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Sommario del 28/03/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • L'invito del Papa ai confessori: non dimenticare “le viscere di misericordia di Dio”
  • Penitenziale presieduta dal Papa. Mons. Fisichella: riscoprire la gioia del perdono nel confessionale
  • Il Papa ai vescovi del Madagascar: curate i poveri e dite ai leader politici di fare altrettanto
  • Papa Francesco: il bilancio di Dio non è quello di un'azienda, l'attivo è l’amore
  • Preoccupazione per il futuro dei cristiani in Medio Oriente nel colloquio del Papa con il presidente della Grecia
  • In udienza dal Papa mons.Tebartz-van Elst, vescovo emerito di Limburg
  • Sant'Ambrogio e la fede nell'Eucaristia al centro della predica di Quaresima di padre Cantalamessa
  • Tweet del Papa: tutti abbiamo bisogno di migliorare, la Quaresima ci aiuta a lottare contro i difetti
  • Carriquiry: l’amore per il popolo di Papa Francesco è radicato nel Concilio Vaticano II
  • Libro sul Beato Giovanni XIII: il decennio bulgaro alla base dell'apertura ecumenica
  • “Verbum Domini II: la Parola del Signore raggiunge le Nazioni”
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Pakistan: cristiani pregano per Asia Bibi e Sawan Masih, condannati a morte per blasfemia
  • Assemblea della Cei: sarà il Papa ad aprirla a maggio
  • Intervista a mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei
  • Obama in Arabia Saudita. La crisi siriana e l'Iran i temi "caldi"
  • Turchia: vigilia amministrative, dopo Twitter Erdogan blocca anche Youtube
  • Presentata l'Agenda dei diritti umani in Europa: focus su migranti, detenuti e rom
  • De Bortoli e Donati protagonisti del secondo incontro dei Dialoghi in Cattedrale
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria. Missile su una chiesa armena di Aleppo durante la Messa
  • Laos: famiglie cristiane minacciate perché non si convertono al buddismo
  • Ucraina: approvato piano anti-crisi. Risoluzione Onu: rispettare sovranità del Paese
  • “Fuoco della misericordia”: iniziativa di preghiera in Polonia per Giovanni Paolo II
  • Argentina. Il Vescovo di Quilmes: allarmante aumento del traffico di droga
  • Messico. I vescovi: basta minacce contro chi si oppone al progetto idroelettrico di Veracruz
  • "La Rete, come viverla": evento dell’associazione Web Cattolici italiani
  • Il Papa e la Santa Sede



    L'invito del Papa ai confessori: non dimenticare “le viscere di misericordia di Dio”

    ◊   “Il cuore del sacerdote è un cuore che sa commuoversi, non per sentimentalismo o per mera emotività, ma per le ‘viscere di misericordia’ del Signore!”. Così Papa Francesco ai partecipanti al corso della Penitenzieria apostolica, il Tribunale competente nelle questioni legate al foro interno anche non sacramentale e alle indulgenze. Il servizio di Fausta Speranza:

    Siete chiamati ad essere uomini dello Spirito Santo, perché “il protagonista del ministero della Riconciliazione è lo Spirito Santo”. Papa Francesco sottolinea così l’importanza della formazione dei sacerdoti perché siano “buoni confessori, consapevoli dell’importanza di questo ministero”:

    "Il confessore accoglie i penitenti non con l’atteggiamento di un giudice e nemmeno con quello di un semplice amico, ma con la carità di Dio, con l’amore di un padre che vede tornare il figlio e gli va incontro, del pastore che ha ritrovato la pecora smarrita”.

    Papa Francesco ricorda che i confessori devono essere testimoni e annunciatori della Risurrezione di Cristo e afferma che “questa testimonianza si legge sul volto, si sente nella voce del sacerdote che amministra con fede e con 'unzione' il Sacramento della Riconciliazione”:

    "Il cuore del sacerdote è un cuore che sa commuoversi, non per sentimentalismo o per mera emotività, ma per le 'viscere di misericordia' del Signore!".

    Sacramento che Papa Francesco definisce il Sacramento della Misericordia. Quindi, aggiunge:

    “Se è vero che la tradizione ci indica il duplice ruolo di medico e giudice per i confessori, non dimentichiamo mai che come medico è chiamato a guarire e come giudice ad assolvere”.

    “Il perdono che il Sacramento conferisce è la vita nuova trasmessa dal Signore Risorto per mezzo del suo Spirito”, ribadisce aggiungendo che “compito dei sacerdoti è donarla generosamente ai fratelli”. E avverte: “Un sacerdote che non cura questa parte del suo ministero, sia nella quantità di tempo dedicato sia nella qualità spirituale, è come un pastore che non si prende cura delle pecore che si sono smarrite; è come un padre che si dimentica del figlio perduto e tralascia di attenderlo”. E poi sottolinea:

    “La misericordia è il cuore del Vangelo! È la buona notizia che Dio ci ama, che ama sempre l’uomo peccatore, e con questo amore lo attira a sé e lo invita alla conversione”.

    “Non dimentichiamo – ricorda Francesco - che i fedeli fanno spesso fatica ad accostarsi al Sacramento, sia per ragioni pratiche, sia per la naturale difficoltà di confessare ad un altro uomo i propri peccati”. Dunque la raccomandazione del Papa: “Occorre lavorare molto su noi stessi, sulla nostra umanità, per non essere mai di ostacolo ma sempre favorire l’avvicinarsi alla misericordia e al perdono”:

    Tante volte capita che una persona viene e dice: 'Ma, non mi confesso da tanti anni, ma, ho avuto questo problema, ho lasciato la confessione perché ho trovato un sacerdote e mi ha detto questo', e si vede l’imprudenza, la mancanza di amore pastorale in quello che racconta la persona. E si allontanano, per una cattiva esperienza nella confessione. Se è questo atteggiamento di padre, che viene dalla bontà di Dio, non succederà mai, questa cosa".

    Francesco parla di "sicurezza del perdono del Padre":

    “La Confessione non è un tribunale di condanna, ma esperienza di perdono e di misericordia!”.

    Un appello concreto: “In ogni parrocchia i fedeli sappiano quando possono trovare i sacerdoti disponibili”.

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    Penitenziale presieduta dal Papa. Mons. Fisichella: riscoprire la gioia del perdono nel confessionale

    ◊   Papa Francesco presiede questo pomeriggio alle 17.00, nella Basilica Vaticana, una celebrazione penitenziale che darà il via all’evento chiamato “24 ore per il Signore”: il Papa confesserà anche alcuni fedeli. Si tratta di una iniziativa quaresimale del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. In serata, a partire dalle 20.00, in tre chiese del centro storico di Roma - Sant’Agnese in Agone, Santa Maria in Trastevere e Santissime Stimmate - saranno disponibili confessori per la celebrazione individuale del Sacramento della Penitenza, nel contesto dell’adorazione eucaristica, che si protrarrà fino a notte inoltrata. Giovani appartenenti a varie realtà ecclesiali avranno il compito di fare da “nuovi evangelizzatori” dei loro coetanei, invitandoli a entrare in Chiesa, dove troveranno confessori e sacerdoti disponibili all’ascolto. Sarà possibile confessarsi anche sabato 29, presso la rettoria di Sant’Agnese in Agone, fino alle ore 16.00. La giornata si concluderà alle 17.00 con la celebrazione dei Primi Vespri nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, santuario cittadino della Divina Misericordia. Si tratta di una vera festa del perdono – come ha detto Papa Francesco all’Angelus di domenica scorsa. Ascoltiamo mons. Rino Fisichella, presidente del dicastero che ha promosso l’iniziativa, al microfono di Hélène Destombes:

    R. – Questa iniziativa vuole veramente essere una festa: una festa durante la quale siamo chiamati a riflettere su noi stessi, a ritrovare la verità sulla nostra vita, a non cercare troppe giustificazioni per le cose che non vanno ma a porci con sincerità davanti a noi stessi e quindi anche davanti a Dio, e in questa condizione, vivere l’esperienza del perdono e dell’essere amati nonostante il nostro peccato. E’ un’esperienza di festa, un’esperienza di gioia perché è un’esperienza di grande libertà che noi possiamo vivere. E’ per questo che il Papa inizierà lui con la celebrazione penitenziale qui a Roma, ma sono unite con noi tante, tante diocesi nel mondo; vivremo questa esperienza di prolungare l’incontro con il Signore per tutta la notte. Tre chiese nel centro storico, ma anche tante altre parrocchie qui a Roma saranno aperte. Penso a Sant’Agnese in Piazza Navona, alla chiesa delle Stimmate a Largo Argentina e la Basilica di Santa Maria in Trastevere: rimarranno aperte lungo la notte. Tanti giovani faranno esperienza di nuova evangelizzazione con i loro coetanei. E poi, si concluderà sabato con i Primi Vespri. Ancora una volta, dobbiamo augurarci che questa celebrazione della misericordia del Signore possa portare una parola di sollievo, di sostegno e di guida a quanti, in questo momento della Quaresima, vivono con il desiderio di incontrare il Signore e soprattutto di prepararsi anche a celebrare la Pasqua nella maniera più coerente.

    D. – Molti cristiani provano un certo malessere davanti al Sacramento della Riconciliazione; quest’iniziativa è un modo di far avvicinare a questo Sacramento con gioia e non con angoscia?

    R. – E’ vero: spesso si hanno esperienze negative che purtroppo allontanano dalla Confessione. Penso che dovremmo essere capaci di dare al meglio il segno dell’incontro, il segno dell’amore e il segno della misericordia, unito anche al segno della gioia. Il Signore accoglie quanti ritornano a lui con il cuore sincero. Noi desideriamo che, come scrive Papa Francesco nella “Evangelii Gaudium”, il sacramento della Riconciliazione possa essere vissuto come un momento in cui si sperimenta la grazia del perdono, la vicinanza di Dio, che comprende, che guarda nel più profondo del cuore e soprattutto – per usare le sue parole – non dare l’esperienza che il confessionale sia una sala di tortura: non è questo, non può essere questo. Deve essere solo ed esclusivamente il momento in cui, pur mettendoci come peccatori davanti a Dio e pronti al suo giudizio, sperimentiamo però la grandezza della sua misericordia.

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    Il Papa ai vescovi del Madagascar: curate i poveri e dite ai leader politici di fare altrettanto

    ◊   Servite la causa della pace nel vostro Paese con i valori del Vangelo e non temete di richiamare i politici sulla questione della povertà. Sono due delle esortazioni che Papa Francesco ha rivolto ai vescovi del Madagascar, nel discorso consegnato ai stamattina ai presuli, ricevuti in visita ad Limina. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Il primo grazie di Papa Francesco ai vescovi del Madagascar è per il “coraggioso” e “persistente” lavoro di evangelizzazione. La società malgascia, riconosce il Papa, sta ricostruendo se stessa dalle macerie di lunghi anni di difficoltà e ha quindi bisogno di prendersi “tutto lo spazio” di cui tale percorso ha bisogno, purché “nel rispetto dei diritti e doveri di ciascuno”. È importante che manteniate “relazioni costruttive con le autorità del vostro Paese”, indica ai presuli Papa Francesco, “rifiutando – dice con chiarezza - qualsiasi coinvolgimento nel dibattito politico a scapito del bene comune. Lasciate che le vostre parole e le vostre azioni manifestino sempre la vostra profonda comunione tra di voi”.

    Il secondo apprezzamento del Papa all’episcopato del Madagascar è per la “promozione umana” che si accompagna all’opera di evangelizzazione. Perseverate, afferma, “nella vostra attenzione ai poveri sostenendo, materialmente e spiritualmente, coloro che vi si dedicano, in particolare le Congregazioni religiose che – dice – ringrazio con tutto il cuore per la loro dedizione e per l'autentica testimonianza che rendono all'amore di Cristo per tutti gli uomini”. E, insiste Papa Francesco su questo punto, “vi invito anche a richiamare senza paura tutta la società malgascia, soprattutto i suoi leader, sul tema della povertà, che è in gran parte dovuto alla corruzione e alla mancanza di attenzione al bene comune”.

    Nel prosieguo del discorso, il Papa sottolinea il “notevole” apporto “intellettuale, culturale e morale” che la società malgascia riceve dalla presenza delle scuole cattoliche, unendolo all’auspicio che il “maggior numero possibile di bambini, comprese le famiglie più povere, possano essere istruiti” e, parallelamente, alla possibilità che la “presenza cristiana” sia “assicurata nelle scuole pubbliche”. Sul tema della famiglia, Papa Francesco prende ad esempio il programma di formazione alla vita e all'amore, definito “ambizioso e dinamico”, lanciato dall’episcopato malgascio. “Posso solo incoraggiarvi a continuare in questa direzione anche se questo - afferma - sembra andare contro la mentalità corrente”, ricordando inoltre che “la preparazione al matrimonio deve, per quanto possibile, essere approfondita” e che la famiglia in quanto tale deve essere “difesa”, nonostante le “molte minacce” che pesano su di essa.

    Papa Francesco chiede poi ai vescovi del Madagascar di avere grande cura e amore per il clero locale e per i seminaristi, oltre a un impegno che porti a sviluppare un “dialogo lucido e costruttivo” in campo interreligioso. E colpisce l’attenzione di Papa Francesco per un valore tipico della vita malgascia, sintetizzato da un termine quasi intraducibile, quello del Fihavanana. Voi, riconosce il Papa, “vi rammaricate per la perdita” di tale valore “che promuove l'armonia e la solidarietà tra i malgasci”, ma “i valori che il Creatore ha instillato nella vostra cultura – ribadisce – devono continuare a essere trasmessi, illuminati al loro interno dal messaggio evangelico. Così, “la dignità della persona umana, la cultura della pace, del dialogo e della riconciliazione troveranno il loro posto nella società in vista di un futuro migliore”.

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    Papa Francesco: il bilancio di Dio non è quello di un'azienda, l'attivo è l’amore

    ◊   Dio ama, “non sa fare altra cosa”. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che il Signore sempre ci aspetta e ci perdona, è “il Dio della misericordia” che ci fa festa quando torniamo da Lui. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Dio ha nostalgia di noi, quando ci allontaniamo da Lui. Papa Francesco ha svolto la sua omelia muovendo dal Libro del Profeta Osea, nella prima Lettura. Il Signore, ha osservato, ci parla con tenerezza. Anche quando “ci invita alla conversione” e questa parola ci “suona un po’ forte”, ha evidenziato, dentro c’è “questa nostalgia amorevole di Dio”. C’è l’esortazione del Padre che dice al figlio: “Torna, è ora di tornare a casa”. Quindi, ha rilevato che già “soltanto con questa parola possiamo passare tante ore di preghiera”:

    “E’ il cuore di nostro Padre, è così Dio: non si stanca, non si stanca! E per tanti secoli ha fatto questo, con tanta apostasia, tanta apostasia del popolo. E Lui sempre torna, perché il nostro Dio è un Dio che aspetta. Da quel pomeriggio nel Paradiso terrestre, Adamo è uscito dal Paradiso con una pena e anche una promessa. E Lui è fedele, il Signore è fedele alla sua promessa, perché non può rinnegare se stesso. E’ fedele. E così ha aspettato tutti noi, lungo la storia. E’ il Dio che ci aspetta, sempre”.

    Francesco ha così rivolto il pensiero alla Parabola del figliol prodigo. Il Vangelo di Luca, ha rammentato, ci dice che il padre vede il figlio da lontano perché lo aspettava. Il padre, ha soggiunto, “andava sul terrazzo tutti i giorni a guardare se il figlio tornava. Aspettava. E quando lo vede, è andato di fretta” e “gli si gettò al collo”. Il figlio aveva preparato delle parole da dire, ma il padre non lo lascia parlare: “Con l’abbraccio gli tappò la bocca”:

    “Questo è il nostro Padre, il Dio che ci aspetta. Sempre. ‘Ma, padre, io ho tanti peccati, non so se Lui sarà contento’. ‘Ma prova! Se tu vuoi conoscere la tenerezza di questo Padre, va da Lui e prova, poi mi racconti’. Il Dio che ci aspetta. Dio che aspetta e anche Dio che perdona. E’ il Dio della misericordia: non si stanca di perdonare. Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere il perdono, ma Lui non si stanca. Settanta volte sette: sempre; avanti con il perdono. E dal punto di vista di un’azienda, il bilancio è negativo. Lui sempre perde: perde nel bilancio delle cose, ma vince nell’amore”.

    E questo, ha proseguito, perché Lui “è il primo che compie il comandamento dell’amore”. “Lui ama – ha detto il Papa – non sa fare altra cosa”. E anche “i miracoli che Gesù faceva, con tanti ammalati – ha aggiunto – erano anche un segno del grande miracolo che ogni giorno il Signore fa con noi, quando abbiamo il coraggio di alzarci ed andare da Lui”. E quando succede questo, ha affermato il Papa, Dio ci fa festa. “Non come il banchetto di quell’uomo ricco, che aveva alla porta il povero Lazzaro”, ha avvertito, Dio “fa un altro banchetto, come il padre del figliol prodigo”:

    “‘Poiché tu fiorirai come un giglio’, è la promessa, ‘Ti farò festa’. ‘Si spanderanno i tuoi germogli e avrai la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano’. La vita di ogni persona, di ogni uomo, ogni donna, che ha il coraggio di avvicinarsi al Signore, troverà la gioia della festa di Dio. Così, che questa parola ci aiuti a pensare al nostro Padre, Padre che ci aspetta sempre, che ci perdona sempre e che fa festa quando noi torniamo”.

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    Preoccupazione per il futuro dei cristiani in Medio Oriente nel colloquio del Papa con il presidente della Grecia

    ◊   Stamani, il Papa ha ricevuto, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il presidente della Repubblica Ellenica, Karolos Papoulias, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Nel corso dei cordiali colloqui, espressione dei buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e la Grecia – riferisce la Sala Stampa vaticana - sono stati affrontati temi di comune interesse, tra i quali, in particolare, lo statuto giuridico delle comunità religiose, il ruolo della religione nella società e la collaborazione ecumenica”. Ci si è poi soffermati “sulle conseguenze sociali della crisi economica mondiale, come pure sul contributo della Grecia in seno all’Unione Europea. Infine, è stata espressa preoccupazione per il futuro della presenza dei Cristiani in Medio Oriente, per l’instabilità politica e le situazioni di conflitto che interessano diverse regioni del mondo”.

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    In udienza dal Papa mons.Tebartz-van Elst, vescovo emerito di Limburg

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst, vescovo emerito di Limburg (Repubblica Federale di Germania).

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    Sant'Ambrogio e la fede nell'Eucaristia al centro della predica di Quaresima di padre Cantalamessa

    ◊   Per spiegare l’Eucaristia, questa mattina, padre Raniero Cantalamessa, nella terza predica di Quaresima, tenuta alla presenza di Papa Francesco, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, in Vaticano, si è servito degli insegnamenti di Sant’Ambrogio, ma ha raccomandato come nuova risorsa il riavvicinamento tra cristiani ed ebrei. Conoscere la liturgia ebraica, ha detto il predicatore della Casa Pontificia, aiuta a comprendere meglio i gesti di Cristo. Il servizio di Tiziana Campisi:

    “Questo pane è pane prima delle parole sacramentali; quando interviene la consacrazione, da pane diventa carne di Cristo”:

    Così Sant’Ambrogio spiega la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, ha detto il predicatore della Casa Pontificia, una presenza non fisica, “ma sacramentale, mediata da segni che sono … il pane e il vino”, dove è “la parola di Cristo a compiere” il Sacramento. Sviluppando la sua terza predica di Quaresima, padre Raniero Cantalamessa ha però aggiunto che, quando Cristo si fa corpo sull’altare, non bisogna dimenticare l’azione dello Spirito Santo; elemento che il vescovo di Milano non sviluppa nelle sue catechesi. Ma se Ambrogio ha aperto la strada alla comprensione del mistero dell’Eucaristia, oggi è considerando la sua matrice ebraica che è possibile avere una visione ancora più chiara:

    “Non si capisce l’Eucaristia se non la si vede come il compimento di quello che gli ebrei facevano e dicevano nel corso del loro pasto rituale. Il nome stesso Eucaristia non è che la traduzione dell’ebraico Beraka, la preghiera di benedizione e di ringraziamento fatta durante tale pasto sacro”.

    L’Eucaristia cristiana, allora, come si legge anche nel “Gesù di Nazaret di Benedetto XVI, ha osservato padre Cantalamessa, si può pensare come sviluppatasi dalla beraka ebraica"; dunque i precedenti dell’Eucaristia sarebbero da rintracciare nel pasto rituale ebraico dei Giudei. E’ Gesù, poi, a dar vita al nesso tra l’Eucaristia e la sua morte di croce, dove “si realizza, secondo Giovanni, la figura dell’agnello pasquale a cui ‘non viene spezzato alcun osso’". Ma ecco la novità apportata da Cristo:

    “Luca dice che dopo aver cenato Gesù prese il calice dicendo: 'Questo calice è la nuova Alleanza nel mio Sangue che è sparso per voi'. Qualcosa di decisivo avviene nel momento in cui Gesù aggiunge queste parole alla formula di preghiere di ringraziamento, cioè alla beraka ebraica ... E nel momento in cui Gesù pronuncia quelle semplici parole, è come se dicesse: 'Sin qui, ogni volta che avete celebrato questo pasto rituale voi avete commemorato l'amore di Dio salvatore che vi ha tratti fuori dall'Egitto. D'ora in poi, ogni volta che ripeterete questo che abbiamo fatto oggi, lo farete non più in commemorazione di una salvezza da una schiavitù materiale, nel sangue di un animale; lo farete in memoria di me, figlio di Dio che ho dato il Sangue per redimervi dai vostri peccati. Fin qui avete mangiato cibo normale per celebrare una liberazione normale, materiale; ora mangerete me, cibo divino sacrificato per voi, per farvi una cosa sola. E mi mangerete e berrete il mio Sangue, nell'atto stesso in cui io mi sacrifico per voi. Questa è la nuova ed eterna alleanza".

    E poi “le parole ‘fate questo in memoria di me’”: attraverso di esse, ha sottolineato padre Cantalamessa, “Gesù conferisce una portata sconfinata al suo dono”. Ci chiede di ripetere quello che lui ha fatto, sicchè “la figura dell’agnello pasquale che sulla croce diventa evento, nella cena ci è dato come sacramento, cioè come memoriale perenne dell’evento”. L’evento è accaduto una volta sola, il sacramento accade ogni volta che lo vogliamo”. E “il memoriale che … era il pegno della fedeltà di Dio a Israele, ora è il corpo spezzato e il sangue versato del Figlio di Dio; è il sacrificio del Calvario “ri-presentato” (cioè reso nuovamente presente):

    “Nell’Eucaristia avvengono due miracoli: uno è quello che fa del pane e del vino il corpo e il sangue di Cristo, l’altro è quello che fa di noi ‘un sacrificio vivente a Dio gradito’, che ci unisce al sacrificio di Cristo, come attori, non solo come spettatori”.

    In quel pane e in quel vino, in pratica, ci siamo anche noi. E con un’efficace immagine il predicatore della Casa Pontificia ha descritto cosa avviene nella celebrazione eucaristica:

    “Pensiamo a una numerosa famiglia in cui ci sono molti figli e uno, il primogenito, che è innamoratissimo del padre. Per la festa del papà questo figlio maggiore vuol fargli un regalo prezioso. Però, prima di presentare il regalo al padre, chiede, in segreto, a tutti i suoi fratelli e sorelle di mettere la loro firma sul regalo. Sicché il regalo arriva alle mani del padre come regalo di tutti, tutta la sua famiglia, a dispetto del fatto che uno solo ha pagato il prezzo, il figlio primogenito. Bene, è quello che avviene nella Messa. Gesù ama infinitamente il Padre celeste. Il Padre celeste è tutto per Gesù, è il nucleo incandescente della sua Persona, è quello che gli dà la forza di andare avanti, anche sulla croce. Ama dunque Gesù, ama il Padre. Vuole fargli un regalo, ma non una volta sola, un regalo che è il più grande del mondo, la sua stessa vita, la sua obbedienza fino alla morte. Però, prima di offrire questo dono al Padre, chiede a tutti i fratelli e le sorelle, che siamo noi, di mettere la nostra firma sul dono, sicché il dono arriva al Padre celeste come il dono di tutti i suoi figli, tutta la sua famiglia, nonostante che uno solo ha pagato il prezzo di quel dono, e che prezzo ha pagato!”.

    La nostra firma sono le poche gocce d’acqua che vengono mescolate al vino nel calice; la nostra firma, spiega Sant’Agostino, è soprattutto l’Amen che i fedeli pronunciano al momento della Comunione.

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    Tweet del Papa: tutti abbiamo bisogno di migliorare, la Quaresima ci aiuta a lottare contro i difetti

    ◊   Il Papa ha lanciato stamani un nuovo tweet: “Tutti abbiamo bisogno di migliorare, di cambiare in meglio. La Quaresima ci aiuta a lottare contro i nostri difetti”.

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    Carriquiry: l’amore per il popolo di Papa Francesco è radicato nel Concilio Vaticano II

    ◊   “Per capire davvero una persona, dobbiamo conoscere le sue radici”. Con queste parole, il direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, ha dato ieri il via a una due giorni di studi sul “Concilio Vaticano II in America Latina e le radici di Papa Francesco”. L’iniziativa è promossa in sinergia dalla storica rivista dei Gesuiti, dalla Pontificia Università Gregoriana e dal Collegio sacerdotale argentino. A tenere la relazione introduttiva il prof. Guzmán Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione per l'America Latina e amico di lunga data di Jorge Mario Bergoglio, che – intervistato da Alessandro Gisotti – si sofferma sugli aspetti del Concilio che più emergono nell’azione pastorale di Papa Francesco:

    R. - L’immagine che Papa Francesco predilige della Chiesa è quella del Popolo di Dio, così presente nella Costituzione conciliare sulla Chiesa, Lumen Gentium. Il Popolo di Dio non soltanto come autocoscienza teologica, ma anche nella sua consistenza storica, sociale, culturale. Il pastore in mezzo al suo popolo in cammino: questa è un’immagine che Papa Francesco porta certamente nel suo cuore e che segna lo stile del suo ministero petrino. È un popolo che manifesta anche il senso della vicinanza di Dio e la sete di trascendenza attraverso le diverse manifestazioni della pietà popolare, segno dell’inculturazione della fede cattolica nella vita e nella storia dei diversi popoli. Credo che questo sia l’elemento del Concilio Vaticano II che caratterizza in modo più presente la testimonianza ed il ministero di Papa Francesco.

    D. - Ovviamente, questa dimensione del popolo era molto presente anche nel pastore Bergoglio in Argentina. Lei che lo conosce da molto tempo ha visto sviluppare ed approfondire questo suo essere "vescovo con il popolo", come adesso abbiamo imparato anche noi a Roma...

    R. - Esattamente: la prossimità, la vicinanza, la familiarità con il suo popolo, l’essere compenetrato con le sofferenze, le speranze del proprio popolo e lo stare con la gente. Questa è stata l’impostazione pastorale del vescovo Bergoglio durante i suoi anni di ministero a Buenos Aires. Ma questo viene espresso anche dopo, nell’avvenimento e nel documento di Aparecida che raccoglie l’esperienza di tutta la Chiesa latinoamericana. Quello dell’America Latina è un popolo in cui le maggioranze sono di poveri cristiani; cristiani che soffrono in condizioni di povertà e che vedono nella Chiesa il segno della loro dignità e della loro speranza. Dunque, questa autocoscienza della Chiesa come Popolo di Dio, questo rivalutare la loro pietà popolare, è allo stesso tempo costruire una "Chiesa povera per i poveri" alla quale Papa Francesco fa sempre riferimento.

    D. - Lei conosce Jorge Mario Bergoglio da molti anni. Cosa l’ha colpita e cosa continua a colpirla nel passaggio dall’essere vescovo di Buenos Aires ad essere Vescovo di Roma?

    R. - Credo che il senso spirituale e questa grande capacità di discernimento, l’arte di governo, l’impostazione pastorale sono le stesse nel vescovo Bergoglio e in Papa Francesco. Forse la grazia di stato l’ha ringiovanito, l’ha ringiovanito! Gli ha permesso di esprimere molto più apertamente un senso di cordialità, di affezione verso la gente, verso il proprio popolo che a Buenos Aires soprattutto si manifestava nei grandi incontri nei santuari, durante le grandi feste patronali. L’ha reso ancora più serenamente libero e determinato nel suo ministero. È certamente un padre imprevedibile. Conoscendolo bene come arcivescovo di Buenos Aires, ci richiede ancora a tutti di essere aperti, accoglienti alle sorprese di Dio oltre i nostri schemi, le nostre sicurezze anche quelle pastorali, ecclesiastiche e spirituali.

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    Libro sul Beato Giovanni XIII: il decennio bulgaro alla base dell'apertura ecumenica

    ◊   “La sollecitudine ecclesiale di monsignor Roncalli in Bulgaria” è il titolo del nuovo volume pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, a un mese dalla Canonizzazione del Beato Papa Giovanni XXIII, al secolo Angelo Giuseppe Roncalli. Autore del libro, presentato ieri sera presso la nostra emittente, è il giovane ricercatore bulgaro Kiril Plamen Kartaloff, che ha approfondito il decennio della missione apostolica in Bulgaria di monsignor Roncalli, dal 1925 al 1934. Un lavoro reso possibile dall’apertura degli Archivi Vaticani alla consultazione dei documenti del Pontificato di Pio XI, in quegli anni al Soglio pontificio. Sulla missione di mons. Roncalli in Bulgaria, Antonella Pilia ha intervistato l'autore del libro:

    R. – E’ una missione importante, perché da lì inizia la sua carriera diplomatica. Quindi, il primo approccio è in Oriente, un mondo sconosciuto, e il suo compito quello di ordinare la Chiesa cattolica locale. Non è solo questo, però, che lui cerca di fare: lui cerca di instaurare dei rapporti, non solo con il governo, ma anche con i cristiani. La Bulgaria, infatti, è un Paese di cristiani ortodossi. La sensibilità ecumenica, quindi, nasce proprio in quel territorio e poi si sviluppa pian piano nei decenni. E proprio in questi dieci anni lui capisce che l’unica via per un mondo più pacifico, se così vogliamo dire, è l’unità della Chiesa, di tutti i cristiani. E questo è importantissimo.

    D. – Questo è importantissimo anche perché poi determinerà l’apertura del Concilio Vaticano II...

    R. – Certamente. Il Concilio Vaticano II è un’esperienza che lui matura in tutti questi anni, proprio perché il conoscere da vicino le persone e l’incontro anche con i più poveri – lo stesso mons. Roncalli nasce da una famiglia povera – contribuisce molto allo sviluppo di questa sensibilità, che lui porterà anche nel Concilio Vaticano. Il suo Pontificato è molto importante, dopo la seconda Guerra Mondiale, perché cambia l’approccio: lui si mostra come un pastore, che ha un nuovo stile anche nei rapporti con le persone. Tutto questo parte, secondo quello che ho potuto verificare, dalla Bulgaria, da questo suo decennio bulgaro.

    D. – In Bulgaria, come viene ricordata la figura di Papa Giovanni XXIII, in particolare ora che si avvicina il giorno della sua Canonizzazione?

    R. – La Bulgaria non ha dimenticato affatto Papa Giovanni XXIII, anzi l’anno scorso si sono organizzati tre Convegni internazionali di grossissimo livello. E’ sempre viva, quindi, la fiamma e il suo pensiero. Anche questo libro è stato pubblicato la settimana scorsa in lingua bulgara, per dare un contributo alla scienza storica bulgara.

    A sottolineare l’importanza del decennio bulgaro di monsignor Roncalli è anche lo storico Massimo de Leonardis, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e autore della prefazione del libro:

    "Roncalli quando andò in Bulgaria non aveva nessuna particolare conoscenza del mondo orientale, ma aveva una grande capacità di incontrare le persone. Quindi, il periodo bulgaro servì per sviluppare un nuovo approccio. Non credo si possa assolutamente parlare - quantomeno per questo periodo - di una nuova dottrina ma si deve parlare di sensibilità, di atteggiamento, di apertura verso il mondo ortodosso. Tutto questo si manifesta proprio nel periodo bulgaro ed è quindi una premessa che poi continuerà, perché nel decennio successivo andrà come delegato apostolico in Turchia e in Grecia. È quindi un periodo importante. Vorrei anche aggiungere che, dal punto di vista specifico della 'carriera' ecclesiale di Roncalli, questo primo incarico diplomatico è assolutamente fondamentale perché fino a quel momento era un colto e estimato sacerdote, che insegnava in particolare storia ecclesiastica, mentre questo incarico - che comporta tra l’altro, ovviamente, la consacrazione episcopale - lo proietta verso tutta una serie di altri impegni che culmineranno nell’incarico di nunzio apostolico a Parigi e porteranno poi la berretta cardinalizia. Gli consentirà poi, formalmente, la sua elezione a Papa".

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    “Verbum Domini II: la Parola del Signore raggiunge le Nazioni”

    ◊   Annunciata oggi, nella Sala Stampa della Santa Sede, la rassegna espositiva di testi e di rari manufatti biblici promossa dal Museum of the Bible, che sarà allestita presso il Braccio di Carlo Magno dal 2 aprile al 22 giungo. L’iniziativa fa seguito alla prima mostra “Verbum Domini” tenutasi a Roma nel 2012. Il servizio è di Maura Pellegrini Rhao:

    “Sarà qualcosa di completamente diverso dalla mostra del 2012”, così esordisce Cary Summers, Chief Operating Officer del "Museum of the Bible". Quest’anno verranno esposti 200 elementi tra i più preziosi delle varie collezioni, inseriti nei loro contesti geografici, chiare dimostrazioni di come la tradizione della trasmissione della Bibbia abbia plasmato e modellato la storia del mondo.

    L’esposizione ha lo scopo di avvicinare la Sacra Scrittura alle persone e renderla così più comprensibile. Infatti, “uno dei mali del nostro tempo”, denuncia mons. Melchor Sánchez de Toca y Alameda, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Cultura, “è la poca conoscenza che si ha di un testo così importante, di un vero e proprio prodotto culturale che dovrebbe essere studiato a scuola come capolavoro letterario e storico”:

    "La Bibbia è anche un prodotto culturale nel senso in cui il cardinale Ravasi la chiama 'il codice culturale dell'Occidente'. E' impensabile la cultura occidentale senza il contributo della Scrittura. Il nostro desiderio è che molti vengano a conoscere questa mostra e far sì che si avveri la profezia di Amos che dice: 'Ecco, vengono giorni, dice il Signore, in cui io manderò sulla terra fame e sete della Parola di Dio'".

    Mons. José Maria Abrego de Lacy, rettore del Pontificio Istituto Biblico, ci tiene a sottolineare il grande interesse riscontrato nelle persone in occasione delle mostre precedenti, prova di come la Sacra Scrittura riesca sempre a entrare nel cuore di ognuno. Ma quello che più lo colpisce è la grande emozione testimoniata dagli scienziati che hanno potuto toccare i rari manufatti. Mons. Abrego de Lacy non può non collegare ciò alla sacramentalità di cui parla Benedetto XVI nell’esortazione Verbum Domini:

    "La proclamazione della Parola di Dio nella celebrazione comporta il riconoscere che sia Cristo stesso a essere presente e a rivolgersi a noi per essere accolto. La sacramentalità della Parola, il segno fisico di una Parola di Dio che parla all'umanità nella storia di ogni giorno".

    Assolute rarità, dunque, saranno esposte, provenienti da biblioteche e collezioni private di tutto il mondo. Esempi di pezzi straordinari sono quelli presentati dal dott. Ambrogio Maria Piazzoni, viceprefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, che in prima assoluta consente la visione di un foglio del "Papiro Bodmer 14-15", databile intorno all’anno 200, quasi integrale, che presenta, già nella sequenza in cui li conosciamo oggi, i Vangeli secondo Luca e secondo Giovanni. E ancora, un doppio foglio del famoso "Codex Vaticanus" del IV secolo, il primo manoscritto integrale della Bibbia, testimone privilegiato del canone delle Scritture in quel periodo così antico.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il messaggio di Papa Francesco ai partecipanti al venticinquesimo corso sul foro interno organizzato dalla Penitenzieria apostolica.

    Svolta storica nella lotta alla polio: in prima pagina, l’annuncio dell'Oms secondo il quale il virus della poliomielite è stato sconfitto in Asia sud-orientale.

    Tutto cominciò a Petrópolis: in cultura, la relazione del teologo gesuita Juan Carlos Scannone al convegno «Le radici di Papa Francesco. Il concilio Vaticano II in America latina» alla Pontificia Università Gregoriana.

    Mario Sannibale su una mostra a Cortona che racconta le origini dello studio degli etruschi e dell’etruscologia.

    Il semplice dalle parole sapienti: Giovanni Paolo Maggioni presenta l’edizione critica dei Detti di frate Egidio, terzo compagno di Francesco di Assisi.

    Le correnti della misericordia: Alessandro Saraco sull’archivio della Penitenzieria apostolica, oltre un chilometro di scaffali per molte decine di migliaia di fogli.

    Interminabile adolescenza: l’arcivescovo Vincenzo Bertolone sulle difficoltà di trasmettere la fede.

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    Oggi in Primo Piano



    Pakistan: cristiani pregano per Asia Bibi e Sawan Masih, condannati a morte per blasfemia

    ◊   I cristiani di Lahore sono riuniti oggi in una giornata di digiuno e preghiera per Asia Bibi e per Sawan Masih, entrambi cristiani condannati a morte ingiustamente per accuse di blasfemia palesemente infondate. Asia Bibi attende il processo di appello, mentre Sawan Masih è stato condannato a morte ieri. I cristiani hanno espresso fiducia nella nell’Alta Corte di Lahore e chiedono porre fine ai casi di abuso della controversa legge sulla blasfemia. Per un commento, Marco Guerra ha sentito Mobeen Shahid, docente di religione islamica alla Pontificia Università Lateranense e fondatore dell’"Associazione pakistani cristiani in Italia”:

    R. – Se parliamo di abuso della legge della blasfemia, teniamo presente che fino a due anni fa la maggioranza delle vittime era di fede islamica. L’altro gruppo più colpevolizzato era quello degli ahmadi e il terzo gruppo quello dei cristiani. Teniamo presente, però, che i cristiani e gli induisti non sono neanche il 3% dei 180 milioni di cittadini del Pakistan. In questa maniera, si sta solamente effettuando un genocidio delle minoranze religiose in Pakistan. L’ultimo esempio di Sawan è solamente un aspetto di questa militanza islamica nel Paese, che è cresciuta in questi ultimi quattro decenni.

    D. – A che punto è il percorso di revisione della legge, se ce ne è ancora uno?

    R. – Il punto della revisione è fermo alla morte di Shahbaz Bhatti, lì dove si era arrivati. Ora, però, la questione non è solamente giuridica sullo stile e sulla prospettiva occidentale, che ha le sue strutture all’interno della giurisdizione internazionale, riconosciuta anche dall’Onu. Qui la prospettiva cambia, in quanto la giurisdizione è islamica. Ricordiamo che solo nel mese di dicembre la Corte federale shariatica di Islamabad aveva chiesto alla Camera dei deputati di riconoscere solamente la pena di morte come unica pena possibile per blasfemia, sia contro il profeta che contro il Corano.

    D. – Invece, per quanto riguarda il caso di Asia Bibi, il processo è ripreso o è stato rinviato nuovamente? A che punto è?

    R. – Il caso di Asia Bibi è stato rinviato un’altra volta. C’è stata l’udienza. Stavolta, meno male, c’era un giudice, c’erano gli avvocati di Asia Bibi, specialmente l’avvocato Naeem Shakir, un cristiano che la sta difendendo. Allo stesso tempo, però, mancavano gli avvocati dell’accusa. Si stanno rendendo conto, quindi, che è stato fatto un abuso e ora non sanno come andare avanti.

    D. – Voi avete intenzione di esercitare ulteriori pressioni e di portare ancora all’attenzione questo caso?

    R. – Da cittadini del Pakistan chiediamo il rispetto dei nostri diritti, come cofondatori del Pakistan. Ma oltre a questo, noi pakistani cristiani in Italia, assieme ad altre associazioni, prossimamente faremo manifestazioni con i parlamentari italiani, nonché una conferenza stampa presso la Camera dei deputati per chiedere al Pakistan di rispettare i diritti di tutti i suoi cittadini.

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    Assemblea della Cei: sarà il Papa ad aprirla a maggio

    ◊   Giudizio sospeso per il momento del neo-segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, sul governo Renzi. “Siamo ai primissimi passi” dice il presule, che comunque riconosce che l’esecutivo si sta muovendo, “si fanno proposte”. Le parole del vescovo arrivano alla fine del Consiglio Episcopale Permanente che si è chiuso mercoledi. Alessandro Guarasci:

    Sarà Papa Francesco ad aprire l’assemblea della Cei a maggio, l'invito del cardinale Angelo Bagnasco ha incontrato la piena “disponibilità del Santo Padre che aveva in animo la medesima intenzione”. Il discorso sullo statuto sarà affrontato in quell’occasione. L’orientamento rimane far nominare il presidente della Cei dal Papa su una base di nomi che arriveranno dalla stessa assemblea. Sospeso il giudizio sull’azione economica del governo Renzi, duro invece il commento sugli opuscoli “Educare alla diversità” del Ministero della Pubblica Istruzione. Il segretario generale della Cei mons. Nunzio Galantino:

    "Le famiglie ed i genitori ne sapevano qualcosa? Il principale soggetto di educazione non è la scuola, non è la Chiesa, non sono le altre agenzie educative; è la famiglia. La cosa ancora più assurda è che qualcuno dal Ministero dice: 'Non ne sapevamo niente'”.

    Ci sarà comunque un confronto col ministro Giannini. Netta l’opinione sui politici: quando non stanno in mezzo alla gente rischiano la "sindrome del Padreterno". Sulle linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici, il vescovo non ha l’obbligo di denuncia alla magistratura, c'è un dovere morale nell'aiutare i giudici, ma la sua vicinanza alle vittime deve essere piena. Ancora mons. Galantino:

    “Il vescovo non è il difensore di ufficio ‘a tutti i costi’ del sacerdote o comunque di colui che avrebbe perpetrato il delitto. Prendere delle decisioni molto, molto concrete rispetto a questo, intanto di vicinanza, vicinanza percepibile, secondo me. Un gesto straordinariamente forte è stato quello del Santo Padre di inserire nella Commissione degli Otto una vittima degli abusi”.

    I vescovi poi ribadiscono il pieno sostegno alla scuola cattolica per i valori che essa porta.

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    Intervista a mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto ieri mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all’Ionio, da lui nominato segretario generale della Cei ad quinquennium. Luca Collodi lo ha intervistato, chiedendogli innanzitutto come guardi al suo nuovo impegno:

    R. – Guardo a questo impegno come ho guardato al mio impegno di vescovo diocesano, come ho guardato al mio impegno anche di prete di periferia in una parrocchia della Puglia, di Cerignola, in provincia di Foggia. Guardo come ad un’opportunità che il Signore mi offre e mi offre attraverso gli uomini – questa volta, attraverso il Santo Padre – per chiedermi di spendermi, di continuare a spendermi per la Chiesa, di continuare a spendermi per coloro che Lui mi farà incontrare.

    D. – Come sta cambiando, come cambierà la Chiesa che è in Italia?

    R. – Io penso che la Chiesa in Italia stia camminando, ormai da tantissimo; io non sono più giovanissimo, per cui se solo dovessi fare la prova a ricordare gli anni trascorsi da me in Seminario e quelli di adesso, vedo come la Chiesa italiana abbia fatto un percorso davvero bello, davvero straordinario. Però, dire che questo percorso sia finito, che possiamo campare di rendita, sarebbe veramente una brutta illusione, per noi, perché la forza della Chiesa, la forza della Chiesa italiana, sta soprattutto in questo non sentirsi mai appagata, ma soprattutto perché è il Vangelo che non ci permette di sentirci appagati. Penso che i maggiori, i più grandi nemici della Chiesa, anche della Chiesa come istituzione, siano gli spiriti sazi, e gli spiriti sazi possono stare anche tra i vescovi, tra i sacerdoti e tra i laici. Gente, cioè, che pensa ad acquisire o ad avere acquisito delle posizioni e a campare di rendita: così non si è mai vissuto, ma oggi in particolare non si può vivere. Per cui, una Chiesa dinamica, una Chiesa che sappia confrontarsi, una Chiesa che ami – anche – sbagliare, perché è capace, poi, di poter dire: “Ci ho provato, ce l’ho messa tutta per venire incontro alle persone”.

    D. – A che punto sono le riflessioni tra i vescovi sui nuovi Statuti?

    R. – Io intanto inviterei – lo dico in questa sede – a non assolutizzare gli Statuti: noi stiamo lavorando soprattutto sul clima, sulle relazioni, su quello che di nuovo può assicurare alla Chiesa italiana un dinamismo efficiente, efficace e soprattutto consapevole. E’ chiaro che questo dovrà anche riversarsi negli Statuti; però, prima degli Statuti c’è il doversi chiarire, il doverci chiarire insieme: che obiettivi vogliamo raggiungere? C’è da chiarirsi insieme che tipo di passione, di entusiasmo vogliamo noi, quanta passione, quanto entusiasmo vogliamo noi investire su questa nuova prospettiva che sicuramente Papa Francesco sta imprimendo alla nostra Chiesa … Penso che quando avremo interiorizzato di più questo fatto, questa voglia di stare al passo con quanto il Santo Padre ci dice, e quindi con quanto il Vangelo ci dice, allora penso che il “discorso Statuti” verrà tranquillo, da sé, andrà avanti tranquillamente. Infatti, non ci siamo assolutamente accapigliati, anche perché molti di noi i capelli non li hanno … Ma, non ci siamo accapigliati sugli Statuti: stiamo invece lavorando molto sulla necessità di stabilire relazioni diverse, più intense, più leali, meno formali.

    D. – L’Italia vive un periodo di forte crisi economica e sociale: la Chiesa italiana come pensa di servire il Paese?

    R. – Penso che debba servire il Paese recuperando – se ciò fosse ancora necessario – il suo specifico. La Chiesa non è la stampella dello Stato; la Chiesa non è la stampella attraverso le sue organizzazioni per quello che lo Stato non riesce a fare; anzi, la Chiesa deve fare da stimolo perché lo Stato apra gli occhi sui problemi reali e non faccia lo strabico, lo Stato: è uno strabismo pericolosissimo, perché è dovuto non a malattie congenite, perché l’Italia non è così. E’ dovuto invece ad uno strabismo ideologico, e questo è pericolosissimo. E allora se la Chiesa, con grande lealtà, con grande impegno, con grande passione, aiuta lo Stato a de-ideologizzarsi, vuol dire che l’aiuterà anche ad avere uno sguardo sereno e reale sui problemi e sulle speranze che oggi veramente toccano la nostra società. E le speranze e i problemi sono le speranze e i problemi che riguardano le famiglie, sono i problemi e le speranze che riguardano i giovani … Non dimentichiamolo, tutto questo!

    D. – E proprio su questo apriamo il tema delle riforme istituzionali: lavoro e famiglia. Potrebbero essere queste – e glielo dico in modo forse un po’ provocatorio – le uniche due riforme da fare per riportare il Paese ad un livello accettabile?

    R. – Io non penso che il problema debba porsi in termini di quantità di riforme da fare, ma di qualità di riforme da fare. Faccio un esempio semplicissimo: lei ha parlato della riforma della famiglia, no? Ma se la riforma della famiglia viene fatta in maniera corretta, viene fatta in maniera integrale e non ideologica, è chiaro che parlare della riforma della famiglia significa metterla innanzitutto al centro della nostra società, ma non con le chiacchiere, non con le manifestazioni esterne, ma incominciando anche a capire quante risorse si possono investire sulla famiglia! Perché di chiacchiere sulla famiglia se ne sono fatte già troppe, da tutte le parti; ma di fatto, di famiglie che fanno fatica ad andare avanti ce ne sono tante: sembra addirittura demagogico ancora affermare questo! Allora, se una riforma sulla famiglia viene fatta seriamente, come attenzione, come opportunità offerte alla famiglia, anche come capacità di valorizzare il ruolo della famiglia, io penso che il problema – ripeto – non sia la quantità di riforme. E’ chiaro che se tu metti in grado una famiglia di fare bene il suo mestiere, di raggiungere bene i suoi obiettivi che sono quelli dettati dalla Costituzione, tu lì metti una famiglia in grado di educare bene, metti la famiglia in grado anche di progettare il futuro dei propri figli … Se invece noi, come si sta facendo, purtroppo, parliamo della famiglia ma unicamente per proporne le alternative … Qui nessuno sta a dire che non dobbiamo garantire i diritti delle singole persone; però, sappiamo tutti che chi assicura futuro a questa nostra benedetta società è la famiglia. E allora, investire di più sulla famiglia!

    D. – Oggi, nelle scuole, invece, sembra passare una lettura ideologica della famiglia: mi riferisco, per esempio, alla “teoria del gender” …

    R. – Assolutamente! Quella è stata, secondo me, una caduta di stile grandiosa, da parte del governo – non so se quello presente o quello passato. Ma a me pare – scusate, non so se si può dire, questo – mi sembra addirittura ridicolo che un Ministero dica: “Non sapevamo niente della distribuzione di volumi che sono nati dall’interno del Ministero”, perché non conosco bene le gerarchie: ma un dipartimento, un organismo del Ministero non mi sembra che possa essere alla mercé del primo ideologo che viene lì, e può investire soldi su questo … Ecco, proprio a proposito di questo, volevo dire proprio questo: essere attenti alla famiglia. Ma, scusate, la famiglia che fine ha fatto in questa situazione? Cioè: arriva qualcuno dall’esterno della Scuola e mi educa mio figlio, mi educa mia figlia a cose che probabilmente io non avrei mai voluto dire a mio figlio o a mia figlia, ma non perché sono bigotto, ma perché le ritengo idiozia, ma perché le ritengo una riduzione, perché la ritengo un modo banale di affrontare realtà straordinariamente importanti, quali lo sono la differenza sessuale, quali lo sono anche le capacità belle che stanno in questa differenza, no? Questa omologazione … lì, la famiglia, che fine ha fatto? Non sono proprio stati informati, i familiari, che ad un certo punto si sarebbero presentati alcuni signori – o signorine, non so chi sia andato nelle scuole – a distribuire questi volumi come se fosse l’ultimo Verbo! Ma con chi le avete confrontate, queste cose? La famiglia ci sta, o non ci sta? Lo dico al governo: parlare di riforma della famiglia significa innanzitutto recuperare il ruolo di soggetto della famiglia. Non è lo Stato che educa, non è la Chiesa che educa: è la famiglia, sono i genitori!

    D. – Papa Francesco ha ricordato che la classe dirigente lontana dal popolo si corrompe. C’è l’incapacità, oggi, in Italia, da parte dei politici di lavorare insieme per un progetto di bene comune?

    R. – Io non sono stato presente, perché tra l’altro non sono un politico, alla Messa del Papa. Il Papa è stato molto buono, secondo me, a dire che si corrompono solo quelli che stanno lontani dalla gente. Ci sono anche quelli i quali, quando stanno con gli altri, anzi, fanno un poco peggio, perché mettono insieme la voglia di corrompersi a vicenda, anzi: fanno un poco a gara, alcuni. Ma, a parte la battuta, a parte gli scherzi: certamente, quando manca la presenza della gente, quando manca il contatto con le persone, con i fatti reali delle persone, è evidente che il politico soffre della “sindrome del Padreterno”! Ma d’altra parte, tutta questa gente che dice che non sapeva niente quando le pagano le case, che non sa niente quando le fanno fare i viaggi all’estero, che non sa niente quando le regalano fior di scemenze, che costano però tantissimo, perché dicono che non ne sanno niente? Non ne sanno niente, probabilmente perché non guardano in faccia la gente.

    D. – Chiudiamo questo nostro dialogo con una riflessione sulla comunicazione cattolica in Italia. Quali sono le prospettive?

    R. – Io penso che la comunicazione in Italia abbia potenzialità straordinarie; dovremmo però, secondo me, essere meno bigotti, tutti quanti. Cioè, essere capaci di intercettare come gli altri e prima degli altri, perché una sensibilità grande nei nostri mezzi di comunicazione sociale, c’è. Noi abbiamo fior di professionisti che però molte volte, per un malinteso senso di ecclesialità, per un malinteso senso di fedeltà alla Chiesa, diventano più bigotti dei bigotti. E questo tipo di comunicazione non va da nessuna parte: non serve a nessuno! Non serve a nessuno!

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    Obama in Arabia Saudita. La crisi siriana e l'Iran i temi "caldi"

    ◊   Stamani il presidente americano, Barack Obama, ha lasciato l’Italia e si è recato in Arabia Saudita. Una tappa importante alla luce delle recenti diversità di vedute tra Riad e Washington sul disgelo dei rapporti tra Stati Uniti e Iran, storico antagonista dell’Arabia, e delle divergenze sul modo di affrontare la crisi siriana. Sul clima della visita, Giancarlo La Vella ha intervistato Paolo Branca, esperto di Medio Oriente, docente all’Università Cattolica di Milano:

    R. – Sicuramente, i Paesi arabi del Golfo avrebbero preferito una politica più aggressiva contro l’Iran, loro storico avversario. Obama, quindi, ha degli alleati storici per ragioni geostrategiche ed energetiche, come i sauditi, con i quali deve cercare di recuperare un’intesa un po’ scricchiolante.

    D. – Quale ruolo può avere oggi l’Arabia Saudita nelle varie crisi della zona mediorientale, prima tra tutte la crisi siriana?

    R. – Ce l’ha e ce l’ha forte, anzi dovremmo registrare il fatto che sia stata proprio l’incertezza degli Stati Uniti, nel periodo delle "primavere arabe", ad aprire il protagonismo non solo dell’Arabia Saudita, ma anche di piccoli altri Stati della zona, come il Qatar. Quindi, questa titubanza americana ha lasciato che alcune dinamiche conflittuali, in zona, si alimentassero e adesso sarà difficile gettare acqua sul fuoco.

    D. – Per quanto riguarda invece la madre di tutte le crisi, quella israelo-palestinese, l’Arabia potrebbe dare una grossa mano agli Stati Uniti?

    R. – Siamo in una situazione un po’ bizzarra, se si vuole, nel senso che l’Arabia e Israele sono entrambi su un fronte anti iraniano contro gli hezbollah e certamente non amici del regime siriano. Questa concomitanza di interessi temporanei potrebbe aiutare una collaborazione, ma dubito che ci sia l’interesse e la volontà di riaprire il dossier arabo-israeliano, che molti ritengono sia meglio lasciare quieto, visto che tutta la regione è in subbuglio. Aggiungere questo problema ad altri forse non aiuterebbe.

    D. – Alleanze e diritti umani: forse stride questa vicinanza tra Riad e Washington, quindi tra la più grande democrazia del mondo e un Paese che, forse, sul campo dei diritti umani deve fare ancora parecchi passi importanti...

    R. – Purtroppo, questo discorso vale certamente per l’Arabia, in particolare, ma in generale per i Paesi dell’area, per molti Paesi dell’Asia o dell’Africa. E la crisi economica non aiuta certamente a cercare di cambiare alleanze, appoggi con maggiore rispetto dei diritti umani. In più, il protagonismo della Russia di Putin e la sempre emergente, crescente, influenza della Cina, dove non sono certamente molto preoccupati del dossier dei diritti umani, lasciano gli occidentali ancora più svantaggiati su questo settore, che invece dovrebbe essere cruciale.

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    Turchia: vigilia amministrative, dopo Twitter Erdogan blocca anche Youtube

    ◊   E’ altissima la tensione in Turchia. A due giorni dalle cruciali elezioni amministrative di domenica, il premier Erdogan ha ordinato il blocco di Youtube, dopo quello di Twitter deciso la settimana scorsa. Veronica Giacometti ne ha parlato con Susanna Iacona Salafia, corrispondente del Messaggero in Turchia:

    R. - C’è grandissima attesa per queste elezioni. È un test amministrativo, si vota per il rinnovo dei sindaci e dei Muttar, che sono i capi quartiere. L’atmosfera interna è tesissima per tutta una serie di ragioni. Qui c’è una forte opposizione sociale al governo di Erdogan, soprattutto giovanile, che abbiamo visto con l’occupazione del Parco Gezi la scorsa estate e con i violenti scontri con la polizia. Scontri che continuano e che sono riemersi con forza in occasione del funerale del giovane 15.enne colpito da un lacrimogeno e morto dopo mesi di coma. C’è una forte polarizzazione dell’opinione pubblica tra pro-Erdogan e anti-Erdogan, specie alla luce dei recenti scandali di corruzione che hanno colpito il suo governo. È iniziata quindi una guerra delle rivelazioni attraverso i social network - in particolare Twitter - dove venivano diffuse tutte le intercettazioni telefoniche dell’inchiesta. Questo, come sappiamo, ha portato alla chiusura del social network con una decisione delle autorità delle telecomunicazioni che qui in Turchia, grazie ad una nuovissima legge del parlamento, ha questo potere, addirittura senza la necessità di un ordine della magistratura. Ieri su YouTube, per una questione di sicurezza nazionale, era stata diffusa un’intercettazione illegale nel corso di un incontro al Ministero degli esteri su di un possibile, o presunto, intervento armato da parte della Turchia in Siria. Chiaramente, è una situazione che rischia di esplodere e che può avere risvolti sociali non indifferenti.

    D. - La stampa locale si accorge che in questo modo c’è un allontanamento dall’integrazione con l’Unione Europea?

    R. - La stampa locale è chiaramente polarizzata e divisa: ci sono quotidiani e canali televisivi governativi ma ci sono anche molti giornali di opposizione - come Radical e Cumhuriyet, principale quotidiano del partito dell’opposizione - che mettono in evidenza tutti questi aspetti.

    D. - Non è chiaro quale sarà l’impatto della valanga di scandali che stanno colpendo il premier e il suo governo sul voto delle elezioni amministrative di domenica…

    R. - Non è chiaro a nessuno. Si parla di un calo ma è improbabile che il partito di Erdogan perda su scala nazionale. Si parla di alcune città dove chiaramente l’affermazione del partito dell’opposizione, per tradizione, è sempre stata forte come a Smirne. Anche nella stessa Istambul si parla di un “photofinish” tra i due candidati alla poltrona di primo cittadino. Sicuramente, in alcune zone perderà, o ci sarà una decrescita di consensi.

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    Presentata l'Agenda dei diritti umani in Europa: focus su migranti, detenuti e rom

    ◊   Le Associazioni "Antigone", "21 Luglio" e "Lunaria" si uniscono per lanciare una campagna contro la xenofobia. Il progetto è stato presentato oggi a Roma e prevede una serie di iniziative per portare le istanze di rom, migranti e detenuti in Italia al centro di un dibattito europeo. Il servizio di Elvira Ragosta:

    Prima tappa della campagna di sensibilizzazione per i diritti e contro la xenofobia è l’Agenda dei diritti umani in Europa, che le tre associazioni, Antigone, 21 luglio e Lunaria hanno realizzato con l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione. Un vademecum sui diritti di migranti, detenuti e rom che sarà sottoposto a tutti candidati italiani alle prossime elezioni europee. Carlo Stasolla, presidente di 21Lugio:

    "La campagna si fonda su diverse azioni: fornire strumenti utili in ambito di diritti umani ai candidati alle elezioni europee, fare pressione su di loro per accertare i punti che riguardano rom, migranti e detenuti e poi dare voce a questi ultimi. Attraverso la realizzazione video, quindi, essi si esprimeranno e interloquiranno con i candidati europei proprio per stimolare un dibattito e un’attenzione specifica ai diritti umani".

    L’agenda fotografa con dati reali la situazione al momento di queste tre categorie e prevede anche una serie di proposte sulle possibili soluzioni. Quali sono i punti di maggiore urgenza?

    "Per quanto riguarda l’ambito rom, l’affrancamento dal campo, quindi il superamento dei campi e delle dimensioni ghettizzanti nel campo. Per quanto riguarda i detenuti, l’introduzione del reato di tortura, e per quanto riguarda i migranti, il diritto di arrivare e chiedere asilo politico".

    Grazia Naletto, presidente dell’Associazione Lunaria, illustra le diverse proposte contenute nell’Agenda per un maggiore rispetto dei diritti dei migranti:

    "La prima è quella di sollecitare le istituzioni europee, affinché facilitino l’ingresso regolare dei migranti in Europa e facilitino l’accesso al diritto di asilo. Poi, ci sono due proposte che riguardano la garanzia dei diritti di cittadinanza, in particolare il diritto di voto amministrativo e la riforma della legislazione dei diversi Stati membri in materia di cittadinanza, per facilitare l’acquisizione della cittadinanza stessa da parte dei cittadini di Paesi terzi che vivono stabilmente nei Paesi europei. Infine, proponiamo che l’Europa liberi il proprio territorio dai centri di detenzione, perché si tratta di strutture di contenimento, in cui avvengono violazioni dei diritti umani molto gravi, e che vengano rafforzati gli strumenti di lotta contro il razzismo istituzionale".

    Sulle soluzioni per i detenuti, oltre all’inserimento del reato di tortura, abbiamo ascoltato Alessio Scandurra di Antigone:

    "Chiediamo maggiore attenzione al tema del lavoro, della formazione professionale, perché la pena detentiva per essere umana deve essere anche utile. Chiediamo una maggiore attenzione al diritto alla salute delle persone detenute - oggi nelle carceri italiane, per esempio, si muore per mancata tutela del diritto alla salute - e vogliamo più attenzione per il diritto al voto. Vogliamo che si affronti il problema del ricorso alla custodia cautelare in Italia, che è un fatto abnorme rispetto agli altri Paesi europei".

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    De Bortoli e Donati protagonisti del secondo incontro dei Dialoghi in Cattedrale

    ◊   “Tutti i cristiani sono chiamati a preoccuparsi della costruzione di un mondo migliore”. E’ stato questo il tema del secondo incontro dei “Dialoghi in Cattedrale”, promossi dalla diocesi di Roma, che si è svolto ieri sera nella basilica di San Giovanni in Laterano. Protagonisti della serata, il sociologo Pierpaolo Donati, docente dell’Università di Bologna, e il direttore del “Corriere della Sera”, Ferruccio de Bortoli. L’ultimo appuntamento il prossimo 10 aprile. Il servizio di Marina Tomarro:

    Tutti siamo chiamati nella costruzione di un mondo migliore, è questo l’invito che Papa Francesco rivolge nell’esortazione Evangelii Gaudium. Un impegno che non può essere limitato solo a livello dottrinale, ma deve trovare una realizzazione anche in campo pratico. Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera:

    “Credo che ci sia da parte di Papa Francesco, nella sua comunicazione così diretta, un risveglio di passione, che non è solo una passione religiosa, ma una passione civile; e poi anche un richiamo al fatto che dobbiamo stare insieme e riconoscere soprattutto l’altro. Credo che, forse, questo sia il messaggio più profondo: c’è un prossimo accanto a noi, che spesso non vediamo”.

    Una fede autentica, spiega il Pontefice, implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra. Quindi un camminare insieme e mai da soli. Ascoltiamo ancora Ferruccio De Bortoli:

    “Soltanto insieme si può crescere e si può trovare qualche forma di benessere. Soprattutto, poi, il benessere non può essere di carattere individuale: deve essere qualcosa che va condiviso con gli altri, deve essere una crescita di maggiori uguaglianze, perché sostanzialmente quello che è avvenuto in questi anni, e specialmente nelle società industriali più avanzate, è che le disuguaglianze sono cresciute fortemente. E che cosa è venuto meno, soprattutto? E’ venuta meno quella mobilità sociale che faceva parte della speranza di crescita, di un avvenire migliore”.

    E chiaro e forte arriva l’invito del Pontefice ai laici, di impegnarsi nella buona politica perché la Chiesa "non può né deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia". La riflessione al riguardo di Pierpaolo Donati, docente presso l’Università di Bologna:

    R. – La religione è l’anima della politica. I laici, poi, nel senso dei cristiani impegnati nel mondo, si devono assumere la loro libertà e responsabilità nel far sì che le decisioni, le leggi che vengono fatte, rispondano a valori umani che sono universali, che non sono solo dei cattolici. Per esempio, la famiglia è un valore che riguarda tutti, non è solo una un tema cattolico. I cattolici laici, impegnati in politica e nella società, devono animare le realtà temporali, dando loro questo sapore.

    D. – Secondo lei, oggi questa cosa manca un po’?

    R. – Manca perché non c’è ancora un laicato vero nella Chiesa. La laicità nella Chiesa, il ruolo dei laici nella Chiesa e nel mondo, nella società, è un tema ancora tutto da affrontare.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria. Missile su una chiesa armena di Aleppo durante la Messa

    ◊   La chiesa armeno-cattolica della Santissima Trinità ad Aleppo è stata colpita da un razzo mentre all'interno i fedeli partecipavano alla Messa quotidiana. L'attacco ha danneggiato la cupola e infranto le vetrate, ma non ha provocato danni a persone. Lo conferma all'Agenzia Fides il sacerdote armeno cattolico Joseph Bazuzu, parroco della chiesa colpita. “Lunedì pomeriggio” racconta padre Joseph, “numerosi missili sono caduti sul quartiere di al-Meydan. Uno ha colpito e danneggiato la cupola della nostra chiesa, mentre all'interno era in corso la liturgia eucaristica. Grazie a Dio nessuno si è fatto male. E il giorno dopo, a Messa, i fedeli presenti erano ancora più numerosi. Dopo tanti anni di violenze, la paura, è diventata un sentimento che accompagna ogni giornata. Le persone convivono con la paura”. Il lancio di missili ha devastato alcune case nell'area circostante la chiesa, abitata quasi esclusivamente da armeni. “Prima dell'inizio del conflitto” riferisce padre Joseph, “le famiglie armene cattoliche di Aleppo erano circa 250. Ma le liturgie in lingua armena erano frequentate anche dagli armeni ortodossi, per un totale di ottocento famiglie. Adesso almeno trecento di loro hanno dovuto abbandonare le proprie case, soprattutto quelle che abitavano le zone al limite con le aree occupate dalle milizie degli insorti”. All'alba di venerdì 21 marzo la città a maggioranza armena di Kessab, al confine con la Turchia, è stata occupata dalle milizie anti-Assad nel corso dell'offensiva da loro avviata per raggiungere la città costiera di Latakia. Centinaia di famiglie armene sono state costrette a fuggire. Secondo fonti armene, le tre chiese di Kessab sarebbero state profanate da miliziani islamisti di al-Nusra. Intanto, in Armenia, sono in fase di ultimazione i progetti della “Nuova Aleppo”, l'area residenziale destinata ai profughi armeni provenienti dalla Siria che sorgerà presso la città di Ashtarak. Nella fase iniziale, il complesso residenziale dovrebbe ospitare almeno 500 famiglie. Secondo dati forniti dal Ministero armeno per la diaspora, i profughi armeni siriani che hanno trovato rifugio in Armenia sono circa 11mila.

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    Laos: famiglie cristiane minacciate perché non si convertono al buddismo

    ◊   Sei famiglie cristiane laotiane hanno dovuto abbandonare il loro villaggio natale - composto in larga maggioranza di buddisti - nel Sud del Paese, perché vittime di continue pressioni. I residenti – riferisce l’agenzia AsiaNews – volevano costringerli ad abbandonare la loro religione e convertirsi. A denunciarlo gli attivisti di Human Rights Watch for Lao Religious Freedom (Hrwlrf), ong con base negli Stati Uniti, secondo cui i membri della minoranza sono stati "minacciati di sfratto", nel caso in cui "non avessero rinunciato alla fede". Diversa la versione dei funzionari della provincia di Savannakhet, per i quali le famiglie avrebbero lasciato il villaggio di Natahall, nel distretto di Phin, di loro "spontanea volontà" per "evitare scontri" con gli altri abitanti. Secondo quanto riferiscono gli attivisti di Hrwlrf, i membri della minoranza cristiana sarebbero stati vittime di persecuzioni e abusi. Nel dicembre scorso i capi villaggio di Natahall, col sostegno della polizia, hanno emesso un ordine di sfratto nei loro confronti; tuttavia, il gruppo ha opposto resistenza rifiutandosi, in un primo momento, di fuggire o convertirsi. Le autorità, prosegue AsiaNews, "hanno agito in modo da bandire la fede cristiana dal villaggio ed espellere gli abitanti che continuavano a professare il cristianesimo". Dall'ascesa al potere dei comunisti nel 1975, con la conseguente espulsione dei missionari stranieri, la minoranza cristiana in Laos è soggetta a controlli serrati e vi sono limiti evidenti alla pratica del culto. La maggioranza della popolazione (il 67%) è buddista; su un totale di sei milioni di abitanti, i cristiani sono il 2% circa, di cui lo 0,7% cattolici. (A.G.)

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    Ucraina: approvato piano anti-crisi. Risoluzione Onu: rispettare sovranità del Paese

    ◊   E’ stato approvato dal parlamento ucraino, con 246 sì, il piano del governo per scongiurare la catastrofe finanziaria. Il pacchetto messo a punto da Kiev prevede l’aumento di tasse e bollette del gas del 50%, il congelamento del salario minimo e del livello minimo di sussistenza, e la riduzione del 10% dei dipendenti pubblici. Il sacrificio si rende necessario, ha spiegato il premier Jatseniuk, in quanto il Paese rischierebbe altrimenti la bancarotta e la contrazione del Pil del 10%. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha già pronto intanto un piano di aiuti compreso tra i 14 e i 18 miliardi di dollari in due anni. Contemporaneamente, anche l’Europa e gli Stati Uniti stanno preparando delle linee di credito verso Kiev per altri 10 miliardi e la stessa Commissione Europea sta lavorando per invertire il flusso del gas dall’est Europa verso l’Ucraina. L’ha detto oggi un portavoce dell’esecutivo europeo, precisando come tale misura sia dovuta proprio al fatto che “dal primo aprile i prezzi del gas nel paese cresceranno.” Sull’attuale questione del referendum in Crimea e della sua successiva annessione alla Russia, si è espressa ieri l’Assemblea generale dell’Onu che ha approvato una risoluzione proposta dal governo ucraino con 100 voti a favore, 11 contro e 58 astenuti tra cui la Cina. Il testo approvato che non ha alcun carattere vincolante, come tutti i documenti approvati dall’Assemblea generale, non cita direttamente la Russia ma afferma “l’impegno al rispetto della sovranità, unità e integrità territoriale dell’Ucraina, all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti.” Mosca ha definito come “controproducente” la risoluzione adottata. In una nota pubblicata oggi sul sito del Ministero degli esteri russi si legge che tale iniziativa “non fa altro che complicare la soluzione della crisi politica in Ucraina.” Intanto, una fonte americana ha riferito al Wall Street Journal la presenza di “quasi 50 mila” soldati russi schierati lungo il confine con l’Ucraina. Sempre secondo le fonti, gli attuali movimenti delle truppe russe e il tentativo di tenerle nascoste potrebbero lasciar pensare che ci sia dietro una strategia del presidente, Vladimir Putin, riguardante il posizionamento di forze armate in caso decida di allargare l’annessione territoriale alla Russia ad altre regioni ucraine. Su tale situazione al confine si è espresso oggi anche il presidente americano, Barack Obama, che nel corso di un’intervista a CBS Today ha chiesto alla Russia di ritirare le sue truppe e di avviare i negoziati di pace. Mosca nega di avere truppe ammassate al confine con l'Ucraina. "Niente del genere", ha riferito il portavoce del Ministero degli esteri, Aleksandr Lukasehvich. (A.C.)

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    “Fuoco della misericordia”: iniziativa di preghiera in Polonia per Giovanni Paolo II

    ◊   In preparazione alla canonizzazione di Giovanni Paolo II i polacchi si riuniranno in preghiera attorno al “Fuoco della misericordia”, iniziativa della fondazione “Opera del nuovo millennio”, presieduta dal cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia e per oltre 40 anni segretario particolare di Karol Wojtyla. Domenica 30 marzo – informa l’agenzia Sir – al santuario della Divina Misericordia di Lagiewniki verranno consegnate al presidente polacco Bronislaw Komorowski e ai rappresentanti di varie autorità statali e della società le simboliche “scintille della misericordia” portate poi in varie chiese, case e uffici in tutto il Paese. Il segretario dell’episcopato polacco, mons. Wojciech Polak, presentando l’iniziativa ha auspicato che i fedeli vivano il periodo che porta alla canonizzazione dei Beati Wojtyla e Roncalli in maniera “creativa”. “Che sia un tempo – ha soggiunto – in cui ci prepariamo all’evento davvero importante esteriormente, ma che è soprattutto un grande evento di fede, e un incontro con la santità concretamente espressa nella vita e nel servizio di Giovanni Paolo II”. (A.G.)

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    Argentina. Il Vescovo di Quilmes: allarmante aumento del traffico di droga

    ◊   In Argentina, il vescovo della diocesi di Quilmes, mons. Carlos José Tissera, ha espresso forte preoccupazione per l'allarmante aumento del traffico di droga nelle zone di Quilmes, Berazategui e Florencio Varela, e ha chiesto alle autorità di raddoppiare gli sforzi per combattere questa piaga, che colpisce soprattutto ragazzi e giovani dei settori più svantaggiati. La nota inviata a Fides da una fonte locale segnala l'intervento di mons. Tissera, tenuto nella Giornata della Memoria (24 marzo), in cui si ricorda il colpo di stato del 1976. "Nei quartieri della nostra diocesi è visibile, con allarmante impunità, il commercio della morte. Questo problema deve essere affrontato da tutta la società: forze politiche, organizzazioni sociali e chiese. Ma è allo Stato che ci rivolgiamo per chiedere di raddoppiare gli sforzi" ha detto il vescovo. Nella nota si legge che per mons. Tissera questa grave situazione della società "è il risultato inevitabile del capitalismo sfrenato e del consumismo, dell'emarginazione sociale e della tossicodipendenza”. Tale stato di cose “colpisce i nostri fratelli a tutti i livelli della società, ma arreca il male maggiore, e con crudeltà, ai più vulnerabili, ai poveri, ai giovani e ai bambini". In Argentina ci sono attualmente circa 180 mila tossicodipendenti della cosiddetta "droga dei poveri", ognuno dei quali "compra una media di 20 dosi al giorno", che costano 6 pesos ciascuna. Il PACO (PAsta base di COcaina) è la terza dipendenza nel Paese, dopo alcol e farmaci. La Pastorale Nazionale Cattolica per le tossicodipendenze, che lavora nel Gran Buenos Aires, indica che il 10% della popolazione tra 15 e 64 anni consuma abitualmente droga, mentre il 30% degli adolescenti nei loro ultimi anni di studio delle scuole medie, fa uso di marijuana.

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    Messico. I vescovi: basta minacce contro chi si oppone al progetto idroelettrico di Veracruz

    ◊   Dal 2010 quanti si oppongono al progetto idroelettrico El Naranjal, a Veracruz, in Messico, tra cui ci sono anche dei sacerdoti, vivono in un clima di minacce e intimidazioni: lo hanno denunciato i vescovi del Paese che hanno chiesto alle autorità federali e statali di dialogare con la gente del posto per trovare una soluzione al problema. In un comunicato della Conferenza Episcopale Messicana inviato a Fides, la Commissione per la Pastorale Sociale si unisce alla denuncia fatta da mons. Eduardo Patino, vescovo di Córdoba, che ha chiesto alle autorità federali e statali di Veracruz, di chiarire l’origine delle minacce e delle intimidazioni contro il sacerdote Julian Gonzalez e contro i membri del Collettivo "Difesa Verde Natura per Sempre", e di prendere una posizione definitiva sul progetto idroelettrico El Naranjal. Questo progetto, si spiega nel comunicato dei vescovi, corrisponde a una delle 112 dighe che si vogliono costruire con capitale privato nello stato di Veracruz, e che minacciano il territorio di Amatlán de los Reyes e sette comuni della regione, interessando circa 30.000 persone. Sebbene si tratti della più importante diga idroelettrica, che potrebbe generare una potenza di 360 MW, secondo il parere di diverse comunità e del Collettivo citato prima, la sua costruzione provocherebbe gravi danni ambientali, in quanto prevede una riduzione indiscriminata di alberi e la diminuzione significativa delle acque del fiume Blanco. Le popolazioni che vivono lungo il canale rischiano infezioni virali e la possibile esondazione del canale nelle stagioni delle piogge, oltre a temere l'infiltrazione di acque inquinate. I vescovi non si oppongono al progetto, forse necessario, ma sottolineano l’importanza del dialogo per risolvere definitivamente il problema nella zona.

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    "La Rete, come viverla": evento dell’associazione Web Cattolici italiani

    ◊   Tutto pronto per il quinto appuntamento de “La Rete: come viverla” di Weca, WebCattolici, in diretta su Youtube e sul sito www.weca.it mercoledì 2 aprile, dalle ore 21. Durante l’appuntamento, intitolato “Cristiani sul web: ma come?”, si parlerà di alcune esperienze in cui realtà pastorali o d’informazione hanno dimostrato come abitare con successo il “continente digitale”. All’evento, informa l’agenzia Sir, interverranno don Giovanni Benvenuto, parroco di Spirito Santo a Genova, fondatore di “Qumran Net”, portale di materiali per la formazione e la catechesi; don Marco Sanavio, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Padova; Augusto Goio, redattore del settimanale “Vita Trentina”; Stefano Chiappalone e Daniele Trenca, di “World Family of Radio Maria”, realtà che riunisce tutte le Radio Maria del mondo. Se don Benvenuto racconterà come il web può diventare un luogo prezioso di scambio tra persone già impegnate nella pastorale e nell’evangelizzazione, don Sanavio spiegherà come la Rete possa intercettare anche chi si è allontanato dalla pratica cristiana. Se Augusto Goio illustrerà come un settimanale diocesano possa convertirsi con successo alle sfide del digitale, Chiappalone e Trenca – spiega il Sir – racconteranno come le Radio Maria di tutto il mondo abbiano sfruttato a loro vantaggio il web sia per la trasmissione in streaming dei programmi sia per creare comunità on line grazie ai social network. (A.G.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 87

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.