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Sommario del 14/05/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza generale. Il Papa: i santi nascosti ci insegnano cosa sia il dono della fortezza
  • La preghiera del Papa per la sciagura nella miniera in Turchia: 205 i morti accertati
  • Il Papa: cessino "stragi vergognose" nel Mediterraneo. Mons. Vegliò: siamo tutti interpellati
  • Il Papa agli abitanti della "terra dei fuochi": il diritto alla salute viene prima di ogni altro interesse
  • Papa Francesco ringrazia il cardinale Vallini per il lungo e fedele ministero
  • Nomine episcopali di Papa Francesco in Irlanda e Brasile
  • Mons. Tomasi: no all'uso di droni e robot nelle guerre
  • Prosegue il dialogo tra cattolici e anglicani. L'arcivescovo Moxon: la missione, nuovo motore dell'ecumenismo
  • Il card. Tauran ad Amman: la città è pronta ad accogliere Papa Francesco
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nigeria: governo disposto a trattativa con Boko Haram. Usa: no dialogo coi terroristi
  • Siria: ogni minuto una famiglia lascia la propria casa. Allarme per le armi chimiche
  • Roma, Congresso su nuove droghe. Gerra (Onu): si comprano su web sotto falso nome
  • Elezioni Europee. Petizione online per la difesa di vita, famiglia e libertà di pensiero
  • Ted Neeley a Roma per la versione italiana di Jesus Christ Superstar "un onore essere qui"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Fatima: mons. Twal prega per il Medio Oriente e per il viaggio del Papa in Terra Santa
  • Padre Pizzaballa invita i pellegrini a visitare la Terra Santa per pregare con Papa Francesco
  • Centrafrica: sanzioni per i capi dei gruppi armati. Uccisa giornalista francese
  • Sud Sudan: appello del Consiglio Mondiale delle Chiese al rispetto della tregua
  • Filippine: a sei mesi dal tifone Hayian, 2 milioni di sopravvissuti ancora senzatetto
  • Nigeria: adorazione e preghiere in tutte le chiese per le ragazze rapite
  • Pakistan. Punjab: incriminazione di massa per blasfemia, 68 avvocati alla sbarra
  • Venezuela: a rischio il dialogo di pace, oggi nuova manifestazione degli studenti
  • Argentina: proposta dei vescovi per reagire agli atti di violenza nel Paese
  • Polonia: convegno e marce in 130 città in difesa della famiglia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza generale. Il Papa: i santi nascosti ci insegnano cosa sia il dono della fortezza

    ◊   Sono i santi “nascosti” nella Chiesa quelli che insegnano cosa sia il dono divino della “fortezza”. È stato questo il pensiero centrale della catechesi svolta da Papa Francesco all’udienza generale in Piazza San Pietro, davanti a oltre 60 mila persone. Combattiamo la “pigrizia” e lo “sconforto”, ha detto il Papa, chiedendo a Dio di avere la forza che viene dalla fede. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Santi senza incensi né altari, senza una nicchia dove pregarli e accendere una candela. Santi in carne e ossa, che forse sono sul nostro pianerottolo e non lo sappiamo, nascosti dal velo della quotidianità, o che invece abbiamo la fortuna di conoscere e di godere della loro fede solida anche se senza aureola. Queste persone – assicura Papa Francesco – hanno in comune con i Santi canonizzati una dote che viene dall’alto: la “fortezza”. Il Papa spiega questo “dono speciale” dello Spirito Santo prendendo come esempio una dimensione cara alla Chiesa, la santità nascosta. Quella – afferma – che brilla soprattutto nei “momenti difficili” e nelle “situazioni estreme”, quando uomini e donne “si trovano ad affrontare esperienze particolarmente dure e dolorose, che sconvolgono la loro vita e quella dei loro cari”:

    “Quanti, quanti uomini e donne, noi non sappiamo il nome, ma che onorano il nostro popolo, onorano la nostra Chiesa, perché sono forti: forti nel portare avanti la loro vita, la loro famiglia, il loro lavoro, la loro fede. Ma, questi nostri fratelli e sorelle sono santi, santi quotidiani, santi nascosti in mezzo a noi: hanno proprio il dono della fortezza per portare avanti il loro dovere di persone, di padri, di madri, di fratelli, di sorelle, di cittadini. Tanti ne abbiamo, tanti!”.

    E in questi santi senza nome il dono spirituale della fortezza produce effetti tangibili, che Papa Francesco spiega con la celebre Parabola del Seminatore, che sparge il seme della Parola su terreni, cioè in cuori, ora buoni, ora aridi, ora fragili:

    “Con il dono della fortezza (…) lo Spirito Santo libera il terreno del nostro cuore, lo libera dal torpore, dalle incertezze e da tutti i timori che possono frenarlo, in modo che la Parola del Signore venga messa in pratica, in modo autentico e gioioso. E’ un vero aiuto questo dono della fortezza, ci dà forza, anche ci libera di tanti impedimenti”.

    Ma non bisogna pensare che la fortezza sia un dono solo per i momenti gravi. Su questo Papa Francesco è chiaro. “In tutti i giorni della vita quotidiana – dice – dobbiamo essere forti”, a patto “che il dono della fortezza incontri l’umiltà del nostro cuore”:

    “L’apostolo Paolo ha detto una frase che ci farà bene sentire: ‘Tutto posso in colui che mi dà la forza’. Ma, quando viene la vita ordinaria, quando vengono le difficoltà, ricordiamo questo: ‘Tutto posso in colui che mi dà la forza’. Il Signore dà la forza, sempre, non manca. Il Signore non ci prova più di quello che noi possiamo tollerare. Lui è sempre con noi. ‘Tutto posso in colui che mi dà la forza’”.

    Al termine delle catechesi e dei saluti in varie lingue, Papa Francesco ha rivolto fra gli altri un pensiero al gruppo di persone presente in Piazza San Pietro e giunto dalla Sardegna in segno di riconoscenza per la visita compiuta dal Papa lo scorso anno sull’isola. Nell’incoraggiare la regione “ad affrontare le situazioni problematiche” che ancora la affliggono “nella speranza e nella solidarietà”, Papa Francesco ha concluso: “Io vi assicuro che non mi sono dimenticato di voi e prego. Ricordo tanto quelle parole che voi mi avete detto sui gravi problemi della Sardegna. Vi assicuro di esservi vicino”.

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    La preghiera del Papa per la sciagura nella miniera in Turchia: 205 i morti accertati

    ◊   All’udienza generale, la preghiera del Papa per la tragedia nella miniera in Turchia, che ha provocato 205 morti accertati ma che tiene intrappolati ancora 400 lavoratori. E l’appello a fare di tutto per salvare i minatori intrappolati. Il servizio di Fausta Speranza:

    Papa Francesco invita a “pregare per i minatori morti ieri nella miniera di Soma e per quanti si trovano ancora intrappolati nelle gallerie”. “Il Signore accolga i defunti nella sua casa – afferma – e dia conforto ai loro familiari”.

    Il governo di Erdogan ha proclamato tre giorni di lutto nazionale e assicura che proseguono serrate le disperate ricerche dei lavoratori intrappolati nella miniera di Soma, che si trova a 120 km da Smirne, nella Turchia nord-occidentale. Intanto si improvvisano manifestazioni in varie parti del Paese, cominciando da Istanbul: per protestare contro le misure di sicurezza definite carenti. Un cortocircuito avrebbe innescato l'esplosione provocando quello che potrebbe rivelarsi il più grave incidente industriale nella storia della Turchia moderna. Le speranze di salvare gli uomini intrappolati diminuiscono con il passare del tempo perchè nelle gallerie bloccate, invase dalle fiamme e dal fumo, viene a mancare l'ossigeno. Resta da dire che tra i minatori c’era anche un ragazzo di soli 15 anni.


    Della questione sicurezza, abbiamo parlato con Valentina Scotti, ricercatrice della Luiss, studiosa della Turchia:

    R. – Sicuramente è un problema e la questione va gestita meglio. L’esplosione nella miniera dimostra che ci sono problemi. Peraltro, la questione si apre anche a tutta una serie di dinamiche politiche. Sappiamo che il Partito repubblicano, l’opposizione, aveva chiesto proprio lo scorso anno di avviare delle politiche più concrete per migliorare la situazione dei minatori, citando proprio la miniera che è stata oggetto dell’incidente. Poche settimane fa il Parlamento ha rigettato la proposta di una legge in tal senso. Quindi diciamo che il caso della miniera sottolinea ancora una volta la necessità di intervenire politicamente su un nervo scoperto, su cui però fino ad ora pare che il Partito di Erdogan non abbia voluto concentrare troppo l’attenzione.

    D. – Di fronte alla tragedia c’è stata una mobilitazione generale. In diverse parti del Paese sono state organizzate manifestazioni...

    R. – Sicuramente si tratta di un tema molto sentito dalla popolazione, ma probabilmente ancora una volta è un tentativo di reagire da parte di alcuni settori della popolazione a quelle che sono le politiche dell’Akp, partito al governo, di questo periodo. Certamente la Turchia non sta attraversando un periodo facile; è un periodo molto complesso. Sappiamo quello che è successo, dopo la censura dei social network, e ricordiamo gli eventi di Gezi Park. Ancora una volta la popolazione turca fa sentire la sua voce. Se mi è concesso, però, va anche detto che, rispetto a situazioni di allarme precedenti, come potevano essere il terremoto nella regione di Marmara, altre calamità naturali o altri interventi, che avevano colpito il Paese, questa volta almeno l’intervento è stato più tempestivo. Questo - va riconosciuto - deriva dall’evoluzione che il Paese sta avendo.

    D. – Il discorso del partenariato con l’Unione Europea, anche se con grande difficoltà, resta aperto. Le misure standard di sicurezza europea certo sono ad un livello ben diverso da quello della Turchia. Non c’è un processo di adattamento in corso?

    R. – La Turchia dovrebbe recepire gli Actes
    communautaires, il diritto comunitario, quindi anche gli standard europei in materia di sicurezza. Come sappiamo le procedure restano aperte, ma c’è una fase di stallo ed è probabile che proprio su questi aspetti meno politici non si sia ancora pensato ad un recepimento degli standard europei.

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    Il Papa: cessino "stragi vergognose" nel Mediterraneo. Mons. Vegliò: siamo tutti interpellati

    ◊   All’udienza generale, Papa Francesco ha rivolto un appello contro le vergognose morti nel Mediterraneo, chiedendo di unire le forze. Ce ne parla Francesca Sabatinelli:

    “Stragi vergognose”: così il Papa definisce nel suo appello le tragiche morti di migranti nel Mediterraneo:

    "Preghiamo anche per le persone che in questi giorni hanno perso la vita nel Mare Mediterraneo. Si mettano al primo posto i diritti umani, preghiamo per questo: si mettano al primo posto i diritti umani e si uniscano le forze per prevenire queste stragi vergognose".

    Ancora una volta il Papa si appella alle nostre coscienze: questo il commento del cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti:

    R. - Questo Papa non fa passare un’occasione senza parlare di questo dramma che purtroppo è sempre più esteso ed è sempre più grave. E dunque il Santo Padre anche oggi ha rivolto un forte appello anzitutto agli Organismi che, a livello locale e nazionale, dovrebbero garantire che ogni persona sia considerata a partire dalla sua dignità, senza distinzione di appartenenza etnica o di status giuridico: sia in condizioni di regolarità sia in condizioni di irregolarità, è necessario mettere al primo posto i diritti umani. E questo il Papa lo ripete in ogni occasione in cui parla di questi problemi. Posta questa premessa, è urgente la collaborazione a diversi livelli, affinché tutti quelli che sono a contatto con il fenomeno dei flussi migratori uniscano le loro forze “per prevenire queste stragi vergognose”, come ha detto il Papa. Qui tutti hanno un ruolo da giocare: dal punto di vista umanitario, ma anche nell’approntare adeguati itinerari di sostegno, d’integrazione, di formazione culturale e professionale.

    D. - Eminenza, lei ha rilevato che tutti hanno un ruolo da giocare in questa importante questione. Però noi sappiamo che già da tempo è molto forte la polemica tra l’Italia, che ritiene di essere stata abbandonata, e l’Unione Europea che reagisce rimandando la questione al mittente…

    R. - Leggevo anch’io in questi ultimi giorni, anche stamattina, sulle agenzie di stampa, di questa polemica tra governo italiano e Ue. Naturalmente io non voglio entrare in merito, ma la ragione non sta mai tutta da una parte e comunque rientra in questo quadro di comune assunzione di responsabilità e d’impegno il richiamo a tutti coloro che ne hanno la possibilità, Governi e Comunità internazionale, affinché siano adottate misure concrete, fattibili e lungimiranti per un’azione concertata a tre livelli: anzitutto perché le popolazioni siano aiutate nei Paesi d’origine, questo sarebbe l’ideale, facendo il possibile perché si realizzi il diritto a non emigrare, cioè a restare nel Paese dove vi sono gli affetti familiari, le tradizioni linguistiche e culturali proprie, favorendo lo sviluppo e il miglioramento delle condizioni di vita di ciascun Paese. Nessuno lascia il proprio Paese, la propria famiglia, i propri amici, perché gli piace questo, lo fanno perché sono costretti. In secondo luogo, sono importanti le convenzioni bilaterali e multilaterali, che offrono sicurezza a coloro che emigrano, volontariamente o involontariamente. Nel caso delle migrazioni forzate, è indispensabile l’apertura di canali umanitari, che però devono avere un carattere tempestivo e provvisorio, in risposta a vere emergenze. Infine, non deve mancare la sinergia di tutte le forze disponibili nei processi di sostegno e di integrazione, dove si favorisce la crescita di società che rispettano le diverse identità nella costruzione dell’unità, tendendo al bene comune.

    D. - La questione migrazioni, gli sbarchi, sono ormai divenuti consuetudine, in qualche modo, eppure vengono trattati e definiti ancora come ‘un’emergenza’ …

    R. - Purtroppo ha detto bene, ci si domanda se sia una emergenza ciò che avviene da tanti anni. Eh, beh, sì, sempre emergenza è, perché le persone che muoiono per raggiungere un posto dove pensano di vivere meglio e più felici, è sempre un’emergenza, non possiamo farlo passare nelle cose comuni. L’emergenza di cui parliamo dura ormai da troppo tempo: ogni anno, soprattutto con l’arrivo dell’estate, si ripresentano le stesse situazioni che vedono, da una parte, la fuga di migliaia di persone da condizioni di miseria, di sfruttamento e di persecuzione; dall’altra, ci sono le amministrazioni locali, gli Stati e la Comunità internazionale che si interrogano su cosa fare, fanno anche, ma non è mai sufficiente. Credo che non possiamo più parlare di “emergenza”, così come è inopportuna la ricerca di responsabilità quando ci troviamo di fronte a queste “stragi vergognose”, come ha definito il Santo Padre, nell’Udienza generale di questa mattina, l’ennesimo naufragio in cui hanno perso la vita centinaia di persone, e per me sempre un’emergenza è. L’esodo di numerose famiglie, soprattutto dal Corno d’Africa, Etiopia ed Eritrea, e dal Medio Oriente, soprattutto dalla Siria, tocca immediatamente tutti i Paesi del Mediterraneo, che sono come la via d’accesso all’Europa per molti migranti in fuga da guerre e dittature, spesso donne con bambini e anche bambini soli. Ma questo fenomeno riguarda l’intera Comunità dell’Unione Europea, qui sono coinvolti migranti, richiedenti asilo e rifugiati, famiglie amputate da un genitore o da figli, anche minori, che si mettono in viaggio. Il Santo Padre ha richiamato tutti indistintamente a mettere al primo posto i diritti umani. Dunque, non è il momento di fare una graduatoria delle responsabilità: tutti devono, tutti dobbiamo, sentirci interpellati a fare il possibile affinché cessino le fughe dai Paesi martoriati da conflitti, da disparità sociali e da impossibilità di vivere una vita onesta e dignitosa. Allo stesso modo, tutti devono sentirsi impegnati a venire incontro alle necessità di coloro che, molto spesso forzatamente, purtroppo, devono fuggire e affrontare viaggi colmi di sventure che non di rado si trasformano in tragedie.

    D. - Tutti siamo interpellati, le nostre coscienze sono interpellate, da queste tragedie, tuttavia è legittimo pensare che forse un po’ tutti gli attori, comprese le istituzioni europee, abbiano dimenticato che al centro di tutto questo c’è e deve continuare ad esserci l’uomo?

    R. - Ha detto proprio bene, forse non hanno dimenticato, perché il problema è grave, se è vero quello che si legge negli ultimi giorni, che c’è una massa di persone in Libia, tra le 800mila e il milione, che sarebbe pronta a prendere queste maledette imbarcazioni, per cercare di venire in Europa, è una cosa che fa paura. Per cui, non è che si perda il senso del diritto dell’uomo, ma si ha un po’ paura, è evidente. Comunque, l’Europa vanta a buon diritto una lunga storia di civiltà, di cui ha ragione di essere fiera. Per cui fa fatica accusare l’Europa di avere chiuso le orecchie e gli occhi, anche se alle volte sembra che sia successo proprio questo. L’Europa è la culla dei diritti umani e può giustamente vantare una lunga tradizione di democrazia attenta a promuovere e tutelare i diritti dei singoli e delle comunità comprese le minoranze etniche. Infatti, l’esperienza della migrazione di massa, di cui l’Europa è stata protagonista nel secolo scorso, ha fortemente ispirato le scelte politiche degli Stati membri europei per governare il fenomeno attuale dell’immigrazione. Sono convinto che le scelte politiche europee in materia migratoria potrebbero diventare un modello per altre aree del mondo, facendo leva sulla sua storia di grande esperienza umanitaria e di profonde radici nei valori cristiani, dove la solidarietà e il riconoscimento dei diritti fondamentali della persona umana costituiscono un unico punto di riferimento. Ma per non tradire il suo passato e per costruire un futuro migliore, l’Europa ha una sola via da percorrere: quella che tutela, rispetta e promuove la persona umana nella sua integralità, soprattutto con attenzione a garantire le fondamentali libertà, a sostegno di uno sviluppo che tenga conto non solo del bene comune nazionale, ma anche di quello universale.

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    Il Papa agli abitanti della "terra dei fuochi": il diritto alla salute viene prima di ogni altro interesse

    ◊   All'udienza generale, dopo la catechesi, rivolgendosi ai pellegrini italiani, Papa Francesco ha salutato la delegazione degli abitanti della “terra dei fuochi” in Campania. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Papa Francesco ha ricordato il dramma della terra dei fuochi, un territorio deturpato da interessi economici illegali e dalla presenza della camorra:

    “Saluto la delegazione degli abitanti della cosiddetta ‘terra dei fuochi e dei veleni’, in Campania e, nell’esprimere loro la mia vicinanza spirituale, auspico che la dignità della persona umana e i diritti alla salute vengano sempre anteposti ad ogni altro interesse”.

    Un saluto accolto con speranza dagli abitanti dei comuni della "terra dei fuochi". Presente all'udienza anche don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, da sempre impegnato nel denunciare le emergenze legate al traffico di rifiuti tossici:

    “Penso che sia giunto il tempo, ormai, per fare di queste parole del Papa il nostro modello di vita: la dignità della persona umana prima di tutto. Viene prima l’uomo, e poi tutte le altre cose debbono servire l’uomo; quando invece, per il guadagno disonesto, si maltratta l’uomo, si maltratta il Creato, noi cristiani ci troviamo di fronte ad un peccato immenso mentre i nostri politici che ci governano si trovano di fronte ad un atto di negligenza molto pericoloso. Penso, credo, spero, lo voglio credere con tutto il cuore che i primi ad accogliere queste parole del Papa siano coloro che ci stanno governando: le risposte fino ad oggi sono sempre state delle risposte molto, molto lente e parziali”.

    Dopo l’udienza generale. Don Maurizio Patriciello ha incontrato Papa Francesco:

    “Siamo arrivati qua stamattina: siamo un migliaio di persone tra cui le mamme dei nostri bambini morti; c’erano anche alcuni bambini malati, in particolare Luigi, in carrozzina, che oggi è felicissimo perché ha visto il Papa, ha potuto abbracciare il Papa … E ce ne torniamo a casa con questa speranza in più. Ho avuto, per qualche minuto, la possibilità di incontrarlo: ha benedetto la mia coroncina. Ha detto: ‘Io benedico la tua corona e tu prega per me’. Io ho avuto modo di dirgli: sono uno dei parroci della "terra dei fuochi". Lui mi ha guardato, mi ha stretto le mani, così, mi ha guardato come per dire: ‘Ne sono a conoscenza, di questo dramma’ …. L’attenzione al Creato, oggi, non è più facoltativa: è proprio un’emergenza. Il nostro popolo ha sempre pregato per il Papa e sente questo legame affettivo, oltre che teologico, pastorale, spirituale con il successore di Pietro”.

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    Papa Francesco ringrazia il cardinale Vallini per il lungo e fedele ministero

    ◊   La diocesi di Roma ha festeggiato ieri, con una solenne celebrazione eucaristica nella Basilica di San Giovanni in Laterano, i 25 anni di ordinazione episcopale del cardinale Agostino Vallini. Al vicario della diocesi di Roma, che il prossimo 19 luglio celebrerà anche il 50.mo di sacerdozio, ha indirizzato una lettera Papa Francesco, che esprime stima per il suo "lungo e fedele ministero”. Nella missiva il Santo Padre ricorda l’infanzia del cardinale Vallini, segnata dalla deportazione del padre in Germania, durante la Seconda guerra mondiale, dalla morte prematura della madre, e i tempi del seminario a Napoli. Un periodo – sottolinea il Pontefice – in cui il cardinale Vallini ha maturato una “ricca competenza nelle discipline giuridiche” senza mai trascurare di “svolgere attività pastorali a beneficio dei fedeli e di trasmettere loro il Vangelo”.

    Poi la nomina a vescovo ausiliare nell’arcidiocesi di Napoli e, in seguito, il ministero svolto nella Chiesa Suburbicaria di Albano e l’incarico di prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, hanno preceduto la decisione di Benedetto XVI di scegliere il cardinale Vallini come vicario generale per la diocesi di Roma. Nella lettera, Papa Francesco esprime stima e vicinanza al porporato. “Voglio attestare pubblicamente – scrive il Santo Padre - i tuoi meriti”. “E’ mio particolare desiderio ringraziarti per il fatto che mi sei stato amabilmente vicino quando ho iniziato il ministero Petrino”. “Il tuo affetto fraterno e la tua cordialità d’animo - aggiunge il Santo Padre - sono stati molto importanti per me e mi sono stati di grande aiuto e sostegno”.

    Durante la celebrazione eucaristica, presieduta ieri dal cardinale Vallini nella cattedrale di San Giovanni in Laterano, il porporato ha affermato che oggi “c’è un gran bisogno di ritrovare uno sguardo riassuntivo sul mondo e sulla storia, uno sguardo che squarci le nebbie del dubbio e apra alla luce radiosa della verità di Dio sull’uomo”. Dal Vaticano II a oggi – ha aggiunto il porporato - il magistero della Chiesa ha costantemente invitato pastori e fedeli “a spendersi generosamente nell’impegno di proclamare che Gesù è l’unico Salvatore dell’uomo”.

    “Tanti uomini e donne, anche battezzati, oggi sono confusi e smarriti, non riescono a trovare la risposta ai molti interrogativi della vita e a darsene una ragione”. La “cultura pervasiva della società della comunicazione di massa sembra che li allontani dalla ricerca dell’essenziale, mentre propone una felicità effimera”. Di qui la “missione del vescovo e del sacerdote”: suscitare “interesse per scoprire il bisogno di Dio”, “attrarre alla persona di Gesù” e “far maturare coscienze cristiane”. La Chiesa di Roma – ha concluso il porporato - “sia impegnata a vivere la sua vocazione di capitale della carità”.

    In occasione dei 25 anni di ordinazione episcopale e dei 50 anni di sacerdozio del vicario della diocesi di Roma, si terrà anche un convegno di studi sul tema “Chiesa e comunità politica a cinquant’anni dal Concilio”. Saranno due giornate dense di riflessioni, in programma per il 16 e il 17 maggio rispettivamente presso l’università La Sapienza e presso la Pontificia Università Lateranense. I lavori saranno suddivisi in tre sessioni incentrate su temi cruciali: “Chiesa e comunità politica”, “Chiesa e comunità internazionale” e “Libertà religiosa”. (A.L.)

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    Nomine episcopali di Papa Francesco in Irlanda e Brasile

    ◊   In Irlanda, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Elphin, presentata da Mons. Christopher Jones, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato vescovo di Elphin il rev.do Sacerdote Kevin Doran, del clero della diocesi di Dublin, finora amministratore della parrocchia del Sacro Cuore.

    In Brasile, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Colatina, presentata da Mons. Décio Zandonade, S.D.B., in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

    Sempre in Brasile, il Papa ha nominato Vescovo Prelato di Tefé p. Fernando Barbosa dos Santos, C.M., finora Parroco della Parrocchia Nossa Senhora dos Remédios nell’arcidiocesi di Fortaleza.

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    Mons. Tomasi: no all'uso di droni e robot nelle guerre

    ◊   In una guerra non si può delegare la responsabilità umana a un robot. E’ quanto affermato dall’arcivescovo Silvano Maria Tomasi che è intervenuto all’Onu di Ginevra sull’utilizzo delle armi letali autonome. L’osservatore vaticano alle Nazioni Unite ha in particolare denunciato l’utilizzo dei “droni”. Alessandro Gisotti ha chiesto a mons. Tomasi di soffermarsi sui passaggi salienti del suo intervento:

    R. - Il principio fondamentale, il punto chiave in tutta questa situazione è che non si può delegare alle macchine una decisione che riguarda la vita e al morte di essere umani: bisogna che l’elemento razionale e la capacità di giudizio morale rimanga sempre presente quando c’è di mezzo la questione della vita di altre persone. Ora, per la loro natura, questi strumenti - queste armi tecnologicamente sofisticate, ma completamente autonome - non hanno questa capacità. E supponendo anche che si riuscisse a sviluppare una specie di intelligenza artificiale non si arriverebbe mai ad avere la possibilità e la capacità di esaminare le situazioni e quindi di elaborare un vero giudizio etico.

    D. - Negli ultimi anni si è fatto molto uso dei droni, in particolare da parte degli Stati Uniti ma non solo. Anche su questo la posizione della Santa Sede è netta. Già l’anno scorso c’era stato un intervento al riguardo da parte sua …

    R. - La Santa Sede porta avanti una linea coerente. La questione dei droni è parallela a quella delle armi completamente autonome. Il punto rimane sempre la presenza di un giudizio morale che solo la persona umana può avere nelle circostanze in cui viene a trovarsi, e questo è tanto più necessario, in quanto si tratta della vita e della morte di esseri umani. Questa è la preoccupazione fondamentale. Poi ci sono altre considerazioni che dobbiamo fare, come ad esempio, che la proliferazione di questo tipo di armamenti può veramente causare una nuova corsa internazionale a dotarsi di armi sofisticate come questi killer robot, e soprattutto la nascita di una competizione che non serve per le relazioni tra Paesi, che produce semplicemente dello sperpero di risorse che dovrebbero essere utilizzate invece per le esigenze sociali, la salute, l’educazione, la lotta contro la povertà e non in strumenti letali.

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    Prosegue il dialogo tra cattolici e anglicani. L'arcivescovo Moxon: la missione, nuovo motore dell'ecumenismo

    ◊   E’ in corso a Durban, in Sudafrica, la quarta riunione dei membri della Commissione internazionale anglicano-cattolica della terza fase di dialogo tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana (Arcic III). L'Arcic III nasce dall'incontro a Roma tra Benedetto XVI e l’allora primate anglicano Rowan Williams nel 2006 quando, in una Dichiarazione Comune, entrambi avevano espresso il desiderio di continuare il dialogo ecumenico avviato nel 1970 con l’istituzione dell’Arcic I e proseguito, dal 1983, con l’Arcic II, per superare le divisioni lasciate dallo scisma del XVI secolo. L’ultimo incontro dell’Arcic III si è tenuto dal 29 aprile al 7 maggio 2013 a Rio de Janeiro in Brasile. La relazione che verrà prodotta come risultato di questa terza fase di dialogo verterà sul tema della Chiesa come Comunione, locale e universale. Ascoltiamo quanto dice in proposito l’arcivescovo David Moxon, direttore del Centro anglicano a Roma e co-presidente della Commissione, al microfono di Philippa Hitchen:

    R. – The Report will be about three things: what do we have in common?, …
    La relazione verterà su tre domande: cosa abbiamo in comune e perché facciamo insieme quello che facciamo insieme? Su cosa stiamo lavorando, attualmente, su cui non abbiamo un’intesa piena ma per cui possiamo intravedere una potenziale intesa? E in ultimo, su cosa siamo in disaccordo e non vediamo possibilità di intesa? In tutti e tre questi ambiti – su cosa ci intendiamo, su cosa potremmo intenderci e su cosa non possiamo intenderci – credo che potremo compiere grandi progressi. Ma accanto a questo, guarderemo anche al “receptive ecumemism”, un ecumenismo aperto, che è un metodo secondo cui approcciarci tra di noi, Chiese e comunità diverse nel mondo, in spirito di collaborazione, di sostegno e di apprendimento vicendevole. Qui si tratta più di metodo che di contenuti. Ma immagino che la relazione preveda una seconda parte, incentrata sull’accoglimento dell’ecumenismo. Qui a Roma ci sono tanti esempi: la lotta contro le forme di schiavitù moderna e il traffico delle persone umane, è un preciso esempio di metodologia ecumenica.

    D. – Lei ha detto che siete a metà strada nella stesura di questa relazione. Quando pensa che potrà essere terminata?

    R. – I would think it is another two or three years away. I would think that …
    Penso che ci vorranno ancora due-tre anni, e credo che alla fine avremo un documento che sarà di interesse non soltanto per le persone interessate all’ecumenismo. Spero che possa essere un documento all’interno del quale la gente possa trovare una teologia di lavoro condivisa, una teologia condivisa sul modo con cui prendiamo le decisioni, una teologia condivisa sulle missioni in comune, e che possano vedere in esso una sorta di manuale, di prontuario per la mutua collaborazione sul terreno, ognuno a casa propria.

    D. – Avrà sentito che uno dei precedenti arcivescovi emeriti di Canterbury ha detto che molte persone ritengono che questi colloqui dell’Arcic, che si svolgono ormai da 40 anni, siano irrilevanti perché non hanno prodotto grandi frutti e che, se la gente non vedrà progressi concreti, perderà del tutto l’interesse nell’iniziativa ecumenica. Cosa risponde a questo?

    R. - Well, I think that’s a challenge to us that we should take seriously. …
    Credo che sia una sfida da prendere sul serio, e risponderò parlando come membro dell’Arcic: molti frutti sono nati da questi colloqui, tra cui una nuova rete che si chiama Iarccum (International Anglican-Roman Catholic Commission on Unity and Mission – Commissione internazionale anglicano-cattolico romana su unità e missione), che è stata istituita precisamente per pubblicizzare, promuovere ed educare le persone in merito ai risultati raggiunti. Possono guardare dvd, studiare pagine web … chiunque, nel mondo, ora può vedere quello che è stato concordato e raggiunto. E parliamo dell’80 per cento dell’intesa sulla Dottrina comune, cosa della quale nessun uomo della strada potrebbe mai pensare che sia stato raggiunto. Abbiamo un’intesa sull’Eucaristia, abbiamo intese sul Battesimo, sul Sacerdozio – in termini essenziali – abbiamo intesa sulla comunione della Chiesa … Tutto questo, 40 anni fa non esisteva. Possiamo presiedere in comune ai nostri matrimoni, possiamo condividere la liturgia della parola ecumenica, la liturgia del Mercoledì delle Ceneri: impossibile pensarlo, 40 anni fa. Dio cammina nella storia a cavallo di decenni: non si possono misurare i suoi passi anno per anno … Però, devo dire anche che siamo di fronte a qualcosa di veramente nuovo, che porterà veramente frutti: la collaborazione nelle missioni. Credo che la missione debba essere il nuovo motore dell’ecumenismo; l’impegno comune per la giustizia, lo sviluppo, l’evangelizzazione sarà sempre più evidente e sempre più incoraggiato. E, come ho detto, un esempio lampante ne è l’accordo globale sulla moderna schiavitù e il traffico di persone umane in quanto crimine contro l’umanità, che le Chiese cattolica e anglicana recentemente hanno contribuito a raggiungere, in una rete di libertà globale.

    D. – Sicuramente, Papa Francesco e l’arcivescovo Welby sembrano i primi sostenitori di questo interesse incentrato sulle iniziative pratiche nel campo della missione. Questo influisce in qualche modo sul modo di condurre i colloqui teologici?

    R. – I would say so, and the keynote is the Pope’s speech or homily at Saint Paul’s …
    Penso di sì e la nota fondamentale è stata l’omelia che il Papa ha tenuto a gennaio, a San Paolo fuori le Mura, nella Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Disse, in quell’occasione: “Dobbiamo lavorare insieme ora, come se l’unità fosse una realtà, non camminare verso l’unità, come una meta al di là dell’orizzonte”. Camminiamo ora in spirito di unità; abbiamo – come ho detto – un Battesimo comune, e questo rappresenta un alto grado di comunione! Camminare insieme nella nostra identità battesimale, nella nostra comunione battesimale, significa che possiamo raggiungere un grande risultato ora. E lui ci ha detto anche: “Vivete, parlate ed agite come se questo fosse possibile ora”. E credo che questa sia un nuovo approccio ad una comprensione tutta nuova …

    D. – Noi speriamo di vedere presto l’arcivescovo di Canterbury qui, a Roma, dopo gli incontri dell’Arcic. Quali speranze ripone in questo incontro?

    R. – I’m very excited about that. The first meeting on July last year was hugely …
    Mi emoziona molto, questo … Il primo incontro del luglio dello scorso anno è stato estremamente utile: la sintonia fu immediata, ci fu come una scintilla … io ero presente, l’ho visto. Erano due persone veramente contente della vicendevole compagnia … erano sulla stessa lunghezza d’onda. Quando si parla di pastorale, evangelizzazione, i bisogni del mondo, la priorità per i poveri, essere sinceri, vivere semplicemente, essere trasparenti, essere vulnerabili, parlare con amore e verità … la sinergia è stata immediata. Penso che tutto questo possa essere portato a livelli ancora più alti, questa volta, a giugno …

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    Il card. Tauran ad Amman: la città è pronta ad accogliere Papa Francesco

    ◊   Si conclude oggi una visita di tre giorni in Giordania del card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Il porporato ha partecipato a vari incontri promossi dal dicastero vaticano insieme all’Istituto reale di studi interconfessionali, fondato e diretto dal principe giordano El Hassan bin Talal. Al termine dei lavori è prevista una dichiarazione comune. La visita del cardinale Tauran si è svolta a pochi giorni dal viaggio in Terra Santa di Papa Francesco, che il prossimo 24 maggio sarà ad Amman. Hélène Destombes ha intervistato il porporato, chiedendogli innanzitutto quale sia l’atmosfera ad Amman che si prepara ad accogliere il Pontefice:

    R. – Toute la ville se met au travail: il y a déjà des affiches partout. …
    Tutta la città è all’opera, ci sono già manifesti ovunque. Ho parlato con alcuni vescovi: già le parrocchie sono mobilitate e anche l’atmosfera è piuttosto accogliente: ci sono ovunque i manifesti con il Papa che stringe la mano al Re … Tutti si preparano ad accogliere il Papa con molto affetto, in maniera molto espansiva … Questo è un popolo molto accogliente ed ospitale.

    D. – L’attesa è grande…

    R. – Oui, vraiment. Il y a un grand sentiment d’attente: les personnes que j’ai …
    Sì, davvero. C’è una atmosfera di grande attesa. Le persone che ho incontrato, alle quali sono legato da lunga amicizia, mi hanno confermato che c’è grande simpatia nei riguardi del Papa: il Papa è molto popolare.

    D. – Nel corso della sua visita ad Amman, il Papa incontrerà, in particolare, dei profughi siriani. Lei ha parlato del contesto attuale in Siria …

    R. – Oui: ça a été dans plusieurs interventions …
    Sì, in diversi interventi. Se ne è parlato più volte …

    D. – Ha partecipato anche ad un colloquio sul tema dell’educazione …

    R. – C’est un colloque sur le thème “Relever les défis du monde actuel par …
    Era sul tema “Raccogliere le sfide del mondo attuale attraverso l’educazione”. Si tratta di incontri che, in linea di massima, si svolgono ogni due anni. Ci siamo trovati d’accordo nel sottolineare l’importanza della scuola: infatti, una buona formazione inizia sempre dalla famiglia e dalla scuola. Abbiamo anche deciso di pubblicare un “decalogo della cultura”: una sorta di decalogo per la collaborazione culturale, fondata su convincimenti comuni che devono essere trasmessi da scuola e università, e cioè la curiosità intellettuale, l’umiltà, la solidarietà, la ragione e il pluralismo, considerato non una minaccia ma una opportunità. Speriamo di poterlo adottare, questo decalogo.

    D. – Lunedì aveva partecipato ad un primo incontro sul tema “Religioni e violenza”: quali sono state le conclusioni?

    R. – Nous avons été tous d’accord pour dire que violence et religion ne vont pas …
    Ci siamo trovati d’accordo tutti nell’affermare che religione e violenza non possono andare d’accordo, ma si è molto sottolineato il fatto che non ci sono guerre di religione in atto: le crisi che agitano il mondo, in particolare il Medio Oriente, non hanno all’origine, come causa, la religione. Ma la religione è una delle dimensioni che può portare soluzione a questo problema: infatti, non si può comprendere il mondo di oggi senza le religioni. I nostri amici musulmani hanno denunciato, insieme a noi, che sono l’ignoranza e il pregiudizio le ragioni delle crisi; non le religioni.

    D. – Lei ha insistito molto sulla responsabilità dei leader religiosi di chiarire le loro posizioni riguardo alla violenza, quando parlano “in nome di Dio” …

    R. – Moi, j’ai rappelé les paroles de Benoît XVI, qui sont très fortes, …
    Io ho ricordato le parole forti che Benedetto XVI ha rivolto al Corpo Diplomatico nel 2006: è una “perversione morale”. E su questo, tutti si sono trovati d’accordo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   All'udienza generale Papa Francesco ricorda le vittime della sciagura mineraria in Turchia e i migranti annegati nel Mediterraneo.

    Nel servizio internazionale, in primo piano la crisi siriana con le dimissioni di Lakhdar Brahimi, inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba.

    Risposte efficaci a chi soffre la fame: l'intervento dell’arcivescovo Luigi Travaglino, Osservatore Permanente della Santa Sede presso la Fao, durante la trentatreesima Conferenza regionale della Fao per l’America Latina e i Caraibi.

    Teologia e scienze sociali: in cultura, Gilles Routhier sul Concilio Vaticano II e l’umanesimo contemporaneo.

    Stralci dalla prefazione di José Hernán Cibils al volume “Il padrone del mondo” di Robert H. Benson, uno dei testi più amati di Papa Francesco.

    Sulla strada di Papa Roncalli: l'omaggio del Parlamento israeliano a Giovanni XXIII.

    Una questione di civiltà: nel servizio religioso, la posizione di Caritas, Migrantes e Acli dopo l’ennesima tragedia dell’immigrazione a sud di Lampedusa.

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    Oggi in Primo Piano



    Nigeria: governo disposto a trattativa con Boko Haram. Usa: no dialogo coi terroristi

    ◊   Identificate in Nigeria 77 delle oltre 130 studentesse rapite, mostrate lunedì scorso in un video diffuso dal gruppo terrorista islamico Boko Haram, che propone uno scambio di prigionieri con le ragazze da un mese in ostaggio dei militanti. I ribelli avrebbero già preparato la lista dei detenuti. Intanto il governo di Abuja si è detto pronto a trattare con il gruppo. Stati Uniti e gran parte del fronte occidentale si sono espressi nettamente contro la possibilità di dialogare con i terroristi. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luigi Serra, già preside della facoltà di studi arabo-islamici dell’Università Orientale di Napoli:

    R. – L’Occidente intero fa bene a dire che non si può trattare con i terroristi. Bisogna però chiedersi come mai si ricorda di imporre queste regole di comportamento solo ora laddove lo scontro con il terrorismo islamico, da parte dell’Occidente intero, Stati Uniti in testa, è vecchio ormai di anni.

    D. – Quali le motivazioni dietro la decisione della Nigeria di dialogare con Boko Haram?

    R. – Dietro c’è probabilmente una presa d’atto di debolezza del governo nigeriano contro le bande, non solo di Boko Haram, ma di altri terroristi che circolano ormai nel Maghreb, nell’Africa subsahariana, spingendosi anche oltre l’Equatore.

    D. – Dialogare con Boko Haram, cambiando scenario, riporta allo stesso dibattito che si fece in Afghanistan, quando si parlò di dialogo con i talebani. Si possono paragonare queste due situazioni?

    R. – Sì, sotto il profilo di quella che è l’entità e la gravità delle situazioni. La violenza oltre ogni limite, l’assenza di rispetto per la dignità umana, il mercificare la carne degli individui per finalità politiche o fantapolitiche, ammantate anche di motivazioni di ordine religioso, costituiscono il legame fra i due parametri. Ma tutto questo non giustifica le remore sulle trattative, sia in Afghanistan, sia in Africa. Il difetto di prevedere da parte dell’Occidente questi rigurgiti o nuovi fatti terroristici in ogni parte del mondo ormai va di pari passo con il periodico alzare gli scudi contro il fenomeno, quasi per salvarsi la faccia e lavarsi le coscienze.

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    Siria: ogni minuto una famiglia lascia la propria casa. Allarme per le armi chimiche

    ◊   A causa della guerra, ogni 60 secondi una famiglia siriana è costretta a lasciare la propria casa. Lo rivela un rapporto del Centro di monitoraggio degli sfollati interni (Idmc), pubblicato oggi a Ginevra. Secondo la ong, dopo oltre tre anni di conflitto, la Siria rimane il Paese più interessato dal fenomeno degli sfollati interni. Ad aggravare il quadro, l’ultima denuncia dell’Osservatorio siriano per i diritti dell’uomo, secondo cui dall’inizio dell’anno circa 850 detenuti sono morti perché torturati o vittime di esecuzioni sommarie. Soltanto ieri, invece, "Human Rights Watch" aveva affermato che elicotteri del regime siriano non più tardi del mese scorso avrebbero sganciato alcuni barili-bomba pieni di cilindri di gas clorino contro diverse città del nord della Siria. E il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, aveva quantificato l’uso delle armi chimiche in Siria in 14 volte dalla fine del 2013, senza dimenticare che nell’estate 2013 si parlò di oltre mille morti per l’attacco con gas tossici a Ghouta. Per un commento sulla questione, Giada Aquilino ha sentito il parere di Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo:

    R. – Le notizie che ci giungono sono molto frammentarie, imprecise, ma il dato è che qualcosa è stato usato. Non sappiamo se sono armi chimiche propriamente dette, come l’iprite, il sarin, il tabun e così via. Corrono voci che siano prodotti di industrie chimiche, comunque dannosissimi per la salute umana. Purtroppo, le informazioni non ci permettono di avere elementi certi. Quello che sappiamo è che sembra siano state usate perché ci sono testimoni, fotografie, riprese. E’ un elemento che riporta all’attenzione dell’opinione pubblica la vicenda siriana, che in questi ultimi mesi era andata scomparendo dai nostri mass media. E’ in realtà una guerra che ancora si combatte, sia con le armi convenzionali, sia con queste armi chimiche, anche se appunto non sappiamo esattamente se provengano dagli arsenali individuati - e che l’Organizzazione mondiale per la proibizione delle armi chimiche (Opac) stava monitorando o controllando - o se siano invece di altra provenienza.

    D. – Come procede la fase di disarmo in Siria sotto la supervisione degli ispettori Opac-Onu?

    R. - Procede molto a rilento. Tutto il processo, secondo gli accordi internazionali, avrebbe dovuto concludersi entro giugno. A oggi, si può temere di non farcela. Però, già il fatto che la Siria abbia ufficialmente aderito e che ci possa essere un intervento di controllo da parte dell’Opac, e quindi anche una forma di monitoraggio, è certamente un passo in avanti. Ma la situazione di guerra impedisce anche di monitorare se tutti questi arsenali siano effettivamente sicuri.

    D. - Ci sono polemiche da una parte e dall’altra su chi poi effettivamente usi queste armi chimiche…

    R. – Sì, certamente. Sappiamo che in guerra la prima vittima è la verità. Addirittura, secondo alcune fonti di intelligence si era saputo che quelle armi chimiche usate nel famoso attacco dello scorso anno, a Ghouta, probabilmente erano state usate dai ribelli stessi per incolpare il governo e provocare un intervento internazionale. Purtroppo, a tutt’oggi, non si è riusciti ad avere informazioni certe in merito. E’ opportuno anche ricordare che le armi chimiche non sono mai state risolutive nei conflitti.

    D. – La Francia sta portando avanti in Consiglio di sicurezza dell’Onu un’iniziativa per autorizzare un’indagine della Corte penale internazionale sulle atrocità commesse in Siria. Ma Mosca potrebbe esercitare il diritto di veto…

    R. – Sì, certamente, potrebbe essere esercitato questo diritto di veto. Una commissione di inchiesta potrebbe servire a identificare delle responsabilità. Ma finché non fermiamo la guerra, credo che questo possa essere un risultato modesto.

    D. – Tra l’altro, in queste ore il mediatore Onu per la Siria, Brahimi, ha annunciato di lasciare l’incarico. Che segnale è nel quadro dei tentativi di riportare la pace nel Paese?

    R. – Certamente, non è un segnale tranquillizzante. Al momento, non si riesce ad arrivare a una soluzione di pacificazione.

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    Roma, Congresso su nuove droghe. Gerra (Onu): si comprano su web sotto falso nome

    ◊   Con la catalogazione di circa 280 nuove droghe sintetiche, sono cambiate le modalità di produzione, consumo e spaccio di stupefacenti a livello mondiale. Cresce anche l’attività di controllo e di prevenzione tra le istituzioni nazionali ed internazionali. Elvira Ragosta ne ha parlato con Gilberto Gerra, dell’Ufficio Antidroga delle Nazioni Unite, in occasione del Congresso internazionale che si svolge in questi giorni presso l’Università Cattolica di Roma su iniziativa del Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri:

    R. – Si tratta di numerose famiglie di sostanze che hanno un effetto sulla psiche, capaci di provocare profonde modificazioni nella personalità, nella percezione delle relazioni… In molti casi, sono parenti di farmaci utilizzati in psichiatria.

    D. – Come l’Ufficio Antidroga e anticrimine delle Nazioni Unite lavora per effettuare sinergia, anche con le forze dell’ordine?

    R. – Noi abbiamo continua relazione sia con Interpol, sia con i legislatori a livello nazionale, e diamo assistenza tecnica ai Paesi perché riescano a mettere sotto controllo queste sostanze.

    D. – Il problema del traffico di queste sostanze deriva dal fatto che molte di esse si possono acquistare su Internet e su siti web, camuffati da qualsiasi genere di vendita: dal giardinaggio ai prodotti di bellezza…

    R. – Sì, addirittura i siti web insegnano come produrle. Quindi, abbiamo quelli che chiamiamo garage laboratories, dove alcuni con quattro alambicchi e una piccola spesa riescono a realizzare in modo artigianale queste sostanze.

    D. – Ci può fare sinteticamente un quadro internazionale e poi europeo del traffico e dei consumi di queste cosiddette "droghe furbe"?

    R. – Abbiamo una percentuale generale dell’Europa intorno al 5% lifetime, cioè dell'"ho provato almeno una volta nella vita". Ma abbiamo una situazione molto pesante in Nuova Zelanda e in Australia. E negli Stati Uniti abbiamo avuto negli ultimi anni un’epidemia…

    Ma ora è più facile per gli operatori sanitari riconoscere i sintomi delle nuove droghe? Lo abbiamo chiesto a Giovanni Serpelloni, del Dipartimento delle politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri:

    "E’ più facile, in questo momento, riconoscerle perché abbiamo creato un percorso di formazione – abbiamo girato tutta l’Italia con i nostri esperti – per spiegare che cosa sono queste droghe, che tipo di effetti producono, come identificarle e come identificare i sintomi. Quindi, ci sono poi anche dei portali dove si può andare a vedere esattamente tutte le notizie tecniche, scaricare i documenti … In più, abbiamo fornito loro gli standard di laboratorio che servono per identificare prima e meglio le sostanze".

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    Elezioni Europee. Petizione online per la difesa di vita, famiglia e libertà di pensiero

    ◊   Un manifesto per la promozione e la difesa della vita, della famiglia e della libertà di coscienza e di pensiero. A proporlo ai candidati alle prossime elezioni europee sono oltre 30 Ong sparse in tutto il Vecchio continente. I nomi dei politici aderenti sono pubblicati sul sito della Fondazione "Novae Terrae", mentre è possibile sottoscrivere la petizione all’indirizzo www.citizengo.org. Paolo Ondarza:

    Uno strumento per incoraggiare i parlamentari a lavorare attivamente a progetti e risoluzioni a favore della vita, dal concepimento alla morte naturale, della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, con particolare attenzione alle giovani coppie e alle famiglie numerose, della libertà religiosa, educativa e di pensiero anche in ambito medico e sanitario. Il manifesto redatto da 30 ong è proposto a tutti i candidati alle europee. Ma perché è importante che lo sottoscrivano? Filippo Savarese, portavoce de “La Manif pour tous Italia”:

    R. – E’ fondamentale perché a livello europeo tutti i temi che riguardano i cambiamenti sostanziali del modo di intendere la famiglia e l’identità della persona, il ruolo della persona nella società, stanno sempre più diventando oggetto di decisioni o pronunciamenti importanti, che vanno poi anche a incidere nell’ambito nazionale. Noi crediamo che di tutti questi cambiamenti, di cui pure molto si discute nel parlamento europeo, non ci sia un’opportuna e proporzionata discussione in ambito politico. Crediamo anche che non ci sia una pubblicizzazione di questo. Allora – siccome è certo che in ambito europeo si parlerà e si deciderà di matrimoni tra persone dello stesso sesso, di obbligo di permettere l’adozione di minori a coppie di persone dello stesso sesso, di finanziamenti pubblici alla ricerca sugli embrioni – noi chiediamo ai politici, ai candidati di esprimersi su questi argomenti fondamentali, di non rimanere nella solita reticenza come se questi argomenti in qualche modo fossero secondari. Non lo sono più, lo sappiamo benissimo.

    D. – I nomi dei politici che aderiscono vengono poi pubblicati su Internet, così da consentire agli elettori di tenerne conto, se vogliono, in vista del voto…

    R. – Certo, questa infatti è un’iniziativa che ha due fronti. Da una parte, quello di invitare i candidati a esprimersi su questi argomenti, ma dall’altra quello di aiutare gli elettori a individuare – perché per fortuna c’è in questo caso la possibilità di esprimere una preferenza nominale – quel candidato che si esprime su questi temi che noi riteniamo primari, molto più importanti dei temi economici e da cui spesso i temi economici dipendono, come nel caso dell’aiuto alla natalità. Spesso, si dice che le persone non fanno più figli perché l’economia va male, ma scientificamente è vero soprattutto il contrario: l’economia di un Paese va male a causa della crisi demografica. Allora, in questo senso noi aiutiamo l’elettore che voglia individuare il candidato con una consapevolezza antropologica chiara e che su questi temi si sia preventivamente espresso in modo chiaro.

    D. – Potremmo dire che il candidato si sentirà anche invogliato a prendere un impegno, dal momento in cui la petizione sarà sottoscritta da un numero cospicuo di cittadini…

    R. – Sì, esattamente. Sulla nostra pagina Facebook di "Manif pour tous Italia" e sul nostro profilo Twitter aggiorniamo sempre il numero e i nomi di coloro che hanno sottoscritto il manifesto e lo proponiamo all’attenzione di tutti gli utenti. Per i candidati e gli elettori, questo manifesto per l’Europa si può trovare in forma integrale sul sito della fondazione che l’ha proposto all’adesione di tutte le altre ong.

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    Ted Neeley a Roma per la versione italiana di Jesus Christ Superstar "un onore essere qui"

    ◊   Ted Neeley, il cantante statunitense che ha interpretato Gesù nel film 'Jesus Christ Superstar' del 1973, è a Roma per recitare e cantare nel ruolo che lo ha reso celebre in tutto il mondo.
    Ted Neeley è in questi giorni protagonista della versione italiana dell'opera, firmata da Massimo Romeo Piparo in scena fino al 31 maggio al Teatro Sistina. Fabio Colagrande gli ha chiesto cosa significhi per lui essere nella città cuore del cattolicesimo per interpretare la parte di Gesù Cristo a teatro:

    R. - I could not be happier, more honoured and more frightened …
    Non potrei essere più felice, più onorato e più spaventato allo stesso tempo. So bene, infatti, che Roma è la città simbolo della fede cattolica. Penso che, in un certo senso, molti romani siano degli esperti della religione cattolica, mentre io sono solo un attore che cerca di fare il meglio che può per infondere la spiritualità necessaria al ruolo di Gesù Cristo. Ma sono tanto onorato di essere qui e ho sognato tutta la vita di avere questa possibilità. E ora, finalmente, l’ho avuta e sono pieno di gratitudine.

    D. - Crede che questa opera rock abbia contribuito a diffondere il Vangelo nel mondo?

    R. - Yes, absolutely! Infact I got it from the authority …
    Credo proprio di sì. Infatti, posso dire di avere avuto una conferma più che autorevole. Norman Jewison, regista del film Jesus Christ Superstar, a causa delle tante proteste che la compagnia aveva ricevuto mentre recitavamo lo spettacolo nei teatri degli Stati Uniti, già prima di iniziare le riprese, era molto preoccupato dell’accoglienza del film in tutto il mondo. Perciò richiese un’udienza a Papa Paolo VI per mostrargli il film. E lui e il Pontefice lo videro insieme. Papa Montini disse che era un buon film e che era convinto che avrebbe aperto gli occhi a tanta gente nel mondo per quanto riguarda la spiritualità. Papa Montini pensava che la musica fosse davvero affascinante e profondamente spirituale e che avrebbe perciò contribuito a trasmettere in tutto il mondo l’essenza dell’annuncio di Cristo. E così ottenemmo la sua benedizione per la distribuzione del film in tutto il mondo. Debbo ringraziare Dio e Papa Montini per questo.

    D. - Le piacerebbe far vedere questo film a Papa Francesco?

    R. - Oh, yes! I would do anything to reach …
    Oh, sì! Lo farei senza aspettare un secondo! Farei qualsiasi cosa per entrare in contatto con lui, per poter catturare la sua attenzione, poterlo toccare e dirgli: “Per favore potresti guardare questo film?”. Se questo accadesse si avvererebbe il sogno della mia vita.

    D. - Quale pensa sia il segreto del successo di questo capolavoro, Jesus Christ Superstar?

    R. - I honestly believe it is beacuse, first of all …
    Francamente penso che il suo successo sia dovuto prima di tutto, e senza alcuna discussione, alla musica. Se si prende la musica da sola e si ascoltano semplicemente le melodie, si capisce che hanno una potenza comunicativa universale, perché persone di tutto il mondo possono cantarle. Mi capita sempre che persone di diverse nazionalità vengano da me e cantino in inglese
    (canta) : “Jesus, I am overjoyed to meet you face to face!” o un altro mi si avvicina e canta: “Everything's alright? Yes, everything's fine!”. Tutto in questa musica è così dolce, sembra quasi accarezzarti le orecchie! E poi c’è la qualità dei testi che Tim Rice ha scritto ispirandosi ai quattro Vangeli, in particolare a quello di Giovanni, riuscendo a tirare fuori dei versi, a creare una storia che riguarda solo gli ultimi sette giorni della vita di Gesù, visti però attraverso gli occhi dei suoi amici. I suoi amici – che nel testo di quest’opera - vedono in lui solo un uomo che cammina sulla terra come un uomo, e non pretendono di trovare in lui la divinità, e assolutamente escludono che possa essere il figlio di Dio. Nessuno di loro sapeva chi fosse davvero fino a quando è stato crocifisso ed è resuscitato! E così Gesù arriva fino al momento della crocifissione. E moltissime persone mi dicono di aver imparato tanto sulla loro spiritualità perché attraverso quest’opera hanno potuto considerare Gesù come un essere umano e non solo come il Figlio di Dio.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Fatima: mons. Twal prega per il Medio Oriente e per il viaggio del Papa in Terra Santa

    ◊   “Il Medio Oriente è in fiamme e la situazione geopolitica e più che fragile”. Lo ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, in occasione del Pellegrinaggio internazionale a Fatima, nel 97.mo anniversario delle apparizioni della Vergine Maria ai tre pastorelli Francisco, Giacinta e Lucia.

    Nell’omelia della Santa Messa dopo la Processione delle Candele, nel santuario mariano, il patriarca Twal ha chiesto ai fedeli di pregare per gli abitanti della Terra Santa, cristiani, ebrei e musulmani. “Potete aiutarli con la preghiera, ma anche con il contributo che ognuno di voi, nel proprio campo di azione, può dare perché siano rispettate le leggi internazionali e gli autentici diritti delle nazioni in modo che ci sia pace nella terra del Principe della Pace”, ha detto mons. Twal davanti a circa 35 mila fedeli che hanno partecipato alla celebrazione.

    “Sono venuto per presentare a Nostra Signora - ha continuato - le suppliche dei figli del Medio Oriente e del mondo intero e per chiedere la sua intercessione per i bisogni dei cristiani e di tutti gli abitanti della Terra Santa. Fatima è un segnale indiscutibile della forza di Maria Santissima nella storia dell’umanità”, ha detto.

    Il patriarca di Gerusalemme ha pregato anche per il prossimo pellegrinaggio di Papa Francesco in Giordania, Palestina e Israele, dal 24 al 26 maggio. “Aiutiamo il Papa nella sua missione di grazia e di pace” ha chiesto il patriarca Fouad Twal che ha esortato i fedeli presenti nel santuario a seguire l’esempio del Pontefice a partire in pellegrinaggio verso la Terra Santa, dove “ci sono le vostre radici e dove si è concretizzata la storia della nostra Salvezza”. (A cura di AlinaTufani)

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    Padre Pizzaballa invita i pellegrini a visitare la Terra Santa per pregare con Papa Francesco

    ◊   In un video messaggio registrato appositamente e preparato in collaborazione con il Ministero del Turismo di Israele, il Custode di Terra Santa padre Pierbattista Pizzaballa, incaricato dalla Santa Sede di coordinare e dirigere l'accoglienza dei pellegrini in Terra Santa, invita i pellegrini stessi a visitare la Terra Santa insieme a Papa Francesco.

    Sottolineando l'importanza della Terra Santa nella fede cristiana, padre Pizzaballa ricorda che Dio "si è manifestato nella storia, ma anche in un luogo geografico ben preciso, in questo caso in Terra Santa". L'intervista è stata filmata e tradotta in 7 lingue: italiano, inglese, francese, portoghese, tedesco, polacco e spagnolo.

    Nell'intervista il Custode di Terra Santa padre Pierbattista Pizzaballa ha detto che "la fede cristiana è una fede rivelata. Si crede che Dio si è manifestato nella storia, ma anche in un luogo geografico particolare, nella fattispecie qui in Terra Santa. È quindi importante venire qui in Terra Santa per vivere questo incontro con Gesù, il Dio storico. Quest'anno abbiamo la gioia di avere in mezzo a noi Papa Francesco, come un pellegrino speciale che arriverà in un pellegrinaggio di preghiera e di pace, come egli stesso ha detto, dove incontrerà anche altri cristiani delle comunità e soprattutto con il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo. Pertanto è importante unirsi a lui nella preghiera, ma soprattutto è ancora più importante venire insieme a lui per vivere con lui questo incontro con Gesù, qui in Terra Santa ". (A.T.)

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    Centrafrica: sanzioni per i capi dei gruppi armati. Uccisa giornalista francese

    ◊   Sanzioni nei confronti degli ex presidenti François Bozizé e Michel Djotodia e di comandanti dei gruppi armati noti come Seleka e Anti-Balaka sono state adottate dagli Stati Uniti dopo l’approvazione di misure analoghe da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

    Le sanzioni - riferisce l'agenzia Misna - prevedono divieti di soggiorno e confisca di eventuali beni detenuti negli Stati Uniti. Oltre a Bozizé e Djotodia nel mirino di Washington sono finiti Levy Yakété, responsabile dei gruppi Anti-Balaka, e Noureddine Adam e Abdoulaye Miskine, comandanti dei ribelli Seleka.

    L’annuncio delle sanzioni è giunto ieri sera, poco dopo la notizia dell’uccisione nella Repubblica Centrafricana di una fotogiornalista francese. Il corpo senza vita di Camille Lepage, 26 anni, è stato ritrovato nella città occidentale di Bouar. (R.P.)

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    Sud Sudan: appello del Consiglio Mondiale delle Chiese al rispetto della tregua

    ◊   “La situazione rimane esplosiva fino a quando la tregua dispiegherà concretamente i suoi effetti sul campo” afferma una nota del Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc) pervenuta all’agenzia Fides, sull’accordo di tregua raggiunto il 10 maggio tra i due protagonisti del conflitto civile del Sud Sudan, il Presidente Salva Kiir e l’ex vice Presidente Riek Machar.

    La tregua è stata firmata nella capitale dell’Etiopia, Addis Abeba, alla presenza, tra gli altri, di mons. Paulino Lukudu Loro, arcivescovo di Juba (capitale del Sud Sudan), dell’arcivescovo Daniel Deng Bul Yak della Chiesa episcopale del Sudan, e del rev. Samuel Kobia, ex Segretario Generale del Wcc.

    Commentando l’atto della firma della tregua, mons. Lukudu Loro ha affermato che “tutti i sudanesi stavano aspettando questo giorno da cinque mesi”. La guerra civile è infatti scoppiata a metà dicembre, quando il Presidente Kiir ha denunciato un tentativo di golpe organizzato dal suo Vice, Machar. Il confronto tra le due parti politiche ha assunto una dimensione etnica e tribale sprofondando il giovane Stato (il Sud Sudan ha proclamato la sua indipendenza nel luglio 2011) in una crisi umanitaria terribile, con almeno un milione di sfollati. “È ora di correggere i costosi errori dei leader sud-sudanesi, facendo finire la guerra subito, come chiesto da tutte le Chiese e comunità ecumeniche” ha ribadito l’arcivescovo di Juba. (R.P.)

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    Filippine: a sei mesi dal tifone Hayian, 2 milioni di sopravvissuti ancora senzatetto

    ◊   A sei mesi dal tifone Hayian, che ha colpito le Filippine orientali - soprattutto la provincia di Leyte - l’8 novembre 2013, circa due milioni di sopravvissuti sono ancora senza tetto, ha reso noto l’ufficio Onu per gli Affari umanitari (Ocha). “La solidarietà c’è ma è un processo lento. La gente ancora lotta per la sopravvivenza, per il cibo e la casa. Devono ripartire da zero ed è molto difficile”, racconta all’agenzia Fides padre Socrates Mesiona, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) nelle Filippine.

    Il sacerdote appartiene a una delle diocesi devastate dal tifone, quella di Tagbilaran, sull’isola di Bohol. “La Chiesa sta collaborando con il governo e altre Ong nel sostegno alle vittime. E’ importante garantire un meccanismo di trasparenza negli aiuti, a tutti i livelli. A volte i politici locali cercano di strumentalizzare gli aiuti umanitari e trarne vantaggi”, spiega il direttore delle Pom.

    Dopo quello che l’Onu ha definito come il tifone più violento e distruttivo della storia del Paese, (6.000 morti, oltre 1.000 dispersi e 14 milioni di persone colpite), i dati ufficiali dicono che più di 100.000 persone continuano a vivere nelle tende. Su oltre un milione di abitazioni colpite, 519mila sono state completamente distrutte e 494mila fortemente danneggiate, con scuole, strade, centri sanitari e altre infrastrutture inagibili.

    Secondo una valutazione effettuata dalla Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa in otto province, i cui risultati sono stati diffusi nei giorni scorsi, solo il 15% delle famiglie ha potuto riparare o ricostruire la propria casa. La maggior parte delle famiglie avrebbe bisogno di un sostegno supplementare. Ad oggi, gli aiuti del governo e delle Ong hanno raggiunto 130.000 famiglie, tuttavia i bisogni rimangono enormi per altre 370.000 persone e i finanziamenti non sono sufficienti a coprire i bisogni della gente.

    La Chiesa è sempre impegnata a continuare nella sensibilizzazione: suor Benedettina Erlinda Eslopor ha guidato una delegazione del gruppo “Alleanza popolare per i sopravvissuti ad Hayian” che ha incontrato di recente il card. Luis Tagle a Manila per presentare la “situazione reale”, cioè la continua lotta dei superstiti che, in molti luoghi, sono tuttora senza alcun aiuto da parte del governo. (R.P.)

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    Nigeria: adorazione e preghiere in tutte le chiese per le ragazze rapite

    ◊   La Chiesa della Nigeria segue con particolare partecipazione la tragica vicenda delle circa 200 studentesse rapite il 14 aprile nel nord del Paese. “Nelle ultime due domeniche, al termine di ogni Messa, si è pregato espressamente perché le ragazze possano riabbracciare presto le loro famiglie” dice all’agenzia Fides padre Patrick Tor Alumuku, direttore delle Comunicazioni Sociali dell’arcidiocesi di Abuja. “Domenica scorsa, in ogni parrocchia e in ogni chiesa della Nigeria si è svolta un’ora di adorazione per chiedere al Signore la liberazione delle ragazze - continua padre Patrick -, mentre il card. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, ha moltiplicato gli appelli in loro favore”.

    Diversi Stati hanno offerto la loro assistenza alle autorità nigeriane per liberare le studentesse nelle mani di Boko Haram, la setta islamista che ha chiesto il rilascio di diversi suoi membri detenuti nelle carceri nigeriane in cambio delle ragazze. Padre Patrick conclude con una nota di cauto ottimismo: “Abbiamo la speranza che questa vicenda possa concludersi positivamente nei prossimi giorni”. (R.P.)

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    Pakistan. Punjab: incriminazione di massa per blasfemia, 68 avvocati alla sbarra

    ◊   "Questo è forse il più strano di tutti i casi" di blasfemia sinora emersi in Pakistan, che ha trasformato una "semplice protesta" in una incriminazione di massa in base alla legge nera; ora "le persone non hanno più nemmeno il diritto di protestare?". È il commento amaro, affidato all'agenzia AsiaNews, di padre Anwar John, sacerdote dei missionari Oblati di Maria Immacolata a Lahore, secondo cui gli inquisiti "non hanno mancato di rispetto né al profeta Maometto, né alla religione musulmana".

    Il riferimento è a quanto è avvenuto nei giorni scorsi nel distretto di Jhang, nel Punjab, dove la polizia ha aperto un fascicolo di inchiesta contro 68 avvocati, in quello che è emerso come il caso più importante di sempre per reati legati alla blasfemia in Pakistan. I legali, in maggioranza sciiti, erano scesi in piazza per protestare contro le forze dell'ordine, che avrebbero arrestato senza motivo un collega; durante la manifestazione, gli avvocati sono accusati di aver insultato il nome di un parente stretto di Maometto. In realtà, la vicenda mostra l'aspra controversia che vede opposte forze dell'ordine e avvocati nella regione.

    La Chiesa cattolica e le denominazioni protestanti chiedono da anni l'abrogazione della "legge nera". Introdotta nel 1986 dal dittatore Zia-ul-Haq per soddisfare le rivendicazioni della frangia islamista, essa puniva con il carcere a vita o la condanna a morte chi profana il Corano o dissacra il nome del Profeta Maometto. Nel 2009 AsiaNews ha promosso una campagna internazionale di sensibilizzazione; tuttavia, nessun partito politico o governo ha voluto mettere mano alla norma e quanti hanno proposto emendamenti - il governatore del Punjab Salman Taseer e il ministro cattolico delle Minoranze Shahbaz Bhatti - sono stati assassinati.

    Secondo i dati raccolti dalla Commissione episcopale Giustizia e Pace del Pakistan (Ncjp), dal 1986 all'agosto 2009 almeno 964 persone sono state incriminate in base alla legge sulla blasfemia: fra queste 479 erano musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e 10 di religione sconosciuta. Più di 40 gli omicidi extra-giudiziali (compiuti da singoli o folle inferocite) contro innocenti e i processi intentati contro disabili fisici e mentali, o minorenni; fra le tante, ricordiamo la vicenda di Rimsha Masih sfuggita alle false accuse dopo una massiccia campagna di pressione su Islamabad. (R.P.)

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    Venezuela: a rischio il dialogo di pace, oggi nuova manifestazione degli studenti

    ◊   Il dialogo tra il governo venezuelano e l'opposizione, che ha avuto inizio nel mese di aprile in risposta alle proteste degli studenti e alla crisi politica e socio-economica in cui versa il Paese, è sull'orlo del fallimento. Ieri, il Segretario esecutivo dell'opposizione "Mesa de la Unidad Democratica" (Mud), Ramon Guillermo Aveledo, ha dichiarato "congelato" il processo di dialogo e ha annunciato che la delegazione dell'opposizione non parteciperà alle riunioni in segno di protesta. Ora gli altri protagonisti del processo, i Ministri Esteri dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur), insieme al nunzio apostolico a Caracas, dovranno decidere il futuro dei colloqui.

    Sempre ieri, riferisce l'agenzia Fides, la rappresentante colombiana, María Ángela Holguín, da Bogotà, prima di partire per Caracas per l’appuntamento con gli altri cancellieri di Brasile e Ecuador, aveva detto: "Abbiamo chiesto diverse volte al governo del Venezuela gesti concreti per dare prova che questo dialogo vada avanti, perché la popolazione creda nel dialogo".

    Le proteste degli studenti in Venezuela vanno avanti ormai da quattro mesi e non sembrano placarsi, anzi, hanno acquistato nuova forza dall’8 maggio, quando le forze di sicurezza hanno arrestato centinaia di giovani studenti e sfrattati a Caracas, facendo irruzione in quattro tendopoli dove questi pernottavano. Il movimento studentesco ha indetto una marcia per oggi, che si concluderà davanti alla sede del Procuratore generale della Repubblica, nel centro di Caracas. (R.P.)

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    Argentina: proposta dei vescovi per reagire agli atti di violenza nel Paese

    ◊   Il vescovo di Lomas de Zamora, mons. Jorge Rubén Lugones, ha respinto le critiche espresse dai membri del governo al documento intitolato "Beati gli operatori di pace", pubblicato il 10 maggio, a conclusione dell'Assemblea plenaria dei vescovi argentini, che denuncia la violenza e la mancanza di sicurezza nel Paese, e prende in esame le cause della violenza, tra cui la corruzione, le menzogne, i ritardi della giustizia e i problemi delle carceri.

    Il vescovo ribadisce che quanti negano che la società argentina sia malata di violenza non vogliono guardare in faccia la realtà: “notiamo con dolore e preoccupazione il tema della violenza. Uno che nega che siamo malati di violenza, credo che guardi da un'altra parte” si legge nella nota inviata all'agenzia Fides da una fonte locale che riporta le parole del presule. “Non so se molti di quanti oggi criticano, abbiano mai camminato per i quartieri come facciamo noi – afferma mons. Lugones -. Ho sentito ad una radio che i vescovi sono come i Principi della Chiesa. Voglio invitare questo giornalista, se vuole, a mettersi un paio di scarpe adatte per il fango e ad accompagnarmi, perché io cammino per la diocesi. Ci sono molti che parlano senza sapere, senza fondamenti”.

    Tutto il Paese sta vivendo un clima di tensione fra Chiesa e governo (alimentata anche dai media), a causa delle reazioni al documento dei vescovi. L’intenzione è stata quella di fare una riflessione sulla realtà, sulla violenza che vive il Paese, come hanno ribadito diversi membri dell’episcopato, proponendo di adoperarsi per la formazione ai valori cristiani fondamentali e rinnovando l’impegno a lavorare per assicurare “la vita, la pace e la salute integrale alla nostra amata patria”.

    Richiamando la beatitudine evangelica "Beati gli operatori di pace", il documento ricorda che “molti lo stanno già facendo”, promuovendo iniziative in scuole, parrocchie, gruppi e organizzazioni sociali. “Li incoraggiamo a continuare ad essere strumenti di pace – scrivono i vescovi -. In particolare esortiamo la leadership a sviluppare un dialogo che promuova consensi e politiche statali per superare la situazione attuale”. “Il documento è una proposta positiva ed educativa” ha sottolineato il portavoce dei vescovi, padre Jorge Oesterheld. (R.P.)

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    Polonia: convegno e marce in 130 città in difesa della famiglia

    ◊   “La condizione principale affinché la famiglia possa adempiere le proprie funzioni è il suo funzionamento in un ambiente culturale, legale ed economico tale da rendere possibile una piena soddisfazione delle necessità e un libero sviluppo dei talenti particolari dei suoi componenti”: è quanto affermano i promotori del secondo Congresso delle famiglie polacche che il 17 maggio si svolgerà all’Università cattolica di Varsavia intitolata al cardinale Stefan Wyszynski.

    “La famiglia nella società civile” è il titolo dell’incontro focalizzato sulle relazioni tra famiglie e organi territoriali di governo come loro referenti diretti. “Il tema è particolarmente pregnante nella prospettiva delle elezioni amministrative previste in Polonia in autunno”, sottolineano gli organizzatori del dibattito che si accinge ad analizzare la situazione attuale delle famiglie sotto varie angolazioni.

    Si parlerà quindi delle reali possibilità di sostegno alle famiglie da parte delle autorità locali, presentando le soluzioni migliori adottate finora sull’intero territorio nazionale. Il Congresso sarà accompagnato dalle marce per la vita e la famiglia organizzate dal Centro di sostegno alle iniziative per la vita e per la famiglia in oltre 130 città della Polonia. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 134

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.