Unito “illegale” e utile solamente a diffondere il “cancro” del terrorismo. Sul terreno, i ribelli turcomanni hanno strappato alle milizie jihadiste tre villaggi sul confine con la Turchia. Ad Aleppo proseguono scontri tra opposte fazioni. La città siriana è ormai da anni un campo di battaglia con la popolazione civile ostaggio dei combattenti. La zona occidentale è controllata in parte dalle truppe di Assad, mentre la zona orientale è occupata dagli islamisti di al Nusra. Nella zona settentrionale ci sono i miliziani di etnia curdo-siriana e le aeree vicine sono occupate dai jihadisti dell’Is. La situazione dei civili è tragica. Quali i bisogni più immediati? Eugenio Murrali lo ha chiesto a padre Firas Lutfi, frate francescano di Aleppo:
R. – Lì c’è un bisogno estremo, non solo di generi primari, cioè di acqua, pane, di elettricità, ma anche di sicurezza.
D. – Come si può raggiungere questo dono della pace in Siria, secondo lei?
R. – Sicuramente non è una guerra civile, perché sono entrati in campo anche jihadisti da oltre 60 nazioni di tutto il mondo. Tutte le guerre sono assurde, ma questa ha molti colori e molte componenti e molti interessi, purtroppo anche a livello internazionale: è come se le grandi potenze mondiali stessero facendo la guerra non a casa propria, ma sul terreno siriano. E questo peggiora le cose. In più, ci sono anche gli interessi di qualche Paese limitrofo. La pace si può e si deve fare. Ma, come dice spesso Papa Francesco, la pace va costruita: bisogna esserne artefici. La prima cosa, secondo me, è un impegno chiaro della comunità internazionale per fermare il flusso di armi. In secondo luogo è opportuno impedire la compravendita del petrolio grazie a cui l’Is, il gruppo fondamentalista più terrificante al mondo, acquisisce denaro, compra armi e quindi, in ultima analisi, uccide il popolo siriano. Terza cosa – e questo spetta alle istituzioni – una volta fermata la macchina della guerra, deve iniziare il processo della cultura, cioè l’istruzione: la cultura di pacificazione, di incontro, di abbattimento delle barriere che purtroppo sono state costruite in questi cinque anni. È importante anche l'aspetto religioso: siccome questi jihadisti uccidono in nome di Dio, c’è bisogno di una catechesi che restituisca – se è corretto esprimerlo così – l’immagine del vero Dio, del Dio della pace, del Dio della misericordia, del Dio che ama, che è Padre di tutti.
D. – Quali saranno i suoi prossimi impegni?
R. – Mi hanno affidato il compito di essere superiore in una casa: un ex-collegio, che adesso è diventato un luogo di accoglienza per tutti. Per esempio, abbiamo accolto, dopo i bombardamenti di una casa di ricovero della Società di San Vincenzo de’ Paoli, 50 malati anziani. E poi è una casa aperta a tutte le attività di Aleppo. Per fortuna, in questo spazio di cui sono responsabile c’è un po’ di sicurezza, per cui tutti i cristiani, soprattutto i bambini, vanno a giocare lì: abbiamo tantissimi campi, una grande struttura. Tanti, per esempio, fanno una sosta, prendono un po’ di distacco dalla guerra, fanno una giornata di esercizi spirituali. In più, devo andare nella parrocchia e dare una mano, non solo nelle celebrazioni eucaristiche e nei sacramenti, ma soprattutto nel servizio della carità verso i più poveri. E direi che sono la stragrande maggioranza della popolazione siriana.
In crescita adorazione eucaristica perpetua. Pacini: primavera Giubileo
In occasione del Giubileo della Misercordia si sta sempre più diffondendo nelle parrocchie italiane l’adorazione eucaristica perpetua. Già da circa 10 anni è attivo un sito, www.adorazioneperpetua.it, che collega in rete tutta l’Italia, rendendo possibile un’opera di evangelizzazione che ha portato alla nascita di oltre 80 adorazioni perpetue in tutte le regioni. Alessandro Filippelli ha intervistato don Alberto Pacini, rettore della Basilica di Sant’Anastasia a Roma, che da cinque anni è luogo di adorazione eucaristica perpetua:
R. – Il Papa ci sta dicendo che abbiamo bisogno del “polmone della preghiera” per dare un senso al nostro agire. Questo ce lo ha detto nella Evangelii Gaudium, ma ce lo sta ripetendo anche oggi, invitandoci ad essere concreti, non solo nella testimonianza, nell’annuncio, uscendo fuori dalle nostre Chiese, ma anche nella carità, nelle opere di misericordia corporale e spirituale. E una di queste opere sarà precisamente quella di rendere le nostre chiese luoghi accoglienti per la preghiera, luoghi non solo aperti, luoghi nei quali chi si trova naufrago in queste nostre città e in questo mondo possa trovare accoglienza, amore, misericordia. Facendo propria l’iniziativa della proposta di adorazione perpetua, il cardinale Vallini ci ha invitato per questo Giubileo a far nascere in tutte le prefetture di Roma, 36 prefetture, almeno una adorazione eucaristica perpetua. Questo dando seguito all’iniziativa che avemmo nel 2007 e che il Papa approvò - allora Papa Benedetto - di avere una adorazione perpetua per ognuno dei cinque settori di Roma.
D. – Fu San Giovanni Paolo II che in occasione del Giubileo del 2000 chiese di trasformare le comunità cristiane in vere scuole di preghiera. Lei è stato uno dei primi a rispondere a quell’invito…
R. – Quando il Papa disse “prendete il largo”, noi ci siamo fidati di questa parola e abbiamo gettato le reti. Cosicché il 2 marzo del 2001 a Roma, prima fra tutte le chiese di Roma e di tutte le parrocchie in Italia, abbiamo aperto l’adorazione eucaristica perpetua. Con questo non vogliamo dire che fosse la prima in assoluto, ma che fosse la prima fra le chiese con un’iniziativa aperta ai laici e al popolo di Dio.
D. – Com’è possibile avvicinare chi non frequenta i sacramenti all’adorazione perpetua?
R. – Chi non frequenta i sacramenti molto spesso è attratto proprio da quel silenzio orante, quel silenzio meditativo, e pian piano in maniera sorprendente si avvicina ai sacramenti proprio da questa esperienza, da questa proposta di preghiera silenziosa.
D. – Quali sono i frutti di questa importante e decisiva devozione?
R. – Io non la chiamerei devozione, la chiamerei piuttosto prosecuzione di quella che è la celebrazione eucaristica. Infatti, non vogliamo creare una dicotomia tra celebrazione e poi, diversamente, adorazione, ma piuttosto creare quell’ambiente orante nella celebrazione che poi si prolunga nell’adorazione.
D. – Lei ha parlato molto delle iniziative appunto in Italia, ma qual è la situazione negli altri Paesi oltre l’Italia, quindi nel mondo?
R. – Nelle Filippine tutte le parrocchie hanno l’adorazione eucaristica o perpetua o quotidiana e hanno la cappella apposta per questo. Negli Stati Uniti sono migliaia le parrocchie in tutto il Paese che hanno l’adorazione eucaristica perpetua. E in tutto il resto del mondo si contano più di novemila adorazioni eucaristiche perpetue, un po’ in tutti in continenti. Quindi è davvero quella che chiamava Papa Benedetto “una nuova primavera dell’Eucaristia”.
Mons. Lorefice a Palermo: fare argine ai poteri di questo mondo
Un’icona di Nostra Signora della Chiesa di Damasco. E’ uno dei doni giunti al neo arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, che ultimamente si è recato in Siria dopo aver visitato l’Africa, l’America Latina e il Medio Oriente. Dopo il gioioso e commosso insediamento di ieri in Cattedrale, dove mons. Lorefice ha abbracciato l’imam di Palermo, oggi la prima Santa Messa con i detenuti al carcere dell’Ucciardone e nel pomeriggio la visita ai monasteri della città. Il servizio da Palermo di Alessandra Zaffiro:
Una città in festa ha accolto il nuovo arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice. Tra palloncini e striscioni colorati, selfie e cori di benvenuto, migliaia di fedeli hanno abbracciato con tanto calore e speranza il sacerdote di Modica, scelto da Papa Francesco alla guida della Chiesa palermitana. Dopo il saluto alla città, in una Cattedrale gremita, mons. Lorefice è stato ordinato vescovo per l’imposizione delle mani del cardinale di Palermo, Paolo Romeo, dei vescovi conconsacranti di Noto, Antonio Staglianò, di Mariana in Corsica, Paolo De Nicolò, e dei tanti vescovi siciliani intervenuti alla solenne liturgia alla quale hanno preso parte le autorità locali e i rappresentanti delle varie confessioni religiose.
“Vi ho dato l’esempio, affinché come ho fatto io, facciate anche voi”. E’ il motto dello stemma scelto dal nuovo arcivescovo di Palermo nel quale è stato impresso 3P per ricordare il Beato Pino Puglisi, che così gli amici amavano chiamare, ma che rimandano al Pane eucaristico, alla Parola di Dio e ai Poveri. “La mafia è opera di gente che ha perso di vista il volto dell’altro… La vita di costoro va verso il nulla, gettata nell’abisso dell’odio”, ha detto nel discorso rivolto ai fedeli, mons. Corrado Lorefice, ricordando i martiri della mafia e “gli eroi umili delle loro scorte”, senza dimenticare l’attenzione ai più bisognosi:
“Penso alle famiglie economicamente, affettivamente e spiritualmente più disagiate, a chi è tenuto ai margini, a chi non è nemmeno considerato, ai bambini, agli anziani, agli ammalati, agli ospiti degli istituti penitenziari, alle donne violate, a chi fugge dalle guerre e dalla fame, a chi piange, a chi non ha nessuno, a chi soffre e dà la vita per la pace e la giustizia. E questo comporta per me fare argine completamente, con forza, insieme con voi e con tutto me stesso, ai poteri di questo mondo che vogliono annientare la dignità e la bellezza del nostro essere uomini”.
Un libro di Città Nuova sulle "relazioni che curano"
In occasione di un recente Convegno a Roma sul tema: “Le relazioni che curano”, è stato presentato il libro di Tamara Pastorelli: “L’estate di Agnese”, edito da Città Nuova. Il racconto ha per protagonista una bambina, Agnese, che viene affidata alla zia per permettere alla mamma di riprendersi dalla depressione di cui soffre dopo la nascita del fratellino. Al centro della narrazione, corredata da un saggio di Chiara Gambino, psicoterapeuta e mediatrice familiare, adulti capaci di instaurare rapporti sani. Al microfono di Adriana Masotti sentiamo Tamara Pastorelli:
R. – Volevo raccontare questa possibilità che sempre si ha di rinascere, di guarire, di ricominciare. Ed è qualcosa che vale nel libro sia per Agnese che per la zia Caterina: entrambe infatti si ritrovano a dover cominciare daccapo nella loro vita.
D. – Nel racconto, ad un certo punto, si parla di una teoria fisica, quella dei vasi comunicanti: che cosa c’entrano?
R. – La zia ricorre ad una teoria, è un gioco che lei ed Agnese fanno, per dare speranza a questa bambina. La zia le dice, appunto, che il bene che lei fa, si trasferisce in qualche modo anche agli altri, come succede con l’acqua, con l’acqua che viene inserita all’interno di un vaso comunicante con un altro: alla fine l’acqua si distribuirà nei due vasi in maniera equa. La bambina impara così a capire che il bene che lei fa, si distribuisce in qualche modo, perché siamo tutti legati.
D. – Accanto alla narrazione c’è la parola dell’esperto - in questo caso di Chiara Gambino, una psicoterapeuta e mediatrice familiare - per dare dei suggerimenti agli adulti che hanno a che fare con i piccoli…
R. – Sì, questo piccolo saggio è importante, perché aiuta un po’ le persone che leggeranno il libro a rendersi conto di quanto certe relazioni anche marginali rispetto a quelle che sono le relazioni genitoriali – mi viene in mente uno zio, ma può essere un amico di famiglia, può essere un nonno… – alcune volte possano essere importanti per la crescita; quanto le relazioni sane possano curare certe ferite, spesso create anche involontariamente dai genitori stessi. Ne “L’estate di Agnese” saranno proprio delle persone completamente estranee alla vita di questa bambina a ridarle un po’ quell’ambiente, quella realtà familiare che a lei serviva per sentirsi al sicuro, per poter rimettersi in piedi e ricominciare a camminare.
D. – “L’estate di Agnese” fa parte di un progetto editoriale chiamato “Passaparola”, un progetto di Città Nuova. Di che cosa si tratta e a chi si rivolge?
R. – Si rivolge un po’ a tutti, perché in qualche modo tutti facciamo parte di una famiglia. Si tratta di libri caratterizzati da due parti – la prima parte è una narrazione, con un racconto lungo in genere, e la seconda è un saggio di uno psicoterapeuta, di un esperto – libri dedicati alla famiglia e alle problematiche che una famiglia si può trovare a dover fronteggiare nella propria storia: quindi l’anoressia di una figlia o le problematiche del fine vita, una malattia, problemi con i figli o anche un tradimento…
D. – Dicevamo le relazioni: anche al di là dell’ambito familiare ci rendiamo conto che oggi più che mai, di fronte a tanto odio, tanta violenza e solitudine, nonostante i mezzi di comunicazione si siano moltiplicati, quanto contino i rapporti umani…
R. – Sono fondamentali! Sono fondamentali per accompagnare la crescita dei bambini, ma sono fondamentali per tutti.
D. – Quindi anche a livelli più ampi, tra culture e religioni: il Gruppo di Città Nuova che si rifà al Movimento dei Focolari, lancia continuamente l’appello a creare ponti, legami, a non chiudersi di fronte all’altro…
D. – Sì, assolutamente. Perché l’altro non può spaventare. Spesso ci sono dei confini che mettiamo noi stessi nell’incontro con l’altro, confini che spesso sono anche parte della nostra formazione, del nostro modo di pensare. Però se facciamo questo sforzo di far cadere i confini, di far cadere i muri, ecco che ci troviamo di fronte ad una “meraviglia”, che è l’altro. Diceva Lévinas che l’altro è la persona che mi permette di incontrare Dio. Quindi, quella che abbiamo, è una bella possibilità!
Nigeria. Kaigama: Cristianesimo ed Islam sono compatibili
“La coesistenza pacifica tra cristiani e musulmani in Africa non solo è possibile, ma è una realtà, senza che una religione sia in grado di eliminare l’altra”: è quanto ha detto nei giorni scorsi mons. Ignatius Kaigama, presidente della Conferenza episcopale della Nigeria, intervenendo ad un convegno negli Stati Uniti. Intitolato “Dialogo musulmano-cattolico: prospettive, possibilità e sfide”, l’evento si è tenuto a Chicago, presso la DePaul University, su iniziativa del Centro per il Cattolicesimo mondiale e la teologia interculturale dell’ateneo.
Cristianesimo ed Islam uniti in nome della pace
“Cristianesimo ed Islam – ha sottolineato in particolare mons. Kaigama – non devono essere incompatibili, poiché “i fedeli di entrambe queste religioni” devono utilizzare “la parola pace”. “Si tratta sempre di pace, mai di guerra – ha ribadito il presule nigeriano – Il dialogo tra questi due gruppi è possibile” perché “non c’è ragione perché essi non possano coesistere”.
Non rispondere alla violenza con la violenza
Evidenziando, quindi, come “molti conflitti non abbiano a che fare davvero con la religione, bensì con questioni tribali, etniche, culturali o con il secolarismo, la povertà e la carenza di risorse”, mons. Kaigama ha messo comunque in guardia i credenti dal ritenere ciascuno il proprio metodo come il migliore, senza confrontarsi con gli altri. Di qui, l’appello conclusivo del presule ai leader sia cristiani che musulmani affinché “facciano in modo di non incoraggiare la violenza, specialmente in risposta alla violenza”. (I.P.)
Belgio. Messa di Natale trasmessa in diretta da un carcere
Per la prima volta, il prossimo 25 dicembre, la Messa di Natale sarà trasmessa, in diretta ed in eurovisione, da un carcere: quello di Marche, in Belgio. Lo rende noto Cathobe, l’agenzia informativa dei vescovi cattolici del Paese. L’organizzazione tecnica dell’evento sarà resa possibile grazie all’emittente Rtbf, (Radio Televisione belga francofona) che invierà il segnale in diretta anche in Africa. Per permettere di posizionare le telecamere, la celebrazione si terrà nella palestra del carcere, dove verrà allestito anche il presepe.
Dare più umanità al carcere, per vivere la misericordia
L’obiettivo, spiega padre Fernand Stréber, cappellano del centro di reclusione, è quello di far sì che “in prigione ci sia più umanità possibile, fattore indispensabile affinché i detenuti possano reinserirsi” nella società. “Essi sono in carcere per scontare una pena – spiega il cappellano – non per subire umiliazioni. Ed autorizzando le telecamere per la Messa di Natale si dà, all’edificio carcerario, una dimensione umana”. La celebrazione sarà animata da una piccola corale formata da alcuni detenuti, mentre due di essi suoneranno, rispettivamente, la chitarra ed il flauto. “Questo – aggiunge padre Stréber – è davvero un bel modo di vivere la misericordia”, proprio durante il Giubileo straordinario indetto dal Papa.
Necessaria autorizzazione per riprendere i detenuti
La diretta televisiva sarà introdotta da un breve filmato descrittivo del carcere, affinché i telespettatori possano comprendere al meglio la particolarità del luogo in cui verrà celebrato il Santo Natale. Infine, una specifica liberatoria verrà sottoscritta dai detenuti che parteciperanno alla Messa, così da permettere le riprese televisive. (I.P.)
Giubileo. Arcivescovo Singapore: misericordia salva il mondo
“Quello di cui il mondo di oggi ha più bisogno, più di ogni altra epoca nella storia, è proprio della misericordia. In un mondo dominato da scienza e tecnologia, non vi è spazio sufficiente per la misericordia”. E questo “emerge con sempre maggior forza dalla violenta distruzione della vita umana e del suo habitat”. È quanto scrive l’arcivescovo di Singapore, mons. William Goh Seng Chye, nella lettera pastorale inviata ai fedeli in occasione del Giubileo della Misericordia che avrà inizio l’8 dicembre.
Chiesa sia esempio di misericordia, mostrando compassione e comprensione
La missiva – ripresa dall’agenzia Asianews - sottolinea che “molti atti di terrorismo sono commessi nel nome di Dio e dell’amore” e che “l’aborto di feti” e “l’eutanasia” di anziani e malati vengono praticati perché “le persone sono valutate in base alla loro utilità”. Mons. Goh ricorda, poi, che “la Chiesa, come esempio della misericordia di Cristo, deve andare incontro” alle persone in difficoltà “mostrando loro compassione e comprensione”.
Rilanciare la centralità del Vangelo, andando incontro agli emarginati
Alla luce dell’Anno giubilare, dunque, prosegue l’arcivescovo di Singapore, è necessario unirsi “a Papa Francesco nel rilanciare la centralità del Vangelo della misericordia” e andare incontro agli emarginati, agli ultimi, agli emarginati dalla società. In questo senso, avverte il presule, è importante avere “un approccio pastorale che aiuti le persone a sperimentare l’ideale dell’amore perfetto e mostrare compassione quando esse sbagliano, nonostante le buone intenzioni”.
Essere misericordiosi significa essere consapevoli dei propri peccati
Tra le cause che portano ad una mancanza di misericordia, mons. Goh indica “l’ira irrisolta e nascosta”, unita al “risentimento” racchiuso “nei nostri cuori”, così come “egoismo, egocentrismo e schiavitù nei confronti dei piaceri del mondo”, frutto di “invidia, accidia, avarizia, gola e lussuria” attraverso i quali vogliamo “soddisfare i piaceri personali”. In questo contesto di “individualismo, materialismo e consumismo”, quindi, essere misericordiosi vuol dire “essere consapevoli dei propri peccati, delle proprie mancanze, del bisogno di completezza, di amore e di perdono”. Ma significa anche “ricevere per primi la misericordia di Dio” contemplandola “in Gesù Cristo”, guardando alla Croce ed all’Eucaristia, recitando il Rosario, fonti di “grande aiuto”.
Confessarsi almeno una volta al mese
Di qui l’invito dell’arcivescovo di Singapore affinché, durante il Giubileo, “i cattolici si impegnino in pellegrinaggi di preghiera” fra le parrocchie della città e, in particolare, visitando “la Chiesa della Divina Misericordia”. “Accostatevi al sacramento della confessione almeno una volta al mese – scrive il presule - e partecipate alla Messa una volta alla settimana, oltre alle funzioni domenicali e festive”.
A Singapore, cattolici pari al 5 per cento della popolazione
Infine, qualche dato statistico: a Singapore i cattolici sono oltre 200mila, pari al 5 per cento circa della popolazione; fra le religioni, la più diffusa è il buddismo con il 43 per cento; seguono i cristiani con il 18 per cento del totale, i musulmani pari al 15 per cento. Anche l’induismo ed il taoismo sono rappresentati, rispettivamente con l’11 ed il 5 per cento. (I.P.)
“Mercy in Motion”, iniziativa educativa del Jrs per il Giubileo
“La misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta”. A queste parole di Papa Francesco nella “Misericordiae vultus” si ispira “Putting Mercy in Motion” (“Mettiamo in moto la Misericordia”), la nuova iniziativa di “Educazione Globale”, a favore dei bambini e dei giovani rifugiati promossa dal Jesuit Refugee Service (Jrs) durante il Giubileo della Misericordia.
Obiettivo aiutare altri 100 mila bambini e giovani rifugiati ad andare a scuola
L’8 dicembre, in occasione dell’apertura della Porta Santa, l'organizzazione della Compagnia di Gesù che da 35 anni assiste e difende i diritti dei rifugiati e degli sfollati, soprattutto nel campo dell’educazione, lancerà una speciale campagna di raccolta fondi per la nuova iniziativa. L’obiettivo è di aiutare altri 100mila bambini e giovani rifugiati ad andare a scuola.
L’accesso a un’educazione di qualità un diritto negato a tanti rifugiati
Sono loro, infatti, i più vulnerabili tra i vulnerabili, i destinatari del progetto che ha ricevuto il forte incoraggiamento e apprezzamento di Papa Francesco lo scorso 14 novembre, in occasione dell’udienza al personale e ai benefattori del Jrs. “Dare ai bambini un banco di scuola è il regalo più bello che possiate fare. Per bambini costretti ad emigrare le scuole sono spazi di libertà”, aveva detto Francesco, ricordando come l’accesso a un’educazione di qualità sia ancora molto limitato per tanti giovani rifugiati. Basti pensare che solo il 36 per cento dei minori rifugiati frequenta la scuola secondaria e meno dell’1 per cento riesce ad accedere all’educazione superiore.
Mobilitarsi per coloro che sono in mobilità
Forti quindi dell’incoraggiamento del Santo Padre, le squadre del Jrs nelle città e nei campi profughi nel mondo potenzieranno i loro programmi educativi, dall’istruzione primaria a quella universitaria per aiutarli a realizzare il massimo del loro potenziale e dare loro un futuro, nello spirito del prossimo Giubileo straordinario. Come evidenziato da padre Thomas Smolich, Direttore di Jrs International, occorre “dimostrare misericordia verso chi è in balia di forze come la guerra, le calamità naturali o i governi che sono fuori dal nostro controllo, bisogna mobilitarsi per coloro che sono in mobilità”
Conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa il 10 dicembre
L’iniziativa sarà illustrata nei dettagli, giovedì 10 dicembre a una conferenza stampa presso la Sala Marconi della Radio Vaticana. Interverranno padre Smolich, Amaya Valcárcel, responsabile dell’advocacy dell’organizzazione; la coordinatrice di Jrs Italia Donatella Parisi; Aweis Ahmed, rifugiato dalla Somalia e Samer Afisa, rifugiato siriano. (L.Z.)
Regno Unito. Domenica della Bibbia sul Vangelo della Misericordia
“Abbracciare il Vangelo della misericordia”: questo il tema dell’edizione 2015 della “Domenica della Bibbia”, organizzata ogni anno dalla Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, in occasione della seconda domenica di Avvento. L’iniziativa, che quest’anno ricorre oggi, 6 dicembre, vuole offrire a ciascun fedele “l’opportunità di rendere grazie per il dono della Bibbia”, affinché tutti siano “invitati ad approfondire la comprensione del messaggio” che emerge dalle Sacre Scritture.
Portare ad ogni persona la bontà e la tenerezza di Dio
“La celebrazione di tale Domenica – spiega una nota della Conferenza episcopale – quest’anno avverrà proprio qualche giorno prima che Papa Francesco inauguri ufficialmente il Giubileo straordinario della misericordia”, che avrà inizio l’8 dicembre. In particolare, i vescovi inglesi sottolineano il desiderio del Pontefice affinché si possa “andare incontro ad ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio! A tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio già presente in mezzo a noi” (Bolla di indizione del Giubileo, n. 5).
Leggere il Vangelo di Luca
Per questo, la Conferenza episcopale inglese ribadisce che proprio “attraverso la Bibbia credenti e non credenti possono giungere al balsamo della misericordia”. Di qui, l’invito a fare due cose, durante la domenica 6 dicembre: “leggere il Vangelo di Luca, noto anche come ‘il Vangelo della misericordia’; dopo averlo letto, donarlo a qualcun altro, anche se non è un cristiano”.
Rendere grazie ogni giorno per la Parola di Dio
Infine, i presuli invitano i fedeli a riflettere su come, a livello parrocchiale, personale e familiare, possa “rendere grazie, quotidianamente ed in modo nuovo, al dono della Parola di Dio”. (I.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 340