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Sommario del 11/05/2014
Il Papa ordina 13 sacerdoti: siate sempre misericordiosi, Gesù è venuto a perdonare non condannare
◊ “Non stancatevi mai di essere misericordiosi”: così, Papa Francesco nella Messa di ordinazione di 13 nuovi presbiteri, nella Basilica di San Pietro. Tra questi: 6 italiani, 4 originari dell’America Latina, uno dal Pakistan, uno dalla Corea del Sud, uno dal Vietnam. Nella Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, Papa Francesco ha chiesto la “capacità di perdono” sottolineando che i sacerdoti non sono “padroni della dottrina” ma alla dottrina piuttosto devono essere fedeli. Francesco ha, quindi, espresso il suo dolore per quanti nella Confessione hanno sentito “che le porte delle chiese gli si chiudevano in faccia”. Il servizio di Fausta Speranza:
“Configurati a Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote”. Così, Francesco fotografa la missione dei sacerdoti. Per poi raccomandare loro di conformarsi alla Misericordia di Dio:
"Qui voglio fermarmi e chiedervi, per l’amore di Gesù Cristo: non stancatevi mai di essere misericordiosi! Per favore! Abbiate quella capacità di perdono che ha avuto il Signore, che non è venuto a condannare, ma a perdonare! Abbiate misericordia, tanta! E se vi viene lo scrupolo di essere troppo 'perdonatori', pensate a quel santo prete del quale vi ho parlato, che andava davanti al tabernacolo e diceva: 'Signore, perdonami se ho perdonato troppo. Ma sei tu che mi hai dato il cattivo esempio!. E’ così…".
Poi, Papa Francesco torna sulla responsabilità della Confessione:
“E io vi dico, davvero: a me fa tanto dolore quanto trovo gente che non va più a confessarsi perché è stata bastonata, sgridata. Hanno sentito che le porte delle chiese gli si chiudevano in faccia! Per favore, non fate questo: misericordia, misericordia! Il buon pastore entra per la porta e la porta della misericordia sono le piaghe del Signore: se voi non entrate nel vostro ministero per le piaghe del Signore, non sarete buoni pastori”.
Predicatori del Vangelo, pastori del Popolo di Dio e presiederanno le azioni di culto, specialmente nella celebrazione del sacrificio del Signore. Lo ricorda mettendo l’accento sull’esercizio del ministero della sacra dottrina, per poi sottolineare:
“Sia dunque nutrimento al Popolo di Dio la vostra dottrina, che non è vostra e voi non siete padroni della dottrina! E’ la dottrina del Signore e voi dovete essere fedeli alla dottrina del Signore! Sia dunque nutrimento al Popolo di Dio la vostra dottrina, gioia e sostegno ai fedeli di Cristo il profumo della vostra vita, perché con la parola e l’esempio edifichiate la casa di Dio, che è la Chiesa”.
Partecipi della missione di Cristo, che – sottolinea Francesco – è “unico Maestro”. Dispenserete a tutti quella Parola di Dio, - dice ancora - che voi stessi avete ricevuto con gioia, dalle vostre mamme, dalle vostre catechiste”. Anche qui una raccomandazione:
“Leggete e meditate assiduamente la Parola del Signore per credere ciò che avete letto, insegnare ciò che avete appreso nella fede, vivere ciò che avete insegnato”.
E poi l’invito alla fedeltà alla Parola:
“Riconoscete ciò che fate, imitate ciò che celebrate”.
“Il Signore Gesù è il solo Sommo Sacerdote del Nuovo Testamento, ma in Lui anche tutto il Popolo Santo di Dio è stato costituito popolo sacerdotale”. Lo ricorda Papa Francesco sottolineando che “non di meno fra tutti i suoi discepoli, il Signore Gesù vuole sceglierne alcuni in particolare, perché esercitando pubblicamente nella Chiesa il suo nome e l’ufficio sacerdotale a favore di tutti gli uomini continuassero la sua personale missione di Maestro, Sacerdote e Pastore”. Dunque prosegue: “Consapevoli di essere stati scelti fra gli uomini e costituiti in loro per attendere alle cose di Dio esercitate in letizia e in carità sincera l’opera sacerdotale di Cristo”. Ancora un'esortazione: “unicamente intenti a piacere a Dio e non a voi stessi”:
“E pensate a quello che diceva Sant’Agostino dei pastori che cercavano di piacere a se stessi, che usavano le pecorelle del Signore come pasto e per vestirsi, per indossare la maestà di un ministero che non si sapeva se fosse di Dio. Infine, partecipando alla missione di Cristo, capo e pastore, in comunione filiale con il vostro vescovo, impegnatevi a unire i fedeli in un’unica famiglia, per condurli a Dio Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo. Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire, e per cercare e salvare ciò che era perduto”.
Papa Francesco: importunate i vostri sacerdoti e vescovi perché siano buoni pastori
◊ Importunate i vostri pastori perché vi guidino bene, vi diano “il latte della dottrina e della grazia”. E’ l’esortazione rivolta ai fedeli da Papa Francesco, al Regina Caeli in Piazza San Pietro, dopo la Messa per l’ordinazione di 13 sacerdoti. Il Pontefice ha inoltre sottolineato che oggi molti si propongono come “pastori” delle nostre esistenze, ma solo Gesù è il vero Pastore che ci dona la vita in pienezza. Quindi, ha rivolto un saluto particolare alle mamme nel giorno a loro dedicato. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Tenerezza, amore e dono per avere la vita in abbondanza. E’ questo che troviamo nel rapporto che Gesù, il Buon Pastore di cui parla il Vangelo domenicale, ha con i suoi discepoli. E proprio questo rapporto, sottolinea Papa Francesco, è “il modello delle relazioni tra i cristiani e delle relazioni umane”:
“Molti anche oggi, come ai tempi di Gesù, si propongono come 'pastori' delle nostre esistenze; ma solo il Risorto è il vero Pastore, che ci dà la vita in abbondanza. Invito tutti ad avere fiducia nel Signore che ci guida. Ma non solo ci guida, ci accompagna, cammina con noi. Ascoltiamo con mente e cuore aperti la sua Parola, per alimentare la nostra fede, illuminare la nostra coscienza e seguire gli insegnamenti del Vangelo”.
Il Papa ha chiesto, dunque, ai fedeli di aiutare i vescovi e i sacerdoti “ad essere buoni pastori”. Francesco ha preso spunto da uno scritto di San Cesario d’Arles che paragona il Popolo di Dio ad un vitellino che ha fame e vuole il latte dalla mucca, dalla madre, che però sembra come trattenerlo:
“E cosa fa il vitellino? Bussa col suo naso alla mammella della mucca, perché venga il latte. E’ bella l’immagine! “Così voi – dice questo santo – dovete essere con i pastori: bussare sempre alla loro porta, al loro cuore, perché vi diano il latte della dottrina, il latte della grazia e il latte della guida”. Vi chiedo, per favore, di importunare i pastori, disturbare i pastori, a tutti noi pastori, perché noi diamo a voi il latte della grazia, della dottrina e della guida. Importunare!".
"Ad imitazione di Gesù – ha detto riprendendo la Evangelii Gaudium - ogni Pastore a volte si porrà davanti per indicare la strada e sostenere la speranza del popolo", altre volte "starà semplicemente in mezzo a tutti con la sua vicinanza semplice e misericordiosa, e in alcune circostanze dovrà camminare dietro al popolo, per aiutare coloro che sono rimasti indietro":
“Che tutti i Pastori siano così! Ma voi importunate i pastori, perché ci diano la guida della dottrina e della grazia”.
E nella Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, il Papa ha sottolineato che “la chiamata a seguire Gesù è nello stesso tempo entusiasmante e impegnativa”. Perché si realizzi, ha soggiunto, “è necessario sempre entrare in profonda amicizia con il Signore per poter vivere di Lui e per Lui”:
“Preghiamo per i giovani, forse qui in Piazza c’è qualcuno che sente questa voce del Signore che lo chiama al sacerdozio: preghiamo per lui se è qui, e per tutti i giovani che sono così”:
Al momento dei saluti ai pellegrini, giunti come sempre numerosissimi, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ad una iniziativa di nuova evangelizzazione:
“Saluto le Comunità Neocatecumenali che in queste domeniche del tempo di Pasqua portano l’annuncio di Gesù risorto in 100 piazze di Roma e in tante città del mondo. Il Signore vi doni la gioia del Vangelo. E andate avanti voi, che siete bravi!”
Quindi ha salutato quanti - bambini e ragazzi - ricevono in questi giorni la Prima Comunione e la Cresima ed ha rivolto una preghiera particolare a tutte le mamme nella Giornata a loro dedicata:
"Vi invito a dedicare un bel ricordo e una preghiera a tutte le mamme. Salutiamo le mamme. Affidandole alla Mamma di Gesù, per le nostre mamme e per tutte le mamme, preghiamo la Madonna. (Recita Ave Maria) Un grande saluto alle mamme: un grande saluto!".
Il Papa: non lasciamoci rubare l'amore per la scuola, oltre 300 mila persone all'evento
◊ “Non lasciamoci rubare l’amore per la scuola”. Così, Papa Francesco all’incontro con gli studenti e le loro famiglie che hanno affollato Piazza San Pietro, via della Conciliazione e le vie limitrofe. Oltre 300 mila le presenze per questo evento promosso dalla Conferenza episcopale italiana e che ha coinvolto tutte le scuole italiane. Nell’indirizzo di saluto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha ribadito che la prima risorsa per la scuola sono le persone. Dal canto suo, il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha ricordato anche le studentesse nigeriane rapite e le tante ragazze cui è stata impedita l'esperienza della formazione. Il servizio di Massimiliano Menichetti:
Piazza San Pietro sembra esplodere quando, qualche minuto dopo le 16, Papa Francesco entra con la jeep bianca, tutto intorno applausi, le bandiere delle scuole, striscioni, fazzoletti colorati. Il Papa percorre lentamente le vie delimitate dalle transenne, arriva alla fine di via della Conciliazione, abbraccia i bambini che gli vengono porti, li ascolta, li accarezza, benedice le famiglie, gli insegnanti, tutti coloro che dalla mattina hanno aspettato l’incontro, promosso dalla Cei per tutta la scuola d’Italia con Francesco. Sotto il palco, sul sagrato, anche una lavagna ed un banco con dei libri, e sembra davvero - come hanno detto, nel saluto al Papa anche il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco ed il ministro dell’istruzione, Stafania Giannini - una grande aula di scuola, con in cattedra il Successore di Pietro. Tante le testimonianze, di coraggio e di difficoltà del mondo della scuola, ascoltate dal Papa prima del suo discorso:
"Si vede che questa manifestazione non è 'contro', è 'per'! Non è un lamento, è una festa! Una festa per la scuola. Sappiamo bene che ci sono problemi e cose che non vanno, lo sappiamo. Ma voi siete qui, noi siamo qui perché amiamo la scuola".
“E’ sempre uno sguardo che ti aiuta a crescere”, ha detto il Papa ricordando il legame duraturo, da quando aveva sei anni, con la sua maestra. Francesco ha identificato tre elementi costitutivi della scuola: l’apertura alla realtà, l’incontro, l’educazione al vero, al bene e al bello:
"Amo la scuola perché è sinonimo di apertura alla realtà. Almeno così dovrebbe essere! Non sempre riesce ad esserlo, e allora vuol dire che bisogna cambiare un po’ l’impostazione".
“Non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! La scuola ci insegna a capire la realtà”, ha ribadito:
"Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. Questo è bellissimo!"
E ricordando la figura dell’educatore don Lorenzo Milani ha detto che “nei primi anni si impara a 360 gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza”:
"Se uno ha imparato a imparare, questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà!"
“Gli insegnanti - ha aggiunto - sono i primi che devono rimanere aperti alla realtà, con la mente sempre aperta a imparare!”:
"Perché se un insegnante non è aperto a imparare, non è un buon insegnante, e non è nemmeno interessante; i ragazzi capiscono, hanno 'fiuto', e sono attratti dai professori che hanno un pensiero aperto, 'incompiuto', che cercano un 'di più', e così contagiano questo atteggiamento agli studenti. Questo è il primo motivo per cui amo la scuola".
Quindi, ha mostrato la scuola come “luogo di incontro”, “nel cammino” e “non” come “un parcheggio”, “come complemento alla famiglia”, in cui incontrare, conoscere, amare: incontrando “persone diverse da noi, diverse per età, per cultura, per origine, per capacità differenti”. La scuola, ha evidenziato, è la prima società che integra la famiglia: "La famiglia e la scuola non vanno mai contrapposte! Sono complementari, e dunque è importante che collaborino". E per sottolineare la sinergia il Papa ha più volte scandito un proverbio africano con la piazza:
“Per educare un figlio ci vuole un villaggio…”
Quindi, il Santo Padre ha guardato alla scuola che educa al vero, al bene e al bello, sottolineando che l’educazione non può essere neutra. “O è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, persino può corromperla”. E ancora una volta insieme a tutti i presenti:
"Sempre è più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca"
“La missione della scuola è di sviluppare il senso del vero, del bene e del bello”, che “non sono mai dimensioni separate – ha soggiunto - ma sempre intrecciate”:
"Insieme questi elementi ci fanno crescere e ci aiutano ad amare la vita, anche quando stiamo male, anche in mezzo ai problemi. La vera educazione ci fa amare la vita e ci apre alla pienezza della vita!"
Il Papa ha evidenziato che “nella scuola non solo impariamo conoscenze, contenuti, ma anche impariamo abitudini e anche valori”. Ed ha augurato la lingua “della mente”, “del cuore” e “delle mani”:
"Cioè pensare quello che tu senti e quello che tu fai; sentire bene quello che tu pensi e quello che tu fai; e fare bene quello che tu pensi e quello che tu senti. Le tre lingue, armoniose e insieme!"
Infine, prima della preghiera per tutti gli educatori, il saluto e l’incoraggiamento del Papa:
"Non lasciamoci rubare l’amore per la scuola!".
La gioia di studenti e insegnanti per l'incontro con Papa Francesco
◊ L'incontro di Papa Francesco con il mondo della scuola è stato davvero vissuto come una festa con ragazzi, famiglie, insegnanti arrivati da tutta Italia. Marina Tomarro ha raccolto le emozioni di chi ieri era a Piazza San Pietro:
R. – E’ stato un incontro molto partecipato, abbiamo messo il dito su tutta la sensibilità che è necessaria oggi più che mai per svolgere il lavoro di insegnante. E’ stato molto incoraggiante, perché si tende sempre un po’ a piangersi addosso… Questi sono quegli incontri che ti danno la forza di riprendere e di lavorare con più convinzione, già a partire da domani.
R. – Un incontro bellissimo! La cosa che mi ha colpito è che "ci vuole un villaggio per educare un ragazzo". Questo è spettacolare, perché è segno di una sinergia di tutte le componenti! E poi anche imparare ad imparare: far innescare un metodo, una voglia di cercare, di capire. Dobbiamo proprio ringraziare il Papa!
D. – Il Papa vi ha invitato a non farvi rubare l’amore per la scuola. In che modo si può rispondere alla sua esortazione?
R. – Bisogna avere lo sguardo sui ragazzi, allora la scuola rimane un’esperienza di amore. Se si perdono di vista i giovani, i ragazzi, si è perso il senso della scuola e si è perso l’amore.
R. – Rubare l’amore per la scuola è un delitto! Se ci rubano l’amore per la scuola, ci rubano la nostra adolescenza. Perciò cerchiamo di non farcela rubare.
D. – Cosa ti è rimasto di questo incontro con Papa Francesco?
R. – A me è piaciuto quando stava parlando Papa Francesco.
D. – E a te, invece?
R. – Quando è passato con la jeep.
D. – Tu lo hai salutato?
R. – Sì!
D. – E a te?
R. – Anche a me quando mi è passato di fianco: era proprio bellissimo vederlo per la prima volta!
D. – E a te perché piace la scuola?
R. – Perché ci fanno imparare dalle cose nuove, che non sappiamo.
R. – Ciao Papa Francesco, ti vogliamo bene!
E, in Piazza San Pietro, c'erano anche l’attore Giulio Scarpati e il presentatore Max Giusti. Ecco i loro commenti:
R. – Testimoniare che la scuola è centrale nella vita di un Paese, del mondo; che l’educazione delle persone è la cosa più importante; che si parte da qui. Quindi testimoniare il fatto che la scuola è centro della vita, del futuro delle persone e delle nuove generazioni.
R. – Dobbiamo garantire un insegnamento eccezionale a tutti quanti, dobbiamo combattere affinché tutti abbiano diritto non solo alla scuola, ma anche ad avere scuole di qualità! C’è anche un’altra scuola che non dobbiamo dimenticare, che è quella degli anziani, dei nostri nonni: e se non ce li abbiamo, basta andare a fare una visitina in un istituto con i nostri genitori o con i nostri amici e ci sarà sempre qualcuno che ci racconterà una storia e ci farà imparare molto.
Tweet del Papa: uniti nella preghiera per il rilascio delle giovani nigeriane rapite
◊ "Uniamoci tutti nella preghiera per l’immediato rilascio delle liceali rapite in Nigeria. #BringBackOurGirls". E' il tweet pubblicato ieri sera sull'account in 9 lingue @Pontifex. Papa Francesco si è unito così, attraverso la Rete, agli appelli di personalità di tutto il mondo che si stanno susseguendo per chiedere la liberazione delle oltre 200 ragazze nigeriane rapite nei giorni scorsi da "Boko Haram".
◊ Al Salone del Libro di Torino - nell’ambito del Convegno sul tema "La rivoluzione di Francesco nella comunicazione globale" - è stato presentato il libro "La verità è un incontro. Omelie da Santa Marta". Il libro, edito dalla Rizzoli, raccoglie i servizi realizzati dalla nostra emittente sulle omelie mattutine di Papa Francesco. Hanno partecipato all'evento il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi, il filosofo Giovanni Reale, il critico televisivo Aldo Grasso e il direttore di “Civiltà Cattolica” padre Antonio Spadaro, curatore dell’opera. Il nostro inviato a Torino, Mario Galgano, ha chiesto a padre Federico Lombardi di soffermarsi sul libro e sullo stile comunicativo di Papa Francesco:
R. – Il libro raccoglie tutte le omelie del primo anno di Pontificato di Papa Francesco, le omelie da Santa Marta: nel senso che da Santa Marta parla alla Chiesa e parla a tutti coloro che vogliono ascoltare. Il libro raccoglie il modo in cui queste omelie sono state presentate sulla Radio Vaticana: quindi è il modo più fedele per rivivere, riascoltare le omelie del Papa. Naturalmente nella riflessione che si è fatta questa mattina, a partire da questo - che è un momento fondamentale del modo in cui il Papa si esprime, all’origine di ogni giorno e in una esperienza ecclesiale fondante, come quella dell’Eucaristia - si allarga il discorso sulla comunicazione e sul modo in cui Papa Francesco, in qualche modo, innova nella comunicazione della Chiesa e io direi anche in quella mondiale. E’ stato messo abbondantemente in rilievo come il suo modo di essere, di gestire e di parlare è estremamente efficace in un mondo che sta passando dalla comunicazione di massa alla comunicazione più interattiva, quella dei social media, quella delle Rete. Il modo di essere di Papa Francesco, che vive cercando l’incontro con le persone, è assolutamente coerente con la logica di questo tipo di comunicazione che si sta sviluppando. Egli ci guida, in un certo senso è un leader della comunicazione umana, ecclesiale e della fede nel tempo della Rete, in cui si condivide una esperienza, più che trasmettere dei contenuti in una forma più impersonale. Ecco, questo direi che è un po’ il senso di questo incontro. Il contribuito del prof. Reale è stato molto interessante, anche nel far vedere la vis philosophica, la forza di pensiero, anche filosofico, di Papa Francesco. Lo ha messo molto in rapporto con Kierkegaard, che è appunto un filosofo esistenzialista, in cui l’esistenza ha un ruolo fondamentale nella riflessione e in ciò che di essa si comunica.
D. – Papa Francesco personalmente non ha partecipato a questo Salone internazionale, eppure è molto presente attraverso tanti libri. Come ci si può avvicinare a Papa Francesco con un libro?
R. – Io credo che lui ci abbia dato la sua Evangelii Guadiumi, la sua Esortazione Apostolica, che in realtà è un libro, perché è molto ampia; è un libro molto partecipato: uno vi legge la sua personalità e vi legge anche un po’ l’impostazione programmatica, se vogliamo dire, del suo Pontificato. Come giustamente ha messo in rilievo padre Antonio Spadaro, tutto ciò che scrive il Papa è aperto: non si tratta di un documento che cerchi di concludere un discorso, ma sempre un documento che cerca di aprire un discorso. Qui apre la Chiesa alla missionarietà, all’annuncio del Vangelo nel mondo di oggi.
Referendum secessionista nell’Ucraina dell’Est, alta l’affluenza secondo i filo-russi
◊ Alta affluenza al referendum sulla secessione da Kiev in corso nelle regioni ucraine filo-russe Lugansk e Donetsk. A sostenerlo è il presidente della commissione elettorale centrale regionale, mentre intanto gli Usa e il governo ucraino hanno riaffermato di non riconoscere il voto. Il servizio di Marco Guerra:
Secondo il capo della commissione elettorale centrale regionale, Aleksandr Malikhin, a Lugansk ha già votato il 65% degli aventi diritto, con il 20% di seggi ancora non attivi a causa dei movimenti delle truppe ucraine. Alle 12 locali, più del 32% degli elettori invece ha votato nella regione di Donetsk.
I filo-russi parlano quindi di un successo, ma si tratta di dati difficilmente verificabili, mentre i giornalisti stranieri sul posto raccontano di casi di persone che hanno votato più volte o al posto di altri. Il ministero degli Esteri ucraino in una nota definisce questo voto una “farsa criminale” finanziata dal Cremlino che non avrà conseguenze per l’integrità territoriale del Paese. Anche gli Usa hanno ribadito che non riconoscono il voto di oggi.
Intanto in tutta l’Ucraina orientale prosegue la pressione delle truppe filo-governative sulle roccaforti pro-russe. Forti esplosioni sono state udite nella notte a Sloviansk, bastione filo-russo, dove - secondo i media locali – gli insorti avrebbero attaccato una torre di trasmissione televisiva senza però riuscire a strapparla alle truppe fedeli a Kiev. A Mariupol, teatro di duri scontri in cui sono morte 21 persone, le truppe di Kiev si sono ritirate per evitare un’ulteriore “escalation” delle violenze. Secondo la stampa tedesca, 400 mercenari americani stanno affiancando le forze ucraine nelle operazioni nell’Est.
Ieri sera, Angela Merkel e Francois Hollande, hanno lanciato un appello a Putin a “ridurre in modo visibile” le truppe ammassate al confine e hanno detto di essere pronti a nuove sanzioni contro Mosca se falliranno le elezioni presidenziali ucraine del 25 maggio.
Il mondo si mobilita per la liberazione delle studentesse nigeriane
◊ Tweet e appelli di personalità di tutto il mondo, compreso Papa Francesco, si susseguono per chiedere la liberazione delle oltre 200 ragazze nigeriane rapite nei giorni scorsi da "Boko Haram". Dopo gli esperti americani, arrivati nelle ultime ore, il Paese africano aspetta ora l’inviato del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Anche la vedova di Nelson Mandela ha chiesto la salvezza delle giovani. E la first lady americana, Michelle Obama, ha sottolineato che il marito Barack farà di tutto per liberarle. Su questa drammatica vicenda, Emanuela Campanile ha intervistato suor Caterina Dolci, missionaria delle suore del Bambino Gesù di Nicola Barrè, che per 27 anni ha vissuto in Nigeria:
R. – Questo ultimo episodio del rapimento di queste studentesse ha mobilitato l’opinione pubblica e, secondo me, questo è un bene, comunque! Tantissime persone sono morte negli anni passati nel silenzio assoluto o quasi! Quindi, secondo me, il fatto che ci si mobiliti su questo episodio delle studentesse rapite è comunque un fatto molto positivo, certo, non basta! In questo ultimo periodo purtroppo questa situazione ha creato una grande diffidenza, perché nel momento in cui succede qualcosa, come un attacco da parte di questi terroristi, cresce la paura. Non si sa più chi è il tuo vicino, se è un possibile terrorista o una persona normale. Nel momento in cui dovesse succedere qualche scontro, ci sarebbe inevitabilmente uno schieramento: da una parte i musulmani e dall’altra parte, magari, i cristiani. Per cui si è creata una situazione che non corrisponde a quello che, in fondo, è il desiderio della gente semplice, che è quello di continuare a vivere tranquillamente. Ci sono, e questo anche nella città dove abitavo io, dei gruppi di cristiani e musulmani che si sono uniti per difendersi contro eventuali atti terroristici, perché in questo momento "Boko Haram" non guarda più soltanto ai cristiani, non attacca soltanto i cristiani, ma attacca ogni zona. Tutti sono a rischio!
D. – Le donne non hanno avuto paura di scendere in piazza. Sono tantissime le immagini di queste mamme, di queste sorelle, con cartelli in cui c’è scritto: “Ridateci le nostre ragazze!”…
R. – Anche io penso che questo sia un fatto veramente positivo, è proprio impressionante, nel senso positivo. E per quanto so è la prima volta che c’è un movimento così forte da parte delle donne. Comunque io credo che le donne nigeriane possano essere una grande forza per combattere queste violenze, proprio perché stanno emergendo. Anche il fatto che ci si metta contro l’educazione delle donne, secondo me, nasconde in fondo in fondo una grande paura, perché le donne sono una grande forza! Questo lo vedo in modo molto positivo e penso che sia anche un po’ una sorpresa per "Boko Haram".
D. – La società nigeriana su quali principi è costituita? Ovviamente c’è grande importanza per la figura dell’uomo, lo sappiamo, ma c’è un “ma” che ci fa ben sperare per il futuro di questa gente?
R. – Io penso che la speranza ci sia sempre! La Nigeria è una nazione talmente grande, dicono che ci siano 450-500 gruppi etnici diversi, per cui varia molto. Il fatto che adesso molte donne vengano educate, vadano a scuola, e questo prima non accadeva, specialmente nelle zone del Nord, è un punto di speranza. La gente nigeriana ha una capacità di affrontare le sofferenze che sempre mi ha stupito: dopo una crisi sa riprendersi. E’ una società anche molto religiosa, in questo periodo io ho visto che ovunque si prega, si digiuna per controbattere a questa situazione drammatica. Io dico: se mancasse la speranza, saremmo finiti! Ma ci sono dei punti di speranza. Il fattore religioso, quello che c’era nella tradizione nigeriana e africana, come il rispetto della vita e il rispetto degli anziani, sono stati travolti da questo terrorismo, però questi valori ancora ci sono e se si riesce a puntare su quelli, io penso che con l’aiuto di Dio si riesca a vincere. Una cosa senz’altro positiva è che i cristiani, di fronte a questa realtà, non hanno reagito, non c’è in atto una guerra tra cristiani e musulmani: sono i terroristi che attaccano i cristiani e anche gli altri, i musulmani moderati, che cercano di difendersi. Per cui non bisogna cadere nella trappola di reagire, creando una guerra contro qualcuno. I cristiani hanno mostrato un grande coraggio e una grande fede. Certo, vanno sostenuti con la nostra preghiera, con la nostra attenzione e anche, forse, con i nostri aiuti economici, perché il Nord soprattutto si è impoverito, così come tutta la Nigeria si impoverisce a causa di questi attacchi terroristici.
Appello dell'Onu per la Somalia: si rischia una catastrofe umanitaria come nel 2011
◊ A distanza di meno di tre anni dall’ultima gravissima carestia, nel 2011, che ha provocato oltre 250 mila morti, la Somalia rischia una crisi analoga se non peggiore. L’allarme è arrivato dalle Nazioni Unite, che chiede che vengano al più presto erogati i fondi previsti a sostegno del lavoro delle organizzazioni umanitarie nel Paese che temono di vedere bloccati i progetti a sostegno della popolazione, soprattutto di tipo sanitario. Tre milioni le persone che rischiano di restare senza assistenza sanitaria, tra loro molte donne e bambini. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
I numeri forniti dall’Onu sono impressionanti: oltre 850 mila somali vivono in condizioni di crisi ed emergenza, due milioni sono sotto il livello di sicurezza alimentare, oltre 50 mila bambini malnutriti rischiano la morte. Nonostante si tratti di una delle peggiori catastrofi umanitarie al mondo, dei 933 milioni di dollari chiesti dalle agenzie dell’Onu per il 2014, è stato erogato solo il 15%. “Se non riceveremo i fondi nelle prossime settimane – avverte Philippe Lazzarini, coordinatore umanitario Onu in Somalia – saranno interrotti i servizi di assistenza sanitaria”. La riflessione di Shukri Said, giornalista somala, fondatrice dell’associazione Migrare:
R. – La comunità internazionale deve prendere questo appello sul serio. Quello che potrebbe succedere è una catastrofe umanitaria, come quella del 2011. Anzi, direi molto di più, perché quelli che sono a rischio sanitario sono oltre tre milioni in Somalia, dove non esiste sanità pubblica, ci sono piccoli ambulatori in ospedali privati, cui la gente non ha accesso perché priva di risorse, quindi la massa della popolazione non ha assistenza sanitaria. Non ci sono strutture pubbliche e le poche presenti non hanno medici e mezzi sanitari sufficienti, non ci sono sale di rianimazione attrezzate, non ci sono medici adeguati. Bisognerebbe ricostruire una sanità capillare su tutto il territorio nazionale.
D. – Il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite, che si trova in Somalia, ha denunciato tre ragioni per le quali la Somalia è veramente in una situazione molto più che drammatica. La stagione delle piogge è in ritardo e c’è un continuo aumento dei prezzi degli alimenti, e poi prosegue il conflitto. Ecco, queste lui le identifica come tre cause di tutto ciò che sta accadendo nel Paese...
R. – Ma, infatti, il Paese è in guerra. Il governo, la missione Amison (missione dell’Unione Africana in Somalia, approvata dall’Onu ndr), le Nazioni Unite, stanno facendo la guerra agli al-Shabaab, terroristi affiliati ad al Qaeda. Ma i problemi del Paese sono strutturali, perché lo Stato è assente da 23 anni. E questo problema ha determinato il collasso della stessa struttura dello Stato, sia a livello sanitario che di sicurezza. Allora, la popolazione è in balia di guerre e carestie, è praticamente abbandonata a se stessa. Queste tre cause sono poi collegate una all’altra. Se il Paese non verrà ricostruito, se lo Stato somalo non verrà messo in sicurezza interamente, noi non ne usciremo da tutto questo. E poi ci sono le carestie, che spengono le poche speranze, perché lo Stato non è in grado di soccorrere, di fronteggiare, un’eventuale carestia, non avendo né le risorse né i mezzi per gestirla. E’ assurdo, perché alla comunità internazionale non mancano né i mezzi né le modalità, per fare il massimo sforzo e mettere al sicuro il Paese una volta per sempre. Un esempio: nella zona liberata dagli al-Shabaab, lo Stato somalo e la comunità internazionale non hanno un’altra amministrazione che sia in grado di prendere il posto dei terroristi. Tutto viene lasciato gradualmente a se stesso, perché non c’è un piano logico, che abbia un significato logico, in azione.
Festa della mamma: inziative di Cbm Italia per sconfiggere la cecità in Africa
◊ Non poter guardare negli occhi il proprio figlio, non essere in grado di svolgere i piccoli gesti quotidiani, non godere della bellezza di un tramonto. Molte donne, in Africa, per banali problemi di cataratta, perdono la vista. Cbm - le Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo – ha lanciato un’importante iniziativa in occasione della odierna Festa della mamma. Il dott. Mario Angi, presidente di Cbm Italia, ce ne parla ai microfoni di Gianmichele Laino:
R. - Cbm Italia ha lanciato una campagna per ridare la vista a mille mamme, in occasione della Festa della Mamma, perché molto spesso alle donne nei Paesi dove non c’è un sistema sanitario - come nell’Africa Subsahariana – anche donne giovani possono avere la cataratta, o seri problemi alla vista senza avere accesso a cure. Per raccogliere fondi "Salmoiraghi & Viganò" con Filippa Lagerback hanno lanciato una campagna che si chiama “Unlimited Love” per aiutare Cbm: nei prossimi 20 giorni, verranno venduti occhiali speciali fatti in numero limitato - proprio per questa campagna - il cui intero ricavato verrà donato a Cbm.
D. – Nel Sud del mondo sono tante le donne che a causa della cataratta non possono guardare negli occhi i propri figli. Cosa significa essere una donna cieca in Africa?
R. – Essere cieco in Africa significa non avere una speranza nello studio e nella sopravvivenza quotidiana. È una situazione estremamente difficile da gestire: molte persone che soffrono di cecità vengono emarginate, vivono all’interno di capanne ed infine abbandonate.
D. – Spesso un semplice intervento chirurgico potrebbe risolvere un problema serio che comporta l’esclusione sociale. Perché è così difficile curare la cecità nei Paesi in via di sviluppo?
R. – Per il fatto che mancano medici, strutture e risorse per acquistare i farmaci e le lenti. Da noi tutto questo è dato per scontato, ma nei quattro quinti del mondo la sanità non è a disposizione delle persone e deve essere portata ai poveri attraverso sostegni ed aiuti da parte di chi è in grado di organizzare ospedali, procurare medici e materiale per curare le cataratte e praticare gli interventi di cui c’è bisogno.
A Roma, la campagna "Slotmob": meno slot-machine e più biliardini nei bar
◊ È approdata a Roma, ieri mattina, “Slotmob”, la campagna nazionale di sensibilizzazione contro l’uso delle slot machine nei bar. Una grande “colazione di massa” si è svolta presso due esercenti capitolini che hanno aderito all’iniziativa con l’appoggio di associazioni attive sul territorio e la positiva reazione dei cittadini. C’era per noi Elvira Ragosta:
Promuovere e aiutare i bar italiani che dicono “no” alle slot-machine nei loro locali, è questo l’obiettivo di Slotmob, una campagna che ha raggiunto diverse città, con la collaborazione di oltre 150 associazioni. Partita lo scorso settembre da Biella, che insieme a Pavia conta la densità per ludopatia più alta d’Italia, l’iniziativa ha un duplice effetto, economico e sociale. Il commento di Carlo Cefaloni, portavoce della campagna:
“Andiamo a dare sostegno a quegli esercenti, che fanno un’attività esplicita di contestazione all’invasione dell’azzardo nei loro locali e nelle città e che quindi compiono una scelta alternativa, andando chiaramente a perdere quella quota di vantaggio economico, che significa almeno 400 euro a macchinetta”.
Alti i disagi economici e sociali del business del gioco d’azzardo in Italia: nel solo 2012 sono stati giocati oltre 80 miliardi di euro; 800mila sono, invece, le persone a “rischio dipendenza da Gap”, il gioco d’azzardo patologico. Un bar senza slot, sostituite magari dal più sano biliardino, è una scelta di responsabilità e coscienza come ci ha testimoniato uno dei gestori che hanno aderito all’iniziativa:
“I soldi si fanno lavorando e non giocando d’azzardo. Bisogna lavorare dando un servizio di qualità e non mandando la gente in rovina”.
Sul ruolo del gioco d’azzardo nel rapporto tra economia e valori abbiamo raccolto la riflessione dell'economista Leonardo Bacchetti:
“Un mercato abbandonato a se stesso e senza regole produce una scala di valori, che non è quella che noi vogliamo, perché predilige i prodotti che producono dipendenza e che assicurano domanda stabile. Sta a noi intervenire sul mercato, incarnarci, scegliere cosa consumare e cosa risparmiare e in questo modo costruire efficacemente una scala di valori diversa. L’idea è quella di fare una mappatura dei bar. Per quanto riguarda le associazioni, siamo stati particolarmente contenti di avere avuto proprio oggi il suggello e il supporto da parte della Caritas. E Caritas ci ha detto: ‘Noi siamo particolarmente sensibili, perché siamo noi, nei centri d’ascolto, a vedere le conseguenze dei problemi della ludopatia e sappiamo bene di quale problema si tratti’”.
Iraq: 20 soldati uccisi dai ribelli nel Nord, operazione anti-terrorismo a Falluja
◊ Non si ferma la nuova fiammata di violenze in Iraq. Almeno 20 soldati iracheni sono stati rapiti ed uccisi da ribelli nel Nord del Paese. Secondo fonti della polizia i soldati sono stati prelevati nella notte e ritrovati morti qualche ora più tardi.
Nella giornata di sabato una serie di attentati e di sparatorie ha lasciato sul terreno almeno 28 vittime in tutto il Paese. Nella provincia di al-Anbar, a dicembre teatro di violenti scontri tra miliziani sunniti ed esercito centrale, 11 persone sono state uccise e 20 feriti da colpi di mortaio e di artiglieria che hanno colpito diversi quartieri di Falluja. Tutta la provincia a maggioranza sunnita di al-Anbar è stata isolata a causa di un'operazione militare che l'esercito iracheno sta lanciando nella zona contro i terroristi di al Qaeda. (M.G.)
Nucleare iraniano. Rohani: pronti a maggiore trasparenza
◊ L'Iran non accetterà “l'apartheid nucleare” rinunciando al suo programma atomico, ma è pronto “ad una maggiore trasparenza”. E’ quanto affermato dal presidente iraniano Hassan Rohani, a due giorni dalla ripresa dei colloqui a Vienna tra le autorità di Teheran e i Paesi del cosiddetto 5+1 (Usa, Gb, Francia, Russia, Cina più la Germania). Le attività nucleari del Paese – ha spiegato Rohani – “rientrano nelle direttive del Trattato di non proliferazione nucleare e nel quadro delle regole internazionali”. Minacce e sanzioni non ostacoleranno il “pacifico” programma nucleare, ha aggiunto il presidente iraniano. Gli incontri che prenderanno il via nella capitale austriaca il 13 maggio, hanno lo scopo di mettere a punto un accordo definitivo sul programma nucleare di Teheran. (M.G.)
Egitto: soldato ucciso nel Sinai in scontro con gruppo terrorista
◊ Un soldato è stato ucciso e un altro è rimasto ferito in una sparatoria con un gruppo armato terrorista nella città di Sheikh Zuweid, nel Nord del Sinai. Lo ha reso noto la sicurezza egiziana precisando che alcuni “terroristi sono stati arrestati nell'assalto lanciato questa mattina dai militari contro il gruppo armato”.
Le violenze di oggi arrivano all’indomani del rinvio a giudizio con l'accusa di “terrorismo'” di 200 sospetti membri di Ansar Beit Al-Maqdis, il gruppo jihadista che si ispira ad al-Qaeda che ha rivendicato diversi attentati, dalla deposizione di Mohammed Morsi. Il 14 aprile il Tribunale per le questioni urgenti lo ha inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche. Inizialmente attivo nella penisola del Sinai, Ansar Beit Al-Maqdis ha esteso le sue azioni anche al Cairo. (M.G.)
Yemen: almeno 8 morti in due attacchi dei terroristi
◊ Giornata di sangue nello Yemen. Nella capitale Sanaa, le forze di sicurezza hanno ucciso tre militanti di Al Qaeda che hanno attaccato questa mattina un posto di blocco nei pressi del palazzo presidenziale. Lo ha riferito il Ministero dell'interno, aggiungendo che nello scontro a fuoco è morto anche un civile e due poliziotti sono rimasti feriti. A Mukalla, nel Sud-Est del Paese, un kamikaze a bordo di un'autobomba si è fatto esplodere contro una base della polizia, causando quattro morti. (M.G.)
Presidenziali in Lituania: favorito il presidente uscente Dalia Grybauskaite
◊ Seggi aperti in Lituania per il primo turno delle elezioni presidenziali, a cui sono chiamati a partecipare circa 2,5 milioni di cittadini. Favorito il presidente uscente, Dalia Grybauskaite. I sondaggi preelettorali le accreditano oltre il 50% delle intenzioni di voto; risultato che le eviterebbe il turno di ballottaggio. Dietro di lei il parlamentare europeo socialdemocratico, Zigmantas Balcytis, e l’avvocato, Arturas Paulauskas. Ma tutto dipenderà dall'affluenza. I seggi chiuderanno alle 20, ora locale. (M.G.)
Francia: invito dei vescovi alle urne per le prossime elezioni europee
◊ Una vera e propria campagna d’informazione per incoraggiare i cittadini a non disertare le urne il 25 maggio e partecipare con il voto alla costruzione dell’Europa. A lanciarla sono i vescovi francesi.
Questo voto è determinante - si legge in un lungo documento diffuso dalla Conferenza episcopale francese dal titolo “L’Europa in 12 punti” e ripreso dall'agenzia Sir - in quanto influirà direttamente sulle linee guida europee per i prossimi 5 anni e determinerà per la prima volta la scelta del futuro presidente della Commissione. Eppure, ancora una volta, l’astensione in queste elezioni sembra enorme. Inoltre, sottovalutando l’importanza del voto, molti voteranno in base a criteri diversi da quelli europei”.
Ecco perché i vescovi hanno deciso di lanciare una serie di appelli per incoraggiare i cittadini francesi a partecipare al voto europeo. “Per 70 anni - scrive l’arcivescovo di Strasburgo, mons. Jean-Pierre Grallet, rappresentante dei vescovi francesi nella Comece - la costruzione europea ha consolidato la pace tra popoli prima nemici”. Questa fraternità europea resta però fragile. Spetta a noi proteggerla e svilupparla. Ne siamo tutti responsabili. Sarebbe un peccato se ci lasciamo andare allo scetticismo e alla passività”.
Le prossime elezioni europee “sono un’opportunità per noi per dire la nostra gratitudine all’Europa, ma anche le nostre insoddisfazioni, le nostre aspettative e il nostro impegno”. L’Europa “ci ha portato tanti benefici”, scrive l’arcivescovo di Strasburgo che ricorda in particolare la pace tra i popoli, la comprensione reciproca, le collaborazioni scientifiche, la libera circolazione di persone e merci, i dialoghi culturali e religiosi, la moneta unica. Ma ammette: “C’è ancora molto da fare”.
L’arcivescovo parla quindi della necessità di “avvicinare le istituzioni ai cittadini” e ribadisce come il progetto europeo dipenda da ciascun cittadino perché - scrive - “ogni cittadino europeo è essenziale. Il voto è un diritto. Cerchiamo di non rubarlo. Dibattiamo, proponiamo, agiamo e votiamo”. (R.P.)
Nicaragua: incontro Chiesa-presidente su famiglia e problemi del Paese
◊ L’arcivescovo di Managua, il cardinale Leopoldo Brenes, ed il presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua (Cen), mons. René Sándigo, vescovo di Juigalpa, hanno confermato che il dialogo con il presidente del Nicaragua si svolgerà il prossimo 21 maggio.
Secondo l’agenzia Fides, i temi principali che saranno affrontati durante il dialogo saranno la famiglia e i problemi istituzionali del Paese. Sia il cardinale Brenes che mons. Sandigo si trovano a Cuapa, dipartimento di Chontales, dove si svolge il pellegrinaggio annuale di migliaia di fedeli che celebrano il 34.mo anniversario delle apparizioni della Vergine Maria al veggente Bernardo Martinez, avvenute in questa località. Da molte parti stanno arrivando richieste al porporato perché nel dialogo con il presidente Ortega sia inserito anche il tema della legge 779, vista l’ondata di violenza e crimini contro le donne che si sta verificando nel Paese.
La legge 779, in vigore dal giugno 2012, è la "Legge contro la violenza sulle donne del Nicaragua". Proposta inizialmente per fermare la violenza e i numerosi crimini commessi contro le donne, la legge ha avuto conseguenze negative nei confronti della famiglia, del matrimonio, dell’unione di coppia, dell’integrità del focolare domestico ... in quanto non permettendo la mediazione tra aggressore e vittima, ha comportato in poco tempo, un gran numero di famiglie separate o distrutte. (R.P.)
Cina: la comunità cattolica vive intensamente il mese mariano
◊ Pellegrinaggi, rosari, ore di adorazione, processioni e celebrazioni eucaristiche solenni, opere caritative, tenendo sempre aperta la porta della chiesa per i fedeli e per quanti desiderano entrarvi, sono alcune iniziative che contraddistinguono il mese di maggio che la comunità cattolica sta vivendo intensamente, radicato nella profonda devozione mariana dei cinesi.
Secondo le informazioni raccolte dall’agenzia Fides, il 9 maggio, giorno del 90.mo anniversario dell’apparizione della Madonna di Lang Shan (uno dei 12 santuari mariani della Cina con il titolo di pontificio) nella diocesi di Hai Men (Nan Tong), della provincia cinese di Jiang Su, è stata celebrata la solenne benedizione del nuovo reliquiario collocato nella cattedrale, contenente le reliquie di Santa Teresa di Lisieux, patrona delle Missioni, che è l’unico dell’Estremo Oriente.
Secondo il vescovo di Hai Men, mons. Shen Bin, ogni anno, il 9 maggio, il santuario accoglie “migliaia di fedeli che pregano per l’evangelizzazione del mondo e della Cina”. La diocesi ha voluto quindi che il Santuario mariano ed il reliquiario di Santa Teresina diventassero, nel mese di maggio, i punti di riferimento della devozione mariana e di un nuovo slancio dell’evangelizzazione.
Tra le altre iniziative, all’inizio del mese di maggio i seminaristi, le religiose e i fedeli laici che studiano nel Seminario della diocesi di Pechino hanno compiuto un pellegrinaggio mariano nelle parrocchie del distretto di Tong Zhou, a Pechino. (R.P.)
Oceania: plenaria dei presuli su "Evangelii Gaudium", Sinodo ed immigrazione
◊ Fino al 16 maggio si riunisce a Wellington, in Nuova Zelanda, l’Assemblea plenaria della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Oceania (Fcbco). Alla riunione, che si svolge ogni quattro anni, sono attesi un’ottantina di presuli dall’Australia, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone e altre isole del Pacifico.
Gli incontri si tengono dal 1994 e sono un’importante occasione di condivisione e di confronto sui problemi e sulle sfide pastorali comuni dei vescovi dell’Oceania, un continente fatto di “tanti Paesi e diocesi piccole e isolate con poche risorse materiali e umane”, spiega il presidente dell’Fcbco mons. John Dew, che è anche presidente della Conferenza episcopale neo-zelandese. A fare da sfondo a questa Assemblea sarà in particolare il tema dell’evangelizzazione secondo la visione di Papa Francesco. “Le nostre discussioni e riflessioni saranno sicuramente ispirate dalle stimolanti indicazioni dell’Esortazione apostolica Evangelii Gaiudium”, ha detto il presule.
Intenso il calendario dei lavori che saranno aperti da una Messa celebrata nella cattedrale del Sacro Cuore di Wellington. Nel programma della cinque-giorni quattro sessioni plenarie dedicati ai seguenti temi: le politiche dell’immigrazione e la situazione dei centri di detenzione per immigrati clandestini in Australia, tema sul quale la Chiesa australiana è da tempo molto presente; i segni dei tempi nelle isole Fiji; le risposte al documento preparatorio del prossimo Sinodo Straordinario dei vescovi sulla famiglia e la pianificazione della pastorale dei terremoti dopo il sisma che ha colpito la Nuova Zelanda nel 2012.
L’incontro, che viene ospitato a Wellington per la prima volta, sarà anche un’occasione per fare conoscere ai vescovi dell’Oceania la realtà della Chiesa neo-zelandese, alla quale saranno dedicati tre seminari. (A cura di Lisa Zengarini)
Papua Nuova Guinea: i vescovi contro la "cultura della morte"
◊ “C'è un grande pericolo, un grande male, che incombe sulla società in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone: la crescente perdita di rispetto per l'altro e per la vita umana”: è quanto affermano i vescovi della Papua Nuova Guinea e Isole Salomone, in una Lettera pastorale titolata “Evangelizzazione nella e attraverso la famiglia”, pubblicata a conclusione della loro Assemblea generale, tenutasi a Port Moresby dall’1 al 9 maggio 2014.
Nella Lettera i vescovi notano con preoccupazione le molte forme di violenza diffuse nella società: omicidio, aborto, stupro, guerra tribale, violenza domestica, abusi sui minori e altri. “E’ ciò che san Giovanni Paolo II – afferma la lettera ripresa dall'agenzia Fides – ha etichettato come ‘cultura della morte’. Il grande male mostra il suo volto nelle pratiche come magia e stregoneria, nella tortura e nell’uccisione di persone innocenti. Si manifesta nella corruzione che avvantaggia pochi e impoverisce gli altri e nella distruzione dell'ambiente. Si dispiega nelle schiavitù come alcol, tossicodipendenza e pornografia. Disumanizza la società con la promozione di varie forme di contraccezione artificiale”.
Per contrastare tale cultura c’è bisogno di “un esercito potente e ben disciplinato: un esercito spirituale”: “I veri credenti di tutte le Chiese cristiane formano questo esercito” che – notano i vescovi – include preti, religiosi, laici, famiglie, gruppi e movimenti ecclesiali e “tutti coloro che si riconoscono discepoli di Gesù”.
Il testo ricorda le pratiche culturali dannose che in Papua Nuova Guinea e Isole Salomone non sono conformi con l'insegnamento di Gesù Cristo. Queste risultano “dannose per il matrimonio cristiano e per la vita familiare”. In particolre i vescovi deplorano la poligamia, tuttora diffusa. “Questa usanza tradizionale viola il significato del matrimonio cristiano”, in cui “i due diventano una cosa sola, in un indissolubile legame d'amore. Essa svilisce la dignità e il valore delle donne che sono viste come semplici beni di uomini ricchi e potenti”.
Una seconda tendenza culturale da abbandonare è l'usanza dei “bambini in condivisione” all'interno della famiglia allargata o di un villaggio. In alcuni casi i bambini sono perfino venduti a persone esterne alla famiglia. La Chiesa ricorda che questo è un errore che “viola il rapporto unico tra genitori e figli. I genitori hanno un sacro obbligo di amare, educare e allevare i propri figli, curandoli e educandoli come un dono speciale che Dio ha dato loro”.
Nell’Assemblea appena conclusa, i vescovi della Papua Nuova Guinea e Isole Salomone hanno eletto Arnold Orowae, vescovo di Wabag, come nuovo presidente della Conferenza episcopale, mentre vice-presidente è risultato l’arcivescovo Steve Reichert di Madang. (R.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 131