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Sommario del 25/05/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Francesco: offro la mia casa per l'incontro di pace tra Abbas e Peres
  • Il Papa: vergogniamoci davanti a Dio per i bambini che soffrono
  • La violenza si vince con la pace: così il Papa ai bambini palestinesi
  • Il Papa alle autorità palestinesi: le spade si trasformino in aratri
  • Betania. Francesco: pace in Siria, Dio converta i violenti
  • Betania. Il Papa: Dio ci insegni a camminare a piedi spogli verso la pace
  • Messa ad Amman. Il Papa: necessari gesti di umiltà per la pace
  • Mons. Lahham: il Papa ci ha lasciato entusiasti
  • L’attesa del Papa a Gerusalemme
  • Lombardi: geniale il gesto del Papa al Muro, la fede è la sua forza per la pace
  • Oggi in Primo Piano

  • Attentato antisemita a Bruxelles: tre morti e un ferito
  • Egitto: scontri tra polizia e pro-Morsi a due giorni dal voto. 3 morti
  • Ucraina: ucciso reporter italiano. Si vota per il presidente
  • Giornata mondiale dell'Africa
  • Giornata nazionale del sollievo dalla sofferenza
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Election Day in Europa: Stasera i risultati definitivi
  • Proseguono in Thailandia le manifestazioni contro il golpe
  • Il Papa e la Santa Sede



    Francesco: offro la mia casa per l'incontro di pace tra Abbas e Peres

    ◊   “Offro la mia casa in Vaticano” per ospitare un “incontro di preghiera” tra il presidente palestinese Mahmoud Abbas e il presidente israeliano Shimon Peres. Al Regina Caeli che ha concluso la Messa a Betlemme, Papa Francesco ha sorpreso il mondo proponendo ai leader delle due popolazioni divise da decenni di sanguinoso conflitto di incontrarsi con lui a Roma per pregare per la pace in Medio Oriente. Peres e Abbas hanno accettato e l’evento, ha precisato ai media il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, dovrebbe verificarsi in tempi rapidi”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    A Betlemme, la diplomazia si fa preghiera e scrive una pagina di storia. Il sogno della pace in Medio Oriente, inseguito da decenni di tentativi politici e di road map immaginate su carte lontane dalla realtà, diventa nelle mani e nel cuore di Papa Francesco un’idea nuova e potente all’ombra delle mura che custodiscono il luogo dove nacque il Principe della pace e arriva a legare idealmente il luogo della Natività alla casa del Vescovo di Roma. Le prime parole pronunciate dal Papa al Regina Caeli sono un fuori testo eccezionale, un’aggiunta che per i media internazionali diventa “breaking news” che scava un solco netto col passato, mentre per chi vive in queste terre è la svolta che disegna una speranza per il futuro:

    “In questo Luogo, dove è nato il Principe della pace, desidero rivolgere un invito a Lei, signor presidente Mahmoud Abbas, e al signor presidente Shimon Peres, ad elevare insieme con me un’intensa preghiera invocando da Dio il dono della pace. Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro di preghiera”.

    “Tutti desideriamo la pace”, constata Papa Francesco, e “tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti”:

    “Molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla. E tutti – specialmente coloro che sono posti al servizio dei propri popoli – abbiamo il dovere di farci strumenti e costruttori di pace, prima di tutto nella preghiera. Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento. Tutti gli uomini e le donne di questa Terra e del mondo intero ci chiedono di portare davanti a Dio la loro ardente aspirazione alla pace”.

    La proposta inedita nei modi, nei tempi e nei luoghi per un Papa – ma perfettamente in linea con l’autonomia di spirito di Francesco – nasce nella Mangiatoia di Betlemme e come Gesù Bambino il Papa l’affida alla premura delle braccia di Maria:

    “A Lei affidiamo questo territorio e tutti coloro che vi abitano, perché possano vivere nella giustizia, nella pace e nella fraternità (…) Contemplando la Santa Famiglia qui, a Betlemme, il mio pensiero va spontaneamente a Nazareth, dove spero di potermi recare, se Dio vorrà, in un’altra occasione (…) Alla Vergine Santa affidiamo le sorti dell’umanità, perché si dischiudano nel mondo gli orizzonti nuovi e promettenti della fraternità, della solidarietà e della pace”.

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    Il Papa: vergogniamoci davanti a Dio per i bambini che soffrono

    ◊   Prima di raggiungere la Basilica della Natività in un tripudio di folla il Papa ha fatto fermare l’auto e si è raccolto in preghiera in silenzio sotto al Muro di separazione ricoperto di scritte: un gesto che rimarrà tra le immagini più significative di questa visita. Poi, nella Piazza della Mangiatoia, con in mano un pastorale di ulivo realizzato dagli artigiani di Betlemme, ha celebrato su un palco sormontato da una gigantesca tela raffigurante un presepe, in cui tra i personaggi figuravano anche i Papi che hanno visitato la Terra Santa: Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI. In una splendida giornata di sole e sullo sfondo delle aride colline del Neghev, davanti a diecimila fedeli provenienti anche da Gerusalemme, Galilea e Gaza, all’omelia il Papa, indicando la nascita a Betlemme del Bambino Gesù, ha rivolto un accorato appello in difesa dei bambini del mondo. Il servizio del nostro inviato Roberto Piermarini:

    Come il Bambino Gesù nato a Betlemme è il segno dato da Dio a chi attendeva la salvezza, anche oggi i bambini sono un segno. “Segno di speranza, segno di vita, ma anche segno ‘diagnostico’ per capire lo stato di salute di una famiglia, di una società, del mondo intero”, ha detto Papa Francesco all’omelia. “Quando i bambini sono accolti, amati, custoditi, tutelati, la famiglia è sana, la società migliora, il mondo è più umano”. “Quel Bambino, come ogni bambino, è debole e ha bisogno di essere aiutato e protetto. Anche oggi i bambini hanno bisogno di essere accolti e difesi fin dal grembo materno”, ha sottolineato. “Purtroppo, in questo nostro mondo che ha sviluppato le tecnologie più sofisticate, ci sono ancora tanti bambini in condizioni disumane, che vivono ai margini della società, nelle periferie delle grandi città o nelle zone rurali":

    “Tanti bambini sono ancora oggi sfruttati, maltrattati, schiavizzati, oggetto di violenza e di traffici illeciti. Troppi bambini oggi sono profughi, rifugiati, a volte affondati nei mari, specialmente nelle acque del Mediterraneo. Di tutto questo noi ci vergogniamo oggi davanti a Dio, a Dio che si è fatto Bambino”.

    Quindi il Papa ha chiesto: davanti ai bambini oggi siamo Maria e Giuseppe o Erode? Siamo pastori che li adorano o siamo indifferenti, forse retorici e pietisti che sfruttano le immagini dei bambini poveri a scopo di lucro? Siamo capaci di stare accanto a loro ascoltandoli, custodendoli e pregando per loro e con loro, o ci occupiamo dei nostri interessi? Forse quel bambino piange – ha detto il Papa tra la commozione dei presenti. "Piange perché ha fame, ha freddo, vuole stare in braccio":

    “Anche oggi piangono i bambini, piangono molto, e il loro pianto ci interpella. In un mondo che scarta ogni giorno tonnellate di cibo e di farmaci, ci sono bambini che piangono invano per la fame e per malattie facilmente curabili. In un tempo che proclama la tutela dei minori, si commerciano armi che finiscono tra le mani di bambini-soldato; si commerciano prodotti confezionati da piccoli lavoratori-schiavi. Il loro pianto è soffocato: devono combattere, devono lavorare, non possono piangere! Ma piangono per loro le madri”.

    Il Papa ha quindi concluso che proteggere i bambini nel mondo, deve farci scaturire un nuovo stile di vita, dove i rapporti non siano più di conflitto, di.sopraffazione, di consumismo, ma siano rapporti di fraternità, di perdono e riconciliazione, di condivisione e di amore.

    Il patriarca Twal al termine della Messa ringraziando il Papa per la sua presenza, ha ricordato i tanti bambini senza casa, senza genitori, obbligati a correre sulle strade polverose dei campi dei rifugiati, assenti nelle trattative, per una pace che non riesce a sfondare i muri della paura e della sfiducia:

    “I nostri giovani hanno sperimentato, sulle orme del Divino Bambino, l’emigrazione, la fame, il freddo e spesso anche assistito inermi alla demolizione delle proprie case”.

    E dei problemi delle loro famiglie, il Papa ne ha parlato durante il pranzo che ha voluto condividere con cinque famiglie palestinesi. Qui a Bet-Lehme, in ebraico “La casa del pane”, Francesco ha voluto così “spezzare” con loro il pane della sofferenza di questo popolo.

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    La violenza si vince con la pace: così il Papa ai bambini palestinesi

    ◊   Dopo la visita privata alla Grotta della Natività di Betlemme, Papa Francesco si è recato al Phoenix Center del campo profughi di Dheisheh, dove ha incontrato i bambini palestinesi che vivono in questo campo e in quelli di Aida e Beit Jibrin. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Un incontro molto intenso. I bambini hanno accolto il Papa mostrando dei cartelli con scritte di denuncia: "Cristiani e musulmani vivono sotto l'occupazione" – sottolineava un manifesto, e un altro diceva: “Io non ho mai visto il mare”. Un bambino ha salutato il Papa parlando in italiano:

    “Caro Papa Francesco, siamo i figli della Palestina. Da 66 anni i nostri genitori subiscono l’occupazione. Abbiamo aperto i nostri occhi sotto questa occupazione e abbiamo visto la ‘nakba’ (catastrofe, ndr) negli occhi dei nostri nonni, quando hanno lasciato questo mondo. Vogliamo dire al mondo: basta sofferenze e umiliazioni!“.

    Il Papa ha ringraziato i bambini per il loro messaggio:

    "Leí lo que tenían escrito allí en los carteles, entendí los que estaban en inglés ..." ...
    "Ho letto quello che avevate scritto lì nei fogli” – ha detto parlando in spagnolo – e “comprendo quello che mi state dicendo e il messaggio che mi state dando. Non lasciate mai che il passato determini la vita. Guardate sempre avanti. Lavorate e lottate per ottenere le cose che volete. Però, sappiate una cosa, che la violenza non si vince con la violenza! La violenza si vince con la pace! Con la pace, con il lavoro, con la dignità di far andare avanti la patria! Tante grazie per avermi ricevuto! E chiedo a Dio che vi benedica! E a voi chiedo che preghiate per me! Molte grazie!”.

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    Il Papa alle autorità palestinesi: le spade si trasformino in aratri

    ◊   E’ giunto il momento per tutti “di avere il coraggio della pace”. E’ uno dei passaggi forti del discorso di Francesco nell’incontro con le autorità palestinesi, al Palazzo presidenziale di Betlemme. Il Papa ha sottolineato che bisogna porre fine alla situazione inaccettabile che vive il Medio Oriente e ha incoraggiato israeliani e palestinesi a intraprendere “l’esodo verso la pace”. Dal canto suo, il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha ringraziato il Pontefice per il suo impegno in favore della pace e dei diritti del popolo palestinese. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Che le spade si trasformino in aratri e questa Terra possa tornare a fiorire nella prosperità e nella concordia”. Papa Francesco allarga l’orizzonte a un futuro che non è utopia, ma è possibile se gli uomini avranno il coraggio della pace. Coraggio è proprio la parola chiave del discorso del Papa alle autorità palestinesi. Il Medio Oriente, ha constatato con amarezza, vive da decenni “le drammatiche conseguenze” di un conflitto che ha “prodotto tante ferite”. Piaghe enumerate dal Papa: incomprensione, insicurezza, diritti negati, isolamento, divisioni. Una situazione insostenibile:

    “Nel manifestare la mia vicinanza a quanti soffrono maggiormente le conseguenze di tale conflitto, vorrei dire dal profondo del mio cuore che è ora di porre fine a questa situazione, che diventa sempre più inaccettabile, e ciò per il bene di tutti”.

    Si raddoppino dunque gli “sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile”, ha soggiunto, “basata sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca sicurezza”:

    “È giunto il momento per tutti di avere il coraggio della generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti”.

    Coraggio, ha aggiunto anche con franchezza, affinché si “evitino da parte di tutti iniziative e atti che contraddicono alla dichiarata volontà di giungere a un vero accordo”. E ancora, Francesco ha incoraggiato tutti a non stancarsi “di perseguire la pace con determinazione e coerenza”:

    “La pace porterà con sé innumerevoli benefici per i popoli di questa regione e per il mondo intero. Occorre dunque incamminarsi risolutamente verso di essa, anche rinunciando ognuno a qualche cosa. Auguro ai popoli palestinese e israeliano e alle rispettive Autorità di intraprendere questo felice esodo verso la pace con quel coraggio e quella fermezza necessari per ogni esodo”.

    Un esodo verso la pace che deve costruirsi sulla “sicurezza e la mutua fiducia”. Solo così, infatti, si potranno “affrontare e risolvere gli altri problemi e offrire così un’occasione di equilibrato sviluppo, tale da diventare modello per altre aree di crisi”. Il Papa ha quindi rammentato il ruolo della “comunità cristiana, che offre il suo significativo contributo al bene comune della società e che partecipa alle gioie e sofferenze di tutto il popolo”:

    “I cristiani intendono continuare a svolgere questo loro ruolo come cittadini a pieno diritto, insieme con gli altri concittadini considerati come fratelli”.

    Francesco ha riconosciuto ad Abbas di essere un “uomo di pace e artefice di pace” ed ha evidenziato “le buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina” con l’auspicio che si possano ulteriormente incrementare. Il Pontefice ha fatto così riferimento all’impegno volto ad elaborare un Accordo tra Santa Sede e Palestina “riguardante diversi aspetti della vita della Comunità cattolica del Paese, con speciale attenzione alla libertà religiosa”:

    “Il rispetto di questo fondamentale diritto umano è, infatti, una delle condizioni irrinunciabili della pace, della fratellanza e dell’armonia; dice al mondo che è doveroso e possibile trovare un buon accordo tra culture e religioni differenti; testimonia che le cose che abbiamo in comune sono così tante e importanti che è possibile individuare una via di convivenza serena, ordinata e pacifica, nell’accoglienza delle differenze e nella gioia di essere fratelli perché figli di un unico Dio”.

    Dal canto suo il presidente palestinese ha espresso gratitudine al Papa per la sua visita e per la sua attenzione per il popolo palestinese. Abbas ha riconosciuto la grande influenza di Francesco sulla comunità internazionale ed ha auspicato che, anche con l’aiuto del Pontefice, si possa arrivare ad una pace stabile e duratura per i popoli del Medio Oriente.

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    Betania. Francesco: pace in Siria, Dio converta i violenti

    ◊   “La Siria ritrovi la via della pace”. “Dio converta i violenti, chi fabbrica e vende armi”. È l’appello al dialogo e alla solidarietà internazionale che ha caratterizzato l’incontro conclusivo della giornata di Papa Francesco ieri ad Amman, svoltosi nel Santuario che sorge sul sito del Battesimo di Cristo al Giordano. Circa 600 le persone – tra rifugiati siriani, giovani malati e disabili – che hanno accolto festosamente il Papa. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Una preghiera silenziosa sulle rive del Giordano, poi la benedizione dell’acqua che vide il Battesimo di Gesù, quindi il percorso fino alla Chiesa latina del sito di Betania dove ad abbracciare il Papa sono circa 600 persone in festa.

    Qui c’è ”l’umanità ferita di questa regione mediorientale che chiede la sua paterna benedizione” spiega il patriarca di Gerusalemme dei latini Fouad Twal. Sono rifugiati siriani e ragazzi segnati dalla malattia accolti e curati in Giordania. ”L’ospitale Giordania” la definisce il Papa ringraziando le autorità e la Chiesa per l’assistenza senza distinzione, offerta ai bisognosi. Quindi lo sguardo a Gesù che, venendo qui a farsi battezzare da Giovanni, ricorda il Papa, mostra la sua umiltà e la condivisione della condizione umana:

    “Ci colpisce sempre questa umiltà di Gesù, il suo chinarsi sulle ferite umane per risanarle. Questo chinarsi di Gesù su tutte le ferite umane per risanarle! E a nostra volta siamo profondamente toccati dai drammi e dalle ferite del nostro tempo, in modo speciale da quelle provocate dai conflitti ancora aperti in Medio Oriente”.

    E’ qui che il pensiero va all’”amata Siria”, lacerata da tre anni di guerra fratricida con le sue innumerevoli vittime, i profughi e gli esuli. E dietro la guerra, i fabbricanti di armi spinti dalla sete di denaro:

    “Tutti vogliamo la pace! Ma guardando questo dramma della guerra, guardando queste ferite, guardando tanta gente che ha lasciato la sua patria, che è stata costretta ad andarsene via, io mi domando: chi vende le armi a questa gente per fare la guerra? Ecco la radice del male! L’odio e la cupidigia del denaro. Pensiamo e anche dal nostro cuore diciamo una parola per questa povera gente criminale, perché si converta”.

    Poi l’attenzione del Papa va alla comunità internazionale per chiedere che non lasci sola la Giordania nel far fronte all’emergenza umanitaria, ma incrementi sostegno e aiuto. Da qui il nuovo accorato appello alla pace in Siria:

    “Cessino le violenze e venga rispettato il diritto umanitario, garantendo la necessaria assistenza alla popolazione sofferente! Si abbandoni da parte di tutti la pretesa di lasciare alle armi la soluzione dei problemi e si ritorni alla via del negoziato”.

    Prevalgano ragione e moderazione ribadisce a più riprese Papa Francesco con parole sempre più forti:

    “Dio converta i violenti! Dio converta coloro che hanno progetti di guerra! Dio converti coloro che fabbricano e vendono le armi e rafforzi i cuori e le menti degli operatori di pace e li ricompensi con ogni benedizione”.

    E alla preghiera per la pace, il Papa chiama anche i giovani che lo ascoltano, che cantano per lui, gli raccontano le loro esperienze di fede e di dolore, gli assicurano il loro impegno per l’unità e la pace dell’area mediorientale. “Offrite a Dio le vostre fatiche quotidiane”, preghiera efficace, dice loro Francesco, quindi l’incoraggiamento finale:

    “E vi incoraggio a collaborare, col vostro impegno e la vostra sensibilità, alla costruzione di una società rispettosa dei più deboli, dei malati, dei bambini, degli anziani. Pur nelle difficoltà della vita, siate segno di speranza. Voi siete nel cuore di Dio, voi siete e delle nelle mie preghiere, e vi ringrazio per la vostra calorosa e gioiosa e numerosa presenza. Grazie”.

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    Betania. Il Papa: Dio ci insegni a camminare a piedi spogli verso la pace

    ◊   “’Denudati l’anima e i piedi, si avvicinarono al battesimo dodici tribù di Israele’. Chiedo a Dio onnipotente e misericordioso che ci insegni a tutti a camminare nella Sua presenza con l’anima e con i piedi spogli, e il cuore aperto alla misericordia divina e all’amore ai fratelli. Così Dio sarà tutto in tutti e regnerà la pace. Grazie per offrire all’umanità questo luogo di testimonianza. Francesco".

    Sono queste le parole scritte di proprio pugno in spagnolo da Papa Francesco sul Libro d’oro del Santuario che sorge sul sito del Battesimo di Gesù, a conclusione della breve visita privata nell’aera di Bethany beyond the Jordan. La citazione che apre la preghiera del Papa è presa da un Inno liturgico.

    In anticipo sul programma, Papa Francesco aveva raggiunto il sito del Battesimo – quella "Betania al di là del Giordano" descritta nei Vangeli e individuata dall'archeologo padre Michele Piccirillo – percorrendo un lungo sentiero sterrato, costeggiato da una bassa vegetazione, a bordo di una piccola auto elettrica, guidata in persona dal re Abdallah di Giordania, accompagnato dalla regina Rania e dal principe Ghazi, oltre che da un piccolo seguito.

    Dopo aver raggiunto il bordo della piscina naturale, Papa Francesco ha toccato l'acqua del Giordano, ha portato la mano bagnata alla fronte, quindi si è fermato alcuni minuti in preghiera, in piedi e in silenzio sui gradini di pietra. Il Papa si è poi spostato su una zona sopraelevata che domina una delle rive del Giordano, quindi ha concluso la visita firmando il Libro d'oro del Santuario prima di fare ingresso nel Santuario per l’incontro con un folto gruppo di rifugiati e giovani disabili.
    (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Messa ad Amman. Il Papa: necessari gesti di umiltà per la pace

    ◊   Una celebrazione eucaristica nello stadio di Amman, di fronte a più di trentamila persone, non solo di fede cristiana, è stato il momento centrale della giornata trascorsa da Francesco nella capitale giordana. Nella prima tappa del suo pellegrinaggio in Terra Santa, il vescovo di Roma ha invocato lo Spirito Santo chiedendogli di preparare la strada della pace e dell’unità. Da Amman, il servizio del nostro inviato Fabio Colagrande:

    Alle spalle dell’altare, al centro dello stadio, le immagini dei due papi appena canonizzati e un rosario colorato composto da palloncini che si alza nel cielo. Comincia così ad Amman la prima Messa celebrata da Francesco in Terra Santa. Una liturgia gioiosa e colorata, preceduta e seguita da un bagno di folla a bordo di una jeep e punteggiata da suggestivi canti in arabo. Un evento religioso atteso da tutto il Paese a cui hanno partecipato più di trentamila fedeli, non solo cristiani, tra i quali molti rifugiati e 1.200 bambini che hanno ricevuto la prima comunione. Nell’omelia, dedicata alla pace, il Papa commenta la promessa di Gesù agli apostoli di inviare lo Spirito Santo e la discesa dello Spirito sul Figlio di Dio al momento del suo Battesimo, qui sulle rive del Giordano. Lo Spirito, ha detto il Papa, compie tre azioni: prepara, unge e invia. Prepara Gesù, fin da quando è nel grembo di Maria, alla sua missione di salvezza. Unge Gesù e i suoi discepoli perché favoriscano la pace e la comunione:

    "Con l’unzione dello Spirito, la nostra umanità viene segnata dalla santità di Gesù Cristo e ci rende capaci di amare i fratelli con lo stesso amore con cui Dio ci ama. Pertanto, è necessario porre gesti di umiltà, di fratellanza, di perdono, di riconciliazione. Questi gesti sono premessa e condizione per una pace vera, solida e duratura".

    Lo Spirito genera armonia e costruisce la pace nei contesti più diversi. E infine, lo Spirito invia. E noi, come Gesù, siamo inviati come messaggeri di pace. “Quanto bisogno ha il mondo di noi come messaggeri di pace!” ha affermato Francesco. E poi, riprendendo le parole del suo Messaggio natalizio ha aggiunto:

    “La pace non si può comperare, non si vende. La pace è un dono da ricercare pazientemente e costruire 'artigianalmente' mediante piccoli e grandi gesti che coinvolgono la nostra vita quotidiana. Il cammino della pace si consolida se riconosciamo che tutti abbiamo lo stesso sangue e facciamo parte del genere umano; se non dimentichiamo di avere un unico Padre nel cielo e di essere tutti suoi figli, fatti a sua immagine e somiglianza".

    Lo Spirito, ha concluso Francesco pregando dal cuore del Medio Oriente, ci invii con umiltà e mitezza nei sentieri della ricerca della pace.

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    Mons. Lahham: il Papa ci ha lasciato entusiasti

    ◊   La Giordania ha salutato oggi Papa Francesco dopo condiviso con lui momenti di grande trasporto non solo spirituale. Mons. Maroun Lahham, vicario per la Giordania del Patriarca latino di Gerusalemme, ne parla al microfono del nostro inviato ad Amman, Fabio Colagrande:

    R. – Una giornata meravigliosa, a tutti i livelli. Già il governo giordano ha fatto di tutto perché la visita riuscisse. La Messa è stata stupenda, con 30 mila fedeli. Poi, il Papa ha visitato il sito del Battesimo e lì, quando ha visto i bambini, i disabili, si è ”sciolto” proprio. C’erano in programma delle testimonianze, ma lui ha cambiato tutto ed è andato a fare un bagno di folla… E’ stato bellissimo: stancante, però tutti erano contenti, i musulmani come i cristiani, i vescovi, i patriarchi ed i fedeli. Ringraziamo il Signore che tutto sia andato bene.

    D. – Come la comunità cristiana, e in particolare i cattolici, hanno accolto il Papa?

    R. – Oh, con una gioia, con una fierezza, con orgoglio! Hanno cantato sempre “Viva il Papa!”, “Benvenuto al Papa!”, “Papa Francesco, ti vogliamo bene!”… La comunità cattolica, ma anche la comunità ortodossa cristiana e pure i musulmani – c’erano tanti musulmani, tanti ambasciatori, tante ambasciate musulmane che per Papa Francesco sono venuti tutti allo stadio di Amman.

    D. – Proprio la celebrazione eucaristica allo stadio è stata vissuta in un clima di raccoglimento ma anche di grande gioia…

    R. – Sì, certo, perché il Papa, quando prega, è molto raccolto. E poi di gioia, certo, perché quando ci sono 30 mila persone non possono che cantare, essere contente e poi dire “Viva il Papa!”. Specialmente quando passa con la papamobile e abbraccia i bambini: allora, lì, tutto si scatena…

    D. – Il Papa ad Amman ha lanciato dei messaggi di pace molto importanti, per la Siria e per il conflitto mediorientale…

    R. – Sì, lui porta la Siria nel suo cuore. Dappertutto ha parlato della Siria, e al Sito del Battesimo ha parlato della Siria e dei bambini siriani… Si vede che per lui la Siria è un caso che lo fa soffrire. E’ vero.

    D. – Francesco ha ricordato che i cristiani in Giordania sono pienamente inseriti nella società, ma ha detto anche che la libertà religiosa va rispettata in tutto il Medio Oriente: un appello importante…

    R. – Ecco, questo è uno dei punti che bisogna sempre vedere. Noi abbiamo libertà di culto, ma lui ha accennato alla libertà di coscienza. Speriamo di arrivare un giorno ad una vera, intera libertà religiosa.

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    L’attesa del Papa a Gerusalemme

    ◊   Gerusalemme, dove Papa Francesco vivrà il culmine spirituale del suo pellegrinaggio, è immersa in queste ore in un'atmosfera in cui le esigenze della massiccia macchina della sicurezza messa in campo rischiano di sovrastare quelle delle migliaia di persone che vorrebbero stringersi il più possibile attorno al Vescovo di Roma. Sentimenti descritti in questo servizio dal nostro inviato, Roberto Piermarini:

    La comunità cristiana di Gerusalemme è in fermento e si lavora alacremente nei Luoghi santi. Ma è solo qui che appaiono i segni della visita con manifesti e striscioni che vedono Francesco insieme a Bartolomeo I. Cattolici ed ortodossi parlano con soddisfazione della storica celebrazione ecumenica quando il Papa ed il Patriarca ortodosso si ritroveranno per la prima volta a pregare insieme alle altre confessioni cristiane nella Basilica del Santo Sepolcro anche se nelle ultime ore c’è qualche tensione tra greco-ortodossi ed armeni. Momenti più attesi della visita papale: l’incontro con le massime autorità religiose ebraiche e musulmane, l’omaggio alle vittime della Shoa allo Yad Vashem e la preghiera al Muro del pianto. Giornali e Tv danno risalto alla presenza, nel seguito papale, del rabbino Skorka e dell’imam Abboud entrambi amici argentini del card. Bergoglio dai tempi di Buenos Aires. I quotidiani israeliani non sono usciti per lo shabbat mentre quelli arabi vedono nella visita papale un’occasione per riaffermare i diritti del popolo palestinese. C’è qualche timore per la Messa di lunedì sera al Cenacolo contestata dagli attivisti ebraici ultraortodossi ma le autorità assicurano che la situazione è sotto controllo e sono stati operati dei fermi. Nella Città Santa, ingenti le misure di sicurezza messe in atto dalla polizia israeliana. Per i suoi spostamenti infatti, il Papa non userà né papamobile né vetture blindate ma come sempre un’utilitaria, quindi la Città sarà blindata. Per questo a Gerusalemme c’è malumore tra i cristiani locali che temono – come avvenne per la visita di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – di non poter incontrare di persona Papa Francesco lungo il tragitto papale rimanendo esclusi di fatto, da questo storico evento religioso. “In questo clima – ci confessa un francescano di Terra Santa – Papa Francesco non sentirà il calore dei suoi fedeli ma rischia di passare tra due ali di soldati. Così non avvenne per Paolo VI nel ’64 quando entrò dalla Porta di Damasco e fu sommerso da un mare di folla”. Per il quotidiano israeliano Haaretz “se la paura impedirà di vedere il vero Francesco, sarà una grande perdita per tutti noi”.

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    Lombardi: geniale il gesto del Papa al Muro, la fede è la sua forza per la pace

    ◊   Nelle poche ore di permanenza di Papa Francesco a Betlemme si sono vissuti alcuni eventi straordinari, con un significato fortissimo per la pace in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente. Innanzitutto, l’invito del Pontefice ai presidenti Peres e Abbas ad incontrarsi in Vaticano per un momento comune di preghiera; invito che - secondo fonti di stampa - sarebbe stato accettato da entrambe le parti. Da questa iniziativa muove la riflessione del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, raggiunto telefonicamente in Terra Santa da Alessandro Gisotti:

    R. - Il Papa ha fatto la sua parte: ha fatto questo invito. Quindi, io sono fiducioso che l’invito venga accettato, perché è un invito estremamente autorevole. E’ chiaro che il Papa, nella sua veste di autorità religiosa e morale, fa tutto quello che può per la pace nel mondo e per la pace in questa regione, che sta a cuore a tutti noi. Non ha strumenti di carattere politico, economico, militare per agire, ma ha la grande forza della fede e della autorità morale che gli viene dalla sua missione e dal modo in cui la sta svolgendo. Quindi, dà il suo contributo e il contributo è quello di convertire i cuori, quello di domandare a Dio un dono quando le forze umane non bastano. E invita queste due persone autorevoli, rappresentanti dei due Paesi più direttamente coinvolti in questa tensione - in questa ricerca mai finita di soluzione di conflitti e di pace - e lo fa con il coraggio che ormai gli conosciamo. Un invito a pregare insieme, nel venire in Vaticano, nel venire a Roma, alla sua casa: egli ha l’autorità per invitare queste persone che lo hanno incontrato e lo hanno apprezzato come un profeta di pace. Speriamo veramente che questo sia un contributo per fare un passo avanti, naturalmente nell’ordine morale e religioso della conversione dei cuori, che è quello che è di competenza della Chiesa e che forse è anche la cosa, alla fine, più importante di tutti.

    D. - Pontefice vuol dire “costruttore di ponti”, che superano i muri: l’immagine di Francesco che prega davanti al muro, che separa Betlemme dal territorio israeliano, ha una forza simbolica impressionante. Cosa l’ha toccata vedendo questo gesto?

    R. - A me ha toccato anche la genialità del modo in cui il Papa si è fatto presente di fronte a questo simbolo di divisione e di incapacità degli uomini a costruire veramente la pace in questa terra. Lo ha fatto in silenzio, lo ha fatto in un modo spirituale, in un modo rispettoso della sofferenza di tutti, con questo gesto anche del toccare con la fronte il muro, che è caratteristico anche della sua religiosità, che dice la presenza concreta, la presenza della persona in tutta la sua completezza e concretezza. Quindi, mettere di fronte a Dio le sofferenze degli uomini, la loro incapacità di superare le divisioni e il nostro desiderio, la nostra domanda a Dio di aiutarci a distruggere le divisioni e le loro cause.

    D. - Divisioni che portano sofferenze, innanzitutto ai bambini. Questo è stato proprio il cuore dell’omelia a Betlemme: molto forte, anche perché proprio a pochi passi da dove è nato il Bambino Gesù…

    R. - Certamente. Si è celebrata una Messa della Natività: tutto qui porta a pensare alla nascita di Gesù, a Dio che si fa Uomo, anzi Bambino in mezzo a noi, quindi agli esseri più fragili e che in qualche modo, contemplandoli, ci aiutano a capire quanto sia orribile la violenza, quanto insensato sia il delitto che impedisce di crescere nella dignità, nella pace, nella gioia alle nuove vite. Questo è quello che ha detto il Papa. E’ un po’ la diagnosi della situazione dei bambini, la diagnosi di una situazione. E questo è stato un messaggio estremamente efficace.

    D. - Nella giornata in Giordania, è risuonato più volte il tema della pace. Il Papa ha potuto incontrare i rifugiati siriani, iracheni e anche la pace è stata al centro della Messa ad Amman. Poi, la preghiera scritta spontaneamente, sul Libro d’Oro al Giordano…

    R. - I rifugiati sono la presenza dolorosa delle conseguenze dei conflitti. Qui si sente la loro presenza un po’ dappertutto. Dicono che la pace non c’è, la vera pace e che si portano le conseguenze di ciò. Il Papa non ha risparmiato le sue parole forti di fronte a questa situazione, appellandosi anche alla responsabilità della comunità internazionale, oltre che a tutti noi per quello che possiamo fare.

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    Oggi in Primo Piano



    Attentato antisemita a Bruxelles: tre morti e un ferito

    ◊   Stroncare qualsiasi rigurgito di antisemitismo. Questa la condanna della comunità internazionale alla scioccante notizia, dal Belgio, dell’attacco armato al Museo ebraico di Bruxelles, nel quale ieri hanno perso la vita tre persone ed una è rimasta gravemente ferita. Un grave episodio, avvenuto, tra l’altro, alla vigilia delle elezioni europee e politiche per il Belgio. Ci riferisce Giancarlo La Vella:

    Una dinamica fredda e sconvolgente, che si è svolta nel giro di pochi istanti. Due uomini armati, improvvisamente scesi da un auto, hanno fatto fuoco sui passanti nei pressi della sinagoga e del Museo ebraico di Bruxelles. Due donne e un uomo, sembra di religione ebraica, sono stati colpiti a morte, mentre un'altra persona è stata ricoverata in gravissime condizioni. Scattate immediatamente le indagini e portato ai massimi livelli lo stato di allerta in tutti i siti ebraici del Paese. Un uomo è stato fermato e interrogato. Poi, il rilascio, in quanto solo testimone. Dalla comunità internazionale immediata e unanime la condanna al drammatico episodio. Lapidario il commento del premier israeliano, Netanyahu: “L’attacco è il risultato dell'incitamento all'odio permanente contro ebrei e Israele”. “Un attacco contro un simbolo religioso nel cuore della capitale europea, contro i valori stessi dell'Europa, che non possiamo tollerare”. Queste le parole, invece, del presidente della Commissione europea, Barroso. Tra gli altri, infine, la ferma esortazione all’Europa del presidente israeliano Peres: “I leader europei – ha detto il capo dello Stato – devono guidare la lotta contro il fenomeno dell’antisemitismo, che si sta sviluppando in tutto il Vecchio continente”.

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    Egitto: scontri tra polizia e pro-Morsi a due giorni dal voto. 3 morti

    ◊   Sangue in Egitto a due giorni dalle presidenziali. Tre morti e 23 feriti negli scontri avvenuti in diverse città del Paese tra polizia e Fratelli musulmani. Diciannove studenti pro-morsi sono stati condannati a 5 anni di reclusione per gli scontri all’Università di al Azhar dello scorso ottobre. Intanto, il Gran Mufti della Repubblica Shawky Allam ha lanciato un appello a recarsi in massa alle urne, per scegliere tra il favorito ex capo delle forze armate Al Sisi e Sabbahi, attivista ed esponente della sinistra. Per un commento sulle tensioni pre-elettorali e sui due sfidanti alla presidenza, Marco Guerra ha intervistato Silvia Colombo, ricercatrice dell’istituto affari internazionali:

    R. – Queste elezioni presidenziali rappresentano uno snodo cruciale nella convulsa transizione egiziana, nonostante – sappiamo bene – non ci si debbano aspettare grosse sorprese. Tuttavia, è importante collocare questo passaggio all’interno di un anno cruciale, un anno molto complesso per la storia politica egiziana. I Fratelli musulmani, che sono stati decapitati per quanto riguarda la propria leadership, con centinaia di figure di spicco del movimento finite in carcere, è tuttavia un movimento che ha forti radici all’interno del Paese. E proprio la componente giovanile è quella che oggi, orfana della leadership, sta tuttavia continuando a esprimere il proprio malcontento nei confronti della politica portata avanti dai militari. Queste due componenti, la Fratellanza musulmana da una parte e i militari dall’altra, che usciranno sicuramente vittoriosi e rafforzati da questa tornata elettorale, continueranno certamente ad affrontarsi nei prossimi mesi. E proprio quello che succederà nei giorni e nelle settimane immediatamente successive al voto potrà indicare se l’Egitto si incamminerà verso una nuova spirale di violenza – con una progressiva e ulteriore radicalizzazione di alcune frange del movimento della Fratellanza musulmana – oppure se il sistema politico riuscirà a creare le condizioni per una inclusione anche di questo importante attore popolare.

    D. – Gli egiziani sceglieranno tra l’ex capo dell’esercito, Al-Sīsī, e Sabahi, attivista di sinistra. Il confronto appare dall’esito scontato, cioè l’uomo forte di Stato vincerà?

    R. – La campagna di Al-Sīsī è stata condotta in un’escalation, con una crescente tensione verso la propaganda nazionalistica e anche l’appropriazione dell’antico modello nasseriano, quindi il padre della patria, l’unico in grado di garantire la stabilità del Paese. Hamdeen Sabahi certamente gode di un certo favore all’interno di alcune sezioni della popolazione, ma non è in grado di sfondare quello che è il muro di sostegno che circonda la candidatura di Al-Sīsī.

    D. – Quali sfide aspettano il nuovo presidente egiziano?

    R. – La situazione ha in realtà subito un deterioramento, dal punto di vista socioeconomico in questi anni. Quindi, la sfida principale che il nuovo governo, il nuovo presidente dovrà affrontare è sicuramente quella di normalizzare, con politiche efficaci e una revisione, possibilmente anche del modello economico, il funzionamento dello Stato. Pensiamo alla crisi della sicurezza, alla crisi ecologica, che si sta manifestando nelle città, ma anche nella zona del delta, con danni fortissimi per l’agricoltura, per la sostenibilità del popolo egiziano, dal punto di vista della sussistenza quotidiana. Tutta questa situazione d’instabilità, di crisi economica, non fa altro che acutizzare il malcontento di alcune parti della popolazione, che sono sempre pronte comunque a scendere in piazza.

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    Ucraina: ucciso reporter italiano. Si vota per il presidente

    ◊   Vigilia elettorale di sangue ieri in Ucraina. Un reporter italiano, Andrea Rocchelli, e il suo interprete sono rimasti uccisi a Sloviansk, nell’est del Paese controllato dai ribelli indipendentisti filorussi. Ferito un collega francese. Intanto, il Paese in un clima di grande caos si reca al voto per la scelta del nuovo presidente. Circa 35 milioni sono gli aventi diritto, 21 i candidati in corsa. Grande favorito, Petro Poroshenko, che potrebbe già vincere al primo turno. Gravi problemi per lo svolgimento della consultazione nell’est controllato dai filorussi. Da Kiev, Giuseppe D’Amato:

    Così le campane della cattedrale di San Michele hanno salutato il mezzogiorno. Dopo poco è iniziata la preghiera per l’Ucraina alla presenza del Patriarca Filarete e di centinaia di fedeli. Ieri, nella vicina Santa Sofia, si erano riuniti rappresentanti di tutte le comunità religiose con le autorità politiche. Questa per l’Ucraina è una giornata storica, fondamentale per uscire dalla crisi. Si vota non solo per eleggere un nuovo presidente, ma anche per un Paese unito, a piena sovranità. Alla consultazione non partecipano, in pratica, le due regioni orientali del Donbass e di Lugansk. A Donetsk città i separatisti non permettono il voto per le presidenziali. Nella sua regione sono in funzione soltanto 425 seggi. A Lugansk, sono aperte solo due distretti elettorali su 12. Nel nord del Donbass si continua nel frattempo a combattere intensamente con l’utilizzo persino di armi pesanti. Ieri, in circostanze ancora non chiare, è morto il reporter italiano Andrea Rocchelli assieme al suo interprete.

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    Giornata mondiale dell'Africa

    ◊   Su iniziativa dell’Unione Africana, si celebra oggi la Giornata mondiale dell’Africa. La ricorrenza coincide con l’anniversario della fondazione dell’Organizzazione per l’Unità Africana, avvenuta nel 1963, sostituita poi, dall’attuale organismo panafricano. "Green Cross", organizzazione internazionale per la salvaguardia del pianeta, opera da molti anni nel continente con progetti di sviluppo che hanno una particolare attenzione verso le donne e coinvolgono Paesi come il Burkina Faso, la Costa d'Avorio, il Ghana e il Senegal. Marino Tomarro ne ha parlato con Simone Frattini, project manager per "Green Cross" Italia:

    R. – Noi interveniamo soprattutto per assicurare, un po’ ovunque, soprattutto nelle zone rurali, una disponibilità di acqua pulita che permetta poi di evitare tutta una serie di malattie sui bambini, sulle donne, ma in generale su tutta la popolazione, legate ad un’acqua non pulita e non potabile. Abbiamo scavato pozzi nel Nord del Burkina Faso e questi, insieme con alcune latrine, assicurano quindi condizioni sia sanitarie, sia di acqua potabile, buone per la popolazione coinvolta nel progetto. In Ghana, abbiamo legato la disponibilità dell’acqua potabile alle scuole, perché molte non dispongono di acqua potabile. Per quanto riguarda le donne, chiaramente la loro situazione in Africa cambia molto da Paese a Paese, dipende se sono donne che abitano in grosse conurbazioni, dipende se sono legate a realtà rurali. Noi operando soprattutto su questa seconda parte, sulla parte della realtà rurale, intervenendo sull’acqua e sull’agricoltura cerchiamo in qualche modo di alleviare il carico dei compiti tradizionali, alleggerendo il lavoro delle donne. Cerchiamo, quindi, di dare loro più spazi di autonomia.

    D. – Voi siete in Africa ormai da diversi anni. Quali sono oggi le esigenze più urgenti che voi avete riscontrato?

    R. – La disponibilità dell’acqua pulita, la disponibilità di aumentare la produzione anche a livello agricolo. Un’indipendenza economica, in qualche modo, della donna che poi la possa aiutare a investire come meglio crede e quasi sempre crede meglio: essendo lei a gestire il budget rispetto agli uomini, sa meglio come spendere il denaro. Un appoggio all’ingrandirsi dei piccoli mercati locali e, inoltre, la scolarizzazione che comunque rimane un punto fondamentale per l’emancipazione soprattutto delle giovani donne. Una cosa che riscontriamo è la volontà delle famiglie di far studiare bambini e bambine, perché è visto come un mezzo per migliorare la propria situazione sociale.

    D. – Secondo lei, è possibile creare una piattaforma di cooperazione tra i vari Paesi africani?

    R. – A livello di Unione Africana, ma anche a livello di altri organismi, si comincia a parlare di una cooperazione, di uno scambio di informazioni che già in realtà sta avvenendo ed è già un fattore molto positivo per la crescita comune dei Paesi del Sud del mondo.

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    Giornata nazionale del sollievo dalla sofferenza

    ◊   Torna l’appuntamento con la Giornata nazionale del sollievo, giunta quest’anno alla 22.ma edizione. Congressi, convegni ed iniziative su tutto il territorio per informare e sensibilizzare cittadini e operatori sanitari sulla cultura del sollievo e la terapia del dolore e promuovere il concetto di attenzione e presa in cura delle persone che non hanno prospettiva di guarigione, ma che richiedono sostegno umano e terapie che eliminino il dolore causato dalla malattia. Eliana Astorri ha intervistato il prof. Vincenzo Valentini, direttore dell’Unità operativa di radioterapia 1 del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma e presidente della Società europea di radioterapia oncologica:

    R. – E’ una dimensione dell’uomo quella, a volte, di andare in difficoltà e avere delle sofferenze, spesso legate a malattie, e il voler sottolineare il sollievo, cioè un risultato. In una persona che ha un dolore legato a una malattia – che chiaramente disturba, influenza negativamente non solo il suo stato fisico ma la sua emotività, la sua capacità di relazionarsi, di poter svolgere delle attività professionali o anche di esprimere la propria affettività – in una persona che è così turbata il sollievo è proprio il simbolo più concreto di poter portare un raggio di luce, di poter portare una condizione più positiva all’interno di tutta questa complessità, che spesso si lega al mondo della malattia. Quindi, il voler sottolineare non tanto l’offerta che noi diamo – io dono tempo, dono energie, dono supporto finanziario, dono vicinanza – ma il concentrarsi sul risultato, il sollievo delle persone, vuole proprio sottolineare enormemente il fatto che, in molti modi, si può arrivare a un unico obiettivo rilevante per chi è in difficoltà: quello di poter avere una visione più positiva e più favorevole della propria condizione e di quel momento e quindi sentirsi sollevato.

    D. – Quali sono le iniziative del Policlinico Gemelli, in occasione della Giornata nazionale del Sollievo?

    R. – Qui, al Gemelli, noi avremo appunto, nella giornata di domenica, un insieme di iniziative volte a dare valore a questo messaggio del sollievo del paziente. Immagini un cantiere aperto, dove c’è spazio per le persone per fare manifestazioni artistiche, per poter aiutare, nelle dinamiche individuali, i pazienti che sono qui al Gemelli. La percezione di una prospettiva di vicinanza che, come dicevo prima, possa aiutare loro ad avere una posizione diversa rispetto alla problematica della malattia, che interessa le singole persone. Attraverso quindi delle esibizioni – ci sono persone che cantano, che recitano poesie, ci sono clown – si crea un’atmosfera di attività e di coinvolgimento dei pazienti presenti, proprio col fine di ottenere questo risultato: di dare loro sollievo.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Election Day in Europa: Stasera i risultati definitivi

    ◊   Si conclude oggi con il cosiddetto
    election day, la tornata delle elezioni europee, dalle quali uscirà il nuovo parlamento e il nome del presidente della Commissione. I cittadini di 20 Paesi sono chiamati alle urne. In tarda serata i primi risultati. Al voto anche l'Italia, con i seggi aperti dalle 7 alle 23 per oltre 49 milioni di aventi diritto. Controversi i possibili risultati, anticipati dagli
    exit poll, nei Paesi nei quali si è votato nei giorni scorsi.

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    Proseguono in Thailandia le manifestazioni contro il golpe

    ◊   Centinaia di persone sono scese in piazza a Bangkok per manifestare contro il colpo di Stato del generale Prayuth Chan-ocha, di giovedì scorso, sfidando la legge marziale imposta nella capitale. Gli assembramenti di oltre cinque persone sono proibiti, ma la polizia non è finora intervenuta nonostante piccoli momenti di tensione. I militari hanno comunque arrestato almeno tre persone. E' il terzo giorno consecutivo che si manifesta nella capitale. Ieri, la giunta ha sciolto il Senato e rafforzato i poteri del generale golpista.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 145

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.