Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 26/05/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Abbraccio di Francesco e Bartolomeo al Santo Sepolcro
  • Il Papa allo Yad Vashem: "Mai più!"
  • La preghiera del Papa al Muro Occidentale
  • Il Papa: il terrorismo è criminale, una strada senza uscita
  • Francesco a Peres: Gerusalemme sia davvero città della pace
  • Il Papa dal Gran Muftì: no a violenza in nome di Dio
  • Il card. Parolin: la preghiera del Papa diventa forza di pace e unità
  • Padre Pizzaballa: Francesco in Terra Santa, viaggio storico
  • Padre Lombardi: il Papa mostra la forza reale della fede
  • Nomina
  • Visite pastorali del cardinale Filoni in Camerun e in Guinea equatoriale
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Europee: Le Pen e Renzi veri vincitori, Ppe primo partito
  • Ucraina: il magnate Poroshenko vince le presidenziali. Mosca pronta a dialogare
  • La morte del gen. Jaruzelski, sospeso il giudizio della storia
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Sudan, le chiese cristiane chiedono il rilascio di Meriam
  • Egitto al voto per le presidenziali. Oltre 53 milioni gli elettori
  • In India giura il neo premier Modi
  • Belgio: diffusi video e foto sull’attentato al museo ebraico
  • Argentina: Te Deum per la festa nazionale
  • Brasile, Congresso dell'Infanzia e dell’Adolescenza Missionaria
  • Il vescovo di Crotone: necessari segni credibili di cambiamento
  • Mons. Galantino: attuale il messaggio di San Camillo de Lellis
  • Diocesi di Roma: il 7 giugno convegno sull’Evangelii gaudium
  • Scalabriniani, tavola rotonda su cultura dell'incontro e migranti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Abbraccio di Francesco e Bartolomeo al Santo Sepolcro

    ◊   La seconda giornata del Papa a Gerusalemme è culminata con la celebrazione ecumenica al Santo Sepolcro, preceduta da un incontro privato con il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, nella delegazione apostolica. Nel 50.mo anniversario dello storico abbraccio tra Paolo VI ed il Patriarca Atenagora, per la prima volta nella storia della cristianità tutte le Chiese di Terra Santa hanno celebrato insieme: cattolici, greco-ortodossi, armeni, siriaci, copti, abissini ed altre confessioni cristiane. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Facciamo appello ai cristiani, ai credenti di ogni tradizione religiosa e a tutti gli uomini di buona volontà, a riconoscere l’urgenza dell’ora presente, che ci chiama a cercare la riconciliazione e l’unità della famiglia umana, nel pieno rispetto delle legittime differenze, per il bene dell’umanità intera e delle generazioni future”. Cosi Francesco e Bartolomeo I nella Dichiarazione comune, firmata a sugellare il loro incontro privato “pienamente consapevoli di non avere raggiunto l’obiettivo della piena comunione”, ribadendo l’impegno “a camminare insieme verso l’unità” dei cristiani, ricercando pure “un autentico dialogo con l’Ebraismo, l’Islam e le altre tradizioni religiose”.

    Francesco e Bartolomeo si sono impegnati a collaborare a “servizio all’umanità, specie in “difesa della dignità della persona umana in ogni fase della vita e la santità della famiglia basata sul matrimonio”, per promuovere la “pace” e il “bene comune” e rispondere “alle miserie che continuano ad affliggere il mondo”. Riconoscendo che “devono essere costantemente affrontati la fame, l’indigenza, l’analfabetismo, la non equa distribuzione dei beni”. “È nostro dovere - si legge nel testo - sforzarci di costruire insieme una società giusta ed umana, nella quale nessuno si senta escluso o emarginato”.

    Quindi l’emozione di ritrovarsi insieme nel Santo Sepolcro, accolti dai tre Superiori delle comunità Greco-Ortodossa, Francescana ed Armena, che presiedono la Basilica. “E’ una grazia straordinaria essere qui riuniti in preghiera”, ha detto Francesco:

    “Sostiamo in devoto raccoglimento accanto al sepolcro vuoto, per riscoprire la grandezza della nostra vocazione cristiana: siamo uomini e donne di risurrezione, non di morte”.

    Apprendiamo, da questo luogo, a vivere la nostra vita, i travagli delle nostre Chiese e del mondo intero nella luce del mattino di Pasqua:

    “Ogni ferita, ogni sofferenza, ogni dolore, sono stati caricati sulle proprie spalle dal Buon Pastore, che ha offerto sé stesso e con il suo sacrificio ci ha aperto il passaggio alla vita eterna. Le sue piaghe aperte sono il varco attraverso cui si riversa sul mondo il torrente della sua misericordia”.

    "Non lasciamoci rubare il fondamento della nostra speranza":

    “Non priviamo il mondo del lieto annuncio della Risurrezione! E non siamo sordi al potente appello all’unità che risuona proprio da questo luogo, nelle parole di Colui che, da Risorto, chiama tutti noi 'i miei fratelli'”.

    “Certo, non possiamo negare – ha ammesso Francesco - le divisioni che ancora esistono tra di noi, discepoli di Gesù” e “questo sacro luogo – ha aggiunto ce ne fa avvertire con maggiore sofferenza il dramma”, ma le divergenze "non devono spaventarci e paralizzare il nostro cammino”:

    “Dobbiamo credere che, come è stata ribaltata la pietra del sepolcro, così potranno essere rimossi tutti gli ostacoli che ancora impediscono la piena comunione tra noi”.

    Poi l’auspicio rinnovato di trovare “una forma di esercizio del ministero proprio del Vescovo di Roma che, in conformità con la sua missione, si apra ad una situazione nuova e possa essere, nel contesto attuale, un servizio di amore e di comunione riconosciuto da tutti”.

    Infine, il pensiero di Francesco è andato all’intera regione del Medio, “cosi spesso segnata da violenze e conflitti” e a tutti gli uomini e donne del Pianeta colpiti da guerre, povertà, fame, e ai cristiani perseguitati:

    “Quando cristiani di diverse confessioni si trovano a soffrire insieme, gli uni accanto agli altri, e a prestarsi gli uni gli altri aiuto con carità fraterna, si realizza un ecumenismo della sofferenza, si realizza l’ecumenismo del sangue, che possiede una particolare efficacia non solo per i contesti in cui esso ha luogo, ma, in virtù della comunione dei santi, anche per tutta la Chiesa. Quelli che per odio alla fede uccidono, perseguitano i cristiani, non gli domandano se sono ortodossi o se sono cattolici: sono cristiani! Il sangue cristiano è lo stesso!”.

    Le parole del Papa in sintonia con quelle del Patriarca Bartolomeo:

    “Questa tomba - ha detto Bartolomeo I - irradia messaggi di coraggio, speranza e vita”. Il sepolcro vuoto indica la sconfitta sulla morte e sul male, non si abbia dunque paura della morte e del male, consapevoli che la storia non può essere programmata. “Qualsiasi sforzo dell’umanità contemporanea – ha sottolineato Bartolomeo - di modellare il suo futuro autonomamente e senza Dio è una vana presunzione”. Infine ci invita a respingere il timore forse più diffuso nella nostra era moderna, la paura dell’altro, del diverso, di chi ha un’altra fede.Bartolomeo ha quindi ricordato come l’incontro tra Paolo VI ed Atenagora, scacciando il timore che aveva tenuto divise per un millennio le due Chiese, “ha mutato la paura nell’amore. Questa è l’unica via affinché “tutti siano una cosa sola”.

    inizio pagina

    Il Papa allo Yad Vashem: "Mai più!"

    ◊   Papa Francesco ha voluto rendere omaggio alle sei milioni di vittime dell’Olocausto, al Memoriale dello Yad Vashem. Ad accompagnarlo il presidente Peres ed il premier Netanyahu. Una cerimonia molto attesa dalla stampa israeliana caratterizzata da un silenzio carico di emozione nella Sala delle Rimembranze dove si erano recati anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. L’evento è stato scandito dalla lettura di uno scritto di una giovane ebrea rumena, morta di stenti insieme al suo piccolo in un lager, durante la Shoah, e sono stati ricordati anche i “Giusti delle Nazioni”, che hanno messo a repentaglio la loro vita per salvare quella degli ebrei, tra cui molti cattolici e religiosi. Da Gerusalemme, Roberto Piermarini:

    Papa Francesco nella Sala delle Rimembranze ha alimentato la fiamma perenne che ricorda lo sterminio degli ebrei che si erge sulle scritte dei 21 Campi di concentramento nazisti. Aiutato da due giovani cattolici di espressione ebraica di Jaffa e Tel Aviv, ha deposto una corona di fiori bianchi e gialli sull’urna contenente le ceneri degli ebrei cremati ad Auschwitz. Quindi ha salutato sei sopravvissuti: tra loro un polacco cresciuto in una famiglia cattolica. Papa Francesco, visibilmente commosso, a ciascuno di loro ha baciato la mano. Nel suo discorso, dai toni biblici, Francesco ha ripreso la voce di Dio che dice ad Adamo: “Dove sei?”. In questo luogo, memoriale della Shoah, sentiamo risuonare questa domanda di Dio. In questa domanda c’è tutto il dolore del Padre che ha perso il figlio”. Quel grido “Dove sei?”, qui, di fronte alla tragedia incommensurabile dell’Olocausto, risuona come una voce che si perde in un abisso senza fondo:

    “Uomo, chi sei? Non ti riconosco più. Chi sei, uomo? Chi sei diventato? Di quali orrore sei stato capace? Cosa ti ha fatto cadere così in basso? Chi ti ha contagiato la presunzione di impadronirti del bene e del male? Chi ti ha convinto che eri Dio? Non solo hai torturato e ucciso i tuoi fratelli, ma li hai offerti in sacrificio a te stesso, perché ti sei eretto a dio. Oggi torniamo ad ascoltare qui la voce di Dio: ‘Adamo, dove sei?’”.

    Quindi la supplica al Signore affinchè ci salvi da questa mostruosità:

    “Dacci la grazia di vergognarci di ciò che, come uomini, siamo stati capaci di fare, di vergognarci di questa massima idolatria, di aver disprezzato e distrutto la nostra carne, quella che tu impastasti dal fango, quella che tu vivificasti col tuo alito di vita. Mai più, Signore, mai più! 'Adamo, dove sei?'. Eccoci, Signore, con la vergogna di ciò che l’uomo, creato a tua immagine e somiglianza, è stato capace di fare. Ricordati di noi nella tua misericordia”.

    Al termine della visita è stato offerto al Papa il quadro di un giovane ebreo polacco di 14 anni, morto nel Campo di sterminio di Auschwitz, che riproduce i sogni di libertà di un ragazzo che sognava un mondo nuovo.

    inizio pagina

    La preghiera del Papa al Muro Occidentale

    ◊   L’abbraccio commovente tra il Papa, il rabbino Skorka e lo sceicco Abboud. Questa l’immagine storica ai piedi del “Muro del pianto” a Gerusalemme, cuore della vita ebraica ed ultimo bastione del vecchio tempio di Salomone. Il Papa aveva appena pregato davanti al Muro. Aveva pregato intensamente toccando le pietre con la mano destra. Quindi aveva introdotto – come è tradizione - nella fessura del Muro la preghiera del Padre Nostro, scritta di suo pugno in spagnolo.

    Quando si è voltato, gli sono andati incontro i due esponenti religiosi, amici di vecchia data a Buenos Aires, che ha voluto al suo seguito in questo viaggio. Il rabbino Skorka, visibilmente commosso, ha abbracciato a lungo il Papa. Un abbraccio tra esponenti di ebraismo, cristianesimo e islam, proprio qui nel cuore della Città Santa di Gerusalemme, culla delle tre religioni monoteiste.

    Il Papa ha scritto anche una dedica in spagnolo sul Libro d’Onore del Muro Occidentale, con la citazione del Salmo 121: “Quale gioia quando mi dissero ‘Andiamo alla casa del Signore’. Ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme”. E poi ha aggiunto: “Con questi sentimenti di gioia verso i miei fratelli maggiori, sono venuto ora e ho chiesto al Signore la grazia della pace”.

    Successivamente, accolto dal presidente israeliano Shimon Peres e dal premier Benyamin Netanyahu, Papa Francesco si è recato al mausoleo del Monte Herzl per deporre fiori sulla tomba di Theodor Herzl, fondatore del Movimento sionista. La sosta è avvenuta in base al nuovo protocollo previsto da Israele per le visite ufficiali dei capi di Stato. Quindi, su richiesta del premier Netanyahu, ha sostato brevemente accanto ad una stele, nei pressi del mausoleo, che ricorda le vittime del terrorismo. (A cura di Roberto Piermarini)

    inizio pagina

    Il Papa: il terrorismo è criminale, una strada senza uscita

    ◊   Dopo la visita al Muro Occidentale, il Papa si è recato al mausoleo del Monte Herzl, dove è stato accolto dal presidente israeliano Shimon Peres e dal premier Benyamin Netanyahu. Qui ha deposto dei fiori sulla tomba di Theodor Herzl, fondatore del Movimento sionista. La sosta è avvenuta in base al nuovo protocollo previsto da Israele per le visite ufficiali dei capi di Stato. Quindi, su richiesta del premier Netanyahu, ha sostato brevemente accanto ad un memoriale, nei pressi del mausoleo, che ricorda le vittime del terrorismo. In questa occasione, il Papa, parlando in spagnolo, ha detto:

    “Quisiera, con mucha humildad, decir que el terrorismo es malo. .."
    Voglio dire, con molta umiltà, che il terrorismo è male! E’ male nella sua origine ed è male nei suoi risultati. E’ male perché nasce dall’odio, è male nei suoi risultati perché non costruisce, distrugge! Che tutte le persone capiscano che il cammino del terrorismo non aiuta! Il cammino del terrorismo è fondamentalmente criminale! Io prego per tutte queste vittime e per tutte le vittime del terrorismo nel mondo. Per favore, non più terrorismo! E’ una strada senza uscita!”.

    inizio pagina

    Francesco a Peres: Gerusalemme sia davvero città della pace

    ◊   Va respinta ogni violenza e ogni forma di antisemitismo, così come ogni forma di discriminazione razziale e religiosa. Lo ha affermato Papa Francesco a Gerusalemme, durante l’incontro con il presidente d’Israele, Shimon Peres, vissuto in un clima di grande cordialità. In precedenza, il Papa aveva reso una visita di cortesia ai due Grandi rabbini di Israele, David Lau e Yitzhak Yosef, al Centro “Hechal Shlomo”. La cronaca degli eventi nel servizio di Alessandro De Carolis:

    L’umanità e la schiettezza seminate da Papa Francesco a ogni passo del suo pellegrinaggio fanno crescere in fretta nei suoi riguardi immediati frutti di simpatia, anche in quei contesti che politica e media dipingono di norma come complessi e delicati. Avviene anche nell’incontro tra il Papa e il presidente israeliano Peres. Mentre sono ancora sotto l’occhio delle telecamere, bersagliati dagli scatti frenetici dei fotografi, ogni formalità tra i due viene frantumata, così come i tempi del protocollo, nell’istante in cui Peres dice di vedere nel suo ospite “fantasia” e “ispirazione” in grado di costruire la pace e quando di rimando Papa Francesco con amabilità risponde:

    “Con la mia immaginazione e fantasia vorrei inventare una nuova Beatitudine, che applico oggi a me in questo momento: ‘Beato quello che entra nella casa di un uomo saggio e buono’. E io mi sento beato. Grazie di vero cuore”.

    Non è ancora il momento dei discorsi ufficiali, ma è chiaro che ad aver vinto stavolta non è il politicamente corretto, ma l’umanamente sincero. Che è poi la base migliore per farsi ascoltare ed è un ascolto attento quello che si percepisce quando il Papa, nel giardino del palazzo presidenziale, affronta ancora una volta il tema della pace fra israeliani e palestinesi, ma anche fra le tre fedi che sperimentano in Gerusalemme il quotidiano banco di prova di una non facile convivenza religiosa. Ad ascoltare, alle spalle di Peres e del Papa, c’è il futuro di Israele, centinaia di bambini che intonano un gioioso “Alleluja”, mentre all’ingresso del palazzo presidenziale, altri ragazzini malati di cancro hanno visto esaudito il desiderio di ricevere prima di morire un saluto di Papa Francesco. Al quale, prima di cedergli la parola, un riconoscente Peres dice: “Lei ha aperto una strada, Dio la benedica”:

    “Va respinto con fermezza tutto ciò che si oppone al perseguimento della pace e di una rispettosa convivenza tra Ebrei, Cristiani e Musulmani: il ricorso alla violenza e al terrorismo, qualsiasi genere di discriminazione per motivi razziali o religiosi, la pretesa di imporre il proprio punto di vista a scapito dei diritti altrui, l’antisemitismo in tutte le sue possibili forme, così come la violenza o le manifestazioni di intolleranza contro persone o luoghi di culto ebrei, cristiani e musulmani”.

    Luoghi di culto, ribadisce Papa Francesco, che “non sono musei o monumenti per turisti”, ma luoghi di fede che “vanno perpetuamente salvaguardati nella loro sacralità”:

    “Che Gerusalemme sia veramente la Città della pace! Che risplendano pienamente la sua identità e il suo carattere sacro, il suo universale valore religioso e culturale, come tesoro per tutta l’umanità! Com’è bello quando i pellegrini e i residenti possono accedere liberamente ai Luoghi Santi e partecipare alle celebrazioni!”.

    Il tema del dialogo ebraico-cristiano era stato affrontato nell’incontro precedente con i due Grandi rabbini d’Israele, che accolgono Papa Francesco dicendo di aspettare da lui “parole forti contro l’antisemitismo” ed esortandolo a promuovere “una cerimonia grande di tutti i capi delle religioni per dire che non c’è odio, non c’è terrore in nome della religione”. Il Papa – ribadendo di trovarsi bene tra “fratelli maggiori” – affronta il dialogo dando risalto all’amicizia costruita e mantenuta fin dal suo ministero a Buenos Aires “con molti fratelli ebrei”, idealmente rappresentati dai due amici rabbini che condividono il suo pellegrinaggio. In particolare, osserva Papa Francesco, “non si tratta solamente di stabilire, su di un piano umano, relazioni di reciproco rispetto: siamo chiamati, come cristiani e come ebrei, ad interrogarci in profondità sul significato spirituale del legame che ci unisce”:

    “Da parte cattolica vi è certamente l’intenzione di considerare appieno il senso delle radici ebraiche della propria fede. Confido, con il vostro aiuto, che anche da parte ebraica si mantenga, e se possibile si accresca, l’interesse per la conoscenza del cristianesimo, anche in questa terra benedetta in cui esso riconosce le proprie origini e specialmente tra le giovani generazioni”.

    La visita in Israele era cominciata ieri pomeriggio all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv sull’onda emotiva dell’attentato antisemita di Bruxelles. Papa Francesco, che condanna nettamente il gesto e il tipo di odio che lo ha fomentato, ripropone con le stesse parole a Shimon Peres l’invito già rivolto al presidente palestinese, a prendere cioè parte in Vaticano a un incontro di preghiera e di pace. “Tutti noi sappiamo – scandisce ancora – quanto sia urgente la necessità della pace, non solo per Israele, ma anche per tutta la regione”.

    “Si moltiplichino perciò gli sforzi e le energie allo scopo di giungere ad una composizione giusta e duratura dei conflitti che hanno causato tante sofferenze. In unione con tutti gli uomini di buona volontà, supplico quanti sono investiti di responsabilità a non lasciare nulla di intentato per la ricerca di soluzioni eque alle complesse difficoltà, così che Israeliani e Palestinesi possano vivere in pace”.

    inizio pagina

    Il Papa dal Gran Muftì: no a violenza in nome di Dio

    ◊   “Nessuno strumentalizzi per la violenza il nome di Dio!”. Così Papa Francesco questa mattina a Gerusalemme durante la visita al Gran Muftì Sheikh Muhamad Ahmad Hussein nell’edificio del Gran Consiglio sulla Spianata delle Moschee. Francesco si è rivolto ai musulmani definendoli “amici, fratelli cari”. Il servizio di Paolo Ondarza:

    Un comune padre nella fede. Abramo è indicato dal Papa come esempio, per musulmani, ebrei e cristiani, da imitare a partire dal suo farsi pellegrino, e quindi povero, lasciando la propria gente, la propria casa, per intraprendere quell’avventura spirituale alla quale Dio lo chiamava:

    "Non possiamo mai ritenerci autosufficienti, padroni della nostra vita; non possiamo limitarci a rimanere chiusi, sicuri nelle nostre convinzioni. Davanti al mistero di Dio siamo tutti poveri, sentiamo di dover essere sempre pronti ad uscire da noi stessi, docili alla chiamata che Dio ci rivolge, aperti al futuro che Lui vuole costruire per noi".

    Lungo il pellegrinaggio terreno, l’incontro odierno rappresenta secondo Papa Francesco una tappa per condividere un tratto di strada insieme, “una gradita sosta” che può dare ristoro e offrire nuove forze per affrontare le sfide comuni che “ci si pongono innanzi”. Anche il nostro pellegrinaggio, come quello di Abramo, infatti – ha aggiunto – è una chiamata per la giustizia:

    "Anche noi vorremmo essere testimoni dell’agire di Dio nel mondo e per questo, proprio in questo nostro incontro, sentiamo risuonare in profondità la chiamata ad essere operatori di pace e di giustizia, ad invocare nella preghiera questi doni e ad apprendere dall’alto la misericordia, la grandezza d’animo, la compassione".

    Da parte loro, il Gran Muftì e il presidente del Consiglio supremo musulmano hanno elogiato il Vaticano per gli sforzi di pace, condannato l’occupazione israeliana e il conseguente divieto di accesso per molti abitanti ai luoghi sacri, invocato l’indipendenza dello Stato di Palestina e la liberazione di circa 5mila prigionieri. Questo il forte appello del Papa a “tutte le persone e le comunità che si riconoscono in Abramo”:

    "Rispettiamoci ed amiamoci gli uni gli altri come fratelli e sorelle! Impariamo a comprendere il dolore dell’altro! Nessuno strumentalizzi per la violenza il nome di Dio! Lavoriamo insieme per la giustizia e per la pace! Salam!".

    inizio pagina

    Il card. Parolin: la preghiera del Papa diventa forza di pace e unità

    ◊   Sullo storico incontro di Francesco e Bartolomeo al Santo Sepolcro e sull’invito del Papa a Peres e Abbas per un incontro di preghiera per la pace in Vaticano, il nostro inviato Roberto Piermarini ha raccolto il commento del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin:

    R. – Penso che questo incontro, che è stato molto commovente, ieri sera davanti al Sepolcro del Signore, questo ritrovarci insieme, possa costituire un grande stimolo al cammino ecumenico. Secondo me, c’è bisogno di ritrovare entusiasmo in questo cammino, perché sono stati fatti tanti passi, dal Concilio in poi, da quando Paolo VI incontrò il Patriarca Atenagora, 50 anni fa. Ma c’è bisogno proprio di rinnovare i cuori e di riprendere con coraggio questo cammino, che è il cammino dell’unità, che è il cammino che Gesù vuole per la sua Chiesa. Quindi io spero davvero che da questo incontro possa venire un nuovo impulso, una promozione proprio dell’ecumenismo a livello di tutta la Chiesa.

    D. – Per quanto riguarda la pace, questo gesto è stato molto forte da parte del Papa: come è stato accolto da parte palestinese ed israeliana?

    R. – Da quello che ho potuto percepire è stato accolto molto positivamente. Anche qui sottolineiamo, ancora una volta, la forza della preghiera. Credo che il Papa voglia sottolineare questo. Di fronte alle tante difficoltà che ci sono - politiche, diplomatiche - a quel groviglio di difficoltà e di problemi che esistono qui e che abbiamo sperimentato anche in questi due giorni che siamo rimasti qui, il Papa vuole – una volta di più – riaffermare la forza della preghiera, che può unire i cuori e dare a tutti quella capacità di prendere decisioni coraggiose. Il Papa ha parlato di questo ed io sottolineerei proprio questo: decisioni coraggiose. Da parte di tutti si deve essere capaci di fare scelte che possano davvero portare alla pace.

    D. – Una conferma che la pace è un dono di Dio…

    R. – La pace è un dono di Dio. Quando si parla di pace dono di Dio, io dico sempre che il dono è la trasformazione del nostro cuore: questa, è la mia interpretazione del dono di Dio. Non è un dono confezionato che viene dall’alto, ma è una trasformazione dei cuori, capaci di essere artigiani, operatori di pace giorno per giorno. Questo è il dono di Dio. Che noi sappiamo accoglierlo proprio e ci lasciamo trasformare dal suo Santo Spirito.

    inizio pagina

    Padre Pizzaballa: Francesco in Terra Santa, viaggio storico

    ◊   Sta seguendo da vicino il Papa nel suo pellegrinaggio, il custode di Terra Santa, il padre francescano Pierbattista Pizzaballa. Roberto Piermarini gli ha chiesto un commento su questo viaggio:

    R. - Un momento storico. È stata una visita con un fortissimo impatto, soprattutto ieri nella cerimonia al Santo Sepolcro: l’abbraccio tra Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo è stato un momento molto emozionante che credo abbia segnato questa visita.

    D. - Questa proposta che ha fatto il Papa di un incontro di pace in Vaticano, come è stata accolta qui in Terra Santa?

    R. - Con curiosità. C’è sempre qualcuno che è un po’ scettico, ma anche un atteggiamento positivo, come qualcosa di nuovo che forse può aiutare a sbloccare la situazione.

    D. - I cristiani di Gerusalemme sono un po’ delusi per le misure di sicurezza: molti non sono potuti andare a Betlemme; qui Gerusalemme è blindata. Che cosa può dire loro?

    R. - Hanno ragione. Le misure di sicurezza sono pesantissime; sembrava di essere in un accampamento militare e non ad una visita pastorale. Ma questa è una necessità alla quale il Papa non ha potuto sottrarsi.

    D. - Cosa potrà portare alla Terra Santa questa visita del Papa?

    R. - Nel tempo porterà sicuramente frutti molto positivi nel dialogo tra i cristiani e con i nostri fratelli ebrei e musulmani.

    D. - Viste le contraddizioni che ci sono spesso nella Basilica del Santo Sepolcro, che cosa ha provato personalmente nel vedere tutte le realtà, tutte le confessioni cristiane pregare insieme?

    R. - Mentre questo avveniva, mi chiedevo se era vero o se stavo sognando, perché per chi non conosce queste dinamiche dall’interno questo è un evento straordinario ed eccezionale.

    inizio pagina

    Padre Lombardi: il Papa mostra la forza reale della fede

    ◊   Sulla seconda giornata del viaggio del Papa in Terra Santa, a partire dal cuore di questo pellegrinaggio, lo storico incontro al Santo Sepolcro tra Francesco e Bartolomeo, ascoltiamo la riflessione del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, al microfono del nostro inviato Roberto Piermarini:

    R. - Era un incontro molto atteso, molto desiderato da tutti e due. Un incontro che risale, come intenzione e come origine, ai primi giorni di questo pontificato, al primo incontro fra questo Papa e il Patriarca Bartolomeo, quando Bartolomeo venne, proprio per partecipare – anche quella era una prima assoluta – all’inaugurazione del pontificato di Papa Francesco. Allora, gli propose di venire insieme in Terra Santa, per celebrare questo anniversario così importante. Mi pare che tutti e due lo abbiano vissuto con la piena consapevolezza di quello che questo può essere sul cammino dell’ecumenismo, invitando con cordialità anche le altre confessioni a partecipare. E questa è stata una grande novità, una bella novità. Il Papa ha rimesso sul tavolo, direi, se così si può dire, la sua disponibilità, sulla traccia di quello che già avevano fatto i suoi predecessori, a una riflessione profonda sul servizio del vescovo di Roma come servizio per tutti i cristiani, per l’amore e la comunione fra tutti i cristiani, come può essere pensato, come può essere ripensato oggi, in modo – egli ha detto - anche nuovo. E questa è un’offerta di grande coraggio e di grande generosità ma è così che l’ecumenismo può andare avanti. E attingere la forza, la gioia, l’ispirazione per l’ecumenismo, proprio andando a pregare insieme, nel sepolcro di Cristo Risorto, è qualcosa di molto importante.

    D. – Ci sono state reazioni all’invito che il Papa ha fatto ai due presidenti a pregare per la pace, in quella che ha chiamato “la casa in Vaticano”?

    R. - Mi pare che le reazioni siano state tante, che sia stata considerata un po’ una delle grandi notizie di questa giornata ed effettivamente un’offerta originale, coraggiosa, da parte del Papa. Se l’ha fatta, evidentemente, aveva la consapevolezza che poteva essere accolta. Credo che è bello che il Papa fa l’offerta che è di sua competenza. Il Papa è un uomo religioso, è un leader religioso e morale: che cosa propone lui per fare la pace? Non una trattativa diplomatica particolare - anche se dice che ce n’è bisogno naturalmente, ma non è la sua competenza -, non un rafforzamento degli eserciti, ma propone un mettersi davanti a Dio, chiedere a Dio l’aiuto per fare qualche cosa che noi non siamo finora riusciti a fare e che quindi deve venire anche dall’aiuto di qualcun altro. E per convertirci noi stessi, per toccare, modificare i nostri cuori, in modo tale, da renderli più capaci di incontro, di dialogo, di accettazione dell’altro: uscire da noi stessi per potere andare sulle vie nuove della pace. Il Papa ha fatto questa offerta che è la sua competenza. E’ bello che un’offerta di questo genere appaia realistica, proprio in un contesto in cui la pace sembra da tanto tempo così difficile, per non dire impossibile alle forze umane. E che quindi si accolga con emozione, con interesse, direi con gratitudine, il gesto di coraggio di un Papa che invita a pregare per la pace i rappresentanti di popoli che finora non sono riusciti ad accordarsi nella pace e che la gente sia contenta di questo e trovi che sia una cosa positiva, è un bel segno che la forza spirituale in questo mondo è qualche cosa di profondamente reale, profondamente presente e speriamo di prontamente efficace per far cambiare le cose.

    D . – Una conferma anche che la pace non viene agli uomini ma da Dio, è un dono di Dio…

    R. – Certamente, questa è la premessa. Noi ne siamo convinti. E questo è bello, il Papa Francesco lo ha detto anche riferendosi a Giovani XXIII, in occasione della canonizzazione. Giovanni XXIII, nel mettere in cammino il Concilio, ha avuto il coraggio di credere che le cose impossibili, che sembravano impossibili, diventassero possibili, con la grazia di Dio. Questa è una cosa che Papa Francesco pensa molto spesso e molto profondamente, ci crede per davvero. Allora, se la pace ci sembra impossibile, tanto più dobbiamo pregare Dio per farla diventare possibile con il suo aiuto.

    D. – Possiamo fare previsioni sulla data di questo incontro?

    R. – Noi tutti speriamo che non si faccia attendere troppo però a me sembra ancora prematuro dire che ci sia una data. Io lascio che le persone invitate dicano al Papa: ‘Sono disponibile’, glielo dicano formalmente e chiaramente gli dicano anche le date che vanno loro bene in modo tale che poi noi possiamo dire che questa cosa avverrà e ci prepariamo tutti spiritualmente per una certa data.

    D. – Lei aveva detto prima del viaggio: sarà un viaggio breve e intenso. Il Papa è stanco?

    R. – Come tutte le persone che sono impegnate con grande fede e che vede che questa fede opera, incontra, suscita gioia e impegna nel cuore degli altri, è aiutato a portare la fatica. Certamente non possiamo dire che il Papa non stia faticando in questi giorni, sta facendo un impegno incredibile, assolutamente, anche fisico: lo abbiamo visto inginocchiarsi più volte negli atti di devozione al Santo Sepolcro. Però, ha un’energia che ci sembra inesauribile. La attinge da qualche parte, la attinge certamente alla grande fede e alla grazia di Dio che lo sta aiutando a svolgere questo ministero.

    inizio pagina

    Nomina

    ◊   Il Santo Padre ha nominato Vicario Apostolico di Caroni (Venezuela) Mons. Felipe González González, O.F.M. Cap., Vescovo titolare di Sinnuara, trasferendolo dal Vicariato Apostolico di Tucupita.

    inizio pagina

    Visite pastorali del cardinale Filoni in Camerun e in Guinea equatoriale

    ◊   Il prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il cardinale Fernando Filoni, sarà in visita pastorale in Camerun – dove concluderà le celebrazioni del centenario dell’Evangelizzazione dell’arcidiocesi di Bamenda – e in Guinea equatoriale. Domani il porporato incontrerà i formatori ed i 120 seminaristi del Seminario maggiore di Nkolbisson-Yaoundé. Mercoledì si recherà a Bamenda, dove incontrerà i vescovi. Giovedì prossimo, solennità dell’Ascensione, il cardinale Filoni presiederà la Messa solenne per la chiusura del centenario dell’evangelizzazione. Il prossimo 30 maggio – ricorda l’agenzia Fides – il prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli sarà in Guinea equatoriale. Nel pomeriggio, si recherà nella Basilica dell’Immacolata, mentre il giorno seguente, il 31 maggio, presiederà la Messa pontificale a chiusura del mese mariano. Nel pomeriggio, incontrerà i vescovi ed il clero. Domenica primo giugno, è in programma la visita al Seminario propedeutico filosofico di Otélé. Il 2 giugno, infine, il cardinale Filoni rientrerà a Roma. (A.L.)

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore sul viaggio di Papa Francesco in Terra Santa.

    La dichiarazione comune firmata dal Papa e dal Patriarca Bartolomeo.

    Shimon Peres e Mahmud Abbas acettano l'invito del Pontefice a recarsi, insieme, in Vaticano.

    Le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, con un articolo di Marco Bellizi sul risultato del voto in Italia.

    Entro il 2014 la sicurezza agli afghani: in visita nella base militare di Bagram, Obama sostiene che la missione è compiuta.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Europee: Le Pen e Renzi veri vincitori, Ppe primo partito

    ◊   Il Ppe si conferma il primo partito al Parlamento Europeo con 212 seggi, anche se ne perde ben 62. I socialisti si confermano al secondo posto, con 185, perdendone 11. Terza forza diventano gli euroscettici che conquistano 129 seggi. Una settantina per i liberali, 55 per i verdi e 45 per la sinistra di Tsipras (che ne aveva 35). Questi i risultati del voto per il rinnovo del Parlamento europeo che, a dispetto delle previsioni, non si è distinto per l’astensionismo: l’affluenza è stata del 43,1%, praticamente pari al 43% del 2009. Ma i dati più significativi e sorprendenti si trovano a livello nazionale. Il servizio di Fausta Speranza:

    L’estrema destra di Marine Le Pen diventa primo partito in Francia con il 26% di voti. Stessa percentuale in Grecia ma per il partito di estrema sinistra, Tsipras. E anche qui è crisi per la maggioranza di governo. La Gran Bretagna registra il boom degli anti-europeisti dell’Ukip di Farage con un 29% di preferenze. Si conferma invece il risultato più che limitato degli eurofobi di Wilders in Olanda, al 13%. La Germania continua a dare fiducia alla Cdu della Merkel anche se con un leggero calo sufficiente a registrare il peggior risultato dal 1979. Premiata di ben 7 punti invece la guida di Schultz ai socialisti dell’Spd, che dal 20 passano al 27%. Ma per avere il dato più sorprendente di tutti bisogna guardare all’Italia, dove al di là di tutte le più rosee previsioni, stravince il Pd di Renzi. Raggiunge oltre il 40% dei consensi e conquista 31 seggi. Distacco di ben 19 punti per il Movimento 5 stelle di Grillo. Terza, Forza Italia con il 16,8%. Poi c’è la Lega con il 6,2%. E il Nuovo centro destra che supera dello 0,4 la soglia di sbarramento del 4%. In Italia ha votato il 58% degli aventi diritto al voto.

    Per una riflessione, Fausta Speranza ha intervistato Giandonato Caggiano, docente di diritto dell’Ue all’Università Tor Vergata:

    R. - In sostanza il numero degli euroscettici si è rivelato piuttosto limitato e i partiti tradizionali, il Partito popolare e il Partito socialista europeo hanno retto. Probabilmente dovranno fare una grande coalizione al parlamento.

    D. - Gli euroscettici sono in terza posizione dopo il Ppe e i socialisti …

    R. – Sì ma senza dimenticare però che ci sono anche i liberali e la lista Tsipras che non sono certamente euroscettici, anzi, tutt’altro: hanno una certa idea di Europa che magari non coincide esattamente con quella dei due grandi schieramenti, sono un terzo blocco di partiti critici ma non euroscettici.

    D. - Invece, a livello di pronunciamenti nazionali, la netta affermazione della Le Pen in Francia, consenso per la Merkel in Germania, l’exploit di Renzi in Italia, in Grecia, come ci si attendeva, Tsipras: che cosa può significare tutto ciò nel dibattito al parlamento europeo?

    R. - Credo che per la Francia si debba parlare di fattori interni ma cade certamente l’alleanza franco-tedesca, perché a livello del parlamento ci sarà il grande spazio di Marine Le Pen. Ma, a livello interno è di certo un regolamento contro un governo che non ha convinto e che è sottostimato. A livello italiano, non c’è dubbio che il voto esprime una grande speranza di cambiamento, ma anche e soprattutto la richiesta di persone nuove che non siano emblematiche di questo nostro passato recente, ma che diano una speranza di rinnovamento in Europa, ma soprattutto in Italia.

    D. - In Gran Bretagna si è confermata la presenza degli euroscettici del partito Ukip, mentre in Olanda hanno sorpreso: c’è stata un’affermazione molto meno decisa rispetto a quella che ci si aspettava …

    R. - La situazione olandese è molto confortante, perché il Paese era un’autentica bomba ad orologeria; è il Paese dove la situazione dell’immigrazione è la più complessa. E i partiti xenofobi hanno avuto nel recente passato un grande successo. Quindi la situazione in Olanda sembra molto confortante. Per quanto riguarda gli inglesi, è evidente che sono euroscettici: nel 2017 ci potrà essere la possibilità che nel referendum la Gran Bretagna esca dall’Unione. Credo che questo possa accadere soprattutto se la Scozia diventerà indipendente: la Scozia è sempre stata un bacino di voti per il Labour Party. Quindi questo potrà avere una grande influenza nel referendum; è una situazione veramente in bilico, se non del tutto compromessa.

    D. - Considerando la grandissima crisi che c’è stata, una crisi non solo economico-finanziaria ma anche di fiducia nei confronti delle istituzioni europee, questo voto come è andato?

    R. - È andato benissimo. Dobbiamo tirare un sospiro di sollievo - almeno tutti coloro che credono nell’Europa, credono in più Europa, credono in una integrazione maggiore - perché il rischio è stato enorme: dopo questa crisi con delle situazioni interne molto delicate, si sarebbe potuta verificare una catastrofe per l’Europa. Invece, ancora una volta, l’Europa ne esce pronta a riprendere il suo cammino fatto di piccoli passi in avanti per il futuro dei giovani.

    inizio pagina

    Ucraina: il magnate Poroshenko vince le presidenziali. Mosca pronta a dialogare

    ◊   L'oligarca ucraino, Petro Poroshenko ha vinto con almeno il 54% dei consensi le presidenziali, stando allo spoglio di più della metà dei seggi ufficializzato dalla Commissione elettorale. Non ci sarà dunque ballottaggio e la proclamazione ufficiale è prevista tra il 6 e l’8 giugno. Intanto, sia Mosca che alcune fonti dei ribelli pro-russi si dicono pronti al dialogo con il nuovo presidente dell’Ucraina. Tuttavia, lo stesso Poroshenko ha dichiarato che non sarà interrotta l’operazione militare nell’est. Da oggi, inoltre, le autorità dell'autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk hanno imposto la legge marziale in tutta la regione. Secondo testimoni, elicotteri di Kiev hanno colpito l’aeroporto di Donetsk occupato dalle milizie filo-russe. Per un’analisi del voto e delle sfide che attendono il nuovo capo dello Stato, Marco Guerra ha sentito Fausto Biloslavo, inviato de Il Giornale ed esperto d’area:

    R. – Era una vittoria annunciata. L’unico dubbio era se ce l’avrebbe fatta al primo turno o meno. Dimostra, però, che questo oligarca, uomo di mille stagioni, evidentemente è la persona giusta per l’Ucraina, in questo momento, e non certo l’eroina – che vediamo noi soprattutto occidentali – Julia Timoshenko, la rivale alle presidenziali, che ha perso sicuramente il suo smalto e che è stata distaccata. Forse proprio perché è il re della cioccolata, un oligarca, un uomo che è stato un po’ con tutti i governi e che ha passato un po’ tutte le casacche, si spera che sia l’uomo giusto per risolvere i gravi problemi del Paese: innanzitutto, la guerra civile nell’est, i rapporti con la Russia e poi anche i gravi problemi economici e i gravi problemi di un’Ucraina, che è comunque divisa fra est e ovest.

    D. – A tal proposito, lui ha detto che la fine della guerra è uno dei suoi obiettivi principali...

    R. – Sì, ha anche detto che in tre mesi chiuderà e risolverà tutti i problemi con Mosca. Io spero che sia vero. Un po’ lo dubito, perché ormai la situazione si è incancrenita, soprattutto nelle regioni di Lugansk e Donetsk, dove i filorussi armati hanno – con un referendum non riconosciuto da nessuno, neanche dalla Russia – di fatto proclamato la secessione e la nascita di questa nuova repubblica, che dovrebbe riguardare un po’ tutto il sudest del Paese, ma che al momento si concentra in queste due repubbliche, che comunque sono importanti, perché restano il bacino carbonifero e metallurgico del Paese.

    D. – La Russia si è detta pronta a dialogare, ma senza mediazioni. Che partita giocherà adesso Mosca?

    R. – Senza mediazioni, nel senso che vuole dialogare direttamente con il nuovo presidente. La Russia non riconosceva il potere sorto da Maidan da un colpo di mano. E adesso con questa investitura popolare – che però dobbiamo ricordare è un’investitura di tre quarti nel Paese, nell’est, nelle regioni separatiste, di fatto non si è votato – la Russia vuole trattare con il nuovo potere legittimo dell’Ucraina e senza avere di mezzo l’Europa, gli Stati Uniti, che indubbiamente in questa crisi hanno fatto secondo me delle scelte azzardate e sbagliate, che hanno portato a questa situazione che nell’est è tragica, siamo infatti nella guerra civile.

    D. – Nessun cedimento neanche dai filorussi come da Kiev. Come finirà?

    R. – Io non sono ottimista, nel senso che bisogna anche avere presente che queste forze separatiste ribelli nell’est sono molto più autonome di quelle della Crimea, che comunque si coordinava con Mosca. Non dico che Mosca abbia perso il controllo di queste forze, ma certo non le controlla pienamente. Il nuovo presidente dell’Ucraina, Poroshenko, quindi lo sa bene e deve tener conto di questo aspetto. Probabilmente, dovrà trattare non solo con gli oligarchi locali dell’est, ma anche appunto direttamente con i separatisti filorussi, se vuole risolvere la faccenda pacificamente. Avrà, però, molti ostacoli: sul terreno non c’è solo la Guardia nazionale, non c’è solo l’esercito di Kiev: ci sono anche le milizie arroccate dall’altra parte, le milizie ultranazionaliste.

    inizio pagina

    La morte del gen. Jaruzelski, sospeso il giudizio della storia

    ◊   Si è spento ieri a Varsavia il generale Wojciek Jaruzelski, aveva 90 anni. Fu tra i protagonisti più controversi della storia polacca, dal secondo Dopoguerra agli anni della Guerra fredda Usa-Urss, al duro conflitto con il sindacato "Solidarnosc" e l’imposizione della legge marziale nel 1981, alla transizione democratica dopo lo sfaldamento dell’impero sovietico fino alla partecipazione, nel 1989, alla Tavola rotonda con le opposizioni che portò alle prime elezioni democratiche.Roberta Gisotti ha intervistato Luigi Geninazzi, giornalista e scrittore, esperto di Europa dell’est:

    D. –Chi era Jaruzelski? Davvero la storia ha sospeso il suo giudizio?

    R. – È stato per molto tempo il personaggio che tutti conoscevamo come il generale impettito, il militare dagli occhiali scuri, il simbolo del militar-comunismo. Ma è stato però qualcosa di più: l’ultimo dittatore di stampo sovietico che si è accorto che doveva pur piegarsi ai venti di cambiamento della storia. Otto anni dopo aver fatto questa grande repressione, nel 1989 è stato lui a dire: “Qui non riusciamo più ad andare avanti con questo socialismo. Dobbiamo aprire ai nemici storici, ai nostri avversari, cioè a Solidarnosc”. Ha quindi inaugurato una grande Tavola rotonda con Lech Wałęsa e i rappresentanti del sindacato libero. È stato uno dei pochi politici che ha avuto una lunga vita politica finita meglio di come è iniziata: da tipico dittatore dei Paesi dell’Est Europa all’uomo che ha aperto la porta alla transizione democratica diventando, per circa un anno, il presidente della Polonia post-comunista.

    D. – Alla notizia della sua morte, Lech Wałęsa ha detto: “È stato un uomo molto intelligente. Solo Dio potrà giudicarlo”.

    R. – Sì, Wałęsa si riferisce al fatto che sulla testa del vecchio generale – già da almeno cinque o sei anni era malato di cancro, di un linfoma – pendevano due procedimenti penali che erano stati sospesi a causa della sua età e della suo pessimo stato di salute. I due procedimenti penali riguardavano rispettivamente il massacro compiuto quando lui era ministro della Difesa, nel 1970, contro gli operai di Danzica e l’altro per l’introduzione della legge marziale del 1981 che, anche se non aveva fatto un bagno di sangue, aveva comunque fatto una decina di vittime tra i minatori della Slesia. Per questo, c’era stato un dibattito in Polonia: c’era chi lo voleva condannare comunque per quello che aveva fatto e chi invece diceva: “Sì, ha compiuto dei crimini, però si è anche riscattato con questa straordinaria decisione di cancellare il suo passato, di stringere la mano a quelli che aveva messo in galera”. Quindi, credo sia per questo che, saggiamente, il suo ex avversario Lech Wałęsa – diventato poi non dico amico, ma che certamente gli è stato vicino, andandolo anche a trovarlo in ospedale negli ultimi tempi – dica: “Sarà Dio adesso a giudicarlo”.

    D. – Nel periodo del suo riscatto, il generale non aveva nascosto la sua simpatia per Papa Wojtyla e la sua testimonianza è stata raccolta anche per la beatificazione di Giovanni Paolo II…

    R. – Con Giovanni Paolo II, Jaruzelski si è incontrato ben otto volte. L’ultima, credo, nel 2001. Gli incontri fatti a livello istituzionale, cioè quando negli anni ‘80 governava con il pugno di ferro la Polonia, sono stati anche molto burrascosi. Proprio nella testimonianza resa per la Beatificazione – citata varie volte dai giornali – ha dimostrato non solo stima, ma anche commozione nei riguardi della figura di Giovanni Paolo II, “un santo che gli ha toccato il cuore”, come disse. Aggiungendo inoltre: “ Mi vergogno per certe parole, per certi atti, perché lui aveva messo in difficoltà il nostro sistema; noi dovevamo reagire. Ma oggi chiedo perdono. Però alla fine mi sono sentito accolto da lui”. Questo è importante, perché dimostra la lealtà di questo militare polacco che è stato comunista ma anche patriota. Quindi una figura tragica, complessa della storia polacca che però, ripeto, ha saputo alla fine della sua lunga vita politica riscattarsi.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Sudan, le chiese cristiane chiedono il rilascio di Meriam

    ◊   In una dichiarazione congiunta, le Chiese in Sudan deplorano la condanna a morte inflitta a Meriam Yehya Ibrahim, una donna all’ottavo mese di gravidanza, accusata di apostasia. Padre Butros Trille Kuku, vicesegretario generale della Conferenza episcopale del Sudan, ha dichiarato chiede alle autorità di Khartoum di rivedere la sentenza e di rilasciare la donna. Il marito della donna – rende noto l’agenzia Fides – ha ricordato che Meriam è nata da padre musulmano sudanese e da una madre etiopica cristiana ortodossa. Il padre ha abbandonato la famiglia quando Meriam aveva sei anni. La madre le ha trasmesso la fede cristiana. Ma secondo le autorità sudanesi, la donna non solo è apostata. E’ anche adultera, perché una musulmana non può sposare un non musulmano. Il suo matrimonio, secondo la Sharia, è da considerare nullo. (A.L.)

    inizio pagina

    Egitto al voto per le presidenziali. Oltre 53 milioni gli elettori

    ◊   Urne aperte stamani, in Egitto, per le elezioni presidenziali. Oltre 53 milioni cittadini sono chiamati al voto per scegliere tra l’ex generale Abdel Fattah al Sisi e il leader della sinistra Hamdine Sabbahi. Sono state adottate eccezionali misure di sicurezza. Si vota oggi fino alle 21 e anche domani. Ad Alessandria le forze di sicurezza hanno arrestato una decina di persone durante una manifestazione promossa da sostenitori del deposto presidente islamico Mohammed Morsi. Il ministero dell'Interno ha smentito inoltre la notizia, ripresa da varie fonti locali, dell’esplosione di un ordigno davanti a un seggio a Mahalla, nel nord del Paese. In base a recenti sondaggi, il favorito è l’ex capo di Stato maggiore dell'esercito e ministro della Difesa, il Al-Sisi. I Fratelli Musulmani, banditi come “organizzazione terroristica”, hanno annunciato che boicotteranno il voto. L’Unione Europea, l’Unione Africana e la Lega Araba hanno inviato infine missioni di osservatori nel Paese. (A.L.)

    inizio pagina

    In India giura il neo premier Modi

    ◊   Nel giorno della cerimonia di giuramento del nuovo primo ministro indiano, Narendra Modi, si registrano nuovi sviluppi nel dialogo tra Islamabad e Nuova Delhi. Prima di partire per l'India il premier pakistano, Nawaz Sharif, ha detto che porterà un messaggio di pace. “Il dialogo – ha affermato – è l'unica via per la soluzione dei problemi”. Per il Pakistan – ha spiegato – è “una priorità avere relazioni cordiali con i Paesi confinanti, tra i quali l’India”. In concomitanza con la visita di Sharif in India, le autorità pakistane hanno annunciato il rilascio di 151 detenuti indiani. I detenuti che saranno scarcerati sono tutti pescatori accusati di aver sconfinato in acque territoriali pakistane. La giornata del neopremier, Narendra Modi, è iniziata con una visita al Rajghat, luogo della cremazione di Gandhi. Il leader del Bharatiya Janata Party (Bjp) giurerà oggi alle 18 (alle 14.30 ora italiana), insieme con un gruppo di ministri, come 15.mo premier dell’India. E’ alla guida di una coalizione di centro-destra. (A.L.)

    inizio pagina

    Belgio: diffusi video e foto sull’attentato al museo ebraico

    ◊   La procura di Bruxelles ha pubblicato tre filmati ed alcune foto, nei quali sono mostrati alcuni momenti dell'attacco al Museo ebraico costato la vita, lo scorso 24 maggio, a quattro persone. E’ stato anche lanciato un appello esortando a collaborare per far luce sul drammatico episodio. In alcuni dei fotogrammi si vede, in particolare, un uomo col volto nascosto, arrivare al museo, estrarre un'arma da fuoco e sparare. E’ stata rafforzata, intanto, la sicurezza davanti all’ambasciata israeliana a Bruxelles, nel quartiere residenziale di Uccle. Il livello d’allerta per il rischio di attacchi terroristici è al massimo livello in tutto il Belgio, con una massiccia mobilitazione di polizia. L’episodio è avvenuto nel centro di Bruxelles, alla vigilia delle elezioni politiche ed europee. Due delle quattro vittime sono cittadini israeliani in visita nella capitale belga. Poco dopo la sparatoria è stato fermato un sospetto. L’uomo è stato interrogato dalla polizia, che lo ha rilasciato. E’ ritenuto, comunque, un testimone chiave. (A.L.)

    inizio pagina

    Argentina: Te Deum per la festa nazionale

    ◊   L'arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Mario Aurelio Poli, ha presieduto ieri la celebrazione eucaristica ed il Te Deum di ringraziamento nella cattedrale metropolitana, in occasione della Festa nazionale dell’indipendenza. Al rito ha partecipato anche la presidente argentina, Cristina Kirchner. “L'unica strada da seguire per lo sviluppo dei popoli – ha detto l'arcivescovo Poli nell’omelia – è quella della cultura dell’incontro”. “L'altro ha sempre qualcosa da offrirmi se mi avvicino senza pregiudizi”. “Oggi o ci impegniamo per il dialogo e per la cultura dell’incontro, o perdiamo tutti, ecco il percorso fruttuoso”. Il porporato – riferisce l’agenzia Fides – ha chiesto infine un atteggiamento aperto, disponibile e senza pregiudizi, che ha denominato “umiltà sociale”. “L’arte del dialogo – ha concluso – garantisce una sana vitalità alla nostra benedetta democrazia”. (A.L.)

    inizio pagina

    Brasile, Congresso dell'Infanzia e dell’Adolescenza Missionaria

    ◊   Con la celebrazione dell’Invio Missionario nell'auditorium del Santuario di Aparecida, in Brasile, si è concluso ieri il primo Congresso dell'Infanzia e adolescenza missionaria (Iam) dell’America. La celebrazione – ricorda l’agenzia Fides – è stata preceduta da una sessione di lavoro in cui i segretari dei cinque forum tematici (bambini, adolescenti, giovani, famiglie e scuole) hanno riportato all’assemblea le conclusioni del lavoro svolto nel pomeriggio di sabato. Il direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) della Colombia e coordinatore dei direttori delle Pom del continente, padre Mario Álvarez Gómez, si è congratulato con gli organizzatori del Congresso per l'iniziativa. “Guardare i volti sorridenti dei partecipanti – ha detto padre Camilo Pauletti, direttore nazionale delle Pom in Brasile – fa sentire una grande gioia per tutto quello che è accaduto in questi giorni”. (A.L.)

    inizio pagina

    Il vescovo di Crotone: necessari segni credibili di cambiamento

    ◊   “Stimolare il senso di responsabilità di ciascuno all’interno delle comunità ecclesiali”. È quanto chiede l’arcivescovo di Crotone-Santa Severina, mons. Domenico Graziani, nella lettera pastorale 2014 “Per un cammino più spedito di Chiesa”. “Viviamo in una terra – scrive il presule - dove, purtroppo, i tassi di povertà e di disoccupazione sono i più alti d’Italia, dove la criminalità e il malaffare condizionano pesantemente un sano sviluppo e dov’è sempre più difficile coltivare la speranza”. Soprattutto i giovani, sottolinea mons. Graziani, “non riescono a intravedere per loro un futuro da vivere nella nostra amata terra”. “Tutto ciò – aggiunge l’arcivescovo le cui parole sono state riprese dal Sir - non può trovare chiuse o distratte le nostre comunità”. Ma le deve “stimolare a saper porre segni credibili di condivisione e di cambiamento, affinché l’annuncio del Regno di Dio risulti credibile e tocchi il cuore e la vita di tutti coloro che vivono sul nostro territorio”. (A.L.)

    inizio pagina

    Mons. Galantino: attuale il messaggio di San Camillo de Lellis

    ◊   “Un messaggio di straordinaria attualità anche oggi”: così mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, ricordando la figura di San Camillo de Lellis, di cui ieri si è celebrato l’anniversario della nascita. Rivolgendosi ai componenti della comunità camilliana riuniti nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Roma per una celebrazione eucaristica, mons. Galantino ha ringraziato “per la preziosa attività al servizio dei malati”, soffermandosi in particolare su uno dei motti di San Camillo: “Più cuore in quelle mani”. Anche Papa Francesco - ha detto il presule le cui parole sono state riprese dal Sir – sottolinea che occorre “mettere insieme testa, cuore e mani”. Nell’omelia, mons. Galantino ha anche ricordato la “centralità del rapporto con il Signore nella vita di San Camillo”. “Solo dopo aver amato Cristo - ha spiegato - si possono compiere gesti che cambiano la storia”. “Il mondo - ha concluso - ha bisogno di gesti semplici”, come quelli di Papa Francesco. (A.L.)

    inizio pagina

    Diocesi di Roma: il 7 giugno convegno sull’Evangelii gaudium

    ◊   “Ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. L’Evangelii Gaudium e la missione di Roma verso il mondo”. Sarà questo il tema del prossimo Convegno missionario diocesano che si terrà nella mattinata del 7 giugno nella Sala dei Patti Lateranensi in Vicariato. Alle 9.30 interverrà il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione di archeologia sacra. Il porporato – si legge sul sito della diocesi di Roma - terrà una lectio sul tema del convegno. Alle 10.45 sarà la volta del vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, mons. Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione episcopale della Conferenza episcopale italiana per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le chiese. Il presule proporrà una lettura missionaria della Evangelii gaudium. La conclusione sarà affidata al vescovo ausiliare della diocesi di Roma, mons. Matteo Zuppi. (A.L.)

    inizio pagina

    Scalabriniani, tavola rotonda su cultura dell'incontro e migranti

    ◊   “La complessa accoglienza dello straniero”. Questo il tema della Tavola rotonda, ospitata sabato scorso dal Centro Scalabriniano di Via Dandolo a Roma, nell’ambito della Settimana della Comunicazione, iniziativa nazionale della famiglia Paolina, appena cominciata, con numerose iniziative, convegni, concerti in varie parti d’Italia sul tema scelto da Papa Francesco per la prossima Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali "Comunicazione al servizio di un'autentica cultura dell'incontro". Moderati da Roberta Gisotti, giornalista di Radio Vaticana, i relatori hanno spaziato sui vari aspetti del fenomeno migratorio. P. Innocenzo Cardellini, ordinario di esegesi dell'Antico Testamento alla Pontificia Università Laternanense, ha ripercorso le pratiche di apertura e accoglienza dello straniero dalle radici millenarie, evidenziando al contempo la costante preconcetta valutazione negativa del ‘diverso’ nei testi letterari. Arianna Montanari, ordinario di sociologia dei Fenomeni Politici presso La Sapienza di Roma, ha sottolineato l'intreccio di comunicazione e manipolazione ed il ruolo giocato dagli stereotipi e pregiudizi nella formazione del pensiero singolo e collettivo. Lo straniero - ha sottolineato - obbliga comunque a confrontarsi, ad aprirsi, a rivedere le proprie convinzioni e la propria visione della realtà. Quindi Paola di Lazzaro, esperta dell'Ufficio nazionale antidiscriminazione (Unar), ha portato l'attenzione sulle cosiddette seconde generazioni di migranti, italiani a tutti gli effetti, la cui identità resta sospesa a causa del vigente sistema legislativo. Ultimi interventi della mattinata, quelli del senatore Luigi Manconi e della sociologa Valentina Brinis coautori del volume "Accogliamoli tutti". Nel titolo, una soluzione utile e produttiva non solo per gli immigrati ma soprattutto per gli italiani. Il ricordo è tornato a Lampedusa, a quel tragico 3 ottobre 2013, quando ancora una volta si è reso palese lo scarto tra i ‘sommersi’ i morti e i ‘salvati’ i clandestini, ha ricordato Manconi citando Primo Levi. Tutti i relatori hanno poi rimarcato che gran parte dell'attuale miope gestione del fenomeno migratorio risiede nella mancanza di memoria storica da parte degli italiani di quanto vissuto da decine di milioni di connazionali migranti nei secoli passati. La Tavola Rotonda 2014, seconda edizione dopo quella del 2013 dedicata a "New Media e migrazioni", è stata promossa dal lavoro sinergico dello Cser, Centro studi emigrazione di Roma, con oltre 50 anni di vita e di ricerca nel settore, dal Simi, Istituto di formazione universitaria sui temi migratori incorporato alla Pontifica Università Urbaniana, dal neonato UCoS, Ufficio di Comunicazione degli Scalabriniani e dalla Famiglia Paolina. ( A cura di Gabriele Beltrami)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 146

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.