Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 01/03/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa sta meglio e svolge le udienze previste. Messaggio al Circolo di S. Pietro
  • Udienza di Papa Francesco al premier romeno, Victor Ponta
  • Rinuncia episcopale nella Repubblica Ceca
  • Tweet del Papa: grazie a chi insegna nelle scuole cattoliche. Educare è come dare la vita
  • Un libro racconta i 125 anni di storia del Pontificio Collegio Canadese
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La Crimea chiede l'intervento della Russia. Preoccupazione della comunità internazionale
  • Sud Sudan: si discute su governo di unità nazionale. L'esperto: serve accordo inclusivo
  • Roma. Conferenza di "Libera": le mafie restituiscano il maltolto
  • Ideologia del "gender" a scuola. Un Vademecum di "autodifesa" per i genitori
  • Rapporto Retinopera: progresso sociale è più grande del solo sviluppo economico
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Ucraina: appello per la pace dei capi delle Chiese di 13 Paesi
  • Ucraina: forte appello alla pace in Crimea del vescovo di Odessa
  • Belgio: per gli abusi sessuali versati finora alle vittime 1,4 milioni di euro
  • Mons. Galantino: "La Chiesa per la scuola" a maggio con il Papa non è una "chiamata alle armi"
  • Messaggio di Quaresima del patriarca Bartolomeo I
  • Chiesa in Sud Sudan: la pace solo se sappiamo perdonare
  • Nord Corea: respinta la richiesta di scarcerazione per il missionario cristiano
  • Filippine. Il neo-cardinale Quevedo continuerà a lavorare per pace a Mindanao
  • Bolivia: gli indigeni alluvionati di Beni hanno perso tutto e sono alla fame
  • Svizzera: i vescovi dicono no al “libero mercato” della procreazione
  • Il premio Niwano per la pace a Dena Merriam, leader della Global Peace Initiative for Women
  • Il Cairo: inaugurato il 62.mo Festival cattolico del cinema egiziano
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa sta meglio e svolge le udienze previste. Messaggio al Circolo di S. Pietro

    ◊   Papa Francesco si è ripreso dalla lieve indisposizione che ieri gli aveva impedito di recarsi in visita al Seminario Romano e questa mattina ha potuto occuparsi delle varie udienze previste dalla sua agenda, quelle tra l'altro al cardinale Ouellet e a un nuovo gruppo di vescovi spagnoli in visita ad Limina. Dal Papa inoltre è stato indirizzato giovedì scorso un Messaggio al Circolo di San Pietro, riunitosi per la 145.ma assemblea solenne. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Una minestra per chi non ha da mangiare, certo. O un tetto per chi altrimenti passerebbe la notte all’addiaccio. L’opera solidale che da 145 anni svolge il Circolo di S. Pietro è un complesso di azioni caritative intense e molto ramificate, ma è anche molto più che una serie di interventi per i più svantaggiati a nome del Papa: è una “carezza di Dio”. Papa Francesco lo ribadisce ai membri del Circolo nel Messaggio indirizzato loro in occasione dell’assemblea annuale e letto durante i lavori svoltisi nella Sala dei Papi dal prefetto della Casa Pontificia, mons. Georg Gänswein. Siate e continuate ad essere, esorta fra l’altro Papa Francesco, “segno visibile della carità di Cristo” a sostegno “delle attività caritative della Santa Sede in favore delle persone più povere e bisognose e nel servizio d’onore e di accoglienza verso i pellegrini che giungono a Roma da ogni parte del mondo”.

    Nella sua relazione all’assemblea, il presidente del Circolo, Leopoldo Torlonia, ha riecheggiato le parole del Messaggio ribadendo che l’organismo pontificio “non è soltanto ‘la minestra del Papa’, o l’asilo notturno, il centro polifunzionale o le case famiglia o l’hospice, ma anche le scuole serali, l’opera delle prime comunioni, la scuola catechistica, la scuola di ginnastica, il segretariato del popolo, i Vangeli della domenica, tutte opere nate per il desiderio di rispondere ai bisogni materiali e spirituali e alle diverse problematiche sociali che si sono presentate nel corso di questi 145 anni”. L’assemblea è poi terminata con la cerimonia di giuramento dei soci effettivi e il conferimento del distintivo a tutti coloro che hanno compiuto venticinque anni di appartenenza.

    inizio pagina

    Udienza di Papa Francesco al premier romeno, Victor Ponta

    ◊   La “proficua collaborazione” tra Repubblica di Romania e Santa Sede sui temi della famiglia, dell’educazione, della libertà religiosa e della salvaguardia dei valori comuni. Ha ruotato attorno a questi punti l’incontro di stamattina tra Papa Francesco e il primo ministro romeno, Victor Ponta, ricevuto in udienza in Vaticano. “Nel rilevare il potenziale della Chiesa Cattolica per contribuire al bene comune dell’intera società – si legge in una nota ufficiale – sono state toccate anche alcune questioni aperte che interessano la comunità cattolica in Romania”. Infine, termina il comunicato, c’è stato uno scambio di opinioni sull’attuale situazione internazionale”, con il rinnovato auspicio “che si persegua la via del dialogo e del negoziato per porre fine ai vari conflitti che affliggono il mondo”.

    Al termine dell’udienza con Papa Francesco – al quale ha portato i saluti del Patriarca ortodosso Daniele – il primo ministro romeno si è intrattenuto a colloquio con il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, e l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    inizio pagina

    Rinuncia episcopale nella Repubblica Ceca

    ◊   Nella Repubblica Ceca, Papa Francesco ha accettato la rinuncia all’ufficio di vescovo della diocesi di České Budějovice, presentata da mons. Jiři Paďour, dell’Ordine dei Frati Cappuccini, in conformità al canone 401 – par. 2 del Codice di Diritto Canonico».

    inizio pagina

    Tweet del Papa: grazie a chi insegna nelle scuole cattoliche. Educare è come dare la vita

    ◊   Tweet di Papa Francesco, lanciato oggi dal suo account @Pontifex. Questo il testo: “Ringraziamo tutti quelli che insegnano nelle scuole cattoliche. Educare è un atto d’amore, è come dare la vita”.

    inizio pagina

    Un libro racconta i 125 anni di storia del Pontificio Collegio Canadese

    ◊   Ricorre quest’anno il 125.mo anniversario della fondazione del Pontificio Collegio Canadese a Roma, in occasione della ricorrenza John Zucchi, docente di storia alla McGill University a Montréal, ha pubblicato un libro che ripercorre la storia dell’Istituto e il suo intimo rapporto con i Papi che si sono succeduti. Il testo è stato presentato ieri a Roma alla presenza dell’autore e del cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi. Al microfono di Laura Ieraci il prof. John Zucchi ripercorre gli eventi e lo scopi che stanno alla base dell’istituzione del collegio:

    R. - Il Collegio è stato un’idea del cardinale inglese Edward Henry Howard che, parlando con il padre provinciale dei Sulpiziani a Montreal, chiese come mai i latinoamericani avessero il loro Collegio, così come tanti altri Paesi, e non il Canada e se non sarebbe stato possibile crearne uno. Così se ne è occupato il padre provinciale dei Sulpiziani: ha parlato con gli altri confratelli, ha scritto ai vescovi canadesi e l’idea è nata. Il Collegio è stato fondato nel 1888. Non si può prendere per scontato questo fatto, perché erano pochi i cattolici in Canada allora - neanche tre milioni - e il Canada era una terra di missione. Dunque, è un grande fatto che i Padri Sulpiziani abbiano avuto questa idea e che nel 1888 abbiano costruito questo Collegio, anche immenso, in Via di Quattro Fontane.

    D. - Quali sono i fatti più interessanti o più curiosi che lei ha scoperto facendo la sua ricerca?

    R. - Un grande fatto, per me, è il rapporto che c’era tra il Collegio canadese e i Papi. Mi ha colpito l’intimità che c’era tra il Collegio e questi Papi. Penso, per esempio, a Leone XIII che desiderava la fondazione di collegi nazionali per legare i preti del mondo a Roma. Lui celebrava proprio nel 1887-88 il suo 50.mo anniversario di ordinazione al sacerdozio e il Collegio gli è stato dato come dono per il suo giubileo. Lui disse che questo regalo era il più grande che avesse ricevuto, quello più caro. Penso poi a Papa Giovanni XXIII che ha ricevuto, per esempio, in udienza nel 1962 i preti del Collegio nella Biblioteca Apostolica. Questi preti aspettavano in sala di attesa molto agitati per il Protocollo dell’incontro col Papa. A un tratto, arrivò Giovanni XXIII, mise fuori la mano e disse loro: “Veloci! Veloci! Entrate dentro!”. E il suo camerlengo, quasi sottovoce, disse ad uno dei preti presenti: “Ma voi nordamericani sempre avete i grandi privilegi…”. Poi, nel ’63, un anno più tardi, il nuovo Papa Paolo VI è venuto in visita al Collegio canadese, il primo Papa a visitare il Collegio. Nell’88 è venuto anche Giovanni Paolo II: ha pranzato con tutti i preti, parlando con loro con una tale intimità che direi inusuale. I vari Papi hanno avuto un rapporto davvero intimo con il Collegio canadese. I cattolici del Canada pensano magari di essere molto piccoli nel grande panorama delle Chiesa universale, ma mi ha colpito invece questa attenzione e questa cura che i Papi hanno avuto del Collegio canadese in quegli anni.

    D. - Quali sono stati i contributi più importanti del Collegio per la Chiesa in Canada e per la Chiesa universale?

    R. - C’è un grande contributo, che è quello di aver dato la possibilità ai preti del Canada di venire a Roma, a fare i loro studi e stare in una comunità fisicamente vicina al Papa. Questo ha aiutato molto la Chiesa in Canada a legarsi di più al centro del cattolicesimo e della Chiesa universale. C’è anche un altro piccolo contributo, più piccolo ma ugualmente importante, che il Collegio ha dato al Canada: per tanti anni, infatti, il Collegio canadese è stato chiamato “Ambassade Officieux” - "l’Ambasciata ufficiosa" - perché il Canada, fino al dopoguerra, non aveva una ambasciata né a Roma, quindi in Italia, né presso la Santa Sede. Dunque, per tanti anni il rettore del Collegio canadese “ufficiosamente” ha svolto tanti servizi che avrebbe fatto un’ambasciata canadese.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per trasmettere fede e speranza: il discorso pronunciato dal Papa durante l'udienza alla plenaria della Pontificia commissione per l'America latina.

    Accanto a Papa Giovanni: il saluto del cardinale Loris Francesco Capovilla, titolare di Santa Maria in Trastevere, durante la cerimonia per la consegna della berretta e dell'anello.

    Lucetta Scaraffia sulle scelte misteriose della madre di Dio: raccolti gli scritti di Mario Sensi su Loreto.

    Lettura storica e lettura teologica: Francesco Saverio Venuto ricorda quando i vescovi si confrontarono sul Vaticano II.

    Credere con gli occhi del poeta: il cardinale Gianfranco Ravasi e il filosofo Luc Ferry a confronto su fede e ragione.

    Il ponte di Ratzinger, secondo il teologo tedesco Peter Hunermann.

    Testimoni della radicalità del Vangelo: intervista del vicedirettore a don Francesco Cereda, regolatore del capitolo generale salesiano.

    Alta tensione tra Russia e Ucraina.

    L'inserto mensile "donne chiesa mondo" dedicato a donne e arte.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    La Crimea chiede l'intervento della Russia. Preoccupazione della comunità internazionale

    ◊   Con il passare delle ore cresce la tensione tra la Russia e l’Ucraina dopo il dispiegamento di Mosca di 8mila militari in Crimea. Il parlamento della penisola ha chiesto aiuto al Cremlino per far tornare la calma mentre Kiev sta mettendo in campo le unità navali. La Russia non esclude l’invio di truppe mentre la comunità internazionale si dice preoccupata. Il Presidente ad interim ucraino Turcinov ha definito "illegale" l'elezione a premier della Crimea di Aksionov. Benedetta Capelli:

    Sarà il presidente Putin a decidere l’eventuale invio di un contingente limitato di truppe in Crimea per ragioni di sicurezza. A riferirlo è la presidenza del consiglio della Federazione russa. Dichiarazioni che arrivano al termine di una mattinata convulsa giocata sul rimpallo di responsabilità. Da un lato il premier della Crimea Aksionov ha chiesto aiuto a Mosca per far tornare la calma ed il Cremlino ha risposto dicendo che la richiesta di aiuto non sarà ignorata. Dall’altro lato c’è l’Ucraina che ha criticato le mosse russe, parlando di provocazioni. Nei fatti però Kiev denuncia l’assedio del quartier generale della guardia costiera ucraina a Sebastopoli, in Crimea. Trecento uomini avrebbero ricevuto l’ordine dalla difesa russa di occupare il sito. Mosca da parte sua denuncia l’assedio al ministero dell'interno della Crimea mentre è stato presieduto il parlamento di Sinferopoli. Intanto a Donetsk, feudo dell'ex presidente Ianukovich nel sud est dell’Ucraina, sono scesi in piazza 10mila manifestanti filorussi per protestare contro il nuovo potere insediatosi a Kiev. Una situazione che preoccupa la comunità internazionale; nella notte si è riunito il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, possibile che il presidente Obama così come altri leader europei disertino il G8 di Sochi a giugno. Si profila anche una guerra economica. L’Ucraina ha debiti con la Russia per il pagamento del gas e sono possibili ripercussioni. Intanto è stato anticipato al 30 marzo il referendum sullo status della Crimea all'interno dell'Ucraina, fissato in precedenza per il 25 maggio.


    Su quanto sta accadendo in Crimea, Benedetta Capelli ha intervistato il prof. Paolo Calzini, docente di studi europei all’università Johns Hopkins di Bologna:

    R. - La Crimea è il caso estremo naturalmente: mentre l’area - diciamo - russofona dell’est sembra mantenere un atteggiamento pragmatico nei confronti del nuovo governo, in Crimea - come era verosimile - c’è chiaramente una spinta potenzialmente secessionista. La Crimea effettivamente e storicamente, per tutta una serie di eventi, è quella in cui la presenza dei nazionalisti russi più radicali era più forte. Il problema è che queste forze nazionaliste russe in Crimea, in qualche modo, sono autonome dalla stessa Mosca, perché Mosca - sia pure facendo una serie di atti dimostrativi, come quello dell’invio delle truppe in quest’area e soprattutto in relazione alla base di Sebastopoli - non è assolutamente favorevole, io ritengo, a una secessione della Crimea. Quindi questo è un caso in cui la potenza, in qualche modo, protettiva della minoranza russa rischia di essere scavalcata da forze che sfuggono al suo controllo e che sono più radicali.

    D. - Anticipare il referendum sull’indipendenza della Crimea al 30 marzo, rispetto invece al 25 maggio, che significato ha?

    R. - Ha un significato dimostrativo importante, perché qui si gioca effettivamente una partita forte: non dimentichiamo che questi nazionalisti - diciamo - russi della Crimea fanno valere, in qualche modo, il principio di autodeterminazione. Questo confligge con il principio garantito internazionalmente e sostenuto legittimamente dal regime di Kiev contro ogni violazione della sovranità dell’Ucraina. Siamo in una situazione complessa, perché gli attori non sono due, non sono tre… Sono la Russia, da una parte, che in qualche modo io ritengo faccia delle azioni dimostrative, ma che sia contraria - come ha ripetuto anche Putin - ad una rottura, ad una scissione della Crimea, che potrebbe essere un precedente che vale poi anche per altre regioni dell’Ucraina; e le forze locali - dall’altra - che invece, in qualche modo, vanno per conto loro e configgono naturalmente con il nuovo governo di Kiev, che è impegnato a mantenere la sovranità e l’integrità territoriale del Paese.

    D. - Quale atteggiamento attendersi - secondo lei - dalla Comunità internazionale? Si profila un G8 di Sochi a giugno, con molte assenze…

    R. - Eh, si! Il problema è che questo caso della Crimea pone in luce tutta la complessità e anche le potenzialità di tensione della situazione ucraina: se si arrivasse ad una formalizzazione, attraverso un referendum, di una volontà di secessione, l’atteggiamento della Russia potrebbe essere molto complesso, perché non sarebbe facile neanche per Mosca contenere questa spinta. Ritengo che in questo caso, come più in generale sulla situazione ucraina, la soluzione - che è anche auspicata dall’Occidente - è un accordo russo-europeo-americano per mantenere la situazione sotto controllo e impedire che la situazione dall’interno sfugga al controllo del regime e più in generale al tentativo della Comunità internazionale di mantenere la situazione sotto controllo.

    D. - E’ possibile che una delle ripercussioni di questo conflitto sia il prezzo del gas? L’Ucraina ha un credito aperto con la Russia… Quindi, secondo lei è possibile aspettarsi delle ritorsioni in tal senso?

    R. - Siamo solo all’inizio di una fase molto complessa, in cui la Russia naturalmente giocherà le sue carte: utilizzerà quella che è l’arma più forte, che Mosca ha, che è quella economia. Quindi qui la Russia potrà utilizzare questo strumento, che ha utilizzato anche in passato, per premere e condizionare il regime di Kiev. Avendo presente che il vero problema, secondo me, è che le forze esterne, le potenze esterne - quindi Unione Europea, Stati Uniti e Russia - sono, tutto sommato, a favore di una transizione non dico pacifica, ma controllata. Ma questa azione dall’esterno non corrisponde all’interno: nel caso della Crimea un atteggiamento che muove al compromesso da parte delle forze contrapposte dei nazionalisti russi e del regime di Kiev.

    inizio pagina

    Sud Sudan: si discute su governo di unità nazionale. L'esperto: serve accordo inclusivo

    ◊   Un governo di transizione che comprenda entrambe le parti in conflitto. È questa la soluzione proposta dai mediatori internazionali per il Sud Sudan, dove da circa due mesi si scontrano militari fedeli al presidente Salva Kiir e i ribelli che sostengono l’ex vicepresidente, Riek Machar. “L’idea di una responsabilità condivisa di governo è giusta”, ha dichiarato anche il vescovo di Wau, mons. Rudolf Deng Mayak. Secondo il presule, inoltre, “c’è bisogno di un leader che unisca e riconcilii” le varie popolazioni del Paese, che la guerra ha diviso. Tuttavia, restano alcuni ostacoli alla formazione di un governo transitorio, accettata in linea di principio dalle parti, come ha spiegato a Davide Maggiore il giornalista Raffaele Masto, esperto dell’area:

    R. – Il problema è capire chi saranno le persone coinvolte in una soluzione di questo genere e soprattutto se un eventuale governo di unità nazionale sarà composto con un equilibrio tra uomini dei due personaggi che in questo momento si confrontano in Sud Sudan. L’altro problema è capire se i due, Riek
    Machar e Salva Kiir, saranno coinvolti personalmente in questo governo di unità nazionale. La mediazione è molto difficile, perché sia l’uno che l’altro non possono ottenere meno di quello che già avevano: uno era presidente e l’altro era vicepresidente.

    D. – Il Sud Sudan si avvicina comunque, almeno ufficialmente, a un’elezione presidenziale del 2015. Sarebbero destinati a riesplodere i contrasti in vista del voto?

    R. – Sì, è probabile. I problemi sono proprio questi: un governo di unità nazionale dovrebbe, se possibile, non tenere conto degli equilibri precedenti, ma soprattutto dovrebbe smussare la presenza di dinka e nuer – quindi, aprire anche ad altre etnie - e dovrebbe essere quanto più comprensivo possibile. Altrimenti, in vista delle elezioni del 2015, tornerebbero a manifestarsi contrasti come quelli che hanno portato all’esplosione della guerra civile.

    D. – Resta poi un altro problema: ci sono vari "signori della guerra" che si muovono con una certa autonomia. Un accordo in che modo potrebbe riguardare anche loro e convincerli a cessare le ostilità?

    R. – Le mediazioni internazionali in genere funzionano in questo modo: chi controlla il territorio si conquista un posto al tavolo delle trattative. Questa soluzione da una parte è logica, dall’altra parte è molto debole perché poi è frutto della forza sul territorio e quindi non fa mai vincere la pace sulla guerra. La situazione in Sud Sudan è veramente molto complicata: non solo i ribelli non sono tutti sotto l’ombrello di Riek
    Machar, ma anche i governativi non sono tutti sotto l’ombrello di Salva Kiir; quindi, rischierebbe di crearsi una situazione in cui poi non si capisce più chi combatte contro chi; chi è alleato e chi è favorevole ad una soluzione o ad un’altra.

    D. – Lei è appena tornato dal Sud Sudan. Per quello che ha potuto vedere sul terreno ci sono ancora problemi tra le varie comunità rivali, soprattutto tra dinka ed i nuer?

    R. – I problemi tra dinka e nuer ci sono sempre stati, sono storici. Queste due grandi etnie del Sud Sudan hanno sempre convissuto in una sorta di conflitto. Non sono mai però riuscite a creare una situazione di contrapposizione come quella che è stata creata adesso. Evidentemente, chi ha “aperto” questa guerra ha innescato anche l’arma etnica, che è un’arma tremenda perché una volta innescata diventa difficile da disinnescare. Sul terreno si vede esattamente questo. Quello che ci vorrebbe è un accordo che tenga dentro tutti, che renda meno pesanti le appartenenze etniche e dia invece a tutti la percezione che il futuro in accordo può essere vantaggioso per tutti. Questo lo devono fare soprattutto i leader, i capi.

    inizio pagina

    Roma. Conferenza di "Libera": le mafie restituiscano il maltolto

    ◊   “Le mafie restituiscono il maltolto” è lo slogan della Conferenza nazionale promossa da Libera svoltasi oggi in Campidoglio. La battaglia per la legalità prevede il riutilizzo produttivo dei beni confiscati alla mafia, ciò porta al rafforzamento delle politiche per la crescita dell’economia sociale che è fonte di occasioni occupazionali. Per questo, è fondamentale che il governo si faccia carico primariamente di questa lotta. Il servizio di Maura Pellegrini Rhao:

    “Un abbraccio concreto ai familiari delle vittime”, dice don Luigi Ciotti, direttore di “Libera”. Solo unendo le forze degli onesti, il desiderio di cambiamento diventa forza di cambiamento. Dati positivi della lotta alla mafia ci sono e vanno sostenuti e incoraggiati, ma è necessario uno scatto in più. In un Paese che non vuole e non può attendere, bisogna osare e avere coraggio insieme:

    “Tutti morti per la democrazia, per la libertà del nostro Paese. Chiederemo giustizia e verità! Allora abbiamo soltanto due modi credibili per ricordarli: impegnarci a realizzare i loro ideali e a non lasciare soli i loro familiari”.

    “E’ fondamentale ricordare e leggere i nomi delle vittime, perché la mafia intende cancellare dei valori, e noi non glielo consentiremo”: è quanto afferma Franco La Torre, membro della presidenza di “Libera” e figlio di Pio La Torre, autore della legge antimafia, che venne ucciso nel 1982. “Ai familiari va riconosciuto il ruolo di testimoni della memoria”, continua. E poi sottolinea l’importanza di un dossier preparato dal governo Letta, atto a migliorare la normativa antimafia dell’Italia:

    “In particolare, questo lavoro ha interessato la procedura, lunga e farraginosa, relativa al sequestro, la confisca e all’affidamento dei beni confiscati. E’ molto importante che quel dossier venga ripreso dall’attuale governo e che si dia rapida approvazione”.

    Oltre cento iniziative precedono la giornata del 22 marzo, tra cui la “transumanza latina”: attivisti in bicicletta che partiranno dalla capitale per giungere al luogo nel quale si svolgerà la manifestazione. Primo fra tutti, Andrea Satta, leader della band dei “Têtes de Bois”:

    “Ci sarà il palco a pedali: accenderemo il suono del palco con 128 biciclette che contemporaneamente, pedalando, producono energia”.

    inizio pagina

    Ideologia del "gender" a scuola. Un Vademecum di "autodifesa" per i genitori

    ◊   Un Vademecum per contrastare la diffusione della ideologia del gender nelle aule scolastiche. L’iniziativa della Manif Pour Tous e del Forum delle famiglie risponde alle numerose richieste di aiuto da parte di genitori preoccupati dall’introduzione a scuola di contenuti contrari alle loro scelte educative (maggiori informazioni su www.lamanifpourtous.it o www.forumfamiglieumbria.org). “E’ giusto trasmettere il rispetto per la dignità di ogni uomo, ma con la scusa di contrastare l’omofobia, alcune sigle Lgbt vorrebbero rieducare i ragazzi nei delicati ambiti della morale sessuale”, spiega Filippo Savarese, portavoce Manif Pour Tous Italia, al microfono di Paolo Ondarza:

    R. – Sulla base di tantissime richieste, che ci sono arrivate da genitori molto preoccupati per quello che sta accadendo in tanti istituti scolastici italiani, abbiamo pensato di realizzare questo Vademecum proprio per venire incontro alle questioni pratiche: cioè, laddove una famiglia ha dei figli che vuole crescere ed educare secondo i propri convincimenti, qualsiasi essi siano, bisogna verificare che la scuola non insegni principi che siano contrari a questo insegnamento.

    D. – E allora, che cosa fare prima di scegliere la scuola per i propri figli?

    R. – La prima fase è andare presso l’istituto scolastico al quale si pensa di iscrivere il bambino o la bambina e chiedere quali siano i programmi o i progetti della scuola – qualora ci siano – con riferimento a questa nuova teoria del genere. Devono essere contenuti nel "Pof", il Piano dell’offerta formativa della scuola: è un diritto della famiglia richiedere la visione del Pof e bisogna stare attenti quando si parla, perché ci sono parole-chiave come “educazione all’affettività”, “alla sessualità”, o quando c’è “educazione di genere”, “stereotipi di genere”… Ecco, il "gender" o il "genere" è la parola centrale. Se il figlio è già iscritto ad una scuola, sicuramente si potrà verificare se nell’anno scolastico in corso la scuola ha aderito a qualche progetto del Comune o della Regione.

    D. – Qualora si avesse il sospetto che alcune tematiche siano state trattate senza una previa informazione dei genitori, che cosa fare?

    R. – In questo caso bisogna verificare se il Pof contenga o meno riferimento a questa attività di cui si sia eventualmente venuti a conoscenza o, se non si è sentito nulla del genere, per uno scrupolo si può verificare: parlare con gli insegnanti del ragazzo al momento dei colloqui e poi, se si scopre effettivamente che ci sono progetti in corso – sia che siano stati già attuati, sia che semplicemente la scuola abbia aderito a questi – mettersi d’accordo con altri genitori informandoli su quello che sta accadendo e insieme, in termini molto pacati, molto ragionevoli, senza creare battaglie che potrebbero danneggiare il percorso scolastico del bambino, insieme parlare con il Consiglio di classe o magari anche con la direttrice o il direttore dell’istituto per capire di cosa si tratta nella pratica. Se non si trova ascolto, ci si può rivolgere a noi affinché possiamo intervenire direttamente nel caso. Noi, semplicemente, chiediamo che sia il diritto di ogni famiglia di educare i propri figli. Non proponiamo di imporre ai figli degli altri qualche concetto o qualche filosofia che le loro famiglie non accettano…

    D. – Cioè, è la famiglia l’unica legittimata a decidere i contenuti di una seria e serena educazione all’affettività dei propri figli?

    R. – Certo, perché la famiglia viene prima dello Stato: è una società naturale, come riconosce la nostra Costituzione. Evidentemente, la scuola ha un ruolo fondamentale di accompagnamento e di aiuto alla famiglia, anche nell’insegnare ai ragazzi il rispetto della dignità di qualsiasi persona. Ma questo è un ruolo sussidiario che può anche invadere i campi più delicati della morale e della sessualità, ma questo sempre e soltanto se la famiglia è informata ed è d’accordo: mai senza l’accordo della famiglia.

    inizio pagina

    Rapporto Retinopera: progresso sociale è più grande del solo sviluppo economico

    ◊   Il progresso di una società non dipende solo da parametri economici, ma anche da una serie di fattori relazionali, sociali e ambientali. Questo il principio ispiratore del terzo Rapporto sul bene comune, presentato ieri dall’associazione Retinopera. Lo studio ha preso in considerazione anche indicatori quali il diritto alla vita, la solidarietà e l’attenzione all’ambiente delle diverse regioni italiane. Ne parla Franco Pasquali, coordinatore di Reti in opera, al microfono di Antonella Pilia:

    R. - Questo Osservatorio è nato dall’esigenza di far "leggere" il Paese con lenti anche diverse rispetto al solo sviluppo economico, ma guardando anche allo sviluppo che proviene dalla persona, dalla centralità della persona, dalla sua dignità, richiamata in modo molto forte dal compendio della Dottrina Sociale. Quindi, questo Osservatorio ci fa vedere nuove energie su cui l’Italia può puntare. E questo noi riteniamo sia un elemento di contributo che non diamo solo alle nostre associazioni, ma a tutto il Paese.

    D. - Cosa emerge da questo Rapporto?

    R. - Questo Rapporto ci dice che il Paese comincia a risentire della crisi, com’era inevitabile… Le differenze nel Paese diventano più forti tra nord e sud, quindi mentre prima avevamo un Paese più omogeneo, adesso diventa un po’ più differenziato. E questo anche in segnali come l'indicatore della partecipazione che, tutto sommato, non dovrebbe risentire direttamente degli aspetti economici, o come anche la famiglia nelle sue varie espressioni. Sono tutti dati che dimostrano come la crisi stia incidendo anche nel vivo antropologico del Paese.

    D. - Quali fattori avete preso in considerazione?

    R. - Ci siamo concentrati su alcuni ambiti di lettura della famiglia: economia e lavoro, persona, Stato e servizi, società, ambiente, corpi intermedi e partecipazione. Dentro di essi, abbiamo individuato una serie di indicatori che indubbiamente trovano rispondenza nelle sollecitazioni del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa.

    D. - Nell’ambito dei diritti alla persona, quali sono i risultati più interessanti?

    R. - Quando parliamo di persone vediamo che c’è tutto un Paese che indubbiamente regge di più e dove vediamo anche, per esempio, un Sud del Paese che ha una sua significanza interessante. Anche se, come dicevo prima, purtroppo rispetto agli anni precedenti si registra un calo. Per quando riguarda, per esempio, la famiglia vediamo come nel nostro Paese la prima regione in assoluto per il 2014 sia in questo caso la Valle d’Aosta e poi dopo, via via, abbiamo il Trentino, la Lombardia, ma abbiamo anche il Molise, che dà dei dati molto interessanti. Magari quando si cita il Molise non si è portati a vederlo come un elemento di interesse nel Paese. Invece, per quanto riguarda la centralità della persona, ha un’ottima performance.

    D. - Nell’ambito lavorativo, resiste l’immagine di un Meridione in ritardo che insegue il Nord Italia…

    R. - Esatto. Questo si conferma e in molti indicatori vediamo, per esempio, che una regione che aveva avuto delle ottime performance, come il Lazio, che sta perdendo delle posizioni. Abbiamo visto come invece la Calabria, che negli anni scorsi era nelle posizioni più arretrate, stia sicuramente recuperando alcune posizione.

    D. – Cosa emerge, invece, nel campo della sensibilità all’ambiente?

    R. - Nel campo dell’ambiente, vediamo primeggiare realtà quali la Sardegna, che peraltro si riconferma come una delle regioni più considerate per questo ambito anche a livello europeo. Emerge anche una porzione molto interessante della Campania, la quale è a metà classifica per quanto riguarda i temi ambientali, nonostante la drammaticità dei problemi come quello della "Terra dei fuoch"i, un tema delicatissimo ma circoscritto.

    inizio pagina

    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nell'ottava Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù invita ad affidarsi alla Provvidenza e a non attaccare il cuore al denaro, perché non si può servire Dio e la ricchezza nello stesso tempo. Quindi conclude:

    “Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena”.

    Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Alla base del Vangelo di oggi c’è una parola del Signore che impegna tutta la sua autorità divina: “Io vi dico”. Questo richiede da noi un ascolto particolarmente attento: “Nessuno può servire due padroni... Non potete servire Dio e la ricchezza”. I discepoli debbono decidersi una volta per sempre. “Questa sorda lotta si può ridurre di fatto a due contendenti, come due poli che dirigono tutta la vita umana: servire Dio oppure servire mammona” (T. Federici), dove l’aramaico “mamona” significa “lucro”, “denaro”. A riprova della verità della sua parola, il Signore offre due brevi immagini: guardare gli uccelli del cielo e i gigli del campo: non ammassano in granai, non filano…, eppure il Padre vostro celeste li nutre e li veste gloriosamente come neppure Salomone, in tutta la sua gloria, fu mai rivestito. E se Dio – si noti “il vostro Padre” – fa questo con delle piccole creature, non farà assai più per voi, Egli che sa che ne avete bisogno? Già nel profeta Isaia troviamo una parola forte (cf la prima lettura di questa domenica): “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato, le tue mura sono sempre davanti a me (Is 49, 15-16). La parola conclusiva del Vangelo ci svela il senso radicale di questa parola: “Cercate, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”. Il Signore ci vuole strappare dall’ansia per il domani: ci ama e ci vuole far vivere in pace.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Ucraina: appello per la pace dei capi delle Chiese di 13 Paesi

    ◊   Il Comitato consultivo interconfessionale cristiano (Ccic) - composto dalle comunità cristiane ortodosse, cattoliche e protestanti di Azerbaigian, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Lettonia, Lituania, Moldavia, Russia, Tagikistan, Uzbekistan, Ucraina ed Estonia - ha reso noto una dichiarazione sulla situazione in Ucraina. "Noi, rappresentanti delle Chiese - si legge nel comunicato - ci siamo riuniti per esprimere la nostra comune visione su alcune questioni vitali che preoccupano la popolazione dei nostri Paesi. In questi giorni le nostre preghiere e la nostra solidarietà sono rivolte al popolo ucraino, che sta attraversando dure prove. Tutte le nostre comunità pregano per coloro che sono morti o hanno sofferto nel corso del recente scontro politico e sociale, affinché una pace duratura e la comprensione - scrivono i Capi delle Chiese del Ccic - si stabiliscano tra tutti i cittadini della Repubblica sorella di Ucraina, indipendentemente dalla loro appartenenza etnica o religiosa. Esortiamo tutti coloro da cui dipende il futuro dell’Ucraina - proseguono - ad attenersi rigorosamente al principio della libertà di coscienza e di religione, e alla non ingerenza dello Stato e delle forze politiche negli affari interni delle organizzazioni religiose. Ricordiamo tutti molto bene le tragiche conseguenze che una tale situazione ha avuto per la storia dei nostri Paesi. I metodi rivoluzionari, ogni appello alla violenza, alla discriminazione e alla presa con la forza dei luoghi sacri non possono che nuocere all’unità tra i cristiani e ai buoni rapporti tra le organizzazioni religiose e lo Stato, volti alla prosperità e al benessere di tutta la società". La dichiarazione si conclude con l'esortazione al popolo ucraino "a fare ogni sforzo per evitare eventuali provocazioni, e a mantener vivo nel cuore l’amore per ogni prossimo, per la sua dignità umana e il suo credo religioso. Da parte nostra, esprimiamo la nostra sincera volontà di promuovere, con la preghiera e l’impegno, il dialogo fraterno e la pace nella società ucraina". (I.P.)

    inizio pagina

    Ucraina: forte appello alla pace in Crimea del vescovo di Odessa

    ◊   Un forte appello per la pace e l’unità dei popoli in Crimea. Perché siano scongiurati estremismi e spargimento di sangue e il Paese continui a dare esempio di concordia e “fratellanza”. A lanciarlo dalla città di Simferopoli, capitale della Crimea, è mons. Jacek Pyl, vescovo ausiliare della diocesi cattolica di Odessa-Simferopoli, responsabile per la Crimea. Il Consiglio delle Chiese di Crimea, il cui presidente è un vescovo ortodosso del patriarcato di Mosca, ha scritto una lettera alla popolazione. Raggiunto telefonicamente dall'agenzia Sir, il vescovo Pyl racconta: “Per tanti anni in Crimea c’è stata pace tra le diverse confessioni religiose e nazionalità. Un Paese abitato da persone di origine russa, tartari di Crimea, ucraini, polacchi, armeni, cechi e tedeschi. E sempre abbiamo vissuto in concordia. Ora dobbiamo conservare questa pace tra noi. Abbiamo tutti un Padre nel Cielo e siamo tutti figli di un unico Dio e quindi fratelli tra noi. Il comandamento della carità è quello che deve guidare oggi il nostro popolo”. Il vescovo dice che “il pericolo della pace sarebbe un intervento esterno”. Ed aggiunge che “la Chiesa cattolica non prende posizioni politiche, non sostiene nessun partito. Noi vogliamo solo richiamare al dialogo e ribadire che ogni cambiamento deve avvenire pacificamente, e che solo il dialogo e la preghiera possono risolvere le situazioni e non la violenza e gli scontri”. Il vescovo Pyl ha inviato personalmente una lettera-appello di pace alla popolazione invitando i fedeli cattolici alla preghiera e al digiuno perché si trovi una “soluzione pacifica” ai problemi del Paese. “Con la nostra preghiera ci rivolgiamo alle persone di tutte le religioni, opinioni politiche e appartenenza etnica”. “Chiedo in nome della solidarietà con l‘eredità dei nostri padri che hanno fondato la nostra Repubblica Autonoma di Crimea, di stare lontano dagli estremismi e non permettere in questo momento difficile di rompere la fratellanza che unisce tutti i popoli della Crimea”. “Non possiamo permettere che la nostra appartenenza etnica né la nostra religione ci dividano proprio ora. Noi siamo figli dello stesso Dio, l‘unico Dio, che è nostro Padre comune”. Il vescovo ha quindi ricordato il motto che è iscritto nello stemma della Repubblica di Crimea "Процветание в единстве" (Fioritura nell’unità): “possano queste parole essere il nostro motto in questo difficile momento”. (R.P.)

    inizio pagina

    Belgio: per gli abusi sessuali versati finora alle vittime 1,4 milioni di euro

    ◊   1 milione e 400mila euro: a tanto ammonta la somma complessiva assegnata “per il momento” dalla Chiesa del Belgio alle vittime degli abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi all’interno di una relazione pastorale. Il dato è stato reso noto in questi giorni dal Rapporto pubblicato dal Centro di arbitrato in materia di abusi sessuali relativo all’anno 2013 e depositato in Parlamento. Il Centro - riporta l'agenzia Sir - è un’istituzione creata congiuntamente dalla Chiesa belga e dallo Stato per trattare i casi prescritti dalla legge. Dal Rapporto emerge che sono state presentate 621 richieste e fino ad oggi 264 casi sono stati “conciliati”. Le persone che hanno presentato un dossier, sono state ascoltate da una équipe pluridisciplinare composta da giudici e avvocati, uno psicologo e rappresentanti della Chiesa. In funzione del tipo di abuso subito, sono i giudici e gli avvocati a decidere la cifra da versare. Le somme - spiega al Sir padre Tommy Schoeltes, portavoce dei vescovi belgi - sono versate dalla Chiesa attraverso la fondazione “Dignity”: quando una vittima stabilisce un accordo con il Centro di arbitrato, è la diocesi o l’ordine religioso o la congregazione di cui ha fatto parte il violentatore, a versare la somma stabilita alla fondazione “Dignity”. È poi la fondazione a versare la somma alla vittima. Se chi ha commesso l’abuso è ancora in vita, è lui a versare alla diocesi o alla congregazione religiosa la somma stabilita. Secondo il rapporto presentato alla Commissione parlamentare, sono alcune decine i casi dichiarati irricevibili. La grande maggioranza delle vittime sono uomini, circa una cinquantina di casi coinvolge le donne. La media delle somme versate a ciascuna delle vittime si aggira attorno ai 5mila euro. Pare che una persona abbia deciso di devolvere la somma ad un’istituzione che si occupa di ricerca degli abusi sessuali in seno alla Chiesa e che il massimo della somma versata è stata di 25mila euro. Per Guy Harpigny, vescovo di Tournai e referente della Conferenza episcopale belga che interviene sugli scandali degli abusi sessuali, i compensi corrisposti alle vittime sono in primo luogo un segno per riconoscere la loro sofferenza: “L’indennizzo offerto è davvero simbolico e non va a rimuovere il dolore o la memoria di quegli eventi terribili”. “La fondazione 'Dignity’ - prosegue il vescovo - offre quindi soprattutto la possibilità per le vittime di parlare. Per alcuni di loro, questa è la prima volta che possono parlare con qualcuno”. “Una volta che un male è stato commesso da un membro della Chiesa - conferma il vescovo -, dobbiamo assumercene la responsabilità, riparare e assicurare che ciò non accada mai più. Si stanno pertanto implementando tutti i tipi di accortezze in modo che non si ripeta. Per il resto, solo Dio può consolare i cuori”. Harpigny assicura che ai vescovi non importa che l’immagine della Chiesa sia stata rovinata “a causa di tutto il male che è stato fatto”: “Questo non è davvero la cosa più importante - conclude - quanto piuttosto riconoscere finalmente le vittime e andare in loro soccorso”. (R.P.)

    inizio pagina

    Mons. Galantino: "La Chiesa per la scuola" a maggio con il Papa non è una "chiamata alle armi"

    ◊   L’evento del 10 maggio “La Chiesa per la scuola”, in piazza san Pietro con Papa Francesco, “non può essere impoverito con una sua riduzione ad una sorta di "chiamata alle armi" in difesa delle scuole paritarie: queste sono certo nelle nostre preoccupazioni, ma l’appuntamento di maggio intendiamo viverlo come un’opportunità che faccia emergere l’attenzione che la Chiesa pone per i temi della formazione e dell’educazione, per una scuola che è soggetto plurale, articolato, che non può escludere alcuna agenzia educativa”. Lo ha detto mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, al seminario riservato ai responsabili regionali degli Uffici scuola, insegnamento della religione cattolica, pastorale della famiglia e pastorale giovanile impegnati a Roma per una due giorni di lavoro che si è conclusa oggi, in preparazione all’iniziativa del 10 maggio. “Vogliamo che l’evento sia un’esperienza di Chiesa e non di chiesuole”, ha aggiunto il segretario della Cei, richiamando l’importanza che sulla manifestazione si evitino “appropriazione indebite”, per presentarsi come “realtà unita e sinfonica, lontana da interessi di bottega, consapevole piuttosto dell’urgenza di investire sulla dimensione formativa come su quella educativa”. Infine - riporta l'agenzia Sir - mons. Galantino ha sollecitato a superare “l’aggressione ideologica esasperata che si muove attorno alla scuola e che rende faticoso l’emergere del suo ruolo: quello di essere offerta qualificata di strumenti critici per stare in questo mondo”. Serve una scuola, ha concluso, in grado di assicurare “risposte sensate a domande reali: per farlo occorre la capacità di possedere e, quindi, di trasmettere strumenti critici per abitare questo tempo”. Durante i lavori del seminario, mons. Domenico Pompili, sottosegretario della Cei, ha presentato alcune indicazioni operative per il 10 maggio. Tra queste: l’udienza con Papa Francesco è aperta a tutti e non è previsto nessun biglietto per l’accesso a piazza san Pietro, pertanto i posti a sedere saranno occupati man mano che le persone affluiranno in piazza. Chi vuole potrà portarsi piccoli sgabelli pieghevoli. Sono previsti settori per le persone diversamente abili in carrozzina. Il programma dell’incontro sarà il seguente: alle ore 14 verrà aperta la piazza, dalle 15.30 alle 16.15 si avrà l’accoglienza, alle 16.15 è previsto l’arrivo in piazza di Papa Francesco e alle 17 l’incontro che avrà termine alle 18.30. (R.P.)

    inizio pagina

    Messaggio di Quaresima del patriarca Bartolomeo I

    ◊   “Il periodo della Santa e Grande Quaresima che sta per iniziare è offerto, nel mezzo della vasta crisi economica sul piano mondiale, per manifestare il nostro aiuto materiale e spirituale verso il prossimo”. Lo scrive il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo nel Messaggio indirizzato a tutto il mondo, in occasione dell’inizio della Quaresima. Il Messaggio - riporta l'agenzia Sir - è tutto centrato su un invito alla conversione “vera, personale e del cuore”, come “cammino senza fine verso la perfezione di Dio, verso la quale dobbiamo tendere e muoverci continuamente”. “La conversione naturalmente, per essere reale - scrive il patriarca Bartolomeo -, deve essere accompagnata da analoghi frutti, particolarmente dal perdono del nostro prossimo e dalle buone azioni verso di esso”. La via della conversione passa attraverso “il non serbare rancore, la preghiera fervida e puntuale, la carità, l’umiltà, l’amore verso tutti, la vittoria del bene sul male, il fuggire la vanagloria e il vano innalzarsi”. Sono tutti atteggiamenti - scrive il patriarca che portano “alla morte”. Convertirsi significa invece operare “in modo filantropico”, passare “da quel modo farisaico individuale di affrontare la vita” ad un “modo collegiale e veramente altruistico”. “Ecco dunque, fratelli e figli, si apre davanti a noi - conclude così il Patriarca - un tempo gradito ‘per essere contriti’ ed uno stadio di ravvedimento e di ascesi”. (R.P.)

    inizio pagina

    Chiesa in Sud Sudan: la pace solo se sappiamo perdonare

    ◊   In Sud Sudan serve una responsabilità di governo condivisa, per unire e riconciliare: lo dice alla Misna mons. Rudolf Deng Mayak, il vescovo di Wau, definendo positiva la proposta dei mediatori africani di formare a Juba un esecutivo di transizione aperto a entrambe le parti in conflitto. “La popolazione del Sud Sudan è stata devastata da questi due mesi di violenza, dolore e distruzione – sottolinea il vescovo – e ora ha bisogno di un leader che unisca e riconcili, dimostrando la capacità di perdonare”. La necessità di soluzioni politiche nuove è tema dei negoziati in corso nella capitale etiopica Addis Abeba tra il governo del Presidente Salva Kiir e i ribelli legati al suo ex vice Riek Machar. Entrambe le parti hanno fatto sapere di accettare in linea di principio la creazione di un esecutivo di transizione proposta dai mediatori dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad). Allo stesso tempo, però, hanno respinto l’ipotesi di un’esclusione sia di Kiir che di Machar. Secondo mons. Deng, è difficile dire oggi chi in Sud Sudan possa avere la capacità di avviare un cammino di pace. “Di sicuro – dice il vescovo – è giusta l’idea di una responsabilità condivisa di governo e di servizio ai cittadini, tenendo conto del fatto che le elezioni sono previste nel 2015, che è l’anno prossimo e non è lontano”. Il Sud Sudan è divenuto indipendente da Khartoum nel 2011, dopo una guerra civile durata più di 20 anni. Il nuovo conflitto è cominciato a Juba il 15 dicembre, con la denuncia da parte di Kiir di un presunto tentativo di golpe. A orchestrarlo sarebbe stato Machar, che ha però sempre smentito questa versione dei fatti e denunciato invece una deriva autoritaria da parte del governo. Secondo le Nazioni Unite, i combattimenti hanno causato migliaia di vittime e costretto a lasciare le loro case oltre 800.000 persone. (R.P.)

    inizio pagina

    Nord Corea: respinta la richiesta di scarcerazione per il missionario cristiano

    ◊   Il governo della Corea del Nord ha respinto la richiesta di rilascio del missionario cristiano Kim Jeong-wook, arrestato nell'ottobre del 2013 e apparso ieri per la prima volta in una conferenza stampa organizzata dal regime. Nel corso della conferenza, Kim ha "ammesso i suoi crimini" contro Pyongyang e ha chiesto alle autorità staliniste di avere "pietà di lui". Subito dopo la trasmissione - riferisce l'agenzia AsiaNews - il governo di Seoul ha chiesto al Nord di rilasciarlo: oggi è arrivata la risposta negativa. Il ministero sudcoreano per l'Unificazione, che gestisce i rapporti con Pyongyang, ha chiarito di "non aver ricevuto" una motivazione per il rifiuto. Kim, missionario battista, ha dichiarato ieri di "aver cercato di creare una rete di chiese domestiche in Corea del Nord con il sostegno dei servizi segreti del Sud", che da parte loro hanno negato ogni coinvolgimento. Kim, 50 anni, è stato fermato il giorno stesso in cui è entrato in Corea del Nord attraverso il confine con la Cina. Secondo gli agenti del regime stalinista, aveva con sé Bibbie e "altro materiale religioso cristiano". Subito dopo il suo fermo Pyongyang aveva annunciato di aver catturato "una spia", ma da allora non aveva più menzionato il nome del missionario. Oltre a lui sono ancora nelle mani del governo John Shot, missionario australiano 75enne e Kenneth Bae, cittadino americano condannato a 15 anni per "attività sovversive". (R.P.)

    inizio pagina

    Filippine. Il neo-cardinale Quevedo continuerà a lavorare per pace a Mindanao

    ◊   Il neo-cardinale Orlando Beltran Quevedo continuerà a lavorare per la fine del conflitto a Mindanao, nel sud delle Filippine, ma da "dietro le quinte", mantenendo fede al soprannome che molti gli hanno assegnato al momento della sua elevazione al cardinalato da parte di Papa Francesco: il "Cardinal Pace". Ad assicurare il rinnovato impegno per il dialogo fra cristiani e musulmani, assieme a un cessate il fuoco duraturo fra esercito filippino e milizie dei ribelli musulmani, è stato lo stesso arcivescovo di Cotabato a una conferenza a Roma il giorno dopo avere ricevuto la berretta cardinalizia. Il card. Quevedo per molto tempo è stato uno dei principali artefici del lungo e difficile processo di pace fra governo filippino e i ribelli del Moro Islamic Liberation Front (Milf), che dovrebbe essere ratificato a metà marzo. Il card. Quevedo – riferisce l’agenzia CbcpNews - spiega che alla radice del conflitto a Mindanao vi è la "reciproca sfiducia che ha dato origine a troppi malintesi". "Le paure reciproche di cristiani e musulmani - continua l'arcivescovo di Cotabato - si sono nutrite di queste incomprensioni e fraintendimenti". Per questo egli intende continuare il suo ruolo di mediatore e fautore del dialogo interreligioso su tre diversi piani: con gli studenti, nel dialogo di tutti i giorni e in quello teologico con l'islam. E racconta come studenti musulmani e cristiani giochino, studino e persino preghino insieme. Il secondo livello è la "condivisione di esperienze religiose". Infine il terzo, in cui "sono particolarmente impegnato" ricorda il cardinale, e che riguarda "il piano della discussione teologica" e che verte sui temi della creazione, dell'ambiente coinvolgendo vescovi, teologi e imam. Da ex presidente del Commissione episcopale filippina per le Comunità ecclesiali di base (Bec), il porporato auspica che queste realtà particolari della Chiesa possano essere sempre più un modello e un contributo per la costruzione della Chiesa e della società. "Le mie speranza - conclude - vanno dal basso verso l'alto e assicuratevi che non vi siano corruzione nei loro leader". (A cura di Lisa Zengarini)

    inizio pagina

    Bolivia: gli indigeni alluvionati di Beni hanno perso tutto e sono alla fame

    ◊   In Bolivia si stanno registrando le peggiori inondazioni mai verificatesi negli ultimi anni che hanno seminato morti e danni ingenti in tutto il Paese. Secondo le informazioni raccolte dall’agenzia Fides, a Puerto Varador, 7 km da Trinidad, capitale del dipartimento amazzonico di Beni (nordest), manca il cibo, il bestiame è affogato e quello che si è salvato dall’acqua muore di fame. Alcuni abitanti dei villaggi più poveri, armati di coltelli, cercano di prendersi almeno un pò della loro carne per avere qualcosa da mangiare e poter sopravvivere. Le piogge torrenziali hanno causato una moria di animali preoccupante, anche se il governo sta cercando di limitare la gravità della situazione con la distribuzione di 3 mila tonnellate di foraggio. Le inondazioni hanno inoltre provocato un esodo di indigeni poveri che vivono nella regione di Beni, la più colpita della Bolivia, verso la terra ferma, alla ricerca di generi alimentari. A Santa Ana de Moseruma, altro villaggio vicino Trinidad, le famiglie hanno perso le loro case, semplici baracche fatte a mano, oltre agli animali da cortile come polli e maiali da cui traevano sostentamento. Si sono quindi spostate nei luoghi limitrofi, dormono all’aperto protette solo da coperte e teli di plastica. Vicino Trinidad si incontrano indigeni su piccole imbarcazioni che vanno in cerca di aiuto, altri camminano a piedi, sommersi dall’acqua. Per le strade di Puerto Varador, sul fiume Mamoré, si vedono anche gruppi di enormi roditori selvatici che, quasi coperti dall’acqua, cercano istintivamente di raggiungere la terraferma. Trinidad è protetta da una diga di 8,2 chilometri, che finora è servita ad evitare maggiori allagamenti. Il dipartimento di Beni è quello che produce carne per tutta la Bolivia. La regione è attraversata da fiumi, provenienti dalle Ande e dai Valles boliviani, ingrossati nelle settimane precedenti dalle piogge torrenziali. (R.P.)

    inizio pagina

    Svizzera: i vescovi dicono no al “libero mercato” della procreazione

    ◊   No al “libero mercato” della procreazione: lo afferma la Commissione di bioetica della Conferenza episcopale svizzera, a pochi giorni dalla pubblicazione di un documento della Commissione nazionale di etica (Cne) riguardante le diverse tipologie di procreazione medicalmente assistita. In sintesi, tale documento raccomanda la diagnosi pre-impianto alle coppie portatrici di malattie genetiche; auspica l’eliminazione del divieto di donare gli ovuli e sostiene il progetto normativo che vuole legalizzare la crio-conservazione degli embrioni e cancellarne il limite massimo sviluppabile. Un testo che la Chiesa elvetica respinge duramente, poiché esso “propone un’etica liberale utilitaristica”. In particolare, i vescovi svizzeri sottolineano che “la fecondazione e la produzione di embrioni in vitro conducono quasi inevitabilmente alla selezione attraverso la diagnosi pre-impianto” e mettono in guardia contro alcune pratiche come quella de “l’utero in affitto”, che “oltraggia la dignità della donna, la quale finisce per vendere non solo il suo corpo, ma anche un elemento specifico della sua identità femminile, vale a dire la capacità di accogliere lo sviluppo di una vita umana”. Allo stesso tempo, in relazione agli embrioni, i presuli di Friburgo sottolineano che “non è accettabile far venire alla luce degli esseri umani per poi distruggerli, congelarli o usarli secondo i nostri desideri più assurdi”. Infine, i vescovi si dicono coscienti che l’impossibilità di procreare provoca “sofferenza”; tuttavia, non si può “alleviare tale dolore” ad ogni costo, perché “una società in cui è permesso tutto ciò che soddisfa i desideri individuali non diviene affatto più umana, ma corre il rischio di distruggersi e di perdere il senso del bene comune”. (I.P.)

    inizio pagina

    Il premio Niwano per la pace a Dena Merriam, leader della Global Peace Initiative for Women

    ◊   Il 31.mo Premio Niwano per la pace è stato assegnato a Dena Merriam, leader della Global Peace Initiative for Women. Il Comitato di selezione internazionale e la Niwano Peace Foundation - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno voluto riconoscere il lavoro determinato e creativo di Dena Merriam per la pace e il suo profondo impegno per "rendere le dimensioni spirituali del lavoro per la pace come parte integrante di un insieme ricco e diversificato di attività che affrontano molti dei problemi più critici del mondo di oggi". Il Comitato, che si è avvalso della consultazione di circa 600 persone e organizzazioni di 125 Paesi e delle maggiori religioni del mondo, definisce la Merriam un leader per fondere la voce e l'energia di donne che si ispirano alla loro fede e che costituiscono il nucleo di un movimento globale senza precedenti. La Merriam, inoltre, viene premiata per il suo lavoro instancabile per assicurare che le intuizioni delle religioni orientali e occidentali si fondano in modo equilibrato. Il Premio infine vuole onorare il servizio di Dena Merriam per un mondo più giusto e sostenibile. Dena Merriam, cittadina statunitense, ha iniziato a lavorare nel movimento interreligioso alla fine del 1990 come vice presidente al Millennium World Peace Summit of Religious and Spiritual Leaders tenuto alle Nazioni Unite. Successivamente ha organizzato un incontro di donne leader religiose e spirituali al Palais des Nations di Ginevra e da questo incontro è nata nel 2002 la Global Peace Initiative of Women (Gpiw), un organismo presieduto da un gruppo interreligioso di donne leader spirituali. Fine dell'organizzazione è consentire alle donne di facilitare la riconciliazione in zone di conflitto e post-conflitto e di offrire risorse spirituali per contribuire ad affrontare problemi globali critici. Dalla sua fondazione, la Gpiw ha organizzato dialoghi in Israele/Palestina, Iraq, Sudan, Afghanistan, Cambogia e Kashmir. Per diversi anni dopo la sua fondazione, la Gpiw ha anche sviluppato, in collaborazione con le Nazioni Unite, un programma di leadership per giovani leader di comunità. Il lavoro di Gpiw nel settore della costruzione della pace comprende la promozione di nuovi modelli di sviluppo, inclusivo e sostenibile, attraverso la mobilitazione di comunità di fede per affrontare temi come la crisi climatica e per mutare l'atteggiamenti verso l'ambiente, recuperando il senso di timore, rispetto e riverenza per la natura. Convinta che le donne e le tradizioni religiose orientali sono molto sottorappresentate negli incontri interreligiosi internazionali, la signora Merriam si è dedicata anche alla creazione di una piattaforma per le donne leader religiose e spirituali, e a ottenere un impegno più attivo sulla scena mondiale delle leadership indù e buddista. Per oltre 35 anni, Dena Merriam è stato allieva del maestro indù Paramahansa Yogananda ed è praticante del Kriya Yoga meditation. Da anni è una studiosa dei grandi testi della tradizione vedica. Ha fatto parte del consiglio dell'Harvard University Center for the Study of World Religions e dell'International Center for Religion and Diplomacy, The Interfaith Center of New York and Seven Pillars. E' nel consiglio di The All India Movement (Aim) for Seva, della Manitou Foundation ed è consulente del Dharma Drum Mountain Buddhist Association e del The Gross National Happiness Center in Bhutan. La cerimonia di premiazione si svolgerà a Tokyo il 16 maggio. La signora Merriam riceverà un attestato,una medaglia e 20 milioni di yen (circa 150mila euro). (R.P.)

    inizio pagina

    Il Cairo: inaugurato il 62.mo Festival cattolico del cinema egiziano

    ◊   Si è aperta ieri sera a Il Cairo la 62esima edizione del Festival cattolico del cinema egiziano. La serata inaugurale, ospitata nella Nile Hall - la sala multimediale da 500 posti annessa alla chiesa cattolica latina di San Giuseppe – ha visto la partecipazione di ospiti illustri come l'ex ministro della cultura Farouk Hosni e l'attrice Samiha Ayoub. Per una settimana, più di trenta film egiziani e arabi prodotti nel 2013 verranno visionati e giudicati per il loro contenuto artistico e culturale, usando criteri di valutazione attenti soprattutto ai valori umani e morali trasmessi dalle opere. La giuria di esaminatori, presieduta dal francescano egiziano Boutros Daniel, è composta da esperti cristiani e musulmani. Venerdì prossimo, 7 marzo, verranno distribuiti i premi ai primi tre film classificati e altre onorificenze a rappresentanti del mondo della cultura e dei media. La manifestazione degli “Oscar” assegnati dal Centro cattolico del Cinema egiziano, giunta alla sua 62esima edizione, è nata dall'intuizione del francescano toscano Erminio Roncalli e rappresenta la prima esperienza di valorizzazione dell'arte cinematografica di questo tipo fiorita in Egitto. “I cineasti egiziani e arabi” spiega all'agenzia Fides il vescovo Adel Zaki, vicario episcopale di Alessandria d'Egitto per i cattolici di rito latino – tengono moltissimo a partecipare a questa manifestazione e a essere premiati. I criteri di giudizio sono ispirati alla visione dell'uomo, delle sue attese e delle sue aspirazioni al bene, alla bontà e alla bellezza che si ritrova nel cristianesimo e che ha un valore universale. Agli occhi dei partecipanti, i premi assegnati esprimono in qualche modo l'apprezzamento di tutta la Chiesa universale”. Nel corso dei decenni, il Centro cattolico del Cinema egiziano, col suo staff di più di 10 persone, è diventata un'istituzione autorevole che grazie a un prestigioso archivio-filmoteca – consultato e frequentato per le loro ricerche da esperti e studiosi di tutto il mondo - custodisce la memoria storica del cinema egiziano e del mondo arabo. Ogni anno, oltre a organizzare il Festival del film egiziano, il Centro pubblica in arabo il volume che raccoglie le recensioni critiche dei film usciti nelle sale durante i 12 mesi precedenti. Si tratta di valutazioni che si soffermano in particolare sui contenuti educativi e sulla visione antropologica e morale veicolati da ciascuna opera cinematografica. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 60

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.