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Sommario del 30/10/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: il diavolo non è un mito, va combattuto con l'arma della verità

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La vita cristiana è un “combattimento” contro il demonio, il mondo e le passioni della carne. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice, commentando un passo della Lettera di San Paolo agli Efesini, ha ribadito che il diavolo esiste e noi “dobbiamo lottare contro di lui” con “l’armatura” della verità. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

“Forza e coraggio”. Papa Francesco ha incentrato la sua omelia sulle parole di San Paolo che, rivolgendosi agli Efesini, “sviluppa in un linguaggio militare la vita cristiana”. Il Pontefice ha sottolineato che “la vita in Dio si deve difendere, si deve lottare per portarla avanti”. Ci vogliono dunque forza e coraggio “per resistere e per annunziare”. Per “andare avanti nella vita spirituale – ha riaffermato – si deve combattere. Non è un semplice scontro, no, è un combattimento continuo”. Francesco ha quindi rammentato che sono tre “i nemici della vita cristiana”: “il demonio, il mondo e la carne”, ovvero le nostre passioni, “che sono le ferite del peccato originale”. Certo, ha osservato, “la salvezza che ci dà Gesù è gratuita”, ma siamo chiamati a difenderla:

“Da che devo difendermi? Cosa devo fare? ‘Indossare l’armatura di Dio’, ci dice Paolo, cioè quello che è di Dio ci difende, per resistere alle insidie del diavolo. E’ chiaro? Chiaro. Non si può pensare ad una vita spirituale, ad una vita cristiana, diciamo ad una vita cristiana, senza resistere alle tentazioni, senza lottare contro il diavolo, senza indossare questa armatura di Dio, che ci dà forza e ci difende”.

San Paolo, ha proseguito il Papa, sottolinea che “la nostra battaglia” non è contro cose piccole, “ma contro i principati e le potenze, cioè contro il diavolo e i suoi”.

“Ma a questa generazione – a tante altre –  hanno fatto credere che il diavolo fosse un mito, una figura, un’idea, l’idea del male. Ma il diavolo esiste e noi dobbiamo lottare contro di lui. Lo dice Paolo, non lo dico io! La Parola di Dio lo dice. Ma noi non siamo tanto convinti. E poi Paolo dice com’è questa armatura di Dio, quali sono le diverse armature, che fanno questa grande armatura di Dio. E lui dice: ‘State saldi, dunque, state saldi, attorno ai fianchi la verità’. Questa è un’armatura di Dio: la verità”.

“Il diavolo – ha detto – è il bugiardo, è il padre dei bugiardi, il padre della menzogna”. E con San Paolo, ha ribadito che bisogna avere “ai fianchi la verità, indosso la corazza della giustizia”. Quindi, ha ribadito che “non si può essere cristiani, senza lavorare continuamente per essere giusti. Non si può”. Una cosa che ci “aiuterebbe tanto”, ha detto, “sarebbe domandarci” se “credo o non credo?”. Se “credo un po’ sì e un po’ no? Sono un po’ mondano e un po’ credente?”. Ed ha evidenziato che “senza fede non si può andare avanti, non si può difendere la salvezza di Gesù?”. Abbiamo “bisogno di questo scudo della fede”, perché “il diavolo non ci butta addosso fiori” ma “frecce infuocate” per ucciderci. Francesco ha esortato dunque a prendere “l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito che è la Parola di Dio”. E ha invitato a pregare costantemente, a vegliare “con preghiere e suppliche”:

La vita è una milizia. La vita cristiana è una lotta, una lotta bellissima, perché quando il Signore vince in ogni passo della nostra vita, ci dà una gioia, una felicità grande: quella gioia che il Signore ha vinto in noi, con la sua gratuità di salvezza. Ma sì, tutti siamo un po’ pigri, no, nella lotta, e ci lasciamo portare avanti dalle passione, da alcune tentazioni. E’ perché siamo peccatori, tutti! Ma non scoraggiatevi. Coraggio e forza, perché c’è il Signore con noi”.

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Papa a veterocattolici: testimoniare insieme il Vangelo in un'Europa confusa

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Testimoniare insieme e in modo credibile il Vangelo in una Europa confusa ma assetata di Dio: è l’invito rivolto da Papa Francesco alla delegazione della Conferenza Internazionale dei vescovi veterocattolici dell'Unione di Utrecht, ricevuta stamani in Vaticano. Si tratta di una Chiesa separata da Roma dopo il Concilio Vaticano I, svoltosi nel 1870, che sanciva il dogma dell’infallibilità pontificia. Il servizio di Sergio Centofanti

In una “Europa, così confusa sulla propria identità e sulla propria vocazione - ha affermato Papa Francesco - vi sono molte aree in cui cattolici e veterocattolici possono collaborare, tentando di rispondere alla profonda crisi spirituale che colpisce individui e società":

"C’è sete di Dio. C’è un profondo desiderio di riscoprire il senso della vita. E c’è un urgente bisogno di una testimonianza credibile delle verità e dei valori del Vangelo. In questo, possiamo sostenerci ed incoraggiarci reciprocamente, soprattutto a livello di parrocchie e di comunità locali. Infatti, lanima dell’ecumenismo consiste nella «conversione del cuore» e nella «santità di vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l’unità dei cristiani» (Unitatis redintegratio, 8). Pregando gli uni per gli altri e gli uni con gli altri, le nostre differenze verranno assunte e superate nella fedeltà al Signore e al suo Vangelo”.

Papa Francesco ha ricordato che attraverso il lavoro della Commissione Internazionale di dialogo cattolica-veterocattolica “è stato possibile costruire ponti di intesa reciproca e di cooperazione pratica. Sono state realizzate convergenze ed individuate in maniera più precisa differenze, collocandole in nuovi contesti”:

“Se, da una parte, ci rallegriamo ogni volta che possiamo compiere ulteriori passi verso una più salda comunione di fede e di vita, dall’altra ci rattristiamo nel prendere coscienza dei nuovi disaccordi che sono emersi tra noi nel corso degli anni. Le questioni ecclesiologiche e teologiche che hanno accompagnato la nostra separazione sono ora più difficili da superare a causa della nostra crescente distanza su temi attinenti al ministero ed al discernimento etico”.

“La sfida che cattolici e veterocattolici devono affrontare – ha sottolineato - è dunque quella di perseverare in un sostanziale dialogo teologico e di continuare a camminare insieme, a pregare insieme e a lavorare insieme in un più profondo spirito di conversione a tutto ciò che Cristo vuole per la sua Chiesa”:

“Nella nostra separazione vi sono stati, da entrambe le parti, gravi peccati e mancanze umane. In uno spirito di reciproco perdono e di umile pentimento, abbiamo bisogno adesso di rafforzare il nostro desiderio di riconciliazione e di pace. Il cammino verso l’unità inizia con una trasformazione del cuore, con una conversione interiore (cfr Unitatis redintegratio, 4). È un viaggio spirituale dall’incontro all’amicizia, dall’amicizia alla fratellanza, dalla fratellanza alla comunione. Lungo il percorso, il cambiamento è inevitabile. Dobbiamo essere sempre disposti ad ascoltare e a seguire i suggerimenti dello Spirito che ci guida alla verità tutta intera (cfr Gv 16,13)”.

“Sono consapevole – ha concluso il Papa - del fatto che il «santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unità della Chiesa di Cristo, una e unica, supera le forze e le doti umane» (Unitatis redintegratio, 24). La nostra speranza risiede nella preghiera di Cristo stesso per la Chiesa. Addentriamoci allora ancora più profondamente in questa preghiera, in modo che i nostri sforzi siano sempre sostenuti e guidati dalla grazia divina”.

Nel suo saluto, l’arcivescovo di Utrecht e presidente della Conferenza Internazionale dei vescovi veterocattolici dell'Unione, Joris Vercammen, ha sottolineato come siano migliorati i rapporti con la Chiesa cattolica nonostante le importanti questioni che ancora dividono:

“Nella Dichiarazione di Utrecht, firmata 125 anni fa, continuiamo a riconoscere la posizione unica del Vescovo di Roma, il Papa, all'interno di tutta la Chiesa. Nella ecclesiologia veteroccattolica da allora, si è cercato di esplorare come questo ufficio possa svolgere il primato per le Chiese di tutto il mondo, come segno personale dell'unità che le Chiese locali condividono. Nella nostra ecclesiologia sottolineiamo il fatto che l'ufficio del Vescovo di Roma non ha una giurisdizione universale. Al contrario, riteniamo che il Vescovo di Roma, come primus inter pares, possa avere un’autorità morale più alta se inserita all'interno della sinodalità dei vescovi, che rappresentano le Chiese cattoliche locali”.

L’arcivescovo di Utrecht si è detto convinto che il ministero del Papa “ha un ruolo molto importante da svolgere all'interno degli sviluppi ecumenici, che sono necessari per aiutare ogni Chiesa locale ad annunciare il Vangelo nel mondo moderno. Siamo grati – ha concluso - per l'invito ad una riflessione comune sul ruolo del Vescovo di Roma, già espresso da San Giovanni Paolo II nella Ut unum sint, e ripetuto” da Papa Francesco nella Evangelii Gaudium (n. 32): “Facciamo del nostro meglio per contribuire a questa richiesta molto importante”.

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Martin Schulz dal Papa: Francesco, punto di riferimento anche per i non cattolici

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A un mese dalla visita a Strasburgo, Papa Francesco ha ricevuto il presidente del Parlamento europeo, Martin SchulzAnne Preckel ha intervistato lo stesso presidente Schultz, chiedendogli innanzitutto quale sia la ragione di questa nuova visita al Pontefice:

R. – Ich habe vor einem Jahr, als ich hier war, die Einladung die schon eine Reihe meiner …
Un anno fa, quando sono venuto, ho ripetuto l’invito formulato già da molti miei predecessori, invitando il Papa al Parlamento Europeo e il Papa aveva accettato questo invito. Oggi sono venuto per parlare ancora una volta delle condizioni e delle circostanze nel cui ambito si svolgerà questa visita di indubbia importanza. Abbiamo convenuto che questa è un’occasione unica per ambedue le parti: noi riceveremo al Parlamento Europeo la personalità che probabilmente in questo momento storico è un punto di riferimento non solo per i cattolici ma per molte persone, un elemento di orientamento in un’epoca in cui molte persone, invece, sono veramente disorientate perché il mondo cammina a una velocità drammatica, talvolta anche in direzioni molto rischiose … Ecco, in questo contesto, il Papa è uno che dà coraggio alle persone con la sua linearità onesta. Dall’altro canto, il Papa incontra un Parlamento Europeo che ha guadagnato in sicurezza, consapevolezza, potere e influenza, nel quale siedono 750 deputati che rappresentano 507 milioni di persone in 28 Stati: un uditorio, quindi, che farà da cassa di risonanza per centinaia di milioni di persone … Insomma, penso che sarà un momento importante …

D. – L’Europa è in crisi ed ecco che arriva un Papa che viene dall’America Latina, con il Vangelo della solidarietà, dell’apertura, con una cultura dell’incontro; parla anche di un’economia che uccide … Lei ha l’impressione che questo messaggio possa trovare, a Strasburgo, orecchie aperte?

R. – Dessen bin ich mir ganz sicher. Wenn sie die Entschließungen und die Resolutionen …
Ne sono sicuro. Osservi le decisioni e le risoluzioni del Parlamento Europeo: vedrà che il tema della giustizia sociale, della disoccupazione di massa, soprattutto quella giovanile – minaccia alla coesione sociale – ricorre molto spesso nei nostri dibattiti. Il Parlamento Europeo è la sede nella quale sono state decise le unioni bancarie: questo è solo un piccolo esempio; questo significa che la supervisione sulle banche, al fine di fermare questo capitalismo speculativo sfrenato, il contenimento dei bonus bancari … tutto questo è stato deciso nel Parlamento Europeo in direzione trasversale, cioè a cavallo di tutti i partiti. Si nota, dunque, la volontà di contenere questo capitalismo speculativo sfuggito al nostro controllo e che è in parte causa della crisi in cui tutti ci troviamo, soprattutto le piccole e medie imprese – che, per inciso, sono le colonne delle nostre economie – che ne risentono più di tutti. E’ opinione “trasversale”, ormai, cioè di tutti i partiti, che sia necessario riprendere il controllo di questa situazione. Quindi, questi messaggi sono importanti, ma non soltanto per il Parlamento Europeo. Sicuramente avranno una grande risonanza nel Parlamento Europeo, ma sono importanti per le nostre società in generale.

D. – Che effetto fa il fatto che il Papa venga da un altro continente?

R. – Ich wünschte mir, es hätten mehr Europäer diesen Blick auf Europa, den …
Vorrei tanto che ci fossero più europei con quello sguardo sull’Europa che ha questo Papa latinoamericano! Papa Francesco – per come io lo comprendo – guarda al concetto di Europa e all’unione dei popoli non solo come un’occasione di politica della pace – questo sì, ovviamente – ma anche, nel mondo multipolare in cui viviamo, vede nell’Europa uno strumento, un’occasione. E io vorrei che ci fossero tanti cittadini europei a condividere questa opinione …

D. – Il Papa ha pronunciato parole chiare del Papa sull’immigrazione. Proprio in questo momento, però, assistiamo ad una sorta di marcia indietro da parte dell’Europa per quanto riguarda la protezione dei profughi. Il primo novembre, “Mare Nostrum” sarà sostituito da “Triton” che prevede la tutela delle frontiere e minore attenzione alla tutela della vita. L’impressione è che quando si tratta della tutela dei propri confini, l’Europa non consideri la tutela della vita come un compito comune …

R. – Ja, der Eindruck ist richtig und ich gehöre zu denjenigen die das am Meisten …
Bè, l’impressione è giusta e sono tra i maggiori critici di questo atteggiamento. Pochi giorni fa sono stato a Lampedusa per constatare di persona la situazione sul posto. Ho visto anche quello che hanno fatto e fanno i soldati della marina italiana nell’ambito dell’operazione “Mare Nostrum”. Voglio ribadire espressamente che non avrei mai immaginato di sperimentare tanta sensibilità umana da parte di soldati, come ho potuto constatare dai soldati e dagli ufficiali della Marina italiana, come dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, che conducono queste operazioni. Gli europei – tutti gli Stati membri, non soltanto le istituzioni – devono avere ben chiaro un concetto: dobbiamo guardare con sobrietà che lo scioglimento di interi Stati nelle nostre più prossime vicinanze fa sì che noi dobbiamo confrontarci con questi problemi e che dobbiamo portarli sotto controllo. Non possiamo continuare a vivere secondo quell’atteggiamento cinico per cui vediamo le persone morire in mare, ce ne rammarichiamo e poi torniamo alle nostre attività quotidiane … Abbiamo bisogno di una combinazione di aiuto umanitario, ma di aiuto umanitario nei Paesi di origine; è necessario anche una lotta alle ragioni per cui queste persone fuggono. Quindi, in termini chiari, l’Europa dovrà apportare modifiche sostanziali alla sua politica sui profughi.

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Altre udienze di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza: l’arcivescovo Adriano Bernardini, nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino; l’arcivescovo Henryk Józef Nowacki, nunzio apostolico in Svezia, Islanda, Danimarca, Finlandia e Norvegia e mons. José Raúl Vera López, O.P., Vescovo di Saltillo (Messico).

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Tweet del Papa: missione della Chiesa è portare la Buona Novella a tutti

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“La missione principale della Chiesa è evangelizzare, portare la Buona Novella a tutti”. E’ il tweet di Papa Francesco pubblicato sul suo account Twitter @Pontifex, seguito da oltre 16 milioni di follower.

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Francesco celebrerà una Messa in S. Pietro per la Vergine di Guadalupe

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Il 12 dicembre prossimo, festività di Nostra Signora di Guadalupe, Papa Francesco presiederà una concelebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro in onore della Patrona dell’America Latina. La Santa Messa avrà inizio - alle ore 18.00 - e sarà preceduta dall’ingresso in Basilica delle bandiere di tutti i Paesi del continente, dal loro omaggio all’immagine della Patrona, dalla successiva recita del “Rosario Guadalupano” e da una preghiera di Avvento accompagnata da canti della tradizione popolare latinoamericana. La Celebrazione presieduta da Papa Francesco verrà tele-trasmessa in numerosi Paesi del Continente latinoamericano.

La Santa Messa – informa la Pontificia Commissione per l’America Latina – sarà accompagnata dai canti della “Misa Criolla” del compositore argentino Ariel Ramírez, la cui esecuzione sarà diretta dal figlio, Facundo Ramírez. È significativo come, esattamente 50 anni fa, Ariel Ramírez presentò al Beato Paolo VI la sua opera appena composta. La presenza di questo prestigioso gruppo musicale è stata possibile grazie alla collaborazione della presidenza Argentina per l’importante evento.

Il giorno successivo alla Concelebrazione eucaristica, la Pontificia Commissione per l’America Latina ha organizzato e convocato un “evento guadalupano”, che avrà luogo nell’Auditorium dell’Augustinianum, per studiare più approfonditamente l’evento delle apparizioni e il significato del messaggio di Nostra Signora di Guadalupe nella genesi dei popoli americani e di fronte alle sfide del mondo attuale. (A.G.)

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Mons. Auza: c'è chi vuole limitare la libertà di coscienza

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Il rispetto della vita dal concepimento alla morte naturale, l'abolizione della pena di morte, la libertà religiosa e di coscienza, sempre più a rischio: sono questi i temi al centro del discorso dell’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, mons. Bernardito Auza, intervenuto al Palazzo di Vetro di New York per la 69.ma sessione dell’Assemblea generale. Il servizio di Amedeo Lomonaco

Mons. Bernardito Auza, ricordando che il diritto alla vita deve essere tutelato in tutte le sue fasi - dal concepimento alla morte naturale - esprime soddisfazione per “la riduzione negli ultimi due anni, in tutto il mondo, del ricorso alla pena di morte”. “È impossibile immaginare – ha detto il presule citando le parole di Papa Francesco - che oggi gli Stati non possano disporre di un altro mezzo che non sia la pena capitale per difendere dall’aggressore ingiusto la vita di altre persone”. Ricordando che il Pontefice chiede anche l’abolizione dell’ergastolo, definita una “pena di morte nascosta”, mons. Auza ha aggiunto che il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione continua a confrontarsi, in tutto il mondo, con sfide rilevanti. In alcune regioni – ha spiegato il presule – “le violazioni contro la libertà religiosa si sono moltiplicate e intensificate nella loro brutalità, in particolare nei confronti delle minoranze religiose”. Si tratta - ha aggiunto - di evidenti violazioni dei diritti umani fondamentali.  In altre parti del mondo - ha osservato - alla libertà religiosa si contrappongono ostacoli giuridici e, in alcune società, anche comportamenti discriminatori. Alcune autorità – ha detto mons. Bernardito Auza – cercano di restringere la dimensione religiosa alla sfera privata imponendo obblighi di legge, in conflitto con la coscienza personale e il credo religioso. “Un mondo che rispetti veramente la libertà religiosa - ha aggiunto - deve andare oltre la semplice tolleranza”. Tutti hanno il diritto a praticare la loro fede individualmente o in comunità, in pubblico e in privato, e anche quello di cambiare la propria religione.

Il tema dell’agricoltura è stato inoltre al centro di un altro discorso, pronunciato dall’osservatore permanente in occasione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Discutere di sviluppo agricolo, sicurezza alimentare e nutrizione – ha affermato il presule – non deve tradursi in “un annuale esercizio di routine” ma deve invece essere l’occasione per diventare un'eco del grido di centinaia di milioni di persone che nel mondo soffrono di fame cronica. Un’occasione anche per ricordare il paradosso che, mentre molti muoiono di fame, “ogni giorno viene sprecata un’enorme quantità di cibo”. Sradicare la piaga della fame non è solo uno degli obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite, ma “un imperativo morale”. I costi umani e socio-economici della fame e della malnutrizione – ha concluso - sono enormi. Non ci dovrebbe essere una priorità più grande dell’eliminazione della fame e della malnutrizione nel mondo.

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Veglio': da Mare Nostrum a Triton, disumana indifferenza verso immigrati

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Avrà inizio il 1° novembre l’operazione dell’Unione Europea chiamata “Triton” che a differenza di “Mare Nostrum” non avrà come mandato primario il salvataggio di persone in mare. Grande la preoccupazione delle associazioni, cattoliche e non, che si impegnano sul tema dell’immigrazione che chiedono al governo italiano che “Mare Nostrum” continui. Il mondo politico è diviso: alcuni esponenti di diversi partiti, specie della Lega e di Forza Italia, sostengono che “Mare Nostrum” è stata un’operazione fallimentare e sbagliata perché ha incentivato l’arrivo degli immigrati in Italia. Dunque, in Europa sembra prevalere una scelta di “difesa” dei confini e di contenimento dell’immigrazione più che preoccupazioni di tipo umanitario: Adriana Masotti ha sentito in merito il card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti: 

R. – Ha detto bene, proprio il cambio dell’impostazione: con “Mare Nostrum” andavamo ad aiutare dovunque questi poveri migranti si trovassero, invece questa operazione “Triton” è per difendere i confini, una gran bella differenza, no? Quella delle migrazioni non è una cosa semplice. Migliaia di persone lasciano il proprio Paese mica perché si divertono, ma lo fanno per necessità, per fuggire da situazioni di pericolo e di indigenza. Sia ben presente anche ciò che succede in questo momento in Siria, in Iraq, in Etiopia, ma ci sarebbe una lista di Paesi che non finisce mai… Le partenze senza il piano di Mare nostrum avrebbero causato quindi molte più morti di quelle che purtroppo, circa 3000, sono avvenute durante l’anno. Quanto a "Mare Nostrum" se ben ricordo, è nato dopo il 3 ottobre di due anni fa, quando successe quella disgrazia dove morirono 368 persone. Io ho la gioia che proprio nell’anniversario sono andato a Lampedusa, e loro mi hanno dato una croce fatta col legno delle barche affondate. Una croce che porto sempre con me, invece delle solite croci episcopali, perché questo è un ricordo che mi fa pensare a queste tragedie e mi fa essere quasi più buono: tante  volte infatti ci dimentichiamo che tante persone vivono in maniera dignitosa pur nell’enorme difficoltà che incontrano nella vita.

D. – Che cosa dire quindi a coloro che pensano che "Mare Nostrum" abbia incentivato gli arrivi e a quelli che vedono l’immigrazione sempre come un’emergenza in qualche modo da contrastare?

R. - Si può anche pensare che sia vero, perché queste navi andavano a prenderli anche oltre il confine, nelle acque internazionali, molte volte vicino ai Paesi da dove questi migranti partivano e quindi questi si sentivano quasi incentivati… Va bene, ma questo è un aspetto della realtà. Però io trovo di una cattiveria e di una insensibilità unica fare questo ragionamento: questi poveracci si trovano a nord dell’Africa, sono arrivati lì dopo aver - molte volte - attraversato il deserto. Chissà quanti ne sono morti nel cercare di arrivare in Libia, perché di solito dalla Libia partono. Arrivano in Libia dove vengono messi in certi campi che - io credo - le nostre stalle in confronto siano migliori e più igieniche… Ora se, invece di lasciarli di nuovo nel pericolo di morire nel Mediterraneo, li aiutiamo e li cerchiamo di salvarli… Certo in  Italia - io parlo dell’Italia, ma come potrei parlare della Spagna o come potrei parlare della Grecia, al confine sud dell’Europa – quelli che sono contrari a questa politica di Mare Nostrum dicono: “abbiamo anche noi problemi”… Però è un fenomeno, quello dell’immigrazione, che non si fermerà mai: finché ci sarà un Paese più ricco di un altro, questi poveracci lasceranno il proprio Paese per cercare di vivere in maniera migliore. Non solo: il più delle volte, ultimamente, si tratta di rifugiati, di persone cioè che scappano da situazioni di pericolo per la loro vita. Per cui, anche se qualcuno può pensare questo, è brutto. E’ brutto dire: “Che ci importa a noi!”.  Non solo non è cristiano, ma credo non sia nemmeno umano.

D. - Ci dovrebbe essere, dunque, per risolvere questo problema dell’immigrazione - che lei ha detto essere complesso - un impegno a tutto campo: politico, diplomatico…

R. - Tempo addietro, di fronte a questo fenomeno che aumentava, i Paesi europei avevano deciso di dare lo 0,7 per cento del proprio Pil per aiutare queste nazioni povere, anche per scoraggiare gli abitanti di questi poveri Paesi a lasciare la loro patria per venire qui. Ebbene, di tutti i Paesi che hanno promesso, credo che solo due Paesi - due Paesi scandinavi - hanno osservato questo impegno… Certo è un problema quello dell’immigrazione, ma sono un problema anche questi poveracci che sono molto più poveri e vivono in condizioni molto più infelici di quelli che ci sono in Europa.  E’ un fenomeno che continuerà ed è quindi importante sensibilizzare la gente. Io ho sentito alcuni politici dire, vedendo la gente che arrivava con queste barche - tra l’altro non si sa da dove vengono, possono venire dalla Siria, possono venire dall’Iraq, possono venire dalla Libia…-  ma ritornino ai loro Paesi!”. Come si fa a dire così? Si può dire ad uno che scappa dall’Iraq, torna nel tuo Paese? Sarebbe condannarlo a morte, no?

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Protocollo Italia-S.Sede per promuovere valori sportivi

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Nel pomeriggio di ieri, le delegazioni del Pontificio Consiglio della Cultura e del Ministero della Difesa Italiano si sono incontrate all’Ambasciata Italiana presso la Santa Sede per firmare un protocollo d’intesa volto a promuovere la diffusione di valori etici ed educativi attraverso l’attività sportiva. A guidare le due delegazioni: il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e l’on. Roberta Pinotti, ministro della Difesa.

L’accordo prevede la condivisione di percorsi culturali volti a valorizzare lo sport come bene educativo, la realizzazione di iniziative congiunte finalizzate a preservare i valori fondanti dello sport, la diffusione di questi attraverso la pratica sportiva affinché aiutino lo sviluppo di una vita in società sana e corretta e la promozione dell’inclusione sociale di giovani, disagiati e diversamente abili.

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Mons. Zimowski: aiutare le coppie che hanno difficoltà ad avere figli

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Un percorso per aiutare la coppia a comprendere la fertilità, utilizzando approcci naturali di ridotta invasività ed assenza di farmaci. Questa sarà una tra le attività che si volgeranno nei nuovi piani di degenza della Casa di Cura Santa Famiglia - che dal 2013 è polo assistenziale dell'Università Tor Vergata - inaugurati questa mattina a Roma. Il commento di Domenico Arduini, direttore del dipartimento di Ginecologia ed Ostetricia dell’Università Tor Vergata, al microfono di Marina Tomarro: 

R – Oggi il vero problema importante è studiare la fertilità. La società, come sappiamo, ha spostato notevolmente l’età della prima gravidanza, e oggi siamo posizionati intorno ai 33.2 anni. Lo scopo di questo centro, quindi, sarà quello di studiare il momento della fertilità della donna per poterla aiutare, in assenza di farmaci e in assenza di diagnostiche invasive, a gestire al meglio la propria vita sessuale. Poi, vi è un altro problema, che è quello legato alle coppie che non riescono ad avere una gravidanza, malgrado lo desiderino. E questo, purtroppo, è un problema importante, anche perché il numero delle coppie tende ad aumentare. D’altro canto, tende anche ad aumentare un approccio invasivo. Lo scopo di questo centro sarà proprio quello di individuare quelle coppie per le quali, con un approccio non invasivo e con un supporto esterno, ci sarà una reale ed oggettiva possibilità di avere una gravidanza.

Ascoltiamo il commento dell’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, presente all’inaugurazione.

R. – I figli sono il dono più eccellente del matrimonio e contribuiscono grandemente al bene dei genitori stessi. Allora, di conseguenza, un amore coniugale vero e ben compreso tende a rendere i coniugi disponibili a cooperare coraggiosamente con l’amore del Creatore e del Salvatore. Anche durante il Sinodo sulla famiglia si è parlato dell’apertura alla vita umana, molto importante oggi. Nonostante ciò, sappiamo che dopo alcuni anni di matrimonio gli sposi si trovano ad affrontare la dura prova della sterilità coniugale. Oltre che con la preghiera, la Chiesa si fa vicina a questi nostri fratelli e sorelle che soffrono, incoraggiando fortemente la ricerca scientifica, volta al superamento naturale della sterilità.

D. – In che modo si possono incoraggiare queste coppie, che spesso si rendono conto di non potere avere figli?

R. – Questi centri sono molto importanti. Dobbiamo pregare perché anche il desiderio della maternità è molto importante. Ci sono casi in cui, quando le coppie vedono che non possono avere figli, adottano un bambino e questo dà loro la possibilità poi di avere un proprio figlio. Un dono, forse, di Dio per il gesto dell’adozione. Ci sono, quindi, famiglie che non possono avere figli e alle quali noi raccomandiamo l’adozione, essendoci tanti orfani che hanno bisogno dell’amore dei genitori.

E grande è l’attenzione della casa di cura Santa Famiglia verso la donna che vive la gravidanza. Max Paganini amministratore delegato della clinica:

R. – Noi abbiamo rinnovato la struttura e lo abbiamo fatto per offrire il massimo della sicurezza e delle tecnologie oggi disponibili in questo campo, sul presupposto che il parto è un evento naturale, e quindi la donna che partorisce non è una paziente; è semplicemente un evento felice e lieto.

D. - Cosa si andrà ad offrire a queste future mamme?

R. – Gioia, determinazione, professionalità e consapevolezza di quello che facciamo. Il tutto, tenendo presente che la nostra è una struttura assolutamente dedicata alla donna e assolutamente cattolica, in tutte le sue declinazioni.

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Cappella Sistina: nuovo respiro e nuova luce, affreschi più visibili

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A 450 anni dalla morte di Michelangelo e dopo due decenni dalla conclusione del restauro che ha restituito i colori originari alla Volta e al Giudizio di Michelangelo, si svolge a Roma il Convegno Internazionale “La Cappella Sistina venti anni dopo. Nuovo respiro e nuova luce”. Per l’occasione ieri sera la presentazione in anteprima alla stampa dei nuovi sofisticati impianti di climatizzazione e illuminazione. C’era per noi Paolo Ondarza

Il buio cela o lascia appena intravedere. Pochi istanti e i 7mila led del nuovo impianto di illuminazione svelano una bellezza universalmente nota, ma attraverso una resa cromatica senza precedenti. Il Giudizio, le Sibille, i Profeti, le scene della Genesi di Michelangelo così come i dipinti dei Quattrocentisti sulle pareti della Sistina si presentano come nessuno li aveva mai visti. Il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci: 

“E’ una luce mesopica, come la chiamano gli scienziati: una luce cioè totale e precisa allo stesso tempo; è una luce che permette di capire la Cappella Sistina nella sua interezza e ogni affresco in ogni suo più piccolo dettaglio”.

L’illuminazione, la cui fonte non è percepibile, non sottopone gli affreschi a stress termici o a radiazioni ultraviolette. Un lavoro attento alla conservazione e alla riduzione del consumo energetico del 90% durato tre anni e condotto, all’interno del progetto europeo Led4Art, da  Osram.  Il direttore esecutivo Carlo Bogani:

“La principale caratteristica è la omogeneità di luce, capace di donare una pienezza di colori e di percezione visiva. Con questo sistema non consumiamo neanche un decimo rispetto al sistema precedente”.

Nuovo anche il silenzioso impianto che gestisce il flusso, l’umidità, la qualità e la temperatura dell’aria. Ancora Antonio Paolucci:

“Questo significa dare agli affreschi le migliori condizioni di ambiente e quindi garantire la loro migliore salute per i secoli che verranno. Ecco perché dico che di questo provvedimento mi ringrazieranno gli affreschi più famosi del mondo”.

Software e tecnologie avanzate consentono il mantenimento di condizioni climatiche ottimali per la protezione delle pitture a fronte di un afflusso quotidiano di visitatori passati dai 700 del 1993 ai 20mila di oggi:

“One of the very innovative...”

Uno degli elementi davvero innovativi – spiega Michel Grabon direttore del team Carrier che ha progettato l’impianto - è una videocamera che collegata ad un computer rileva il numero delle persone presenti in Cappella mantenendo costante la qualità dell’aria. 

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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L'unità comincia trasformando il cuore: udienza a una delegazione della Conferenza internazionale dei vescovi veterocattolici dell'Unione di Utrecht.

Una lotta bellissima: Messa a Santa Marta.

Oltre la logica della deterrenza: intervento della Santa Sede alle Nazioni Unite.

Un articolo di Dario Edoardo Viganò dal titolo "Al neorealismo nuova vita": un ponte fra Italia e Cuba.

Quella donna cosciente della sua missione: Antonio Paolucci recensisce la mostra, alle Scuderie del Quirinale, su Hans Memling.

Leggere San Francesco a Tokyo: Irene Iarocci su Raphael von Koeber e il Paese del Sol Levante.

La molla nascosta: Edith Stein e il mistero della libertà.

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Oggi in Primo Piano



Croce Rossa: insostenibile la situazione dei profughi siriani in Libano

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La guerra in Siria sta assumendo dimensioni sempre più devastanti: dopo il bombardamento dell’esercito di Assad su un campo profughi nella regione di Idbil, nel nord-est del Paese, è aumentato il flusso dei profughi verso Libano e Turchia. Si contano più di 3 milioni di civili in cerca di un rifugio. Drammatiche le storie che giungono dal Libano. Martina Boccalini ne ha parlato con il portavoce della Croce rossa Italiana Tommaso della Longa

R. - Dalla Siria arrivano intere famiglie. Le storie sono tantissime e quello che più colpisce sono gli occhi dei bambini: nei loro sogni c’è il ritorno a casa il primo possibile e poi questo racconto del suono orribile delle bombe, dei corpi delle persone uccise in mezzo alla strada, dei loro amici che non hanno più…

D. – Di cosa hanno bisogno queste persone?

R. - Le priorità sono legate all’arrivo dell’inverno e al cibo: queste sono priorità comuni sia all’interno della Siria, sia in tutte le nazioni confinanti. In questo momento stiamo lanciando un appello a tutti i donatori a livello internazionale, perché quello che bisogna capire è che, nel giro di poche settimane, qui arriverà un freddo intenso e molto probabilmente anche la neve.

D. – Qual è la reazione dei libanesi alla presenza dei profughi?

R. - Bisogna capire che la crisi siriana sta entrando nel quarto anno di conflitto armato; che è una crisi che drammaticamente andrà avanti per altri anni ancora; e che è una crisi che, se anche finisse oggi, anche se non ci fossero più ostilità, avrebbe delle ripercussioni che durerebbero anni! Le nazioni circostanti hanno aperto le frontiere, hanno fatto entrare i profughi. Ovviamente in Paesi come la Giordania o il Libano, che sono nazioni piccole e che non hanno - ad esempio - grandi risorse di acqua o grandi risorse energetiche, i siriani vengono visti in qualche modo come persone che “rubano” opportunità. Proprio per questo stiamo lavorando molto con le comunità locali, attraverso una serie di progetti, cercando di lavorare proprio sul ruolo della comunità locale e su come questi profughi possano essere accettati dalle comunità locali, cercando così di abbassare il livello di tensione. Tra tutti gli auspici, quello più bello sarebbe poter vedere la fine di questo orribile conflitto che ha visto anche, tra l’altro, 45 nostri volontari uccisi in Siria. Forse quello che servirebbe soprattutto in questo momento è una presa di coscienza della Comunità internazionale su quello che sta continuando a succedere, settimana dopo settimana, non dimenticando tutti i siriani sia all’interno della Siria, sia fuori dalla Siria, e continuando a mantenere un livello di attenzione politico, diplomatico e anche di donazioni per far in modo che le organizzazioni umanitarie - come la nostra, ma come anche tutte le altre agenzie umanitarie - possano continuare a portare l’aiuto a chi ne ha bisogno.

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Fed: dopo 6 anni stop ad aiuti economia americana

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Con la fine di ottobre, l’economia americana volta pagina. Infatti, come ampiamente annunciato, la Federal Reserve (Banca centrale Usa) ha posto fine ad una politica di "aiuti a pioggia" e acquisto di asset, durata sei anni per un valore totale di quasi 4 mila miliardi di dollari. Una scelta che fa riflettere sui risultati effettivi ma anche sui rischi di politiche simili che anche l’Europa sta valutando. Gabriella Ceraso ha chiesto il parere di Emilio Colombo, docente di Economia Internazionale all’Università di Milano Bicocca: 

R. – Probabilmente dovremo ancora attendere un poco, per analizzare più a mente fredda gli effetti della politica della Fed. Il fatto stesso che abbia deciso di interrompere questoQuantitative Easingci dice che la Fed ritiene che ormai l’economia americana abbia passato la fase più negativa e quindi sia avviata verso una ripresa che sembra consolidarsi. Quindi, da questo punto di vista, è una buona notizia, perché ci dice che le cose sono in chiaro miglioramento.

D. – Ma sono effettivamente in chiaro miglioramento? Perché sembra che i dati siano leggermente migliori e l’inflazione resti ancora molto, molto bassa, e proprio i dati dell’occupazione non siano così incoraggianti. Non è che è "freniamo" perché un’immissione continua di denaro non può essere la soluzione definitiva?

R. – Questo senz’altro, nel senso che bisogna ricordare che queste misure sono misure straordinarie, perché stiamo vivendo un periodo straordinario. La crisi che ha colpito l’economia mondiale, dal 2008 ad oggi, è una crisi senza precedenti. Di fatto, quindi, le banche centrali sotto questo profilo stanno navigando a vista. Senz’altro sono consapevoli del fatto che ci possano essere dei rischi. E’ evidente che, con una immissione così massiccia e continua di liquidità nei mercati, ci sia sempre il rischio che si possano creare delle bolle. D’altro canto, c’è la decisa volontà di tenere la struttura dei tassi il più possibile prossima allo zero. Questo spiega per quale motivo queste politiche sono continuate fino ad oggi. Ora, il fatto che la Fed abbia deciso di interrompere il processo di acquisto dei titoli, significa che evidentemente ritiene l’economia in una fase di ripresa, anche se debole, e a questo punto i rischi connessi al perdurare di questa politica sarebbero evidentemente superiori ai possibili benefici.

D. – C’è chi come Alan Greenspan, l’ex presidente della Fed, ha detto: “Questo piano non ha centrato i suoi obiettivi, perché non ha funzionato nello stimolare la domanda dell’economia reale”. Come dire che stampare soldi non risolve il problema dell’economia reale?

R. – Con il senno di poi è facile dire che una politica poteva essere fatta in maniera diversa. In realtà, mettendosi nei panni di Bernanke nel 2008, quando ha preso queste prime decisioni, al tempo era la migliore decisione da prendere, al punto che è stata poi seguita dalla Bank of Japan e anche dalla Bank of England. E se guardiamo quello che sta accadendo in Europa, tutti chiedono alla Bce di fare quello che ha fatto la Fed.     

D. – Lei ha parlato di un rischio di "bolle finanziarie". Pensiamo però anche al fatto che una politica del genere faccia esplodere il debito pubblico, è quanto sta accadendo in Giappone...

R. – Sì, il debito pubblico sarà il problema dei Paesi avanzati nei prossimi venti anni. La vera sfida, da oggi e nei prossimi anni, sarà come rientrare da questa cosa. Bisogna trovare le risorse per farlo, in un contesto di scarsa crescita globale. Bisogna lavorare, dunque, su più fronti. La politica monetaria è senz’altro un tema. Poi c’è il compito dei governi: dare maggiore efficienza al sistema pubblico, in modo che possa ridurre il fabbisogno, e quindi il debito, e al tempo stesso dare stimolo alla crescita.

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Sud Sudan: a Juba, riapre Radio Bakhita. Scontri nel Nord

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Ancora violenti scontri nella parte settentrionale del Sud Sudan, in particolare nella città petrolifera di Bentiu. L’esercito ha respinto un attacco dei ribelli, dopo ormai 10 mesi di violenti scontri tra truppe fedeli al capo di Stato Salva Kiir e forze vicine all’ex presidente Riek Machar, con un bilancio difficile da quantificare: fonti internazionali parlano di migliaia di morti e quasi due milioni di sfollati. In questo quadro di tensioni, sta per riaprire ufficialmente Radio Bakhita, l’emittente dell’arcidiocesi di Juba, chiusa a fine agosto dalle autorità per la sicurezza nazionale, per essersi occupata di notizie politiche del Paese. Nelle scorse settimane la radio era stata autorizzata a riprendere le trasmissioni, senza però informare sugli argomenti politici. Giada Aquilino ne ha parlato con Enrica Valentini, direttrice del Catholic Radio Network, la Rete delle radio cattoliche del Sud Sudan: 

R. – L’arcivescovo Paulino Lukudo Loro ha dato il via libera per la riapertura della radio. Si è arrivati a questo traguardo dopo più o meno due mesi di lavoro: inizialmente la chiusura è stata richiesta dal governo per questioni legate al notiziario e, dopo alcune settimane di chiusura, con la confisca delle chiavi, queste sono state riconsegnate all’arcivescovo. Ci sono stati colloqui tra l’amministrazione dell’arcidiocesi di Juba e le autorità locali, quindi l’amministrazione dell’arcidiocesi ha costituito un comitato per supervisionare la radio. Ora stiamo lavorando, c’è stato un piccolo problema di elettricità e parte del materiale necessario per andare in onda è stato danneggiato, quindi stiamo cercando di rimettere in funzione il trasmettitore. Ma si prevede che nel giro di un paio di giorni la radio possa andare in onda.

D.  – In particolare di cosa si era occupato il notiziario?

R. – Di notizie relative ad uno degli scontri accaduti nella zona del Greater Upper Nile e in particolare una notizia che includeva una versione dell’opposizione rispetto a ciò che era successo.

D. – E invece il governo cosa ha chiesto ultimamente a tutti i media locali?

R. – In generale di diffondere solo versioni approvate dal governo.

D. – Tra l’altro sono in corso nuovi violenti scontri tra forze fedeli al presidente Salva Kiir e ribelli di Riek Machar nella città petrolifera di Bentiu: perché?

R. – Le notizie che arrivano qui a Juba non sono molto attendibili ma la zona è strategica perché ricca di petrolio e quindi il controllo di quest’area si presume dia poi accesso a risorse anche finanziarie desiderabili da tutte le parti.

D. – Nelle scorse settimane erano stati avviati colloqui di distensione: a che punto sono?

R. – Ci sono stati colloqui in Tanzania e da entrambe le parti c’era stato uno spiraglio di speranza verso la pace, per risolvere la questione tramite il dialogo. Ora i colloqui stanno riprendendo ad Addis Abeba, ma non ci sono aggiornamenti particolari. Passi avanti concreti non se ne vedono ancora.

D.  – Cosa manca per una reale intenzione di pacificazione?

R.  – Innanzi tutto un vero cessate il fuoco, che sia rispettato. Quello è sicuramente l’elemento principale che la gente si aspetta e più si avvicina dicembre più la gente è intimorita e teme che si ripetano episodi e violenze come l’anno scorso.

D. - Qual è l’auspicio in questo senso della Chiesa cattolica e del Network delle radio cattoliche, che diffondono il messaggio della Chiesa?

R. – Che veramente ci sia la pace. Questo è ciò che la Chiesa desidera, che il messaggio di pace, il Vangelo della Chiesa venga diffuso, che ci possa essere speranza per la popolazione, anche attraverso le radio, con l’impegno per il futuro di diffondere messaggi di pace, speranza, aiutando a ricostruire il Paese.

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Cresce il lavoro sommerso tra gli immigrati regolari

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Il 43,8 per cento degli immigrati che lavora non ha alcun contratto. La crisi ha colpito in modo pesante anche gli stranieri presenti in Italia e sta costringendo il Ministero del Lavoro a intervenire contro il sommerso. Alessandro Guarasci: 

E’ spesso una realtà dura quella degli immigrati che arrivano in Italia per rimanerci e per lavorare. Quasi il 50% di chi non ha un permesso di soggiorno ha chiesto un contratto ma gli è stato rifiutato, e il 37% si deve accontentare di un accordo scritto. In tanti hanno paura che la richiesta di vedersi riconosciuti i propri diritti sfoci in un licenziamento in tronco. Lavorare nel sommerso vuol dire non avere contributi, ferie, un’assicurazione sanitaria, e nemmeno essere tutelati quando si ha un incidente. Da quattro anni, oramai, il governo non vara il decreto flussi, ma il Ministero del Lavoro pensa a nuove politiche. Il direttore del Dipartimento per l’immigrazione Natale Forlani:

“Fare in modo che chi perde il lavoro abbia la possibilità di un servizio di orientamento, un incentivo per le imprese che lo assumono al pari di quello che capita per gli italiani, perché tradizionalmente gli immigrati partecipano poco alle politiche attive. E’ necessario quindi rileggere le mappe del sommerso, perché oggi il sommerso non è fatto di immigrati che arrivano irregolarmente, ma di soggiornanti regolari che lavorano per necessità in condizioni di irregolarità. Quindi ritarare l’azione anche ispettiva e anche di intervento e di repressione di questo fenomeno in maniera più mirata rispetto al passato”. 

Il lavoro sommerso degli stranieri riguarda sempre più l’edilizia e il commercio, mentre finora ha toccato solo di striscio i servizi alla persona.

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Rapporto povertà a Milano: superare scontro tra italiani e stranieri

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Sono sempre di più gli italiani che si rivolgono ai 324 Centri di ascolto diffusi nella Diocesi di Milano; chi perde il lavoro difficilmente lo ritrova; c’è un’intera generazione che rischia di essere condannata ad una povertà cronica. Lo dice la 13.ma edizione del Rapporto sulle povertà curato da Caritas Ambrosiana che evidenzia il rischio di una guerra fra gli italiani impoveriti dalla crisi e gli stranieri che vedono peggiorare la loro condizione di marginalità. Il servizio di Fabio Brenna: 

Gli italiani che si rivolgono ai centri di ascolto aumentano in media del 4% all’anno e i disoccupati di lungo periodo, senza occupazione cioè da più di un anno, son aumentati del 74.4% a dimostrazione della sempre più marcata difficoltà del mondo del lavoro ad assorbire l’eccesso di disoccupazione. Non solo: la crisi ha creato una nuova classe di “esodati”, persone di età compresa fra i 55 e i 64 anni, esclusi dal lavoro e dagli istituti di previdenza sociale. Questa classe di persone che chiedono aiuto è quella che ha fatto registrare l’aumento maggiore negli anni della crisi. Chi si rivolge ai Centri di ascolto non chiede più solo aiuti economici (le richieste aumentano mediamente del 5.2%) ma anche occasioni di lavoro (nel 57.9% dei casi).

In un contesto che diventa sempre più difficile per gli italiani, Caritas paventa il rischio di una guerra fra poveri. I flussi migratori non si sono invertiti, anzi è comparso il fenomeno nuovo dei profughi; gli stranieri restano, adattandosi a situazioni lavorative più precarie ed irregolari, mentre le donne italiane sconfinano in settori come quello delle badanti e delle colf, che sembravano appannaggio delle straniere. Su questi terreni, non certo sul fronte del lavoro regolare, possono innescarsi dinamiche di scontro fra italiani e stranieri.

Mentre da più parti si sollecita “fiducia” come via per l’uscita della crisi, il direttore di Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo, chiede di dar corpo ad una speranza attiva:

“Tanto quanto noi facciamo crescere questo modo di pensare, prima ancora che di agire, per cui ‘io singolo cittadino, che ho desiderio di star bene, non posso ovviamente ignorare il desiderio di benessere di colui che è accanto a me…’. Ecco, fino a quando non girerà questa maniera di pensare nuovo, certamente la speranza rimarrà una chimera”.

Nel Rapporto vengono presentati anche una trentina di “buone prassi”, iniziative già attuate sul territorio, che vedono insieme parrocchie, associazioni e cooperative sociali, per dare una risposta innovativa ai nuovi bisogni: dai fondi diocesani di sostegno alle famiglie e al lavoro ad una esperienza milanese in cui i richiedenti asilo consegnano la spesa a domicilio agli anziani.

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Nella Chiesa e nel mondo



Violenze a Gerusalemme Est: chiusa la Spianata delle Moschee

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Nuove tensioni a Gerusalemme est. Incidenti si sono verificati dopo l'uccisione da parte della polizia di un militante palestinese, Muataz Hijazi, sospettato di aver attentato alla vita del rabbino ultra nazionalista Yehuda Glick. Subito dopo l’attacco, Israele ha deciso la chiusura totale della Spianata delle Moschee, provvedimento criticato dal presidente palestinese Abu Mazen: “è un atto di guerra”, potrebbe “salire ulteriormente la tensione in città”, ha affermato. L'Unione Europea si è detta “molto preoccupata per quanto sta accadendo sul terreno” e ha chiesto, con la portavoce del servizio diplomatico Maja Kocijancic, la fine delle violenze, incoraggiando “tutte le parti a fare il necessario per attenuare le tensioni” e tronare al tavolo delle trattative. In questo quadro, oggi la Svezia ha riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina. La decisione è stata salutata favorevolmente dall’Autorità nazionale palestinese. Il ministro degli Esteri dello Stato ebraico, Avigdor Lieberman, ha invece parlato di “scelta errata”. (G.A.)

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Siria. Appello dei vescovi all'Occidente: no al traffico delle armi

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Un severo richiamo alla comunità internazionale perché metta fine al traffico di armi che alimenta la guerra e un appello alle coscienze dei cristiani, affinchè cerchino di resistere alla pur comprensibile idea di fuggire dalla propria terra. Sono questi i messaggi forti che i vescovi cattolici della Siria hanno voluto indirizzare al mondo e ai propri fedeli, nel comunicato pubblicato alla fine della loro Assemblea d'autunno.

All'incontro, svoltosi a Damasco martedì 28 e mercoledì 29 ottobre, ha preso parte il patriarca di Antiochia dei greco-melchiti, Gregorios III, e 11 vescovi cattolici di 6 riti diversi, insieme al nunzio apostolico Mario Zenari e a mons. Giovanni Pietro Dal Toso, Segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum.

“La presenza di mons. Dal Toso, venuto da Roma per incoraggiarci, ci ha fatto molto bene” riferisce all'agenzia Fides il vescovo Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino.

“Nell'incontro - aggiunge il vescovo Abou Khazen - ognuno dei partecipanti ha fatto il quadro della situazione e dei problemi della propria diocesi. Per tutti la cosa più importante da fare è stare vicino ai nostri fedeli, incoraggiarli, consolarli. Camminiamo in un buio di cui non vediamo la via d'uscita, e solo Cristo può alimentare la speranza nei cuori. I poteri del mondo devono sapere che certo non aiutano la pace se continuano a mandare qui armamenti.

Poi noi invitiamo tutti a non fuggire, a non lasciare la propria terra. Ma questo rimane un appello alle coscienze. Come Pastori vediamo bene cosa sta soffrendo la nostra povera gente. E non si può costringere nessuno a rimanere in questa situazione dove non c'è lavoro, aumenta ogni giorno la miseria e anche la vita propria e quella dei propri cari è sempre in pericolo”. (R.P.)

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Burkina Faso: caos a Ouagadougou, saccheggiato il parlamento

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“La protesta è degenerata. A Ouagadougou c’è un caos totale dopo che decine di manifestanti sono entrati nel Parlamento, saccheggiando l’edificio. La situazione è ancora molto confusa ed incerta. E’ stato anche invaso il cortile della Televisione pubblica e in diverse città sono stati attaccati i seggi del partito al potere (Cdp) e di formazioni politiche alleate, tra cui l’Afd/Rda”.

Sono queste le ultime notizie che giungono dalla capitale del Burkina Faso, comunicate all'agenzia Misna da Parfait Silga, giornalista del quotidiano Notre Temps. La giornata odierna è considerata dalle autorità ad “alto rischio” per l’esame previsto in Parlamento, del progetto di legge del governo sulla revisione della Costituzione, in particolare l’articolo 37.

Nei giorni scorsi a Ouagadougou e nelle principali città del Paese si sono tenuti cortei di protesta senza precedenti per bloccare la strada alla candidatura del longevo presidente Blaise Compaoré, al potere dal 1987, alle elezioni del 2015.

“Le autorità hanno annullato l’esame della legge appena cominciato all’Assemblea nazionale. Ora potrebbe essere a rischio l’incolumità di alcuni parlamentari visto che i manifestanti hanno circondato l’albergo dove alloggiano da qualche giorno, nei pressi del Parlamento” prosegue la fonte locale, precisando che “una mia collega ha visto un corpo senza vita nei pressi del Parlamento, quindi ci potrebbero essere morti e feriti”.

Dall’inizio della settimana il dispositivo di sicurezza è stato potenziato al centro di Ouagadougou, con pattuglie di militari e agenti di polizia di giorno come di notte. Nei giorni scorsi sono scese in piazza decine di migliaia di persone che hanno risposto all’appello di partiti di opposizione, organizzazioni della società civile e sindacati, ma finora le proteste sono state per lo più pacifiche. Dalle prime ore del giorno un ingente dispiegamento delle forze di sicurezza bloccava le vie di accesso al parlamento, preso d’assalto dai manifestanti.

Poche ore fa un comunicato diffuso dall’Unione Europea ha invitato tutte le parti a “dare prova di ritegno e responsabilità”, avvertendo che “la revisione della Costituzione pianificata è una minaccia alla stabilità, ad uno sviluppo equo e al progresso democratico”. Anche gli Stati Uniti, nei giorni scorsi, si sono detti “preoccupati per la situazione socio-politica” nella ‘Terra degli Uomini integri’. (R.P.)

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Nigeria: civili in fuga da Mubi conquistata da Boko Haram

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Residenti e militari in fuga da Mubi, seconda città dello Stato di Adamawa, dopo l’attacco messo a segno ieri da Boko Haram e pesanti scontri con l’esercito nigeriano. Lo ha riferito stamattina il quotidiano locale Vanguard, aggiungendo che gli insorti hanno attaccato altri villaggi circostanti, tra cui Uba, “uccidendo un numero imprecisato di civili che non sono stati in grado di scappare”.

La stessa fonte di stampa - riporta l'agenzia Misna - ha evidenziato che gli assalti di ieri rappresentano una “violazione aperta del cessate il fuoco” raggiunto pochi giorni fa in Ciad tra Boko Haram e il governo federale. Le violenze, andate avanti per diverse ore, si sarebbero concluse con la conquista da parte degli insorti di diverse località: oltre a Mubi anche Uba, nel confinante Stato di Borno.

L’emiro di Mubi, Abubakar Isah Ahmadu, ha indirizzato un Sos (‘Save Our Soul’) al governo federale, temendo un imminente attacco di Boko Haram, al quale Bala James Ngillari ha risposto chiedendo ai residenti di “mantenere la calma” e assicurando che “gli agenti di sicurezza controllano la situazione”. Ma, prosegue il quotidiano Vanguard, “le autorità militari non hanno risposto all’invasione di Mubi da parte dei terroristi” e “messaggi inviati al portavoce del ministero della Difesa, il generale Chris Olukolade, sono rimasti finora senza risposta”.

Nelle ultime settimane Mubi è stata più volte colpita da attacchi e attentati. Il mese scorso centinaia di persone dei villaggi circostanti avevano trovato rifugio proprio a Mubi, in particolare dopo la conquista da parte di Boko Haram della cittadina vicina di Michika. (R.P.)

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Sri Lanka: più di 300 persone sepolte vive dal fango

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Più di 300 persone sepolte vive e un intero villaggio spazzato via da una valanga di fango. È il bilancio della frana che ieri mattina presto ha colpito l'area montuosa di Meeriyabedda (distretto di Badulla), abitata dai coltivatori della locale piantagione da tè. Le operazioni di recupero - riferisce l'agenzia AsiaNews - procedono a rilento a causa del cattivo tempo: al momento sono stati tirati fuori solo 10 corpi senza vita. Salvi i bambini che erano usciti presto per andare a scuola.

Il Disaster Management Centre (Dmc) riferisce che circa 40 ettari di terreno e 120 case sono stati colpiti dallo smottamento. Le abitazioni, i negozi e la sala comunale - per un totale di 150 edifici - si trovano sotto nove metri di fango e solo qualche tetto è visibile.

Il presidente Mahinda Rajapaksa ha ordinato alle forze di sicurezza di partecipare alle operazioni di soccorso, e oltre 500 soldati sono sul campo. Con loro, anche truppe dell'aviazione, poliziotti, volontari e operatori sanitari sono impegnati nella recupero dei corpi. (M.M.P.)

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Sud Sudan: Campagna contro i bambini soldato

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Il Governo del Sud Sudan ha appena lanciato, con il sostegno delle Nazioni Unite, la Campagna nazionale “Bambini, no soldati” con l’obiettivo di porre fine al reclutamento dei bambini nella guerra civile e all’uso dei minori da parte delle forze militari del Paese entro il 2016. La campagna è gestita insieme alla Segreteria Generale per Bambini e Conflitti Armati, alla missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan e all’Unicef.

L’Onu - riferisce l'agenzia Fides - conferma che il fenomeno continua ad essere dilagante nel Paese. Si stima che siano 11 mila negli eserciti e nei gruppi armati coinvolti nel conflitto. “I bambini dovrebbero imparare a leggere e scrivere, non ad usare le armi. L’istruzione ci renderà un Paese migliore”, ha dichiarato il Ministro della Difesa del Paese.

Nel mese di giugno, il Governo ha formalmente firmato il rinnovo del suo impegno con il Piano di Azione del 2009, che comprende 18 disposizioni che il Movimento di Liberazione del Popolo sudanese deve attuare per porre fine alla presenza di minori tra le loro forze militari secondo quanto previsto dalle leggi internazionali sui diritti umani. (R.P.)

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Re di Giordania: anche i cristiani costruttori della civiltà araba

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I cristiani hanno dato un proprio contributo alla costruzione della civiltà araba. Anche per questo l'esodo forzato delle comunità cristiane autoctone dal Medio Oriente è un fenomeno grave, che va arginato in ogni modo possibile. Così si è espresso Re Abdallah II di Giordania nei suoi colloqui con il Presidente dell'Armenia, Serzh Sargsyan, che ieri, a capo di una folta e qualificata delegazione, ha iniziato la sua visita ufficiale nel Regno di Giordania, la prima di un Capo di Stato armeno.

Come riportano i media giordani ripresi dall'agenzia Fides, negli incontri con il Presidente armeno Re Abdallah ha sottolineato l'impegno della Monarchia hascemita nella protezione e nel sostegno all'identità delle comunità cristiane arabe. Dal canto suo, il Presidente Sargsyan ha ribadito il legame di intima amicizia che lega gli armeni alle popolazioni arabe, esprimendo anche parole di gratitudine per la figura di Sharif Hussein Bin Ali e degli altri leader arabi che accolsero i rifugiati armeni fuggiti dalla Penisola anatolica dopo il Genocidio armeno.

Domani il patriarca armeno di Gerusalemme, Nourhan Manougian, presiederà la celebrazione liturgica di consacrazione della nuova chiesa armena di San Garabed, costruita sulla riva del fiume Giordano. Il terreno su cui sorge la chiesa, non lontano dal luogo tradizionalmente indicato come il sito del Battesimo di Gesù, è stato messo a disposizione della comunità armena da Re Abdallah II. (R.P.)

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28,4% italiani a rischio povertà o esclusione sociale

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Nel 2013 il 28,4% della popolazione italiana è a rischio di povertà o esclusione sociale. Lo ha rilevato l’Istat nel suo report annuale su reddito e condizioni di vita degli italiani.

L'indicatore, basato sulla definizione adottata nell'ambito della strategia Europa 2020 - riferisce l'AdnKronos - deriva dalla combinazione del rischio di povertà, della grave deprivazione materiale e della bassa intensità di lavoro e corrisponde alla quota di popolazione che sperimenta almeno una di queste condizioni.

Rispetto al 2012, l'indicatore è diminuito dell'1,5%, a seguito della diminuzione della quota di persone in famiglie gravemente deprivate (dal 14,5% al 12,4%). Stabile la quota di persone in famiglie a rischio di povertà (19,1%) mentre è in leggero aumento quella di chi vive in famiglie a bassa intensità lavorativa (dal 10,3% all'11,0%). 

Il rischio di povertà o esclusione sociale ha mostrato la diminuzione più accentuata al Centro e al Nord (-7,7% e -5,9% rispettivamente), mentre nel Mezzogiorno, dove si è registrata una diminuzione del 3,7%, il valore si è attestato al 46,2% (più che doppio rispetto al resto del Paese). 

Oltre che nel Sud e nelle Isole, valori elevati dell'indicatore si sono avuti tra le famiglie numerose (39,8%), con un solo percettore (46,1%), con fonte di reddito principale proveniente da pensione o altri trasferimenti (34,9%) e tra quelle con altri redditi non provenienti da attività lavorativa (56,5%). E' inoltre più elevato - ha rilevato l’Istat - tra le famiglie con reddito principale da lavoro autonomo (30,3%) rispetto a quelle con reddito da lavoro dipendente (22,3%). 

Rispetto al 2012, il rischio di povertà o esclusione sociale è diminuito tra gli anziani soli (dal 38,0% al 32,2%), i mono-genitori (dal 41,7% al 38,3%), le coppie con un figlio (dal 24,3% al 21,7%), tra le famiglie con un minore (dal 29,1% al 26,8%) o con un anziano (dal 32.3% al 28,9%). Tra le famiglie con tre o più figli si è osservato, invece, un peggioramento: dal 39,8% si sale al 43,7%, a seguito dell'aumento del rischio di povertà (dal 32,2% al 35,1%). (R.P.)

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Zambia: cordoglio delle Chiese per morte del presidente Sata

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Le Chiese dello Zambia esprimono profondo cordoglio per l’improvvisa morte avvenuta martedì a Londra del Presidente Michael Chilufya Sata.

In una dichiarazione congiunta firmata da padre Cleophas Lungu, segretario della Conferenza episcopale zambiana, dalla rev.da Suzanne Matale, segretaria generale del Consiglio nazionale delle Chiese dello Zambia e dal rev.do Pukuta N. Mwanza, presidente dell’Associazione delle Chiese evangeliche dello Zambia, invitano tutti i cittadini a “restare uniti” in questo periodo di lutto ed a “pregare per una transizione pacifica” in una fase delicata per la vita del Paese.

La morte di Sata lascia infatti molte questioni aperte, sia con l’opposizione - che critica il governo sulla riforma costituzionale di cui è stata appena presentata una bozza - sia con le compagnie minerarie che reclamano rimborsi delle tasse per circa 600 milioni di dollari, che il governo si rifiuta di concedere accusandole di evasione fiscale. (L.Z.)

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Sud Corea. Plenaria vescovi: aiuti a cristiani di Siria e Iraq

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I vescovi della Corea del Sud, che hanno concluso la quattro giorni di Assemblea plenaria nella sede della Conferenza episcopale a Seoul, hanno deciso di organizzare due raccolte fondi speciali: la prima sarà domenica 16 novembre, Giornata dei laici, il cui ricavato sarà destinato alle organizzazioni cattoliche private; la seconda sarà la settimana successiva, Solennità di Cristo Re. Il ricavato di questa seconda colletta, estesa a tutte le diocesi coreane, sarà destinato ai cristiani di Siria e Iraq, costretti dall'avanzata degli estremisti islamici a fuggire dalle proprie case.

La Conferenza episcopale coreana nel corso della Plenaria ha eletto l'arcivescovo di Gwangju, mons. Igino Kim Hee-jong , come suo nuovo presidente. Il presule ha guidato fino a oggi la Commissione episcopale per il dialogo interreligioso e l'unità dei cristiani: è stato lui a presentare a Papa Francesco i leader delle altre religioni coreane durante la recente visita apostolica del Papa nella penisola. Il suo vice sarà mons. Gabriele Chang, vescovo di Kkottongnae. Alla guida della Commissione giustizia e pace è stato eletto mons. Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejeon.

Subito dopo l'elezione dei vertici è avvenuta quella delle varie commissioni. Giustizia e pace è considerata da molti cattolici una delle realtà più "sensibili" della Chiesa coreana, data la speciale natura "sociale" dei cattolici locali. Fino a oggi il ruolo era stato ricoperto da mons. Matthias Li, vescovo di Suwon.

Dopo il voto, mons. You ha ringraziato i suoi confratelli per la fiducia espressa "segno della volontà di Dio. Vi chiedo - ha aggiunto - di andare avanti tutti insieme e di essere pronti ad aiutarmi". Il vescovo di Daejeon ha poi indicato nella Esortazione apostolica Evangelii Gaudium "la bussola per i nostri rapporti sociali. La gioia di vivere il Vangelo in maniera concreta deve aiutarci ad andare fuori, ad andare oltre tenendo sempre Cristo nel cuore". (R.P.)

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Filippine. Movimento Silsilah: “Combattere i combattenti con la preghiera”

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La “Preghiera dell’armonia”, una catena di preghiera diffusa tra cristiani, musulmani e fedeli di altre religioni, è l’arma con cui “combattere i combattenti” e l’ideologia terrorista di violenza e morte che in questo momento attraversa Mindanao, la grande isola nel Sud delle Filippine. E' l’iniziativa lanciata dal movimento per il dialogo islamo-cristiano “Silsilah”, avviato dal missionario del Pime padre Sebastiano D’Ambra, che ha fondato nella città di Zamboanga il “Villaggio dell’armonia”, dove vivono insieme cristiani e musulmani.

La preghiera - riferisce l'agenzia Fides - fu ideata nel 2000, quando l’allora Presidente filippino Joseph Estrada dichiarò “guerra totale” a Mindanao, cercando di sconfiggere i gruppi ribelli con una imponente azione militare. Oggi, con la diffusione dell’ideologia del sedicente Stato islamico e dei nuovi militanti, il movimento lancia un appello chiedendo di riscoprire la preghiera in tutte le comunità, cristiane, musulmane, buddiste e indigene, per diffondere una cultura di pace e chiedere a Dio la pace, partendo dall’approccio spirituale della “vita-in-dialogo”.

“Sogniamo che, in tutto il mondo, si estenda la catena di preghiera per la pace e ci auguriamo che la preghiera dell’Armonia entri a far parte delle tante iniziative di preghiera in tutto il mondo”, afferma la nota di “Silsilah”.

La preghiera è tuttora utilizzata in molte istituzioni e scuole cristiane e musulmane, nelle Filippine e in altri Paesi. In tal modo il movimento sostiene “lo sforzo di pace per le Filippine Sud ,che richiede ancora saggezza e coraggio da parte di coloro che hanno la responsabilità di decidere per il futuro della pace a Mindanao”. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 303

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