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Sommario del 12/03/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Esercizi spirituali: non la religione ma la misericordia di Gesù salva l'uomo dal peccato
  • Primo anno di Pontificato. Martinez: con Papa Francesco una fraternità che ricorda il miracolo di Pentecoste
  • I Padri latini al centro delle prediche di Quaresima in Vaticano. P. Cantalamessa: guardare avanti con speranza
  • La Radio Vaticana firma accordo di collaborazione con la radio-tv pubblica di Malta
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ue e G7 insieme contro l'annessione della Crimea alla Russia. Barroso: no a guerra fredda
  • Drammatica situazione dei siriani nei campi profughi del Libano, la solidarietà delle donne
  • La Radio Vaticana tra i rifugiati sud sudanesi: appello al Papa dai campi profughi in Uganda
  • Terra dei Fuochi: mappate dal governo le aree interdette all'uso agricolo
  • Giornate FAI di primavera: promuovere il patrimonio culturale, vera ricchezza dell'Italia
  • Il Web compie 25 anni: la Rete festeggia il suo anniversario
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: ad Aleppo l'Ordine di Malta inaugura tre nuove cliniche mobili per i rifugiati
  • India: solidarietà dei vescovi per le vittime del conflitto in Siria
  • Germania: il card. Marx eletto nuovo presidente della Conferenza episcopale
  • Spagna: mons. Ricardo Blázquez Pérez eletto presidente della Conferenza episcopale
  • Primo anniversario dell’elezione di Papa Francesco: la riconoscenza della Chiesa italiana
  • Centrafrica: a Bozoum la situazione è migliorata, ma nel resto del Paese rimane precaria
  • Kenya: Msf denuncia le condizioni di vita dei rifugiati a Dagahaley
  • Nigeria. I vescovi cattolici e anglicani: “combattere la corruzione per sconfiggere Boko Haram”
  • Nicaragua: piena disponibilità dei vescovi a dialogare con il governo su temi di interesse nazionale
  • Bogotá: la crisi venezuelana al centro dell’incontro annuale dei Segretari generali del Celam
  • Coree: 200 tonnellate di cibo per i bambini e le madri in difficoltà nel Nord
  • Filippine: fondazione cattolica apre biblioteche pubbliche per i poveri
  • Aereo scomparso. Ancora nessuna traccia: le ricerche si allargano al mare delle Andamane
  • Danimarca: dati allarmanti sui suicidi degli anziani
  • Il Papa e la Santa Sede



    Esercizi spirituali: non la religione ma la misericordia di Gesù salva l'uomo dal peccato

    ◊   Una riflessione sulla potenza della misericordia di Cristo, che salva da qualsiasi peccato ogni uomo che lo cerchi, e una considerazione sulla differenza tra il linguaggio che comunica la sapienza di Dio e quello che si ferma alla “sapienza del mondo”. Su queste due tematiche, mons. Angelo De Donatis ha imperniato le meditazioni tenute ieri pomeriggio e questa mattina al Papa e alla Curia Romana, da quattro giorni impegnati ad Ariccia negli esercizi spirituali della Quaresima. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Gesù era un ottimo comunicatore non perché usasse parole “che volevano persuadere a tutti i costi”, ma perché trasmetteva la sapienza di Dio, l’unica in grado di arrivare in fondo ai cuori. Nel suo incontro della mattina, mons. Angelo De Donatis ha proposto al Papa e ai suoi collaboratori una riflessione sul linguaggio e le sue trappole. L’uomo di oggi, ha constatato, è ancora alla ricerca del linguaggio giusto, quello di Cristo, che non è il linguaggio della forza e del potere ma quello della debolezza, che tutti intendono, specie chi soffre. Un linguaggio di carità con cui Gesù comunica all’uomo la grandezza di Dio e che consente all’uomo che lo fa proprio di rendere testimonianza a Cristo stesso.

    E l’amore, inteso come misericordia, è stato anche la chiave di lettura della meditazione sviluppata da mons. De Donatis ieri pomeriggio, ispirata dal brano del Vangelo di Marco in cui la donna ammalata di emorragie guarisce al solo tocco del mantello di Gesù, gesto nel quale aveva riposto tutte le sue speranze. Condannata dalla sua religione come impura – ha affermato il predicatore degli esercizi – la donna sconfigge il suo male perché crede fermamente in Gesù. Anche oggi questo accade quando, ha detto mons. De Donatis, la religione non permette di salvarsi all’uomo che sta morendo per un peccato. Chi salva, ha ribadito, è Cristo, è la sua misericordia e avere fede significa proprio avere un contatto con Lui vivo. Si costruiscono impalcature enormi per arrivare a Cristo, ma non si riesce a incontrarlo, ha proseguito mons. De Donatis, forse perché si seguono troppo le cose del mondo e si pensa poco al senso del Battesimo, cioè al momento in cui la Chiesa ci ha accolti mentre eravamo morti e ci ha restituiti vivi grazie al sangue di Gesù. Noi, ha concluso il predicatore degli esercizi, non facciamo nulla per salvarci, fa tutto Dio. Per questo dobbiamo ringraziarlo e ricordarci di camminare non davanti a Cristo ma con Lui.

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    Primo anno di Pontificato. Martinez: con Papa Francesco una fraternità che ricorda il miracolo di Pentecoste

    ◊   Domani ricorre il primo anniversario dell’elezione di Papa Francesco. Una delle immagini da lui usate in un’intervista alla Civiltà Cattolica per parlare della Chiesa è stata quella dell’“ospedale da campo”. Più volte Papa Francesco si è, infatti, soffermato sul tema del perdono, della misericordia di Dio. Sul senso di queste parole, Debora Donnini ha sentito Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito:

    R. – Certamente è uno degli elementi chiave di lettura di questo Pontificato, che io definirei il Pontificato dell’autenticità cristiana. Parlare, infatti, di misericordia – lo diceva già Madre Teresa di Calcutta - significa guardare al linguaggio materno dell’umanità, al linguaggio che tutti capiscono, al di là degli steccati ideologici, delle appartenenze religiose, confessionali. E’ un Pontificato che sta profondamente umanizzando la storia. E’ un Papa che non rifugge dalle emozioni, dall’incontro, anzi è un Papa che lo suscita, ed è un incontro che alla fine deve regalare gioia. Questa è, in fondo, la firma dei Vangeli: quando Gesù passava beneficando, risanando, regalando misericordia, alla fine la gente lodava Dio, era nella gioia.

    D. – Non a caso la prima esortazione apostolica di Papa Francesco si chiama "Evangelii gaudium". Il Papa, poi, ha invitato più volte ad andare verso le periferie esistenziali, ha parlato di una Chiesa che ha le porte aperte. Secondo lei, questa predicazione sta dando un nuovo slancio alla Chiesa verso l’evangelizzazione?

    R. – Certamente, dopo il Sinodo sulla nuova evangelizzazione, Papa Francesco, ereditando questo importantissimo patrimonio d’idee, non poteva che dare alla Chiesa un passo missionario, come del resto era avvenuto in quell’importantissimo Convegno del 2007, ad Aparecida, in Brasile. Ecco perché il Papa vuole – l’ha ribadito più volte – una Chiesa incidentata, più che ammalata, non una Chiesa quindi ferma, statica, ma che sappia obbedire al dinamismo dello Spirito. Ed è in questo dinamismo il passo di Francesco, il passo della nuova evangelizzazione. Si è definito un Papa che veniva dalla periferia, ma va anche verso le periferie. E sin dall’inizio del Pontificato, nella sua prima uscita, ha voluto visitare una delle periferie di questo nostro tempo: la porta meridionale dell’Europa, Lampedusa. E poi è andato in Brasile, che rappresenta ancora - nonostante tutti i trend di crescita economica - un’altra importantissima periferia, per parlare ai giovani. In Papa Francesco le parole si coniugano con i gesti, portando davvero all’esaudimento non solo le attese del Concilio Vaticano II, ma i Pontificati che lo hanno preceduto. Non si può certamente capire Papa Francesco senza Paolo VI, Giovanni Paolo II e, in ultimo, Papa Benedetto XVI.

    D. – Papa Francesco sta sicuramente registrando una grande popolarità fra le persone, anche fra persone che sono lontane dalla Chiesa. Si sente il fascino di questo Papa così, in un certo senso, “normale”...

    R. – In occasione della festa di San Valentino, il 14 febbraio, il Papa ha voluto i fidanzati in Piazza San Pietro. C’era uno striscione che diceva: “Siamo tutti bergogliosi”, quasi a dire siamo tutti orgogliosi di questo Papa. E colpisce che lo siano i lontani, anche coloro che confessano altre fedi, altri credi. Sembra di rivedere il giorno di Pentecoste. C’è da dire poi che la crisi morale, la crisi spirituale, che il mondo sta vivendo è profonda. Il mondo ha bisogno di riferimenti e, in questo senso, dobbiamo leggere la visita del presidente Putin, la prossima visita del presidente Obama, della Regina Elisabetta, senza trascurare le aperture verso l’Est. Si pensi all’annunciato viaggio in Corea, certamente alla visita in Terra Santa e all’incontro tra le tre religioni monoteiste, oltre che al dialogo importante con gli ortodossi. E’ passato un anno, eppure in un anno questo Pontificato vanta già dei record straordinari e questo dato della comunione, della fraternità, che il Papa riesce a suscitare, davvero ci ricorda il miracolo della Pentecoste.

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    I Padri latini al centro delle prediche di Quaresima in Vaticano. P. Cantalamessa: guardare avanti con speranza

    ◊   “Sulle spalle dei giganti. Le grandi verità della nostra fede contemplate con i Padri della Chiesa Latina”: è questo il tema delle meditazioni di Quaresima che padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, terrà per la Curia Romana per 5 venerdì - a partire da questa settimana - in Vaticano, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico. Protagonisti delle predicazioni saranno Sant’Agostino, Sant’Ambrogio, San Leone Magno e San Gregorio Magno. Tiziana Campisi ha chiesto a padre Cantalamessa – che sui Padri della Chiesa aveva cominciato un primo ciclo di meditazioni 2 anni fa – quali argomenti ha scelto fra quelli sviluppati da questi giganti della fede nel corso dei secoli:

    R. - Ho fatto un primo ciclo nel 2012 con i Padri greci, i grandi dottori della Chiesa greca. Era un tentativo di rileggere le grandi verità di fede con l’afflato, la profondità, lo spessore dei Padri della Chiesa, però guardando anche all’avvenire, quello che i Padri hanno da dire per il mondo d’oggi. Quest’anno riprendo con quattro giganti della Chiesa latina: Agostino, Ambrogio, Leone Magno e Gregorio Magno. Il titolo è “Sulle spalle dei giganti” perchè nel Medioevo questi Padri erano considerati “giganti”, sulle cui spalle ci siamo noi che possiamo vedere lontano, ancora più lontano di loro, proprio perché ci troviamo sulle loro spalle.

    D. - In particolare che temi affronterà?

    R. - Agostino sarà l’occasione per una riflessione sulla Chiesa, in particolare sull’apporto che Agostino può dare al dialogo ecumenico di oggi, che a mio parere è immenso e decisivo. Agostino può dare veramente delle basi che accelerano il processo dell’unità tra i cristiani. Poi ci sarà l’altro grande tema dell’Eucarestia legato ad Ambrogio e alla persona di Cristo. Questa sarà anche un’occasione per fare piazza pulita di tante pseudo-ricostruzioni della figura di Cristo - che hanno furoreggiato in questi anni, in televisione, nei film, nei romanzi - riportando così la figura di Cristo al suo nucleo essenziale, solido e dogmatico. Infine, Gregorio Magno ci dirà che la Bibbia è una lettera d’amore, scritta dal Creatore alle sue creature, cioè ci aiuterà a leggere la Bibbia non solo con occhi di critici ma con il cuore degli innamorati.

    D. - Tra le meditazioni proposte attraverso i Padri della Chiesa greca e adesso con i Padri della Chiesa latina, qual è in sintesi il messaggio che vuole dare…

    R. - E’ una carrellata che permette di rivedere tutte le grandi verità della fede. Se c’è una caratteristica che distingue i due ambiti è che l’apporto dei Padri greci riguarda più che altro la persona di Cristo e la Trinità, cioè i fondamenti dogmatici, quello che Dio è, tre Persone ed una natura, e Cristo, una Persona e due nature. I Padri latini, anche per le diverse eresie che hanno dovuto combattere - eresie sulla grazia, sulla Chiesa - hanno sviluppato di più il rapporto tra la legge e la grazia, sulla giustificazione, sulla Chiesa, sui Sacramenti…

    D. - Tra i Padri della Chiesa, chi parla di più all’uomo di oggi…

    R. - Credo che la risposta sia scontata. A mio parere è Agostino, almeno per il mondo latino: i suoi libri riempiono ancora gli scaffali, non solo delle librerie religiose, perché è moderno. Certamente, anche lui ha tante opere legate al tempo e alle eresie del momento, ma “Le Confessioni”, il “De civitate Dei” ed altre sue opere sono perenni. Io qualche volta dico che Sant’Agostino ha tolto ai posteri la possibilità di essere originali, perché ha detto quasi tutto lui.

    D. - Lei proporrà innanzitutto una meditazione sul senso della Quaresima. Può anticiparci qualcosa?

    R. - Sì, la prima predica - che sarà tenuta in assenza del Papa che sta facendo gli esercizi spirituali fuori sede, ma che ha voluto, per la prima volta, che in Vaticano ci fosse lo stesso – sarà un po’ fuori testo. Sarà una meditazione sul senso della Quaresima: come andare nel deserto con Gesù, quindi, cosa vuol dire il digiuno per l’uomo d’oggi. Non esiste solo il digiuno dai cibi ma anche dalle parole, dalle immagini; voglio quindi proporre digiuni alternativi. Poi, come fronteggiare lo spirito del male, lo spirito satanico che circola nell’aria, come dice San Paolo. Oggi questa espressione di Paolo, gli “spiriti dell’aria”, ha un senso molto attuale perché gran parte della mentalità del mondo passa attraverso l’etere, attraverso varie onde, come quelle di Internet.

    D. - “Sulle spalle dei giganti” come guardare alla Pasqua e all’avvenire?

    R. - Stare sulle spalle dei giganti non vuol dire solo guardare avanti, alla dottrina. Significa avere uno sguardo profetico, rivolto al futuro e la Pasqua ci apre proprio al futuro. Quindi, guardare avanti con speranza, non solo alla vita eterna, ma anche con speranze terrene: che passerà la crisi e le crisi varie del mondo, perché Dio è fedele ed è Lui che regge il mondo.

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    La Radio Vaticana firma accordo di collaborazione con la radio-tv pubblica di Malta

    ◊   Un accordo di collaborazione per la produzione e la ritrasmissione di programmi radiofonici. È l’intesa siglata stamani a La Valletta da Radio Vaticana e Public Broadcasting Services (Pbs), la radio televisione pubblica di Malta. A firmarla, il direttore generale della nostra emittente, padre Federico Lombardi, in occasione della sua visita sull’isola, e il presidente dell’emittente maltese, Tonio Portughese. L’accordo, maturato grazie alla collaborazione sviluppatasi negli anni nell’ambito dell’European Broadcasting Union (Ebu), di cui le due emittenti fanno parte, prevede inoltre la possibilità di effettuare scambi di informazioni e conoscenze nel settore delle trasmissioni e delle telecomunicazioni. La Radio Vaticana e la Pbs si sono impegnate anche ad un’assistenza reciproca in occasione di eventi di particolare importanza in Vaticano o sull’isola di Malta. Da qualche tempo, la radio maltese trasmette gli Angelus di Papa Francesco che riceve regolarmente dalla Radio Vaticana e la rubrica quotidiana di informazione ‘Vatican ViewPoint’, realizzata dalla nostra sezione inglese. La nostra emittente ha pure fornito alla Pbs una copia della registrazione sonora del radiomessaggio che Papa Giovanni XXIII inviò il 24 luglio 1960 al clero e ai fedeli di Malta e Gozo, in occasione del XIX centenario dell’approdo di San Paolo sull’isola di Malta. Dell’intesa tra Radio Vaticana e Pbs parla il presidente della radio televisione pubblica di Malta, Tonio Portughese, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - Per noi è molto importante. A livello internazionale, infatti, ci adoperiamo per lo sviluppo di questi contatti, specialmente per lo scambio di programmi e per l’opportunità di avere accesso agli archivi, lavorando assieme specialmente nell’ambito della formazione. Questo accordo ci apre la via in tal senso. Così, ogni domenica ci mettiamo in collegamento diretto con Radio Vaticana e trasmettiamo l’Angelus del Papa. In effetti abbiamo già cominciato, ma oggi abbiamo formalizzato questo servizio, che ci mette a disposizione appunto Radio Vaticana. In questo quadro, abbiamo cominciato a trasmettere anche ‘Vatican ViewPoint’, ogni sera dopo il notiziario della British Broadcasting Corporation, la Bbc. Siamo anche molto contenti della visita di padre Federico Lombardi: ieri l’Aula Magna della vecchia Università era gremita. Padre Lombardi ha tenuto una lezione sulla comunicazione e i giornalisti più importanti di Malta hanno avuto l’opportunità di scambiare idee e osservazioni con lui. Sicuramente è stata una visita di grande successo.

    D. - L’accordo è maturato grazie alla collaborazione nata in ambito Ebu: quali occasioni di scambio ci sono o si possono sviluppare?

    R. – La Radio Vaticana oggi ha il ruolo di coordinare i piccoli Stati nell’ambito dell'European Broadcasting Union, quindi San Marino, Andorra, Monaco, Cipro, Malta e Islanda. Collaboriamo da vicino per portare avanti le nostre istanze in questo gigante che si chiama Ebu. Devo dire anche che abbiamo ricevuto da parte di Radio Vaticana parecchi concerti di musica classica, che stiamo mandando in onda sulla radio nazionale maltese.

    D. - La Radio Vaticana ha fornito alla Pbs una copia della registrazione del radiomessaggio che nel 1960 Giovanni XXIII inviò in occasione dell’anniversario dell’approdo di San Paolo sull’isola: come vi preparate alla canonizzazione, il prossimo 27 aprile, di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II? Papa Wojtyla visitò Malta nel 1990 e nel 2001, poi nel 2010 venne anche Benedetto XVI…

    R. – Ora abbiamo questo messaggio di Giovanni XXIII che dura circa 20 minuti, in cui alla fine il Papa dà la benedizione anche in lingua maltese. E’ stato mandato in onda con i commenti dell’arcivescovo di Malta, mons. Paul Cremona, e del vescovo ausiliare di Malta, mons. Charles Scicluna. Ci stiamo preparando bene alle canonizzazioni. Le aspettative sono molte. Posso dire che i voli per Roma sono già tutti pieni in quei giorni.

    D. - Nel suo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che si celebrerà il prossimo 1° giugno, Papa Francesco ha ricordato che i media “possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri”: come lavorare per tale missione?

    R. – Come stiamo cercando di fare nell’ambito dell'European Broadcasting Union, in cui ci sono molte realtà diverse, molti nuovi Paesi che stanno emergendo: Paesi dell’ex Unione Sovietica e Paesi dell’Africa del Nord. Dobbiamo poi sottolineare che nell’ambito dell’Ebu abbiamo quello che viene chiamato il Copeam, la Cooperazione fra i Paesi del Mediterraneo, che rappresenta un dialogo, volto a far lavorare insieme i Paesi della riva meridionale dell’Europa e i Paesi della riva del Nord Africa: collaboriamo quindi con le televisioni tunisine, egiziane e libiche.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Una grande gioia: in prima pagina, un editoriale del direttore in occasione del primo anniversario dell'elezione di Papa Francesco. In cultura, il direttore del Centro televisivo vaticano, Dario E. Viganò, sulle domande del Pontefice, un estratto dal libro di Arturo San Agustin "De Benedicto a Francisco. Una cronica vaticana" e la rilettura di questi 365 giorni data dai giornalisti Lucia Visca e Luigi Accattoli.

    Nuovo allarme profughi per la Siria.

    Nell'Esodo le idee della Rivoluzione francese: Jean-Claude Guillebaud spiega che il concetto di progresso trova la principale origine nella religione della salvezza.

    Francesco Motto sul libro "Fonti salesiane. Don Bosco e la sua opera".

    I conti col passato: niente retorica e molta poesia nel film "Ida" di Pawel Pawlinowski recensito da Gaetano Vallini.

    Quante mani ha la carità: Giampietro Dal Toso, segretario del Pontificio Consiglio "Cor Unum", su identità e pluralità degli organismi impegnati nelle opere assistenziali.

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    Oggi in Primo Piano



    Ue e G7 insieme contro l'annessione della Crimea alla Russia. Barroso: no a guerra fredda

    ◊   “Cessare ogni sforzo per l’annessione della Repubblica autonoma di Crimea che viola la carta dell’Onu. Pena, una reazione collettiva”. Questo il cuore della dichiarazione congiunta dei Paesi del G-7 e dell’Unione europea sulla crisi ucraina. ”Qualunque referendum in Crimea non avrebbe alcun effetto legale e non sarebbe riconosciuto”, si legge nel comunicato che sottolinea anche l'intimidazione della presenza delle truppe della Russia nella penisola. Già in mattinata Bruxelles pur respingendo l’idea di una nuova guerra fredda, aveva raccomandato alla Russia di accettare l'idea che i Paesi decidano da soli le loro relazioni. Oggi intanto alla Casa Bianca è atteso il premier ad interim ucraino Yatseniouk che vuole ottenere aiuto e sostegno americano nella questione della Crimea. A questo punto quanto spazio resta per la trattativa diplomatica e quanto è credibile l’ipotesi di una guerra fredda? Gabriella Ceraso ne ha parlato con Alessandro Politi analista politico e strategico:

    R. – Lo spazio per la trattativa, se proprio la follia collettiva non crea danni irreparabili, c’è e come. Perché, alla fine, stiamo facendo di una questione secondaria un casus belli. Non si può pensare che un accordo di associazione, quindi con scarsissimo valore politico ed economico, diventi una posta in gioco così importante. Non si può pensare che un governo di fatto, per quanto sostenuto da una parte importante dell’opinione pubblica ucraina, sia un governo legittimato da delle elezioni. Poi ci sono naturalmente delle esigenze primarie. Ma se si evitano irrigidimenti fuori luogo e tentativi egemonici o neoimperialistici – forse – si riesce a trovare una soluzione ragionevole.

    D. – E nel cammino della diplomazia, questa dichiarazione oggi congiunta Unione Europea-G7, questo parlare ad una voce a Mosca, dopo che già ieri sono arrivati degli aiuti economici, almeno promessi, lei come lo legge in questo scacchiere di mosse internazionali?

    R. – Io credo che le parole di Barroso siano delle parole di carattere politico, però poi la politica viene misurata in base a quello che si è realmente disposti a fare. E se l’impegno sono 11 miliardi – di cui uno soltanto statunitense – mi pare francamente poco. Ma c’è anche il problema che noi abbiamo la necessità di essere solidali con i nostri Paesi partner dell’Unione Europea, che sono sotto attacco finanziario.

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    Drammatica situazione dei siriani nei campi profughi del Libano, la solidarietà delle donne

    ◊   L’emergenza umanitaria in Siria è la più grave degli ultimi 10 anni. Così Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, commentando la crisi nel Paese ancora stretto dalla morsa del conflitto tra oppositori del regime e militari. Ogni giorno, da tre anni, sono decine i morti, enorme il flusso dei profughi, molti dei quali ospitati in Libano. E proprio nel Paese dei cedri si intreccia solidarietà ed emergenza come conferma, al microfono di Massimiliano Menichetti, il prof. Aldo Morrone, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma, appena rientrato da Beirut per una missione di assistenza internazionale:

    R. – Io sono stato proprio nella periferia di Beirut: sono andato nel sud, tra Tiro e Sidone, e sono poi andato nella Valle della Bekaa. Devo dire che in ogni luogo abbiamo trovato una condizione di grande dignità ma di grande sofferenza, soprattutto per quanto riguarda il sovraffollamento e il freddo. C’è poi il grande problema dell’alimentazione: non c’è cibo per tutti. C’è il problema dell’acqua potabile e delle malattie correlate come la diarrea infantile, c’è una pesante diffusione delle malattie infettive tra i bambini, cominciando dalle malattie esantematiche, alle malattie cutanee. Poi, devo dire che c’è una malattia su cui l’Oms sta molto lavorando che è la scabbia. Mentre in Occidente è una malattia che non determina alcun problema, se non il prurito o il contagio, in queste aree può determinare delle infezioni che diventano sistemiche e possono portare alla morte. Tanto per essere molto chiari: quello che da noi può essere un banale raffreddore, una banale sindrome influenzale, qui diventa una situazione drammatica, sia per la mancanza di farmaci, sia per la mancanza di cibo e – se mi consente – di affetti e di relazioni che lì vengono spezzate.

    D. – Che cosa serve nell’immediato?

    R. – Serve sicuramente un investimento per le emergenze, purché l’emergenza venga governata in una prospettiva di sistema. Non possiamo, nei campi profughi, dare aiuti soltanto ai bambini siriani e non ai bambini poveri libanesi…

    D. – Questo perché il Libano ha aperto le sue porte, ma è già gravato da una pesante condizione interna di povertà…

    R. – Assolutamente sì! Teniamo conto che è una ospitalità pesante. In Libano, ci sono quattro milioni e mezzo di abitanti e ci sono circa un milione e 600-700 mila profughi. E’ una cifra che il Libano non può assolutamente gestire. Ecco la necessità della presenza di organizzazioni internazionali, ecco la necessità – a mio parere – di trovare una soluzione pacifica al conflitto in Siria per riportare la situazione nei confini della dignità e della pace. Adesso, poi, c’è anche un governo il Libano – dopo tanti mesi finalmente si è fatto un esecutivo di grandi alleanze – e questo può essere un elemento in più, però il Libano da solo non ce la può fare, se non c’è anche un aiuto serio, impegnativo e programmatico internazionale.

    D. – Seppure in questa situazione difficile, lei ha visto tanta solidarietà…

    R. – Voglio essere testimone dell’impegno delle donne libanesi, che in molte aree ospitano a casa propria, senza alcun benefit, donne e bambini siriani proprio per evitare che queste persone finiscano nei campi, con tutta la sofferenza e il dolore che poi ne consegue. Queste donne mi hanno impressionato per il loro esempio di solidarietà e per il loro gesto di grande umanità di accogliere all’interno delle loro case, già piccole e strette, altre donne con altri bambini: credo di aver visto un gesto profetico. Davvero lo ho percepito come un dono di Dio nei confronti delle altre persone e mi è sembrata una testimonianza profonda del Vangelo.

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    La Radio Vaticana tra i rifugiati sud sudanesi: appello al Papa dai campi profughi in Uganda

    ◊   Per sette giorni, dal 3 al 7 marzo, 60 professionisti, tra giornalisti e tecnici, provenienti da sei radio ugandesi, hanno preso parte a un workshop di formazione, organizzato ad Arua, nel nord-ovest dell'Uganda, nei pressi del confine con Congo e Sud Sudan, per iniziativa del Crec International. Ad ospitare i corsi è stata Radio Pacis e a condurli sono stati Sean-Patrick Lovett, responsabile della Sezione Inglese della Radio Vaticana, e padre Fabrizio Colombo MCCJ, direttore di Signis Roma. Nel corso degli incontri più volte è stato ribadito il fondamentale ruolo della radio in vaste aree rurali spesso prive di elettricità, soprattutto nei campi profughi che ospitano migliaia di persone in fuga dai combattimenti in Sud Sudan. Ad oggi, secondo la Croce Rossa locale, ci sono oltre 70mila civili in questi campi, e ogni giorno ne arrivano in media 150. In uno di questi Sean Lovett ha incontrato i rifugiati che lo popolano, e Francesca Sabatinelli ha raccolto la sua testimonianza:

    R. – Sono donne, sono bambini e sono giovani, giovani teenager, ci sono pochi vecchi, perché non possono correre, e gli uomini non ci sono perché o sono morti o stanno combattendo. L’immagine che ho è soprattutto quella di questi teenager. I bambini riescono a giocare con una palla fatta di spago, le donne sono troppo occupate a cucinare, pulire, costruire capanne, e invece i ragazzi restano seduti a terra, sotto un albero, con niente da fare, in un limbo, in un “non luogo”, perché sono “non persone”: non possono tornare indietro, non possono andare avanti e non sanno per quanti anni dovranno restare dentro questi campi.

    D. – Sono rifugiati, persone invisibili in un “non luogo”, come dicevi tu, e così come in tante altre parti del mondo, mancano dei beni di prima necessità, e questo è ciò che tu hai visto...

    R. – Non ho mai visto così tanto “niente”. Il governo ugandese mette a disposizione dei pezzetti di terra, ogni tanto l’Unhcr arriva e mette un serbatoio per l’acqua o aiuta a scavare un pozzo, anche altri enti umanitari entrano ogni tanto e portano le cose di prima necessità. Non ci sono strutture, non ci sono nemmeno tende, quelle che normalmente si associano alle classiche immagini di un campo per rifugiati. Non c’è nulla. Le persone arrivano e cominciano a tagliare gli alberi per costruirsi delle capanne, questa è la prima cosa che fanno. Non ci sono latrine e quindi sono enormi i problemi di igiene. Le latrine sono a cielo aperto. Il cibo non c’è e quindi scavano un buco nella terra e cercano di far crescere qualcosa. Sono situazioni veramente disperate.

    D. – Una situazione di disperata solitudine, in cui però i rifugiati contano sulla vicinanza della Chiesa cattolica…

    R. – La Chiesa cattolica cerca di essere presente attraverso i suoi catechisti, e questa è una cosa straordinaria, perché sono nativi della zona in cui si trovano, e portano avanti un lavoro straordinario di educazione, di formazione, di catechesi con la gente locale. Sono presenti anche in questi campi. Sono proprio questi catechisti spesso a sentire i profughi e diventano i loro rappresentanti anche con le autorità e con le istituzioni.

    D. – In che mondo, ciò che accade altrove, soprattutto nei loro Paesi di origine, entra in questi campi tagliati fuori da qualsiasi tipo di informazione?

    R. – Non c’è elettricità, quindi figuriamoci i contatti televisivi e così via. Non ci sono giornali. C’è un solo libro in tutto il campo, per duemila persone. C’è, però, la radio. Ci sono queste vecchie radioline con un’antenna fatta di un pezzo di ferro arrangiato, che spesso sono l’unico contatto con il mondo esterno. Quindi, si trovano delle persone raggruppate attorno alla radio, dentro una capanna, all’ombra, che ascoltano, per sapere cosa sta succedendo nel Paese da dove provengono e quello che succede nel mondo esterno. E’ fonte, quindi, di informazione, di notizie ed è anche semplicemente una voce di consolazione, di conforto, di accompagnamento. La Radio Vaticana è andata in questa zona ad offrire un corso di formazione alla radio cattolica locale, che si chiama Radio Pacis, che è l’unica radio che si sente dentro il campo profughi che io ho visitato. E’ straordinario stare lì, accendere questa radio e sentire anche la Radio Vaticana. La Radio Vaticana è presente come una delle poche voci dentro i campi profughi. Loro, infatti, ritrasmettono i programmi del nostro Programma Inglese Africa. Loro sanno chi è Papa Francesco, a prescindere dalla religione, che siano musulmani, protestanti, cattolici o quello che sia, sanno che Papa Francesco rappresenta un’autorità cui loro possono rivolgersi. E mi hanno chiesto di portare un messaggio a Papa Francesco: che preghi, perché torni una situazione di stabilità e pace nel Sud Sudan. L’unica speranza, l’unico desiderio di queste persone è tornare a casa. Loro vedono Papa Francesco come interlocutore, come qualcuno che può intervenire per loro, per chiedere al mondo di intervenire. Questo è il messaggio che loro mi hanno chiesto di portare indietro, qui. Sanno che il Papa può fare qualcosa, perché sentono le trasmissioni della Radio Vaticana. Ogni volta, quindi, che noi trasmettiamo un programma che parla di loro, si sentono incoraggiati, rafforzati, accompagnati, non più soli. Non puoi immaginare quanto sia importante il potere, la forza della radio, ma ‘radio’ nel senso più antico, vecchio, tradizionale della parola. Quella scatolina ha ancora il suo valore: accompagna queste persone.

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    Terra dei Fuochi: mappate dal governo le aree interdette all'uso agricolo

    ◊   Il 2 per cento delle aree mappate dal governo nella Terra dei Fuochi, tra le province di Napoli e Caserta, ha subìto sversamenti e smaltimenti abusivi. Sette i siti ad altissimo rischio. Questi i dati dello studio congiunto dei Ministeri di Agricoltura, Salute e Ambiente, presentati a Palazzo Chigi. Al termine della relazione, è stato firmato anche il decreto interministeriale per le misure di prevenzione e azione sul territorio. Per noi c’era Elvira Ragosta:

    Cinquantasette in totale i comuni a rischio, 33 nella Provincia di Napoli e 24 nel casertano. La vendita dei loro prodotti sarà per il momento vietata. Per garantire salute e sicurezza alimentare degli abitanti delle zone a rischio, entro 90 giorni verranno effettuate le indagini per indicare i terreni interdetti alla produzione alimentare e quelli con capacità fitodepurative, nei quali saranno ammesse colture diverse da quelle agroalimentari. Il generale della Guardia di Finanza, Giovanni Mainolfi, coordinatore dello studio per l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura:

    R. – I consumatori possono stare assolutamente tranquilli, perché tutto quello che riguarda questi territori sarà interdetto all’uso agricolo. Questo significa che su quei territori non si potrà produrre niente e quindi nulla di inquinato potrà arrivare sulle nostre tavole.

    D. – Il fatto che solo il 2 per cento della Terra dei Fuochi al momento risulta assolutamente pericolosa nelle indagini effettuate dai tre ministeri non significa comunque che potrebbero esserci dei dati molto preoccupanti in altre zone campane?

    R. – Non solo in altre zone campane… Io credo che di dati come quelli che sono venuti fuori in Campania ce ne sono probabilmente in tutto il territorio nazionale. Questa indagine sarà un modello che verrà esportato in ogni regione. Forse le sorprese saranno notevoli, perché la Terra dei Fuochi – diciamo - è sulla bocca di tutti, ma io credo che ci siano altri territori nel nostro Paese: e quando io dico “io credo”, penso a qualcosa di concreto. Ci sono altre situazioni che hanno qualche problema e che oggi non sono attenzionate.

    D. – E siete già in azione su questi altri campi?

    R. – No! Aspettiamo che ci sia uno strumento normativo, che disponga l’estensione di questo tipo di attività ad altri territori, ad altri ambiti del territorio nazionale.

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    Giornate FAI di primavera: promuovere il patrimonio culturale, vera ricchezza dell'Italia

    ◊   Un appuntamento con la cultura, l’arte e la natura: sono le giornate di primavera organizzate dal FAI, il Fondo Ambiente Italiano, del 22 del 23 marzo, che quest’anno giungono alla ventiduesima edizione. Il servizio è di Maura Pellegrini Rhao:

    La missione del FAI è di tutela, educazione e vigilanza del nostro patrimonio culturale. L’obiettivo è tornare alla tradizione per poter costruire un futuro, destare le coscienze per ricondurre ai luoghi e ai saperi, perché si difende ciò che si ama, ma si ama solo ciò che si conosce. “Momenti di incontro e dono”, è così che Andrea Carantini, presidente FAI, definisce le Giornate di Primavera, che quest’anno consentono la visita a 750 luoghi culturali, grazie esclusivamente al lavoro di 7 mila volontari e con la partecipazione di 22 mila studenti apprendisti ciceroni:

    R. – Siamo partiti nel ’93: avevamo aperto 50 luoghi in tutta Italia e la risposta è stata di 30 mila visitatori. Quest’anno abbiamo 750 luoghi e i visitatori saranno – prevediamo – almeno 600 mila. Quindi è la più grande manifestazione culturale italiana, che quest’anno – per di più – è dedicata ad Augusto. Dei 750 luoghi, 120 sono dedicati a questo imperatore, che ha avuto la grande capacità di prendere un Impero che stava andando in pezzi, riuscendo a ristrutturarlo e rimandandone la decadenza a molti secoli a venire.

    D. – Vogliamo ribadire l’importanza oggi per l'Italia di questi progetti che crescono?

    R. – Noi non abbiamo delle materie prime: non abbiamo petrolio, non abbiamo niente di tutto ciò…. Ma abbiamo la cultura! La cultura è molto più del petrolio: perché il petrolio inquina e poi si consuma; la cultura non si consuma mai, se uno la conserva! Quindi se noi questo patrimonio, oltre a conservarlo, lo sappiamo valorizzare, lo sappiamo comunicare al globo, perché il globo è interessato all’Italia - dalla Cina all’India, al Brasile – allora troveremo anche da mangiare.

    “Una Fondazione indispensabile” è il commento di Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Lo stato del patrimonio culturale del Paese è più che drammatico, nonostante questi beni rappresentino l’identità dei luoghi. E’ fondamentale, dunque, avere una rete costituita da fondazioni come il FAI, così che possa essere possibile un serio impegno da parte delle istituzioni politiche:

    R. – Il problema è il tempo. Noi abbiamo avuto 63 governi dalla fine della guerra, con una durata media di 370 giorni: ora per avere una visione in questo Ministero, così complesso, che ha a che fare con beni, dobbiamo avere il tempo per realizzarla! Quindi la visione è porre al centro la valorizzazione del patrimonio culturale. I musei devono essere visitati, i monumenti devono essere aperti e fruibili, però per arrivare a questo risultato dobbiamo avere il tempo per poterlo realizzare. Quindi la premessa è la stabilità politica, come per tutto.

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    Il Web compie 25 anni: la Rete festeggia il suo anniversario

    ◊   Venticinque anni fa nasceva il World Wide Web, meglio noto come Web. L’invenzione creata da Tim Berners-Lee, informatico britannico del Cern di Ginevra e resa pubblica nel 1989, aveva inizialmente l’obiettivo di favorire la condivisione delle informazioni tra studiosi di vari istituti di ricerca. Aprì invece la strada alla rivoluzione che ha portato Internet ovunque e da tutti apprezzato sebbene il suo utilizzo non sia privo di rischi. Di questo strumento, di cui Papa Francesco ha detto che “può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio”, Federico Piana ha parlato con Raffaele Barberio, direttore del quotidiano on-line “K4biz” ed esperto di nuove tecnologie:

    R. – Diciamo che da 25 anni a questa parte il nostro modo di vivere è totalmente cambiato, in una modalità che sarebbe stata assolutamente imprevedibile in passato. Tim Berners-Lee è un uomo straordinario, cui tutti noi siamo debitori per questa invenzione. Ma naturalmente, dietro c’era il Cern: c’era un gruppo di scienziati e di studiosi di grandissimo livello. A loro va il merito di aver inventato, 25 anni fa, il Web e non Internet, la cui nascita è invece di qualche anno prima. A loro va anche un altro merito: il fatto cioè di aver deciso che il Cern mettesse a disposizione dell’umanità questa invenzione, che non venisse quindi brevettata. E questo, in effetti, ha consentito due aspetti che caratterizzano l’Internet e il Web che noi conosciamo: è uno strumento straordinario, pazzesco, che ci dà un potere immenso e che non è sotto il controllo o la proprietà di alcuno; e, dall’altra, noi percepiamo che la Rete non è stata inventata per qualche applicazione in particolare, ma è aperta a tutti. E’ come se fosse un grande sistema ferroviario, una grande rete autostradale dove qualunque mezzo – soltanto perché noi lo abbiamo immesso in circolazione – può raggiungere qualche altro punto cui noi lo abbiamo indirizzato. E questo è un qualcosa che potrebbe forse essere paragonato all’invenzione della stampa… Ma noi sappiamo che la rilevanza di Internet e del Web è di gran lunga superiore. Vorrei solo fare un esempio. Io amo dire a volte, quando mi trovo in convegni, che Internet è come l’aria che respiriamo: nessuno di noi pensa a quanto sia importante l’aria, ma se per caso infilassimo la nostra testa in una busta di plastica, ci accorgeremmo della vitalità insostituibile dell’aria per poter vivere. Internet è così! Provate a staccare l’elettricità per qualche ora soltanto: si blocca Internet, si bloccano le Borse del mondo, si blocca l’economia, si blocca la finanza, si bloccano gli ospedali… Si blocca tutto! Questo è il vero potere di Internet, che è un potere dell’umanità.

    D. – Se non fosse stato inventato questo scarno algoritmo – è nato così – cosa sarebbe accaduto e cosa non sarebbe accaduto?

    R. – Questo è ovviamente il dibattito che accompagna ogni avanzamento dell’umanità: anche sulla polvere da sparo potremmo dire il meglio e il peggio… Ma pensate a cosa ha voluto dire per lo sviluppo dell’umanità: pensiamo, ad esempio, ai Paesi in via di sviluppo; pensiamo all’educazione; pensiamo alla diffusione della cultura… Se prima del Web qualcuno avesse voluto fare la raccolta dei testi delle traduzioni dal latino di Apuleio, doveva andare a Firenze o a Roma alla Biblioteca Nazionale: l’unico luogo custode di tutto ciò che è stato pubblicato. Oggi non è più così. Qualunque cosa voi vogliate, la trovate – quasi certamente – su Internet; anzi aggiungerei certamente, tutt’al più potrebbe esserci una forma di pagamento in qualche caso, ma trovate tutto su Internet. E la vecchia frase che si diceva una volta per dare veridicità ad una affermazione “Lo ha detto la televisione!”, oggi è stata sostituita da “L'ho letto su Internet!”. Questo ci dà l’idea della pervasività di uno strumento che ormai è alla portata non solo dei bambini, ma anche dei nonni. Più che far gli auguri a qualcuno, noi dobbiamo sottolineare l’aspetto che Internet appartiene a tutti: è un compleanno che va indirizzato a ciascuno di noi, perché siamo noi che segniamo il successo di questo straordinario strumento.


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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: ad Aleppo l'Ordine di Malta inaugura tre nuove cliniche mobili per i rifugiati

    ◊   A tre anni dall’inizio della guerra civile in Siria, il Malteser International – l’agenzia di soccorso internazionale del Sovrano Ordine di Malta - inaugura tre nuove cliniche mobili dislocate nei campi profughi nei pressi di Aleppo, che potranno fornire assistenza sanitaria a circa 50mila siriani. Lo rendono noto fonti dell'Ordine consultate dall'agenzia Fides.

    L’agenzia dell’Ordine di Malta distribuirà anche – in sinergia con la International Blue Crescent e grazie ai finanziamenti del ministero degli Esteri della Germania – 1.500 pacchi di beni alimentari e igienici ai civili ospitati nei campi profughi e a circa 1.500 famiglie sfollate nella zona di Damasco. “La maggior parte delle strutture mediche intorno ad Aleppo” spiega Oliver Hochedez, coordinatore dei soccorsi del Malteser International “sono state distrutte o abbandonate oppure operano ben al di sopra della loro capacità. Con le nostre cliniche, i civili possono accedere a cure mediche immediate, senza dover camminare ore e raggiungere il confine con la Turchia. Questo potrebbe salvare la loro vita”. (R.P.)

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    India: solidarietà dei vescovi per le vittime del conflitto in Siria

    ◊   È un messaggio di solidarietà e vicinanza quello che la Commissione giustizia e pace della Conferenza episcopale indiana indirizza alla popolazione siriana, provata da un conflitto triennale che ha provocato oltre 100mila vittime e migliaia di sfollati. Nel documento, a firma di Charles Irudayam, segretario generale della Commissione, si ricorda la veglia di preghiera per la pace indetta da Papa Francesco il 7 settembre 2013 e si condanna “la violenza cieca” che ha “letteralmente devastato le vite e i sogni” della popolazione siriana.

    Di qui, l’esortazione affinché “il linguaggio della morte diventi presto il linguaggio dell’amore e della vita” e affinché “la pace trionfi sulla guerra e sui conflitti”. “Cristo Risorto – scrive ancora la Commissione Giustizia e pace – è una garanzia del fatto che la nostra speranza di cambiamento e di un nuovo inizio non sarà vana”. Rivolgendosi, infine, “ai responsabili della situazione attuale” in Siria, i vescovi indiani lanciano un appello affinché “optino per la pace” e perché comprendano che “la pace vale più di tutto ciò per cui si combatte”. (I.P.)

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    Germania: il card. Marx eletto nuovo presidente della Conferenza episcopale

    ◊   Il card. Reinhard Marx é il nuovo presidente della Conferenza episcopale tedesca. L’arcivescovo di Monaco e Frisinga è stato eletto stamani dai vescovi tedeschi durante l’Assemblea che si svolge a Münster.

    Il sessantenne card. Marx è dunque il successore di mons. Robert Zollitsch, arcivescovo emerito di Friburgo. Mons. Zollitsch non poteva essere rieletto per motivi di età. Il card. Marx é anche membro del Consiglio degli otto cardinali che consigliano Papa Francesco, nonché il coordinatore del Consiglio della Segreteria per gli affari economici, istituita recentemente dal Santo Padre. Inoltre, il porporato è anche il presidente del Consiglio dei vescovi dell’Unione Europea (Comece) con sede a Bruxelles. Nel suo primo discorso da presidente della Conferenza episcopale tedesca, il card. Marx ha sottolineato di non poter svolgere tutto da solo, ma di voler delegare alcune mansioni.

    Il card. Marx è stato vescovo ausiliare di Paderborn e poi vescovo di Treviri. Nel 2007 è stato nominato da Benedetto XVI arcivescovo di Monaco. Nel novembre del 2010 l’allora Papa lo ha elevato al rango di cardinale. Dopo la sua elezione come presidente della Conferenza episcopale, il padre gesuita Hans Langendörfer è stato confermato come segretario generale della Conferenza. (A cura di padre Hangenkord)

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    Spagna: mons. Ricardo Blázquez Pérez eletto presidente della Conferenza episcopale

    ◊   È mons. Ricardo Blázquez Pérez, arcivescovo di Valladolid, il nuovo presidente della Conferenza episcopale spagnola (Cee), per il triennio 2014-2017. L’elezione è avvenuta oggi, nell’ambito della 103.ma Assemblea plenaria dei vescovi, in corso a Madrid da ieri al 14 marzo. Mons. Blázquez Pérez ha ottenuto 60 preferenze da parte dei 79 presuli aventi diritto al voto. Vicepresidente della Cee dal 2008, mons. Blázquez Pérez è già stato a capo della Conferenza episcopale nel triennio 2005-2008.

    Nel nuovo incarico, subentra al card. Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, presidente dei vescovi dal 1999 al 2005 e dal 2008 ad oggi. Nato a Villanueva del Campillo, vicino ad Avila, nel 1942, il nuovo presidente dei vescovi iberici ha 72 anni. Ordinato sacerdote nel 1967, si è laureato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma ed è stato, tra l’altro, docente e decano dell’Ateneo pontificio di Salamanca. Nel 1988, Giovanni Paolo II lo ha nominato vescovo ausiliare di Santiago di Compostela; successivamente, è stato vescovo di Palencia e di Bilbao, fino alla nomina ad arcivescovo di Valladolid, il 13 marzo 2010. (I.P.)

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    Primo anniversario dell’elezione di Papa Francesco: la riconoscenza della Chiesa italiana

    ◊   “Riconoscenza per un magistero ricco di parole di segni, disponibilità piena e impegno fattivo al coinvolgimento in un cammino di conversione pastorale e missionaria, sostegno affettuoso nutrito di preghiera e di comunione fraterna”: sono i sentimenti con i quali la presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, a nome di tutta la Chiesa che vive in Italia, si stringe attorno a Papa Francesco in occasione del primo anniversario della sua elezione, avvenuta il 13 marzo 2013. “La gioia del Vangelo” – affermano i vescovi citando l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium - “è verità che, durante questo primo anno del Suo pontificato, ci ha testimoniato con parole e gesti che hanno toccato il cuore di tutti. La riconoscenza della Chiesa che è in Italia – proseguono i presuli - si esprime oggi innanzitutto con la preghiera, che simbolicamente ci unisce ai suoi esercizi spirituali: il Signore la sostenga con la forza, la tenerezza e la sapienza del suo Santo Spirito, perché possa continuare a guidare la Chiesa nel suo compito di evangelizzazione con rinnovato fervore e dinamismo”. “La gioia del Vangelo, infatti – sottolinea la Cei - è ‘gioia missionaria’: sul suo esempio, ci impegniamo a coinvolgerci sempre più nella vita quotidiana degli uomini e delle donne del nostro tempo, assumendola come orizzonte del nostro servizio. La nostra umile e piena disponibilità intende essere un segno concreto di condivisione di quell’esigente proposta di conversione pastorale e missionaria a cui lei esorta la Chiesa intera. Il suo richiamo al primato della misericordia di Dio ci porta a riconoscerci popolo in cammino, attenti al passo di chi fatica, pazienti con le situazioni difficili, fiduciosi nella fecondità del seme che, quando viene accolto, manifesta la sua potenza liberatrice anche nei luoghi più impensabili”. “L’augurio, quindi – concludono i vescovi italiani - diventa rinnovata apertura a quella permanente riforma a cui i Padri del Concilio ci spingono per fedeltà a Gesù Cristo”.


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    Centrafrica: a Bozoum la situazione è migliorata, ma nel resto del Paese rimane precaria

    ◊   “A Bozoum le condizioni di sicurezza sono in via di miglioramento, per lo meno si è riusciti a bloccare il grosso delle violenze e dei furti che avvenivano nei giorni scorsi” dice all’agenzia Fides padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano a Bozoum, nel nord-ovest della Repubblica Centrafricana dove la situazione rimane precaria a causa delle violenze e delle rappresaglie tra gli ex ribelli Seleka e i gruppi “Anti balaka” Seleka è la coalizione dei gruppi ribelli, in gran parte composta da musulmani, che aveva preso il potere in Centrafrica nel marzo 2013 per poi essere cacciata dai gruppi degli Anti balaka, sovente descritti come composti da cristiani (anche se la storia di questi gruppi è più complessa). Gli Anti balaka si sono resi responsabili, a loro volta, di crimini contro i musulmani, ma pure dei cristiani che hanno preso le loro difese.

    “Resta preoccupante la situazione a Bangui, la capitale, e nel centro nord del Paese, dove si sono concentrati i Seleka e i gruppi loro alleati che continuano a rappresentare una minaccia per centri urbani come Kaga Bandoro e Bambari - racconta il missionario -. Tra l’altro i ribelli continuano a perseguire l’idea di dividere queste aree dal resto del Centrafrica”. Sul piano alimentare padre Gazzera riferisce che “grazie alle pattuglie francesi e della Misca (Missione africana in Centrafrica) i rifornimenti, sia pure a fatica, riescono ad arrivare dal Camerun, mentre rimane grave la situazione dei rifugiati e degli sfollati”. “Nella missione cattolica di Carnot - dice padre Gazzera -, ad esempio, ci sono ancora migliaia di sfollati, e in generale, mentre buona parte dei musulmani è partita a causa delle violenze degli Anti balaka, chi è rimasto ha ancora paura e pochi sono rientrati nei villaggi di origine”.

    Il missionario infine ricorda la visita effettuata la settimana scorsa dei leader della “piattaforma dei religiosi per la pace”. Mons. Dieudonné Nzapalainga, Oumar Kobine Layama, rispettivamente arcivescovo e imam di Bangui, e il Pastore Nicolas Grékoyamé-Gbangou, presidente delle Chiese Evangeliche. “I tre leader religiosi hanno partecipato alla riunione che ogni mattina facciamo a Bozoum con le poche autorità rimaste e le persone di buona volontà, al fine di coordinare la gestione della cosa pubblica. Il loro incoraggiamento ci è stato di aiuto” conclude padre Gazzera. (R.P.)

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    Kenya: Msf denuncia le condizioni di vita dei rifugiati a Dagahaley

    ◊   Nel Campo di Dagahaley, uno dei cinque che fanno parte del complesso di campi rifugiati di Dadaab, nel Kenya nord-orientale, il più grande complesso di Campi rifugiati al mondo, che ospita 403.727 persone di cui tre quarti bambini sotto i 12 anni, donne e anziani, il 41% dei rifugiati non ha ripari che li proteggano sufficientemente dalla pioggia, mentre circa un rifugiato su dieci non ha accesso alle latrine. I casi di diarrea - riporta l'agenzia Sir - sono aumentati del 39% rispetto all‘anno scorso. Lo rende noto l’organizzazione umanitaria “Medici Senza Frontiere” (Msf), unico attore a fornire cure mediche, nel rapporto “Rifugiati a Dadaab: un domani incerto” diffuso oggi.

    Per Charles Gaudry, capo missione Msf in Kenya, “le attuali condizioni di vita per i rifugiati sono semplicemente inaccettabili”. Nonostante questo, “quattro rifugiati su cinque preferiscono restare qui che rientrare in Somalia, dove le condizioni di insicurezza sono ancora estreme”. Con il taglio dei fondi subito da molte organizzazioni nei campi e il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza, Msf sollecita i donatori internazionali ad assicurare investimenti adeguati a garantire l’assistenza dei rifugiati, e si appella al governo del Kenya perché migliori la loro protezione e crei condizioni favorevoli all’accesso delle organizzazioni umanitarie nei campi. (R.P.)

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    Nigeria. I vescovi cattolici e anglicani: “combattere la corruzione per sconfiggere Boko Haram”

    ◊   “Sono appena tornato dall’Europa. Dovunque mi trovavo, i nigeriani in Europa mi rivolgevano la stessa domanda: perché Boko Haram uccide bambini innocenti?” ha affermato il card. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, in un colloquio con i giornalisti dopo la cerimonia per i 50 anni della cattedrale anglicana di Lagos, “Archbishop Vinning Memorial Church Cathedral”. “L’unico consiglio che mi sento di offrire al Presidente Jonathan è di dare la caccia a coloro che rubano il denaro della Nigeria. Questo denaro può essere usato per alleviare le sofferenze dei poveri e prevenire gli attacchi violenti nel nord” ha commentato il cardinale, come riferisce l’agenzia cattolica Cisa di Nairobi, ripresa dalla Fides.

    Mons. Alfred Adewale Martins, arcivescovo di Lagos, ha aggiunto: “quello che accade nel nord e una cosa barbara. I vescovi cattolici si riuniranno presto per discutere la situazione nel nord perché gli attacchi quotidiani contro persone innocenti sono molto preoccupanti”. Anche il vescovo anglicano di West Lagos , il rev. James Odedeji, ha affermato che quello che sta avvenendo in Nigeria deriva dalla corruzione e dall’abuso di potere da parte dei politici: “Il governo deve assumersi la piena responsabilità di assicurare la vita e le proprietà dei cittadini come ha giurato di fare al momento dell’entrata in carica”. Anche mons. Oliver Dashe Doeme, vescovo di Maiduguri, capitale dello Stato di Borno, il luogo dove Boko Haram è nato nel 2009, ha di recente invitato a combattere la corruzione per sconfiggere la setta islamista. (R.P.)

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    Nicaragua: piena disponibilità dei vescovi a dialogare con il governo su temi di interesse nazionale

    ◊   La Conferenza episcopale del Nicaragua manifesterà per scritto al Presidente Daniel Ortega la sua totale disponibilità a dialogare con il governo: lo ha annunciato mons. René Sócrates Sándigo Jirón, vescovo di Juigalpa e presidente della Conferenza episcopale (Cen). “Vogliamo vedere la possibilità di trattare i problemi di interesse nazionale, valutare insieme la realtà nazionale nicaraguense, e non c’è niente di meglio che farlo con chi è il capo dell'amministrazione dello Stato” ha detto mons. Sándigo Jirón durante la conferenza stampa dopo il secondo giorno di lavoro della Conferenza episcopale, a Managua.

    Già domenica scorsa il neo cardinale di Nicaragua, Leopoldo Brenes, dopo la celebrazione della Messa a Matagalpa, aveva preannunciato che la Conferenza episcopale, riunita da lunedì scorso per tre giorni per analizzare la situazione nazionale, era ben disposta a dialogare con il governo. Secondo la nota inviata all’agenzia Fides da una fonte locale, il cardinale Brenes ha ricordato l’incontro in occasione del centenario della provincia ecclesiastica, quando il Nunzio apostolico aveva invitato a pranzo tutti i vescovi, il Presidente della Repubblica e la first lady, con alcuni membri della sua famiglia. La Chiesa cattolica infatti si è sempre detta disponibile al dialogo, e lo aveva chiesto pubblicamente tempo addietro.

    Ieri il presidente della Cen ha dato l’annuncio: "Questo incontro è da concretizzare, vogliamo presentare le nostre proposte raccolte da tutte le diocesi. Ci sono temi che riguardano la vita sociale dei nostri cittadini: la famiglia, l'istruzione, la salute, la sicurezza pubblica e i diritti umani, il problema della droga nei giovani, il problema delle carceri, l'impatto delle miniere sull'ambiente, l'etica morale delle istituzioni”.

    Fra il governo del presidente Ortega e la Chiesa cattolica ci sono buoni rapporti, ma molto distanti, perché i vescovi hanno criticato l’azione delle autorità riguardo all'uso dei simboli religiosi nelle manifestazioni pubbliche, la concentrazione del potere di rappresentanza e le accuse di presunta frode che hanno circondato le elezioni del 2007, quando i sandinisti sono tornati al potere. (R.P.)

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    Bogotá: la crisi venezuelana al centro dell’incontro annuale dei Segretari generali del Celam

    ◊   Al via da oggi fino al 14 marzo, la riunione annuale dei Segretari delle 22 Conferenze episcopali dell’America Latina e dei Caraibi (Celam). La riunione, ospitata presso la sede della Conferenza episcopale colombiana a Bogotà, rifletterà sulla realtà sociale, economica, politica e religiosa del continente, alla luce del Vangelo e degli insegnamenti della Chiesa. All’attenzione dei vescovi del Celam sarà in particolare la crisi in Venezuela, da un mese teatro di proteste contro il Governo. Il presidente del Dipartimento di Comunicazioni del Celam, mons. Adalberto Martinez Flores, ha sottolineato che i vescovi latinoamericani sono preoccupati per gli sviluppi della situazione nel Paese e desiderano avere informazioni di prima mano dai presuli venezuelani.

    “La situazione in Venezuela – ha detto - è preoccupante per la spirale di violenza e il numero di vittime conseguenti alle proteste. Questo tema – ha aggiunto - sarà al centro della riunione, perché sappiamo che i vescovi hanno esortato a più riprese a porre fine alla violenza, a rispettare i diritti dei manifestanti e a un dialogo aperto e trasparente, quale unica via per raggiungere la pace e la riconciliazione”. Durante i lavori, i responsabili dei diversi dipartimenti del Celam faranno anche un bilancio dei programmi e dei progetti promossi a livello continentale, in particolare, sui progressi della Missione Continentale. (A cura di Alina Tufani)

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    Coree: 200 tonnellate di cibo per i bambini e le madri in difficoltà nel Nord

    ◊   La ChildFund Korea, organizzazione non governativa sudcoreana, ha ottenuto dal governo di Seoul il permesso di inviare al Nord aiuti umanitari per un valore di circa 140mila euro. Le 200 tonnellate di generi alimentari preparate dalla Ong - 180 tonnellate di farina e 20 tonnellate di germogli di soia - rappresentano il maggior contributo autorizzato dalla presidente Park Geun-hye, che dalla sua elezione (avvenuta un anno fa) ha promosso una politica molto più dura nei confronti di Pyongyang.

    Il carico - riferisce l'agenzia AsiaNews - è partito questa mattina dal porto di Incheon, diretto a quello nordcoreano di Nampo. Gli aiuti alimentari saranno distribuiti dal Consiglio nazionale nordcoreano per la riconciliazione, un gruppo governativo che si occupa dei rapporti fra Seoul e Pyongyang. I destinatari previsti sono 23mila bambini in 332 Centri di sostegno all'infanzia e 29mila madri di Nampo. Si tratta della razione alimentare totale per 10 giorni consecutivi. La ChildFund ha annunciato di aver inviato anche alcuni membri del proprio staff per assicurarsi che gli aiuti arrivino a destinazione.

    Secondo la politica Songgun lanciata dal defunto Kim Jong-il, la priorità sociale della Corea del Nord è il sostegno dei militari. Con circa 23 milioni di abitanti, la Corea del Nord vanta un esercito da 2,3 milioni di membri effettivi. Spesso gli aiuti umanitari, inviati dal Sud o dagli Stati Uniti, vengono confiscati proprio dai soldati per poi sparire nel nulla. La destinazione finale sono le mense militari o il mercato nero.

    Per contrastare questo fenomeno, le pochissime associazioni che hanno ancora il permesso di compiere visite umanitarie al Nord - fra cui la Eugene Bell Foundation, che cura i malati di tubercolosi - accompagnano sempre più spesso i carichi fino alla destinazione finale. Ma l'aumento delle provocazioni militari del regime dei Kim e l'elezione di un leader conservatore alla Casa Blu hanno quasi azzerato il sostegno alla popolazione. Nell'ultimo anno solo 10 missioni sono state autorizzate a recarsi al Nord, e tutte sono state costrette a passare per la Cina a causa della proibizione di varcare il confine diretto che divide la penisola. (R.P.)

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    Filippine: fondazione cattolica apre biblioteche pubbliche per i poveri

    ◊   La Education Foundation (Efi), gruppo laico cattolico filippino che si batte per un miglioramento dell'istruzione, apre una serie di librerie pubbliche chiamate Bahay Karunungan - "Casa della conoscenza" in lingua locale - nelle aree degradate di Manila e del Paese. Come sottolinea Naomi A. David, presidente Efi, l'obiettivo dell'iniziativa è sostenere e motivare l'apprendimento, anche e soprattutto nelle fasce più disagiate della popolazione, attraverso la lettura. Come le librerie più tradizionali, i Bahay Karunungan dispongono dei libri più famosi e venduti, volumi che toccano la sfera religiosa, riviste, giornali e altri manoscritti vari. Al loro interno - riferisce l'agenzia AsiaNews - sono disponibili anche computer, per utilizzare materiale digitale e quanto la rete può fornire.

    "Allestire biblioteche pubbliche all'interno di comunità povere - spiega la leader cattolica - è parte del nostro impegno alla lettura; fornire le fasce povere della popolazione urbana e le comunità di tutto il Paese di libri, incoraggiandoli al contempo alla lettura". L'elemento che differenzia le "Case della conoscenza" cattoliche rispetto ai luoghi di lettura tradizionali è lo scopo "formativo" che è alla base della fondazione, amministrata da laici con la stessa cura con cui i religiosi gestirebbero antichi manoscritti.

    I responsabili di Efi promuovono il progetto grazie al sostegno di partner che condividono gli ideali e l'impegno che anima il gruppo cattolico: educare le persone, in particolare i più poveri. Essi contribuiscono alla preparazione delle strutture, all'acquisto del materiale di lettura e agli oggetti necessari all'allestimento degli spazi. Fondi e materiali sono forniti anche da singoli benefattori o piccoli gruppi, che "hanno a cuore il gusto dell'apprendimento" afferma Naomi A. David, ma le linee guida della gestione e la filosofia di base sono appannaggio della fondazione. "Non sono le solite biblioteche siamo da sempre abituati a conoscere - aggiunge - quanto piuttosto centri di lettura e insegnamento a disposizione della comunità". E ogni materiale - rivista, libro, giornale - viene valutato con attenzione prima di comparire sugli scaffali.

    Fra le altre attività che si possono svolgere nelle biblioteche di Efi la visione di film e serie tv che promuovono valori e virtù cristiane, discussioni e confronti sui principali temi che interessano la vita delle persone. E la risposta della gente è stata molto positiva, conferma la presidente, a conferma che non solo i ricchi, ma anche fra le fasce più deboli e povere della società è presente e forte il gusto per la lettura e la conoscenza.

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    Aereo scomparso. Ancora nessuna traccia: le ricerche si allargano al mare delle Andamane

    ◊   Le ricerche internazionali del volo Malaysia Airlines MH370 si allargano al mare delle Andamane, a centinaia di chilometri di distanza (in direzione nord-ovest) dal punto in cui si sono persi i contatti radio con il velivolo. Lo conferma - riferisce l'agenzia AsiaNews - il capo dell'aviazione civile malaysiana Azharuddin Abdul Rahman, che parla di operazioni concentrate in tutta l'isola di Sumatra. Intanto il governo vietnamita ha interrotto le operazioni di ricerca dei resti del Boeing, in attesa di chiarimenti da parte di Kuala Lumpur rispetto alla direzione in cui indirizzare le battute di caccia. Il vice-ministro dei Trasporti di Hanoi Pham Quy Tieu sottolinea che "abbiamo deciso di sospendere in via provvisoria alcune attività di ricerca e recupero, in attesa di informazioni da parte della Malaysia"; egli aggiunge che le operazioni non si sono interrotte del tutto, ma proseguono su una scala ridotta.

    Continuano a regnare confusione e incertezza in merito alla sorte del volo Malaysia Airlines da Kuala Lumpur a Pechino dell'8 marzo scorso, di cui non si ha più alcuna traccia. Ieri le autorità hanno escluso l'ipotesi terrorismo, spiegando che i due passeggeri iraniani che viaggiavano con passaporti contraffatti erano diretti in Germania in cerca di asilo politico. Oggi le ricerche si sono estese a entrambi i lati della penisola malaysiana, senza particolari sviluppi. La rotta compiuta dall'aeromobile e la sua sorte restano ancora avvolte nel mistero. Conflittuali anche le dichiarazioni in merito all'ultima posizione nota del Boeing, prima della scomparsa dai tracciati radar, elemento che non aiuta a dipanare il rebus sulla sorte dell'aereo. Le squadre di soccorso lottano contro il tempo per identificare possibili tracce lanciate dalla scatola nera, che in caso di incidente invia segnali acustici per i successivi 30 giorni. Alle ricerche partecipano 40 navi e 34 aerei di diverse nazioni, oltre che satelliti e radar dallo spazio.

    Il Boeing 777-200 con 239 persone a bordo, di cui 12 membri dell'equipaggio, è sparito mentre sorvolava il mare a sud del Vietnam. A bordo, secondo la lista passeggeri, soprattutto cinesi (153), 38 malesi, 12 indonesiani, ma anche australiani, europei e americani. La Malaysia Airlines è considerata una compagnia di ottima qualità, che poteva vantare quasi quattro decenni senza incidenti gravi: il peggiore risale al 1977, quando morirono 100 persone. Negli ultimi anni, l'azienda ha però iniziato a inanellare perdite di bilancio a causa della competizione portata dal settore delle compagnie low-cost, tra le quali in particolare la connazionale Air Asia. Ogni giorno trasporta fino a 37mila passeggeri in 80 destinazioni di tutto il mondo. (R.P.)

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    Danimarca: dati allarmanti sui suicidi degli anziani

    ◊   Tra gli anziani danesi i tassi di suicidio sono più alti rispetto a tutte le altre fasce d'età, dove si è registrata una riduzione del 50% rispetto al 1980. Oggi - riporta l'agenzia Sir - un terzo del numero totale dei suicidi in Danimarca riguarda persone anziane over 60, con un picco tra gli uomini oltre gli 80 anni (rispettivamente 28 e 32 su 100mila tra gli uomini; per le donne il tasso scende a 11 e 10 su 100mila). A motivo di questo dato preoccupante, il ministero danese per gli affari sociali ha annunciato l’avvio di un “progetto di prevenzione dei comportamenti suicidari tra gli anziani”.

    L’obiettivo, spiega una nota del ministero, “è quello di evitare il senso di fallimento psicosociale o di grave insoddisfazione, che nel peggiore dei casi possono portare al suicidio”. Il progetto, che in fase iniziale è previsto fino al 2016, mette a disposizione i dati di un’indagine “sugli sforzi che sono attualmente in corso a livello locale per prevenire comportamenti suicidari tra gli anziani”, andando a indagare quali risposte concrete vengono date in caso di anziani che sono confrontati con abuso di alcol, depressione o ansia, solitudine e isolamento sociale, ricovero ospedaliero. In preparazione è uno speciale “pacchetto di formazione” per i professionisti e volontari che nei comuni sono in contatto con gli anziani più vulnerabili. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 71

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