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Sommario del 20/03/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: se manca il lavoro è ferita la dignità umana. Creatività e solidarietà per uscire dalla crisi
  • Le voci degli operai di Terni: d'accordo con il Papa, il sistema economico va cambiato
  • Papa Francesco: chi confida in se stesso e non nel Signore perde il nome, cioè tutto
  • Il Papa riceve il presidente del Montenegro: Chiesa impegnata per il bene della società
  • Tweet del Papa: impariamo a dire ‘Grazie’ a Dio e agli altri. Lo insegniamo ma poi lo dimentichiamo!
  • In udienza dal Papa rappresentanti della Rete Mondiale delle Scuole per l'Incontro
  • Biblioteca Vaticana: accordo con NTT Data per digitalizzare 3 mila manoscritti
  • Il presidente della Croce Rossa ricevuto dal Papa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Mosca pronta ad annessione Crimea. Kiev: piano russo per un intervento a Est e Sud Ucraina
  • Iran: liberata Sakineh, accusata di adulterio e omicidio e condannata alla lapidazione
  • Giovanni Paolo II e la famiglia, convegno a Roma. Il card. Caffarra: il Sacramento del matrimonio redime
  • La risposta cristiana alla violenza. Convegno organizzato dai vescovi del Lazio
  • A Roma cresce la popolazione dei migranti. Mons. Feroci: una ricchezza per la nostra società
  • A 20 anni dall'assassinio di Alpi e Hrovatin, il governo annuncia la desecretazione degli atti
  • Non solo bullismo, i ragazzi di una scuola romana si confrontano con i parlamentari
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Israele. I vescovi cattolici: strumentale e pericoloso chi nega l'identità araba dei cristiani palestinesi
  • Terra Santa. Nazaret: incontro interreligioso per la pacifica convivenza tra le diverse confessioni
  • Chiese in Europa. I vescovi invitano al voto: "Sosteniamo il progetto europeo"
  • Centrafrica: dagli Usa i leader religiosi invocano aiuti urgenti per gli sfollati
  • Centrafrica: appello al disarmo alla popolazione di Bangui
  • Sud Sudan: Malakal è tornata nelle mani dei governativi
  • Bangladesh: un milione di bambini vive per strada. Il 95% fa uso di droghe
  • Algeria: violenze nella valle di M’Zab, i cristiani pregano per la pace
  • Pakistan. Blasfemia e attacchi contro gli indù: la condanna dei vescovi cattolici
  • Genova. Il card. Bagnasco: "Incentivare i consumi e sostenere chi crea occupazione"
  • Cei: dal 24 al 26 marzo Consiglio episcopale permanente
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: se manca il lavoro è ferita la dignità umana. Creatività e solidarietà per uscire dalla crisi

    ◊   Un incontro per rinnovare la vicinanza di tutta la Chiesa al mondo del lavoro. E’ questo lo spirito che ha animato l’udienza di Papa Francesco in Aula Paolo VI agli operai e ai dirigenti delle “Acciaierie di Terni” nel 130.mo di fondazione dello stabilimento industriale. Dal Pontefice un forte richiamo a garantire a tutti un lavoro dignitoso. Per uscire dalla crisi, ha esortato, servono creatività e solidarietà. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dall'amministratore apostolico di Terni-Narni-Amelia, mons. Ernesto Vecchi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Di fronte all’attuale crisi economica, “occorre riaffermare che il lavoro è una realtà essenziale per la società, per le famiglie e per i singoli”. E’ quanto sottolineato con forza da Papa Francesco che, parlando ai lavoratori delle Acciaierie di Terni e alle loro famiglie ha ribadito che il lavoro “riguarda direttamente la persona, la sua vita, la sua libertà e la sua felicità”:

    “Il valore primario del lavoro è il bene della persona umana, perché la realizza come tale, con le sue attitudini e le sue capacità intellettive, creative e manuali. Da qui deriva che il lavoro non ha soltanto una finalità economica e di profitto, ma soprattutto una finalità che interessa l’uomo e la sua dignità".

    “La dignità dell’uomo è collegata al lavoro”, ha aggiunto a braccio ed ha poi riferito di un suo dialogo con alcuni disoccupati:

    “Ho sentito alcuni giovani operai che sono senza lavoro, e m’hanno detto questo: ‘Ma, Padre, noi a casa – mia moglie, i miei figli – mangiamo tutti i giorni, perché alla parrocchia o al club o alla Croce Rossa ci danno da mangiare. Ma, Padre, io non so cosa significa portare il pane a casa, e io ho bisogno di mangiare, ma ho bisogno di avere la dignità di portare il pane a casa’. E’ questo, il lavoro! E se manca il lavoro questa dignità viene ferita!”.

    Chi è disoccupato o sottoccupato, ha proseguito, “rischia, infatti, di essere posto ai margini della società, di diventare una vittima dell’esclusione sociale”. Tante volte, ha detto con rammarico, “capita che le persone senza lavoro”, soprattutto “i tanti giovani oggi disoccupati”, “scivolano nello scoraggiamento cronico o peggio nell’apatia”. Il Papa ha dunque offerto la sua riflessione sul “gravissimo problema della disoccupazione che interessa diversi Paesi europei”:

    “È la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro! Pertanto, i diversi soggetti politici, sociali ed economici sono chiamati a favorire un’impostazione diversa, basata sulla giustizia e sulla solidarietà..."

    E questo, ha rilevato, anche se oggi la solidarietà sembra quasi "una parolaccia" e viene "esclusa dal dizionario". E' invece importante la solidarietà per assicurare a tutti la possibilità di lavorare. Il lavoro, ha ribadito, "è un bene di tutti, che deve essere disponibile per tutti". Del resto, ha affermato, “la fase di grave difficoltà e di disoccupazione richiede di essere affrontata con gli strumenti della creatività e della solidarietà”:

    “La creatività di imprenditori e artigiani coraggiosi, che guardano al futuro con fiducia e speranza. E la solidarietà fra tutte le componenti della società, che rinunciano a qualcosa, adottano uno stile di vita più sobrio, per aiutare quanti si trovano in una condizione di necessità”.

    Questa grande sfida, ha soggiunto, “interpella tutta la Comunità cristiana”. Ed ha rammentato che la storia contemporanea della Chiesa di Terni “è inseparabilmente legata alla visita del Beato Giovanni Paolo II alle Acciaierie”. Quindi, ha sottolineato che tutta la Chiesa “è impegnata in una conversione pastorale e missionaria” ribadendo che “l’impegno primario è sempre quello di ravvivare le radici della fede” e della adesione a Gesù Cristo. La fede cristiana, ha incoraggiato Francesco, “è in grado di arricchire la società grazie alla carica di fraternità concreta che porta in sé stessa”. Una fede accolta “con gioia, vissuta a fondo e con generosità – ha affermato può conferire alla società una forza umanizzante”. Per questo, ha detto, “siamo tutti chiamati a cercare modi sempre nuovi per testimoniare con coraggio una fede viva e vivificante”:

    “Cari fratelli e sorelle, non smettete mai di sperare in un futuro migliore. Lottate! Lottate per quello! Non lasciatevi intrappolare dal vortice del pessimismo, per favore eh! Se ciascuno farà la propria parte, se tutti metteranno sempre al centro la persona umana, non il denaro, con la sua dignità, se si consoliderà un atteggiamento di solidarietà e condivisione fraterna, ispirato al Vangelo, si potrà uscire dalla palude di una stagione economica e lavorativa faticosa e difficile”.

    Il Papa ha quindi assicurato la sua vicinanza e ha invocato la materna intercessione della Vergine Maria sui presenti e sull’intera diocesi di Terni, “specialmente sul mondo del lavoro, sulle famiglie in difficoltà, perché non perdano la dignità che dà il lavoro, sui bambini e i giovani e sugli anziani”.

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    Le voci degli operai di Terni: d'accordo con il Papa, il sistema economico va cambiato

    ◊   Dopo l’udienza in Aula Paolo VI, Veronica Giacometti ha chiesto a due operai delle Acciaierie di Terni quali parole li hanno più colpiti del discorso pronunciato dal Santo Padre:

    R. - L’importanza con cui ha sottolineato le problematiche di oggi, del mondo del lavoro; legate alle problematiche sociali che scaturiscono dalle difficoltà di oggi, della disoccupazione, del lavoro che non c’è per i giovani.

    R. - Il lavoro - ha detto il Papa - è un bene per tutti e deve essere disponibile per tutti. Com’è il vostro lavoro alle acciaierie?

    R. - Usciamo da una situazione di difficoltà perché abbiamo cambiato proprietà, praticamente tre volte, nel giro di due anni. Adesso speriamo che cambi qualcosa per avere più tranquillità anche sotto questo punto di vista.

    D. - Oggi il Papa vi ha dato tanto coraggio…

    R. - Mi è piaciuto perché ha sottolineato l’importanza del lavoro al di là del suo aspetto economico. Ha detto che l’aspetto umano del lavoro trascende il discorso prettamente economico.

    D. - Cosa le è rimasto nel cuore del discorso del Papa di oggi?

    R. - Mi è piaciuto molto quello che ha detto sul mondo del lavoro e sul fatto che oggi al centro ci sono solo i soldi e non si guarda alla dignità delle persone. Questo è stato molto importante da parte di una personalità come il Papa: ha spronato tutta la classe dirigente a cambiare modo di vedere le cose, perché così non andiamo da nessuna parte.

    D. - Cosa si sente di dire di fronte ai problemi della disoccupazione di adesso? Anche il Papa ha citato tutti i problemi europei oltre a quelli in Italia…

    R. - La penso esattamente allo stesso modo del Papa: bisogna cambiare strada, questo sistema economico che c’è attualmente va cambiato.

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    Papa Francesco: chi confida in se stesso e non nel Signore perde il nome, cioè tutto

    ◊   L'uomo che confida in se stesso, nelle proprie ricchezze o nelle ideologie è destinato all'infelicità. Chi confida nel Signore, invece, dà frutti anche nel tempo della siccità: è quanto ha detto il Papa stamani, durante la Messa a Santa Marta. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo”, “l’uomo che confida in se stesso”: sarà come “un tamerisco nella steppa”, condannato dalla siccità a rimanere senza frutti e a morire. Il Papa parte dalla prima lettura del giorno che definisce, invece, “benedetto l’uomo che confida nel Signore”: “è come un albero piantato lungo un corso d’acqua” che nel tempo della siccità “non smette di produrre frutti”. “Soltanto nel Signore – afferma Papa Francesco - è la nostra sicura fiducia. Altre fiducie non servono, non ci salvano, non ci danno vita, non ci danno gioia”. E anche se lo sappiamo, “ci piace confidare in noi stessi, confidare in quell’amico o confidare in quella situazione buona che ho o in quell’ideologia" e "il Signore resta un po’ da parte”. L’uomo, così, si chiude in se stesso, “senza orizzonti, senza porte aperte, senza finestre” e “non avrà salvezza, non può salvare se stesso”. Ed è quello che succede al ricco del Vangelo – spiega il Papa – “aveva tutto: indossava vestiti di porpora, mangiava tutti i giorni, grandi banchetti”. "Era tanto contento", ma "non si accorgeva che alla porta della sua casa, coperto di piaghe”, c’era un povero. Il Papa sottolinea che il Vangelo dice il nome del povero: si chiamava Lazzaro. Mentre il ricco “non ha nome”:

    “E questa è la maledizione più forte di quello che confida in se stesso o nelle forze, nelle possibilità degli uomini e non in Dio: perdere il nome. Come ti chiami? Conto numero tale, nella banca tale. Come ti chiami? Tante proprietà, tante ville, tanti... Come ti chiami? Le cose che abbiamo, gli idoli. E tu confidi in quello, e quest’uomo è maledetto”.

    “Tutti noi abbiamo questa debolezza, questa fragilità – afferma il Papa - di mettere le nostre speranze in noi stessi o negli amici o nelle possibilità umane soltanto e ci dimentichiamo del Signore. E questo ci porta sulla strada … della infelicità”:

    “Oggi, in questa giornata di Quaresima, ci farà bene domandarci: dove è la mia fiducia? Nel Signore o sono un pagano, che confido nelle cose, negli idoli che io ho fatto? Ancora ho nome o ho incominciato a perdere il nome e mi chiamo ‘Io’? Io, me, con me, per me, soltanto io? Per me, per me … sempre quell’egoismo: ‘Io’. Questo non ci dà salvezza”.

    Ma “alla fine – osserva Papa Francesco - c’è una porta di speranza” per quanti confidano in se stessi e “hanno perso il nome”:

    “Alla fine, alla fine, alla fine sempre c’è una possibilità. E quest’uomo, quando se ne è accorto che aveva perso il nome, aveva perso tutto, tutto, alza gli occhi e dice una sola parola: ‘Padre’. E la risposta di Dio è una sola parola: ‘Figlio!’. Se alcuni di noi nella vita, di tanto avere fiducia nell’uomo e in noi stessi, finiamo per perdere il nome, per perdere questa dignità, ancora c’è la possibilità di dire questa parola che è più che magica, è più, è forte: ‘Padre’. Lui sempre ci aspetta per aprire una porta che noi non vediamo e ci dirà: ‘Figlio’. Chiediamo al Signore la grazia che a tutti noi ci dia la saggezza di avere fiducia soltanto in Lui, non nelle cose, nelle forze umane, soltanto in Lui”.

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    Il Papa riceve il presidente del Montenegro: Chiesa impegnata per il bene della società

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto, stamani in udienza in Vaticano, il presidente della Repubblica di Montenegro, Filip Vujanović. Nel corso del colloquio, informa una nota della Sala Stampa vaticana, “è stata espressa soddisfazione per le buone relazioni bilaterali”, ulteriormente rafforzate dall’Accordo di Base, che favorisce la collaborazione fra la Chiesa e lo Stato “per il bene comune della società”. Si è fatto poi cenno ad “alcuni temi di comune interesse, soffermandosi sulle principali questioni regionali e sul cammino del Montenegro verso l’integrazione nelle istituzioni europee ed euro-atlantiche”.

    Il presidente Vujanović, dopo il colloquio con il Papa, si è successivamente incontrato con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, accompagnato dall’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

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    Tweet del Papa: impariamo a dire ‘Grazie’ a Dio e agli altri. Lo insegniamo ma poi lo dimentichiamo!

    ◊   Il Papa ha lanciato oggi questo nuovo tweet: “Impariamo a dire ‘Grazie’, a Dio, agli altri. Lo insegniamo ai bambini, ma poi lo dimentichiamo!”.

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    In udienza dal Papa rappresentanti della Rete Mondiale delle Scuole per l'Incontro

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto mercoledì pomeriggio a Casa Santa Marta, in Vaticano, alcuni rappresentanti di Scholas, “Rete Mondiale delle Scuole per l'Incontro”, iniziativa promossa dalla Pontificia Accademia delle Scienze guidata dal cancelliere Marcelo Sanchez Sorondo, argentino. Il Papa, rivolgendosi al gruppo, composto da circa 40 persone, ha parlato dei tre pilastri di questa Rete: educazione, sport e solidarietà.

    “Tenendo conto dei progetti precedenti intitolati Escuela de Vecinos e Escuelas Hermanas, avviati da Papa Francesco quando era arcivescovo di Buenos Aires, la Pontificia Accademia delle Scienze promuove questa Rete gratuita di portata mondiale, invitando le scuole di ogni ordine e grado a parteciparvi”. Simbolo di questa iniziativa, un olivo. Il Papa ha "piantato" virtualmente un olivo toccando il touchscreen di un tablet. E poi ha anche lanciato questo tweet: “Un saluto alla Rete Mondiale delle Scuole per l’Incontro. Oggi piantiamo il primo olivo virtuale per la pace”.

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    Biblioteca Vaticana: accordo con NTT Data per digitalizzare 3 mila manoscritti

    ◊   Novità importanti per la Biblioteca Apostolica Vaticana: è stato firmato stamane un accordo con la Corporation giapponese NTT Data per digitalizzare 3 mila manoscritti nell’arco di 4 anni. L’iniziativa è stata presentata stamane nella Sala Stampa vaticana da mons. Jean-Louis Bruguès, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, e da mons. Cesare Pasini, prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, insieme al presidente ed amministratore delegato della NTT Data, Toshio Iwamoto. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Il progetto già assunto da anni dalla Biblioteca Vaticana è più ampio: digitalizzare tutti gli 82 mila manoscritti, ben 41 milioni di pagine. Con i 3 mila nuovi manoscritti si arriverà nel 2018 ad avere 15 mila documenti digitalizzati, ha osservato mons. Pasini:

    “Una vera opera a favore della conservazione e della divulgazione della conoscenza, a servizio della cultura per tutto il mondo”.

    I 3 mila manoscritti – una decina di particolare valore - abbracciano tutte le culture e le lingue dell’Europa ma si estendono anche all’Estremo Oriente cinese e giapponese fino all’America precolombiana, ha ricordato mons. Bruguès, sottolineando la missione umanistica propria della Biblioteca Vaticana che vide le sue origini a metà del Quattrocento per intuizione di Papa Niccolò V:

    "...e con questo spirito umanistico intende conservare e rendere disponibile l'immenso tesoro dell'umanità, che le è stato affidato. Per questo lo digitalizza e lo offre alla libera consultazione sul web”.

    Emozione per il compito assunto nelle parole del presidente della NTT Data, Iwamoto. I manoscritti digitalizzati – ha spiegato - saranno visibili gratuitamente sul sito della Biblioteca Vaticana nella forma di immagini ad alta definizione. L’intera operazione avrà un costo stimato in 18 milioni di euro.

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    Il presidente della Croce Rossa ricevuto dal Papa

    ◊   Papa Francesco ha incontrato oggi in Vaticano anche il presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa, Peter Maurer, accompagnato da un seguito.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Lavoro per tutti: nell’udienza ai dipendenti delle acciaierie di Terni, Papa Francesco denuncia il fallimento di un’economia che idolatra il denaro.

    Custode per missione: all'udienza generale di mercoledì 19 il Papa parla di San Giuseppe.

    Nel servizio internazionale, in primo piano la crisi ucraina: Merkel minaccia ulteriori sanzioni alla Russia, Ban Ki-moon a Mosca mentre Obama esclude un intervento militare.

    Il segreto è la gioia: in cultura, Giulia Galeotti intervista Jean Vanier.

    Stralci dell’intervento del cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Gerhard L. Müller, alla presentazione del sesto volume, tomo primo, dell’opera omnia di Joseph Ratzinger “Gesù di Nazaret. La figura e il messaggio”.

    Francesco e la società ribaltata: Giovanni Cerro sulle scelte di vita del santo di Assisi.

    Silvia Guidi la vicenda del vescovo martire Nikolle Vinçenc Prennushi, divenuta testo teatrale.

    Il metodo del dialogo secondo Chiara: incontro interreligioso nel ricordo della fondatrice dei Focolari.

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    Oggi in Primo Piano



    Mosca pronta ad annessione Crimea. Kiev: piano russo per un intervento a Est e Sud Ucraina

    ◊   La Russia si detta è pronta per l’annessione della Crimea, nonostante il governo ucraino abbia allertato le sue forze armate e ammonito: combatteremo per una Crimea libera. Il capo della missione ucraina presso le Nazioni Unite a Ginevra, Yuri Klymenko, ha detto di avere "indicazioni" che la Russia sarebbe pronta a lanciare "un intervento su larga scala a est e sud dell'Ucraina". Oggi a Mosca c'è stato l'incontro tra il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, e il capo della diplomazia russa, Lavrov. Domani Ban Ki-Moon sarà a Kiev. Da parte sua, la cancelliera tedesca Merkel ha affermato che i vertici del G8 con Mosca saranno sospesi. Intanto, domani ci sarà nell'ambito del Consiglio Europeo la firma del capitolo politico dell'Accordo di associazione tra Ue e Ucraina. E oggi è arrivato il primo via libera dell'Europarlamento alla rimozione di circa il 98% dei dazi applicati attualmente dall'Ue sull'import di merci ucraine. Sulla situazione ascoltiamo Raffaele Marchetti, docente di relazioni internazionali all'Università Luiss, al microfono di Fausta Speranza:

    R. – La partita è ancora aperta e riguarda l’Ucraina orientale continentale. Quella è una partita aperta perché lì vivono minoranze, o in alcuni posti addirittura maggioranze, russofone che potrebbero guardare alla Crimea come a un esempio. Lo stesso tipo di dinamica replicata in Ucraina orientale non sarebbe accettata, sarebbe contrastata fin dall’inizio.

    D. – Su questa fase potrebbe giocarsi un braccio di ferro persino più duro tra Occidente e Russia, tra Washington e Mosca e sul piano internazionale?

    R. – La questione della Crimea, in qualche modo, sembrava già chiusa da tanti giorni. Ormai il referendum cristallizza una situazione ma questa situazione si era andata definendo nelle ultime settimane. E’ tutto sommato una questione molto grave ma, territorialmente parlando, circoscritta. Come ho detto, invece, la questione dell’Ucraina orientale è una questione molto più complessa. Sono sollevato dal colloquio che il ministro degli Esteri russo Lavrov ha avuto con il segretario di Stato Usa Kerry qualche giorno fa, in cui si parlava di una possibile riforma costituzionale ucraina in senso federalista. Questa, naturalmente, a mio parere, sarebbe l’unica possibilità di tenere insieme un territorio e un Paese che è profondamente diviso. Senza una riforma di questo tipo mi sembra difficile trovare un modo di convivenza pacifico tra due comunità che si sono polarizzate a seguito degli eventi degli ultimi mesi.

    D. – Intanto l’Unione Europea firma con l’Ucraina il capitolo politico con l’Accordo di associazione che, in qualche modo, ha scatenato il tutto. Che dire di questo?

    R. – Certamente l’Unione Europea ha cercato in qualche modo di riguadagnare il tempo perso proponendo la firma in tempi molto brevi e però è di nuovo un’accelerazione che, tutto sommato, potrebbe creare problemi. Noi abbiamo un Paese ancora profondamente diviso. La parte occidentale guarda all’Europa, la parte orientale guarda a Mosca e quindi forse prudenza avrebbe voluto che si tentasse prima di risolvere i problemi interni e poi si rimettesse in campo la questione dell’associazione all’Unione Europea. Firmare il trattato di associazione significa escludere l’adesione alla zona euro-asiatica doganale con la Russia. Questo significa prevenire l’idea dell’Ucraina come un Paese neutrale, un Paese di ponte tra l’Europa e la Russia.

    D. – Si è detto in questi giorni che si tratta della crisi più grave dalla fine della Guerra Fredda e si è detto anche di un ritorno di una situazione di Guerra Fredda. Ma il mondo nel frattempo è passato al G20, abbiamo la globalizzazione. Davvero è possibile fare paralleli con la Guerra Fredda?

    R. – No, questa mi sembra un’affermazione eccessiva. A parte che abbiamo avuto una guerra in Jugoslavia, abbiamo avuto varie altre guerre nel mondo… Certamente, non è la crisi più seria che abbiamo avuto dalla fine della Guerra Fredda. I toni sono molto tesi ed è stata rimessa in campo una retorica da Guerra Fredda, questo sì, direi soprattutto da parte occidentale.

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    Iran: liberata Sakineh, accusata di adulterio e omicidio e condannata alla lapidazione

    ◊   Sakineh Ashtiani, la donna iraniana condannata alla lapidazione nel 2006 con l'accusa di adulterio e di aver ucciso il marito è stata rimessa ieri in libertà. Lo ha annunciato l'avvocato italiano, che ha patrocinato il caso di fronte al parlamento europeo. L'amnistia da parte delle autorità della Repubblica islamica è arrivata dopo otto anni di carcere e una forte mobilitazione internazionale per salvare la vita alla donna. Ma quali i motivi della decisione di Teheran? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore:

    R. - Credo che questo sia un caso che si sia chiuso proprio perché era diventato di scala internazionale e, tra l’altro, coincide con i negoziati sul nucleare iraniano, che sono ripresi a Vienna e che continueranno anche ad aprile. È possibile che Teheran abbia, in qualche modo, ceduto su questo caso per dare un segnale di apertura su quello che sta accadendo a livello internazionale.

    D. - La vicenda di Sakineh è uno stimolo per operare a tutela dei diritti umani, anche nei confronti di altri Paesi?

    R. – In proposito ci sarebbe da fare delle notazioni: la prima è che le pressioni sui diritti umani, che sono certamente positive, si esercitano quasi sempre sull’Iran; quasi mai sento parlare di pressioni simili esercitate, per esempio, su un Paese come l’Arabia Saudita, dove di casi Sakineh e similari ce ne sono molti. La seconda è che sull’apertura internazionale sui negoziati dell’Iran grava oggi forse l’incognita di Mosca: la Russia minaccia in qualche modo di creare problemi e questo potrebbe costituire un ostacolo ancora più grave per casi come quello di Sakineh e altre questioni simili.

    D. - Come a dire che il tema dei diritti umani lascia quasi sempre il passo di fronte agli aspetti politici…

    R. - Non c’è dubbio. C’è un’attenzione selettiva della Comunità internazionale, nel senso che: è chiaro che l’Iran è un facile bersaglio, mentre molti altri Paesi vengono lasciati nell’ombra, perché alleati dell’Occidente e, in qualche modo, funzionali alla politica occidentale. Sarebbe bene che ogni tanto si accendessero i riflettori anche su questi Paesi.

    D. - Quanto può entrare in questa decisione la presenza del presidente Rohani, un moderato?

    R. - Certamente la presenza di Hassan Rohani al governo in questo momento è fondamentale, anzi è l’architrave di quello che sta accadendo oggi in Iran, dentro e soprattutto fuori. Il negoziato nucleare, avviato il novembre scorso, è fondamentale, però con un’avvertenza molto chiara, che mi è stata confermata da quasi tutti i rappresentanti ufficiali iraniani e dalla loro diplomazia: “L’accordo deve essere firmato entro questa estate, altrimenti il dossier sul nucleare verrà sottratto al governo Rohani e passerà nelle mani – molto meno malleabili e più ferree – dei Pasdaran, i guardiani della rivoluzione”.

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    Giovanni Paolo II e la famiglia, convegno a Roma. Il card. Caffarra: il Sacramento del matrimonio redime

    ◊   “Giovanni Paolo II: il Papa della famiglia”: è questo il tema del Convegno internazionale promosso dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e sulla famiglia, che si è tenuto oggi e continuerà per tutta la giornata di domani. Tra i relatori il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna e primo preside dell’Istituto, che ha spiegato il rilievo della figura del Pontefice, prossimo Santo, nell’ambito della pastorale familiare al microfono di Maura Pellegrini Rhao:

    R. – Per il suo grande Magistero, che ha lasciato in eredità alla Chiesa: 134 catechesi sull’amore umano. Nessun Papa, mai, ne aveva parlato così tanto, senza poi dimenticare la “Familiaris Consortio” e altri momenti: questo continuo incontro tra la Parola di Dio, che il Papa deve testimoniare, e il cuore dell’uomo e della donna. E da questo confronto continuo, il cuore che interroga, la Parola che risponde e nello stesso tempo suscita ancora un più profondo desiderio, in questo incontro continuo - direi - ha generato il suo Magistero.

    D. – Per quanto riguarda l’affermazione di Giovanni Paolo II sul matrimonio come "Sacramento di redenzione", cosa possiamo sottolineare?

    R. – Giovanni Paolo II voleva dire fondamentalmente che il matrimonio redime l’amore fra l’uomo e la donna da due punti di vista: primo, perché impedisce che esso si riduca ad una sola dimensione, con il rischio che si consideri la sposa o lo sposo come un oggetto di cui fare uso; secondo, è la redenzione, perché l’amore umano porta dentro di sé un desiderio di definitività, di eternità; ci fa sentire il respiro dell’eternità, ma nello stesso tempo non si è capaci di dare una risposta a questo desiderio. Allora, il Sacramento del Matrimonio redime, perché rende l’uomo e la donna capaci di amarsi definitivamente. La riflessione cristiana ha disegnato un’area semantica dietro la parola “amore”, che è molto ricca: amore vuol dire “eros”, l’erotismo: amore vuol dire “filia”, amicizia, l’amicizia coniugale; e amore vuol dire “agape”, cioè dono gratuito, totale, definitivo di se stesso. Ora, se non si salvaguardano tutte e tre queste dimensioni, l’amore coniugale è sostanzialmente impoverito.

    D. – Quanto è importante oggi ricordarsi, dal momento in cui si è sposi, di essere un’identità altra?

    R. – Molto importante. Il bene della comunione coniugale non è la somma di due beni individuali, è un bene che ha in sé e per sé una sua bellezza, consistenza, preziosità, nel quale bene, poi, anche il bene dei due sposi raggiunge una sua pienezza.

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    La risposta cristiana alla violenza. Convegno organizzato dai vescovi del Lazio

    ◊   Omicidi tra le mura domestiche, femminicidi, atteggiamenti aggressivi tra gli adolescenti, conflitti internazionali. Le notizie veicolate dai media sollecitano spesso nell’immaginario collettivo sentimenti di impotenza e la paura finisce per avere l’ultima parola. L’argomento è stato al centro del Congresso annuale della commissione per l’ecumenismo della Conferenza episcopale del Lazio oggi a Sacrofano sul tema “La risposta cristiana alla violenza”. Varie le testimonianze provenienti da tutto il mondo. Paolo Ondarza ha intervistato mons. Marco Gnavi, incaricato dell’ufficio per l’ecumenismo del Vicariato di Roma:

    R. - La cronaca purtroppo ci offre mille esempi tragici, ma bisogna saper leggere oltre. In tutte le sue manifestazioni la violenza deve poter trovare una risposta nell’umanesimo cristiano e, come ci suggeriscono le parole di Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium, la misericordia, la gioia del Vangelo ricostituiscono, ricostruiscono la pace sociale a partire dall’inclusione degli ultimi, dalla forza del kerigma.

    D. – L’invito è a considerare il Vangelo come bussola che possa orientarci in mezzo a tante brutte notizie …

    R. - Sia se parliamo di conflitti generazionali, o di conflitti tra i popoli, o di vita violenta quando si vince il male con il bene si purifica il tessuto sociale da quei germi, da quel virus di contrapposizione che può contagiare gli adolescenti e gli adulti.

    D. – L’umanesimo cristiano è un’importante chiave di lettura anche per leggere fatti di cronaca - dobbiamo costatare numerosissimi – riguardanti episodi, quasi quotidiani, di femminicidio …

    R. - Si colpiscono le donne, generatrici di vita, la parte meno belligerante dell’umanità, la parte più fragile, ma anche la donna madre ed i bambini sono vittime al pari delle madri. Non si tratta di contrapporre l’uomo alla donna, ma occorre riscoprire in tutti il proprio carisma, la propria originalità ed aiutare tutti - uomini e donne - nella loro differenza, nella loro diversità, a cooperare per un mondo migliore.

    D. - La risposta cristiana alla violenza, è bene dirlo, non è una risposta fondata sull’utopia; è una risposta fondata su di una persona: Gesù Cristo…

    R. - Assolutamente sì. Siamo in tempo di Quaresima; idealmente ci dirigiamo tutti verso Gerusalemme dove la lotta agonica fra il male ed il bene è stata condotta da Gesù. Nel momento di maggiore abbassamento di kenosis, di umiliazione della sua vita, sulla Croce splende l’altezza, la grandezza dell’amore cristiano. Gesù ha vinto il male con il bene e anche noi contrapponendo il bene al male possiamo fare molto, pur nella nostra fragilità, seppur il mondo sia complesso, complicato e contraddittorio. La risposta cristiana alla violenza può essere praticata e percorsa da tutti, dotti, ignoranti, poveri, ricchi, peccatori e giusti. È una grande avventura in cui per altro Papa Francesco ci sta coinvolgendo con entusiasmo, aiutando tutti a capire che non si tratta di sacrificio ma di misericordia e di una vita benedetta.

    D. - Quindi, non ci si deve fermare alla paura ma, sullo slancio dell’invito evangelico, diventare testimoni di speranza…

    R. - Parlando di risposta cristiana dobbiamo anche dire che siamo veramente circondati da una grande nube di testimoni: in gran numero ci guidano, ci accompagnano, ci aiutano ad aver maggiore coraggio e maggiore generosità.

    D. - Testimoni che purtroppo non fanno notizia. La notizia è oggi caratterizzata più dal fatto eclatante che incute paura…

    R. - Sì. Bisogna leggere la storia ed il presente, al di là delle intimidazioni dei media che ci dicono che il mondo è solo negativo. Una storia umile è probabilmente sottesa a tante notizie ed il bene è visibile a chi prova a vederlo, a chi prova a leggerlo.

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    A Roma cresce la popolazione dei migranti. Mons. Feroci: una ricchezza per la nostra società

    ◊   Dal 1 gennaio 2012 al 1 gennaio 2013, la popolazione straniera residente a Roma è cresciuta dell' 8,2%, di questi il 53% sono donne e il 18 % minori. Sono questi alcuni dati del decimo Rapporto dell’Osservatorio Romano sulle migrazioni presentato ieri nella capitale, e promosso dal Centro Studi e Ricerche Idos, in collaborazione con la Caritas diocesana, con la Provincia di Roma e la Regione Lazio. Il servizio di Marina Tomarro.

    Sarebbero almeno 564 mila gli stranieri non comunitari regolarmente soggiornanti nel Lazio: l'80% vive nella provincia di Roma e il 20% nelle altre zone. E' la stima sulla presenza straniera contenuta nel Decimo Rapporto dell'Osservatorio romano sulle migrazioni. La capitale è anche il punto d’arrivo di minori non accompagnati, ne sono stati censiti circa 2200, Tanti invece quelli che vivono con le loro famiglie. Il 78% di loro studiano nella provincia e il 48% di questi ragazzi è nato in Italia. I romeni sono la comunità straniera con la presenza più alta nella capitale, con oltre 85 mila unità, seguono i filippini, i bangladesi, i polacchi e i cinesi. Il commento di mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana:

    “Innanzitutto, mi sembra che gli immigrati abbiano portato nella nostra società, nel nostro ambiente, una loro presenza - piccole imprese - che è una ricchezza di lavoro, anche per la loro capacità imprenditoriale. Quindi questo cammino d’integrazione, di presenza e di ricchezza credo sia da sottolineare”.

    Ma anche se ben inseriti nel contesto sociale e lavorativo, per i non comunitari, è ancora lunga la strada per un’ integrazione completa in Italia. Ancora mons. Feroci:

    “C’è un’attenzione per procedere così in maniera molto spedita, per quanto riguarda alcuni aspetti sociali ed economici, ma non si ha la stessa attenzione per quanto riguarda i diritti delle persone che arrivano. Faccio l’esempio: il diritto di cittadinanza, le pratiche amministrative, i ricongiungimenti, il diritto di voto, credo siano attenzioni che dobbiamo avere nei confronti degli immigrati. E’ necessario, infatti, sviluppare politiche di accoglienza per le persone che arrivano da noi e, grazie a questa integrazione, nella prossimità, far sì che le persone, che vivono nella nostra città, possano farlo in maniera positiva e corretta”.

    E il rapporto, dedica diversi capitoli ai comuni della provincia di Roma e alle altre province laziali, dove la presenza straniera spesso costituisce un rimedio anche allo spopolamento, e da diversi anni va diffondendosi con tassi di crescita molto elevati. La riflessione di Franco Pittau, responsabile scientifico del Centro studi e ricerche Idos:

    “L’immigrazione nella città di Roma è aumentata, nonostante la crisi. Questo allora cosa ci deve insegnare? Innanzitutto ci deve portare a riflettere con serenità sul fatto che l’immigrazione è una realtà che ci accompagnerà nel futuro, che comporterà dei problemi, ma che ha aspetti molto positivi: l’aspetto demografico, che è di sostegno; l’aspetto occupazionale – il 10 per cento degli occupati è rappresentato da immigrati –; l’aspetto scolastico, specialmente nei piccoli comuni della provincia, dove le classi tenderebbero a sparire. La cosa più bella, però, è la dimensione culturale e religiosa: culturale, perché la differenza ci può stimolare a diventare personalità più ricche; e religiosa, perché questa grande ispirazione della fede, ci deve far pensare che può essere vissuta solo in un senso, che ci porta ad accogliere gli altri”.

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    A 20 anni dall'assassinio di Alpi e Hrovatin, il governo annuncia la desecretazione degli atti

    ◊   Il 20 marzo del 1994 venivano uccisi in Somalia la giornalista del tg 3 Ilaria Alpi e il suo operatore Miran Hrovatin. A 20 anni dalla loro morte, non sono ancora noti i nomi dei loro assassini. Intanto, il governo ha annunciato che desecreterà gli atti relativi all'inchiesta. Una richiesta in tal senso era venuta ieri dalla presidente della Camera Laura Boldrini. Il servizio di Elvira Ragosta:

    Erano in Somalia per raccontare della guerra tra fazioni nel Corno d’Africa e della cooperazione italiana. Ma a Mogadiscio Ilaria Alpi aveva scoperto qualcosa di importante: un traffico i rifiuti tossici che in Somalia arrivavano con navi anche italiane. In cambio, i somali, ricevevano armi dell’ex Unione Sovietica. Le indagini sulla loro morte, fin dall’inizio, furono lente. Numerosi i depistaggi. I taccuini di Ilaria, come le videocassette di Miran, dalla Somalia non sono mai arrivati in Italia. Il governo oggi ha annunciato che desecreterà i documenti dell'inchiesta, così come chiesto ieri dalla presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini e come auspicato da Mariangela Gratti Grainer, presidente dell’Associazione Ilaria Alpi:

    "Se oggi possiamo dire di sapere, con assoluta certezza, che si è trattato di una esecuzione - Ilaria e Miran sono stati uccisi con un colpo in testa ciascuno - se possiamo dire di conoscere anche i possibili nomi degli esecutori, ma che non abbiamo con certezza i mandanti, certo siamo ad un punto importante che ci fa dire che la verità storica ce l’abbiamo. Ora, vogliamo la verità giudiziaria che ancora non c’è. Penso che sia utile, anzi necessario, desecretare così da avere i nomi dei responsabili, dei mandanti. Io mi chiedo chi li abbia coperti, perché tutti questi anni di depistaggi, di 'non so', di sabbia che cresce, di bugie, di detto e poi ritrattato non può essere avvenuto da solo o per qualche potente di turno. Ci devono essere anche complicità - e ci sono - all’interno dello Stato e degli Stati, stante che la vicenda non è soltanto italiana".

    Tantissime le inchieste giornalistiche realizzate negli ultimi 20 anni per tenere sempre viva l’attenzione sull’omicidio dei due giornalisti. La signora Luciana, madre di Ilaria Alpi:

    "C’è un gruppo nutrito di giornalisti che ha lavorato molto sul caso di mia figlia; per questo devo dargliene atto e ringraziarli. Gli sono grata ... Ma lei è di Radio Vaticana? Mi abbracci il Papa se lo vede…".

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    Non solo bullismo, i ragazzi di una scuola romana si confrontano con i parlamentari

    ◊   Bullismo, lavoro, scuola. Sono alcuni dei temi che riguardano il futuro dei ragazzi e su cui questi si attendono risposte dalla politica. Oggi un gruppo di giovani di una scuola superiore di Roma è stato a Montecitorio per confrontarsi con alcuni parlamentari. Ad organizzare l’iniziativa, Telefono Azzurro. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Un ragazzo su tre in media è vittima del bullismo. E’ uno dei primi problemi che i ragazzi in età scolare cominciano ad avvertire. Ma non c’è solo questo. Sentiamo alcuni di loro arrivati oggi a Montecitorio:

    “Ho visto che spesso gli altri Paesi tentano di dare maggiore importanza alla sanità e alla scuola. Noi volevamo capire un po’ quale fosse la situazione della sanità italiana e della scuola…".

    "Noi vorremmo parlare del fenomeno del cyberbullismo, perché molti siti dove è presente non sono ancora stati chiusi…".

    "Vedendo la disoccupazione dei nostri giorni, ci chiediamo come possano pensare che sia ancora stimolante studiare e avere titoli di studio!”.

    La politica non sempre ha risposte immediate a queste domande. I parlamentari intervenuti all’incontro hanno assicurato la loro attenzione ma anche ammesso che c’è molto da fare. Il deputato Edoardo Patriarca:

    “Credo che davvero la famiglia, assieme alla scuola, guarda caso, debba essere rimessa al centro, non soltanto come ammortizzatore sociale ma come luogo in cui si costruiscono relazioni e in cui i ragazzi trovano sostegno e aiuto nel diventare grandi e adulti”.

    Il mondo dei giovani passa soprattutto attraverso il web. Per Ernesto Caffo, presidente dei Telefono Azzurro, fondamentale è l’intervento della scuola:

    “Mettere da una parte, nella formazione degli insegnanti, grandi investimenti. Sicuramente vanno ricostruite le scuole ma dobbiamo ricostruire anche un sapere. Il panorama è cambiato perché oggi gli insegnanti affrontano sfide molto complesse”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Israele. I vescovi cattolici: strumentale e pericoloso chi nega l'identità araba dei cristiani palestinesi

    ◊   La campagna per offuscare l'identità araba dei cristiani palestinesi è strumentale e punta a “dividere i cristiani dai loro compatrioti musulmani”. Essa è anche “pericolosa nella misura in cui minaccia di dividere i cristiani tra di loro”. I vescovi cattolici di Terra Santa rispondono in termini inequivocabili alle recenti proposte – avanzate in particolare dal parlamentare israeliano Yariv Levin, portavoce dell’attuale coalizione di governo – che puntano a introdurre discriminazioni “positive” a favore dei cristiani palestinesi cittadini d'Israele, distinguendoli dai palestinesi musulmani.

    Riunitosi a Tiberiade lo scorso 11 e 12 marzo, il Consiglio dei vescovi Ordinari cattolici si Terra Santa ha approvato un pronunciamento predisposto dalla Commissione Giustizia e Pace che affronta in termini chiari il nodo problematico della identità dei cristiani arabi cittadini d'Israele, respingendo ogni tentativo di farne una minoranza privilegiata nei rapporti con lo Stato ebraico. “Noi, Capi della Chiesa cattolica in Israele” si legge nel documento diffuso dagli organi del patriarcato latino di Gerusalemme “ci teniamo a precisare che non è né diritto né dovere delle autorità civili israeliane dirci chi siamo”.

    La maggior parte dei cattolici in Israele - ribadiscono i vescovi - “è araba palestinese. Loro sono ovviamente anche cristiani. E sono anche cittadini dello Stato di Israele. Noi non vediamo alcuna contraddizione in questa identità definita come: arabi cristiani palestinesi e anche cittadini dello Stato di Israele”. E il Parlamento israeliano, “se lavora per il bene dei cittadini di Israele, deve realizzare tutti gli sforzi necessari per adottare leggi che mettano fine alla discriminazione, che siano a favore degli ebrei, degli arabi, dei cristiani, dei musulmani o dei drusi”.

    La Campagna promossa dal parlamentare israeliano Yariv Levin puntava soprattutto a estendere ai cristiani arabi cittadini d'Israele il servizio militare obbligatorio. A questo scopo, Levin è ricorso più volte all'argomento secondo cui i cristiani palestinesi «non sono arabi». In una intervista al quotidiano Maariv, Levin aveva anche delineato una serie di misure giuridiche da porre in atto per favorire i i cristiani palestinesi rispetto ai palestinesi musulmani. «Per cominciare» aveva detto il politico israeliano «loro potranno avere una rappresentanza propria nei consigli municipali e di governo».

    Tra le proposte sostenute da Levin c’è anche quella di consentire ai battezzati palestinesi di definirsi «cristiani» e non più «arabi cristiani» sui documenti d’identità. Queste e altre misure secondo Levin servirebbero a rendere i cittadini cristiani «più vicini» allo Stato ebraico. (R.P.)

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    Terra Santa. Nazaret: incontro interreligioso per la pacifica convivenza tra le diverse confessioni

    ◊   Un incontro sul tema ”Come costruire una convivenza interreligiosa felice?” ha coinvolto la scorsa settimana a Nazaret, in Terra Santa, un gruppo di canadesi di diverse confessioni religiose. Ebrei, cristiani e musulmani di Toronto, che fanno parte di un gruppo denominato “Path of Abraham”, hanno discusso del contributo della religione nel mondo contemporaneo per la costruzione della pace tra i popoli e tra le culture.

    Ad organizzare l’evento, riferisce il portale del patriarcato latino di Gerusalemme www.lpj.org, è stata la moschea di Nazaret, mentre l’animazione è stata affidata a mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale latino per Israele, all’intendente della moschea, sheikh Atef Fahoum, e ai tre responsabili del gruppo canadese, il rabbino Bayron F. Kohl, padre Damien MacPherson e l’imam Abdul Hai Patel. Alla domanda su come sia possibile vivere in armonia pur nelle diversità, mons. Marcuzzo ha risposto che Gesù “non ha rifiutato e disprezzato la ‘diversità’ dell’uomo, ma l’ha presa su di lui e si é fatto lui stesso uomo, innalzato l’uomo e ha creato una profonda unità”.

    L’intendente della moschea ha invece sottolineato che, seppur, a volte, dei problemi sono sorti nelle relazioni con le altre religioni, non sono da considerare però “espressione della comunità musulmana, ma piuttosto il frutto di piccoli gruppi integralisti e politicizzati”. Atef Fahoum ha poi aggiunto che “la moschea e la chiesa dell’Annunciazione sono state tradizionalmente il centro della città di Nazaret e il simbolo della loro secolare coesistenza pacifica, a tal punto che gli abitanti di Nazaret mi chiamano “l’imam dell’Annunciazione ” e il mio fratello “il vescovo della moschea bianca”.

    L’iniziativa, che ha coinvolto 32 persone e che vuole promuovere la pacifica convivenza tra diverse religioni, si situa sulla scia dell’incontro interreligioso presieduto proprio a Nazaret da Benedetto XVI nel maggio 2009. (G.P.)

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    Chiese in Europa. I vescovi invitano al voto: "Sosteniamo il progetto europeo"

    ◊   L’esito delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo “darà forma alla legislatura Ue per i prossimi cinque anni e avrà rilevanti implicazioni per coloro che guideranno l’Unione”. L’assemblea plenaria del Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea) ha diffuso oggi, nel corso della Plenaria di primavera, una dichiarazione pubblica in vista del voto del 22-25 maggio. Il documento - riferisce l'agenzia Sir - è stato presentato a Bruxelles dal presidente Comece, card. Reinhard Marx, a poche ore di distanza dall’inizio di un importante riunione del Consiglio europeo, che tratta della situazione in Ucraina e di temi economici e durante il quale non mancheranno ampi riferimenti alle stesse elezioni per l’Eurocamera.

    Secondo i vescovi europei, dunque, “è essenziale che i cittadini Ue partecipino al processo democratico esprimendo il loro voto il giorno delle elezioni. Più elevata sarà l’affluenza, più forte sarà la nuova legislatura”. “Sentiamo come nostro dovere, quali vescovi della Comece, di offrire orientamenti all’elettore formandone la coscienza, e desideriamo farlo sottolineando le questioni di rilievo, valutandole attraverso il prisma della dottrina sociale cattolica”. I vescovi si augurano che tali “raccomandazioni possano essere ascoltate con favore anche da parte di tutti gli uomini e le donne di buona volontà che hanno a cuore il successo del progetto europeo”.

    I vescovi ribadiscono il diritto e il dovere del voto. Sottolineano quindi la gravità del momento connessa alla crisi economica che perdura dal 2008. Al contempo aggiungono che “il messaggio cristiano è un messaggio di speranza”: dunque “è nostra convinzione che il progetto europeo sia ispirato da una visione nobile del genere umano. Singoli cittadini, comunità e anche Stati-nazione devono essere capaci di mettere da parte l’interesse particolare alla ricerca del bene comune”. I vescovi Ue richiamano in proposito l’esortazione “Ecclesia in Europa” di Papa Giovanni Paolo II del 2003, ritenuta “un testo di speranza”, ed è “con ferma convinzione in un futuro migliore che la Chiesa si accosta alla sfida europea”.

    Il documento Comece si concentra poi su 8 aree specifiche delle politiche comunitarie. “È importante - vi si legge - che il susseguirsi dei passi nella direzione dell’unità all’interno dell’Ue non sacrifichi il principio di sussidiarietà, un pilastro basilare dell’unica famiglia di Stati-nazione che costituiscono l’Ue, né comprometta le risalenti tradizioni prevalenti tra gli Stati membri”. Secondo: “Un altro pilastro dell’Unione, ma anche un principio posto alla base della dottrina sociale, è quello della solidarietà. Occorre fare in modo che esso guidi le politiche a ogni livello all’interno dell’Ue”; “dobbiamo costruire un mondo differente, con la solidarietà al suo cuore”.

    Quindi, terzo aspetto, “è essenziale ricordare che tutte le aree delle politiche socio-economiche sono sorrette da una visione dell’uomo radicata in un profondo rispetto della dignità umana. La vita umana deve essere protetta dal momento del concepimento fino a quello della morte naturale. La famiglia, quale elemento costruttivo fondamentale della società, deve anch’essa godere della protezione di cui necessita”. Seguono specifiche annotazioni sui movimenti migratori, segnalando che “la responsabilità dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti e dei richiedenti asilo deve essere condivisa in maniera proporzionata dagli stati membri”.

    Infine il documento Comece richiama i temi ambientali, la libertà religiosa (“è una caratteristica fondamentale di una società tollerante e aperta”), le “misure volte a proteggere il giorno di riposo settimanale comunemente condiviso, che è la domenica” e, non ultimo, il “cambiamento demografico”. I vescovi ricordano che l’Ue “è a un punto di svolta”, e dunque va sostenuta, perché “abbiamo troppo da perdere da un eventuale deragliamento del progetto europeo”. La dichiarazione dei vescovi si chiude con un appello: “È essenziale che tutti noi cittadini europei ci rechiamo ai seggi elettorali il 22-25 maggio. Noi vescovi raccomanderemo che il voto venga espresso in risposta alle sollecitazioni di una coscienza informata”. (R.P.)

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    Centrafrica: dagli Usa i leader religiosi invocano aiuti urgenti per gli sfollati

    ◊   “Siamo qui per far sentire il grido che nasce dal profondo del cuore del popolo centrafricano che sta vivendo i momenti più tragici della sua storia. Non possiamo più restare senza fare niente” ha affermato mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, davanti all’uditorio della Brookings Institution, uno dei principali think-tank statunitensi. Mons. Nzapalainga si trova a Washington nell’ambito della visita che i membri della “piattaforma dei religiosi per la pace” centrafricani stanno facendo negli Stati Uniti per chiedere un aumento degli aiuti internazionali per il loro Paese.

    In particolare l’arcivescovo di Bangui ha affermato che occorre andare oltre a quanto stanno facendo le missioni africana e francese nella Repubblica Centrafrica (Misca e Sangaris) ed ha ribadito che “è ora di organizzare un’operazione dell’Onu di mantenimento della pace”.

    L’urgenza di un intervento dell’Onu è stato sottolineato anche dal Pastore Nicolas Grékoyamé-Gbangou, presidente delle Chiese Evangeliche, che ha ricordato come si stia avvicinando la stagione delle piogge. Gli sfollati non hanno nulla per proteggersi e questo sicuramente andrà ad aggravare la loro situazione, già molto precaria.

    I tre rappresentanti della “piattaforma dei religiosi per la pace” (oltre a mons. Nzapalainga e al Pastore Gbangou, c’è Oumar Kobine Layama, imam di Bangui), sono stati ricevuti al Dipartimento di Stato, al Consiglio di Sicurezza Nazionale e al Congresso. Sono previsti inoltre incontri con rappresentanti della Banca Mondiale e di Usaid (l’Agenzia statunitense di aiuto allo sviluppo).

    I leader religiosi hanno chiesto aiuti nel campo della giustizia, della lotta all’impunità e dell’educazione. (R.P.)

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    Centrafrica: appello al disarmo alla popolazione di Bangui

    ◊   “Consegnare senza alcuna condizione tutte le armi detenute” e “aspettare l’avvio del programma di disarmo, smobilitazione e reinserimento”: è l’appello diffuso alla radio nazionale centrafricana dal ministro della Difesa Thomas Théophile Timangoa, rivolto alla popolazione di Bangui. Il disarmo dei civili in possesso di armi e munizioni - riporta l'agenzia Misna - sarà attuato dalle forze armate centrafricane in collaborazione con le truppe francesi di Sangaris e i soldati africani della Misca. “L’esercito, nella sua missione di protezione delle persone e dei beni, tratterà chi non rispetta la richiesta di disarmo come potenziali bersagli militari” ha avvertito il ministro.

    Nella capitale sul piano della sicurezza la situazione sta lentamente migliorando, ma permangono forti tensioni nel quartiere Pk5, teatro ieri di intense sparatorie che hanno costretto centinaia di residenti a fuggire in zone vicine. A riprova di una normalizzazione, l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (Oim) ha segnalato una netta diminuzione del numero degli sfollati, da 700.000 a 200.000 persone raccolte in 50 e non più di 70 siti. Nel principale campo sfollati della capitale, quello di M’poko, nei pressi dell’aeroporto, Medici Senza Frontiere (Msf) ha annunciato che gli occupanti sono passati da 100.000 a 60.000. Ma ong e fonti medico-sanitarie sottolineano che “il movimento di ritorno a casa rimane ancora timido”: colpi d’arma da fuoco, tensioni e disordini notturni nei quartieri spingono ancora la gente ad andare a dormire nei campi. Il gruppo più vulnerabile è quello della popolazione musulmana “che non si sente ancora in sicurezza, quindi rimane laddove gode di maggior protezione fisica” ha riferito Giuseppe Loprete, capo missione dell’Oim.

    Nelle prossime ore a rendere visita agli sfollati della crisi centrafricana è l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, in visita a Bangui. Sono previsti colloqui con la Presidente di transizione Catherine Samba Panza, con alcuni ministri ma anche con rappresentanti dell’Unione Africana e della Comunità economica dei paesi dell’Africa centrale (Ceeac). Nel frattempo un gruppo di esperti inviati dall’Onu, ha confermato che armi libiche, in particolare missili antiaerei portatili, sono stati consegnati al Centrafrica, ma non sarebbero state ancora individuate sul terreno. Pochi giorni fa la Misca ha smantellato un “arsenale da guerra impressionante” nei pressi dell’aeroporto internazionale di Bangui, sulla base di informazioni fornite dai residenti.

    Nella capitale centrafricana è inoltre atteso l’inviato speciale dell’Organizzazione della Conferenza Islamica (Oci), l’ex ministro degli Esteri senegalese Cheikh Tidiane Gadio, con il mandato di “aiutare musulmani, cristiani e le altre comunità spirituali a riallacciare il dialogo per salvare il Paese”, unica strada per “ritrovare pace e sicurezza”. (R.P.)

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    Sud Sudan: Malakal è tornata nelle mani dei governativi

    ◊   I ribelli legati all’ex vice-presidente Riek Machar hanno confermato oggi che la città petrolifera di Malakal è tornata sotto il controllo delle forze governative: lo riferisce il quotidiano Sudan Tribune, poche ore dopo un primo annuncio dell’esercito di Juba. Un portavoce dei ribelli, James Gatdet Dak, ha parlato di “una ritirata per motivi tattici” e sostenuto che presto ci sarà una controffensiva per riprendere la città. “Le nostre forze – ha aggiunto Gatdet – sono posizionate a pochi chilometri di distanza da Malakal”. Un portavoce dell’esercito, il colonnello Philip Aguer, aveva detto ieri che i ribelli erano stati respinti a sud-est della città, in direzione di Nasir.

    Malakal è il capoluogo di Upper Nile, una regione di importanza strategica per i suoi giacimenti di petrolio. La notizia dell’avanzata dell’esercito è giunta a poche ore dalla prevista ripresa, oggi ad Addis Abeba, di colloqui di pace tra le due parti in conflitto. Un appuntamento che Unione Europea, Stati Uniti, Norvegia e Gran Bretagna hanno chiesto a governo e ribelli di onorare, pena l’imposizione di sanzioni.

    Da dicembre, combattimenti tra forze favorevoli e ostili al presidente Salva Kiir hanno provocato migliaia di vittime e costretto circa 900.000 persone a lasciare le proprie case. (R.P.)

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    Bangladesh: un milione di bambini vive per strada. Il 95% fa uso di droghe

    ◊   In Bangladesh il 95% dei bambini di strada - 1 milione in totale - fa uso di droga. Di questi, il 49% ha meno di 10 anni. Un problema, spiega fratel Ronald Drahozal, direttore del Centro di riabilitazione Apon, che "deve interessare tutti, per il bene di queste nuove generazioni". Il religioso è intervenuto ieri al Social and Economic Enhancement Program (Seep), a cui hanno partecipato 100 rappresentanti di 18 ong locali.

    Apon - riporta l'agenzia AsiaNews - è iniziato come una piccola struttura, ma grazie al contributo di donatori e volontari è diventato uno dei centri di recupero per tossicodipendenti più importanti del Bangladesh. "Tutti - spiega fratel Ronald - dal personale ai volontari, ha lavorato sodo non solo al nostro programma di riabilitazione, ma anche allo sviluppo integrale della persona. Negli anni abbiamo visto che uscire dal tunnel della droga conduce a un miglioramento della personalità".

    Abdul al Mamun, moderatore dell'incontro, ha notato che "su 1 milione di bambini di strada, il 50% vive nella sola Dhaka. I ragazzi vengono spesso sfruttati da associazioni politiche, che li usano per lanciare bombe. Nel 2013, almeno 37 bambini sono morti durante le violenze politiche". (R.P.)

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    Algeria: violenze nella valle di M’Zab, i cristiani pregano per la pace

    ◊   Da tre mesi la Valle di M’Zab, nel sud dell’Algeria, è teatro di violenze settarie su base etnico-religiosa che gli apparati di sicurezza algerini non riescono a fermare. Gli scontri contrappongono la popolazione berbera ibadita a gruppi di islamisti sunniti. Ma il quadro è complicato dalle manovre di bande di delinquenti che fomentano lo scontro identitario per approfittare del caos e realizzare saccheggi e altre azioni criminali. In questo scenario drammatico, la piccola comunità cristiana locale offre la sua preghiera e il suo contributo fattivo per aiutare a superare le lacerazioni che stanno distruggendo la secolare convivenza tra i diversi gruppi radicati nella regione.

    “Noi, piccola comunità cristiana di M’Zab, soffriamo con tutti voi” scrive in una lettera-appello rivolta idealmente a tutti gli abitanti dell’area, mons. Claude Rault M. Afr, vescovo della diocesi di Laghouat. Nel messaggio – pervenuto all’agenzia Fides – il titolare di una delle diocesi territorialmente più vaste del mondo (più di 2 milioni di km quadrati) descrive con toni addolorati la divisione che attraversa le due comunità. “Da secoli” scrive il vescovo cattolico “vivete in pace malgrado le contrapposizioni temporanee che hanno toccato le vostre comunità e le vostre famiglie. La saggezza ha sempre prevalso, con l’aiuto di Dio”. Ma oggi le ostilità e gli scontri “sono alimentati da voci false che non fanno che aumentare la violenza di tutti gli aggressori, chiunque essi siano, e che niente sembra poter controllare”.

    In questo contesto lacerato, i cristiani offrono il loro contributo spirituale e concreto affinché la Valle di M’Zab torni a essere un luogo di fraternità e di convivenza pacifica: “La nostra amicizia” prosegue nel messaggio il vescovo Rault “va al di là delle differenze che ci possono separare. La differenza può essere un dono misericordioso di Dio. Noi stessi siamo molto toccati dall’accoglienza e dalla ospitalità che ci avete sempre manifestato. Noi siamo qui, in mezzo a voi, come artigiani di pace e di riconciliazione. Con tutto il nostro cuore preghiamo ogni giorno Dio unico e misericordioso affinché semini la pace nei cuori e nelle comunità. Fratelli e sorelle della valle di M’Zab. noi desideriamo continuare a collaborare con voi perché questa pace che viene da Dio vi avvolga tutti della Sua Misericordia”.

    Negli ultimi giorni, le violenze esplose nel quartiere di Sidi Abbaz nella città di Bou Noura, si sono rapidamente estese alla città di Ghardaia. Le ricorrenti ondate di violenza degli ultimi mesi – con morti, feriti, saccheggi, decine di case e negozi incendiati - si sono spesso verificate al termine delle preghiere nelle moschee. Le autorità di Algeri hanno inviato unità di rinforzo agli apparati di sicurezza locale, ma la situazione non sembra tornata sotto controllo. Intanto giovani berberi hanno organizzato autonomamente squadre armate per proteggere le loro case, le loro famiglie e i negozi dei loro quartieri dalla violenza islamista. (R.P.)

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    Pakistan. Blasfemia e attacchi contro gli indù: la condanna dei vescovi cattolici

    ◊   Ferma condanna per un atto di intolleranza e richiesta al governo di proteggere i luoghi di culto, di qualsiasi religione: è quanto esprime, in un comunicato inviato all'agenzia Fides, la Commissione “Giustizia e Pace” dei vescovi pakistani, esprimendo sdegno per gli attacchi a un tempio e al santuario religioso indù “Dharam Shala” avvenuti il 15 marzo a Larkana (provincia del Sindh, nel Pakistan meridionale), mentre la comunità indù stava celebrando la festa di “Holi”. L’attacco è stato portato da estremisti islamici che accusavano la comunità indù di “blasfemia” e, secondo la nota giunta a Fides, è “frutto dell’odio e di una istigazione premeditata”.

    Come riferito a Fides, la questione dell’intolleranza religiosa è stata al centro di una recente conferenza e giornata di confronto tenutasi a Multan (in Punjab) dal titolo “Il ruolo dei giovani nella costruzione della pace”. Esperti, rappresentanti delle istituzioni, teologi, attivisti della società civile, hanno rimarcato che la costruzione della pace in Pakistan passa per l’educazione della mentalità delle nuove generazioni.

    L’istruzione distorta, i pregiudizi verso le minoranze religiose, l’odio verso cristiani e indù diffusi nei libri di testo scolastici sono i principali elementi che creano disarmonia e conflitti nella società e fanno deragliare la pace in Pakistan. Giovani di tutte le comunità religiose, partecipanti alla conferenza, sono stati sensibilizzati “ad accogliere la diversità religiosa”, rifiutando la violenza. I giovani hanno poi visitato una moschea, una chiesa e un tempio indù, trascorrendo una giornata con comunità religiose diverse, conoscendo tradizioni, simboli, e la storia delle diverse religioni. (R.P.)

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    Genova. Il card. Bagnasco: "Incentivare i consumi e sostenere chi crea occupazione"

    ◊   È necessario “incentivare i consumi senza ritornare nella logica perversa del consumismo che divora il consumatore” e “sostenere in modo incisivo chi crea lavoro e occupazione semplificando le inutili dannose burocrazie”. Sono i due “binari virtuosi”, necessari per rilanciare l‘economica, che sono stati indicati dal card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, in occasione della messa celebrata ieri pomeriggio nella cattedrale di San Lorenzo per la solennità di san Giuseppe, patrono dei lavoratori.

    Il cardinale - riporta l'agenzia Sir - ha poi parlato della necessità di “rimodulare la concezione del lavoro” perché “il vecchio schema di contrapposizione è superato e non porta oggi da nessuna parte”. “Anzi - ha aggiunto il cardinale - peggiora le cose per tutti, a cominciare dai più deboli”. Per questo “bisogna promuovere sempre più una mentalità partecipativa e collaborativa dentro ai luoghi di lavoro, una visione in cui i diversi ruoli sono distinti ma non superati perché tenuti insieme da un comune senso di appartenenza e di responsabilità verso il proprio lavoro l‘azienda la società e il Paese”.

    Il porporato ha poi affermato che “le forme e le iniziative ci sono sia in Italia che all‘estero: i buoni esempi bisogna imitarli senza per questo cedere al complesso di inferiorità, consapevoli che nel mondo ovunque sono riconosciuti il patrimonio professionale e la persistente sensibilità umanistica e valoriale del nostro popolo”. Però “se non si velocizza e non si incentiva, si scoraggia e si allontana ogni lavoro vecchio e nuovo”. “In questi ultimi tempi - ha proseguito - abbiamo assistito ad esempio promettenti di giovani che hanno scovato vie nuove di occupazione grazie allo spirito di intraprendenza e alla genialità che caratterizza il mondo giovanile: esso è ammirevole per pazienza, fiducia e iniziativa e chiede di poter mettere a frutto talenti e competenze specie nella ricerca e nell‘innovazione di cui c‘è assoluto bisogno”. Per attuare tutto questo, ha detto ancora il cardinale, “bisogna intraprendere una rivoluzione culturale che investa non solo il modo di pensare privato ma anche comunitario e sociale con ricadute sulla concezione del lavoro sulla visione di una economia umana e di una società che non sia un agglomerato di individui ma una comunità solidale”.

    Nell‘omelia celebrata per il mondo del lavoro il cardinale Bagnasco ha poi affermato che “in questi sei anni di crisi economica le famiglie hanno permesso che il tessuto del Paese tenesse senza lacerazioni devastanti”. In questo periodo “la famiglia si è rivelata ancora una volta la chiave di volta della società anche economica e politica: se non si può vivere senza politica, tanto meno e ancora prima non si può vivere senza una famiglia certa e stabile”. Inoltre, ha proseguito, “bisogna dare atto a coloro, e non sono pochi, che nelle aziende hanno tenuto duro impiegando del proprio per non ‘razionalizzare troppo‘ come si dice oggi con un eufemismo. Ma anche ricordare la solidarietà che spesso si è sviluppata tra colleghi perché i sacrifici e i rischi fossero meno pesanti e meglio distribuiti”. Presenti alla cerimonia il sindaco di Genova, Marco Doria, rappresentanti del mondo del lavoro genovese, aziende e sindacati, soci delle società operaie cattoliche. (R.P.)

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    Cei: dal 24 al 26 marzo Consiglio episcopale permanente

    ◊   Si svolge da lunedì 24 a mercoledì 26 marzo il Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale italiana. Aperto dalla prolusione del card. Angelo Bagnasco, presidente dell’Cei, all’ordine del giorno ha la preparazione dell’Assemblea generale del prossimo maggio, nonché l’esame delle proposte di emendamenti dello Statuto e del Regolamento della Cei, formulate sulla base del confronto maturato nelle Conferenze episcopali regionali in seguito alle indicazioni del Papa. È quanto si legge in una nota ripresa dall'agenzia Sir, dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei.

    Il Consiglio permanente, inoltre, è chiamato ad approvare due Note pastorali: la prima, sulla scuola cattolica in Italia, curata dalla Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università; la seconda, della Commissione episcopale per il clero e la vita consacrata, dedicata all’Ordo Virginum nella Chiesa in Italia. Nel corso dei lavori è prevista anche la presentazione del Documento conclusivo della 47ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani e un aggiornamento sulla preparazione al Convegno ecclesiale nazionale che si svolgerà a Firenze nel 2015.

    La conferenza stampa del segretario generale, mons. Nunzio Galantino, con la presentazione del comunicato finale, è fissata per giovedì 27 marzo, alle ore 12 a Roma, presso la Sala Marconi della Radio Vaticana. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 79

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