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Sommario del 05/03/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza generale. Il Papa: la Quaresima ci strappa dalla pigrizia e ci sprona al bene
  • Mercoledì delle Ceneri: processione e Messa presiedute dal Papa sull'Aventino
  • Messaggio del Papa per la Campagna di fraternità: non restare indifferenti dinanzi alla tratta di esseri umani
  • Intervista del Papa al Corriere della Sera: il commento di Ferruccio De Bortoli
  • Esercizi spirituali, il Papa ad Ariccia in pullman
  • Tweet del Papa: Quaresima, tempo adatto alla rinuncia. Priviamoci di qualcosa ogni giorno per aiutare gli altri
  • Il Ctv raccoglie in un Dvd le più belle immagini di un anno di Pontificato
  • Il card. Tauran in Benin: identità e ascolto alla base di un dialogo vero
  • Giornata della donna in Vaticano: “Voci di fede - Rendere le donne invisibili visibili”
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ucraina: si cerca soluzione diplomatica. Speranze dall'incontro Kerry-Lavrov a Parigi
  • Siria. L'Onu accusa Damasco: strategia del regime è assediare e affamare i civili
  • L'impegno della comunità internazionale per stabilizzare la Libia
  • Testimonianza. Un figlio in stato vegetativo e una famiglia felice
  • Violenza sulle donne. Ricerca Ue: vittima 1 su 3. In testa i Paesi scandinavi
  • Banca Etica festeggia 15 anni di attività. Il direttore Costa: siamo molto soddisfatti
  • In libreria "Dio non si stanca di perdonare": riflessioni del card. Bergoglio dal 2004 al 2011
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Ucraina: appello del mons. Shevchuk all'Unione Europea
  • Usa: i vescovi in difesa della libertà religiosa in Ucraina
  • Terra Santa. Il patriarca Twal: la visita del Papa darà slancio al processo di pace
  • Sierra Leone: conclusa la missione Onu. Ha vinto la pace
  • Centrafrica: a Bangui anche la pioggia sugli sfollati, ma passi avanti negli aiuti
  • Cina: economia e difesa al centro del Congresso Popolare del Popolo
  • Pakistan: digiuno e preghiera dei cristiani per le minoranze perseguitate e la pace
  • India: libertà religiosa a rischio e violenza sulle minoranze, in vista delle elezioni generali
  • Sri Lanka: la Chiesa chiede un'indagine internazionale sui crimini di guerra
  • Card. Ravasi: "Autentico scienziato è chi sa porre le vere domande"
  • Giappone. I vescovi: necessario rilanciare la pastorale familiare in vista del Sinodo
  • Iran: rilasciato su cauzione un Pastore cristiano
  • Belgio: è il cubano Gustavo Andújar Robles il nuovo presidente di Signis
  • Cinema e Quaresima. Fondazione Adenauer propone rassegna su crisi e lavoro
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza generale. Il Papa: la Quaresima ci strappa dalla pigrizia e ci sprona al bene

    ◊   Vivere la Quaresima è cambiare vita e amare il prossimo con gratuità, senza abituarci “alle situazioni di degrado e di miseria” che incontriamo nelle nostre città. È l’insegnamento che Papa Francesco ha offerto alle circa 50 mila persone che hanno partecipato questa mattina all’udienza generale in Piazza San Pietro. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La Quaresima è come un soffio d’aria pulita in una stanza rimasta chiusa per troppo tempo: spazza via l’aria viziata, fa sentire nuovi dentro e intorno, con la voglia di fare bene il bene. Le definizioni che Papa Francesco usa per il periodo di preparazione alla Pasqua sono estremamente dinamiche. La Quaresima, dice, è un “tempo provvidenziale per cambiare rotta”, è un “punto di svolta”:

    “Tutti noi abbiamo bisogno di migliorare, di cambiare in meglio. La Quaresima ci aiuta e così usciamo dalle abitudini stanche e dalla pigra assuefazione al male che ci insidia”.

    E uscendo da queste abitudini accade, prosegue Papa Francesco, di “guardare con occhi nuovi ai fratelli e alle loro necessità”. Ciò avviene perché, spiega, il cuore di un cristiano ha compreso due cose: che vivere la Quaresima vuol dire rispondere con azioni d’amore all’amore di Dio e che essere battezzati comporta “vivere con più impegno”:

    “Ci invita anche a non abituarci alle situazioni di degrado e di miseria che incontriamo camminando per le strade delle nostre città e dei nostri paesi. C’è il rischio di accettare passivamente certi comportamenti e di non stupirci di fronte alle tristi realtà che ci circondano. Ci abituiamo alla violenza, come se fosse una notizia quotidiana scontata; ci abituiamo a fratelli e sorelle che dormono per strada, che non hanno un tetto per ripararsi. Ci abituiamo ai profughi in cerca di libertà e dignità, che non vengono accolti come si dovrebbe”.

    “Ci abituiamo – continua a leggere Papa Francesco – a vivere in una società che pretende di fare a meno di Dio, nella quale i genitori non insegnano più ai figli a pregare né a farsi il segno della croce”. E qui, il Papa solleva gli occhi dal foglio e li rivolge sulla folla:

    “Io vi domando: i vostri figli, i vostri bambini sanno farsi il segno della croce? Pensate. I vostri nipoti sanno farsi il segno della croce? Glielo avete insegnato? Pensate e rispondete nel vostro cuore. Sanno pregare il Padre Nostro? Sanno pregare la Madonna con l'Ave Maria? Pensate e rispondetevi. Questa assuefazione a comportamenti non cristiani e di comodo ci narcotizza il cuore!”.

    Al contrario, conclude Papa Francesco, un cuore immerso nello spirito della Quaresima è capace di un amore che sa “fare proprio l’atteggiamento di gratuità e di misericordia” di Gesù, Colui “che si è fatto povero per arricchirci della sua povertà”. Ai saluti dopo le sintesi della catechesi nelle altre lingue, Papa Francesco ha salutato, fra gli altri le religiose infermiere dell’USMI; gli ispettori delle scuole cattoliche, un gruppo di ragazze Gen Tre, del Movimento dei Focolari. “Tutti – ha terminato – esorto a vivere con gioia la fede, testimoniando l’amore del Signore per ogni persona”.

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    Mercoledì delle Ceneri: processione e Messa presiedute dal Papa sull'Aventino

    ◊   Papa Francesco si reca alle 16.30 nella Chiesa di Sant’Anselmo all’Aventino per la Stazione quaresimale e la processione penitenziale verso la Basilica di Santa Sabina dove, alle 17.00, presiede la Santa Messa con il rito di benedizione e imposizione delle ceneri. Al termine della celebrazione eucaristica, nella attigua Curia Generalizia, il Papa incontra brevemente la comunità religiosa dei Domenicani. Alle 19.00 il rientro in Vaticano. La Radio Vaticana seguirà la cronaca dei due eventi a partire dalle 16.20.

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    Messaggio del Papa per la Campagna di fraternità: non restare indifferenti dinanzi alla tratta di esseri umani

    ◊   “Non è possibile rimanere indifferenti” davanti alla tratta di esseri umani. È il richiamo del Papa nel messaggio per la tradizionale ‘Campagna di fraternità’, che la Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb) apre ufficialmente oggi a Brasilia, con una cerimonia nel mercoledì delle Ceneri presieduta dal vescovo ausiliare della città e segretario generale della Cnbb, mons. Leonardo Ulrich Steiner. L’edizione 2014 della Campagna affronta il tema ‘Fraternità e tratta di esseri umani’, con lo slogan “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi”. Il servizio di Giada Aquilino:

    “La dignità umana è uguale per tutti gli esseri umani”. È un Papa che chiede “il permesso” ai brasiliani di accompagnarli nel cammino quaresimale quello che scrive il messaggio per la ‘Campagna di fraternità 2014’ e che sottolinea come, quando si calpesti la dignità “dell’altro”, lo si faccia anche con la propria: “è la libertà - ricorda - per la quale Cristo ci ha liberati”. D’altra parte, “se io offendo la dignità umana altrui - medita il Pontefice - è perché prima ho svenduto la mia”, per potere, fama, beni materiali, “in cambio - spiega - della mia dignità di figlio e figlia di Dio, salvata a prezzo del sangue di Cristo sulla Croce e garantita dallo Spirito Santo”.

    “Non è possibile rimanere indifferenti - aggiunge il Pontefice - quando si viene a sapere che esistono degli esseri umani comprati e venduti come merci”: il riferimento è dunque alla “tratta di esseri umani”, tema più volte affrontato da Papa Francesco, facendo cenno “alle adozioni di bambini destinati all’espianto di organi”, “alle donne ingannate e obbligate a prostituirsi”, “ai lavoratori sfruttati, senza diritti, né voce”. Ma lo sguardo ricade anche sulle famiglie, all’interno delle case; quante volte - riflette il Santo Padre - “anche lì regna la prepotenza”: “genitori che schiavizzano i figli, figli che schiavizzano i genitori”; “sposi che, dimentichi della loro chiamata per questo dono, si sfruttano come se fossero dei prodotti da consumare, dei prodotti usa e getta”; o anche “anziani senza un posto nella società e bambini e adolescenti senza voce”. Si tratta, nota il Papa, di “attacchi ai valori basilari del tessuto familiare e della stessa convivenza sociale”.

    C’è allora bisogno, prosegue, di “un profondo esame di coscienza”, perché - e qui il Pontefice richiama il discorso ai nuovi ambasciatori, del dicembre 2013 - “la persona umana non si dovrebbe mai vendere e comprare come una merce”. Come si può annunciare, quindi, la gioia della Pasqua - si domanda Papa Francesco - “senza essere solidali verso coloro che in questa terra vedono negata la propria libertà”? Richiamando alla mente il proprio viaggio in Brasile, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù dell’anno scorso, memore del “grande cuore” dei “cari brasiliani” e della “calorosa accoglienza” ricevuta, il Santo Padre ricorda come “con la sua Passione, Morte e Risurrezione, Gesù Cristo” abbia liberato l’umanità dalla morte e dal peccato. Durante i prossimi quaranta giorni - è l’invito del Pontefice - “cercheremo di essere più coscienti della misericordia infinita che Dio ci ha donato e che ci ha chiesto di donare agli altri, soprattutto ai più bisognosi”.

    Già a luglio il Papa aveva constatato la “lezione di solidarietà” offerta dal popolo brasiliano; ora auspica “che i cristiani e le persone di buona volontà possano impegnarsi perché mai più un uomo o una donna, giovani o bambini, siano vittime della tratta degli esseri umani”. E la base più efficace “per ristabilire la dignità umana”, conclude, è annunciare il Vangelo di Cristo “nella campagna e nelle città, perché Gesù vuole spargere la vita in abbondanza ovunque”. La speranza è che “la vita nuova in Cristo” susciti “in ogni cuore sentimenti di tenerezza e compassione per i nostri fratelli e sorelle bisognosi di essere liberati”.

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    Intervista del Papa al Corriere della Sera: il commento di Ferruccio De Bortoli

    ◊   Ad un anno dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ripercorre in un’intervista rilasciata al direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, gli aspetti salienti del suo magistero, della vita della Chiesa in questi mesi, ma anche le sue scelte riguardo alla Curia e il rapporto con il predecessore Benedetto XVI. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    E' una conversazione a tutto campo quella a Santa Marta con il direttore del Corriere della sera, che riporta alla luce aspetti noti e meno noti di questo primo anno di pontificato. Le parole più delicate sono per il Papa emerito: “non è una statua in un museo, è un’istituzione", "non vi eravamo abituati e forse ce ne saranno altri”; "insieme abbiamo deciso che partecipasse alla vita della Chiesa” - spiega Francesco - “la sua saggezza è un dono di Dio”. Poi tanti riferimenti personali e sul governo della Chiesa: “mi piace stare tra la gente” - afferma - “non mi piacciono le interpretazioni ideologiche”, dipingere il Papa come “una sorta di superman mi pare offensivo”, il Papa è un “uomo normale”, non è solo nel suo lavoro perché consigliato da tanti, ma è solo col suo senso di responsabilità al momento di decidere. Poi alcuni temi forti: gli abusi sui minori, in primis, "ferite profondissime" - dice il Papa - “la Chiesa ha fatto tanto, sulla strada aperta da Benedetto XVI, forse più di tutti”, è forse l’unica istituzione pubblica ad essersi mossa con trasparenza e responsabilità, eppure, sottolinea, “è la sola ad essere attaccata”. Sui divorziati, il Pontefice ribadisce che ogni decisione sarà frutto di riflessione profonda, che il matrimonio è tra uomo e donna e le unioni civili sono patti di convivenza di varia natura, “bisogna vedere i diversi casi e valutarli nella loro varietà”. Sul ruolo della donna nella Chiesa e la sua promozione, il Papa ripete che non solo "può e deve essere più presente nei luoghi di decisione" ma che bisogna pensare che la “Chiesa è femminile dalle origini”, “il principio mariano la guida accanto a quello petrino”, e che l’approfondimento teologale su questo aspetto è in corso. Controllo delle nascite, gli si chiede? La dottrina della Chiesa, sottolinea Francesco, non cambia, ma occorre andare in profondità, mentre sui valori non negoziabili, il Papa chiarisce: “i valori sono valori e basta”. Non mancano i riferimenti infine, ecumenici e internazionali: con la Cina, dei rapporti ci sono, spiega Papa Bergoglio, facendo riferimento ad uno scambio di lettere col presidente Xi Jinping; mentre all’ipotesi che il prossimo viaggio in Terra Santa a maggio porti ad un accordo di intercomunione con gli ortodossi, chiarisce: "siamo tutti impazienti di ottenere risultati 'chiusi', ma la strada dell’unità vuol dire soprattutto camminare e lavorare insieme".

    Ma ascoltiamo lo stesso Ferruccio de Bortoli che racconta - al microfono di Antonella Palermo – come si sia posto davanti a questa intervista con Papa Francesco:

    . – Io mi sono posto con l’umiltà del cronista, cioè gli ho rivolto tutte le domande che un giornalista si sarebbe sentito in dovere di rivolgere al Santo Padre, il quale ha risposto a tutto e ha dato, anche in questa occasione, una grande prova di disponibilità, con la capacità di comunicazione che gli riconosciamo.

    D. – Che emozione le è rimasta da questa intervista?

    R. – Una grande emozione, uno straordinario privilegio, la possibilità di passare un’ora con lui, parlando in italiano e in spagnolo, affrontando tutti i temi … e non esiste una domanda proibita: esistono le domande, esistono i dubbi, esistono i problemi che la Chiesa deve affrontare e la Chiesa dà dimostrazione di una grandissima modernità nel guardare in faccia la realtà con costanza e con grande attenzione per la centralità della persona umana.

    D. – C’è una risposta del Papa che l’ha più sorpresa?

    R. – Credo che mi abbia sorpreso la parte finale, nella quale ripercorrevo un po’ i tempi della sua giovinezza; ma non mi ha sorpreso nulla, perché la spontaneità è ormai entrata nella percezione pubblica dell’immagine straordinaria di questo pontefice. Si ha, a volte, l’impressione di averlo sempre conosciuto, cioè di essere stati con lui anche in altre occasioni, perché è come se fosse entrato in tutte le nostre famiglie, nelle famiglie di chi crede e di chi non crede; ed è un segno di grandissima speranza. Questo è un momento in cui ci sono passioni tristi e non ci sono speranze: a volte, noi ci aggrappiamo all’ottimismo, che non vuol dire speranza. E la speranza viene dalla virtù, dalla profondità di una parola, come lo è la parola di Francesco.

    D. – Il Papa ci tiene a sottolineare che lui non si sente affatto un “superman”, come qualcuno vorrebbe anche dipingerlo …

    R. – No, no … devo dire che si è preoccupato di smitizzare un po’ la sua figura. Lui dice che la “francescomania” non durerà a lungo: noi pensiamo che possa e debba durare a lungo. Però, certamente, ha detto in questa intervista, che alcune mitizzazioni, alcune esagerazioni gli sono apparse fuori luogo.

    D. – Un’ultima battuta: abbiamo conosciuto il profondo rapporto di stima reciproca, di collaborazione che il cardinale Carlo Maria Martini, gesuita come Papa Francesco, ha intrattenuto negli anni con il “Corriere della Sera”, con il giornale che lei dirige. Come leggere questa intervista oggi, anche ricordando questa figura così importante per la Chiesa in Italia, e non solo?

    R. – Io credo che al cardinale Martini sarebbe molto piaciuta, anche se credo che Martini fosse un gesuita un po’ diverso rispetto a Bergoglio. Però, quello che mi colpisce come similitudine è che entrambi ascoltano e stanno vicini al credente, al fedele con un senso e con un tratto amichevole: in Martini non c’era mai il giudizio nei confronti di chi, magari, fosse lontano dalla Chiesa, ma c’era sempre la voglia di intavolare un dialogo, perché solo attraverso il dialogo si scoprono dei punti comuni, e con i punti comuni – quello “stare insieme” di cui parla proprio Francesco nell’intervista –, con quello “stare insieme” si fa crescere la Chiesa, si fa crescere la società e ci rende tutti più uniti, ci rende tutti più consapevoli dei nostri doveri e, probabilmente, smina quel risentimento che nella società civile è molto forte, quel malumore, quella sfiducia, quell’indifferenza, quel senso di solitudine che sono i sintomi di una malattia moderna che è la malattia di un mondo globalizzato nel quale, qualche volta, le identità scompaiono.

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    Esercizi spirituali, il Papa ad Ariccia in pullman

    ◊   Domenica prossima, nel pomeriggio, Papa Francesco si recherà in pullman ad Ariccia, insieme ai cardinali e ai vescovi della Curia Romana, per seguire gli Esercizi Spirituali predicati dal sacerdote Angelo De Donatis, parroco di San Marco Evangelista al Campidoglio. Lo rende noto la Prefettura della Casa Pontificia. Gli esercizi si svolgeranno presso la residenza dei Paolini "Casa Divin Maestro" sul tema della “purificazione del cuore”. La partenza è prevista per le 16.00 del 9 marzo. Gli Esercizi saranno aperti alle 18.00 dai Vespri, seguiti dalla meditazione introduttiva e dall’adorazione eucaristica. Lo schema delle giornate prevede la concelebrazione eucaristica alle 7.30, due meditazioni (alle 9.30 e alle 16.00), Vespri e adorazione eucaristica alle 18.00. Gli Esercizi si concluderanno venerdì 14 marzo dopo la meditazione del mattino. Alle 10.30 la partenza da Ariccia e il rientro in Vaticano.

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    Tweet del Papa: Quaresima, tempo adatto alla rinuncia. Priviamoci di qualcosa ogni giorno per aiutare gli altri

    ◊   Il Papa ha lanciato questo nuovo tweet in occasione del Mercoledì delle Ceneri: “La Quaresima è un tempo adatto alla rinuncia. Priviamoci di qualcosa ogni giorno per aiutare gli altri”.

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    Il Ctv raccoglie in un Dvd le più belle immagini di un anno di Pontificato

    ◊   Le immagini più belle di un anno di Pontificato e gli orientamenti pastorali tratti dai discorsi di Papa Francesco. A raccoglierli sono un Dvd, prodotto dal Centro Televisivo Vaticano (Ctv) in collaborazione con Officina della Comunicazione, e un libro dal titolo "La Chiesa della misericordia", in distribuzione dal 6 marzo con i settimanali Famiglia Cristiana e Credere. L’omaggio del gruppo editoriale San Paolo è stato presentato ieri al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Far rivivere gesti e parole che hanno conquistato il cuore di credenti e non credenti in poco più di 12 mesi. Questo nei 40 minuti del Dvd curato dai colleghi del Centro Televisivo Vaticano. Si rivedono i volti e le folle, si riascoltano le preghiere, si rivivono gli abbracci, i viaggi e gli incontri di un Papa che ha iniziato il cammino con un semplice “Buonasera!”, che ha dato una scossa alla Chiesa, come ha detto il direttore di Famiglia Cristiana, ma lo ha fatto - ed è invece il parere del direttore del Ctv, mons Dario Viganò - raccogliendo la grande consegna del suo predecessore, la conversione del cuore e l’obbedienza alla voce dello Spirito. Mons Viganò:

    “Abbiamo voluto selezionare le immagini più forti, quelle immagini che oramai sono diventate anche icone simboliche, attraverso il racconto di 50 eventi che hanno visto il Papa protagonista. E mi pare che sia davvero un percorrere e rimettere insieme i tasselli dell’esperienza di Dio, oggi, nel mondo, attraverso la Chiesa".

    Nel Dvd, anche immagini inedite del Conclave, dell’elezione, col Papa in preghiera nella Sala Regia e nella Cappella Paolina, o momenti privati di preghiera a Santa Marta, o curiosità come la visita compiuta dal Papa nella cabina di pilotaggio dell'aereo che lo portava in Brasile per la Gmg del 2013:

    “Ciò che mi colpisce è questa idea della prossimità. Non solo ‘prossimità’ nel senso che il Papa si fa vicino, si fa accanto, accarezza, abbraccia, ma una prossimità nel senso che il Papa condivide il tempo della sacralità, della quotidianità con le persone. Io credo che questo Dvd possa raccontare un primo anno certo, seguendo cronologicamente i dati, ma senza soffermarsi su un reportage storico. Mi pare possa essere invece l’occasione per far riflettere su alcune questioni centrali che la Chiesa oggi vive, grazie a Papa Francesco”.

    Dai gesti ai significati. Perché, come si legge nel libro che accompagna il Dvd e come ha spiegato mons Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Papa Francesco "non solo comunica ma crea eventi comunicativi”, oltre i quali c’è la sua grande capacità di “mettersi in dialogo semplice e sereno con l’uomo di oggi”. Mons Celli:

    “Il Papa vuole aiutarci a riscoprire il cammino nostro nella visione di un amore di Dio, che ci coinvolge con la sua tenerezza e con il suo perdono. Un amore che è misericordia, che è accoglienza, incontro con l’uomo”.

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    Il card. Tauran in Benin: identità e ascolto alla base di un dialogo vero

    ◊   Il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, conclude oggi un viaggio di quattro giorni in Benin, dove è giunto domenica scorsa. Il porporato ha incontrato i rappresentanti delle commissioni episcopali nazionali per il dialogo interreligioso nell’Africa dell’Ovest, ma anche rappresentanti delle religioni tradizionali, molto presenti nel Paese. Olivier Bonnel ha chiesto al cardinale Tauran, raggiunto telefonicamente a Cotounou, come il Benin possa essere modello di coesistenza per i suoi vicini:

    R. – Le Benin, c’est un pays qui…
    Il Benin è un Paese che non ha mai conosciuto la guerra, e questo è già molto positivo. I beninesi vivono in una società abbastanza armoniosa, comunque molto sensibile al dialogo interreligioso. Abbiamo avuto incontri con i rappresentanti delle commissioni pastorali nazionali per il dialogo interreligioso nella francofona Africa dell’Ovest. Lunedì siamo stati ricevuti in udienza dal presidente della Repubblica che poi è venuto ad assistere al mio intervento, nel quale ovviamente ho parlato della libertà religiosa. Ho ricordato che quattro sono le condizioni perché si possa parlare di un vero dialogo: bisogna avere una idea chiara della propria religione, andare al di là delle generalità, utilizzare un linguaggio comune e comprensibile, dare prova di onestà nella presentazione della propria posizione e volere fare del proprio meglio per comprendere il punto di vista dell’altro. Mi sembra che il mio messaggio sia stato ben accolto. In seguito, nel pomeriggio, ci siamo incontrati con i vescovi. Ieri mattina abbiamo incontrato i capi religiosi delle religioni tradizionali e questo incontro è stato molto importante perché, in effetti, lo scopo del mio viaggio era giustamente quello di scoprire un po’ queste religioni tradizionali dell’Africa e restituire all’uomo africano la sua vera dimensione.

    D. - Che avete scoperto di queste religioni tradizionali?

    R. – D’abord, il est très difficile…
    Innanzitutto è molto difficile comprenderne il vero contenuto perché c’è un aspetto misterioso e c’è un rito di iniziazione. Ciò che ho percepito, è che per gli adepti di questa religione, tutta la vita, tutti gli avvenimenti, sono sovrannaturali. In pratica si è “avvolti” da Dio. C’è forse una sorta di panteismo, non so. Ad ogni modo, questa è la mia prima impressione: niente è profano, tutto è sacro.

    D. - Sappiamo che il Benin, anche se è un Paese stabile, vive circondato da Paesi molto meno stabili. Lei ha percepito qualche preoccupazione nei suoi interlocutori?

    R. – No, mais en parlant…
    No, ma parlando a lungo con il ministro degli Esteri e il presidente della Repubblica, ho capito che sorvegliano bene i loro confini.

    D. - In cosa il rafforzamento del dialogo interreligioso è essenziale e necessario per la stabilità, anche politica, di un Paese e in particolare del Benin?

    R. – C’est très simple, on ne peut pas…
    E’ molto semplice, non si può essere felici gli uni senza gli altri e certamente non gli uni contro gli altri: tutto qui. Il dialogo interreligioso che qui esiste mi ha veramente molto ben impressionato. C’è stato un dibattito molto aperto e leale con i rappresentanti delle religioni tradizionali. C’è grande stima nei confronti della Chiesa cattolica, e allo stesso tempo la Chiesa sa farsi vicina agli altri. Credo che la mia visita abbia potuto contribuire a rafforzare questa filosofia delle relazioni umane.

    D. - Questa filosofia positiva, questo equilibrio beninese, possono essere positivamente contagiosi per i Paesi vicini?

    R. – J’espère, c’est d’ailleurs…
    Lo spero! Del resto, è quello che ho detto quando sono arrivato: se il male è contagioso, speriamo che il bene lo è a più forte ragione!

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    Giornata della donna in Vaticano: “Voci di fede - Rendere le donne invisibili visibili”

    ◊   “Voci di fede - Rendere le donne invisibili visibili”, il titolo dell’evento - promosso dalla Fondazione Goetz Fidel - per celebrare la “Giornata internazionale della donna… anche in Vaticano”. L’iniziativa, che sarà ospitata nella Filmoteca vaticana, prevede la testimonianza di 10 donne impegnate in vari Paesi, che racconteranno le loro storie di vita e di fede in qualche modo esemplari. Tra queste suor Azezet Kidane, eritrea comboniana, che si occupa di donne rifugiate in Palestina, Jocelyne Khoueiry, libanese, fondatrice del movimento laico “La Libanaise – Femme du 31 Mai”, neo nominata membro del Pontificio Consiglio per i Laici. E ancora, suor Ifediba Caritas Chinwem, che nell’isola nigeriana Igbedo è dedicata ad assistere i più poveri, Sabrina Moranti, ballerina e coreografa, madre di 9 figli, catechista a Roma. L’incontro, presentato stamane alla stampa, avrà inizio alle 14 dell’8 marzo e sarà ripreso in diretta dal sito Internet "voicesofaith.org". Roberta Gisotti ha intervistato Giovanna Abbiati, ideatrice e responsabile dell’evento, ispirato dall’invito di Papa Francesco per “una presenza femminili più incisiva” nella Chiesa:

    R. – Lo spirito che ci ha animato era quello di andare alla ricerca di donne "invisibili", quelle che magari non sono proprio nella cronaca, nei giornali, nel mercato mediatico del mondo contemporaneo – perché comunque sono agenti di cambiamento all’interno della comunità – e abbiamo pensato che potessero essere anche esempi per quello che sanno fare, e naturalmente per la forza della fede che le fa andare avanti anche in luoghi dove è veramente difficile vivere e raggiungere le persone con il Vangelo.

    D. – Rendere visibili donne invisibili: questa invisibilità è sempre voluta e ricercata, oppure a volte imposta o subìta?

    R. – Io credo che una donna cattolica non abbia bisogno di essere popolare. Ma non c’è dubbio che viviamo in un’epoca in cui anche la visibilità è importante. Anche la rappresentazione delle cose umane è necessaria, anche per trasmettere la fede, per trasmettere valori. E’ un po’ riconosciuto ovunque che il ruolo della donna diventi sempre più importante nella famiglia ma anche nella società. Incominciamo a parlare: qualcuno ci ascolterà…

    D. – Si tratta anche di riprendere quel concetto di valorizzare il “genio femminile” di cui parlava Giovanni Paolo II…

    R. – Sì, sicuramente anche queste sono parole che fanno parte di un percorso, anche del Magistero della Chiesa che ci ha ispirato. Noi speriamo – dato che faremo anche dei video che poi saranno disponibili nel web – che queste storie siano d’ispirazione perché, a prescindere dalla propria motivazione o forza interiore o fede, sono proprio esempi eroici. E il nostro tempo ha bisogno di questa nuova idea di leadership, che non è il comando o il potere assoluto, ma è la potenza di un carisma, di farsi seguire dagli altri.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L’uomo non è una merce: nel messaggio per la campagna di fraternità in Brasile, il Papa denuncia il traffico di persone e la violenza nelle famiglie.

    Sono un uomo normale e mi piace fare il prete: il Papa intervistato dal direttore del "Corriere della Sera".

    Politica e servizio: l'intervento di Luciano Violante, presidente emerito della Camera dei Deputati, all'incontro - oggi all'ambasciata di Spagna - sulle idee per riformare l'Europa e le conclusioni del suo libro "Governare. Beati quelli che amministreranno la città con gli occhi dell'altro".

    Per i Giusti di tutto il mondo: Anna Foa sulla giornata europea.

    Quanto è difficile essere donna in Europa: rapporto sulle violenze fisiche, sessuali e psicologiche.

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    Oggi in Primo Piano



    Ucraina: si cerca soluzione diplomatica. Speranze dall'incontro Kerry-Lavrov a Parigi

    ◊   Per il momento non c’è stato l’auspicato faccia a faccia sull’Ucraina tra Kerry e Lavrov. I capi delle diplomazie russa e statunitense si trovano a Parigi per un summit sul Libano, al quale prende parte anche il ministro degli Esteri ucraino. Si tenta la carta diplomatica per smorzare la tensione. Lavrov garantisce che non si permetterà un bagno di sangue in Ucraina, mentre il ministro degli Esteri ucraino, sempre da Parigi, garantisce che Kiev cerca la soluzione pacifica. Intanto, in Crimea continua l’avanzata dei russi che questa mattina hanno preso il controllo parziale di due basi missilistiche. Da Kiev, è tornato ieri il direttore della rivista Città Nuova, Michele Zanzucchi, che per diversi giorni è stato a contatto con i giovani di Maidan, da dove ha pubblicato un diario quotidiano. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

    R. – Ti coinvolgono perché sono persone che in qualche modo hanno dato la vita per i loro ideali. Però, non bisogna essere ingenui: accanto a questa presenza di giovani, c’è una presenza di adulti, spesso e volentieri anche di tendenze e con progetti ben precisi, che non coincidevano pienamente con quelli dei giovani. I giovani di Maidan sono dei giovani che parlano le lingue, che hanno studiato, che hanno viaggiato e che sono sempre sui social network. Quindi, hanno l’idea che un certo modello – mi si passi l’espressione - “vetero-sovietico” non ha più ragione di esistere. La caduta di Yanukovich è stata una caduta certamente provocata da alcuni gruppi, in particolare quelli di estrema destra, ben militarizzati, ma soprattutto da una volontà popolare di mettere una pietra sopra un passato veramente vecchio e che non ha più ragione di esistere.

    D. – Questi stessi giovani di Maidan, sarebbero comunque pronti a imbracciare le armi nel caso di un conflitto con la Russia?

    R. – Alcuni certamente sì, alcune frange, certi gruppi di destra sono sicuramente pronti ad imbracciare le armi. Altri giovani di Maidan, che non hanno una connotazione politica, perché la stragrande maggioranza dei giovani non sono di destra, come non sono chiaramente di sinistra, vogliono una vita pulita, una vita di dignità. Il nome ufficiale di questa rivolta è “Rivoluzione della dignità”. Ecco, sarebbero pronti ad imbracciare le armi, non tutti sicuramente, e spero profondamente che questo non avvenga. Mi sembra che, nonostante le parole roboanti che partono da una parte e dall’altra dell’oceano, il pericolo di guerra sia scongiurato perché la popolazione ucraina non vuole la guerra. Non c’è ancora un movimento di popolo che possa far pensare ad una guerra civile.

    D. – Resta comunque il fatto che dalla Crimea arrivano notizie di continue infiltrazioni dei russi, prendono il controllo delle basi missilistiche. Questo, però, che riflessi ha?

    R. – Ho l’impressione che quanto sta accadendo in Crimea non tocchi più di tanto la gente. La Crimea, lo sappiamo bene, è stato un regalo di Krusciov del 1954 all’Ucraina, è sostanzialmente una terra russa. C’è una base militare enorme della Russia. I soldati russi c’erano già. Potrebbe anche essere che la Crimea voti al referendum per staccarsi dall’Ucraina. Anche questo è possibile e in qualche modo può essere anche legittimo. Io non penso comunque che la faccenda della Crimea influenzerà l’unità del Paese, a parte ovviamente la “questione Crimea”. Se entreranno Paesi terzi, questo è un altro affare. Non penso che gli ucraini vogliano morire per la Crimea. La Russia certamente cercherà di riconquistare anche politicamente una sua influenza in Ucraina, a Kiev in particolare. Forse userà la leva ‘Yulia Timoshenko’, questo è possibile, perché, pur essendo osteggiata da Mosca, nello stesso tempo ha stretto vari contatti con la Russia da sempre, senza considerare che c’è una categoria quella degli “oligarchi”, ovvero gli industriali che sono stati messi dal governo di Kiev a capo di alcuni regione dell’Est dell’Ucraina, che ha un ruolo molto forte da giocare nel futuro del Paese.

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    Siria. L'Onu accusa Damasco: strategia del regime è assediare e affamare i civili

    ◊   L’attenzione della diplomazia internazionale puntata sulla crisi ucraina di queste settimane ha lasciato in secondo piano un’altra difficile pagina ancora irrisolta, la guerra in Siria, che continua a mietere vittime. E’ di oggi l’accusa al regime di Damasco, da parte della Commissione indipendente d’inchiesta dell’Onu sui diritti umani, di voler assediare e affamare i civili – 250 mila circa – come parte della strategia militare contro i ribelli. Dunque, un governo, quello di Assad, che non conosce declino e un futuro per la popolazione sempre più incerto. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Stefano Torelli, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi):

    R. – Sul campo, vi è una sorta di stallo. Fermo restando che effettivamente il regime di Assad sembra non demordere, dall’altro lato c’è da registrare un fronte dei ribelli che si sta sgretolando sempre di più, non solo tra forze islamiste e forze – diciamo – laiche o secolari, ma una nuova divisione all’interno del Fronte jihadista islamista stesso.

    D. – In tutto questo, dal punto di vista umano le conseguenze sono gravissime. Di oggi le nuove accuse della Commissione Onu, per la quale anche l’inazione internazionale sta lasciando assolutamente via libera alla violazione sistematica dei diritti delle persone…

    R. – Purtroppo, le emergenze umanitarie a volte possono essere anche indotte proprio per vantaggi strategici. La situazione umanitaria in Siria è gravissima, siamo a oltre sei milioni di persone sfollate, e poi c’è l’emergenza cibo, una carenza ormai strutturale.

    D. – Quindi, affamare le persone come strategia militare. Che però non ha un futuro se si pensa che la stessa cosiddetta “Ginevra 3” è praticamente scomparsa dall’orizzonte della discussione internazionale…

    R. – Sì: infatti, i negoziati si stanno rivelando inefficaci. Anche l’idea di un corridoio umanitario nell’area di Homs è stata una strategia percorribile per un paio di giorni, in realtà.

    D. – Appunto per questa situazione di stallo di cui parlavamo, per questo atteggiamento quasi di indifferenza del mondo, in questo momento: dove stiamo andando, che succederà?

    R. – Se le cose dovessero rimanere così, la situazione potrebbe protrarsi in questo modo per molto tempo, ancora molti mesi, se non anni. Anche fomentato – se così possiamo dire – da forze esterne che appoggiano l’una o l’altra parte. Appare comunque improbabile a breve o medio termine un ribaltamento degli equilibri a favore dei ribelli e delle opposizioni.

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    L'impegno della comunità internazionale per stabilizzare la Libia

    ◊   La Libia continua a vivere momenti di forte destabilizzazione. A Bengasi, ieri tre persone sono state assassinate. Intanto, il Ministero della difesa ha sottoscritto un accordo con la minoranza tuareg per la riapertura di un grande giacimento petrolifero nel sud, mentre le autorità hanno riabilitato il re Idriss, deposto con un golpe da Gheddafi nel 1969, restituendo le proprietà agli eredi. Sulla situazione che sta vivendo la Libia, a tre anni dall’avvio del nuovo corso, Giancarlo La Vella ha intervistato Arturo Varvelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi):

    R. – La cosa più rilevante in questo momento è la situazione di evidente polarizzazione politica, come è successo altre volte: in Iraq e, dopo la rivoluzione del 1979, in Iran. In pratica si stanno creando due fazioni politiche, che noi identifichiamo negli islamisti, ossia la Fratellanza musulmana e vari altri gruppi islamisti, i salafiti, ecc. da una parte, e dall’altra invece le forze più secolari che appoggiano ancora adesso il governo di Zeidan. Questo, di fatto, sta bloccando il Paese e sta avvenendo in una situazione nella quale l’autorità centrale libica non ha ancora il monopolio dell’uso della forza e le milizie invece detengono il controllo del territorio.

    D. – E’ notizia di questi giorni la riabilitazione di re Idris, che venne deposto da Gheddafi: sono stati restituiti agli eredi i beni del sovrano. Che segnali è questo, secondo lei?

    R. – E’ un segnale che testimonia quanto la Libia, tutto sommato, sia ancora senza bussola e abbia bisogno di riferimenti autorevoli, e comunque vorrebbe dare prospettive nuove di riconciliazione nazionale.

    D. – Con quale spirito si può guardare in questo momento alle vicende libiche?

    R. – Certamente, la Libia è molto importante e lo è ancora di più per l’Europa e per l’Italia in particolare. E’ un Paese a noi molto vicino a cui siamo stati legati storicamente. Abbiamo vincoli economici ed energetici molto importanti e abbiamo visto quanto la stabilità di quest’area sia importante. Tutto sommato, qualche prospettiva di ottimismo ci è data dal fatto che la Libia non è la Somalia e in questi mesi, nonostante il caos regni e il Paese sia praticamente senza un vero governo, non è andato completamente allo sbando. E’ un Paese che sta vivendo delle fasi difficilissime di transizione, ma il suo destino non è ancora segnato e la comunità internazionale può e deve fare molto di più di quanto sia stato fatto finora e può certamente contribuire, con l’avvio di un processo di riconciliazione nazionale, con il tentativo dell’Unione Europea e dell’Onu. Certamente, la strada è molto tortuosa, ma ci sono margini di speranza.

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    Testimonianza. Un figlio in stato vegetativo e una famiglia felice

    ◊   Daniele, 14 anni, milanese, è in stato vegetativo persistente in seguito ad un’anossia per annegamento di cui rimase vittima all’età di 4. Da allora, la vita della sua famiglia, i genitori e due fratelli, non è più la stessa. “Daniele non corre più, non parla più, non ride più, ma comunica con i suoi grandi occhi azzurri”, spiegano i genitori. Di fronte alla recente legge in Belgio sull’eutanasia per i minori la mamma, Giancarla Dominoni, commenta: “E’ la disperazione, non l’amore che porta a chiedere la morte per una persona cara”. Paolo Ondarza l’ha intervistata:

    R. – La prima reazione che mi viene è che non si tratta, come a volte si vuole far passare, di un atto di amore. Secondo me, è la disperazione che porta queste persone a chiedere la morte per i figli: perché li si vede soffrire, non hanno più la speranza… Secondo me, l’amore fa sì che tu stia vicino alla persona che ami, anche se poi in qualunque momento ti viene da dire: “Non ce la faccio più!”. Io vedo l’amore nel comportamento dei miei figli, di mio marito, che in tutti questi anni – sono passati quasi 10 anni – non l’ho mai visto perdere la pazienza un momento… Questo è amore. La disperazione porta a chiedere la morte, secondo me. E in questo caso, fa tanto la propaganda, perché non si dice a sufficienza che ci sono le medicine che permettono a questi bambini di non soffrire. Tra l’altro, quando ho letto la notizia dell’approvazione di questa legge, ho letto che questi bambini devono essere coscienti: ma cosa facciamo, li informiamo del fatto che li ammazziamo? Questa cosa, veramente mi sembra disumana…

    D. – Lei dice: lo tsunami è arrivato nella sua famiglia in seguito ad un incidente in piscina che coinvolse Daniele, che allora aveva 4 anni, il più piccolo dei vostri tre figli, e che ne comportò il conseguente stato vegetativo…

    R. – Sì, in quel momento, Daniele aveva 4 anni, Donata ne aveva 11 e Stefano 17. Io, per otto mesi sono stata con Daniele in ospedale, ininterrottamente, e questi ragazzi si sono trovati non solo senza questo fratellino che per loro era la luce dei loro occhi, ma si sono trovati senza più famiglia. Perché poi mio marito correva avanti e indietro dall’ospedale, quindi è stato uno stravolgimento totale. Quello che io posso dire è che con mio marito ci siamo detti: da una enorme disgrazia non facciamone venire fuori tre, per cui in tutti i modi per quello che è stato possibile abbiamo continuato a seguirli, ad andare alle loro partite di calcio e di pallavolo, e francamente anche a pregare insieme. Anche se in questi casi, a volte, la preghiera è una preghiera disperata, in cui dici: “Signore, io non capisco”…

    D. – Una prova anche per la fede?

    R. – Sicuramente. C’è stata una persona che mi ha detto: meno male che è successo a voi che avete la fede... No, assolutamente no, perché la fede tanto più è interrogata di fronte a un dolore così innocente… Tu sai che nel Vangelo c’è scritto che tutto quello che accade, il Signore l’ha permesso e tu dici: “Ma, Signore, non potevi allungare un braccio?”. Però, devo dire che anche da parte dei miei figli, con tutto il dolore che c’era, in questa cosa siamo sempre stati insieme.

    D. – E siete stati sostenuti da tanti amici e da tanti volontari, da una parrocchia che si è adoperata per starvi vicino?

    R. – Sì, questa cosa è importante. E’ importante per una famiglia non sentirsi abbandonati. Io non vorrei che a volte, dietro a queste richieste di eutanasia, ci sia un desiderio del contorno di alleggerirsi di un peso...

    D. – Anche perché le sofferenze possono diventare “insopportabili e non lenibili”, così come dice la legge passata in Belgio, anche a causa dell’isolamento e della solitudine che si possono vivere...

    R – Certo. Pensi che noi siamo arrivati ad avere 14 persone che si alternavano in casa, quando ci hanno dimessi, per permettermi magari anche solo di andare a dormire, o poter anche solo – come le dicevo – andare a vedere le partite dei ragazzi. Queste cose non sono piccole e ti permettono, poco per volta, di tornare a un minimo di normalità.

    D. – Così come un grandissimo aiuto è rappresentato dalla terapia del dolore, dalle cure palliative che sembrano essere completamente ignorate dal legislatore in Belgio…

    R. – Io sono farmacista e ci sono le medicine per impedire alle persone di soffrire. Anche per i malati terminali. Diamoglieli, questi antidolorifici, perché se una persona non soffre, non chiede di morire. Io temo che dietro ci sia un discorso economico che non viene detto chiaramente: cioè, una persona malata è comunque da assistere, è un costo, le medicine costano …

    D. – Lei dice: questa è la mia storia, la storia della mia famiglia che, nonostante quel che è successo ma anche per quel che è successo, è la storia di una famiglia felice…

    R. – E’ così. A casa nostra siamo una famiglia veramente serena e, anche se può sembrare una parola grossa, felice. A casa nostra si ride spesso… Abbiamo spessissimo Daniele in braccio, non si vede l’ora di essere tutti assieme per raccontarci le cose…

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    Violenza sulle donne. Ricerca Ue: vittima 1 su 3. In testa i Paesi scandinavi

    ◊   Il 33% delle donne nell’Unione europea ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale a partire dai 15 anni. Lo rivela la più grande indagine a livello mondiale mai condotta sul tema e presentata oggi dall’Agenzia dei diritti fondamentali dell’Unione europea al Consiglio europeo di Bruxelles. La maglia nera va ai Paesi scandinavi, Danimarca in testa con il 52%. Il servizio di Debora Donnini:

    Maltrattamenti in casa, sul lavoro ma anche a scuola e online sono quelli che il 33% delle 42 mila donne intervistate, fra i 18 e i 74 anni, ha raccontato nel sondaggio eseguito su richiesta del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea. Un 33% in base al quale viene fornita la stima di 62 milioni di donne vittime di violenza fisica o sessuale nei 28 Paesi dell’Unione Europea. Colpisce che a guidare la classifica siano proprio i Paesi dove normalmente la donna viene considerata più “emancipata”, cioè Danimarca con il 52%, seguita dalla Finlandia con il 47%, dalla Svezia con il 46% e dall’Olanda con il 45. L’Italia si trova invece nel settore medio-basso della classifica, al 18.mo posto, mentre a chiuderla è la Polonia con il 19%. In base al sondaggio emerge anche che il 5% delle donne è stata vittima di stupro e che una su dieci ha subito una qualche forma di violenza da un adulto prima dei 15 anni. Numeri alti come conferma Paola Di Blasio, docente di Psicologia dello Sviluppo all’Università Cattolica di Milano:

    “I numeri sono alti. In realtà già nel rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di qualche anno fa, si era detto che la violenza nei confronti delle donne e la violenza in generale è il più grande problema di salute. Questi dati lo confermano e, sebbene nell’allora rapporto si ritenesse che fossero prevenibili, sembra che in realtà sia molto difficile attualmente prevenire un fenomeno come questo, che riguarda in generale l’espressione di una violenza determinata da diversi fattori, differenti da un Paese all’altro”.

    Tante poi le difficoltà nel denunciare. Il 19% delle intervistate sostiene che non saprebbe dove cercare aiuto in caso di aggressione sessuale o fisica. Le conseguenze psicologiche delle violenze possono poi essere molto pesanti. Per l’Agenzia dell’Ue per i diritti fondamentali, si tratta dunque di “una violazione dei diritti umani” e la politica dovrebbe introdurre mezzi per contrastarla, supportare chi ha subito violenza e agire sul piano educativo.

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    Banca Etica festeggia 15 anni di attività. Il direttore Costa: siamo molto soddisfatti

    ◊   Oltre 23 mila finanziamenti a famiglie e imprese sociali pari a un valore di un miliardo e 800 milioni di euro, il 70% dei quali destinati a enti "non profit". Sono alcuni dei numeri dei 15 anni di attività di Banca Etica, nata a Padova su impulso delle principali reti del Terzo Settore italiano, e che nel 2014 aprirà la prima filiale in Spagna, a Bilbao. Ieri, in occasione dell’anniversario, a Roma è stata presentata una ricerca condotta da ALTIS-Università Cattolica di Milano sull’impatto sociale del primo istituto di credito interamente dedito alla finanza etica. Francesca Sabatinelli ha intervistato Mario Crosta, direttore generale di Banca Etica:

    R. – A 15 anni dalla nascita, possiamo dire che Banca Etica è un’esperienza di successo, è un’impresa di successo sia per quanto riguarda le finalità che si poneva, quindi il patto sociale di finanziamenti che sono stati concessi, e sia anche sotto il profilo economico, perché Banca Etica è una banca che ha i bilanci che sono assolutamente in salute. Siamo cresciuti anche come presenza perché abbiamo adesso 17 filiali in tutto il territorio nazionale, da Torino a Palermo, abbiamo una rete di promotori finanziari che chiamiamo “banchieri ambulanti”. I numeri sono numeri importanti, per cui direi che siamo molto soddisfatti del lavoro che è stato svolto in questi 15 anni.

    D. – In questi ultimi anni, non solo l’Italia, ma l’Italia soprattutto è stata investita da una forte crisi economica, che ha avuto conseguenze non poco pesanti sulle banche. Per quanto riguarda voi?

    R. – Per quanto riguarda noi, c’è da dire che applicare la trasparenza, applicare il valore che la finanza dev’essere al servizio dell’economia reale, applicare i principi fondamentali della banca ha portato a risultati positivi. Quindi, nonostante durante questo periodo di crisi così profonda tanto le realtà economiche che le realtà bancarie, le realtà finanziarie, abbiano registrato crisi significative, per quanto riguarda Banca Etica registriamo un andare in controtendenza e questo lo registriamo soprattutto sulla raccolta di risparmio. Crediamo che questo sia l’indicatore della voglia che hanno i cittadini risparmiatori di affidare i propri risparmi a istituzioni che della trasparenza e dell’attenzione alle ricadute sociali dell’attività economica che viene svolta fanno elementi distintivi per l’affidamento, appunto, dei propri risparmi.

    D. – Quali sono state, in questi anni, le maggiori richieste dei clienti? Ce n’è stata qualcuna che si ripeteva?

    R. – Chi porta i soldi in Banca Etica, chi porta i propri risparmi in Banca Etica, chiede che ci sia la completa trasparenza nell’utilizzo del risparmio che ci viene affidato, che va al di là del semplice rispetto della norma sulla trasparenza. Si tratta della voglia e del desiderio di sapere che utilizzo viene fatto da parte della Banca dei risparmi che vengono depositati. Sul fronte, invece, di chi chiede credito c’è stata e continua a esserci una forte richiesta di attenzione a valutare i progetti al di là delle garanzie reali, dei dati reali, dei dati di bilancio che le singole realtà possono manifestare. A questo titolo, è un esempio l’attività che viene fatta sul microcredito che da tutti è considerato un elemento per l’inclusione sociale delle persone, tant’è vero che una delle caratteristiche, delle linee che maggiormente contraddistinguono la banca è dire che il credito è un diritto che spetta a tutti i cittadini, a tutte le organizzazioni.

    D. – E che cosa è emerso dal feed-back delle imprese, delle organizzazioni, che hanno ricevuto un finanziamento da parte vostra? Questo, in fondo, è stato uno dei punti della ricerca di ALTIS…

    R. – Un dato che emerge è che circa la metà delle organizzazioni che si rivolgono a Banca Etica per chiedere un credito si erano in precedenza rivolte a qualche altra banca e avevano avuto risposte negative. Allora, questo potrebbe fare apparire Banca Etica una banca un po’ larga di manica nella concessione del credito. Invece, questo dato, questa constatazione, fa il paio con il dato delle sofferenze, quindi dei crediti che non sono stati restituiti alla Banca. Noi abbiamo una percentuale di sofferenze netta dello 0,5%, che è un decimo rispetto a quella che ha il sistema bancario. Questo ci fa dire che in Banca Etica c’è la capacità di valutare i progetti, di concedere credito facendolo in modo oculato, in modo adeguato e questo si ripercuote anche in dati economico-patrimoniali, in dati di bilancio soddisfacenti.

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    In libreria "Dio non si stanca di perdonare": riflessioni del card. Bergoglio dal 2004 al 2011

    ◊   “Dio non si stanca di perdonare”. E’ l’ultimo volumetto disponibile da oggi in libreria della collana "I libri Emi di Papa Francesco". Si tratta di un inedito per il pubblico italiano e raccoglie nove meditazioni offerte dall'allora cardinale Bergoglio alla sua diocesi di Buenos Aires, dal 2004 al 2011. Il servizio di Luca Tentori:

    Una riflessione per il tempo di Quaresima sulle note della grammatica spirituale di Papa Francesco. Questo offre il nuovo libro della Editrice missionaria italiana di Bologna. Un tuffo nella freschezza pastorale del cardinal Bergoglio nell’Argentina del primo decennio del 2000 avvolta da una profonda crisi economica. La tenerezza di Dio, la missione alle periferie, il cuore dell’uomo, il vero digiuno, la speranza: seguendo l’insegnamento di Papa Francesco, sono sollecitudini diventate per noi familiari. In questa raccolta si coglie il retroscena, il seme di priorità maturato nel confronto, e a volte nello scontro, con la realtà concreta del popolo di Dio e delle singole persone. Sono testi insomma che illuminano dal passato anche le pagine dell’ultima esortazione apostolica Evangelii Gaudium. La postfazione al volume “Dio non si stanca di perdonare”, è stata affidata a mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano e presidente della Commissione della Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. Così ha riletto le brevi meditazioni raccolte:

    "Davanti alla Quaresima c’è un segno finale che apre alla Pasqua, che è appunto il lavare i piedi. E come diceva con un pennello un pittore molto espressivo: 'In quel catino di acqua sporca vedi realmente il volto di Gesù'. Dio non si rispecchia solo nella bellezza delle montagne o dei fiori. Lì la Chiesa oggi risulta e si rispecchia, lì è la Quaresima e la Pasqua insieme".

    La Chiesa costretta a un ripensamento deve aggiustare la rotta. “Aspettavamo e ricercavamo il tempo per decidere e pianificare – diceva allora l’arcivescovo di Buenos Aires a proposito dell’evangelizzazione – “invece, il Signore ha scombinato le nostre coordinate e ci ha condotto pian piano, con il suo Spirito, a posare lo sguardo sulla gente non per vedere ciò che vogliamo, ma ciò che è”. E a questo proposito, mons. Bregantini è intervenuto ai nostri microfoni sottolineando l’invito all’audacia dell'allora cardinale Bergoglio:

    "Tutti giorni, anche come vescovi, sentiamo le lacrime e asciughiamo molti cuori. Perciò, l’audacia raccoglie la speranza e la tenerezza di accompagnamento ma è anche uno sguardo in avanti. E la Quaresima è sguardo verso la Pasqua. Questa parola è perciò preziosissima per noi oggi".

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Ucraina: appello del mons. Shevchuk all'Unione Europea

    ◊   “Recentemente, l‘Unione europea è stata insignita del Premio Nobel per la Pace per il suo contributo nel mantenere la pace sulla terra, in particolare sul continente europeo, nel corso degli ultimi 60 anni. Ecco perché ci appelliamo a voi con la richiesta ferma di non permettere la distruzione del cuore del continente europeo, dell’Ucraina”. Mons. Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica di Ucraina, ha scritto queste parole nel suo appello alla leadership dell‘Unione Europea.

    L’appello - riferisce l'agenzia Sir - si rivolge in particolare al presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso, al presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy e al capo del Parlamento europeo, Martin Schulz. Ai dirigenti della Ue, mons. Shevchuk sottolinea: “Nel nostro Paese non vi è alcuna discriminazione basata sulla lingua, la nazionalità o la religione. Negli ultimi tre mesi, l‘Ucraina ha dimostrato tutta la sua fiducia nei valori democratici e la nostra scelta per l‘Europa. Il nostro desiderio profondo e sincero è solo per il ripristino e lo sviluppo delle nostre relazioni fraterne con la Russia, in amicizia e in uno spirito di rispetto reciproco.

    Il capo della Chiesa greco-cattolica ha espresso la sua speranza che i dirigenti europei non rispondano all’appello dell’Ucraina con “apatia” ma sappiano mettere in atto ogni sforzo possibile per “fermare l‘aggressione in Ucraina”. “Noi crediamo che Dio non è nel potere ma nella verità. E la verità è dalla parte del popolo ucraino. Dio benedica tutti voi!”. (R.P.)

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    Usa: i vescovi in difesa della libertà religiosa in Ucraina

    ◊   L'arcivescovo di Louisville, nel Kentucky, mons. Joseph Edward Kurtz, presidente della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, ieri ha rilasciato una dichiarazione sull'Ucraina, in cui esprime preoccupazione per "le tensioni e gli eventi inquietanti” che continuano a svolgersi in quella regione.

    “I vescovi degli Stati Uniti, insieme a decine di milioni di cattolici degli Stati Uniti di discendenza europea orientale - è scritto nel testo ripreso dall'agenzia Fides - si uniscono a Papa Francesco nella solidarietà e nella preghiera per il popolo ucraino per la fine delle attuali tensioni e degli eventi inquietanti che continuano a svolgersi lì”. L’arcivescovo ripete ancora l'invito di Papa Francesco: tutti dobbiamo "cercare di superare le incomprensioni e costruire insieme il futuro della nazione".

    “La testimonianza eroica dei leader cattolici ucraini greco latini - prosegue la dichiarazione - che si mantengono saldi a favore dei diritti umani e della democrazia, ci porta la speranza che i mezzi pacifici possano prevalere per aiutare a ricostruire la società civile. Nel corso dei secoli, i cattolici in Ucraina sono stati duramente perseguitati, e il cattolicesimo è stato addirittura fuorilegge. Per questo motivo, alziamo la nostra voce in difesa della libertà religiosa in Ucraina, una libertà, inoltre, minacciata dalle attuali azioni invasive nel Paese”. A nome dei vescovi, l’arcivescovo conclude chiedendo alle comunità cattoliche degli Stati Uniti, raccolte per l'inizio della Quaresima, “di pregare per una soluzione pacifica della crisi, quella che protegge i giusti e fondamentali diritti umani”. (R.P.)

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    Terra Santa. Il patriarca Twal: la visita del Papa darà slancio al processo di pace

    ◊   La visita che Papa Francesco compirà in Terra Santa alla fine di maggio darà un impulso nuovo al processo di pace tra israeliani e palestinesi. Lo scrive il patriarca di Gerusalemme dei latini Fouad Twal nella lettera pastorale per la Quaresima diffusa in lingua araba e rilanciata dagli organi ufficiali del patriarcato latino di Gerusalemme. Il messaggio patriarcale ripreso dall'agenzia Fides, oltre a riproporre le pratiche tradizionali che segnano in maniera particolare il tempo quaresimale – preghiera, digiuno, elemosina, sollecitudine nell'accostarsi al sacramento della confessione – invita i fedeli a prepararsi alla imminente visita che il Vescovo di Roma compirà “come pellegrino nei luoghi che il Signore ha benedetto con la sua nascita, il suo battesimo, la sua predicazione, la sua morte e resurrezione”.

    Il Papa – riferisce il patriarca Twal “verrà a confermare la nostra fede, intensificare le relazioni ecumeniche e il dialogo interreligioso e donare un nuovo slancio al processo di pace tra israeliani e palestinesi, rafforzando le relazioni tra il Vaticano e ognuno dei Paesi che verrà a visitare: la Giordania, la Palestina e Israele”. Fin da ora, il patriarca latino di Gerusalemme invita “il più grande numero di fedeli possibile a partecipare alle messe che il Santo Padre celebrerà, una allo stadio internazionale di Amman (24 maggio), l'altra sulla piazza della Natività a Betlemme (25 maggio).

    Dalla fine di febbraio è già stato attivato dalla apposita commissione media istituita in vista della visita papale dalla Assemblea dei vescovi ordinari cattolici di Terra Santa il sito http://popefrancisholyland2014.lpj.org, accessibile in 7 lingue, che fornisce documentazione riguardo al prossimo pellegrinaggio papale in Terra Santa e alle sue intenzioni. Intanto, domani pomeriggio verrà inaugurata nella hall del Convento di san Salvatore a Gerusalemme, l'esposizione intitolata “Paolo VI in Terra Santa”, allestita con il patrocinio della Custodia di Terra Santa, che presenta al pubblico foto e documenti storici relativi al viaggio compiuto da Papa Paolo VI a Gerusalemme nel 1964. (R.P.)

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    Sierra Leone: conclusa la missione Onu. Ha vinto la pace

    ◊   “Questo Paese è in pace”: lo ha detto Jens Toyberg-Frandzen, alla guida dell’Ufficio integrato di peacebuilding dell’Onu in Sierra Leone (Unipsil) alla vigilia della cerimonia con la quale, oggi a Freetown, è stata sancita la fine della missione internazionale cominciata quando divampava la guerra civile. “Non c’è più bisogno – ha detto Toyberg-Frandzen – di una missione di peacekeeping o di peacebuilding: il Paese è in pace ed esistono molte delle istituzioni necessarie per governare in modo democratico, nonostante in qualche caso siano un po’ deboli”. Alla cerimonia di oggi hanno partecipato sia il Presidente Ernest Bai Koroma che il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, giunto a Freetown ieri sera.

    La fine della missione, prevista il 31 marzo, è stata decisa con una risoluzione del Consiglio di sicurezza. Unipsil aveva il compito di aiutare il governo a scongiurare nuovi conflitti e a contrastare corruzione, traffico di droga e criminalità organizzata in genere. La missione, essenzialmente di supporto amministrativo, aveva sostituito una forza di peacekeeping giunta a contare più di 17.000 effettivi.

    Durante la guerra civile, tra il 1991 e il 2002, furono uccise almeno 50.000 persone e altri due milioni furono costrette a lasciare le loro case. In Sierra Leone, uno dei Paesi più poveri del mondo nonostante la scoperta di ricchi di giacimenti minerari, dopo la fine del conflitto si sono tenute tre elezioni giudicate dall’Onu “libere e credibili”. (R.P.)

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    Centrafrica: a Bangui anche la pioggia sugli sfollati, ma passi avanti negli aiuti

    ◊   Le forti piogge degli ultimi giorni, forse un anticipo della stagione umida, fanno temere per le condizioni igienico-sanitarie dei 700.000 sfollati di Bangui, già alle prese con un quotidiano difficile. “I campi non sono attrezzati per far fronte al maltempo. Anche se gli sfollati hanno teli di plastica per ricoprire le tende, non basta. Ci vorrà un intervento mirato per arginare il rischio di epidemie come malaria e diarrea” dice all'agenzia Misna il portavoce del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) nella capitale centrafricana, Georgios Georgantos. In teoria la stagione delle piogge dovrebbe cominciare ad aprile e durare circa sei mesi. Ma nel campo di M’Poko, il più grande della capitale nei pressi dell’aeroporto internazionale, parte dei 100.000 occupanti sono già circondati da 30 centimetri di acqua fangosa dopo il maltempo dello scorso fine settimana. Parte del sito è alluvionato e la gente non può più dormire per terra. “I bambini e gli anziani si ammalano. Dobbiamo trovare ogni mezzo possibile per costruire nuovi ripari” hanno riferito fonti locali e operatori umanitari, tra cui il Fondo Onu per l’infanzia (Unicef), che ha già lanciato l’allarme per il rischio epidemia.

    Ma sulla situazione umanitaria globale, il portavoce del Cicr registra “passi avanti positivi” a Bangui. “Nelle ultime settimane la sicurezza è migliorata in modo significativo nella capitale, facilitando l’intervento degli operatori, ma ci sono ancora tensioni in alcuni quartieri musulmani e misti” prosegue l’interlocutore della Misna, precisando che “prima una decina di corpi senza vita veniva prelevata per le strade e i feriti erano una quindicina al giorno mentre ora sono molto di meno, al massimo dieci la settimana”. Nel frattempo è anche aumentata la presenza umanitaria internazionale in risposta alla crisi causata da rivalità politiche che hanno portato a violenze ai danni dei civili, alimentate dagli ex ribelli Seleka (per lo più della minoranza musulmana) e dalle milizie di autodifesa Anti-Balaka (a maggioranza cristiana). “E’ vero che servono altri finanziamenti e altri mezzi per riuscire a rispondere a ogni necessità. Speriamo che arrivino presto anche quelli” auspica Georgantos, precisando che “puntiamo al ritorno volontario degli sfollati a casa propria, man mano che le condizioni di sicurezza lo consentiranno”.

    Molto più instabile e fuori controllo è invece la situazione nelle regioni interne dell’estesa Repubblica Centrafricana, dove non sono ancora stati dispiegati contingenti africani della Misca e truppe francesi dell’operazione Sangaris. “La maggior parte dei musulmani sono scappati e si sono rifugiati nei paesi vicini, ma laddove c’è coesistenza tra le varie comunità c’è un potenziale preoccupante di violenza” dice ancora il portavoce del Cicr, citando il caso di Bossangoa. Tensioni tra comunità e insicurezza legata alla presenza di gruppi armati rivali generano anche un aumento della criminalità che rende il quotidiano “aleatorio e incerto”. Nell’ultimo periodo segnali negativi sono arrivati dalle zone di confine con Camerun e Ciad – dove decine di migliaia di centrafricani in fuga dalla crisi hanno trovato rifugio – ma anche dal centro del paese e dal sud, alla frontiera con la Repubblica democratica del Congo.

    Per questo motivo il rappresentante dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati in Centrafrica, Philippe Leclerc, ha chiesto un “dispiegamento celere delle forze internazionali se si vuole che le comunità possano vivere ancora insieme”, unito ad una mediazione per “riallacciare il dialogo tra le parti”. Dal Consiglio di sicurezza dell’Onu è atteso il via libera all’invio di una missione di peacekeeping di 12.000 uomini. (R.P.)

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    Cina: economia e difesa al centro del Congresso Popolare del Popolo

    ◊   Con l’inaugurazione ufficiale questa mattina e il discorso del premier Li Keqiang sono iniziati i lavori della seconda sezione del 12° Congresso nazionale del popolo. Quello che in Cina è l’equivalente di un parlamento unicamerale, sebbene con pochi poteri oltre a quello di approvare formalmente le azioni decise dagli alti vertici del Partito comunista e da organismi più ristretti dello stesso congresso, ha radunato nella Grande sala del popolo a Pechino i quasi 3.000 membri della maggiore assise del potere cinese.

    Un evento atteso, in particolare, per fare il punto sul primo anno della leadership decennale che ha nel Presidente Xi Jinping e nel premier Li Keqiang gli esponenti di punta di un sistema di governo che è fotocopia di quello del partito comunista, dove Xi e Li hanno rispettivamente il ruolo di segretario generale e di membro del Comitato permanente dell’Ufficio politico del partito.

    Molti i punti affrontati dal primo ministro - riferisce l'agenzia Misna - data la complessità di un Paese non solo vasto e complesso, ma anche di una realtà in evoluzione da uno sviluppo rapido e pressoché incontrollato verso una economia matura con un ruolo anche internazionale più responsabile. Tra i nove campi di maggiore impegno per il governo sono stati segnalati la ristrutturazione dell’economia, la lotta alla corruzione e agli sprechi, lo sviluppo di are di libero scambio, profonde riforme finanziarie e lotta all’inquinamento, soprattutto dell’aria, sviluppo dell’apparato militare.

    Economia al centro, con l’ammissione delle relative difficoltà dovute alle ripercussioni della crisi internazionale e le molte anomalie del sistema economico-finanziario cinese, immaturo in molti aspetti e sottoposto più di altri a un sistema bancario “ombra” che ha dato ampie potenzialità finora agli investitori con pochi scrupoli ma che rischia di travolgere l’economia reale, prosciugare le risorse del Paese e esporlo a una grave crisi. L’obiettivo di crescita per il 2014 è stato posto al 7,5%, sostanzialmente equivalente a quello dell’anno che si è chiuso, utile a raffreddare l’economia, ma allo stesso tempo non sufficiente alle necessità del Paese se non è accompagnato da provvedimenti che stimolino, ad esempio, i consumi interni, frenino le speculazioni su terreni e case, migliorino i livelli occupazionali (disoccupazione non oltre il 4,6%) e di reddito. Tra le conseguenze dello sviluppo, ma anche di una politica poco attenta finora alla qualità della vita, dal discorso di Li è uscito un impegno forte nella lotta all’inquinamento, che anche nell’inverno in corso ha visto fenomeni gravi, in particolare per le maggiori metropoli inclusa la capitale.

    Infine, l’annuncio di un incremento del 12,2% del bilancio militare, secondo solo a quello Usa, previsto a 131,57 miliardi di dollari. Per il quarto anno con un’espansione superiore al 10% e ormai attorno al 9% del bilancio complessivo dello stato. Inevitabile impatto sui rapporti con i Paesi vicini, a partire dal Giappone, ma anche con altre nazioni con cui Pechino ha contenziosi territoriali aperti e, infine, con le strategie americane in Asia meridionale e Estremo Oriente. Lo scopo espresso dal premier cinese del nuovo consistente aumento di fondi destinati alla difesa è di “aumentare la natura rivoluzionaria delle forze armate, modernizzarle ulteriormente, accrescere la loro efficacia e continuare a migliorare la loro capacità di dissuasione e di combattimento nell’era informatica”. (R.P.)

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    Pakistan: digiuno e preghiera dei cristiani per le minoranze perseguitate e la pace

    ◊   Con la preghiera e il digiuno, i cristiani pakistani celebrano oggi il mercoledì delle Ceneri, primo giorno di Quaresima. In tutte le chiese del Paese sono in programma Messe e funzioni religiose, con un pensiero particolare rivolto alla pace in una nazione ancora oggi teatro di attentati contro la popolazione civile, persecuzioni verso le minoranze e violenze fra esercito governativo e talebani. Le diocesi di Lahore e Rawalpindi - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno inviato un messaggio speciale di pace e armonia ai fedeli e a tutta la comunità, sottolineando con particolare forza il significato vero e tradizionale della ricorrenza: il digiuno, la privazione, l'abbandono dei desideri materiali, le sofferenze di Gesù nei 40 giorni trascorsi nel deserto, in mezzo alle tentazioni del demonio. Le parrocchie rinnovano il rito delle ceneri e chiedono alla comunità di "esaltare il bene" e non soffermarsi sui problemi e le difficoltà quotidiane.

    In questa giornata tutte le chiese aprono le porte ai fedeli; molte le funzioni previste, in concomitanza con il primo giorno di digiuno e preghiera in preparazione alla Pasqua. Da Sialkot, diocesi del Punjab, padre Waris Sohatra ricorda che "in molte parti del Pakistan i cristiani sono perseguitati a causa della loro fede". In particolare, la parte centrale della provincia del Punjab è stata teatro di molti fatti di sangue che hanno visto protagonista, suo malgrado, la minoranza religiosa. "Durante la Quaresima - aggiunte il sacerdote - preghiamo per i cristiani perseguitati e per la situazione attuale del Paese. Iniziamo il tempo quaresimale sottomettendoci alla volontà del Signore, osservando i riti del mercoledì delle Ceneri". "La Quaresima è un tempo di sacrificio e di distacco dalle tentazioni e dai fatti del mondo" ricorda infine padre Jamshed Gill, sacerdote e attivista a Hyderabad, la seconda città più popolosa della provincia del Sindh.

    Con più di 180 milioni di abitanti (di cui il 97% professa l'islam), il Pakistan è la sesta nazione più popolosa al mondo ed è il secondo fra i Paesi musulmani dopo l'Indonesia. Circa l'80% è musulmano sunnita, mentre gli sciiti sono il 20% del totale. Vi sono inoltre presenze di indù (1,85%), cristiani (1,6%) e sikh (0,04%). Le violenze contro le minoranze etniche o religiose si verificano in tutto il territorio nazionale, ma negli ultimi anni si è registrata una vera e propria escalation e che ha investito soprattutto i musulmani sciiti e i cristiani. Decine gli episodi di violenze, fra attacchi mirati contro intere comunità - come avvenuto a Gojra nel 2009 o alla Joseph Colony di Lahore del marzo scorso - o abusi contro singoli individui (Asia Bibi, Rimsha Masih o il giovane Robert Fanish Masih, anch'egli morto in cella), spesso perpetrati col pretesto delle leggi sulla blasfemia. (R.P.)

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    India: libertà religiosa a rischio e violenza sulle minoranze, in vista delle elezioni generali

    ◊   Mentre in India si avvicinano le elezioni generali, previste a maggio, aumentano le tensioni e le violenze sulle minoranze religiose nel Paese: lo sostiene il nuovo rapporto pubblicato dall’Ong “Christian Solidarity Worldwide” (Csw) dal titolo “India: Communalism in an Election Year”, inviato all’agenzia Fides. Il testo rimarca forti preoccupazioni soprattutto per gli Stati di Orissa, Karnataka e Rajasthan. In questi Stati esiste, nota il Rapporto, una diffusa pratica di violenza sulle comunità religiose di minoranza, accanto a un robusto sistema di impunità. Per questo l’Ong sostiene la necessità di vigilare per evitare eventuali “epidemie di violenza”, soprattutto nelle zone dove gruppi estremisti indù fomentano tensioni tra le comunità tribali. Il Rapporto evidenzia anche la “discriminazione legalizzata” contro i dalit cristiani e musulmani, la legislazione anti-conversione, e la censura imposta dalle leggi sulla blasfemia.

    Csw esprime preoccupazione per la crescente pressione sui difensori dei diritti umani, comprese molestie e minacce da parte di organizzazioni estremiste indù. “Proteggere e rafforzare la difesa dei diritti umani in India è un imperativo irresistibile” afferma il testo.

    Csw ha elaborato il Rapporto anche in seguito alla visita in India di Heiner Bielefeldt, Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo, che è stato nelle città di Delhi, Ahmedabad, Bangalore e Bhubaneswar.

    Le preoccupazioni per la libertà di religione in India hanno ricevuto una maggiore attenzione negli ultimi mesi, dopo lo scoppio delle violenze contro i musulmani a Muzaffarnagar, nel settembre scorso, e la nomina di Narendra Modi – personaggio che in passato ha incoraggiato le tensioni intercomunitarie – come candidato Premier del partito nazionalista indù “Bharatiya Janata Party”(Bjp). In una nota inviata a Fides, il direttore esecutivo di Csw, Mervyn Thomas, afferma: “Nell’anno delle elezioni generali, i timori per le violenze sulle minoranze religiose si intensificano. Siamo particolarmente preoccupati per l’impunità, dopo i casi di violenza, sia su larga scala che in zone circoscritte”. (R.P.)

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    Sri Lanka: la Chiesa chiede un'indagine internazionale sui crimini di guerra

    ◊   Un'indagine internazionale per trovare risposte ai crimini avvenuti durante quasi 30 anni di guerra civile e per fermare le violazioni ai diritti umani che avvengono ancora oggi in Sri Lanka. È la richiesta ufficiale presentata da 205 membri della Chiesa cattolica del nord e dell'est del Paese al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (Unhrc), che con una lettera scritta cercano una risposta concreta al bisogno di pace e riconciliazione della popolazione, in particolare quella tamil. Tra i firmatari, anche mons. Rayappu Joseph, vescovo di Mannar, figura di spicco nella lotta per i diritti della popolazione.

    "Non è emersa verità, né giustizia - si legge nel messaggio ripreso dall'agenzia AsiaNews - dalle indagini condotte dal governo dello Sri Lanka. D'altra parte, vi sono state minacce e intimidazioni. Siamo consapevoli che scrivere questa lettera e coinvolgere l'Unhrc ci espone a dei rischi, e molti rappresentanti del clero non l'hanno voluta firmare [per questo motivo], anche se sono d'accordo con noi".

    Non è la prima volta che il clero del nord e dell'est cerca un contatto diretto con l'Onu. In questa ultima lettera, sacerdoti e religiosi elencano alcune delle violazioni più gravi che colpiscono il Paese: "Sparizioni, abusi sessuali; arresti, detenzione e tortura in base al Prevention of Terrorism Act; restrizioni e attacchi alla libertà d'assemblea, espressione, associazione e movimento. Le commemorazioni collettive in onore di morti, scomparsi, o per la libertà religiosa vengono intralciate. Chi critica o interroga il governo sulle sue azioni, e quanti lavorano con la comunità internazionale per i diritti umani è accusato di sostenere i terroristi o di essere un traditore. Anche alcuni di noi sono stati interrogati dalle autorità e presi di mira".

    Infine, il clero denuncia "le continue interferenze dell'esercito nelle attività civili ed economiche nel nord e nell'est. Tutti questi attacchi e violazioni si stanno diffondendo in tutto il Paese, causando anche aggressioni contro le minoranze religiosi islamica e cristiana.

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    Card. Ravasi: "Autentico scienziato è chi sa porre le vere domande"

    ◊   “L’autentico scienziato non è colui che sa offrire tutte le risposte ma colui che sa porre le vere domande, cosciente che il suo compito di verificare e perlustrare la 'scena’ della realtà, ossia il fenomeno, non esaurisce tutte le dimensioni dell’essere, a partire dal suo 'fondamento’ che è “meta-fisico”. È un passaggio centrale della lectio magistralis tenuta ieri dal card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, all’Università Deusto di Bilbao, in occasione del conferimento al porporato della laurea honoris causa.

    Il card. Ravasi - riferisce l'agenzia Sir - si è soffermato, in particolare, sul complesso capitolo delle neuroscienze cognitive “che hanno proposto nuove teorie della mente”. I cento miliardi di neuroni “che compongono il nostro cervello - ha spiegato -, analoghi alle stelle della Via Lattea, rendono questa realtà umana un altro microcosmo nel quale, però, non si dibattono solo quesiti fisiologici e biologici, ma affiorano molteplici interrogativi filosofici e teologici”, come quelli relativi alla “categoria 'anima’, alla questione della coscienza e della responsabilità morale, alla stessa religiosità, al rapporto mente-corpo, con l’evidente coinvolgimento di altre discipline come l’antropologia, la psicologia, l’etica, il diritto”.

    Nell’ambito delle neuroscienze, ha avvertito il card. Ravasi, “la relazione tra la teologia e la scienza” esige “un forte rigore metodologico e la chiarezza delle distinzioni essendo comune la realtà sottoposta ad analisi, cioè il cervello e la mente umana”. Distinzione, ma non separatezza, tra scienza e fede è l’auspicio del porporato, giacché esperienza e “trascendenza” sono “distinte nei livelli ma non isolate e incomunicabili”. Non per nulla Max Planck, il grande artefice della teoria quantistica, “nella sua Conoscenza del mondo fisico non esitava ad affermare che scienza e religione non sono in contrasto, ma hanno bisogno l’una dell’altra per completarsi nella mente di un uomo che pensa seriamente’”. Ed Albert Einstein, rammenta inoltre Ravasi, nell’autobiografico “Out of My Later Years” arrivava a coniare una famosa formula: “La scienza senza la religione è zoppa, la religione senza la scienza è cieca”. Ancora attuale il suo appello all’umanità del 1955, anno della morte, posto dal cardinale a sigillo dell’incontro odierno: “Noi scienziati rivolgiamo un appello come esseri umani rivolti ad esseri umani. Ricordate la vostra umanità e dimenticate pure il resto!”. (R.P.)

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    Giappone. I vescovi: necessario rilanciare la pastorale familiare in vista del Sinodo

    ◊   È necessario rilanciare la pastorale delle famiglie, soprattutto per coloro che vivono con difficoltà la dottrina della Chiesa riguardo al matrimonio: è questa, in sintesi, la riflessione della Conferenza episcopale giapponese (Cbcj), in merito alle risposte al questionario del Sinodo straordinario per la famiglia, che si terrà in Vaticano il prossimo ottobre. Pubblicando l’esito della consultazione, i vescovi di Tokyo sottolineano che oggi non bisogna semplicemente dire “Siete fuori dalla comunità” a coloro che non seguono le regole della Chiesa, bensì è necessario “lavorare attivamente per offrire loro l’opportunità di incontrare la comunità cristiana”.

    Nel complesso, le risposte al questionario presentano una società giapponese con forti criticità: i presuli evidenziano, in particolare, la scarsa conoscenza che la popolazione ha riguardo alla dottrina della Chiesa in tema di matrimonio, famiglia, tutela della vita, e la poca considerazione in cui tiene la dottrina stessa, soprattutto in relazione alla contraccezione, all’aborto e alla prevenzione dell’Aids. Altre problematiche riguardano l’assenza di programmi pastorali che educhino alla fede o che accompagnino le coppie in crisi coniugale, e la grande quantità di sposi di religioni diverse, il che non permette la trasmissione del cattolicesimo dai genitori ai figli.

    Sulle relazioni tra persone dello stesso sesso, le risposte del questionario fanno riscontrare un interesse limitato: si registra tolleranza, ma il tema del matrimonio omosessuale non è così forte come in Occidente. Anzi: in realtà, si nota un allontanamento generale dall’istituzione matrimoniale, tanto che sono sempre di più le coppie, anche cattoliche, che scelgono la convivenza. Lo stesso dicasi per il divorzio: il tasso di coppie divorziate tra i cattolici non è molto diverso rispetto a quello dei non cattolici. Inoltre, in riferimento al sacramento dell’Eucaristia per i divorziati risposati, i vescovi osservano come molti non conoscano la dottrina in materia e come gli stessi sacerdoti non informino i loro fedeli al riguardo.

    Ancora: appare essenziale la richiesta di procedimenti più semplici per richiedere l’annullamento del matrimonio, così come una pastorale specifica per i migranti; quanto al basso tasso di natalità, le risposte del questionario mettono in luce le difficoltà economiche di crescere una famiglia numerosa nella società giapponese. Di fronte “alla crisi di fede che è anche una crisi di amore – concludono i vescovi di Tokyo – è quanto mai urgente coinvolgere le famiglie, così che possano essere un luogo in cui riconoscere la dignità l’uno dell’altro e riunirsi in preghiera”. (A cura di Isabella Piro)


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    Iran: rilasciato su cauzione un Pastore cristiano

    ◊   Il Pastore cristiano armeno-iraniano Sevada Aghasar, è stato rilasciato su cauzione dopo aver trascorso sei mesi nel carcere di Evin. Come appreso dall'agenzia Fides, il Pastore era stato arrestato il 21 agosto 2013 con due laici, Masoud Mirzaei ed Ebrahim Firouzi, convertitisi al cristianesimo dall’islam. La polizia li ha arrestati senza un mandato né una motivazione ufficiale ma, come suggerisce “Mohabat News”, sito web di informazione dei cristiani iraniani in diaspora, la ragione sarebbe legata al suo contatto on-line con numerosi cristiani di lingua farsi (il persiano), e al sospetto di proselitismo.

    Le autorità infatti non vedono di buon occhio la diffusione del culto cristiano in lingua persiana (considerato un pericolo per l’islam), mentre lo tollerano in lingua armena o in altre lingue. Dei due fedeli laici arrestati con lui, Masoud Mirzaei è stato rilasciato, mentre Ebrahim Firouzi è stato condannato a un anno di carcere e due anni di esilio nella remota cittadina di Sarbaz per “propaganda contro il regime islamico”. Tale “propaganda” si sostanzia con l’aver avviato “gruppi di evangelizzazione”, aver contattato “agenti contrari alla rivoluzione islamica al di fuori del Paese” e aver lanciato un sito web cristiano. (R.P.)

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    Belgio: è il cubano Gustavo Andújar Robles il nuovo presidente di Signis

    ◊   È il cubano Gustavo Andújar Robles il nuovo presidente dell’associazione cattolica mondiale di comunicazione Signis: lo ha eletto lunedì scorso l’assemblea dei delegati che nell’occasione ha anche stilato un nuovo statuto approvato dal Pontificio Consiglio per i laici. Secondo il nuovo presidente - riferisce L’Osservatore Romano - Signis è chiamata ad "affrontare la sfida di una trasformazione costante e profonda dei mezzi di comunicazione e ad ampliare sempre più i propri orizzonti nel tessuto sociale e nel mondo intero". Il 25 febbraio Papa Francesco aveva indirizzato ai partecipanti al congresso mondiale di Signis — che si è appena concluso a Roma — un messaggio nel quale invitava i comunicatori cattolici ad "affrontare la sfida sempre più grande di presentare la sapienza, la verità e la bellezza del Vangelo". (R.P.)

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    Cinema e Quaresima. Fondazione Adenauer propone rassegna su crisi e lavoro

    ◊   In sintonia con Papa Francesco – che invita ad avere in Quaresima uno sguardo solidale sulle realtà più critiche – anche il cinema sceglie di occuparsi, nel giorno d'inizio di questo periodo ecclesiale, di una delle piaghe sociali più laceranti del momento, quella della disoccupazione giovanile. Dal 5 al 7 marzo, la Fondazione Konrad Adenauer, in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale e col patrocinio dell’Ambasciata greca a Roma, ha organizzato una rassegna che analizza gli effetti della crisi economica sulle generazioni future. Tre i titoli scelti, in programma in anteprima al Cinema Trevi di Roma: il film del regista greco Thanos Anastopoulos “La figlia” – protagonista un’adolescente nell’Atene messa in ginocchio da una crisi che non è solo economica – quindi il documentario “Alla fine della Via Lattea”, nel quale gli autori tedeschi Leopold Grün e Dirck Uhlig mostrano il duro lavoro nei campi agricoli della Germania dell’Est, e terzo un film inedito di Maurizio Zaccaro, basato su un’idea di Ermanno Olmi, dal titolo “Come voglio che fosse il mio futuro”, che apre una finestra sulle aspirazioni dei più giovani. Sono proprio questi ultimi, spiega Katja Christina Plate, direttrice della sede italiana della Fondazione, a fare le spese della crisi che grava sull’Europa. “Da Rotterdam a Ragusa – osserva – trovare lavoro è un’impresa, spesso decisamente impossibile. Il problema è grave, perché al rischio della sopravvivenza si unisce l’impoverimento delle capacità professionali: meno si è occupati, meno occasioni di crescita si hanno. Eppure molti giovani sono bravi, ricchi di potenzialità, persone speciali che chiedono solo di poter esprimere il proprio valore”. A inaugurare la rassegna sarà, oggi alle 18, una tavola rotonda con alcuni studiosi e educatori specialisti di politiche giovanili. In programma vi saranno anche dei celebri film italiani, tutti a ingresso libero, che hanno affrontato il tema del lavoro negli ultimi 50 anni. (A.D.C.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 64

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.