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Sommario del 15/05/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai nuovi ambasciatori: commercio delle armi e migrazioni forzate, ferite alla pace
  • Papa Francesco: non esiste un cristiano senza Chiesa
  • Il Papa in Terra Santa, p. Lombardi: sarà viaggio breve e intenso in un clima sereno
  • Rinviata la visita del Papa al Santuario del Divino Amore
  • Le missioni di pace al centro dell'incontro del Papa con il governatore generale della Nuova Zelanda
  • Altre udienze e nomine
  • Tweet del Papa: chiediamo allo Spirito Santo la grazia di fare scelte nella logica di Gesù
  • Appello del card. Tauran e del principe di Giordania Bin Talal per una maggiore solidarietà nel mondo
  • Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso celebra i 50 anni di fondazione
  • Giornata della famiglia. Mons. Paglia all'Onu: mettere la famiglia al centro della politica
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Sudan: donna incinta condannata a morte per essersi convertita al cristianesimo
  • Fiaccolata di solidarietà al Colosseo per i cristiani perseguitati nel mondo
  • Turchia: sciopero generale dopo la tragedia in miniera, contestato il presidente Gul
  • Ultimatum dei filorussi alle truppe ucraine: ritiro da Donetsk entro 24 ore
  • Famiglie, necessarie più tutele. Il Forum propone un piano per il fisco da 15 miliardi
  • Divorzio breve, primo via libera al ddl. Cardia: si dequalifica il matrimonio
  • Festival di Cannes: dopo 'Grace di Monaco', è la volta di 'Timbuktu'
  • Al via il censimento nazionale del FAI : "I luoghi del cuore"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • America Latina: cresce il numero dei rifugiati
  • Don Zerai: “Bloccando i visti, l’Europa spinge i migranti nelle braccia dei trafficanti”
  • Pakistan: liberate 5 famiglie cristiane sequestrate e schiavizzate dai datori di lavoro
  • Ragazze rapite in Nigeria: appello della grande moschea di Parigi
  • Oms: incidenti stradali, Aids e suicidi le prime cause di morte tra i giovani
  • Francia: al via la seconda Convention dei melkiti d'Europa
  • Unitalsi: Lourdes più lontana per disabili e malati
  • Expo 2015: l’arcidiocesi di Milano organizza corsi per volontari
  • “Villaggio della Carità”a Perugia, missione di solidarietà e di fraternità
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai nuovi ambasciatori: commercio delle armi e migrazioni forzate, ferite alla pace

    ◊   “Far crescere nella famiglia umana la pace nello sviluppo e nella giustizia” è lo scopo ultimo della diplomazia, lo ha ricordato il Papa ai nuovi ambasciatori di Svizzera, Liberia, Etiopia, Sudan, Giamaica, Sud Africa e India, in occasione della presentazione delle Lettere credenziali. Francesco ha indicato due sfide urgenti “per costruire un mondo più pacifico”: “il commercio delle armi e le migrazioni forzate”: Il servizio di Roberta Gisotti:

    La pace: “una meta mai pienamente raggiunta, che chiede di essere ricercata nuovamente da parte di ogni generazione, affrontando le sfide – ha sottolineato Francesco - che ogni epoca pone”.

    “Tutti parlano di pace, tutti dichiarano di volerla, ma purtroppo il proliferare di armamenti di ogni genere conduce in senso contrario. Il commercio delle armi ha l’effetto di complicare e allontanare la soluzione dei conflitti, tanto più perché esso si sviluppa e si attua in larga parte al di fuori della legalità”.

    E da qui l’auspicio “che la comunità internazionale dia luogo ad una nuova stagione di impegno concertato e coraggioso contro la crescita degli armamenti e per la loro riduzione”.

    Altra sfida alla pace, sotto i nostri occhi, sono le migrazioni forzate, in certe regioni e certi momenti “vera e propria tragedia umana”, ha ammonito il Papa. E, pure riconoscendo gli sforzi notevoli di organizzazioni internazionali, Stati, forze sociali, comunità religiose e volontariato per rispondere agli aspetti più critici, “non ci si può limitare – ha raccomandato Francesco - a rincorrere le emergenze” di “un fenomeno molto complesso” e così ampio da definirsi “epocale”:

    “E’ giunto il momento di affrontarlo con uno sguardo politico serio e responsabile, che coinvolga tutti i livelli: globale, continentale, di macro-regioni, di rapporti tra Nazioni, fino al livello nazionale e locale”.

    Certo, da una parte, vi sono storie stupende di umanità, di incontro, di accoglienza:

    “ ... persone e famiglie che sono riuscite ad uscire da realtà disumane e hanno ritrovato la dignità, la libertà, la sicurezza".

    “Dall’altra parte, purtroppo, ci sono storie che ci fanno piangere e vergognare”:

    “Esseri umani, nostri fratelli e sorelle, figli di Dio che, spinti anch’essi dalla volontà di vivere e lavorare in pace, affrontano viaggi massacranti e subiscono ricatti, torture, soprusi di ogni genere, per finire a volte a morire nel deserto o in fondo al mare”.

    Migrazioni forzate collegate a conflitti e guerre, e quindi al proliferare delle armi:

    “Sono ferite di un mondo che è il nostro mondo, nel quale Dio ci ha posto a vivere oggi e ci chiama ad essere responsabili dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, perché nessun essere umano sia violato nella sua dignità".

    Quindi “sarebbe un’assurda contraddizione”– ha concluso il Papa – parlare di pace e permettere il commercio di armi e così pure sarebbe “un atteggiamento cinico” proclamare i diritti umani ignorando uomini e donne che perfino muoiono costretti a lasciare la loro terra.

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    Papa Francesco: non esiste un cristiano senza Chiesa

    ◊   Non esiste un cristiano senza Chiesa, un cristiano che cammina da solo, perché Gesù stesso si è inserito nel cammino del suo popolo: è quanto ha detto Papa Francesco nella Messa presieduta stamani a Santa Marta. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Partendo dalla prima lettura del giorno, Papa Francesco spiega che gli apostoli quando annunciano Gesù non incominciano da Lui, ma dalla storia del popolo. Infatti – osserva - "Gesù non si capisce senza questa storia" perché Lui “è proprio il fine di questa storia, verso il quale questa storia va, cammina”. Così – ha proseguito - “non si può capire un cristiano fuori dal popolo di Dio. Il cristiano non è una monade”, ma “appartiene ad un popolo: la Chiesa. Un cristiano senza Chiesa è una cosa puramente ideale, non è reale”:

    “Ma, non si può capire un cristiano solo, come non si può capire Gesù Cristo solo. Gesù Cristo non è caduto dal cielo come un eroe che viene a salvarci, e viene. No. Gesù Cristo ha storia. E possiamo dire, ed è vero, questo: Dio ha storia, perché ha voluto camminare con noi. E non si può capire Gesù Cristo senza storia. Così un cristiano senza storia, un cristiano senza popolo, un cristiano senza Chiesa non si può capire. E’ una cosa di laboratorio, una cosa artificiale, una cosa che non può dar vita”.

    Il popolo di Dio, poi – ha aggiunto Papa Francesco – “cammina con una promessa. Questa dimensione è importante che noi nella nostra vita abbiamo presente: la dimensione della memoria”:

    “Un cristiano è un memorioso della storia del suo popolo, è memorioso del cammino che il popolo ha fatto, è memorioso della sua Chiesa. La memoria … la memoria di tutto il passato … Poi, questo popolo dove va? Verso la definitiva promessa. E’ un popolo che cammina verso la pienezza; un popolo eletto che ha una promessa nel futuro e cammina verso questa promessa, verso l’adempimento di questa promessa. E per questo, un cristiano nella Chiesa è un uomo, una donna con speranza: speranza nella promessa. Che non è aspettativa: no, no! E’ un’altra cosa: è speranza. Proprio, avanti! Quella che non delude”.

    “Guardando indietro – ha detto il Papa - il cristiano è una persona memoriosa: chiede la grazia della memoria, sempre. Guardando in avanti, il cristiano è un uomo e una donna di speranza. E nel presente, il cristiano segue il cammino di Dio e rinnova l’Alleanza con Dio. Continuamente dice al Signore: ‘Sì, io voglio i comandamenti, io voglio la tua volontà, io voglio seguirti’. E’ un uomo di alleanza, e l’alleanza la celebriamo, noi, tutti i giorni” nella Messa: è dunque “una donna, un uomo eucaristico”. Questa la preghiera finale del Papa:

    “Pensiamo – ci farà bene pensare questo, oggi – come è la nostra identità cristiana. La nostra identità cristiana è appartenenza ad un popolo: la Chiesa. Senza questo, noi non siamo cristiani. Siamo entrati nella Chiesa con il battesimo: lì siamo cristiani. E per questo, avere l’abitudine di chiedere la grazia della memoria, e la memoria del cammino che ha fatto il popolo di Dio; anche della memoria personale: cosa ha fatto Dio con me, nella mia vita, come mi ha fatto camminare … Chiedere la grazia della speranza, che non è ottimismo: no, no! E’ un’altra cosa. E chiedere la grazia di rinnovare tutti i giorni l’Alleanza con il Signore che ci ha chiamato. Che il Signore ci dia queste tre grazie, che sono necessarie per l’identità cristiana”.

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    Il Papa in Terra Santa, p. Lombardi: sarà viaggio breve e intenso in un clima sereno

    ◊   Sarà denso di incontri e celebrazioni il pellegrinaggio, in programma il 24 e il 26 maggio, di Papa Francesco in Terra Santa. Il programma del viaggio, in occasione del 50.mo anniversario dell’incontro a Gerusalemme tra Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora, è stato illustrato da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il pellegrinaggio in Terra Santa sarà il secondo viaggio internazionale di Papa Francesco dopo quello per la Gmg a Rio de Janeiro. Il viaggio, in programma dal 24 al 26 maggio, avrà un ritmo ternario. Padre Federico Lombardi:

    “Sono semplicemente tre giorni. E’ un viaggio molto breve e molto intenso, come di tre giorni era stato il viaggio di Paolo VI. Le tappe fondamentali di questo viaggio sono la Giordania, Amman e anche Bethany Beyond the Jordan, Betlemme, dello Stato di Palestina, e poi Gerusalemme. Tre Stati, tre tappe fondamentali, tre giorni”.

    Un viaggio intenso, contraddistinto da un fitto programma:

    “Organizzato intorno ad una domenica, in cui c’è la Messa a Betlemme e l’incontro ecumenico con il Patriarca Bartolomeo e con tutti gli altri rappresentanti cristiani, alla sera della domenica. Il giorno precedente, essendo shabbat è dedicato alla Giordania e il giorno di lunedì, invece, è dedicato allo Stato di Israele”.

    Il pellegrinaggio di Papa Francesco sarà anche un’occasione per ricordare il 50.mo anniversario dell’incontro tra Paolo VI e Atenagora, e quello del viaggio di Papa Montini in Terra Santa:

    “Come ricorderete era stato anche il primo dei viaggi internazionali dei Papi, perché al tempo del Concilio ci fu quell’annuncio straordinario da parte di Paolo VI che sarebbe andato in Terra Santa. E andò nei primi giorni di gennaio. I giorni di gennaio non erano adatti per fare un viaggio in Terra Santa. Quindi è stato spostato a maggio, in un tempo adatto. Ma l’idea era proprio quella di ricordare quel viaggio straordinario”.

    Il viaggio di Papa Francesco in Terra Santa avrà un carattere interreligioso. Dimensione che contraddistinguerà anche il seguito papale. Ancora padre Federico Lombardi:

    “Abbiamo proprio inseriti nel seguito, anche se non in partenza da Roma, un rabbino e un rappresentante musulmano. Il Papa ha voluto con sé formalmente, come membri del seguito, il rabbino Skorka e il signor Omar Ahmed Abud, segretario generale dell’Istituto del dialogo interreligioso della Repubblica di Argentina. Sono due persone che il Papa conosce bene, sin dal tempo dell’Argentina, con cui ha coltivato rapporti di dialogo e di amicizia, da allora, e che partecipano con lui a questo momento così importante”.

    Il primo giorno del pellegrinaggio, sabato 24 maggio, sarà dedicato alla partenza da Roma per Amman e agli incontri in Giordania:

    “Il viaggio comincia la mattina del sabato, con il volo da Roma ad Amman. All’arrivo del Papa non vi è una cerimonia di accoglienza all’aeroporto. Ci si sposta direttamente dall’aeroporto al Palazzo Reale di Amman per la cerimonia di benvenuto al Palazzo Reale stesso. Qui avviene prima la visita di cortesia ai reali di Giordania e poi, in un grande salone, c’è l’incontro con le autorità giordane nel Palazzo Reale. Intorno alle 15.00 c’è l’arrivo allo Stadio internazionale di Amman. E lì c’è un giro tra la folla con una jeep scoperta e poi la celebrazione della Santa Messa. Alla Santa Messa è prevista la Prima Comunione di 1.400 bambini. Poi c’è subito il trasferimento a Bethany beyond the Jordan, il luogo cioè del Battesimo di Gesù, sul versante giordano del fiume Giordano. Il Papa si reca proprio sulla riva del fiume Giordano per benedirne le acque, come aveva fatto Paolo VI. Poi il Papa va alla Chiesa latina dove incontra rifugiati e giovani disabili. E poi si ritorna ad Amman”.

    Il giorno seguente, domenica 25 maggio, il Santo Padre si recherà a Betlemme:

    “Alla mattina della domenica il trasferimento da Amman a Betlemme avviene in elicottero. Poi è previsto il trasferimento immediato al Palazzo presidenziale di Betlemme, dove il presidente, Mahmud Abbas, riceve il Santo Padre. Poi ci si trasferisce subito alla Piazza della Mangiatoia di Betlemme per la Messa. La Messa che viene celebrata è una celebrazione con letture e liturgia della Natività. Ci sarà l’omelia del Papa, naturalmente, e quindi il Regina Caeli alla fine, perché sarà domenica. Intorno alle 13.00 il Papa si trasferisce a Casa Nova, che è una casa annessa al Convento Francescano, per i pellegrini. Il Papa pranza con alcune famiglie della Palestina. Al termine del pranzo, il Papa si reca alla Basilica della Natività. Dopo la visita alla Grotta, il Papa si sposta al Phoenix Center, nel campo profughi di Dheisheh. Qui il Papa incontra un bel gruppo di bambini, che provengono dai diversi campi per rifugiati. Dopo si reca subito all’eliporto di Betlemme e si congeda dallo Stato della Palestina”.

    Domenica pomeriggio il Papa arriverà nello Stato di Israele. Dopo l’incontro con il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, un momento cruciale e storico sarà quello della preghiera ecumenica nella Basilica del Santo Sepolcro. Padre Federico Lombardi:

    “L’arrivo nello Stato di Israele avviene con una semplice cerimonia di benvenuto all’aeroporto di Tel Aviv, nel pomeriggio della domenica. Quindi il trasferimento a Gerusalemme. Il Papa si reca subito alla delegazione apostolica di Gerusalemme. E qui avviene l’incontro con il Patriarca ecumenico. Quindi è l’altro momento clou del viaggio. Qui avviene un incontro che è un incontro privato, un incontro storicamente importantissimo, perché avviene nello stesso luogo, nella stessa stanza in cui Paolo VI si era incontrato con Atenagora 50 anni fa. E c’è la firma di una dichiarazione congiunta. Dopo si trasferiscono ambedue al Santo Sepolcro per quello che è un evento fondamentale di questo viaggio: la celebrazione ecumenica al Santo Sepolcro. Il Papa e il Patriarca arrivano - non insieme, ma per vie distinte - alla piazza che è davanti al Santo Sepolcro, entrando da due porte distinte della piazza. Poi vengono accolti all’ingresso della Basilica del Santo Sepolcro dai tre superiori delle comunità dello status quo: la comunità greco-ortodossa, la comunità armena-apostolica e la Custodia di Terra Santa. Il Papa e il Patriarca venerano la Pietra dell’unzione, che si trova vicino all’ingresso, e poi si portano vicino all’Edicola, dove è custodito il Santo Sepolcro. Il Papa e il Patriarca entrano nel Sepolcro per venerare la tomba vuota, escono dal Sepolcro, benedicono tutti i presenti e si recano poi al Calvario, al Golgota, accompagnati anche dai tre capi delle comunità dello status quo. Un momento ecumenico, che tra l’altro è la grande novità ecumenica di questo viaggio: una preghiera comune in un luogo santo di Gerusalemme, nel Santo Sepolcro in particolare, è qualcosa che non c’è stata mai. Le comunità cristiane che possono celebrare e pregare nei luoghi santi lo fanno - e lo hanno sempre fatto finora - separatamente, nei tempi adatti e destinati alle diverse comunità. Dopo questa celebrazione - veramente storica - il Papa e il Patriarca, questa volta insieme, sulla stessa macchina, vanno al Patriarcato Latino per la cena”.

    Denso di incontri anche l’ultimo giorno del pellegrinaggio in Terra Santa, lunedì 26 maggio:

    "Lunedì mattina il Papa si trasferisce subito alla Spianata delle Moschee. Il Papa entra nella Cupola della Roccia, con il Gran Muftì. Alle 9.00 si prevede il trasferimento al Muro Occidentale, il cosiddetto Muro del Pianto. Qui si prevede che ci sia un momento di preghiera del Santo Padre. Il Papa si avvicina e può lasciare il suo foglio nelle fessure del muro, come è abituale. Dal Muro Occidentale, il Papa si trasferisce al Monte Herzl per una deposizione di fiori su questo monte. Herzl è il fondatore del movimento sionista. E’ una commemorazione distinta da quella che poi si fa allo Yad Vashem, che invece è specificamente in memoria delle vittime dell’Olocausto. Dopo di questo c’è il trasferimento al Centro Heichal Shlomo, quindi alla sede del Gran Rabbinato di Israele per la visita di cortesia con i due grandi rabbini di Israele. Alle 11.30, invece, dovremmo già andare al Palazzo presidenziale per l’incontro con il presidente Peres. Alle 12.45 trasferimento al Notre Dame Jesursalem Center: qui il Papa riceve in udienza privata il primo ministro di Israele. Dopo il pranzo, il Papa si trasferisce a Viri Galileai, che si trova praticamente sul Monte degli Ulivi ed è una piccola chiesa greco-orodossa. Qui il Papa incontra e prende congedo dal Patriarca Bartolomeo. Il Papa si trasferisce poi alla Chiesa del Getsemani e qui incontra - alle 16.00 - sacerdoti, religiosi e religiose e seminaristi. Il Papa pianta un piccolo ulivo, vicino a quello che era stato piantato da Paolo VI cinquant'anni fa in quel luogo. E poi c’è l’ultimo avvenimento importante di questo viaggio: al Cenacolo ha luogo una Messa con gli ordinari della Terra Santa e con il seguito papale. In elicottero si va a Tel Aviv. A Tel Aviv c’è il congedo dallo Stato di Israele e si parte per Roma. Si prevede di arrivare intorno alle 23.00, ora di Roma".

    Non c’è motivo di dubitare – ha concluso padre Lombardi – che il viaggio si svolgerà in un clima sereno.

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    Rinviata la visita del Papa al Santuario del Divino Amore

    ◊   La visita del Papa al Santuario-Parrocchia del Divino Amore, che era stata prevista per domenica 18 maggio nel pomeriggio, non avrà luogo, al fine di alleggerire gli impegni del Santo Padre nel corso della preparazione all’imminente viaggio in Terra Santa: lo ha riferito il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. La visita è stata rinviata a data ancora da stabilire.

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    Le missioni di pace al centro dell'incontro del Papa con il governatore generale della Nuova Zelanda

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto in udienza il governatore generale della Nuova Zelanda, Sir Jerry Mateparae, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    “Nel corso dei cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana -ci si è soffermati su alcuni aspetti della vita sociale ed economica del Paese, nonché sull’apprezzato contributo della Chiesa cattolica in vari settori della società neozelandese. Inoltre, vi è stato uno scambio di opinioni sulla situazione internazionale, con particolare riferimento alla cooperazione regionale nei vari programmi di sviluppo, come anche nella partecipazione alle missioni di pace in varie parti del mondo”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto questa mattina anche alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Messico, in visita "ad Limina".

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Ocaña (Colombia), presentata da S.E. Mons. Jorge Enrique Lozano Zafra per raggiunti limiti di età. Gli succede il Rev.do Gabriel Ángel Villa Vahos, del clero della diocesi di Santa Rosa de Osos, finora Segretario del Dipartimento per le Vocazioni e i Ministeri del Consiglio Episcopale Latino Americano (CELAM). Il Rev.do Gabriel Ángel Villa Vahos è nato a Sopetrán, arcidiocesi di Santa Fe de Antioquia, il 17 de giugno 1962. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici nel Seminario maggiore di Santa Rosa de Osos. Ha ottenuto la Licenza in Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 25 ottobre 1989, incardinandosi nella diocesi di Santa Rosa de Osos. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: Vicario Parrocchiale di Sopetrán, Professore e Formatore nel Seminario diocesano, Parroco di Nuestra Señora de La Merced a Yarumal, Rettore del Seminario maggiore diocesano Santo Tomás de Aquino, Direttore del Dipartimento per i Ministeri della Conferenza Episcopale colombiana, Parroco di Nuestra Señora del Carmen a Yarumal, Vice Rettore della Fundación Universitaria Católica del Norte, Amministratore Diocesano di Santa Rosa de Osos (dal dicembre 2010 all’agosto 2011), Vicario per la Pastorale della diocesi di Santa Rosa de Osos e, dal 2011, Direttore del Dipartimento per le Vocazioni e i Ministeri del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM).

    Il Papa ha nominato Vescovo Coadiutore della diocesi di San Cristóbal de Las Casas (Messico) S.E. Mons. Enrique Díaz Díaz, finora Vescovo titolare di Izirzada e Ausiliare della medesima diocesi. S.E. Mons. Enrique Díaz Díaz è nato a Huandacareo, arcidiocesi di Morelia, il 13 giugno 1952. Ha compiuto gli studi di filosofia e di teologia nel Seminario maggiore di Morelia. Dal 1991 al 1994 è stato alunno del Pontificio Collegio Messicano in Roma, frequentando il Pontificio Istituto Biblico, dove ha ottenuto la licenza in Sacra Scrittura. In seguito ha perfezionato i suoi studi a Gerusalemme. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 23 ottobre 1977 per l’arcidiocesi di Morelia. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha ricoperto gli incarichi di Vicario parrochiale e di insegnante nel Seminario maggiore di Morelia. Dal 1987 al 1991 è stato Parroco di Tzintzuntzan e dal 1997 al 2000 di Nostra Signora di Guadalupe a Morelia. Nel 2000 è stato nominato Vicario episcopale per una vasta zona pastorale. Eletto Vescovo Ausiliare di San Cristóbal de Las Casas il 30 aprile 2003, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 9 aprile successivo.

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    Tweet del Papa: chiediamo allo Spirito Santo la grazia di fare scelte nella logica di Gesù

    ◊   Il Papa ha lanciato un nuovo tweet: “Chiediamo allo Spirito Santo la grazia di fare scelte concrete nella nostra vita secondo la logica di Gesù e del suo Vangelo”.

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    Appello del card. Tauran e del principe di Giordania Bin Talal per una maggiore solidarietà nel mondo

    ◊   Il ruolo fondamentale della famiglia e della scuola nella formazione dei bambini, l’importanza dell’educazione religiosa; la necessaria considerazione della dignità della persona umana; il rispetto della libertà religiosa; la convinzione che non la religione, ma la disumanità e l’ignoranza sono le cause dei conflitti. Sono alcuni dei punti del documento comune per una maggiore solidarietà nel mondo siglato questo mercoledì in Giordania dal cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e dal principe El Hassan Bin Talal, fondatore dell’Istituto reale di studi interconfessionali, a poco più di una settimana dall’arrivo ad Amman di Papa Francesco il 24 maggio.

    I partecipanti all’incontro sul tema dell’educazione hanno espresso dura condanna di ogni forma di violenza e la richiesta dell’immediato rilascio delle studentesse rapite in Nigeria. Pubblicato infine un decalogo culturale, come conferma al microfono di Antonino Galofaro il cardinale Jean-Louis Tauran:

    R. – Ces trois jours sont passés dans une atmosphère d’exceptionnelle ouverture …
    Questi tre giorni sono trascorsi in un’atmosfera di eccezionale apertura e di amicizia, e questo conferma che il dialogo interreligioso inizia sempre con l’amicizia, per conoscersi, per volersi bene. Il tema generale dell'incontro ci ha fatto riflettere su come raccogliere le sfide di oggi attraverso l’educazione. Ho insistito sul ruolo indispensabile della famiglia, della scuola e dell’università. La cosa importante è che questo incontro si è chiuso con la pubblicazione di un “decalogo della cultura”, che invita a non rinunciare mai alla curiosità intellettuale, ad essere umili e non intellettualmente arroganti, conservare la propria autonomia intellettuale, di fronte alla superficialità del mondo di oggi, perseverare nella cura della vita interiore e considerare il pluralismo una ricchezza e non una minaccia.


    Di seguito, pubblichiamo in modo completo il "decalogo della cultura" per tutti i soggetti coinvolti nell'educazione:

    1) Mai rinunciare alla curiosità intellettuale;
    2) Abbiate coraggio intellettuale, non vigliaccheria intellettuale;
    3) Siate umili e non intellettualmente arroganti;
    4) Praticate l'empatia intellettuale, invece di una mentalità chiusa;
    5) Rispettare l'integrità intellettuale;
    6) Mantenere la vostra autonomia intellettuale;
    7) Perseverate di fronte alla superficialità che vi circonda;
    8) Abbi fiducia nella ragione;
    9) Siate leali e non intellettualmente sleali;
    10) Considerate il pluralismo come ricchezza, non come una minaccia.

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    Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso celebra i 50 anni di fondazione

    ◊   Lunedì 19 maggio, il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso celebrerà i 50 anni dalla sua fondazione con una conferenza pubblica, alle ore 16.30, presso la Sala San Pio X a Roma (Via dell’Ospedale, 1). Al saluto del cardinale presidente Jean-Louis Tauran, seguiranno le relazioni del segretario del dicastero, padre Miguel Ángel Ayuso Guixot, e di padre Damian Howard, dell’Heythrop College di Londra. In tale circostanza sarà pure pubblicato e distribuito ai presenti il documento “Dialogue In Truth And Charity. Pastoral Orientations For Interreligious Dialogue”. Frutto di una laboriosa gestazione, seguita alla X Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso (Roma, 4-7 giugno 2008), questo testo offre linee guida sia ai pastori, sia ai fedeli, sulla base delle concrete indicazioni ed esperienze delle chiese locali, per continuare il lungo cammino del dialogo interreligioso.

    Il dicastero è stato istituto il 19 maggio 1964 da Paolo VI, con la Lettera Apostolica Progrediente Concilio, col nome di “Segretariato per i Non-Cristiani” «con il compito di rivolgere la sua salutare attenzione a quanti sono privi della religione cristiana, ed ai quali pure sembrano fare riferimento le parole del Signore: ‘Ed ho altre pecore che non sono di questo ovile: anche queste io devo condurre’ (Gv 10, 16)».

    “In cinquant'anni – ricorda una nota del dicastero - il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha percorso un lungo cammino, cercando di aiutare la Chiesa ad acquistare una crescente consapevolezza di quella dimensione del proprio mandato che consiste nell'andare incontro alle persone di altre religioni. Attraverso il ‘dialogo con il mondo’ di Paolo VI, il ‘dialogo della pace’ di Giovanni Paolo II, il ‘dialogo della carità’ nella verità di Benedetto XVI, si è giunti all’attuale sfida del dialogo interreligioso quale ‘dialogo dell’amicizia’, annunciato da Papa Francesco”.

    “La commemorazione del 50.mo anniversario – conclude la nota - sarà un momento speciale per ricordare, con gioia e gratitudine, tutti coloro che nel corso di questi cinquant’anni, a diverso titolo, hanno prestato la loro opera consentendo al Pontificio Consiglio di promuovere il dialogo interreligioso nel mondo”.

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    Giornata della famiglia. Mons. Paglia all'Onu: mettere la famiglia al centro della politica

    ◊   In occasione della XX Giornata della famiglia promossa dall’Onu, che si celebra ogni anno il 15 maggio, la rappresentanza diplomatica della Santa Sede alle Nazioni Unite propone un incontro nella sede dell’organizzazione a New York. Ad intervenire, mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Al microfono di Tiziana Campisi, il presule sintetizza il suo intervento:

    R. – Io sono particolarmente lieto che le Nazioni Unite, attraverso questa Giornata, desiderino, vogliano spingere i governi a porre al centro delle loro politiche la famiglia, perché comprendono che senza di essa la intergenerazione salta, la creazione della storia stessa, in fondo, si indebolisce! Ecco perché la Santa Sede, consapevole dell’urgenza di tutto questo, vuole dare il suo contributo, sottolineando che la famiglia – per la sua particolare costruzione, e quando parlo di famiglia, parlo della maggioranza delle nostre famiglie, ossia padri, madri, figli, nonni e nipoti – questa famiglia è la risorsa più importante per le nostre società, e ancor più è la fonte di uno sviluppo a misura umana delle nostre società.

    D. – Quale contributo può dare la famiglia cristiana alla famiglia laica?

    R. – Io credo che la famiglia cristiana abbia la responsabilità non tanto di creare una famiglia diversa, ma il compito di approfondire i valori della famiglia umana, di quella che è di tutti. C’è un patrimonio comune da valorizzare e da proporre. La particolarità della prospettiva cristiana è la seguente: l’amore, o la benedizione di Dio, che ricevono gli sposi cristiani sottolinea che l’amore della famiglia non è egocentrico, non chiude nelle pareti domestiche, ma è un amore che spinge a superare tutti i confini. Quindi, la famiglia cristiana supera i suoi confini e si lega alle altre famiglie; supera le sue tensioni centripete per andare verso i più poveri; supera, ancora, se stessa per andare verso la città, fino a giungere alla famiglia dei poveri. Insomma, quell’amore che si riceve nel giorno del matrimonio è un amore che porta fino alle periferie del nostro pianeta. In questo senso c’è una peculiarità e una ricchezza di gratuità che è la vocazione che le famiglie cristiane devono vivere al loro interno e in prospettiva missionaria.

    D. – Dunque, tutto questo sposa il tema della 20.ma Giornata della famiglia: proprio, promuovere l’integrazione sociale e la solidarietà inter-generazionale. Sotto questo ultimo punto di vista, che cosa fare ancora?

    R. – Io credo che sia indispensabile recuperare il legame tra le generazioni, che passa attraverso quel processo di educazione che, in verità, fa parte della missione stessa della Chiesa. Oggi si parla di evaporazione del padre: che cosa vuol dire? Che molti padri hanno abbandonato l’impegno, la responsabilità, la fatica dell’educazione. Dire: “Sono tuo fratello”, vuol dire non capire la responsabilità che un padre ha. Credo che sia urgente che la Chiesa riscopra al suo interno la prospettiva intergenerazionale per poi aiutare, come lievito, questa prospettiva all’interno della stessa società umana. Una tendenza, come c’è in Europa, a creare una società defamiliarizzata, cioè a creare delle famiglie monopersonali, questo vuol dire che noi abbiamo abbandonato – perché troppo faticoso – il legame con gli altri: infatti, legarsi per tutta la vita con un altro lo sentiamo insopportabile. Ma questo vuol dire che alla fine, quel che conta è solo l’io, solo se stessi, ed è chiaramente un modo per distruggere dall’interno la socialità e la stessa vita comune tra la gente.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Quando la pace è solo una parola: Papa Francesco denuncia il proliferare del commercio delle armi e la tragedia delle migrazioni forzate.

    Nessuno fu più forestiero: il cardinale presidente Jean-Louis Tauran sui cinquant’anni del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, con la Dichiarazione comune sottoscritta, ad Amman, con il Royal Institute for Interfaith Studies.

    I diari del sergente Roncalli: un giovane sacerdote negli anni della Grande guerra nell’articolo di Ezio Bolis, direttore della Fondazione Papa Giovanni XXIII.

    Appuntamento mancato: Ugo Sartorio recensisce il libro dell’arcivescovo Vincenzo Paglia dedicato alla crisi dell’alleanza tra le generazioni.

    Quelli che non vogliono vedere: Lucetta Scaraffia sul racconto di Laurence Cossé “La prova nascosta”.

    L’equivoco di Pangloss: Jacques Arnoud su evoluzione e creazione.

    L’eretico: Gaetano Vallini illustra la rivoluzione del colore nella fotografia di Franco Fontana.

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    Oggi in Primo Piano



    Sudan: donna incinta condannata a morte per essersi convertita al cristianesimo

    ◊   Ancora sofferenze per i cristiani, in Sudan la giovane donna Mariam Yahya Ibrahim rischia la pena di morte per apostasia e adulterio. Questa la terribile sentenza di un tribunale, che ha condannato la donna per aver sposato un cittadino cristiano ed essersi convertita alla fede del marito. Ce ne parla Giulio Albanese:

    La notizia è inquietante e rivelatrice del fondamentalismo che attanaglia la società nord sudanese e in particole la giustizia. La donna è stata infatti condannata a morte per “apostasia” e adulterio da un tribunale locale, per aver sposato un cittadino cristiano ed essersi convertita alla fede del proprio coniuge, in flagrante violazione della Sharìa, la legge islamica. La donna ha tempo fino ad oggi per abbandonare la sua nuova fede, pena l’esecuzione capitale pena capitale. Mariam Yahya Ibrahim, 27 anni, cresciuta dalla madre cristiana dopo che il padre musulmano se ne è andato quando aveva sei anni, è in prigione dal 17 febbraio insieme al figlio di 20 mesi ed è prossima al termine di una seconda gravidanza. Il caso di Ibrahim ha sollevato aspre critiche da parte degli attivisti per i diritti umani in Sudan, che hanno chiesto al governo di Khartoum di rispettare la libertà di religione.

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    Fiaccolata di solidarietà al Colosseo per i cristiani perseguitati nel mondo

    ◊   Esprimere solidarietà ai cristiani che rischiano la vita o la perdono per professare la propria religione in Africa, Medioriente e in Asia. Per questo la Comunità di Sant’Egidio e la Comunità Ebraica di Roma, con il sostegno del sindaco capitolino, organizzano in serata una fiaccolata al Colosseo con voci e testimonianze. Intanto nuovi drammi frutto dell’estremismo e dell’odio si consumano in Sudan e in Nigeria. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Sarà impiccata per apostasia: ha sposato un cittadino cristiano e si è convertita alla fede del marito in flagrante violazione della Sharìa, la legge islamica. Succede oggi in Sudan a Mariam Yehya Ibrahim, 27 anni, incinta di otto mesi. Per evitare la pena capitale avrebbe dovuto tornare all’islam, ma non lo ha fatto. Un problema di molte aree del mondo, ricorda Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio:

    “Purtroppo, i luoghi dove non è riconosciuto questo tipo di libertà religiosa e nemmeno il diritto, appunto, alla conversione, sono tanti. Naturalmente, noi ci rivolgiamo ai nostri fratelli musulmani e chiediamo loro, alla parte più illuminata, che è la stragrande maggioranza, di lavorare sempre assieme a noi perché a tutti sia garantito questo fondamentale diritto per il quale la Chiesa si è molto spesa”.

    Forzature e violenze, come quella imposta a molte delle studentesse nigeriane rapite nei giorni scorsi dagli estremisti Boko Haram e costrette a convertirsi. Per loro e i tanti cristiani perseguitati - l’ultimo dato sembrerebbe avvicinarsi ai 100 mila nel mondo - la fiaccolata che vede insieme ebrei, cristiani e musulmani:

    “Il primo motivo è quello di fare arrivare la voce della società civile, la voce dei credenti a tante persone perché non si sentano abbandonate. Da quando Giovanni Paolo II ha aperto quello che si è chiamato lo spirito di Assisi, le religioni si sono sentite chiamate a tirare fuori quel messaggio di pace che è al cuore della loro fede. Noi vorremmo creare un’unità tra le religioni contro il terrorismo che si ammanta di un discorso religioso, e vorremmo che finalmente anche nell’opinione pubblica fosse separata la violenza dalla religione”.

    Nella Evangelii Gaudium il Papa ci ricorda che c’è una mentalità che vuole costringere la fede ad un fatto privato: quando si cerca di manifestarla, cominciano i problemi, le discriminazioni, le persecuzioni. Quanto anche il Papa finora ci sta illuminando, ci sta accompagnando su questo tema?

    “Il fatto più significativo, tra i tanti che potrei citare è che il Papa si recherà in Terra Santa tra pochi giorni, accompagnato da un imam e un rabbino. Quindi, il fatto che il Papa scelga di fare un pellegrinaggio nella terra delle tre religioni, accompagnato da loro mi sembra il maggiore segno, il segno più visibile, di questa volontà di dialogo e di collaborazione per la pace nel mondo”.

    Le testimonianze alla fiaccolata saranno forti: ci sarà quella di un cristiano siriano scampato alla guerra, di una donna eritrea cristiana che si dà da fare per aiutare i musulmani profughi del deserto del Sinai, e le sorelle del padre gesuita Paolo Dall’Oglio rapito in Siria quasi un anno fa e del quale non si hanno più notizie. Il pensiero dunque sarà anche per quelli come lui che per ora non hanno voce:

    “Sì, vogliamo compiere, come durante tutto l’anno in cui preghiamo per loro, un ulteriore gesto di vicinanza sperando che tutti loro possano sentirlo e possano avere notizia di questo nostro atto di solidarietà”.

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    Turchia: sciopero generale dopo la tragedia in miniera, contestato il presidente Gul

    ◊   Giornata di protesta in Turchia dopo il grave incidente nella miniera di Soma costato la vita a 282 operai. Ieri sul suo account, il Papa ha chiesto preghiere per i minatori morti. Stamani intanto sul luogo del disastro è arrivato il presidente Gul mentre in tutto il Paese è in corso uno sciopero. Forte la tensione tra polizia e manifestanti a Smirne. Ci riferisce Benedetta Capelli:

    Gas lacrimogeni ed idranti sono stati usati dagli agenti per disperdere i ventimila manifestanti scesi in piazza a Smirne per protestare contro il governo. Un leader sindacale del Disk, una delle maggiori sigle nel Paese, è stato ricoverato in ospedale. La Kesk, il più importante sindacato turco, ha indetto uno sciopero contro le “politiche di privatizzazione selvagge a beneficio di imprenditori amici e – aggiungono i leader sindacali - contro le minacce alle vite dei lavoratori per ridurre i costi del lavoro”. Quanto accaduto nella miniera di Soma con 282 morti accertati ha dunque riacceso le tensioni sociali. Sul luogo del disastro oggi è giunto il presidente Gul che ha fatto visita anche ai numerosi minatori feriti. In ospedale è esplosa la rabbia ma nulla a che vedere con la contestazione di ieri al premier Erdogan, accolto da fischi e urla, ma la tensione è cresciuta quando è stata diffusa una foto nella quale si vede un ministro prendere a calci un manifestante. La miniera era stata al centro di una forte polemica politica dopo che il partito d’opposizione aveva chiesto l’apertura di un’inchiesta sulla sicurezza ma la maggioranza aveva bocciato l’ipotesi.


    Sulla situazione in Turchia e sulle operazioni di soccorso, Benedetta Capelli ha raggiunto telefonicamente nel Paese la giornalista Susanna Iacona Salafia:

    R. – Hanno estratto 282 cadaveri; 363 persone sono invece quelle tratte in salvo. Sotto terra dovrebbero esserci ancora 140 minatori, se si considera il dato di 787 persone che stavano lavorando al momento dello scoppio. Durante la notte, ci sono state un paio d’ore di pausa perché c’erano dei punti in cui l’incendio ancora continuava e quindi bisognava spegnerlo, e i soccorsi sono ripresi questa mattina. Parliamo, però, di profondità di centinaia di metri sotto terra, quindi è molto difficile perché bisogna recuperare gli operai e uno ad uno farli uscire.

    D. – Ci sono una serie di proteste: anche il sindacato Kesk ha convocato uno sciopero per oggi. La tensione sociale sta crescendo in maniera sempre più consistente. Quali sono, secondo te, le prospettive? Dove si incanalerà questa rabbia?

    R. – Diciamo che le proteste sociali sono una costante della Turchia, almeno da alcuni mesi a questa parte. Adesso il centro della protesta si è spostato proprio da quelle parti: a Soma e a Smirne. Dove porteranno questi scontri? Sappiamo che ad agosto ci sarà un’importante elezione: l’elezione presidenziale. Per la prima volta, la Turchia eleggerà direttamente il suo presidente. Erdogan dovrebbe essere tra i candidati e l’opposizione pare si stia finalmente alleando per presentare un candidato unico. Quindi, è chiaro che le tensioni sociali di questi mesi sono anche legate a questo importante appuntamento.

    D. – Per quanto riguarda la miniera di Soma, i sindacati dicono che sono stati favoriti nella privatizzazione, "imprenditori amici": quanto c’è di vero?

    R. – Nel caso specifico di Soma, già da un anno in Parlamento i partiti di opposizione avevano fatto diverse richieste di costituzione di una commissione d’inchiesta per la sicurezza; in particolare, l’ultima era stata presentata due settimane fa da partito Chp, il partito avverso all’Akp di Erdogan, ma questa richiesta era stata bocciata dalla maggioranza del Parlamento. L’ultima ispezione di controllo, comunque, era avvenuta a gennaio e aveva dato risultati positivi. Ma i sindacati replicano proprio in queste ore che si tratta di ispezioni formali e superficiali che in realtà non constatano i veri problemi di sicurezza che possono esserci in luoghi di lavoro come una miniera a 4mila metri sotto terra. La miniera di Soma è diventata già un caso politico: in questa miniera lavorano 787 persone, quindi un numero enorme di persone. A parte le condizioni di sicurezza, anche le condizioni economiche, lo stipendio medio di un minatore è di poco più di 400 euro. Quindi, è chiaro che il malcontento generale si diffonde soprattutto in quella parte della Turchia che è tradizionalmente una zona laica del Paese, dove il partito avverso a Erdogan è risultato vittorioso proprio nelle ultime elezioni amministrative.

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    Ultimatum dei filorussi alle truppe ucraine: ritiro da Donetsk entro 24 ore

    ◊   In Ucraina sempre più duro lo scontro tra esercito di Kiev e le milizie filorusse. La Guardia nazionale ha confermato il sequestro a Donetsk del colonnello Iuri Lebed, alto ufficiale e responsabile dei reparti in Ucraina orientale. Intanto sta per scadere l’ultimatum degli indipendentisti ai militari ucraini a lasciare l'autoproclamata Repubblica di Donetsk entro 24 ore. Di fronte ad una nuova secessione, la diplomazia appare in difficoltà. Giancarlo La Vella ne ha parlato con l’esperto dell’area ex sovietica, Aldo Ferrari, docente alla Ca’ Foscari di Venezia:

    R. - La situazione è molto complicata perché le trattative di Ginevra, ormai un mese fa, non hanno dato sostanzialmente risultati. Si aspettano le elezioni presidenziali ucraine del 25 maggio e dal punto di vista diplomatico i protagonisti non sembrano particolarmente attivi, mentre continuano sul terreno scontri anche violenti. È un momento di stasi pericolosa perché senza una soluzione politica la questione non può che aggravarsi ulteriormente.

    D. - Rafforzare l’aspetto federalistico dello Stato ucraino potrebbe portare a qualche miglioramento della situazione o comunque si va incontro ad un’altra secessione?

    R. - Credo che un vero e serio lavoro di federalizzazione dell’Ucraina sia l’unica soluzione possibile al problema. Il punto è che da parte delle autorità di Kiev questa volontà di accettare realmente la federalizzazione non c’è, perché la si interpreta come una sorta di secessione mascherata, per lo meno iniziale. Però, d’altra parte, l’alternativa non può che essere l’aggravarsi della situazione, nel senso che queste spinte secessioniste rimarrebbero forti e avrebbero l’appoggio, seppure non dichiarato, della Russia. Però, se l’Ucraina non viene effettivamente sospinta dall’Occidente, quindi Europa e Stati Uniti, ad accettare in maniera seria e concreta la federalizzazione, la questione non si risolverà.

    D. - Sullo sfondo poi c’è sempre il problema energetico; un’Ucraina che dipendeva quasi totalmente dalla Russia, ora deve in qualche modo risolvere la situazione, casomai, con l’aiuto dell’Occidente. Questo è possibile?

    R. - In tempi brevi assolutamente no. Così come in tempi brevi non è possibile che l’Europa soprattutto perda la propria dipendenza dalla Russa. Sarà un discorso più lungo che verrà affrontato nel corso degli anni, ma al momento l’Ucraina rimane estremamente vulnerabile da questo punto di vista come l’Europa, seppure in una dimensione differente. Questa è una delle principali frecce che Mosca ha chiaramente al suo arco e non c’è una possibilità immediata di risolvere la questione. L’Europa può aiutare l’Ucraina, ma a sue spese e in un momento non facile dal punto di vista economico. Da questo punto di vista non ci sono, purtroppo, soluzioni immediate ed efficaci.


    Una crisi politica ed economica, dunque, che viaggia anche sui gasdotti. Mosca minaccia di tagliare i rifornimenti energetici all’Ucraina se il governo provvisorio di Kiev non estinguerà i suoi debiti e non pagherà in anticipo le forniture. Intanto oggi, nella capitale russa, si è aperto il Forum Internazionale sull’energia. Gianmichele Laino ha intervistato Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:

    R. – Questo potrebbe essere uno dei tavoli in cui si ricerca quella composizione politica che su tavoli più aperti, sulla scena internazionale, non si riesca a trovare. Non bisogna, infatti, dimenticare che il tema dell’energia è decisivo anche per quanto riguarda le origini di questa crisi ucraina. L’Ucraina, come si sa, è intanto un cliente energetico di Mosca che, praticamente, la tiene in vita dal punto di vista energetico; e poi è un territorio di transito per i rifornimenti energetici che arrivano in Europa. Quindi, sicuramente la partita energetica ha molta importanza anche nella più generale crisi politica che, intorno all’Ucraina, contrappone la Russia all’Occidente.

    D. – Quali potrebbero essere, in questo contesto, gli scenari futuri sulla questione-gas che vede coinvolte Russia e Ucraina?

    R. – La questione del gas tra Russia e Ucraina è, in questo momento, inquinata dalle considerazioni politiche. Purtroppo, la questione del gas è sempre stata usata – anche dagli ucraini, non solo dai russi – come leva per tutta una serie di altre considerazioni. Lo si vede anche in questo momento: il governo provvisorio dell’Ucraina chiede alla Russia di pagare il gas sostanzialmente quanto lo paga la Bielorussia. Però, la Bielorussia è un Paese membro dell’unione doganale promossa e sostanzialmente gestita da Mosca; mentre l’Ucraina ha fatto una scelta di campo opposta, appunto, con tutto il movimento di Maidan: è una richiesta abbastanza insostenibile. D’altra parte, è altrettanto abbastanza insostenibile l’idea che la Russia possa chiudere i rubinetti, ed è un’idea insostenibile per l’Ucraina, perché non si può affamare un Paese; ed è un’idea insostenibile per la Russia stessa, perché vorrebbe dire tagliare un condotto fondamentale per i rifornimenti all’Europa, che è uno dei migliori clienti della Russia. Quindi la Russia avrebbe un danno economico notevolissimo.

    D. – Intanto, non è stata ancora fissata una data per il secondo trilaterale tra Kiev, Unione Europea e Mosca. Si riuscirà a giungere a un accodo?

    R. – Io credo che la questione sia molto complessa e, da questo punto di vista, travalica addirittura la crisi ucraina. Infatti, è vero che i rapporti tra l’Unione Europea e la Russia non si sono mai risolti oltre un certo livello, tant’è vero che poi, alla fine, i Paesi europei più interessati al tema energetico, si sono in qualche modo arrangiati ognuno per conto suo. Da questo punto di vista, la difficoltà grossa è soprattutto nel fatto che l’Unione Europea non ha una politica estera ben definita e quindi non ce l’ha neanche in un settore che della politica estera è complementare ma importante, come la politica energetica.

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    Famiglie, necessarie più tutele. Il Forum propone un piano per il fisco da 15 miliardi

    ◊   Le famiglie producono un valore che si aggira attorno ai 570 miliardi di euro ogni anno. Lo ha detto il sottosegretario al Lavoro, Franca Biondelli, intervenendo alla cerimonia a Roma per la 20.ma Giornata internazionale della famiglia. Questo istituto però non ha solo un valore economico ma anche e soprattutto culturale. Alessandro Guarasci:

    Un fisco più a misura di famiglia, orari di lavoro che permettano più agibilità a chi ha prole, uno stato sociale che dia sempre più servizi. Insomma avere figli non può essere un handicap. Basta dire che l’arrivo del secondo figlio fa raddoppiare la possibilità di diventare poveri. Il sottosegretario con delega alla Famiglia Franca Biondelli:

    “E’ la famiglia tradizionale a cui tutti noi pensiamo, una roccaforte, anche, per la formazione dei figli, perché la famiglia è un pilastro importante per la nostra società. E in questo momento è abbastanza debole, a causa della crisi economica: Infatti, le famiglie numerose, anche le famiglie degli immigrati hanno una situazione drammatica, insomma”.

    Introdurre anche in Italia un vero Fattore Famiglia, ovvero un fisco che tenga conto del numero dei componenti del nucleo, costerebbe dai 15-17 miliardi da qui al 2018. Le risorse si potrebbero trovare dalla lotta all’evasione fiscale, dal taglio della spesa pubblica, da una rimodulazione delle aliquote. Francesco Belletti, presidente del Forum per le Associazioni Familiari:

    “E poi, una grande attenzione all’identità della famiglia che viene costantemente attaccata da progetti di legge, da ideologie per cui sembra che famiglia sia qualunque cosa e qualunque modo in cui le persone scelgano di vivere. Per noi, la famiglia è un’istituzione, è un luogo rilevante pubblicamente, è la società naturale fondata sul matrimonio, dell’articolo 29 della Costituzione”.

    Per Belletti un vero pericolo viene dal ddl Cirinnà, in discussione al Senato, che nei fatti equipara la convivenza etero e omo al matrimonio; mentre la proposta di legge Scalfarotto sull’omofobia rischia di limitare di la libertà di pensiero e parole.

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    Divorzio breve, primo via libera al ddl. Cardia: si dequalifica il matrimonio

    ◊   “Una dequalificazione dell’istituto del matrimonio”. Così il costituzionalista Carlo Cardia commenta l’approvazione, ieri, in commissione Giustizia della Camera, di un testo sul divorzio breve. Il provvedimento, votato a larga maggioranza, approderà a Montecitorio il prossimo 26 maggio e riduce i tempi della separazione dai tre anni previsti attualmente a dodici mesi, in caso di contenzioso, o a soli sei mesi, in caso di accordo consensuale, indipendentemente dalla presenza o meno dei figli. Paolo Ondarza ha intervistato lo stesso Cardia:

    R. - Diciamo che è un po’ trend, no? Bisogna fare una riflessione su ciò che sta accadendo all’istituto del matrimonio nelle legislazioni occidentali: stiamo andando verso una dequalificazione dell’istituto matrimoniale, di cui quest’ultimo passo è probabilmente il sigillo. Immaginiamo nella realtà: una persona celebra un matrimonio sapendo che dopo sei mesi, massimo un anno, questo matrimonio può essere sciolto. Ecco, questo è un elemento psicologico fondamentale che la legge non solo agevola, ma consacra: si può concepire il matrimonio come una porta girevole; io entro, ma dopo due passi posso girare e uscire di nuovo. È il frutto di una dequalificazione complessiva del matrimonio che poi – noi sappiamo –, raggiungerà – ed in alcuni Paesi ha già raggiunto altri lidi, altre sponde, addirittura con la deformazione dell’istituto matrimoniale. Pensiamo a quello che di recente è accaduto in Francia, e ancora prima negli Stati Uniti, in Inghilterra ...

    D. - Fa riferimento al “matrimonio per tutti”?

    R. - Le mariage pour tous, come dicono i francesi. Il matrimonio sta diventato una variabile indipendente agganciata esclusivamente alla volontà delle parti.

    D. – Dequalificazione dell’istituto del matrimonio che tuttavia resta – secondo la Costituzione italiana – il fondamento della società ...

    R. – Resta il fondamento della società, ma se posso dire, anche la famosa formula dell’Art. 29 della Costituzione che recita “La famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”, viene depotenziata in questa maniera. Riflettiamo un attimo. Fondata sul matrimonio: ma è un fondamento quello che può essere sciolto dopo sei mesi? Ecco, questa è una domanda. È una società naturale quella che - in Italia ancora non c’è, ma le proposte sono tante - dice che il matrimonio è per chiunque, qualunque sesso abbia? Questa è un po’ una riflessione amara, però oggettiva, che bisogna fare su questo indirizzo complessivo che sta avvenendo nelle legislazioni di molti Paesi occidentali, non di tutti. E’ bene ricordare che non solo per la Costituzione italiana, ma anche nelle carte internazionali dei diritti umani c’è scritto che uomini e donne hanno diritto di sposarsi; anche nelle carte internazionali c’è scritto che la famiglia è fondata sul matrimonio.

    D. – Ma può configurarsi come incostituzionale una legge che va ad indebolire ciò che per la Costituzione è fondamento della società, ovvero il matrimonio?

    R. - Posso fare un sorriso amaro? La Corte costituzionale di recente ha dichiarato incostituzionale il divieto dell’eterologa. Se lei ci pensa, questo vuol dire che l’eterologa è doverosa costituzionalmente! È qualcosa che onestamente non sta né in cielo né in terra! Quindi rispondendo alla sua domanda, dubito che qualcuno osi dichiarare incostituzionale questa norma, perché ormai quel concetto di matrimonio non c’è più. Ecco perché dicevo che l’Art. 29 è stato già depotenziato. La mia è una constatazione.

    D. - ... che nasce da un depotenziamento di alcuni termini, che - appunto – erano fondanti nella stesura della Costituzione ...

    R. – Un depotenziamento anche lessicale. Lei sa che in alcune scuole, in alcuni enti si è voluto sostituire i termini padre, madre con genitore 1 e genitore 2. Siamo nella stessa lunghezza d’onda. Lei sa che nelle scuole c’è il tentativo reiterato di introdurre una formula di educazione sessuale fin dalla più tenera età, tagliando fuori l’educazione dei genitori. Quest’ultima fa parte del matrimonio, no? Purtroppo quest’ultima svolta sul divorzio breve è coerente con questo indirizzo negativo nei confronti dell’istituto del matrimonio. In Parlamento bisognava fare un ragionamento diverso, accogliendo alcune istanze accettabili, ma dicendo: “Signori miei, il matrimonio non può essere – come dicevo prima – una porta girevole!”. Se non lo fanno in Parlamento, nessuno può fare niente. La legge dimentica questi principi e sceglie la via breve della privatizzazione del matrimonio.

    D. – C’è ancora un margine di intervento. Il richiamo alla responsabilità della politica resta dunque valido, visto il passaggio del provvedimento sul divorzio breve in aula il prossimo 26 maggio ...

    R. – Certamente, la responsabilità è del legislatore e quindi della politica.

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    Festival di Cannes: dopo 'Grace di Monaco', è la volta di 'Timbuktu'

    ◊   Il 67.mo Festival del Cinema di Cannes si è aperto ieri sera con la proiezione di Grace di Monaco, da oggi anche sugli schermi italiani. Grandi nomi in corsa per la Palma d’Oro, che verrà consegnata il 24 maggio. Compongono una selezione di assoluto prestigio molti film legati alla storia recente e ai drammi intimi delle famiglie. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Mondanità, cultura, mercato, arte: Cannes diventa ancora una volta per due settimane il solo e unico Festival capace di mettere il cinema al centro dell’interesse di gran parte del mondo. Lo è sicuramente per la stampa, gli addetti ai lavori e per chi muove milioni all’ombra di un’industria in fondo sempre florida. A Cannes dicono tutti di sì: i registi per primi, quasi sempre i produttori. E anche quest’anno sulla Croisette arriva il meglio della produzione mondiale, i festivalieri stabili Godard, Dolan, Egoyam, Techine, Assayas, Hazanavicius, Ken Loach, Mike Leigh, gli immancabili fratelli Dardenne, Cronenberg, insieme a qualche rischiosa o curiosa scelta, come l’italiana Rohrwacher, l’argentino Szifrón e il mauritano Sissoko, oggi in concorso con il durissimo “Timbuktu”, tutti messi a giudizio della giuria presieduta da Jane Campion. Film di apertura, proiettato ieri, “Grace di Monaco”, carico di polemiche prima, poco applaudito dalla critica, forse lo sarà dal pubblico, illuminato dal volto di Nicole Kidman nel ruolo dell’attrice-principessa. E’ un film classico, romantico, sfarzoso, con alcune dichiarate licenze storiche e tanta tristezza, che si concentra sul biennio 1962-64, sulle tensioni con la Francia di De Gaulle e quelle vissute in famiglia da Grace, che decise - almeno così racconta il film - dopo non poche lacrime e dubbi di sostituire i ruoli classici hollywoodiani che ancora la tentavano con quello, ben più faticoso, di moglie di Ranieri e madre di famiglia, sorretta dalla presenza, molto sottolineata nel film, del sacerdote americano Francis Tucker. Ai Grimaldi regnanti, senza nemmeno averlo visto, non è piaciuto, per le ingenue inverosimiglianze - anche se molti intimi segreti saranno rimasti doverosamente tali - accusando di aver trasformato, senza loro licenza, il ruolo e l’immagine del padre, della madre e dei parenti a corte. Immersi in un’atmosfera che fa spesso il verso a Hitchcock, di cui Grace Kelly fu musa ispiratrice, assurta poi, dopo la tragica morte, a mito del Novecento, immagine di un mondo oggi scomparso.

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    Al via il censimento nazionale del FAI : "I luoghi del cuore"

    ◊   Tifa per l’Italia che ami. Vota il tuo luogo del cuore. E’ l’invito del Fondo Ambiente Italiano che ha dato il via, ieri, alla 7.ma edizione del censimento nazionale “I Luoghi del cuore”. Fino al prossimo 30 novembre il FAI offre a tutti un’opportunità: quella di promuovere un progetto di recupero e di valorizzazione di un bene monumentale o paesaggistico particolarmente caro. Venti gli interventi portati a termine tra i luoghi votati nel 2012, quarantacinque in totale nelle sei edizioni precedenti. Responsabile dell’iniziativa FAI è Federica Armiraglio che al microfono di Adriana Masotti spiega che cosa significhi partecipare al censimento:

    R. – Significa collegarsi al sito dedicato: www.iluoghidelcuore.it oppure prendere una delle cartoline di segnalazione che si trovano presso le delegazioni FAI, o presso tutte le filiali della Banca Intesa San Paolo, che è partner del progetto, e dirci qual è il proprio “luogo del cuore”: un luogo che per noi ha un valore speciale, o più di uno, e che vorremmo non andasse perso, che fosse preservato per le generazioni future.

    D. – Fare questa segnalazione che cosa vorrà dire, poi?

    R. – I luoghi che avranno ricevuto un maggior numero di segnalazioni, almeno mille - quindi, se c’è qualcuno che davvero vuole salvare un luogo, oppure se ci sono luoghi particolarmente in pericolo, l’invito è quello di costituire un comitato che raccolga, appunto, delle segnalazioni per questo luogo – potranno partecipare, nel 2015, a un bando per chiedere un intervento diretto del FAI. Negli scorsi censimenti siamo riusciti ad intervenire su 45 luoghi.

    D. – Ci fa qualche esempio riferito all’ultima edizione?

    R. – Per esempio, il più votato del 2012 è la cittadella di Alessandria, che è una straordinaria fortezza settecentesca. Abbiamo potuto destinare un contributo di 50 mila euro all’eradicazione dell’ailanto, che è una pianta infestante che sta sgretolando le murature. Oppure: grazie ad un lavoro insieme alla Sovrintendenza di Lucca, siamo riusciti – in funzione proprio della risonanza data dal censimento “I Luoghi del cuore” – a sbloccare un contributo di 800 mila euro dal ministero dei Beni culturali che ha portato al recupero di un gioiello barocco, la chiesa di Santa Caterina, che è nel centro di Lucca. Ma abbiamo anche interventi naturalistici: per esempio, stiamo lavorando con il Parco nazionale del Vesuvio e l’Università Federico II di Napoli per un progetto, con un gruppo di agricoltori, di recupero di colture che rischiavano di estinguersi sul Monte Somma, che è il cono più basso del Vesuvio. Tanti interventi diversi in 15 regioni italiane…

    D. – E questi luoghi erano stati segnalati come “luoghi del cuore” da parte di tanti italiani?

    R. – Esatto. Chi con mille voti, chi invece con decine di migliaia, addirittura; ma devo dire che noi lavoriamo anche su luoghi che hanno ricevuto un voto solo: infatti, in chiusura del censimento, il FAI trasmette a tutti i sindaci italiani l’elenco e le informazioni dei luoghi che sono stati segnalati dai loro cittadini, invitandoli ad intervenire. Pensate che fino ad oggi è stato coinvolto il 78 per cento dei comuni italiani.

    D. – La novità di quest’anno: una particolare attenzione, in vista dell’Expo di Milano, ai luoghi legati alla produzione e alla trasformazione degli alimenti …

    R. – I temi dell’ Expo sono molto importanti, naturalmente, anche se la cronaca di questi giorni – purtroppo – rischia di oscurare un po’ il messaggio importante che invece è sotteso alla manifestazione, e che in Italia dovrebbe avere tanta più risonanza perché il nostro è un Paese a vocazione agricola, oltre che essere un museo diffuso, un museo a cielo aperto. Quindi, l’invito che rivolgiamo ai cittadini è proprio quello di prestare attenzione, oltre che ai luoghi più tradizionali – che siano una chiesa, una spiaggia o un palazzo – anche i luoghi della produzione agricola. Magari, appunto, una coltivazione speciale, ma anche cascine o mulini … I luoghi votati, che hanno a che fare con l’alimentazione, confluiranno in una classifica dedicata e il primo classificato, dietro alla presentazione di un progetto, beneficerà di un intervento diretto da parte del FAI. Quindi il nostro appello è davvero: come e più che se fossero i mondiali di calcio – che effettivamente ci saranno quest’estate – mettetevi insieme, organizzate delle tifoserie, se volete far scalare la classifica al vostro “luogo del cuore”. Ma soprattutto, mettete affetto ed entusiasmo. Ognuno di noi ha almeno un luogo del cuore: basta un gesto semplice per salvaguardarlo. Segnalatelo al FAI su: www.iluoghidelcuore.it.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    America Latina: cresce il numero dei rifugiati

    ◊   Risultano alquanto allarmanti i dati trasmessi dall'Onu e dal Consiglio norvegese per i rifugiati (Cnr) sulla situazione dei rifugiati in America Latina.

    I Paesi più colpiti dal fenomeno - riferisce l'agenzia Misna - sono Colombia, Messico e Honduras per via dei problemi interni legati agli scontri armati tra governo e guerriglia, nel caso della Colombia, e al crimine organizzato per i casi di Messico e Honduras.

    Il numero dei rifugiati nel continente si aggira in torno ai 6 milioni di cui oltre il 90% sono in Colombia dove solo nell’ultimo anno si sono registrati 156.918 nuovi casi.
    Il fenomeno dei rifugiati è cominciato nel Paese andino già agli inizi degli anni sessanta con l’avvento della lotta armata. Oggi è arrivata a toccare cifre da record dal momento che interessa il 12% della popolazione nazionale che fugge sia per non rimanere vittima degli scontri armati che per proteggersi dalle minacce (abusi sessuali, arruolamento forzato di minori, mine antiuomo, estorsioni ecc..), perpetrate da membri della guerriglia e dalle forze governative di sicurezza.

    Secondo il rapporto presentato a Ginevra, in presenza del Segretario Generale del Cnr Jan Egeland e dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Antonio Guterres, i gruppi paramilitari e le bande criminali sono egualmente responsabili degli abusi e delle minacce nei confronti della popolazione.

    Differiscono tuttavia dal caso colombiano quelle honduregno e messicano dove il fenomeno assume dimensioni molto più ridotte (17.000 nel primo e 160.000 nel secondo) rispetto alla Colombia.

    In particolare in questi stati le bande criminali, interessate al controllo dei territori strategici per il passaggio dei carichi di droga o a quelli in cui sono presenti ricchezze naturali quali l’oro, esercitano pressioni sulle comunità locali affinché abbandonino quei territori. (R.P.)

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    Don Zerai: “Bloccando i visti, l’Europa spinge i migranti nelle braccia dei trafficanti”

    ◊   “Ci sono almeno due fattori che spiegano l’aumento del numero di persone che cercano di attraversare il Mediterraneo con i barconi dei trafficanti” dice all’agenzia Fides don Mussie Zerai Yosief, presidente dell’agenzia Habeshia per la cooperazione e lo sviluppo.

    “In primo luogo, in Sudan le autorità locali stanno facendo retate di stranieri in posizione irregolare a Khartoum e in altre città. Si tratta in particolare di cittadini etiopi ed eritrei, che vengono rinviati nei loro Paesi, dove sono soggetti a persecuzioni. L’insicurezza nella quale vivono queste persone diventa quindi una spinta per raggiungere l’Europa”.

    “Ogni giorno - aggiunge don Zerai - nei campi profughi sudanesi vengono rapite delle persone per essere vendute nel Sinai. Altre vengono rapite al confine tra Sudan, Libia ed Egitto, un vero triangolo maledetto, dove ci sono i container nei quali sono rinchiusi gli ostaggi catturati. I sequestratori in un primo momento si mettono in contatto con i familiari dei rapiti per chiedere un riscatto. Se la famiglia non può pagare, gli ostaggi vengono venduti ad altri trafficanti che li trasportano in Egitto, dove sono usati come schiavi nell’agricoltura e nelle costruzioni. Altri sono coinvolti a forza nei traffici di armi e di droga, altri ancora diventano vittime del traffico di organi”.

    Lo stesso – prosegue don Zerai - accade in Libia, dove i migranti sono continuamente ricattati, derubati o rinchiusi in centri di detenzione dai quali per uscire devono pagare altri 700-1000 dollari”.

    Don Zerai precisa: “non è vero che esistano controlli alla frontiere libiche. Il controllo alle frontiere libiche esiste ma si è trasformato in un business, e questo fin dai tempi di Gheddafi, che ha sempre giocato su più tavoli, da un lato chiedendo aiuto all’Europa per potenziare i controlli frontalieri, e dall’altro facendo affari con i trafficanti. Lo stesso accade oggi, solo che non vi è un regime ma centinaia di milizie coinvolte in questo sporco gioco”.

    Don Zerai afferma che “le frontiere meridionali della Libia sono ben presidiate per controllare i migranti provenienti da Ciad, Niger, Sudan, dai miliziani, i quali però stanno facendo affari con i trafficanti. Ogni persona deve pagare 700-1000 dollari per entrare in Libia, più un’altra cifra per attraversare il Mediterraneo con i barconi. Prima di partire i migranti hanno già raccolto la cifra necessaria a superare i vari posti di blocco”.

    “La responsabilità di questa tragedia è in parte anche europea” dice il sacerdote, venendo alla seconda causa dell’aumento del flusso migratorio, “perché le Ambasciate degli Stati europei hanno bloccato il rilascio dei visti. Ad esempio le ambasciate italiane in Etiopia, in Sudan, in Kenya e in Uganda, stanno tenendo bloccati i visti di migliaia di donne e bambini, in attesa di venire in Italia per ricongiungersi con i loro parenti, nonostante la concessione del nullaosta da parte del Ministero dell’Interno. La disperazione di queste persone le sta spingendo a tentare la via libica per raggiungere clandestinamente l’Italia. Chiudendo gli accessi legali, si spingono queste persone nelle mani dei trafficanti” conclude il sacerdote. (R.P.)

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    Pakistan: liberate 5 famiglie cristiane sequestrate e schiavizzate dai datori di lavoro

    ◊   Cinque famiglie cristiane sequestrate e schiavizzate dai loro datori di lavoro musulmani, proprietari di fabbriche di mattoni, sono state liberate attraverso l’intervento dell’ufficiale giudiziario e della polizia. Come comunicato all'agenzia Fides dall’Ong Claas (Centre for Legal Aid Assistence and Settlement), che fornisce assistenza legale gratuita ai cristiani pakistani, la petizione presentata all'Alta Corte di Lahore per conto delle cinque famiglie cristiane è andata a buon fine.

    Le famiglie erano confinate dai proprietari di due fornaci di mattoni, nei due villaggi di Ahmed Nagar e Dera, in Punjab. L'ufficiale giudiziario si è rivolto alla stazione di polizia locale, ma gli agenti hanno temporeggiato e sembravano voler ritardare l’intervento fino a quando, dopo lunghe insistenze, la polizia è intervenuta e i cristiani sono stati liberati.

    Dopo il rilascio, una delle famiglie ha raccontato la propria sofferenza: erano vittime di lavoro forzato e trattati come schiavi da oltre 25 anni. Una delle donne, Safia Bibi, ha iniziato il lavoro alla fornace insieme a suo marito, Anwar Masih, subito dopo il matrimonio. Ha nove figli, tutti nati presso la fabbrica e, quando i figli sono cresciuti, anche loro hanno iniziato a lavorare nello stesso luogo. Vivevano in un modesto alloggio, nel complesso della fabbrica, senza servizi igienici. Spesso non hanno ricevuto retribuzione e, se cercavano di abbandonare il lavoro, venivano percossi e torturati, lasciati giorni senza cibo. Nel 2013 il marito di Safia è morto a causa di malattia e debolezza, senza che fosse chiamato un medico. I suoi figli non hanno potuto partecipare al suo funerale perché costretti a lavorare. Non erano autorizzati neanche a partecipare a riunioni di preghiera in chiesa o a festeggiare il Natale e altre feste cristiane.

    Nasir Saeed , direttore di Claas, dichiara nella nota inviata a Fides : “E’ triste constatare che anche nel 21° secolo la schiavitù continua a esistere in Pakistan. I proprietari di fornaci sono spesso ricchi e influenti e difficilmente vengono incriminati. Gli operai, spesso cristiani, lavorano in condizioni di schiavitù una vita per pagare i debiti contratti con i padroni, che durano generazioni. A volte sono venduti da una fornace all’altra. Il governo è consapevole della situazione, ma non ha mai preso seri provvedimenti”. (R.P.)

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    Ragazze rapite in Nigeria: appello della grande moschea di Parigi

    ◊   “La grande moschea di Parigi denuncia e condanna con vigore la barbarie con la quale sono trattate le liceali nigeriane e le violenze che subiscono da parte dei loro rapitori”. “Gli atti terroristici della setta Boko Haram commessi con il pretesto dell’Islam stupiscono il mondo musulmano e tutte le persone che hanno un minimo rispetto per l’umanità”. E’ quanto si legge nel comunicato diffuso ieri a Parigi dal rettore dell’istituto musulmano della grande moschea, Dalil Boubakeur.

    “L’invocazione dei principi religiosi per tentare di giustificare questa ignominia – si legge nel documento ripreso dal Sir - non può nascondere i veri motivi di questo rapimento che è solo di natura criminale”. “Gli attori infami di questi atti odiosi dovrebbero provare vergogna di apparire al mondo sostenendo ogni giustificazione religiosa”. “La loro unica religione è il disprezzo per la dignità umana. Se resta loro un minimo di umanità, li invitiamo a consegnare immediatamente queste giovani sfortunate vittime alle loro famiglie”. (A.L.)

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    Oms: incidenti stradali, Aids e suicidi le prime cause di morte tra i giovani

    ◊   E’ la depressione la causa dominante di malattia e disabilità nei giovani di età compresa dai 10 ai 19 anni. E’ quanto emerge dal l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, “Health for the world’s adolescents”, nel quale si indicano anche le prime cause di morte fra i giovani: incidenti stradali, Aids, e suicidio. Nel 2012 – si ricorda nel dossier che prende in esame i dati relativi a 109 Paesi - sono morti circa 1 milione e 300 mila adolescenti in maggioranza sono deceduti in seguito ad incidenti stradali. Le vittime sono soprattutto i ragazzi.

    Incidenti provocati, in prevalenza, da sostanze stupefacenti e dall’eccesso di velocità. La seconda causa di morte, tra gli adolescenti, è l’Aids. Sono le regioni africane le aree più critiche. Al terzo posto i suicidi, un dramma più diffuso tra le ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni. “L’adolescenza – si sottolinea infine nel dossier – è un momento importante per porre le basi di una buona salute in età adulta. Ma il mondo non ci presta sufficientemente attenzione”. (A.L.)

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    Francia: al via la seconda Convention dei melkiti d'Europa

    ◊   Le comunità della diaspora greco-melchita in Europa si incontrano da oggi al 18 maggio per la loro seconda convention continentale. Dopo il primo incontro nel 2012, a Aubazine, i fedeli di questo rito orientale residenti nei Paesi europei si incontrano per la seconda volta in Francia per conoscersi meglio, scoprire come ciascuna comunità viva la propria comunione e testimonianza di fede nelle società di accoglienza e quindi rafforzare la loro identità. “L’identità melkita tra due mondi” è infatti il tema scelto per questa seconda edizione che coincide con le celebrazioni del 125° anniversario dell’attribuzione della Chiesa di Saint-Julien-le-Pauvre di Parigi alla comunità melchita.

    L’anniversario sarà celebrato con una messa presieduta il 18 maggio da Gregorios III, Patriarca di Antiochia, di Alessandria e di tutto l’Oriente che presenzierà alla convention. Tra i momenti più importanti dell’evento un incontro organizzato presso l’Istituto cattolico di Parigi incentrato sullo stesso tema “L’identità melchita tra due mondi”. Sabato 17, è invece prevista una giornata speciale dedicata ai giovani sul tema: “Una Chiesa senza giovani è una Chiesa senza futuro. I giovani senza la Chiesa sono giovani senza futuro”.

    Originaria del Medio Oriente , la Chiesa cattolica greco-melchita segue il rito bizantino, caratteristico della maggior parte dei cristiani orientali. Si distingue dalle altre Chiese cristiane d'Oriente poiché usa come lingua liturgica, oltre al greco, anche l'arabo. Attualmente conta 1.651.500 fedeli in Medio Oriente, ma anche in altri Paesi come il Canada, gli Stati Uniti, il Brasile e Australia e alcuni Paesi europei. (L.Z.)

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    Unitalsi: Lourdes più lontana per disabili e malati

    ◊   Raggiungere il santuario mariano di Lourdes, per ammalati e disabili, è sempre più complicato. “Il degrado del servizio trasporto dei pellegrini con i treni speciali è divenuto sempre più evidente”. E’ una situazione - sottolinea Francis Dias, coordinatore dei pellegrinaggi per il Santuario - provocata dalla decisione delle Ferrovie francesi (Sncf) di sopprimere definitivamente i treni speciali a vantaggio di convogli ad alta velocità (Tgv), non attrezzati però per il trasporto di ammalati e disabili. Dello stesso avviso – ricorda Avvenire – anche il sindaco della città mariana, Josette Bourdeu. “La diminuzione del numero di treni di pellegrinaggi che arrivano a Lourdes è una catastrofe”.

    L’Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) intende mettere in atto tutte le sinergie per fare in modo di mantenere e garantire, a livelli adeguati, il servizio di trasporto. “Si è potuto stimare – fa notare Salvatore Pagliuca, presidente Unitalsi - che anche un trasporto alternativo al treno, cioè il pullman, ci impedirebbe di accompagnare a Lourdes almeno 6.000 pellegrini malati”. “A Lourdes - sottolinea infine mons. Nicolas Brouwet vescovo della diocesi di Tarbes e Lourdes - i pellegrini malati e handicappati hanno il primo posto”. “Sappiamo che il loro numero è in diminuzione”. “Spesso – conclude il presule - sono persone malate o handicappate che evangelizzano le persone sane con il loro attaccamento al Cristo, con la loro preghiera, la loro gioia e la loro fiducia nel Signore: esse fortificano la nostra speranza”. (A.L.)

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    Expo 2015: l’arcidiocesi di Milano organizza corsi per volontari

    ◊   In vista dell'Expo 2015 - col chiaro auspicio che ciò possa proseguire anche oltre - l'arcidiocesi di Milano organizza un corso pilota per preparare operatori culturali volontari in grado di introdurre pellegrini e visitatori alla conoscenza delle maggiori chiese diocesane, principalmente attraverso itinerari di evangelizzazione. Il progetto – ricorda sul proprio sito l’arcidiocesi ambrosiana - mira ad offrire a quanti raggiungeranno Milano in occasione dell'Expo la possibilità di vistare i luoghi sacri attraverso una proposta specifica: un format comune, con l'impiego dei volontari il sabato (mattina e pomeriggio) e la domenica (pomeriggio).

    Volontari che saranno reperiti, in primis, all'interno delle singole comunità o che saranno comunque individuati in ambiti specifici - come università, musei, varie associazioni culturali - e immessi nel circuito dopo opportuna formazione. Sono due i moduli che compongono l’iter formativo. Il primo - per la città di Milano - è rivolto ai “coordinatori” dei gruppi locali. Il secondo modulo, che sarà avviato dopo l'estate, coinvolgerà il territorio diocesano in maniera più vasta. Il primo incontro è previsto sabato prossimo. Per ricevere informazioni sul corso si può scrivere alla seguente e mail: turismo@diocesi.milano.it (A.L.)

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    “Villaggio della Carità”a Perugia, missione di solidarietà e di fraternità

    ◊   Occorrono uomini e donne, giovani e anziani, disposti a svolgere opere di volontariato presso il “Villaggio della Carità - Sorella Provvidenza”. E l’appello lanciato dalla Caritas diocesana di Perugia. Finora – si ricorda in un comunicato pubblicato sul sito di Caritas italiana - sono centinaia le persone in difficoltà ascoltate ed aiutate. Nei sei grandi appartamenti del “Villaggio”, attivo nella città umbra da quasi sei mesi e non lontano dalla chiesa di San Barnaba, hanno trovato accoglienza una decina di famiglie italiane e straniere. C’è bisogno, soprattutto, di una presenza accanto agli ospiti affinché possano sentire il “calore” di una famiglia.

    Gli operatori e i responsabili di questa opera promuovono un’iniziativa che hanno voluto chiamare “Missione di solidarietà e fraternità”. Dovrà essere realizzata da “tanti piccoli gesti per portare il dono più grande: l’Amore di Gesù”. “Cerchiamo volontari – dicono i coniugi Maria Luisa e Giancarlo Pecetti che scoprano la logica del ‘dono’. Oggi la parola ‘solidarietà’ si è un po’ logorata, ma indica molto di più di qualche atto sporadico di generosità”. “Richiede di creare una nuova mentalità che pensi in termini di comunità”... (Evangelii Gaudium, 188). (A.L.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 135

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.