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Sommario del 28/09/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: vecchiaia è tempo di grazia. Futuro dipende da incontro giovani-anziani

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Una grande festa per gli anziani di tutto il mondo: Piazza San Pietro ha accolto decine di migliaia di persone per l’incontro del Papa con i nonni giunti dai vari continenti. Un evento promosso dal Pontificio Consiglio per la Famiglia e intitolato “La benedizione della lunga vita”. Presente, nella prima fase dell’incontro, anche Benedetto XVI, abbracciato con affetto da Francesco sul sagrato della Basilica Vaticana. Dopo le toccanti testimonianze di alcuni anziani, il Papa ha presieduto la Santa Messa. Il servizio di Sergio Centofanti

La gioia di ritrovarsi insieme, nonostante le difficoltà, per ringraziare il Signore della vita. Alcuni con i bastoni e in carrozzella, una vecchietta con un cartello rivendicava sorridente i suoi 106 anni: accompagnati da figli e nipoti, erano davvero tanti. Hanno affrontato la fatica dell’età per essere presenti in Piazza San Pietro con il Papa. Francesco li ha ringraziati tutti, iniziando da Benedetto XVI che ha accolto volentieri il suo invito a partecipare all’incontro:

“Io ho detto tante volte che mi piaceva tanto che lui abitasse qui in Vaticano, perché era come avere il nonno saggio a casa. Grazie!”.

Ci sono state alcune testimonianze, in particolare quella di una coppia di profughi iracheni, sposati da 51 anni, fuggiti “da una violenta persecuzione”. Il Papa ha rivolto loro un “grazie speciale”:

“E’ molto bello che siate venuti qui oggi: è un dono per la Chiesa. E noi vi offriamo la nostra vicinanza, la nostra preghiera e l’aiuto concreto. La violenza sugli anziani è disumana, come quella sui bambini. Ma Dio non vi abbandona, è con voi! Con il suo aiuto voi siete e continuerete ad essere memoria per il vostro popolo; e anche per noi, per la grande famiglia della Chiesa. Grazie!”.

“Questi fratelli – ha detto il Papa - ci testimoniano che anche nelle prove più difficili, gli anziani che hanno fede sono come alberi che continuano a portare frutto”.  La vecchiaia – ha proseguito - è un tempo di grazia”, nel quale il Signore “ci chiama a custodire e trasmettere la fede, ci chiama a pregare, specialmente a intercedere; ci chiama ad essere vicino a chi ha bisogno”:

“Ma gli anziani, i nonni hanno una capacità per capire le situazioni più difficili: una grande capacità! E quanto pregano per queste situazioni, la loro preghiera è forte, è potente!”.

I nonni hanno il “compito grande” di “trasmettere l’esperienza della vita, la storia di una famiglia, di una comunità, di un popolo; condividere con semplicità una saggezza, e la stessa fede: l’eredità più preziosa”:

“Beate quelle famiglie che hanno i nonni vicini! Il nonno è padre due volte e la nonna è madre due volte. E in quei Paesi dove la persecuzione religiosa è stata crudele - penso, per esempio, all’Albania, dove mi sono recato domenica scorsa - in quei Paesi sono stati i nonni a portare i bambini a battezzare di nascosto, a dare loro la fede. Bravi! Sono stati bravi nella persecuzione e hanno salvato la fede in quei Paesi!”.

Ma non sempre – ha aggiunto - l’anziano ha una famiglia che può accoglierlo:

“E allora ben vengano le case per gli anziani… purché siano veramente case, e non prigioni! E siano per gli anziani: siano per gli anziani e non per gli interessi di qualcuno altro! Non ci devono essere istituti dove gli anziani vivono dimenticati, come nascosti, trascurati”.

“Le case per anziani – ha sottolineato il Papa - dovrebbero essere dei ‘polmoni’ di umanità”, dei “santuari” di umanità “dove chi è vecchio e debole viene curato e custodito come un fratello o una sorella maggiore”:

“Fa tanto bene andare a trovare un anziano! Guardate i nostri ragazzi: a volte li vediamo svogliati e tristi; vanno a trovare un anziano, e diventano gioiosi!”.

Papa Francesco denuncia “la realtà dell’abbandono degli anziani”, spesso scartati con atteggiamenti “che sono una vera e propria eutanasia nascosta”, perché a comandare “c’è il denaro”:

“Siamo tutti chiamati a contrastare questa velenosa cultura dello scarto! Noi cristiani, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, siamo chiamati a costruire con pazienza una società diversa, più accogliente, più umana, più inclusiva, che non ha bisogno di scartare chi è debole nel corpo e nella mente, anzi, una società che misura il proprio ‘passo’ proprio su queste persone”.

“Un popolo che non custodisce i nonni e non li tratta bene – ha esclamato il Papa - è un popolo che non ha futuro!”:

“E’ una delle cose più belle della vita di famiglia, della nostra vita umana di famiglia, è carezzare un bambino e lasciarsi carezzare da un nonno e da una nonna!”.

Dopo il discorso del Papa è iniziata la seconda fase dell'incontro coi nonni, la Santa Messa presieduta da Francesco e concelebrata da numerosi sacerdoti anziani. Il Pontefice, commentando nell’omelia il Vangelo dell’incontro tra Maria e l’anziana cugina Elisabetta, ha sottolineato che non c’è futuro “senza questo incontro tra le generazioni, senza che i figli ricevano con riconoscenza il testimone della vita dalle mani dei genitori”. “Ci sono talvolta generazioni di giovani che, per complesse ragioni storiche e culturali vivono in modo più forte il bisogno di rendersi autonomi dai genitori, quasi di ‘liberarsi’ del retaggio della generazione precedente. E’ come un momento di adolescenza ribelle. Ma, se poi non viene recuperato l’incontro, se non si ritrova un equilibrio nuovo, fecondo tra le generazioni, quello che ne deriva è un grave impoverimento per il popolo, e la libertà che predomina nella società è una libertà falsa, che quasi sempre si trasforma in autoritarismo”.

“Maria – ha sottolineato - ha saputo ascoltare quei genitori anziani e pieni di stupore, ha fatto tesoro della loro saggezza, e questa è stata preziosa per lei, nel suo cammino di donna, di sposa, di mamma”:

“Così la Vergine Maria ci mostra la via: la via dell’incontro tra i giovani e gli anziani. Il futuro di un popolo suppone necessariamente questo incontro: i giovani danno la forza per far camminare il popolo e gli anziani irrobustiscono questa forza con la memoria e la saggezza popolare”.

Al termine della Messa, il Papa ha guidato la preghiera mariana dell’Angelus ricordando la Beatificazione ieri a Madrid di mons. Álvaro del Portillo, sacerdote, vescovo e primo successore del fondatore dell’Opus Dei, San Josemaría Escrivá de Balaguer: “La sua esemplare testimonianza cristiana e sacerdotale – ha detto - possa suscitare in molti il desiderio di aderire sempre più a Gesù e al Vangelo”. Quindi, ha ricordato che domenica prossima inizierà il Sinodo della famiglia, invitando “tutti, singoli e comunità, a pregare per questo importante evento” che affida a Maria Salus Populi Romani. Infine, ha invocato “la protezione di Maria per gli anziani del mondo intero, in modo particolare per quelli che vivono situazioni di maggiore difficoltà”.

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Amore, fede e sofferenza nelle testimonianze degli anziani in Piazza San Pietro

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Piazza San Pietro si è cominciata a riempire fin dalle 8 del mattino. Gli anziani e i nonni sono arrivati da venti nazioni e con loro anche tanti nipoti. Prima della Messa, una festa che ha visto testimonianze, letture bibliche e canzoni alternarsi sul sagrato della Basilica Vaticana. Il servizio di Alessandro Guarasci: 

Una vera festa per ricordare il valore dell’essere anziani, la capacità di guardare avanti grazie alla forza dell’esperienza che ogni nonno porta con sé. No quindi ad una cultura dello scarto, dice mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, no a “considerare gli anziani come se fossero dei rifiuti”. E un valore lo hanno anche le rughe. “Me le sono guadagnate una ad una” diceva Anna Magnani. Ma questa giornata è anche un omaggio a Benedetto XVI, definito da mons. Paglia “primo nonno tra tutti i nonni”. Le coppie di anziani sono  la testimonianza viva della bellezza del matrimoni. In piazza c’è Guido Spigalia, 92 anni, sposato da 62 con Ernesta:

"È un amore grande che è cresciuto ancora negli ultimi anni, da quando Ernesta è sulla sedia a rotelle. Anche questa mattina ci siamo svegliati insieme: adesso è sulla sua poltrona e sta pregando con noi da casa".

Vecchiaia però a volte significa anche malattia. Tanti l’affrontano con la forza della fede. Padre Sebastiano, un anziano cappuccino emiliano, assiste i malati di Alzheimer:

"Come Raffaele che si aggira tra le stanze della sua casa che non riconosce più, è smarrito e non dorme mai, compie dei gesti estranei a lui e a chi lo circonda. Noi non smettiamo di cercare una chiave per entrare nel suo universo e alleggerire la famiglia di questo dolore".

E gli anziani vivono condizioni difficili ancor nei teatri di guerra. A San Pietro sono arrivati Mubarak e Aneesa, assieme da 51 anni, fuggiti da Mosul in Iraq perché minacciati dallo Stato Islamico. Il loro saluto al Papa è accompagnato dalle campane della chiesa della città di Alqosh:

"Vogliamo dire con la nostra testimonianza che la guerra è veramente una follia e speriamo che il mondo impari da questa lezione".

I nonni sono uno scrigno di storie ed esperienze per i nipoti, che spesso vedono in loro un riferimento profondo. Tom si rivolge al Papa ma idealmente a tutti i nonni del mondo:

"Papa Francesco, anche tu sei stato un bambino che ha ascoltato la saggezza dei nonni. Oggi sei per noi bambini come un nonno e noi ti amiamo molto. Aiutaci a far comprendere quanto è grande il ruolo dei nonni nella famiglia".

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I nonni: insegniamo il valore della fede ai nostri nipoti

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Decine di migliaia i nonni e gli anziani giunti da tutto il mondo in Piazza San Pietro per incontrare Papa Francesco, che li ha invitati a trasmettere la fede soprattutto alle nuove generazioni. Ascoltiamo alcuni commenti raccolti da Marina Tomarro: 

R. - Io penso che si risponda solo con la vita, col modo di vivere. Non ci sono dei modi particolari: se uno la fede la vive e vive in base a quella fede, automaticamente viene trasmessa. Non ci possono essere delle regole stabilite.

R. - Si trasmette con la propria vita, trasmettendo quello che si fa e si deve fare sempre con gioia e con entusiasmo. Poi, soprattutto, una cosa ho insegnato sempre: la sincerità e il rispetto per tutto, per le piante, per le cose anche. Per le persone, soprattutto per quelle più sofferenti.

R. - Attraverso le opere quotidiane, attraverso l’armonia, la pace, la misericordia, il perdono.

D. - Quanti nipoti ha e cosa vuole dire per lei essere nonno?

R. - Io ne ho quattro e sono tutta la mia vita! Ricomincio da capo… Sono ritornato giovane!

D. - Quali sono i valori che lei cerca di trasmettere ai suoi nipoti?

R. - Prima di tutto quelli dell’onesta, dell’amore per il prossimo; di essere molto aperti verso gli altri, come Gesù è stato verso di noi.

D. - Il Papa ha detto che un popolo che non custodisce i nonni è un popolo che non ha futuro. Lei cosa ne pensa?

R. - Il futuro di tutti inizia dal passato e il nostro passato sono proprio loro. Non bisogna mai smettere di cercare le proprie radici e a quelle mantenersi saldi.

R. - I giovani dovrebbero aiutarci ed essere più presenti. Noi possiamo dare loro tanto in questo momento e quindi loro - secondo me - dovrebbero avvicinarsi molto di più.

R. - (Un nipote) Dobbiamo aver cura di loro e dei loro bisogni. E poi farsi trasmettere tutta l’esperienza che loro hanno ricevuto negli anni. 

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Il Papa ai gesuiti: remate e siate forti anche col vento contrario

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“Remate e siate forti anche col vento contrario. Remate e pregate, sperando sempre nel Signore”. E’ l’invito che il Papa, ha rivolto ai gesuiti durante la Liturgia di ringraziamento celebrata in occasione del 200.mo anniversario della ricostituzione, nel 1814, della Compagnia fondata da S. Ignazio di Loyola. Nelle parole del Pontefice, in visita per la quarta volta alla Chiesa del Gesù a Roma, tutto lo spirito della vocazione dei gesuiti: discernimento, missione, servizio e totale affidamento alla volontà di Dio, tratti rimarcati, nel suo saluto, anche dal preposito generale, padre Adolfo Nicolás. Il servizio di Gabriella Ceraso:  

Ricordare la ricostituzione della Compagnia di Gesù, duecento anni fa, significa richiamare alla mente "benefici e doni particolari ricevuti" e poi guardare al presente. Lo fa il primo Papa gesuita tra i suoi confratelli, durante una Liturgia di ringraziamento del tutto particolare, che ricorda la missionarietà dell’ordine, con le sette lampade accese a rappresentare la Curia e le conferenze mondiali; e la fedeltà a Dio, nelle solenni promesse rinnovate insieme.Nei tempi di turbamento, umiliazione e confusione, come furono quelli che portarono alla soppressione della Compagnia, Francesco ricorda l’atteggiamento che l’ultimo generale di allora, padre Lorenzo Ricci, visse con i suoi confratelli, il discernimento:

"Davanti alla perdita di tutto, perfino della loro identità pubblica, non hanno fatto resistenza alla volontà di Dio, non hanno resistito al conflitto cercando di salvare sé stessi. La Compagnia – e questo è bello – ha vissuto il conflitto fino in fondo, senza ridurlo: ha vissuto l’umiliazione con Cristo umiliato, ha ubbidito. Non ci si salva mai dal conflitto con la furbizia e con gli stratagemmi per resistere".

La Compagnia, sottolinea il Papa, ha preferito, dunque, davanti all’umiliazione," vivere il discernimento della volontà di Dio", che solo salva dall’egoismo e dalla mondanità, e riconoscere i propri peccati, evitando così ogni vittimismo:

"Guardare a se stessi riconoscendosi peccatori evita di porsi nella condizione di considerarsi vittime davanti a un carnefice. Riconoscersi peccatori, riconoscersi davvero peccatori, significa mettersi nell’atteggiamento giusto per ricevere la consolazione".

Davanti anche alla sua stessa fine, la Compagnia, afferma Francesco “è rimasta fedele al fine per il quale è stata fondata”: carità, unione, obbedienza, pazienza, semplicità evangelica, vera amicizia con Dio e totale fiducia nel  Signore. "Tutto il resto" afferma il Papa "è mondanità"." La fiamma della maggior gloria di Dio" è il suo auspicio,"anche oggi ci attraversi, bruciando ogni compiaciamento e avvolgendoci in una fiamma che abbiamo dentro, che ci concentra e ci espande, ci ingrandisce e ci rimpicciolisce":

"Dio ci vuol bene e ci salva. A volte il cammino che conduce alla vita è stretto e angusto, ma la tribolazione, se vissuta alla luce della misericordia, ci purifica come il fuoco, ci dà tanta consolazione e infiamma il nostro cuore affezionandolo alla preghiera. I nostri fratelli gesuiti nella soppressione furono ferventi nello spirito e nel servizio del Signore, lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera (cfr Rm 12,13). E questo ha dato onore alla Compagnia, non certamente gli encomi dei suoi meriti. Così sarà sempre. Ricordiamoci la nostra storia: alla Compagnia «è stata data la grazia non solo di credere nel Signore, ma anche di soffrire per lui» (Fil 1,29). Ci fa bene ricordare questo".

Anche la Chiesa, barca di Pietro, può essere oggi, riflette ancora il Papa, sballottata dalle onde, come fu allora la nave della Compagnia di Gesù. "La notte e il potere delle tenebre”, ribadisce Francesco, “sono sempre vicini”:

"Costa fatica remare. I gesuiti devono essere «rematori esperti e valorosi» (Pio VII, Sollecitudo omnium ecclesiarum): remate dunque! Remate, siate forti, anche col vento contrario! Remiamo a servizio della Chiesa. Remiamo insieme!  Ma mentre remiamo – tutti remiamo, anche il Papa rema nella barca di Pietro – dobbiamo pregare tanto: «Signore, salvaci!», «Signore salva il tuo popolo!». Il Signore, anche se siamo uomini di poca fede ci salverà. Speriamo nel Signore! Speriamo sempre nel Signore!".

E lo sguardo del Papa resta al presente della Compagnia di Gesù. Nelle sue parole la conferma di quanto disse già Paolo VI alla trentaduesima congregazione dell' Ordine: ovunque nella Chiesa vi sia il confronto tra esigenze brucianti dell’uomo e perenne messaggio del Vangelo, là vi sono stati e vi sono i Gesuiti. E ai confratelli Francesco ricorda come dopo la prova della croce, la Compagnia ricostituita nel 1814, riprese la sua attività apostolica, unita e investita della missione di portare la luce del Vangelo: "così", dice il Papa , "dobbiamo sentirci noi oggi, in uscita, in missione":

"L’identità del gesuita è quella di un uomo che adora Dio solo e ama e serve i suoi fratelli, mostrando attraverso l’esempio non solo in che cosa crede, ma anche in che cosa spera e chi è Colui nel quale ha posto la sua fiducia (cfr 2 Tm 1,12). Il gesuita vuole essere un compagno di Gesù, uno che ha gli stessi sentimenti di Gesù".

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L'intervento del card. Caffarra al Cortile dei Gentili a Bologna

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E’ la Thorah la nota dominante di quest’ultima giornata del Cortile dei Gentili che si chiude oggi a Bologna. Nell’Aula Magna universitaria è stato mostrato per la prima volta al pubblico un’importante rotolo manoscritto del XII secolo. Ieri sera nella Basilica di San Petronio una serata spettacolo per ascoltare il tempo con musica e parole. Per noi c’era Luca Tentori

“Come rotolo intero di uso liturgico è il più antico del Pentateuco che noi abbiamo ed è databile intorno al XII secolo”.

E’ passato un anno da quando il professor Mauro Perani, ordinario di ebraico all’Alma Mater di Bologna ha ritrovato nella biblioteca dell’Università questo antico manoscritto, conosciuto dal 1300 e famoso per la sua antichità fino al 1800, quando se ne persero le tracce dopo la deportazione napoleonica in Francia. Un documento unico e preziosissimo che oggi in una speciale installazione ha mostrato al pubblico alcuni dei suoi 36 metri di lunghezza. Diversi elementi confermano la validità di questa datazione:

“E’ scritto secondo una tradizione grafico scrittoria babilonese che poi scomparirà. E ha poi un tenore testuale vicino al Codice di Aleppo del IX secolo, ma che è andato in qualche modo perduto”.

Ieri sera invece parole e musica di artisti, scrittori, attori e poeti si sono intrecciate per raccontare il tempo sotto le scenografiche volte della Basilica cittadina di San Petronio che contiene la famosa Meridiana illustrata dell’astronomo Adriano Guarnieri:

“Tutti abbiamo la percezione che il tempo fugge, ma nonostante questa sua caratteristica il tempo è misurabile e la grande Meridiana di San Petronio ce lo attesta, perché fu il più grande strumento per la misura del tempo nel XVII secolo. Con essa Cassini, il realizzatore della Meridiana, verificò l’esattezza del calendario gregoriano che ancora oggi utilizziamo”.

E un saluto ai presenti è stato offerto anche dall’arcivescovo di Bologna, il cardinale Carlo Caffarra, che ha ricordato la peculiarità cristiana del tempo. “Il passato della fede, che narra ciò che Dio ha compiuto nel tempo - ha detto il cardinale - è sempre anche un presente, che ha in sé l’attesa di un futuro. E’ nell’istante che Dio agisce che chiede la risposta della nostra libertà”. Il “reo tempo” è divenuto “dies salutis”.

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Oggi in Primo Piano



Siria, raid contro 3 raffinerie. Al Nusra si unisce all'Is

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Proseguono i raid aerei della coalizione internazionale contro le postazioni dello Stato islamico (Is) in Iraq e Siria. Intanto, mentre la Russia accusa la Casa Bianca, i jihadisti incassano il sostegno di al Nusra, il braccio di al Qaeda che fronteggia il regime di Bashar al Assad. Il servizio è di Eugenio Bonanata: 

Colpiremo i membri della coalizione internazionale a guida statunitense ovunque nel mondo, perché hanno dichiarato guerra all’Islam. Così al Nusra rompe gli indugi e annuncia il suo sostegno agli ex rivali dell’Is. E lo fa attraverso un messaggio audio in cui il portavoce del movimento spiega che la guerra durerà decenni. Una mossa che arriva dopo l’appoggio di al Qaeda nel Maghreb islamico e di al Qaeda nella penisola araba e che sancisce la saldatura dell’universo qaedista attorno al sedicente califfato di Al Baghdadi. Intanto, contro la Casa Bianca si scaglia il ministro degli Esteri russo Lavrov che accusa gli Stati Uniti di uso unilaterale della forza in difesa dei propri interessi in diversi contesti internazionali. E se il presidente Obama torna a rivendicare la leadership mondiale contro il terrorismo islamico, l’Iran ribadisce che attaccherà in Iraq solo se gli estremisti si avvicineranno ai propri confini. A lanciare l’ipotesi di un’operazione di terra è la Turchia che in questo caso potrebbe valutare il suo ingresso nella coalizione. Adesso, però, da Raqqa a Erbil, si continua a colpire solo per via aerea. In territorio siriano, tra gli obiettivi di questi giorni, almeno 3 raffinerie petrolifere usate dall’Is nei pressi del confine turco. Ed è stata confermata l’uccisione di un importante leader di un gruppo terroristico legato ad al Nusra. A Mosul, infine, a perdere la vita almeno una sessantina di ribelli islamici.

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In fuga dalle guerre: aumentano domande d’asilo in Europa e Usa

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Oltre 330mila persone nel 2014 hanno chiesto asilo in Europa, Stati Uniti e Paesi dell’Asia-Pacifico. Lo ribadisce l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite che mette in evidenza, nel suo ultimo rapporto, che oltre la metà dei flussi è dato da persone che fuggono da guerre. Questo lunedì a Ginevra si  apre la 65.ma sessione del Comitato Esecutivo dell’Acnur, al centro dei lavori: come incrementare l’attenzione internazionale. Massimiliano Menichetti ha intervistato Carlotta Sami, portavoce per l’Italia dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati: 

R. - Ancora oggi la maggior parte dei rifugiati vengono accolti e ricevono protezione in Paesi in via di sviluppo che presentano, evidentemente, già loro delle grosse difficoltà; ma sono in aumento le richieste di asilo anche nei Paesi industrializzati, soprattutto nei Paesi europei - Germania, Svezia, Francia, Turchia, Italia in testa - e Stati Uniti. E’ ormai sempre più evidente come queste richieste siano da mettere in relazione ai conflitti: conflitti che sono sempre più accesi e purtroppo anche molto vicini al continente europeo.

D. - Oltre 330 mila richiedenti asilo, ma da dove vengono tutte queste persone?

R. - E’ una realtà fatta di almeno un 60 per cento di richieste che vengono da siriani. Un grande numero - in crescita - è dato da un Paese che continua ad essere in forte instabilità che è l’Afghanistan. Infatti le due più grandi popolazioni al mondo di rifrugati sono date ormai proprio dalla Siria e dall’Afghanistan. Abbiamo poi l’Iraq, in numero assolutamente crescente, e l’Eritrea, un Paese che vive ormai da decenni sotto una dittatura soffocante. E poi ultimo fenomeno - da luglio in avanti - i rifrugati palestinesi, che non erano mai usciti: dopo l’ultimo conflitto disastroso tra Gaza e Israele abbiamo anche arrivi da Gaza.

D. - Il quadro dell’accoglienza a livello mondiale com’è?

R. - E’ un quadro disarmonico, perché è un quadro in cui ancora i tre quarti dei rifugiati trovano accoglienza in Paesi poveri o in Paesi in via di sviluppo e con grandi difficoltà e in numero troppo eseguo nei Paesi industrializzati. Però la pressione su Paesi come quelli del continente europeo è destinata a crescere, perché questi conflitti sono a noi molto vicini. Da qui il richiamo del nostro Alto Commissario Gutierrez, che ha rivolto proprio un monito alla Comunità internazionale affinché prepari la popolazione di questi Paesi - e quindi dei Paesi industrializzati - al fatto che nei prossimi mesi e nei prossimi anni ci troveremo a dover dare accoglienza ad un numero crescente di rifugiati.

D. - Guardando il bacino del Mediterraneo, si discute sulla missione di salvataggio in mare Mare Nostrum, che dovrebbe essere sostituita da Frontex Plus, più di contenimento…

R. - Noi crediamo che non sarà una sostituzione. Noi siamo molto fiduciosi che questo non avvenga, ma che ci sia un affiancamento. Non è possibile, dal nostro punto di vista, nemmeno pensare all’arretramento delle forze presenti nel Mediterraneo. Oramai abbiamo naufragi giornalieri: sono decine le imbarcazioni che solcano il Mediterraneo con centinaia, migliaia di persone a bordo, sempre più donne e bambini in condizioni veramente disumane. Quindi per noi è assolutamente impossibile pensare ad un arretramento degli sforzi. Bisogna anzi pensare a rinforzare quello che già esiste!

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Card. Bagnasco: l'art. 18 non è un dogma, ma ciò che conta è creare lavoro

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Di articolo 18, ma non solo, ha parlato a Genova il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, a margine di un incontro con i rappresentanti dei sindacati confederali del capoluogo ligure. Tema principale la forte crisi industriale sotto la Lanterna. Ce ne riferisce Dino Frambati

“L'articolo 18 non è un dogma di fede e la sua abolizione serve solo se crea posti di lavoro, altrimenti non serve a niente”. Parole del cardinale Angelo Bagnasco, dopo l'incontro con i sindacati, dove ha esortato ad essere uniti, affrontare “questo nodo con la sola intenzione ed obiettivo”, di creare lavoro. “Le campagne elettorali – ha detto - non fanno mai bene per affrontare e risolvere i problemi pratici, tutto diventa un po’ falsato”. Occorre “volontà di guardare il bene comune e non il proprio futuro immediato”. A margine l'arcivescovo di Genova e presidente Cei ha toccato anche il tema della fecondazione eterologa, sottolineando come “i bambini si generano, non si producono. Sono un dono, non un diritto”. Ed infine sul terrorismo: “Lo scenario internazionale creato dall'Is in Medio Oriente è “molto preoccupante” con “inedita e quasi compiaciuta esibizione della barbarie”. Da fermare poi “la persecuzione di cristiani e minoranze religiose”. Barbarie su cui “il mondo occidentale ha taciuto troppo a lungo”. Soddisfatti i sindacati, ha dichiarato il segretario genovese Cisl Antonio Graniero: con il cardinale il discorso è stato ampio.

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Centrafrica. Camilliano premiato per aver salvato decine di musulmani

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Una missione che è rimasta fedele al carisma di San Camillo e che ha aiutato e soccorso tanti centrafricani nel periodo difficile degli scontri tra milizie Seleka e milizie anti-Balaka. E’ quella di Bossemptélé, dove una comunità di Camilliani, insieme ad altre religiose, gestisce un ospedale e cura l’apostolato della parrocchia Santa Teresa del Bambin Gesù. Human Rights Watch ha conferito al superiore della comunità, padre Bernard Kinvi, il premio Alison Des Forges per aver salvato la vita a decine di musulmani mettendo a repentaglio la propria. Tiziana Campisi lo ha intervistato e gli ha chiesto qual è la situazione adesso a Bossemptélé: 

R. - On peut parler d’un moment de calme, de tranquillité…
Si può parlare di un momento di calma, di tranquillità. Si può dire che la speranza della pace sta rinascendo. 

D. - Cosa fate nella missione?

R. - Dans notre mission…
Nella nostra missione ci sono due comunità religiose, dei Camilliani e delle Carmelitane. I Padri camilliani si occupano soprattutto della parrocchia Santa Teresa del Bambin Gesù di Bossemptélé e poi dell’ospedale San Giovanni Paolo II di Bossemptélé.

D. - Come avete vissuto i primi mesi di quest’anno?

R. - C’etait des moments très difficiles…
Sono stati dei momenti molto difficili, una cosa che io non avrei mai immaginato, pensato, nella mia vita, e tuttavia è successo e il Signore ci ha dato la forza di vivere tutti questi momenti. Bisogna dire che in realtà erano le milizie Seleka che ci minacciavano e minacciavano la popolazione, e tutti i non musulmani erano minacciati di morte. C’è stata quindi una rivolta di non musulmani contro le milizie Seleka ma che è degenerata. Sicché le milizie anti-Balaka, che sono venute a cacciare le milizie Seleka, hanno commesso anche più esazioni delle milizie Seleka. Hanno ucciso tutti coloro che vedevano come musulmani. In realtà i media presentavano queste milizie anti-Balaka come dei cristiani, come una milizia cristiana, ma non erano milizie cristiane. Noi abbiamo dovuto prenderci cura innanzitutto dei non musulmani che erano minacciati dai Seleka e quando la milizia anti-Balaka ha preso il sopravvento ci siamo dedicati all’aiuto dei civili musulmani che fuggivano. Le milizie anti-Balaka hanno cominciato con l’attaccare i musulmani, abbiamo visto molti morti nelle strade; siamo andati a prendere i morti per seppellirli, abbiamo trovato molti profughi nei quartieri, li abbiamo accompagnati in ospedale; abbiamo curato molti feriti in ospedale e abbiamo accolto più di 1500 persone nella scuola Santa Teresa delle suore carmelitane.

D. - Per la sua missione Human Right Watch ha deciso di conferirle il premio Alison del Forges, che cosa ne pensa?

R. - D’abord c’était une grande surprise…
Innanzitutto è stata una grande sorpresa. Non sapevo nemmeno che ci fosse un tal premio, e quando ho lavorato al fianco di quelle persone deboli, che avevano bisogno del nostro aiuto, non ho pensato ad un simile premio e non sapevo che io, che i miei confratelli e le suore stessimo compiendo un atto eroico. Posso dire che questo premio è per me un incoraggiamento, un segno di Cristo che ci dice: “Fratelli miei, figli miei, quello che avete fatto è buono e continuate così”. Vorrei ricordare che, è vero, questo premio mi è stato dato, ma mi considero come un rappresentante di tutta la missione cattolica di Bossemptélé e allo stesso tempo di tutti i sacerdoti, di tutti i religiosi, le religiose che, ovunque, nel Centrafrica si sono battuti per salvare i civili.

D. - Adesso la missione continua…

R. - La mission continue…
La missione continua. Attualmente abbiamo una seconda fase di transizione. Abbiamo a che fare con una popolazione sempre più povera, sempre più malata e che non riesce a farsi curare a causa dei costi delle cure. Allora ciò che vogliamo è chiedere tutto l’aiuto possibile perché la popolazione possa avere accesso rapidamente alle cure senza spendere troppo. La seconda cosa da fare è invitare la popolazione a lavorare, si tratta per lo più di coltivatori. Allora, come sostenerli, come aiutarli a ritornare ai campi, a lavorare nei loro campi e a vivere dei frutti del loro lavoro? La terza priorità e che abbiamo constatato che questa popolazione è una popolazione che veramente soffre di analfabetismo, ci sono tanti che non sono istruiti e questo fa sì che anche i ragionamenti non siano buoni. Vogliamo stimolare questa popolazione a studiare, ad andare a scuola. Consideriamo come priorità anche l’istruzione dei bambini, così si assicura il futuro del Paese.

D. - Vuole lanciare un appello?

R. - Je veux un appel spéciale…
Voglio fare un appello speciale e rivolgermi a tutti i figli del Centrafrica, a riconciliarsi, a lavorare per la pace a non cadere in questa trappola che ha trasformato tutta la crisi in una crisi interconfessionale. In Centrafrica da sempre i musulmani e i non musulmani vivono insieme e hanno buone relazioni. Allora vorrei veramente che tutti i figli e le figlie del Paese si prendano per mano per lavorare. Il mio sogno è che tutti i musulmani che sono fuggiti dal Paese e che lavoravano con sacrificio in Centrafrica e che sono dovuti fuggire dal loro Paese possano tornare un bel giorno e lavorare per costruire un Centrafrica migliore.

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Progetto "Mediterranea": 5 anni a vela per il dialogo tra i popoli

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Cinque anni a vela tra il Mediterraneo, il Mar Nero ed il Mar Rosso, navigando tra 29 Paesi diversi: è questo il “Progetto Mediterranea”, una spedizione nautica, scientifica e culturale che fino al 2018 vedrà una barca a vela di 18 metri percorrere oltre 20mila miglia. Obiettivo: ribadire la salvaguardia del mare e promuovere il dialogo culturale ed interreligioso tra i popoli. Isabella Piro ne ha parlato con Simone Perotti, tra i fondatori del progetto: 

R. - Il Progetto Mediterranea è il tentativo di trovare le risorse intellettuali utili ad affrontare le sfide di questa epoca in profonda crisi di valori. Dove cercare queste risorse intellettuali? Ovviamente, nel Mediterraneo che è un luogo da sempre di una straordinaria ricchezza culturale. Per questo, noi vogliamo incontrare intellettuali, artisti, scrittori, che possano darci la loro visione non solo del Mediterraneo, ma anche dal Mediterraneo, in un’epoca di profonda crisi.

D. - La rotta di Mediterranea toccherà 29 Paesi diversi tra loro, anche nella religione. Il vostro progetto può dare un contributo al dialogo interreligioso?

R. - Il nostro è un viaggio in cui cerchiamo di unire, come in una scia, tanti Paesi che la politica, la finanza e tanti interessi internazionali vogliono divisi. Non crediamo, infatti, che le religioni siano il vero motivo di divisione tra i popoli: non sono mai le religioni a dividere le regioni. Le divisioni sono molto spesso economiche, dipendono dai grandi poteri, dagli scacchieri internazionali. Il Mediterraneo è l’area dove sono nate e cresciute le tre grandi religioni monoteiste del pianeta e quindi è un’area che più di ogni altra dovrebbe esprimere l’elemento dell’accoglienza, del dialogo e della comprensione, perché queste tre religioni fanno riferimento, spesso, a principi comuni. I fondamentalismi sono una minaccia a tutto questo.

D. - La vostra barca si muove nell’area del Mediterraneo, teatro da tempo di innumerevoli sbarchi di migranti…

R. - Questo è un olocausto, un vero olocausto che tocca intere generazioni: migliaia di persone che sono in fondo al mare nel canale di Sicilia e tante altre lungo le tante frontiere europee che vengono raggiunte da persone disperate. In un’ottica di cittadinanza mediterranea, questi migranti non sarebbero forestieri che tentano di raggiungere l’Europa, ma sarebbero nostri concittadini che si muovono per migrazioni naturali, all’interno di un’area omogenea anche rispetto alla fratellanza, alla relazione che c’è sempre stata, attraverso i secoli, tra popoli che si affacciano su sponde diverse del Mediterraneo e che dovrebbero essere in condizioni di aiutarsi, di sostenersi, e non certo di rifiutarsi l’un l’altro o di mettere addirittura a repentaglio le vite di chi si sposta da un lato all’altro del Mediterraneo. Questa è un’emergenza assoluta. Sulla nostra barca, abbiamo sempre issata la bandiera del Comune di Lampedusa per ricordare questa emergenza. Lo facciamo con grande amicizia verso i lampedusani ed i siciliani che accolgono i migranti, ed anche con grande solidarietà verso i migranti che chiedono di essere accolti e tentano di cambiare il loro destino, mettendo a rischio la propria vita.

D. - “Mediterranea” è una barca ecocompatibile ed ecosostenibile. In che modo promuovete la salvaguardia del Creato?

R. - Abbiamo un impianto di generazione energetica solare ed eolica che rende la barca totalmente autosufficiente; andiamo a vela ogni volta che è possibile per essere in mare nel modo meno impattante possibile; ospitiamo a bordo ricercatori di varie Università per fare ricerca applicata al mare. Quindi: prelievo del plancton per poterlo mappare e conoscere lo stato di salute del mare; osservazione e segnalazione di meduse che sono uno dei grandi settori di ricerca ancora inesplorati del mare; studi, prelievi e analisi sull’impatto delle microplastiche nelle acque marine, che rappresentano una grande calamità. Anche per quanto riguarda l’uso dell’acqua dolce: in mare, è una risorsa preziosa che non può essere sprecata, quindi noi ne facciamo un uso molto attento. Insomma: ognuno di noi può fare qualcosa, può offrire un’occasione alla ricerca scientifica ed alla tutela dell’ambiente. E noi per primi vogliamo fare questo.

D. - Il progetto dura cinque anni: una controtendenza rispetto alla “cultura usa-e-getta” contemporanea…

R. - Sì, assolutamente. In un’epoca in cui tutto viene pensato, realizzato e consumato alla velocità della luce, in una cultura in cui non c’è mai il tempo e la possibilità di ascoltare e di tentare dialoghi che non siano immediati, ma che passano per la comprensione e l’accettazione, noi tentiamo di applicare il metodo opposto. Ci prendiamo il tempo necessario perché il tempo lento, il tempo del Mediterraneo è lo spazio vero della comprensione e della possibilità della relazione.

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Etiopia, bimba a medico Cbm: "Grazie, mi hai ridato gli occhi!"

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Nei Paesi più poveri del mondo, solo 5 bambini con disabilità su 100 hanno accesso all’istruzione. Per affrontare questa gravissima situazione dell’infanzia, l’associazione Cbm, Missioni cristiane per i Ciechi nel Mondo, sta sostenendo 11 progetti educativi in 9 Paesi, tra cui Etiopia e Palestina, Uganda e Vietnam. Alessandro Gisotti ha raccolto il commento del dottor. Mario Angi, presidente di Cbm Italia: 

R. – Noi ci occupiamo soprattutto di disabilità visiva. Sottolineo che l’ultimo progetto dell’Oms, che è uscito nel piano quinquennale del 2014-2019, mette la disabilità visiva e gli errori di refrazione non corretti al primo posto fra le cause di ipovisione e cecità evitabile nel mondo. E quindi noi, come Cbm, siamo particolarmente attenti e dedicati a fornire ai bambini che vanno a scuola e alle popolazioni più povere la possibilità di un accesso alle cure e alla correzione dei difetti di vista e dei difetti fisici che impediscano loro una fruizione del diritto all’istruzione.

D. – Per i bambini disabili – afferma Cbm – poter andare a scuola significa salvarsi, significa vivere …

R. – Quest’anno, sono stato in Romania, in Bolivia e in Etiopia; in tutti e tre i posti ho visto che non c’è una politica di screening, una politica di valutazione dei bambini i quali molto spesso sono emarginati proprio all’interno della loro classe o dei loro gruppi sociali in quanto portatori di un handicap che a volte non sanno neanche di avere. Quindi, come oculista volontario e come presidente di Cbm mi spendo e faccio quello che posso per diffondere questa cultura della prevenzione e della cura, soprattutto dei bambini e dei loro difetti visivi, per aiutarli a raggiungere una capacità di apprendimento e una capacità di sviluppo più completa.

D. – Cbm sta portando avanti 11 progetti educativi, in questo momento, e queste scuole sono l’unica speranza di salvezza per questi bambini ciechi o comunque con patologie molto gravi. C’è una storia che possa in qualche modo sintetizzare positivamente l’impegno di Cbm?

R. – Io ricordo in particolare una bambina in Etiopia, che era affetta da gravissima miopia e che ho operato di rimozione della lente con impianto di cristallino artificiale, dandole la possibilità di vedere e di tornare a scuola. E’ ritornata l’anno dopo, a prendermi, quando ha saputo che ero tornato in servizio, per invitarmi a casa sua a prendere un piatto di spaghetti – perché ero italiano – e un caffè. Tenendomi per mano, mi ha portato a casa sua dicendomi: “Dottore, ti ringrazio perché mi hai ridato i miei occhi” …

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Nella Chiesa e nel mondo



Stati Uniti. I vescovi: serve azione più incisiva contro Ebola

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Mentre il virus dell’Ebola continua a mietere vittime in Africa occidentale, i vescovi degli Stati Uniti chiedono all’Amministrazione americana di farsi portavoce di un’azione comune più incisiva della comunità internazionale per aiutare i Paesi colpiti a fare fronte a questa emergenza sanitaria che vede impegnata in prima linea la Chiesa.  Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono necessari almeno un miliardo di dollari e molti mesi di intensi interventi per riportare sotto controllo l’epidemia che rischia di costare la vita di centinaia di migliaia persone.

In una lettera al consigliere per la Sicurezza Nazionale, Susan Rice, il presidente  della Commissione della Giustizia internazionale e della pace della Conferenza episcopale, mons. Richard E. Pates, chiede agli Stati Uniti, che hanno già stanziato 750 milioni di dollari contro l’Ebola, di convincere, a loro volta, altri Paesi donatori ad offrire più aiuti per affrontare l’emergenza, ma anche nel lungo termine. Questo in collaborazione con la Chiesa cattolica, già presente sul terreno non solo per curare i malati, ma anche per sensibilizzare le popolazione che non si fida delle istituzioni locali.

La lettera sottolinea altresì la necessità di prepararsi anche a fare fronte all’emergenza umanitaria e alle conseguenze a lungo termine dell’epidemia che inevitabilmente avrà un impatto sulle economie e sul tessuto sociale di questi Paesi, già molto fragili. “Siamo pienamente coscienti – conclude mons. Pates – che il mondo oggi è alle prese con diversi problemi e crisi internazionali, come in Medio Oriente e in Ucraina, ma esorto la nostra grande nazione a rivolgere la sua attenzione anche alla protezione dei malati. Le vittime di Ebola sono tra le più vulnerabili del Pianeta”. (L.Z.)

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Hong Kong: studenti in piazza per elezioni libere

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La polizia di Hong Kong ha usato gas lacrimogeni per disperdere i sit-in degli studenti che da giorni manifestano per chiedere democrazia ed elezioni libere. In precedenza le autorità avevano definito “illegale” l’iniziativa condotta davanti alla sede del governo locale da alcune centinaia di giovani. Al centro delle rivendicazioni, in vista delle prossime elezioni, in programma nel 2017, la possibilità di presentare candidature indipendenti. Una possibilità negata dalle autorità cinesi che amministrano l’ex colonia britannica dal 1997 e che tuttavia, per la prima volta, hanno promesso il suffragio universale. La polizia ha eseguito oltre settanta arresti, tra cui diversi deputati e il leader studentesco Joshua Wong, di 17 anni. Nonostante ciò, i manifestanti hanno lanciato una campagna di disobbedienza civile, chiamata Occupy Central, con l’obiettivo di bloccare il quartiere sull’isola di Hong Kong dove hanno sede le principali istituzioni. Nei giorni scorsi il capo dell’esecutivo di Hong Kong ha rifiutato una lettera inviata da una delegazione studentesca, affermando che la situazione era “troppo caotica”. Le proteste avrebbero dovuto chiudere una settimana di manifestazioni per la democrazia organizzate dagli studenti medi e universitari.

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Yemen: scontri a Sanaa tra ribelli sciiti ed esercito

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Caos nello Yemen. Nella capitale Sanaa proseguono gli scontri tra esercito e ribelli sciiti che ormai controllano gran parte della città. Il gruppo Ansar al Sharia, legato ad Al Qaeda, ha rivendicato un attacco avvenuto venerdì nei pressi dell'ambasciata americana. Un razzo è caduto nelle vicinanze della struttura ma Washington esprime dubbi che la sede diplomatica fosse il vero obiettivo dell'assalto. Il bilancio è di diversi feriti tra i soldati. Le autorità americane hanno precisato che la sede di Sanaa continua a funzionare, sebbene “con personale ridotto”. In precedenza l’invito ai propri connazionali a lasciare il Paese a causa dei combattimenti che si concentrano nella zona nord della capitale dove si trova la maggior parte dei ministeri e degli uffici governativi. I ribelli hanno conquistato diverse di queste strutture la settimana scorsa e in queste ore hanno tentato di assaltare la a residenza del capo della Sicurezza nazionale Ali Ahmadi, situata vicino al palazzo presidenziale.

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Giappone: almeno 30 morti per l’eruzione del vulcano Ontake

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In Giappone si temono almeno 30 vittime per l’improvvisa eruzione del vulcano Ontake, che ha sorpreso oltre 250 turisti in escursione sul cratere. Ad affermarlo l’emittente televisiva NHK, mentre le autorità di Tokio attendono l’esito delle autopsie. I soccorsi, ripresi in queste ore, mirano a recuperare una quarantina di dispersi molti dei quali hanno trovato riparo in 4 rifugi della zona. A condurre le operazioni, in condizioni difficili per il timore della ripresa dell’attività eruttiva, oltre 500 persone tra vigili del fuoco, polizia e militari. Il vulcano è il secondo più alto del Paese e misura oltre 3 mila metri. Ieri, dopo sette anni di inattività, si è svegliato con una spettacolare eruzione.

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Uruguay. “Andiamo a Messa”, l’app per trovare la Chiesa più vicina

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“Andiamo a Messa”: si chiama così la app, scaricabile sul telefono cellulare, che permette di trovare, in modo veloce ed automatico, le Parrocchie e altri luoghi di culto nelle vicinanze dell’utente, così che possa partecipare alla Santa Messa. Due giovani cattolici uruguaiani, Rodrigo Pérez e Pablo Sánchez, hanno ideato questa applicazione proprio per facilitare la diffusione di informazioni utili ai credenti. “Tante volte - hanno spiegato nella presentazione - si perde la occasione di vivere l’Eucaristica perché si è lontani dai luoghi conosciuti o frequentati, ma anche perché non si hanno a disposizione gli orari o i calendari aggiornati delle celebrazioni”.

“Andiamo a Messa” – disponibile per i tradizionali sistemi operativi - iOS, Android, Windows Phone e BlackBerry - oltre agli orari delle Messe, preghiere e altri riti o celebrazioni, offre ai fedeli anche nuove alternative ai luoghi di culto solitamente frequentati – ad esempio in caso di ritardo o variazione degli impegni personali - senza mai perdere l’opportunità di avvicinarsi al Signore, attraverso i sacramenti e la preghiera comunitaria. L’informazione sulle parrocchie e altri luoghi di culto è realizzata e aggiornata dalla stessa comunità di utenti che devono disporre di un “account” Google o Facebook, per essere abilitati ad offrire suggerimenti e consigli anche su feste, processioni, attività parrocchiali e riti propri della religiosità popolare locale, nazionale e, in futuro, anche mondiale.

Infatti, i giovani ingegneri, insieme a una decina di amici, hanno iniziato a fare la lista delle parrocchie di Montevideo, ma l’idea è estendere la app a tutto il territorio nazionale e internazionale. “Abbiamo pensato a questa idea – ha spiegato Sánchez – l’estate scorsa, durante le ferie: ci trovavamo in un luogo a noi sconosciuto e non sapevamo dove poter celebrare l’Eucaristia”. E così, questi giovani hanno messo le nuove tecnologie al servizio di Dio, della Chiesa e dell’evangelizzazione ed hanno messo in pratica l’invito del Papa a portare Dio nelle strade. “Se manca la comunicazione – concludono i due ragazzi - allora bisogna portare direttamente la Parola di Dio alla gente sulle strade, come dice Papa Francesco”. La app si può scaricare dal link http://www.vamosamisa.com (A.T.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 271

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.