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Sommario del 21/09/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa all'Albania: avete sofferto, ora volate alto con Cristo

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“Sono venuto a rendere grazie per la vostra testimonianza” durante la persecuzione comunista. Ora, siate per l’Europa esempio di un Paese che “vola alto”, aperti a Dio e al rispetto fra voi. È il messaggio centrale che Papa Francesco ha rivolto alle decine di migliaia di persone che hanno partecipato alla Messa celebrata a Tirana e all’Angelus che ha concluso la mattina di impegni del suo quarto viaggio apostolico. Il servizio di Alessandro De Carolis

Per le strade, fra i palazzi e il fasto qua e là ingrigito delle piazze giganti nelle quali avrebbe dovuto vivere e rigenerarsi per sempre la stirpe dell’“uomo nuovo” marxista, giganteggiano da giorni i volti che celebrano silenziosamente la forza del coraggio cristiano. Sguardi placidi di martiri in bianco e nero, che pendono dall’alto sulle vie centrali di Tirana come angeli protettori di una terra che un tempo aveva pensato di mettere Dio fuori legge.

Papa Francesco vi passa sotto tra due ali di folla, diretto verso piazza Madre Teresa dove sorge l’altare all’aperto allestito davanti alla “T” rovesciata degli edifici universitari. E al momento dell’omelia, il messaggio del Vangelo del giorno – che mostra i settantadue discepoli portare la pace di villaggio in villaggio – torna a scavare inevitabilmente fra le pieghe di quell’epoca in cui, osserva il Papa, anche in Albania le “porte si sono chiuse” ai messaggeri di pace di Gesù:

“In un recente passato, anche la porta del vostro Paese è stata chiusa, serrata con il catenaccio delle proibizioni e prescrizioni di un sistema che negava Dio e impediva la libertà religiosa. Coloro che avevano paura della verità e della libertà facevano di tutto per bandire Dio dal cuore dell’uomo ed escludere Cristo e la Chiesa dalla storia del vostro Paese, anche se esso era stato tra i primi a ricevere la luce del Vangelo”.

“Decenni di atroci sofferenze e di durissime persecuzioni contro cattolici, ortodossi e musulmani”. A fronteggiare le quali, in prima linea, vescovi e preti, suore e padri e madri di famiglia, che oggi l’Albania cristiana e non solo ringrazia assieme a Papa Francesco:

“Quanti cristiani non si sono piegati davanti alle minacce, ma hanno proseguito senza tentennamenti sulla strada intrapresa! Mi reco spiritualmente a quel muro del cimitero di Scutari, luogo-simbolo del martirio dei cattolici dove si eseguivano le fucilazioni, e con commozione depongo il fiore della preghiera e del ricordo grato e imperituro. Il Signore è stato accanto a voi, carissimi fratelli e sorelle, per sostenervi”.

Quarantacinque anni nelle catacombe della propria coscienza – l’unica chiesa inviolabile perché le chiese di pietra erano stalle e caserme – e poi la rinascita. “Oggi – riconosce Papa Francesco fra tanti applausi – le porte dell’Albania si sono riaperte e sta maturando una stagione di nuovo protagonismo missionario per tutti i membri del popolo di Dio”:

“Oggi sono venuto per rendervi grazie per la vostra testimonianza e, anche, sono venuto per incoraggiarvi a far crescere la speranza dentro di voi e intorno a voi. Non dimenticatevi l’aquila. L’aquila non dimentica il nido, ma vola alto. Volate alto! Andate su (…) aprendo i vostri cuori a Cristo, a Dio, al Vangelo, all’incontro con Dio, all’incontro fra voi come lo fate e con il quale incontro date testimonianza a tutta l’Europa”.

Sulle labbra del Papa riaffiora in modo significativo il “non abbiate paura” di Giovanni Paolo II, che 21 anni fa venne in Albania a posare la prima pietra della Chiesa che rinasceva. “Non abbiate paura di rispondere con generosità a Cristo che vi invita a seguirlo” è l’invito di Francesco, che parla alla folla con la semplicità di un papà a dei figli che hanno fatto pace dopo un periodo di divisione:

“Non dimenticate le piaghe, ma non vendicatevi. Andate avanti a lavorare sulla speranza di un futuro grande. Tanti tuoi figli e figlie hanno sofferto anche fino al sacrificio della vita. La loro testimonianza sostenga i tuoi passi di oggi e i tuoi passi di domani sulla via dell’amore, sulla via della libertà, sulla via della giustizia e soprattutto sulla via della pace”.

Già all’omelia della Messa, ma più ancora all’Angelus che la conclude, Papa Francesco ricorda come l’Albania sia riconosciuta come “il popolo più giovane dell’Europa”. Ed è quindi ai giovani che dedica le considerazioni che precedono la recita dell’Angelus. Parole che sono un atto di fiducia e uno sprone a non ripetere gli errori del passato:

“Con la forza del Vangelo e l’esempio dei martiri, sappiate dire no all’idolatria del denaro – no  all’idolatria del denaro! – no alla falsa libertà individualista, no alle dipendenze e alla violenza; e dire invece sì alla cultura dell’incontro e della solidarietà, sì alla bellezza inseparabile dal bene e dal vero; sì alla vita spesa con animo grande ma fedele nelle piccole cose. Così costruirete un’Albania migliore e un mondo migliore”.

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Non invochi Dio chi compie violenze: così il Papa da Tirana

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“Nessuno pensi di poter farsi scudo di Dio mentre progetta e compie atti di violenza e di sopraffazione”: così Papa Francesco, nell’incontro con autorità civili, corpo diplomatico e alcuni capi religiosi nel Palazzo presidenziale di Tirana, condanna gli estremisti che travisano il senso religioso. Diritti umani, libertà religiosa, convivenza tra religioni: tra i temi forti toccati nel primo dei sei discorsi di Papa Francesco in Albania. Ascoltiamo il Papa nel servizio di Fausta Speranza: 

“Nessuno prenda a pretesto la religione per le proprie azioni contrarie alla dignità dell’uomo e ai suoi diritti fondamentali, in primo luogo quello alla vita ed alla libertà religiosa di tutti!”.

Papa Francesco lo ribadisce con chiarezza e forza: “Il rispetto dei diritti umani, tra cui spicca la libertà religiosa e di espressione del pensiero, è condizione preliminare per lo stesso sviluppo sociale ed economico di un Paese”. Cita la felice caratteristica dell’Albania, terra di “rispetto e fiducia reciproca tra cattolici, ortodossi e musulmani”, come un bene prezioso, per poi sottolineare il rilievo speciale che tutto ciò ha in questo tempo:

“Da parte di gruppi estremisti, viene travisato l’autentico senso religioso e vengono distorte e strumentalizzate le differenze tra le diverse confessioni, facendone un pericoloso fattore di scontro e di violenza, anziché occasione di dialogo aperto e rispettoso e di riflessione comune su ciò che significa credere in Dio e seguire la sua legge”.

“Quanto accade in Albania – afferma Francesco - dimostra che “la pacifica e fruttuosa convivenza tra persone e comunità appartenenti a religioni diverse è non solo auspicabile, ma concretamente possibile e praticabile”. Ma Papa Francesco sottolinea che si tratta di “un valore che va custodito e incrementato ogni giorno”. E indica la via: “con l’educazione al rispetto delle differenze e delle specifiche identità aperte al dialogo ed alla collaborazione per il bene di tutti, con l’esercizio della conoscenza e della stima gli uni degli altri”. Francesco difende diritti umani, vita, libertà religiosa e spiega:

“Quando la dignità dell’uomo viene rispettata e i suoi diritti vengono riconosciuti e garantiti, fioriscono anche la creatività e l’intraprendenza e la personalità umana può dispiegare le sue molteplici iniziative a favore del bene comune”.

Della “nobile terra di Albania”, Francesco dice: è “terra di eroi, che hanno sacrificato la vita per l’indipendenza del Paese, e terra di martiri, che hanno testimoniato la loro fede nei tempi difficili della persecuzione.” Francesco ricorda che dopo la dittatura comunista, l’Albania da meno di un quarto di secolo “ha ritrovato il cammino arduo ma avvincente della libertà”. Dunque, il Papa parla di “percorso di ricostruzione materiale e spirituale”, di “collaborazione e scambi con i Paesi vicini dei Balcani e del Mediterraneo, con l’Europa e con il mondo intero”.   

Francesco ricorda “l’inverno dell’isolamento e delle persecuzioni”, e poi “la primavera della libertà”, citando “libere elezioni e nuovi assetti istituzionali”, il “pluralismo democratico”. E ricorda che, finita la dittatura, “la Chiesa Cattolica, da parte sua, ha potuto riprendere un’esistenza normale”  e cita luoghi di culto edificati o ricostruiti, scuole e importanti centri educativi e di assistenza, “a disposizione dell’intera cittadinanza”.  

Ma Francesco non nasconde le sfide attuali: “in un mondo che tende alla globalizzazione economica e culturale, - dice - occorre fare ogni sforzo perché crescita e sviluppo siano per tutti e non solo di una parte della popolazione. Dunque, raccomanda: rispetto dei diritti dei poveri e dell’ambiente. “Alla globalizzazione dei mercati – ribadisce - è necessario che corrisponda una globalizzazione della solidarietà. Con una raccomandazione particolare: “insieme ai diritti individuali vanno tutelati quelli delle realtà intermedie tra l’individuo e lo Stato, prima fra tutte la famiglia”.

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Papa ai giornalisti: "L'Albania è un bel segno per il mondo"

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La pacifica convivenza tra le religioni in Albania è "un bel segno per il mondo". Lo ha detto Papa Francesco nel saluto ai 50 giornalisti (di 10 Paesi diversi e di ogni tipo di media) che lo seguono oggi in questo viaggio lampo, mentre era in volo da Roma a Tirana. Il servizio di Roberto Piermarini

"Come ho detto, nel viaggio di rientro dalla Corea, l'Albania e' un Paese che ha sofferto tanto", ha sottolineato il Papa, ma poi "è riuscita a trovare una pace con le differenze religiose. E questo e' un bel segno per il mondo, il dialogo, la pace e l'equilibrio a favore della governance. Fa tanto bene, per me, che la gente sappia cosa fanno il Papa e le Chiese. Vi auguro - ha detto ai giornalisti - una buona giornata di lavoro e non di riposo, sara' un lavoro un po' forte, una bella giornata laboriosa". "E mi raccomando - ha concluso - pregate per me".

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Padre Lombardi: viaggio nel segno della speranza

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Per un commento sul quarto viaggio internazionale di Papa Francesco, Fabio Colagrande ha raggiunto telefonicamente padre Federico Lombardi, al seguito del Papa: 

R. – Vorrei dare subito una piccola nota interessante. Parlavo poco fa con don David Djudja, che è un nostro collega di Radio Vaticana, che fa da interprete al Papa in questo viaggio, e mi diceva che, mentre erano insieme in macchina, venendo dall’aeroporto verso Tirana, il Papa gli diceva: “Ma che popolazione giovane! Ma quanti giovani!” Pensando che siamo in Europa, che invece - lui spesso dice - sta un po’ invecchiando. Allora, questo tema della popolazione giovane, che lo ha colpito, noi lo abbiamo sentito tornare nei suoi discorsi: lo ha detto chiaramente sia nell’omelia, sia poi al momento dell’Angelus. Il Papa parla ad un popolo giovane e in questo senso mette in rilievo la speranza nel costruire il futuro e nel dare un contributo positivo all’Europa, in cui questo popolo vuole inserirsi pienamente. E poi, un’altra cosa: il Papa, vedendo tutti i simboli delle aquile lungo la strada, diceva a don Davide che l’aquila vola alto ma non abbandona il suo nido, torna sempre al suo nido, pur volando alto. E anche questo è un tema che ha ritirato fuori nei suoi discorsi questa mattina e che si vede che lo colpisce. L’Albania, Paese delle aquile: questo simbolo è molto interessante, molto importante: l’aquila è capace di altezze, di ideali, di grandi testimonianze, come quella dei martiri che stiamo commemorando qui in questa giornata in un modo molto, molto intenso. Ma è anche fedele: fedele alla sua storia, fedele alle sue origini, capace di ritornare ai valori delle sue origini, per testimoniarli nel futuro.

Un’altra piccola cosa che il Papa ha detto a don Davide, venendo in macchina, è che ha conosciuto Madre Teresa al Sinodo del ’94. Il Papa era al Sinodo e Madre Teresa era al Sinodo. Come sappiamo, ogni tanto, appunto, le grandi figure del cattolicesimo vengono chiamate dal Papa a partecipare al Sinodo. Bergoglio aveva Madre Teresa dietro di sé, vicina, e la sentiva intervenire spesso con grande forza, senza lasciarsi minimamente impressionare da tutta quella assemblea di vescovi. E allora aveva concepito una grande stima per lei, proprio come donna forte, come donna capace di dare una testimonianza coraggiosa. Poi faceva la battuta: “Avrei avuto paura di averla come superiora, perché era una donna molto forte”. Ecco, questo è il Papa che arriva a Tirana dall’aeroporto, fa questo tipo di osservazioni. Quando arriva al Palazzo presidenziale, il presidente lo fa sedere davanti ad un libro d’onore per mettere una sua testimonianza. Io vi posso dire cosa ha scritto, perché poi ne ho preso nota. Ha scritto: “Al nobile popolo albanese, con il mio rispetto e ammirazione per la sua testimonianza e la sua fraternità nel portare avanti il Paese”.

Quindi, vediamo che tornano questi concetti che lui già ci aveva lumeggiato, mentre parlava della preparazione del viaggio. tornano un po’ come un ritornello nei suoi discorsi e nei suoi vari momenti: l’ammirazione e la stima per questo popolo, sia per la testimonianza di coraggio, di cui i martiri sono poi l’esempio più straordinario, e sia per la fraternità, la capacità di convivenza, pur nelle differenze.

Mi dicono che anche il colloquio con il presidente è stato molto intenso, che il presidente era molto emozionato, molto commosso, forse anche un po’ intimidito, ma certamente molto emozionato. Il presidente Bektashi è musulmano e ha parlato con il Papa con molta gratitudine, dicendogli che appunto l’armonia fra le religioni, che si cerca di vivere adesso qui in Albania, rafforza molto anche la democrazia e lo sviluppo della nazione. Quindi è molto grato al sostegno che la Santa Sede dà e che dà anche il Papa con questo viaggio, e dice che questa è una benedizione. Questo tema della benedizione si vede che è molto sentito, anche dai musulmani. E’ una parola forte e tutti si aspettano questo viaggio come una benedizione del Santo Padre per il popolo, per il Paese, per il suo futuro. Non so se avete notato, durante il discorso, il Papa ad un certo punto ha fatto una piccola chiosa e ha detto la parola “rispetto”. Ecco, la parola “rispetto” qui è una parola essenziale. Don David, che era presente come interprete al colloquio, mi ha detto: “Sì, nel colloquio si è parlato e si è insistito molto sul rispetto; è una parola - il presidente ha detto - molto importante per gli albanesi nella loro convivenza”. E il Papa immediatamente lo ha ripreso e nel discorso è ritornato su questo tema del rispetto, che evidentemente il presidente gli aveva suggerito come importante.

 Direi, quindi, che stiamo andando avanti con un viaggio in cui i contributi del Papa sono molto forti su questi temi, che in qualche modo ci aveva annunciato: della convivenza nella pace, della religione, della convivenza tra le religioni come elemento di pace e di dialogo e non di tensione e di conflitto, che è un messaggio oggi di un’attualità incredibile per le diverse parti del mondo; e poi anche questo tema della speranza, della fedeltà ai grandi valori, al coraggio e alla forza della testimonianza nella costruzione del futuro. Mi pare quindi che sia un viaggio che si presenta molto unitario come messaggi, molto forte e con un popolo che è prontissimo a ricevere questi messaggi, desideroso di riceverli. Speriamo quindi che sia proprio quello che deve essere questo viaggio: un messaggio di grande forza e incoraggiamento per questo popolo straordinario, con la sua storia di sofferenza e di testimonianza, che possa essere anche un bel futuro di pace, di costruzione e di servizio alla comunità internazionale, cui gli albanesi possono dare molto.

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Scambio di messaggi tra il Papa e Napolitano

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In volo verso Tirana, Papa Francesco ha inviato un augurio di pace e serenita' all'Italia. "Nel momento in cui mi accingo a partire per il viaggio apostolico nella Repubblica di Albania - scrive in un telegramma al Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano - mi e' gradito rivolgere a lei e a tutti gli italiani il mio affettuoso e beneaugurante saluto, che accompagno con ogni e piu' cordiale ed orante auspicio di pace e serenita'". 

Nel messaggio di ringraziamento, il Presidente Giorgio Napolitano afferma che "La comunita' internazionale guarda con grande interesse" al suo viaggio in Albania, una visita che sara' anche di "grande conforto" a chi li' dedica la propria vita "anche a costo di dolorosi sacrifici, alla promozione del dialogo e della pace in una regione ancora percorsa da tensioni non completamente sopite". (R.P.)

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Il Papa tra i bambini del centro Betania vicino Tirana

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Nel pomeriggio, dopo il pranzo con i vescovi albanesi, l’incontro con i leader delle sei maggiori comunità religiose all’Università cattolica “Nostra Signora del Buon consiglio, la celebrazione dei Vespri in Cattedrale, e poi la visita al centro “Betania” di assistenza a bisognosi, in particolare bambini, che si trova nel comune di Bubq, vicino alla capitale Tirana. Del centro ci parla, nell’intervista di Claudia Bumci, inviata a Tirana, la volontaria Paola Guarnati

R. – Nel ’97, quando in Albania c’è stata una situazione abbastanza turbolenta, i ragazzi, anche minorenni, che scappavano e arrivavano in Italia, sono stati accolti nella nostra associazione e stavano diventando un gran numero, fino a quando la polizia ha riportato improvvisamente tutti in Albania. Antonietta Vitale, la fondatrice, per riportare delle cose che avevano lasciato è venuta a vedere la situazione e ha trovato un Paese pieno di necessità, soprattutto per i bambini. Quindi, grazie all’aiuto di altre persone, è nata l’idea di venire sul posto per aiutare la gente di qua. Sono dunque cominciati i preparativi nel novembre del ’98, quando siamo venuti a fare i documenti per cominciare l’opera, e a gennaio del ’99, insieme a lei e ad altri volontari, siamo venuti in una casa in affitto per preparare l’accoglienza dei bambini: orfani o appartenenti a famiglie povere, con situazioni difficili, figli di poliziotti uccisi e così via. Poi siccome il posto cominciava ad essere poco, si è pensato di comprare un altro terreno dove poter fare delle casette - quelle attuali - dove avere la possibilità di accoglierne ancora di più, visto che le richieste erano molte. Con il passare del tempo, grazie all’aiuto dall’Italia - non si farebbe niente, infatti, nelle comunità, all’estero, in Italia, se Antonietta e gli altri volontari non andassero a bussare porta a porta per raccogliere quello che la Provvidenza dona -  siamo riusciti a fare anche questa casa e la chiesa dedicata a Sant’Antonio, a ringraziamento di tutti questi anni di sacrificio da parte di tutti. Comunque, umanamente, una persona o un gruppo di persone non può arrivare a fare una cosa del genere, se non c’è il Signore.

D. – Il centro di oggi come è cambiato rispetto ai primi tempi, quando lei è venuta qua? E come è cambiata anche la situazione stessa dei bambini?

R. – E’ cambiata tantissimo, perché all’inizio quando siamo venuti qua la situazione nel villaggio vedeva le strade piene di buche e così nel Paese. Siamo andati in giro spesso, anche a piedi, a visitare le famiglie povere per poterle aiutare. Direi che è cambiata in toto, come anche la situazione delle famiglie intorno, e non solo. Comunque, non si finisce mai di aiutare, perché più si va nei villaggi, più si trovano persone che hanno bisogno.

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Messaggio del Papa per la consacrazione del nuovo Santuario di San Gabriele

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I vescovi, i sacerdoti, come pure i fedeli cristiani, “renderanno grazie a Dio Onnipotente per i tanti benefici che nel corso degli anni il santuario si è degnato di concedere ai pellegrini per l’intercessione del famoso giovane santo, religioso della congregazione passionista”. Con queste parole Papa Francesco ha espresso la sua vicinanza alle migliaia di persone che oggi hanno partecipato alla consacrazione del nuovo Santuario di San Gabriele, in provincia di Teramo.

Nel chirografo consegnato al suo inviato speciale, il card. Ennio Antonelli, già arcivescovo di Firenze e presidente emerito del pontificio Consiglio per la famiglia, il Pontefice si dice pieno di gioia per la consacrazione “di un luogo di culto tra i più celebri dell’Italia e dell’Europa, nel quale ogni anno – aggiunge il Papa - numerosi fedeli si raccolgono in preghiera molto devotamente chiedendo per se e per i loro cari i favori divini, confessano i loro peccati ottenendo la misericordia del Signore e partecipano con grande devozione all’Eucaristia”.

Nella Lettera speciale consegnata al delegato pontificio, il Papa pone quindi l’accento sui giovani, in particolare i “molti giovani malati” che arrivano al santuario “per implorare umilmente aiuto, protezione e conforto spirituale”. Conosciuto infatti come il "santo dei giovani", il "santo dei miracoli" e  il "santo del sorriso", la scelta radicale di San Gabriele, contrassegnata dall'eroicità del quotidiano, rappresenta ancora oggi un punto di rifermento per milioni di ragazzi che in tutto il mondo lo invocano come potente intercessore presso Dio.

Oltre alla delegazione pontificia, guidata dal cardinale Antonelli, alla consacrazione di uno dei più grandi santuari moderni d’Europa, frequentato ogni anno da due milioni di pellegrini, hanno partecipato anche il vescovo di Teramo-Atri mons. Michele Seccia, il vescovo di Sanggau (Indonesia) mons. Giulio Mencuccini, il Superiore generale dei Passionisti padre Joachim Rego, il Consiglio generale dei Passionisti, il Superiore provinciale dei Passionisti del settore centro-adriatico padre Piergiorgio Bartoli, oltre a numerosi sacerdoti, religiosi, autorità civili tra cui il presidente della Regione Abruzzo D’Alfonso, in veste ufficiale con il gonfalone della Regione, il presidente della Provincia di Teramo Catarra, il presidente della Provincia di Chieti Di Giuseppantonio, vari sindaci e autorità militari.

La costruzione del nuovo santuario, dedicato a San Gabriele dell’Addolorata,  iniziò il 26 febbraio 1970, i lavori della struttura principale si conclusero 10 anni dopo e dal 1981 al 2014 sono state portate a termine rifiniture, opere d’arte, arredi per l’adeguamento liturgico del santuario. La costruzione del nuovo santuario quindi è durata più di un quarantennio. (M.G.)

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Laser e opere d'arte: ne parla il direttore dei Musei vaticani

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L'uso del laser per il restauro dei beni culturali: se ne è parlato in questi giorni alla quinta edizione del convegno APLAR 5 presso i Musei Vaticani. Martina Boccalini ha intervistato il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci. 

R. – Il principio del laser è quello dell’energia, che ha un potere di ablazione e può rimuovere i materiali. E’ una tecnica molto delicata, estremamente precisa, non invasiva, che non porta sull’opera d’arte delle sostanze come i solventi e che, naturalmente, per essere utilizzata, esige una competenza precisa. Sono molto contento, molto orgoglioso di poter dire che i tecnici dei Musei Vaticani sono tutti perfettamente in grado di utilizzare il laser. Il nostro ufficio delle ricerche scientifiche dispone di una batteria di laser, che sono a disposizione dei restauratori, e ha dimostrato e dimostra di essere un ausilio molto importante.

D. – Qual è il vantaggio di usare il laser nei manufatti lapidei, nelle opere murarie? E quali sono le difficoltà che si presentano nelle diverse applicazioni?

R. – Il vantaggio è che l’ablazione, cioè la pulitura con lo strumento del laser, non richiede l’addizione di sostanze estranee ai materiali costitutivi dell’opera d’arte. E questo è un grande vantaggio.

D. – Ci sono degli esempi di manufatti lapidei ed opere murarie restaurate con il laser?

R. – Ce ne sono moltissimi. Per esempio noi abbiamo avuto un vasto impiego del laser nel restauro degli affreschi, delle pitture murarie di Michelangelo nella Cappella Paolina. A conclusione delle due giornate del Convegno io stesso accompagnerò i convegnisti dentro la Cappella Paolina, che è quasi sempre chiusa al turismo normale.

D. – In quali altri settori potrà essere utilizzato?

R. – Il laser, opportunamente impiegato, può avere una sottigliezza di esecuzione che noi usiamo perfino per restaurare, cioè ripulire, gli oggetti del dipartimento etnologico dei Musei Vaticani, per esempio i piumaggi delle decorazioni tribali della Polinesia, che sono fatti con penne di uccelli rari. Pensate che finezza di esecuzione ci vuole per intervenire sulle singole fibre di una piuma di un uccello esotico. Il laser, opportunamente usato, può arrivare a questi livelli di assoluta precisione. Nel nostro mestiere le opzioni operative possibili sono tante. Il restauro dell’opera d’arte, quindi, è un mestiere difficile: ogni operazione di restauro può richiedere delle sostanze diverse, quindi anche degli strumenti operativi diversi. Il laser viene usato, è importante che ci sia, e ormai nessun laboratorio di restauro potrà farne a meno, ma non è l’unico certamente, è una delle opzioni possibili.

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Oggi in Primo Piano



Stato Islamico avanza in Siria. Oltre 70mila profughi in Turchia

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È salito a oltre 70mila il numero dei curdi siriani che hanno attraversato la frontiera con la Turchia per cercare scampo all'avanzata de sedicente Stato islamico (Is) in Siria. L'Onu si sta muovendo per aiutare Ankara  a far fronte all'enorme flusso di rifugiati. Intanto i curdi in Turchia hanno levato un nuovo appello alle armi per difendere il loro popolo. Il servizio di Marco Guerra

Da venerdì scorso, giornata in cui Ankara ha deciso di aprire otto valichi con la Siria, oltre 70mila profughi di etnia curda hanno attraversato la frontiera con la Turchia. A spingerli oltre confine l’avanzata del cosiddetto Stato Islamico nelle aree a maggioranza curda nord della Siria. I jihadisti hanno  conquistato circa 70 villaggi e minacciano la strategica città  di Ayn al-Arab, chiamata Koban dai curdi. L'Unhcr ha annunciato il potenziamento delle sue azioni e ha detto che si prepara alla "possibilità che centinaia di migliaia di nuovi rifugiati arrivino nei prossimi giorni". Il leader curdo iracheno Barzani ha chiesto un intervento internazionale mentre i curdi di Turchia hanno rinnovato un appello alle armi. Intanto il premier turco Erdogan, ha ammesso che c'è stato “un negoziato politico” per liberare i 49 ostaggi turchi dalle mani dello Stato Islamico. Erdogan non ha inoltre smentito le voci secondo cui i cittadini turchi, rilasciati venerdì scorso, sono stati scambiati con alcuni jihadisti detenuti in Turchia. Infine nuove violenze in Iraq, a Tikrit, dove si registra l’uccisione di almeno 13 miliziani dell’Is.

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Celebrazione di avvio dell'anno giubilare guanelliano

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Al via l’anno giubilare per il centenario della morte di San Luigi Guanella (1915-2015) con una concelebrazione solenne, domenica 21 novembre, presso la basilica di San Giuseppe al Trionfale, presieduta dal cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata. Tra le iniziative per l’anno giubilare, anche la “formazione sul carisma”, con incontri iniziati da agosto: approfondimenti biblici e teologici, ma anche visita ai luoghi natali del fondatore, laboratori ed incontri con alcune comunità guanelliane. Presenti venti giovani confratelli provenienti da Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Filippine, India, Cile, Argentina e Paraguay. Federico Piana ha intervistato don Mario Carrera, postulatore generale dell’Opera San Guanella: 

R. – Il clou di tutte le manifestazioni sarà proprio l’anno prossimo, nel mese di novembre, in modo particolare, per poter avere anche la presenza dei nostri confratelli e consorelle, le Figlie di Santa Maria della Provvidenza, che lavorano all’estero. Quindi il novembre del 2015 sarà un mese davvero carico di iniziative, di convegni, di assemblee internazionali. Il 12 novembre è previsto un incontro con il Santo Padre, per celebrare degnamente anche la festa di quel giorno, della Divina Provvidenza. Le nostre suore hanno appunto questo titolo: “Figlie di Santa Maria della Provvidenza”.

D. – Perché è importante questo anno giubilare?

R. – Prima cosa, un centenario evidentemente è la validità e l’anima di un carisma, che resiste davvero nel tempo. Aprire, poi, un anno centenario significa non soltanto rivisitare un patrimonio, attraverso il percorso della memoria, ma visitare questo patrimonio con gli occhi di meraviglia e anche la voglia di scoprire nel passato uno stile, che deve diventare anche il nostro stile, non facendo una fotocopia di quello che ha fatto don Guanella; che sia davvero la sua presenza e il suo carisma, la sua esperienza di carità una bussola che possa illuminare il cammino, orientarlo verso un servizio di carità sempre più attivo, sempre più evangelico nei confronti appunto dei poveri.

D. – Per chi non conosce San Luigi Guanella vogliamo tracciare una sorta di ritratto, se così possiamo dire, anche delle virtù, che lo hanno portato poi ad essere Santo?

R. – Io vorrei iniziare con quello che 99 anni fa il cardinale Ferrari, il beato cardinal Ferrari, il giorno del funerale di don Guanella disse, un po’ retoricamente: “Se io dovessi chiamare don Luigi e gli volessi chiedere come vorrebbe essere chiamato, lui mi direbbe ‘servo della carità’”. Davvero questo filone di carità è stato l’anima di tutta la sua vita di prete e di parroco prima e poi anche di fondatore alla ricerca di miserie da soccorrere. Lui diceva che non ci si può fermare, se ci sono dei poveri da soccorrere. Lui quindi non tanto ha aspettato che i poveri andassero da lui, ma è andato lui a cercarli, perché tutto, ogni sofferenza, ogni lacrima, ogni disagio, potesse essere soccorso e lui sarebbe stato lì pronto, come buon samaritano. Don Guanella nasce nel 1842, diventa prete nel 1866 in momenti particolari, in momenti in cui inizia anche il periodo dell’industrializzazione, l’agricoltura va in crisi, le miserie aumentano, le difficoltà non hanno confine e i ragazzi, soprattutto, e le persone povere, gli handicappati, sono davvero il rifiuto di questa società. Lui si fa, quindi, davvero padre e madre di questi ragazzi, di queste fanciulle, per poter dare loro la possibilità di respirare, cioè il sorriso della vita. Ed è un’assistenza non soltanto materiale, ma un’assistenza che ha una pedagogia dentro, che studia cioè davvero tutte le qualità, le possibilità che queste persone hanno, perché si possano sviluppare e crescere e quindi partecipare alla vita sociale.

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Nella Chiesa e nel mondo



Ghani nuovo presidente dell'Afghanistan

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L'ex ministro delle Finanze Ashraf Ghani Ahmadzai e' il nuovo presidente dell'Afghanistan. Lo ha comunicato la Commissione elettorale indipendente. Ghani, che ha sconfitto Abdullah Abdullah, succede ad Hamid Karzai nel primo trasferimento democratico dei poteri presidenziali della storia afghana. Uno dei primi atti del nuovo Presidente sarà la firma dell'accordo bilaterale sulla sicurezza con gli Usa, che consentirà di lasciare una piccola quota di truppe straniere nel Paese anche dopo il 2014. Il Segretario di Stato americano, John Kerry, che ha svolto le funzioni di mediatore nella crisi scatenata dalla "ribellione" di Abdullah contro la Commissione elettorale indipendente (Iec), all'annuncio della possibile conclusione della vicenda, ha sostenuto che "gli americani sanno bene che la strada verso la democrazia e' piena di ostacoli e di sfide, ma che e' la strada che porta al posto migliore". Queste elezioni, ha aggiunto il capo della diplomazia americana, "non sono la fine di tutto. Devono invece essere un inizio, in cui l'Afghanistan e la sua gente avanzano in una agenda di riforme e migliorano il processo elettorale". Secondo Kerry, infine, "l'inaugurazione della nuova presidenza, la designazione del 'chief executive' (coordinatore del governo) afghano e la firma di un Accordo bilaterale per la sicurezza (Bsa, con gli Usa), insieme ad un altro con la Nato, apriranno un nuovo capitolo nella nostra duratura partnership con l'Afghanistan".

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Pakistan: un anno fa l’attentato nella chiesa di Peshawar

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Sante Messe, veglie di preghiera, incontri in tutte le diocesi del Pakistan segneranno domani il primo anniversario del grave attentato che il 22 settembre 2013 colpì la chiesa anglicana di Tutti i Santi a Peshawar. Come riferisce l'agenzia Fides, i cristiani pakistani si riuniranno per commemorare le vittime. Da molti luoghi si alzerà un appello di pace, mentre la nazione vive giorni difficili, segnati dalla crisi politica.

I fedeli pakistani ricordano anche che, trascorso un anno, il governo non ha ancora mantenuto la sua promessa di risarcire le vittime dell'attentato. In una nota inviata a Fides, l’Ong internazionale “Christian Solidarity Worldwide” (Csw) ricorda che, nel giugno scorso, la Corte Suprema ha invitato l’esecutivo a dare seguito alla legittima richiesta di compensazione. Una sentenza della Corte ordinava al governo di risarcire le vittime rapidamente, rimarcando la necessità di una “speciale forza di polizia militare con il compito di proteggere i luoghi di culto delle minoranze”.

In quello che è ampiamente riconosciuto come il peggiore attacco contro una chiesa nella storia del Pakistan, due attentatori suicidi si fecero esplodere in rapida successione mentre la chiesa era gremita da circa 600 fedeli. I morti furono 85, i feriti 150. Nonostante le promesse di aiuti, le vittime devono ancora ricevere un sostegno adeguato e non hanno potuto ricevere cure mediche, che sono particolarmente costose, data la loro condizione di indigenza.

Il governo di Islamabad non ha ancora tenuto fede al suo impegno di destinare 200 milioni di rupie ad un fondo di soccorso per gli orfani e le vedove. Csw chiede “giustizia e la giusta compensazione”, invitando il governo del Pakistan ad impegnarsi nella lotta contro l'estremismo e il terrorismo. (R.P.)

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Egitto: attentato al Cairo, uccisi due ufficiali di polizia

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Nuovo attentato questa mattina al Cairo, in Egitto. Nell'esplosione di un ordigno a un posto di blocco vicino al Ministero degli Esteri, sono morti un colonnello ed un tenente colonnello di polizia e altre 5 persone sono rimaste ferite: 4 agenti ed un civile. 

L'ordigno e' esploso vicino al viale 26 luglio e la moschea di Sultan Hassan abu Laela, non lontano dalla sede del Ministero. L'intera zona e' stata isolata al traffico anche perche' l'esplosione ha fatto cadere alcuni rami dagli alberi che hanno interrotto il transito di strade. Nell'area ci sono anche diverse scuole, dove oggi gli alunni cominciavano i corsi.

Solo ieri un poliziotto era stato ucciso e altri due erano rimasti feriti in un attacco di un gruppo di militanti armati contro il veicolo su cui viaggiavano gli agenti, nella provincia settentrionale del Fayoum. 

Il Paese è stato scosso oggi anche da un altro attentato. Una bomba, piazzata sui binari della ferrovia che collega Il Cairo con Zagazig, a est della
capitale, e' esplosa causando danni materiali ma nessuna vittima. Lo riferisce sempre l'agenzia Mena citando fonti della sicurezza. (M.G.)

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Terra Santa. Ordinari cattolici: invito al dialogo israelo-palestinese

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Un invito a palestinesi e israeliani a riprendere i negoziati per una soluzione globale del conflitto, preoccupazione per il radicalismo religioso in Siria e in Iraq e condanna delle persecuzioni contro le minoranze e i cristiani sono state espresse dai capi delle Chiese cattoliche di Terra Santa che si sono riuniti il 16 e il 17 settembre al Centro Caritas Bétharram a Betlemme. Nel documento finale, diffuso dal patriarcato latino di Gerusalemme, l’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) riconoscono, inoltre, che “il pellegrinaggio del Santo Padre in Terra Santa ha rappresentato un grande successo sul piano pastorale ed ecumenico e incoraggiano tutti i fedeli a meditare i discorsi pronunciati in quella occasione”.

Nel testo si esprime la speranza che “Papa Francesco possa essere in grado di visitare la Galilea come ha promesso” e che l’incontro col patriarca Bartolomeo nel Santo Sepolcro “possa promuovere il dialogo ecumenico”. Gli Ordinari cattolici non mancano, infine di esprimere “la loro solidarietà con tutte le vittime e le persone allontanate dalle loro case in Siria e in Iraq, e sperano che la comunità internazionale si opponga al fondamentalismo per permettere ai rifugiati di tornare alle loro dimore”. (R.P.)

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Sierra Leone: impegno della Chiesa per prevenire l'Ebola

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“L'epidemia di Ebola non ha avuto finora effetti sulla frequenza in chiesa dei fedeli, anche se c’è un diffuso timore di essere infettati dal virus. Le persone continuano a venire in chiesa come usavano fare prima che l'epidemia scoppiasse. Abbiamo composto delle preghiere speciali per invocare l'assistenza divina nella nostra lotta contro l'epidemia, che si recitano in ogni Messa in tutto il Paese”. E’ quanto afferma mons. Edward Tamba Charles, arcivescovo di Freetown, capitale della Sierra Leone, uno degli Stati africani più colpiti dal virus, dove per tre giorni, fino alle ore 7 di domani, la popolazione deve rimanere in casa per evitare l’ulteriore diffondersi del contagio.

L’agenzia Fides ha chiesto all’arcivescovo di descrivere come la comunità cattolica sta vivendo questa emergenza sanitaria. “L'epidemia ha avuto inizio nel distretto di Kailahun – racconta mons. Tamba Charles - ma ha fatto presto sentire la sua presenza in tutto il Paese, tranne che nel distretto di Koinadugu, che fino ad ora non ha riportato alcun caso di Ebola. Ciò significa che anche la Chiesa cattolica è stata colpita in diversi modi, anche se nessun sacerdote o suora o fratello religioso ha finora contratto il virus. Alcuni fedeli laici sono comunque morti nei due epicentri dell'epidemia, Kailahun e Kenema”.

“I Movimenti del Rinnovamento Carismatico – prosegue l’arcivescovo - hanno organizzato Veglie di preghiera durate tutta la notte per invocare la guida dello Spirito Santo in questo momento terribile della nostra storia nazionale. Come è naturale, la maggior parte delle preghiere di questo periodo sono legate all'epidemia di Ebola e al suo veloce contenimento. Abbiamo usato anche queste occasioni di preghiera per sensibilizzare i fedeli sulla natura del virus Ebola, su come si trasmette e come evitare il contagio”.

A causa dell'epidemia, la riapertura delle scuole e dei collegi è stata rinviata a tempo indeterminato, influisce anche sui corsi di catechismo e sugli incontri domenicali, che coinvolgono per lo più studenti.

Per quanto riguarda iniziative speciali della comunità cattolica per le persone in isolamento, l’arcivescovo spiega: “inizialmente il Ministero della Salute ed Igiene aveva dato l'impressione che avrebbe fornito tutto il sostegno necessario per i ricoverati nei Centri Ebola a Kenema e a Kailahun, e per quanti sono in quarantena in case e comunità in diverse parti del Paese. Così le famiglie e i gruppi non si sono preoccupati. Quando poi è stato rilevato che i pazienti non ricevevano molto sostegno in termini di alimentazione e di altre necessità, le famiglie e i gruppi hanno iniziato a mandare cibo e altre cose ai Centri di isolamento.

So che il Programma Alimentare Mondiale sta ora fornendo cibo a quei Centri. Caritas Freetown ha donato cibo per gli orfani e le vedove dell'epidemia, mentre la San Vincenzo de Paoli dell'arcidiocesi di Freetown si sta preparando a portare una grande partita di prodotti alimentari alla diocesi di Kenema per i pazienti affetti da Ebola e altre persone contagiate”. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 264

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.