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Sommario del 30/09/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: evitare lamentele da teatro, pregare per chi soffre davvero

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Anche il lamento, in momenti bui, diventa preghiera ma guardiamoci dalle “lamentele da teatro”. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Papa ha preso spunto da un passo del Libro di Giobbe, contenuto nella Prima Lettura. Quindi, ha ricordato chi vive “grandi tragedie” come i cristiani cacciati dalle loro case per la propria fede. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Giobbe maledice il giorno in cui è nato, la sua preghiera appare come una maledizione. Papa Francesco ha incentrato la sua omelia sulla Prima Lettura che ci mostra Giobbe maledire la sua vita. “E’ stato messo alla prova – ha rammentato il Papa – ha perso tutta la famiglia, ha perso tutti i beni, ha perso la salute e tutto il suo corpo è diventato una piaga, una piaga schifosa”. In quel momento, ha sottolineato Francesco, “è finita la pazienza e lui dice queste cose. Sono brutte! Ma lui sempre era abituato a parlare con la verità e questa è la verità che lui sente in quel momento”. Anche Geremia, ha rammentato, “usa quasi le stesse parole: ‘Maledetto il giorno che nacqui!’”. “Ma questo uomo bestemmia? Questa è la mia domanda – si è chiesto Francesco – quest’uomo che sta solo, così, in questo, bestemmia?”

“Gesù, quando si lamenta – ‘Padre, perché mi ha abbandonato!’ - bestemmia? Il mistero è questo. Tante volte io ho sentito persone che stanno vivendo situazioni difficili, dolorose, che hanno perso tanto o si sentono sole e abbandonate e vengono a lamentarsi e fanno queste domande: perché? Perché? Si ribellano contro Dio. E io dico: ‘Continua a pregare così, perché anche questa è una preghiera’. Era una preghiera quando Gesù ha detto a suo Padre: ‘Perché mi ha abbandonato!’”.

E’ una “preghiera quella che fa Giobbe qui. Perché, ha evidenziato, pregare è diventare in verità davanti a Dio. E Giobbe non poteva pregare altrimenti”. “Si prega con la realtà – ha soggiunto – la vera preghiera viene dal cuore, dal momento che uno vive”. “E’ la preghiera nei momenti del buio, nei momenti della vita – ha detto il Papa – dove non c’è speranza, non si vede l’orizzonte”:

“E tanta gente, tanta oggi, è nella situazione di Giobbe. Tanta gente buona, come Giobbe, non capisce cosa le è accaduto, perché è così. Tanti fratelli e sorelle che non hanno speranza. Pensiamo alle tragedie, alle grandi tragedie, per esempio questi fratelli nostri che per essere cristiani sono cacciati via dalla loro casa e rimangono senza niente: ‘Ma, Signore, io ho creduto in te. Perché? Credere in Te è una maledizione, Signore?’”.

“Pensiamo agli anziani lasciati da parte – ha proseguito – pensiamo agli ammalati, a tanta gente sola, negli ospedali”. Per tutta questa gente, e “anche per noi quando andiamo nel cammino del buio – ha assicurato – la Chiesa prega. La Chiesa prega! E prende su di sé questo dolore e prega”. E noi, “senza malattie, senza fame, senza bisogni importanti – ha ammonito – quando abbiamo un po’ di buio nell’anima, ci crediamo di essere martiri e smettiamo di pregare”. E c’è chi dice: “Mi sono arrabbiato con Dio, non vado più a Messa!”. “Ma perché?”, chiede il Papa. “Per una cosina piccolina”, è la risposta. Francesco ha così rammentato che Santa Teresa di Gesù Bambino, negli ultimi mesi della sua vita, “cercava di pensare al cielo, sentiva dentro di sé, come fosse una voce che diceva ‘Ma non essere sciocca, non farti fantasie. Sai cosa ti aspetta? Il niente!’”.

“Tante volte passiamo per questa situazione, viviamo questa situazione. E tanta gente che soltanto pensa di finire nel niente. E lei, Santa Teresa, pregava e chiedeva forza per andare avanti, nel buio. Questo si chiama entrare in pazienza. La nostra vita è troppo facile, le nostre lamentele sono lamentele da teatro. Davanti a queste, a questi lamenti di tanta gente, di tanti fratelli e sorelle che sono nel buio, che hanno perso quasi la memoria, quasi la speranza – che vivono quell’esilio da se stessi, sono esiliati, anche da se stessi – niente! E Gesù ha fatto questa strada: dalla sera al Monte degli Ulivi fino all’ultima parola dalla Croce: ‘Padre, perché mi hai abbandonato!’”.

Francesco ha quindi indicato due “cose” che possono servire. “Prima: prepararsi, per quando verrà il buio”, che forse non sarà tanto duro come per Giobbe “ma avremo un tempo di buio. Preparare il cuore per quel momento”. E secondo: “Pregare, come prega la Chiesa, con la Chiesa per tanti fratelli e sorelle che patiscono l’esilio da se stessi, nel buio e nella sofferenza, senza speranza alla mano”. E’ la “preghiera della Chiesa – ha concluso – per questi ‘Gesù sofferenti’, che ci sono dappertutto”.

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Parolin all'Onu: ricorso alla forza sia multilaterale e proporzionato

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Per preservare la pace nel mondo c’è bisogno di una rinnovata azione delle Nazioni Unite contro gli attacchi terroristici. Così ieri alla 69.ma sessione della Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, è intervenuto sulle crisi in atto nel mondo. Centrale nel suo intervento anche la persecuzione nei confronti dei cristiani e delle minoranze. Francesca Sabatinelli: 

La Santa Sede ribadisce che è lecito e urgente, per fermare l’aggressione, ricorrere all’azione multilaterale e a un uso proporzionato della forza. Il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, lancia un forte monito verso la comunità internazionale, chiamata dalla Santa Sede ad assumersi la responsabilità di adottare il mezzo migliore per fermare l’aggressione ed evitare quindi il perpetrarsi di nuove e anche più gravi ingiustizie. Il porporato si riferisce apertamente ai conflitti in Siria, in Medio Oriente e in Ucraina, per dire che “è deludente che fino ad ora la comunità internazionale si sia caratterizzata per le sue voci contraddittorie se non per il silenzio. E’ fondamentale che ci sia una unità di azione per il bene comune, evitando il fuoco incrociato di veti”.  Il porporato spiega poi che il sangue versato dai cristiani e dalle altre minoranze in Siria e in Iraq, sollecita il costante impegno di tutti a rispettare e promuovere la dignità di ogni singola persona voluta e creata da Dio:

"Pope Francis observes that today…
Papa Francesco osserva che oggi c’è il rischio di una diffusa indifferenza, che è sinonimo di irresponsabilità che oggi si manifesta nell’atteggiamento di un’unione di Stati, creata con il preciso obiettivo di salvare vite e generazioni dagli orrori della guerra e che invece resta passiva di fronte alle atrocità sofferte da popolazioni indifese".

La comunità internazionale ha disatteso il suo ruolo, dice ancora, quello di “intervenire per porre fine alla tragedia umanitaria in corso” in Iraq, così come chiesto dal Papa all’inizio di agosto, quando nella missiva al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, lanciava l’appello sulle sofferenze della minoranza cristiana, e non solo, nel nord del Paese.

Un richiamo che oggi il porporato rilancia, di fronte alla drammatica situazione che si vive in Iraq e in Siria, e di fronte alla “esistenza di una organizzazione terroristica che minaccia tutti gli Stati, con l’intento di dissolverli e di rimpiazzarli con un governo mondiale pseudo-religioso”. Un fenomeno, prosegue il cardinale Parolin, che ha trovato proseliti in molti luoghi, attraendo soprattutto i giovani spesso disillusi dalla diffusa indifferenza e dalla carenza di valori nelle società ricche. Per rispondere a questo, spiega, la comunità internazionale deve promuovere una “risposta unitaria, basata su solidi criteri giuridici e su una volontà collettiva di cooperare per il bene comune”.

La Santa Sede quindi ritiene necessario prima di tutto affrontare le “origini culturali e politiche delle sfide contemporanee, riconoscendo la necessità di adottare strategie innovative per affrontare questi problemi internazionali in cui i fattori culturali giocano un ruolo fondamentale”. In secondo luogo, è necessario un ulteriore studio dell’efficacia del diritto internazionale oggi, ossia sulla sua corretta attuazione attraverso i meccanismi utilizzati dalle Nazioni Unite per prevenire la guerra, fermare gli aggressori, proteggere le popolazioni e aiutare le vittime.

Il tragico momento degli attacchi dell’11 settembre 2001 è stato semplificato, interpretandolo come uno scontro tra civiltà e non tenendo conto della complessità di situazioni come quella in Medio Oriente e dei conflitti civili che attualmente si vivono altrove. A volte sono state favorite soluzioni unilaterali rispetto a quelle fondate sul diritto internazionale. I metodi adottati, ha affermato il segretario di Stato, non sempre hanno rispettato l’ordine costituito o gli aspetti culturali dei popoli che loro malgrado si sono trovati coinvolti in questa nuova forma di conflitto globale. Questi errori oggi ci dovrebbero condurre - ha proseguito - a un profondo e serio esame di coscienza. Affrontare queste nuove forme di terrorismo interpretandole alla luce dello scontro fra civiltà non farà altro che provocare reazioni xenofobe, che paradossalmente rafforzeranno i sentimenti che sono al cuore del terrorismo stesso.

Quindi, il cardinale Parolin richiama a quelle che sono le vie percorribili per affrontare quanto accade: promuovere il dialogo e la comprensione tra culture, così come implicito nel Preambolo del primo articolo della Carta dell’Onu, un impegno che la comunità internazionale e i governi devono affrontare se sono veramente impegnati per la pace nel mondo. Allo stesso tempo, sottolinea, non sta né alle organizzazioni internazionali né agli Stati di inventare culture. Tantomeno essi possono essere gli attori principali responsabili per il dialogo culturale e interreligioso:

"International organizations and states do have the task…
Le organizzazioni internazionali e gli Stati hanno il compito di promuovere e supportare, anche con i mezzi finanziari, le iniziative e i movimenti che possono promuovere il dialogo e la comprensione tra le culture, le religioni e i popoli".

 Le sfide del terrorismo e della violenza non si devono affrontare con la sola apertura culturale. Ci si può servire anche del diritto internazionale e la situazione oggi richiede una interpretazione decisiva di questo diritto, con particolare attenzione alla responsabilità di proteggere. L’unica via praticabile per affrontare questa forma di terrorismo, che mira a controllare aree intere e imporre le sue leggi, è quella di agire nel quadro del diritto internazionale e ciò quindi richiede il rinnovamento delle Nazioni Unite, che si impegnino a favorire e preservare la pace. Queste forme di terrorismo, che intendono muovere guerra contro la comunità internazionale, non possono essere contenute dall’azione di un solo Stato. Ci deve quindi essere la volontà di applicare a fondo gli attuali meccanismi del diritto, rimanendo allo stesso tempo aperti alle implicazioni di questo momento cruciale. Questo garantirà un approccio multilaterale che servirà meglio la dignità umana, e che proteggerà e farà progredire lo sviluppo umano integrale in tutto il mondo. Tutto questo, oltre a risolvere i conflitti nel mondo, saprà certamente portare nuova vitalità alle Nazioni Unite.

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Dal 2 al 4 ottobre vertice in Vaticano su crisi in Medio Oriente

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Un vertice per fare il punto, assieme a Papa Francesco, sulla crisi che da lungo tempo sta scuotendo tutta l’area mediorientale. È quello convocato dal 2 al 4 ottobre in Vaticano, che vedrà i nunzi apostolici nel Medio Oriente riuniti con i superiori della Curia Romana.

A prendervi parte saranno rappresentanti pontifici in Egitto, Israele/Gerusalemme/Palestina, Giordania/Iraq, Iran, Libano, Siria, Turchia, oltre ai rappresentanti della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York e Ginevra e presso l’Unione Europea.

Per la Curia Romana, prosegue la nota, parteciperanno il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, il sostituto, il segretario e il sottosegretario per i Rapporti con gli Stati. Presenti anche il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli (recentemente inviato del Papa nella regione), e i responsabili di diversi Dicasteri più direttamente coinvolti, ovvero la Congregazione per le Chiese Orientali e i Pontifici Consigli per il Dialogo interreligioso, per l’Unità dei Cristiani, per la Giustizia e la Pace, per i Migranti e gli Itineranti e il dicastero di “Cor Unum”.

Papa Francesco “saluterà i partecipanti all’inizio dell’incontro, al mattino di giovedì 2”, mentre l’incontro terminerà nella mattinata di sabato 4 ottobre.

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Vescovi Brasile dal Papa, dialogo su Amazzonia, elezioni e riforme

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Oltre un’ora di dialogo per affrontare a largo raggio una serie di tematiche al centro dell’azione pastorale dell’episcopato brasiliano. È trascorso così l’incontro avuto da Papa Francesco con il cardinale Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida e presidente della Conferenza Episcopale Brasiliana, accompagnato da altri due presuli. Silvonei Protz ha intervistato il porporato al termine dell’udienza in Vaticano: 

R. – E’ una visita ordinaria della presidenza (dei vescovi brasiliani - ndr) alla Santa Sede e in speciale modo al Santo Padre. Questa mattina, come presidenza, abbiamo comunicato al Santo Padre le attività della Conferenza e abbiamo consegnato anche il documento approvato nell’ultima Assemblea. Abbiamo detto al Santo Padre che nella prossima Assemblea, che sarà una assemblea elettiva, non faremo un altro documento ma che le attuali direttrici saranno attualizzate con il Magistero del Santo Padre, soprattutto con l’Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium”. Abbiamo consegnato anche un altro documento al Santo Padre sulla questione agraria in Brasile, che rappresenta un tema molto importante: si tratta di un Paese continentale,  che ha bisogno di un progetto di formazione agraria molto coraggioso. Finora non lo abbiamo avuto. Abbiamo consegnato anche un altro documento ancora di studio, quindi non un documento ufficiale, della Conferenza sulla missione nella Chiesa e nella società. Abbiamo poi parlato dell’Amazzonia. Il Brasile ne ospita la parte più grande: il 52% dell’Amazzonia appartiene infatti al Brasile, ci sono però altri nove Paesi che condividono questo territorio e abbiamo ripetuto al Santo Padre di aver creato una rete ecclesiale panamazzonica per articolare maggiormente i lavori e le informazioni della Chiesa sull’Amazzonia.

D. – Domenica si vota per la scelta non soltanto del nuovo presidente, ma anche dei governatori, dei deputati del Parlamento brasiliano. Qual è la posizione della Chiesa in questo momento?

R. – Abbiamo consegnato al Santo Padre un documento che fornisce criteri per gli elettori per le prossime elezioni presidenziali. La Chiesa in Brasile, la Conferenza episcopale, non prendono una posizione politica particolare. Per questo abbiamo organizzato un dibattito con tutti i candidati alla presidenza delle Repubblica, con tutti quelli che hanno una presenza nel Congresso nazionale. Sono in tutto otto candidati e tutti sono stati presenti ad Aparecida a questo dibattito. Questo incontro ha rappresentato una forza morale della Chiesa in Brasile, proprio perché tutti i candidati hanno accettato l’invito della presidenza della Conferenza episcopale. Penso sia stato un contributo importante della Chiesa in Brasile, affinché gli elettori possano discernere e scegliere ancora meglio quale candidato votare il 5 ottobre, sia per il parlamento, sia per l’esecutivo.

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Nomina episcopale in Inghilterra

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Papa Francesco ha ricevuto ieri in udienza il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, e il rev. Carlos Nannei, della Prelatura dell’Opus Dei.

In Inghilterra, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Salford, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Terence John Brain. Al suo posto, il Pontefice ha nominato mons. John Stanley Kenneth Arnold, finora ausiliare di Westminster. Il presule è nato a Sheffield, nella diocesi di Hallam, il 12 giugno 1953. Ha fatto gli studi secondari presso la scuola Grace Dieu Manor e poi nel Radcliffe College dei Rosminiani a Leicestershire. Successivamente ha compiuto studi universitari di Diritto nel Trinity College di Oxford, venendo poi ammesso dalla corporazione Middle Temple come barrister ed operando per tre anni come avvocato civile specialmente qualificato. Ha iniziato gli studi ecclesiastici presso il Collegio A. Rosmini di Roma, proseguendoli poi nel Venerabile Collegio Inglese come allievo della Pontificia Università Gregoriana (1981-1985) ove ha ottenuto il Dottorato in Diritto Canonico. È stato ordinato sacerdote il 16 luglio 1983 per l’arcidiocesi di Westminster.

In seguito ha svolto i seguenti incarichi pastorali: Cappellano nella Cattedrale di Westminster e in Ospedale (1985-1988), Vice-Amministratore della Cattedrale (1988-1993), Parroco di Our Lady of Mount Carmel and St. George, a Enfield. Dal 2001 al 2005 è stato Vicario Generale e Cancelliere dell'Arcidiocesi di Westminster. Il 6 dicembre 2005 è stato eletto Vescovo titolare di Lindisfarna ed Ausiliare di Westminster, ricevendo la consacrazione episcopale il 2 febbraio 2006. All'interno della Conferenza Episcopale d'Inghilterra e Galles è Presidente della Catholic Agency for Overseas Development (CAFOD) e membro di altre Commissioni.

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Papa, tweet: comunità cristiana divisa è opera del diavolo

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “La divisione in una comunità cristiana – scrive – è un peccato gravissimo, è opera del diavolo”.

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Mons. Tomasi all’Acnur: persone non sono cargo merci, aiutare rifugiati

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Serve un “cambiamento di mentalità” per “sconfiggere la globalizzazione dell’indifferenza”. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra, intervenuto oggi alla 65.ma sessione dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite (Acnur), con particolare riferimento alla situazione in Africa. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

L’arcivescovo Tomasi ha sottolineato che “troppe vittime hanno trasformato le acque del Mediterraneo in un cimitero silenzioso”. E ha condannato quanti con “crudeltà” trafficano le persone umane come fossero un “cargo” merci. Del resto, ha osservato, politiche di frontiera “eccessivamente restrittive” hanno spinto migliaia di richiedenti asilo a intraprendere un viaggio fatale per le loro vite. Lasciano la loro terra, ha ribadito, perché fuggono da “condizioni di pericolo e oppressione” e cercano una “vita decente”.

L’Osservatore vaticano non ha mancato di mettere l’accento sull’ospitalità che in alcuni Paesi africani ha salvato la vita di tante persone durante le crisi che hanno “tormentato” il continente africano negli ultimi decenni. E tuttavia, ha chiesto un rinnovato impegno per prevenire i conflitti e le altre cause che portano allo sradicamento di tanta gente in Africa. Gli strumenti giuridici prodotti per proteggere le popolazioni sfollate, ha soggiunto, offrono “strumenti efficaci” affinché chi è stato sradicato dalla propria terra possa ricevere “un’adeguata protezione”. La determinazione politica a “prevenire conflitti attraverso il dialogo” e la “solidarietà”, ha concluso, riducono “il gap tra le nazioni sviluppate e quelle in via di sviluppo”, aprendo così “un sentiero verso un futuro pacifico”.

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Cortile Gentili. Premiati studenti in un Concorso sulla bellezza

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Nell’ambito delle attività del “Cortile dei Gentili”, gestite dal Pontificio Consiglio della Cultura, il Museo Maxxi di Roma ospita la premiazione di un Concorso rivolto a tutti gli studenti della scuola italiana, dedicato al tema della “bellezza”. Un’iniziativa destinata a far crescere nei giovani la consapevolezza del valore culturale del dialogo tra credenti e non credenti. Fabio Colagrande ne ha parlato con Sergio Ventura, docente di religione e responsabile delle attività del “Cortile dei Gentili”, rivolte agli studenti: 

R. - L’idea del Concorso è nata semplicemente perché è uno dei modi più efficaci per coinvolgere tutte le scuole e tutti gli studenti a livello nazionale su una tematica che il Ministero ritiene fondamentale per l’educazione. Nel caso specifico, il dialogo tra visioni del mondo diverse, religiose, agnostiche, atee o diversamente credenti è finalizzato proprio a comporre e a prevenire le contrapposizioni ideologiche.

D. - A chi è rivolto questo Concorso?

R. - E’ rivolto alle scuole di ogni ordine e grado quindi, nel vecchio linguaggio più semplice, alle scuole elementari, alle scuole medie e alle scuole superiori e, nello specifico, come si nota dal titolo, a tutte le discipline.

D. - Voi avete chiesto agli studenti di confrontarsi intellettualmente e elaborare creativamente dei contributi ispirati ad un tema specifico, che è quello della bellezza. Perché questo tema?

R. - Il tema della bellezza è nato innanzitutto perché ci era venuto in mento di riferirci ai tre trascendentali: bellezza, bontà e verità - e questo sarà al centro di un percorso triennale. Dei tre ci è sembrato il più immediato, il più facilmente comprensibile, fosse quello della bellezza anche perché è quello che riesce immediatamente a coinvolgere la tipologia di adolescente che c’è oggi e i due aspetti della sfera umana che sono la ragione e il cuore, i pensieri e le emozioni.

D. - Avete chiesto agli studenti dei contributi, quindi non in maniera specifica degli elaborati scritti o dei disegni o qualcosa del genere…

R. - Diciamo in modo affettuoso che agli studenti devi sempre dare una indicazione: l’indicazione è stata specifica per non lasciarli navigare in mare aperto, però era anche così generica che loro hanno potuto presentare, come poi è avvenuto, piccoli racconti, temini, tesine, temi... Oppure, hanno potuto creare dei brani musicali e ci sono arrivate delle canzoni o anche dei disegni, dei dipinti.

D. - Che criterio avete usato per scegliere i vincitori?

R. - Dovevano riguardare la tematica della bellezza, ma la bellezza come luogo - sia naturale che prodotto dall’uomo - nel quale potesse avvenire questo dialogo tra visioni del mondo diverse. Ovviamente, la creatività, l’originalità e anche, in un certo senso, la capacità di offrire in modo immediato il messaggio.

D. - Quali lavori ti hanno colpito di più?

R. - Sicuramente, sono stati molto interessanti il lavoro di una scuola della Liguria, una sorta di “libro pop up”, realizzato cioè con tecniche antiche di piegatura che danno un po’ l’illusione del movimento e della tridimensionalità, intitolato “Storia di un gufo e della sua diversità che gli fece scoprire la bellezza”. E poi decisamente bello è stato anche quello di una studentessa della scuola superiore: una ragazza di Catania che ha scritto un bel racconto breve, intitolato “Con la testa fra le nuvole”, dove due personaggi - Xavier e Hugo - avventori di un bar di una oscura cittadina, chiamata però significativamente "Dieu ville" (Città di Dio), discutono tra di loro assieme ad una persona anziana, che poi si rivela - alla fine del racconto - essere Dio.

D. - Come docente di religione - si dice che siamo nell’era della secolarizzazione - vede che gli studenti sono interessati a questi temi, il tema del dialogo tra chi crede e chi non crede?

R. - E’ difficile sicuramente, perché la secolarizzazione da un lato - diciamo cioè quello del mondo non credente, agnostico - rende spesso scettici sull’utilità sia esistenziale che intellettuale o emozionale della religione. Dall’altro, la secolarizzazione, in alcuni alunni credenti noi notiamo dia vita a fenomeni un po’ di radicalizzazione dell’identità, una identità non in dialogo. Allora, lavorando con loro - sia sul piano della ragione, sia sul piano del cuore e delle emozioni - vediamo che con buona parte di loro si riesce a ricreare questo interesse. Se loro vedono che tu stai cercando di manipolarli, non ti seguono più…

D. - ...di fare proselitismo…

R. - ...di fare proselitismo, come dice Papa Francesco. Se, invece, c’è un incontro che fa parte di un processo graduale, di un percorso di crescita umana, dove la religione può dare il suo contributo, e a volte anche un contributo profondo, allora i ragazzi si interessano.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Responsabilità di proteggere: il cardinale segretario di Stato all'assemblea generale delle Nazioni unite.

Avevo tredici anni: in prima pagina, anticipazione della prefazione - in cui ricorda la visita di Paolo VI nelle Filippine - del cardinale arcivescovo di Manila, Luis Antonio Tagle, al un libro di Giorgio Bernardelli e Lorenzo Rosoli sui viaggi di Papa Montini, del quale, nella pagina culturale, è pubblicato in anteprima uno stralcio.

Dimenticati d'Africa: altri due milioni e mezzo di profughi dall'inizio dell'anno.

Somigliante a Cristo: il contributo del priore di Bose, Enzo Bianchi al libro "Bibbia Francescana".

Una comunità pastorale intitolata a Paolo VI nella diocesi di Milano in un articolo di Alberto Manzoni.

Il prete non deve essere un solitario: il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, su fraternità sacerdotale e centralità eucaristica secondo Papa Sarto.

Preghiere al buio: messa del Papa a Santa Marta.

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Oggi in Primo Piano



Raid Gb in Iraq mentre nasce la costola Is in Egitto

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Le forze curde hanno lanciato un'offensiva su tre fronti contro l'Is nel nord dell'Iraq. Lo rendono noto fonti dei peshmerga. Il servizio di Fausta Speranza

Dopo la notizia del primo raid britannico nei pressi di Mosul, in appoggio alla coalizione, arriva quella dell’offensiva militare curda. Secondo le notizie che arrivano dai pashmerga, le operazioni, partite all'alba, si dispiegano proprio a nord della città di Mosul, controllata dai jihadisti, e a sud della città petrolifera di Kirkuk, ma anche in una città al confine con la Siria. Pietro Badacchi, direttore della Rivista Italiana Difesa:

“Gli effetti dei raid americani e alleati, in generale, iniziano a farsi sentire. Consideriamo che, comunque, i raid aerei americani, ancorché blandi, ancorché non così frequenti – siamo di fronte ad una campagna aerea a bassa intensità – hanno comunque permesso alle forze curde e irachene di riprendere un obiettivo importante, come per esempio la Diga di Mosul e alcuni villaggi, in precedenza conquistati da Isil. Credo, quindi, che questa iniziativa curda, se confermata, possa essere legata anche ai raid americani o alle forniture di armi che l’Italia e la Germania hanno effettuato in questi giorni, in queste settimane”.

Il governo iracheno fa sapere che il suo esercito è ridotto ai minimi termini. Ancora Badacchi:

“Ma, guardi, l’esercito iracheno ha dato pessima prova di sé, soprattutto a giugno e luglio, quando di fatto quasi due divisioni si sono liquefatte, si sono sciolte come neve al sole, durante l’offensiva di Isil, che ha permesso al gruppo terroristico di prendere la città di Mosul. L’altro grande problema è la corruzione, il nepotismo, che di fatto rende la macchina bellica irachena – a parte alcune eccezioni – molto deficitaria”.

Al momento è solo un dibattito quello aperto sull’eventuale necessità di truppe di terra da parte della coalizione. Intanto in Egitto è nato un gruppo che annuncia di aderire al progetto del Califfato. E si parla di possibili cellule anche in Marocco, oltre all’allerta sui combattenti provenienti dall’Europa.

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Catalogna: Madrid blocca il referendum sull'indipendenza

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La Corte costituzionale spagnola ha sospeso il referendum consultivo per l'indipendenza della Catalogna, che le autorità di Barcellona avevano fissato per il 9 novembre prossimo. E’ stato così accolto il ricorso presentato dal governo di Madrid. Dopo la decisione dell’alta Corte, la questione verrà ora congelata per almeno 5 mesi fino al giudizio di merito. Soddisfatto il premier spagnolo Rajoy, mentre l'esecutivo catalano di Artur Mas ha annunciato proteste. Della situazione, Giancarlo La Vella ha parlato con Alfonso Botti, docente di Storia Contemporanea all’Università di Modena e Reggio Emilia: 

R. – Il nazionalismo catalano, con la sua componente più radicale, ha una lunga storia. Inizia ad organizzarsi sulla fine dell’Ottocento, facendo leva sulla differenza linguistica. C’è un’apertura, durante la Seconda Repubblica, all’inizio degli anni Trenta, ma mi sembra corretto collegare le attuali spinte verso l’indipendenza con quello che i catalani hanno patito e sofferto, nei quasi 40 anni di dittatura centralista durante il franchismo.  

D. – In Spagna, ci sono anche altre realtà territoriali che potrebbero, dopo la Catalogna, intraprendere la strada dell’indipendenza da Madrid in modo deciso…

R. – La più nota, probabilmente, la più forte è quella che contraddistingue i Paesi Baschi e il nazionalismo basco, che in questa fase credo stia un po’ alla finestra a vedere che cosa succede e come va a finire la controversia per la Catalogna.

D. – Dopo la Scozia, ora la Catalogna. Come guardare questa istanza indipendentista, rispetto a chi vorrebbe fare dell’Unione Europea una sorta di super Stato?

R. – Intanto, diciamo subito che un’Europa debole come quella di questi anni non ha l’appeal sufficiente per superare le spinte di chi vuole l’Europa delle regioni e dei popoli e non vuole invece una confederazione di Stati. D’altra parte, il caso scozzese è molto diverso da quello catalano. Mentre il referendum scozzese è stato concordato con il governo di Londra, in Catalogna c’è stata una forzatura dell’assetto istituzionale ed era prevedibile che il tribunale costituzionale bloccasse il ricorso alle urne in Catalogna. Certamente, dal punto di vista costituzionale, la Spagna è organizzata in modo tale da non consentire referendum come quelli che il presidente della comunità catalana e le forze politiche che lo sostengono vorrebbero effettuare. Il problema, però, esiste dal punto di vista politico, perché la spinta indipendentista è molto forte e non mi pare che da parte del governo di Madrid ci sia una sensibilità adeguata al problema che la Catalogna pone.

D. – Secondo lei, quale sarà l’evoluzione di questa storia, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale?

R. – Credo che continui una situazione di tensione tra Madrid e Barcellona. Se non si riforma, però, la Costituzione, si tratta di una strada bloccata.

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Sempre più giovani senza lavoro. L'esperto: troppe barriere

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Migliora il tasso complessivo della disoccupazione in Italia in agosto mentre è nuovo record negativo per la fascia giovanile con un tasso di senza lavoro al 44,2%. I dati sono forniti dall’Istat nel giorno in cui anche il Cnel nel rapporto annuale sul mercato del lavoro disegna un quadro pessimistico e avverte: irrealizzabile tornare ai livelli occupazionali pre-crisi. A pesare anche la contrazione del potere d’acquisto dei salari indietro di quasi un decennio. Il servizio di Gabriella Ceraso: 

Mentre governo e opposizioni cercano ancora la quadra su "Jobs act" e articolo 18 l’Italia dei lavoratori sprofonda e al settimo anno di crisi segna un milione di posti persi. Dietro il dato cautamente positivo sul tasso di disoccupazione ad agosto in diminuzione di 0,3 punti in termini congiunturali e di 0,1 nei dodici mesi, tra i 15 e i 24enni, la tendenza è opposta con l’aumento di un punto percentuale su luglio e di 3,6 in un anno. Il parere del giurista esperto di economia Nunzio Bevilacqua:

“Si stanno innalzando ancora di più le barriere all’ingresso per il mondo giovanile, che resta purtroppo fuori da questa porta di questo cambio generazionale mai realmente realizzato”.

Dal calcolo sono esclusi gli inattivi e gli scoraggiati, che però rientrano nella cosiddetta “ disoccupazione allargata “ del rapporto Cnel che supera nel 2013 il  30% e non accenna a rallentare finora. Ancora  Bevilacqua :

Ovviamente, gli scoraggiati sono una categoria che si sta sempre più ampliando, perché giovani che cercano lavoro anche attraverso queste induzioni alla formazione professionale sempre maggiore, se poi non trovano accesso al mondo del lavoro entreranno a far parte del mondo degli scoraggiati”.

E talvolta chi lavora non se la passa molto meglio, basti pensate che secondo il Cnel "gli occupati a basso reddito sono aumentati in 7 anni di crisi superando nel 2011 i 2 milioni e 640 mila” e le soglie di povertà nelle diverse categorie vanno abbassandosi. Progressi nel mercato del lavoro, dice il rapporto di Palazzo Lubin, saranno solo molto graduali e a partire, nella migliore delle ipotesi, dal 2015. Irrealizzabile comunque una discesa del tasso di disoccupazione ai livelli 'pre-crisi'- ovvero intorno al 7%, perche' richiederebbe la creazione da qui al 2020 di quasi 2 milioni di posti di lavoro"- :

“Perché la situazione a livello di politica economica mondiale è completamente cambiata. Ma non dobbiamo concentrarci sui livelli pre-crisi, ma semplicemente alle azioni che consentano una vera discontinuità. Le azioni di semplificazione che consentano maggior chiarezza nel mare magnum delle normative sul lavoro, sono sicuramente viste. Ovvio che però il lavoro non si crea solamente attraverso delle maggiori certezze per l’impresa che vuole investire e che vuole iniziare la propria attività, ma si creano a monte, cercando di fare delle azioni sulla domanda. Perché se non c’è domanda, difficilmente un’impresa – anche alle condizioni migliori di questo mondo – possa pensare oggi di occupare.

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Giovani e alcol: un ragazzo su dieci si ubriaca

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Il 15% degli incidenti stradali avvenuti in Italia nell’ultimo anno sono causati dall’abuso di alcol. A ubriacarsi sono soprattutto i più giovani: un ragazzo su 10 sotto i 30 anni beve regolarmente. Un fenomeno che può essere evitato grazie alla prevenzione in famiglia, come spiega Michele Contel, segretario generale dell’Osservatorio permanente su giovani e alcol, al microfono di Maria Gabriella Lanza

R. – Se prendiamo la popolazione dai 14 ai 24 anni, circa il 70% dei giovani sono bevitori occasionali o regolari. Ma, naturalmente, bisogna distinguere tra uso e abuso, perché la percentuale dei ragazzi che usano le bevande alcoliche in modo scorretto tende a essere molto più bassa. Sappiamo che circa il 35% ha abusato nella forma del “binge drinking”, la forma del bere fino allo sballo – 5-6 bevute di fila nello spazio di due ore – nell’ultimo anno.

D.  – Si fa abbastanza, secondo lei, sul piano della prevenzione tra i più giovani?

R.  – Abbiamo un problema allarmante riguardo ai giovani, proprio perché il modello del consumo globalizzato, cioè il bere lontano dalla tradizione familiare, senza la protezione del contesto alimentare, in cui si beve sotto la spinta del gruppo, avvicina l’Italia ai Paesi del Nord Europa. Questo bere globalizzato dei giovani rischia effettivamente di essere un bere privo di cultura e totalmente ispirato allo sballo. Bisogna investire di più nel recupero del bere dello stile familiare e nella capacità dei genitori di ammonire e informare i ragazzi sui rischi.

D. – Gli ultimi dati ci dicono che nel 2010 sono più di 16 mila le persone morte sulla strada a causa dell’abuso di alcol, una cifra allarmante…

R.  – Alcol e guida non vanno d’accordo, al di là della questione dei limiti e delle soglie di età. Ricordiamo che i neopatentati fino a 21 anni devono avere l’alcolemia zero, non possono bere prima di mettersi al volante. Sono norme indispensabili che vanno fatte rispettare. In Italia, abbiamo circa 26 mila incidenti stradali ogni anno, la percentuale alcol-attribuibile, probabilmente, è intorno al 15%.

D. – Servirebbe, secondo lei, avere norme del Codice della strada più severe?

R.  – Personalmente, ritengo che i mezzi che il legislatore mette a disposizione dell’autorità giudiziaria siano sufficienti. Non è tanto rendere più severe le pene ciò che rende più efficace è la prevenzione. E' l’informazione capillare, i controlli, con le relative sanzioni, e una maggiore responsabilità della comunità, a partire dalla famiglia, su questo tipo di rischi.

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Inaugurata nuova Pala d'altare alla Chiesa del Gesù

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Presentata alla stampa la nuova Pala per la Cappella della Passione nella Chiesa del Gesù a Roma. L’opera, raffigurante la “Deposizione”, è stata commissionata all’artista bosniaco, Safet Zec, in occasione del secondo centenario della ricostituzione della Compagnia di Gesù, avvenuta per opera di Pio VII nel 1814. Il servizio di Paolo Ondarza

Rimasta a lungo senza una Pala d’altare dopo l’asportazione della "Deposizione" di Scipione Pulzone nel 1800, la Cappella della Passione, nella Chiesa del Gesù, ha ora una nuova tela, dipinta dal bosniaco Safet Zec sullo stesso tema. L'opera ben si integra con il progetto iconografico degli affreschi di inizio XVII secolo di Valeriano e Celio, definiti da Federico Zeri “arte senza tempo”. Padre Daniele Libanori, rettore della Chiesa del Gesù:

“Da una parte, sentivamo per l’appunto il bisogno di colmare un vuoto, che disturbava. E l’occasione ci è stata data dal secondo centenario della ricostituzione della Compagnia di Gesù. Un altro aspetto, per noi non secondario, è stato il tentativo, che a me sembra riuscito, di riallacciare il dialogo con gli artisti. La Compagnia di Gesù è stata sempre molto attenta a valorizzare al meglio gli artisti, che fossero in grado di esprimere i sentimenti che nascono dalla contemplazione tipica degli esercizi spirituali e che si desidera partecipare a coloro che cercano Dio, attraverso il nostro ministero”.

Nella Cappella, si venerano le spoglie di San Giuseppe Pignatelli, protagonista della restaurazione della Compagnia, e del Servo di Dio Jan Ph. Roothaan, secondo preposito generale della Compagnia di Gesù, e qui riposa anche l’ex preposito generale, padre Pedro Arrupe. Il pittore bosniaco, Safet Zec, ha dato i loro volti agli uomini che depongono e abbracciano il corpo di Cristo, esanime, su cui evidenti sono i segni della Passione. Il rosso del sangue e il bianco delle vesti spiccano sulle tonalità più scure del resto della composizione. Ritta in piedi sotto la Croce, la Madre del Signore. A terra catino e asciugatoio, simboli del servizio, la veste bianca che il Re vittorioso indosserà risorgendo e la corona della Passione e della regalità. L’artista Safet Zec:

“Dentro questa opera religiosa, sacra, ci sono elementi che appartengono al mio mestiere, al mio amore per le mani, per le braccia, per il corpo. Molti hanno scritto che le mie opere portano religiosità. Un gesto, una natura morta può essere sacra. Mettendo amore, infatti, mettendo la maestria, nasce una bellissima opera religiosa”.

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Cinema. Il Festival di Roma nel segno dell'anima popolare

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Presentata a Roma la nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, in programma all’Auditorium Parco della Musica dal 16 al 25 ottobre. Un programma che segna il ritorno all’anima popolare della manifestazione e il recupero di un’identità artistica. Il servizio di Luca Pellegrini: 

Un ritorno alle origini, da festival a festa. Perché il cinema è cambiato, l’Italia è cambiata e pure gli spettatori. Per crisi d’identità e per le tensioni che ne hanno segnato la breve esistenza, la manifestazione cinematografica romana tenta di rinnovarsi, guardando al suo passato. Forse la IX edizione, non corrisponde più né all’idea primigenia né alla visione che il suo attuale direttore, Marco Müller, ha di un vero festival di cinema. Che così commenta questa conversione, o quella che lui stesso ha chiamato, una “sterzata”:

“L’idea era 'in nuce' naturalmente giù nelle scelte di programma dello scorso anno, a noi premeva in qualche modo radicarci bene in tutti i gruppi di spettatori che la nostra città può regalare a un evento di grandi dimensioni. Quindi, c’è la possibilità, con i film giusti, di avere quel tipo di risposta. E’ questa un po’ la scommessa”.

La giuria è formata esclusivamente dal pubblico. Il programma è composito. Pur con budget assai ridotto e meno trionfalismi da parte di tutti, sono 51 i lungometraggi presentati nelle 5 rinnovate sezioni, con 24 prime mondiali provenienti da 21 Paesi. Commedie e soap opera non mancano, per rendere omaggio a un genere popolare e non dimenticare le contaminazioni tra grande schermo e televisione. Tra i protagonisti, per le sempre assai seguite lezioni di cinema, Kevin Kostner e Wim Wenders. Dunque, si torna anche a un’anima popolare.

“Questa era - secondo me - l’idea  di festa che andava suscitata, che andava rivivificata. 2006-2014: sono passati otto anni, anche il cinema è molto cambiato. Credo che la cosa più importante sia riuscire a camminare davvero, da una parte, mano nella mano con registi, produttori, esportatori e, dall’altra, non correre troppo, non distanziarsi troppo dagli spettatori, cercando di dare loro il tempo di raggiungerti, riaprenderti e, a questo punto, cominciare a costruire insieme”.

Per la prima volta, verrà anche attribuito il premio d’ispirazione cattolica Signis – Fondazione Ente dello Spettacolo – mentre il giorno di apertura del Festival, il 16 ottobre, sarà proiettato fuori concorso “27 aprile 2014 – Racconto di un evento”, un docufilm in 3D prodotto dal Centro Televisivo Vaticano e Sky (messo poi in onda la sera successiva alle ore 21 da SKY 3D) nel quale la giornata della canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII è rivissuta, in modo intimo ed emozionale, attraverso immagini inedite e la voce narrante di Giancarlo Giannini.

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Nella Chiesa e nel mondo



Patriarca Sako ai musulmani: condannate l'estremismo violento

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“Noi speriamo che voi esprimiate apertamente il vostro rifiuto e la vostra condanna dell'estremismo religioso violento, perchè esso travisa la religione”. E' questo l'appello che il patriarca di Babilonia dei caldei, Louis Raphael Sako, inserisce nel messaggio augurale rivolto ai musulmani iracheni in occasione della festività islamica di Eid Al-Adha (la “Festa del sacrificio”, celebrata nei vari Paesi dal 4 al 7 ottobre).

Nel messaggio di augurio, pervenuto all'agenzia Fides, il primate della Chiesa caldea chiede a Dio di “proteggere” i musulmani e di “preservare il nostro Paese da ogni male”, aggiungendo varie considerazioni sul momento tragico vissuto dall'Iraq.

“Noi cristiani iracheni - si legge nel testo del messaggio - siamo una componente genuina e essenziale in Iraq, vogliamo stare con voi come compagni e lavorare insieme come una squadra per il progresso del nostro Paese e il bene del nostro popolo. Lo Stato Islamico (Is) ci ha cacciato dalle nostre città e perfino a Baghdad vengono esercitate pressioni su di noi, ma noi vi diciamo che vi amiamo, perchè Gesù Cristo ci ha comandato di amare tutti. Noi crediamo che tutti i musulmani non approvino le azioni dell'Is”.

Il patriarca ricorda nel messaggio la figura di Mohammed Al-Asali, il professore universitario musulmano di Mosul ucciso dai jihadisti per essersi opposto all'espulsione dei cristiani. Nell'appello, Il patriarca Sako invita anche il governo centrale iracheno a “cooperare con quello della regione autonoma del Kurdistan” per liberare Mosul, le città della Piana di Ninive e altre città, così da consentire a un milione e mezzo di profughi iracheni il ritorno alle proprie case mentre si avvicina l'inverno. (R.P.)

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Vescovi delle regioni arabe riuniti su immigrati e famiglia

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E' iniziata ieri, 29 settembre, e proseguirà fino a giovedì 2 ottobre, l'Assemblea della Conferenza dei Vescovi latini delle regioni arabe (Celra). Quest'anno l'incontro si tiene presso la chiesa di Sant'Antonio da Padova a Ras al Kaimah, capoluogo dell'omonimo emirato, negli Emirati Arabi Uniti. Durante la riunione, i vescovi si confronteranno sulle questioni pastorali relative alla famiglia – tema del Sinodo straordinario che sta per iniziare a Roma – e sulla cura pastorale degli immigrati presenti nei Paesi arabi per ragioni di lavoro.

La cura pastorale delle comunità di immigrati rappresenta il cuore della missione degli operatori pastorali presenti nei Paesi della Penisola arabica. Gli stessi Emirati Arabi Uniti, che ospitano l'assemblea episcopale, sono il Paese a maggioranza islamica con la presenza cristiana percentualmente più elevata proprio in virtù del fatto che gli stranieri immigrati per lavoro rappresentano il 70% dei 4 milioni di residenti, e tra loro più della metà sono battezzati. Soltanto i cattolici – in gran parte filippini e indiani – si aggirano intorno al milione.

“Nei nostri incontri - riferisce all'agenzia Fides l'arcivescovo Maroun Lahham, vicario patriarcale per la Giordania del patriarcato latino di Gerusalemme - ci confronteremo anche sul contributo che le comunità cristiane locali potranno offrire in futuro al cammino di riconciliazione nei Paesi dell'area sconvolti da conflitti, guerre e pulizie etnico-religiose, a cominciare da Siria, Iraq e Terra Santa”.

La chiesa di Sant'Antonio da Padova è stata consacrata il 14 giugno 2013 dal card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. In quell'occasione, rivolgendosi ai fedeli presenti per la consacrazione, quasi tutti stranieri, il cardinale prefetto aveva detto: “Voi provenite da diversi Paesi, ma formate l’unico popolo di Dio La varietà delle vostre culture testimonia la multiforme ricchezza delle vostre origini, ma, in misura altrettanto significativa, l’armonia delle vostre voci esprime l’unità della vostra fede. In voi vive il mistero della Chiesa”. (R.P.)

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Terra Santa: festa di San Francesco tra Yom Kippur e Aïd el Adha

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Il giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di San Francesco, in Terra Santa gli ebrei festeggeranno lo Yom Kippur (Grande Perdono, il 10 del mese di Tishri), e i musulmani l’Aïd el Adha (Festa del Sacrificio, che cade il 9 del mese di Dhou al-hijja, secondo l’Egira). Una coincidenza eccezionale verificatasi già nel 1976 e nel 1995.

Quando gli ebrei inizieranno la preghiera con un giorno di penitenza e di espiazione, si legge sul portale della Custodia di Terra Santa www.custodia.org, i musulmani commemoreranno il sacrificio di Ismaele. Lo Yom Kippur è il giorno festivo dell’anno più rispettato dalla popolazione ebraica israeliana (durante il quale l’uso di ogni veicolo motorizzato è formalmente vietato, tranne per necessità di vitale importanza), i musulmani invece per celebrare la loro festa hanno l’abitudine di recarsi in pellegrinaggio alla Spianata delle Moschee. Un’usanza che dovrà tener conto, non soltanto dei posti di blocco tra Israele e i Territori palestinesi, ma anche della chiusura delle strade limitrofe ai quartieri arabi e quelli ebraici della Città Santa.

Nel giorno della festa di San Francesco, la Custodia invita i cristiani a pregare per la pace e per consentire ai fedeli di celebrare le festività francescane, ha previsto il Transito, cioè la commemorazione della morte del santo, il 3 ottobre, alle 17.30, durante i primi vespri. La Messa festiva, invece, sarà celebrata domenica, il 5 ottobre, alle 10.30, nella chiesa di San Salvatore a Gerusalemme. (T.C.)

 

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Bolivia: Chiesa chiede elezioni libere, trasparenti e credibili

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“La trasparenza è l’unica garanzia di credibilità nei processi elettorali, quindi, le autorità devono garantire l’imparzialità e sostenere le iniziative cittadine di controllo e il lavoro di osservatori nazionali e internazionali autorevoli”. Così in un forte messaggio, la Conferenza episcopale della Bolivia a pochi giorni delle elezioni presidenziali e parlamentari del 12 ottobre.

“Elezioni libere, con trasparenza e credibilità” s’intitola il comunicato presentato in conferenza stampa da mons. Eugenio Scarpellini, vescovo de El Alto e segretario generale Ceb. Nel ricordare che il voto è un diritto costituzionale, segreto, libero e responsabile, i vescovi avvertono che tutto quello che “impedisce o condizioni il voto - demagogia, prebenda e concussione - offendono la intellighenzia e feriscono la dignità delle persone”.

I presuli sottolineano che i cittadini devono esercitare il diritto al voto senza paura, perché ogni forma di “pressione, ingiuria, umiliazione e discriminazione e peggio ancora, di minaccia o aggressione fisica contro coloro che pensano diversamente, è un attentato contro i diritti costituzionali di ogni persona”. Nel messaggio i vescovi boliviani affermano che non è lecito ne democratico che partiti politici, comunità e organizzazioni sociali e sindacali diano indicazioni di voto, e per tanto chiamano i cittadini a denunciare ogni tentativo di imposizione al voto perché violano la libertà di pensiero, la liberta di espressione e la stabilità democratica. “E' particolarmente condannabile - si legge - che siano sfruttati istituzioni, beni e risorse pubbliche e private come strumenti di pressione, ricatto o legittimazione del potere”.

Infine, i vescovi della Bolivia esortano i cittadini a votare con consapevolezza e puntare per i valori fondamentali della vita, la giustizia, la verità e la libertà indispensabili per lo sviluppo integrale della società. “E’ importante che i cittadini siano abbastanza informati per valutare le proposte elettorali che mettano in luce questi valori” - affermano i presuli - che chiamano i mezzi di comunicazione a offrire una informazione completa, veritiera e imparziale. I vescovi invitano a pregare il Dio della Storia e della Vita, perché benedica ogni sincero sforzo in cerca della dignità e del bene comune di tutto il popolo boliviano. (A cura di Alina Tufani)

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Leader di Hong Kong chiede la fine immediata delle proteste

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Il capo dell'esecutivo di Hong Kong, Leung Chun-ying ha chiesto stamane la fine "immediata" delle proteste pro-democratiche che da due giorni hanno bloccato le vie di maggiore comunicazione sull'isola e a Kowloon. Il movimento democratico, al terzo giorno della Campagna di Occupy Central, continua invece a chiedere le sue dimissioni.

Quello di stamane - riferisce l'agenzia AsiaNews - è il primo intervento pubblico di Leung, dopo che gli studenti, in sciopero da una settimana, gli avevano chiesto un incontro - da lui rifiutato - e dopo che la polizia li aveva attaccati con gas lacrimogeni, spray urticanti, manganelli e idranti.

Proprio questa violenza contro gruppi di giovani indifesi e pacifici ha scatenato un'ondata ancora maggiore di proteste, dando vita all'occupazione di molte zone del centro e della penisola di Kowloon. Ieri sera decine di migliaia di persone si sono riversate in Admiralty, Gloucester Road, Mong Kok, Argyle Street a sostegno dei dimostranti, illuminando la notte con i loro telefonini e la loro solidarietà.

Molte persone portano ai giovani frutta e cibo; alcuni hanno perfino piazzato un barbecue portatile per offrire salsicce; piccoli imprenditori portano migliaia di bottigliette d'acqua, sandwich, maschere per ripararsi dai gas lacrimogeni.

Il carattere non violento del movimento è evidente, ma non a Leung, che continua ad attribuire agli studenti e a Occupy Central la responsabilità degli scontri con la polizia. Stesso giudizio a Pechino che sui suoi media e dai suoi portavoce continua a bollare le dimostrazioni come "attività illegali che minano lo Stato di diritto e mettono in crisi l'armonia sociale".

Il giudizio di molta parte della popolazione è l'opposto: Pechino e Leung hanno tradito la fiducia degli abitanti del territorio ingannando il pubblico. Leung non ha mai presentato ai capi cinesi la reale situazione della popolazione e il loro desiderio di piena democrazia; Pechino ha soffocato questi slanci deliberando una struttura elettiva in cui essa decide i candidati.

Il timore di Pechino è che le spinte democratiche del territorio si diffondano in Cina. Per questo tutte le notizie e le immagini delle manifestazioni di Hong Kong sono censurate sui media cinesi, anche se molti cinesi del continente riescono a conoscere i fatti attraverso alcuni social media.

Anche oggi molte scuole, decine di banche - almeno 37 - e industrie sono chiuse. Per andare a lavorare in Central, dove sono occupate le vie principali, gli impiegati devono camminare per quasi un'ora. Qualcuno commenta: "Questa piccola scocciatura non è nulla perché penso che la causa per cui si sta dimostrando è molto importante... E' bello che la gente mostri che ha a cuore la democrazia". (P.W.)

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Cardinali Scola e Schönborn contro utero in affitto ed eterologa

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“Nuove minacce oggi incombono sul nostro continente”. E come ai tempi dei tragici eventi della Prima Guerra mondiale, pongono di nuovo in questione il “valore della vita umana”, sebbene in “termini diversi”. Usano toni forti i cardinali di Milano e Vienna, Angelo Scola e Christoph Schönborn, nell’editoriale scritto a quattro mani per il quotidiano francese Le Figaro nel quale gli arcivescovi esprimono la loro opinione su un tema estremamente caldo per la Francia: il ricorso alle tecniche di Gpa (Gestazione per altri o utero in  affitto) e Pma (Procreazione medicalmente assistita) dopo che lo scorso anno nel Paese è stata approvata la legge Toubira (meglio conosciuta come legge sul “mariage pour tous”).

Nel giorni scorsi - riporta l'agenzia Sir - ha fatto molto discutere una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione che ha acconsentito ad una donna di adottare il figlio partorito in Francia dalla compagna dopo aver fatto ricorso all’estero alla procreazione medicalmente assistita. In seguito alla sentenza, le associazioni della Manif pour tous hanno indetto per domenica 5 ottobre una manifestazione a Parigi e Bordeaux. Genera inoltre preoccupazione la condanna nei mesi scorsi della Corte europea dei diritti dell’uomo alla Francia perché si è rifiutata di trascrivere nei registri dello stato civile gli atti di nascita di bambini nati all’estero ricorrendo alla maternità surrogata. 

Sulla spinosa questione oggi scendono in campo anche i cardinali Scola e Schönborn secondo i quali le leggi che in alcuni Paesi europei autorizzano la Gestazione per altri (o utero in affitto) rappresentano “un duplice attentato alla dignità della vita umana”: contro i bambini, da una parte, perché “condannati ad essere orfani di genitori viventi”; contro le madri, dall’altra, “il cui corpo è cosificato, strumentalizzato, affittato”.

Alla luce di queste due derive, gli arcivescovi salutano “la reazione tonica, creativa, giovane e duratura della Francia” che attraverso la “Manif pour tous” ha avuto “il coraggio di dire no” a quella che chiamano “una fabbricazione di esseri umani”. I due arcivescovi ritengono infatti che nella fecondazione eterologa per le coppie di donne e nella maternità surrogata “ci sono in germe tutte le condizioni di una schiavitù moderna dove il bambino è concepito come un prodotto, un commercio in cui i più ricchi sfruttano i più poveri, ed una accelerazione di una eugenetica occidentale”.

Poi ricordando quanto hanno affermato i vescovi francesi, scrivono: “Se si apre l’accesso alla procreazione medicalmente assistita e all'utero in affitto, l’intera filiazione si troverebbe disorientata con una generazione di bambini volutamente privata di uno dei due genitori”. L’editoriale si conclude con un appello ai francesi a “restare fedeli alla loro storia”: “Non si tratta di avere cura delle radici ma dei rami, dei germogli e dei frutti, in breve del futuro dell’Europa”. (R.P.)

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Laos. Cristiani perseguitati: arrestati mentre pregano

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Il capo villaggio di Boukham, nel distretto di Atsaphangthong, provincia di Savannakhet, assieme ai responsabili della sicurezza e ai vertici della polizia, ha arrestato il pastore Sompong Supatto e altri sei fedeli. Sono incriminati - riferisce l'agenzia AsiaNews - per aver esercitato il diritto alla libertà religiosa, incontrandosi per un momento di preghiera nella casa del leader protestante Supatto.

La vicenda, come denuncia Human Rights Watch for Laos Religious Freedom (Hrwlrf), è avvenuta la mattina di domenica 28 settembre nella stessa provincia in cui, a maggio, tre studentesse cristiane non hanno potuto sostenere gli esami scolastici di fine anno a causa della loro fede. E qualche settimana più tardi, a fine giugno, un capo villaggio locale ha impedito la cerimonia funebre e la sepoltura di una donna cristiana neo-convertita.

Testimoni locali riferiscono che le autorità hanno fatto irruzione mentre il pastore e i sei fedeli stavano pranzando, dopo aver terminato le celebrazioni della domenica mattina. Tutti i membri della comunità sono stati prelevati e rinchiusi negli uffici governativi del villaggio di Boukham. Al pastore, a differenza dei sei fedeli, gli agenti hanno anche legato mani (con le manette di ordinanza) e piedi.

La settimana precedente, le autorità del villaggio avevano emanato un decreto che proibiva ai cristiani di riunirsi per pregare. Attivisti pro diritti umani e i vertici di Hrwlrf lanciano un appello al governo di Vientiane, perché rispetti la libertà religiosa e i trattati internazionali in tema di diritti civili sottoscritti in passato. Essi chiedono al contempo il rilascio dei detenuti e pene esemplari contro il capo del villaggio di Boukham e gli altri funzionari corresponsabili del blitz anti-cristiano.

Dall'ascesa al potere dei comunisti nel 1975, con la conseguente espulsione dei missionari stranieri, la minoranza cristiana in Laos è soggetta a controlli serrati e vi sono limiti evidenti alla pratica del culto. La maggioranza della popolazione (il 67%) è buddista; su un totale di sei milioni di abitanti, i cristiani sono il 2% circa, di cui lo 0,7% cattolici.

I casi più frequenti di persecuzioni a sfondo religioso avvengono ai danni della comunità cristiana protestante: nel recente passato AsiaNews ha documentato i casi di contadini privati del cibo per la loro fede o di pastori arrestati dalle autorità. Le maglie si sono strette ancor più dall'aprile 2011, in occasione di una violenta repressione della protesta promossa da alcuni gruppi appartenenti alla minoranza etnica Hmong. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 273

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.