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Sommario del 09/05/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alle agenzie Onu: contro “cultura dello scarto” serve mobilitazione etica mondiale
  • Il Papa: la Chiesa in Etiopia ed Eritrea, un esempio di solidarietà
  • Il Papa alle Pontificie Opere Missionarie: aprire le porte della Chiesa, tutti vi possano trovare rifugio
  • Papa Francesco: i santi non sono eroi, ma umili peccatori che si lasciano santificare da Gesù
  • Marcia per la vita a Ottawa. Il Papa: rispettare diritto inviolabile alla vita, da concepimento a morte naturale
  • Messaggio del Papa alla Fuci: riaffermare l'importanza dei valori spirituali che hanno forgiato l’Europa
  • Tweet del Papa: santità è donarsi ogni giorno, per questo matrimonio è via maestra per diventare santi
  • Il Papa riceve mons. Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador
  • Convegno della Fondazione "Centesimus Annus": dare valori all'economia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ucraina: scontri e vittime a Mariupol, a Mosca celebrazioni per il 70.mo della vittoria sul nazismo
  • Giornata dell'Europa. Renzi: Ue non è problema ma soluzione
  • Venezuela. Nuovi scontri tra polizia e antigovernativi, ucciso un poliziotto
  • Sudafrica. L’African National Congress vince le elezioni generali
  • Sud Sudan: l’odissea dei bambini di Malakal sfuggiti alla guerra
  • Conclusa Assemblea vescovi brasiliani. Il card. Scherer: far fiorire di nuovo le parrocchie
  • Arresti dell'Expo, interrogatori da lunedi. La normative anticorruzione sembrano funzionare
  • Giornata per le vittime di mafia e terrorismo. Mons. Pennisi: la criminalità è incompatibile con il Vangelo
  • Presentato progetto su ricerca e innovazione per far ripartire l'Italia e dare futuro ai giovani
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Salone del Libro di Torino: confronto internazionale sull'editoria religiosa
  • Pakistan: leader cristiani e musulmani condannano l’assassinio di Rashid Rehman
  • Centrafrica. Appello dei vescovi: la crisi uccide ogni giorno
  • Al via il vertice Asean: sul tavolo le tensioni nel mar Cinese meridionale
  • Sudan: chiusa la scuola dei Comboniani a Omdurman
  • Terra Santa: processione di Nostra Signora del Carmelo dopo gli attacchi ai cristiani
  • Australia: per l'emergenza profughi i vescovi chiedono il rispetto dei diritti umani
  • Sacerdote vietnamita nella lista dei "100 eroi" dell’informazione
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alle agenzie Onu: contro “cultura dello scarto” serve mobilitazione etica mondiale

    ◊   E’ tempo di una mobilitazione generale per opporsi alla “cultura dello scarto”. E’ l’appello levato da Papa Francesco, nell'incontro in Vaticano, con i capi esecutivi delle agenzie Onu, guidati dal segretario generale, Ban Ki-moon. Il Pontefice, che ha parlato in spagnolo, ha ringraziato le Nazioni Unite per gli sforzi in favore della pace e del rispetto della dignità umana. Quindi, ha invocato un maggiore spirito di condivisione e solidarietà da parte della comunità internazionale. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Far sedere a un tavolo chi si combatte, portare cibo in un luogo isolato, vaccinare bambini altrimenti destinati alla morte. Ogni giorno, migliaia di donne e uomini – sotto l’insegna “UN”, United Nations – si impegnano, sovente lontano dai riflettori, per rendere il mondo migliore, per dare sostegno ai più poveri. A loro, è andato il grazie di Papa Francesco che, nel suo discorso, ha subito voluto rammentare gli sforzi dell’Onu in favore della pace, della dignità umana, della protezione dei più deboli. E’ una storia consolidata di collaborazione quella tra la Chiesa e l’Onu e il Papa ricorda in particolare le tante visite compiute da San Giovanni Paolo II al Palazzo di Vetro di New York come nelle sedi Onu di Ginevra, Vienna, Nairobi, L’Aia e ovviamente di Roma.

    “Los resultados positivos de los Objetivos de Desarrollo del Milenio…”
    Francesco ha riconosciuto i risultati conseguiti dall’Onu sul fronte degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, specie nel campo dell’educazione e della lotta alla povertà. Ma, al tempo stesso, ha osservato, “i popoli meritano e sperano frutti ancor migliori”. Del resto, ha detto, non bisogna fermarsi "mai ai risultati acquisiti, ma impegnarsi ogni volta di più”. I futuri Obiettivi dello sviluppo, ha aggiunto, dovrebbero quindi “essere formulati con generosità e coraggio”. Solo così, infatti, arriveranno a “incidere sulle cause strutturali della povertà e della fame”, come anche alla “preservazione dell’ambiente”, a “garantire un lavoro decente per tutti e a dare una protezione adeguata alla famiglia”.

    “Se trata, en particular, de desafiar todas…”
    “Si tratta, in particolare – è stato il suo monito – di sfidare tutte le forme di ingiustizia, opponendosi all’economia dell’esclusione, alla cultura dello scarto e alla cultura della morte, che, purtroppo, potrebbero diventare una mentalità accettata passivamente”. Papa Francesco ha così richiamato l’incontro tra Gesù e il ricco pubblicano Zaccheo, che “prese una decisione radicale di condivisione e di giustizia”. Questo, ha osservato, è lo spirito che “dovrebbe essere all’origine e al termine di ogni azione politica ed economica”.

    “La mirada, muchas veces sin voz…”
    “Lo sguardo, spesso senza voce, di quella parte di umanità scartata, lasciata alle spalle – ha detto riprendendo un tema a lui caro – deve smuovere la coscienza degli operatori politici ed economici e portare a scelte generose e coraggiose, che abbiano risultati immediati, come quella decisione di Zaccheo”. E dobbiamo chiederci se “questo spirito di solidarietà e di condivisione guida tutti i nostri pensieri e tutte le nostre azioni”. Il Papa ha ribadito che bisogna proteggere la vita “dal suo concepimento alla sua fine naturale” e “restituire con generosità e abbondanza ciò che ingiustamente possiamo aver negato agli altri”.

    “El episodio de Jesucristo y de Zaqueo nos enseña que por encima…”
    “La promozione di un’apertura generosa, efficace e concreta alle necessità degli altri – ha aggiunto – deve essere sempre al di sopra dei sistemi e delle teorie economiche e sociali”. Gesù, ha spiegato, “non chiede a Zaccheo di cambiare il proprio lavoro, né di denunciare la propria attività commerciale; lo induce solo a porre tutto, liberamente ma immediatamente e senza discussione, al servizio degli uomini”. Anche un “progresso economico e sociale equo”, dunque, “si può ottenere solo congiungendo le capacità scientifiche e tecniche a un impegno di solidarietà costante, accompagnato da una gratuità generosa e disinteressata a tutti i livelli”. C'è bisogno, ha soggiunto, di un'azione internazionale “impegnata a conseguire uno sviluppo umano integrale a favore di tutti gli abitanti del pianeta”. Uno sviluppo che ha il suo fondamento nella “legittima redistribuzione dei benefici economici da parte dello Stato”, attraverso “l’indispensabile collaborazione dell’attività economica privata e della società civile”.

    “Les invito a promover juntos una verdadera movilización ética mundial…”
    “Vi invito a promuovere insieme una vera mobilitazione etica mondiale – ha concluso Francesco – che, al di là di ogni differenza di credo o di opinione politica, diffonda e applichi un ideale comune di fraternità e di solidarietà, specialmente verso i più poveri e gli esclusi”.

    Dal canto suo, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha sottolineato che anche le Nazioni Unite si sentono ispirate da Papa Francesco e dal suo impegno per la promozione della persona umana e lo sradicamento della povertà:

    “I count on the catholic Church, on your leadership, on your spiritual guidance...”
    “Conto sulla Chiesa cattolica, sulla sua leadership, sulla sua guida spirituale per continuare a lavorare in stretto rapporto con le Nazioni Unite – ha detto Ban Ki-moon – per promuovere una vita dignitosa per tutti”. Il nostro incontro, ha proseguito, manda “un fortissimo messaggio di solidarietà nel nostro comune cammino”. Ban Ki-moon ha così invitato il Papa al quartier generale dell’Onu a New York: “un’opportunità” per parlare della sua visione “sul nostro futuro comune”. Infine, il segretario generale Onu, che è di nazionalità coreana, ha ringraziato il Papa per il suo prossimo viaggio in Corea del Sud, dove – ha detto – la sua presenza porterà un messaggio di riconciliazione.

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    Il Papa: la Chiesa in Etiopia ed Eritrea, un esempio di solidarietà

    ◊   Grazie per la solidarietà cristiana che sapete esprimere verso le fasce di popolazione più povere dei vostri Paesi. È quanto ha espresso Papa Francesco ai vescovi di Etiopia ed Eritrea, ricevuti in Vaticano per la loro visita ad Limina. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La Chiesa in Eritrea ed Etiopia cresce sulla roccia della fede delle donne e degli uomini che l’hanno testimoniata fin dall’alba del cristianesimo, ma anche sulle sabbie mobili di una povertà che continua a mordere la gente, alimentata da troppi conflitti e anche da carestie e siccità che nel Corno d’Africa sono purtroppo endemiche. “Sono consapevole” di tutto questo – dice Papa Francesco ai vescovi dei due Stati africani, riuniti in Vaticano dalla visita ad Limina – e “vi ringrazio per i generosi programmi sociali, ispirati al Vangelo, che avete attuato in collaborazione con diverse agenzie religiose, caritative e di governo, allo scopo di alleviare questa sofferenza”. Penso, prosegue, "specialmente ai tanti bambini che assistete, che soffrono la fame e sono rimasti orfani a causa della violenza e della povertà”. E anche ai giovani che pur legati alle loro famiglie e ai loro amici sono costretti ad “abbandonare la propria terra in cerca di maggiori opportunità e rischiano di perdere la vita durante viaggi pericolosi”.

    Papa Francesco si muove a compassione per uno scenario certamente drammatico, che tuttavia presenta realtà innegabilmente positive. Prima fra tutte, osserva, il servizio di carità offerto dalle due Chiese locali. Una carità che si è nutrita in passato dello slancio di molti missionari, religiosi e religiose, “che per molte generazioni – ricorda il Papa – hanno generosamente collaborato alla costruzione delle vostre comunità locali” e del cui spirito – afferma – “abbiamo nuovamente bisogno” oggi per annunciare a tutta la società il messaggio di Cristo, “non solo – precisa – a coloro che non lo conoscono, ma anche ai fedeli, perché possano percepire una volta di più la freschezza del Vangelo ed essere incoraggiati a trovare sempre modi nuovi e creativi per vivere e celebrare la loro fede”.

    Parlando della cura dei sacerdoti, Papa Francesco esorta i vescovi di Etiopia ed Eritrea a essere per i loro preti come dei “buoni padri”. A essere raccomandata caldamente dal Papa – come sempre in queste circostanze – è “una formazione integrale umana, spirituale, intellettuale e pastorale” permanente del clero, insieme – sottolinea – alla promozione di “una vera fraternità” che aiuti i sacerdoti ad “accompagnarsi l’un l’altro nel loro ministero e a portare gli uni i pesi degli altri”.

    Analoga attenzione deve essere posta alla formazione dei laici. “Apprezzo – dice Papa Francesco – gli sforzi compiuti per creare nuove opportunità di formazione catechistica dei fedeli e per raggiungere i giovani, che vivono quel momento cruciale della loro vita in cui sono chiamati ad approfondire il loro rapporto con Cristo e la sua Chiesa e a cercare di dare avvio a una famiglia propria”. Di fronte “alle tante sfide della società contemporanea, tra cui una cultura sempre più secolarizzata e un minor numero di opportunità per un lavoro dignitoso, è essenziale – ribadisce il Papa – che uomini e donne laici saggi e impegnati orientino i giovani nel discernere il senso della loro vita e la sicurezza nel loro futuro”. L’ultimo grazie ai vescovi, Papa Francesco lo riserva per ciò che viene fatto nelle comunità in favore degli anziani. “I vostri sforzi per loro, che offrono una potente testimonianza dell’amore di Dio in mezzo a voi, sono – conclude – una grazia straordinaria per la gente”.

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    Il Papa alle Pontificie Opere Missionarie: aprire le porte della Chiesa, tutti vi possano trovare rifugio

    ◊   “La Chiesa, missionaria per sua natura, ha come prerogativa fondamentale il servizio della carità a tutti”. “La fraternità e la solidarietà universale sono connaturali alla sua vita e alla sua missione nel mondo e per il mondo”. E’ quanto ha detto Papa Francesco incontrando stamani, in Vaticano, i direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie e i collaboratori della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    L’ansia di evangelizzare sino ai “confini” – ha detto Papa Francesco - aiuta “a realizzare una pastorale estroversa ed efficace”:

    “L’azione missionaria è paradigma di ogni opera della Chiesa”.

    Per un mondo segnato da profondi cambiamenti, c’è bisogno di una Chiesa rinnovata:

    Evangelizzare, in questo tempo di grandi trasformazioni sociali, richiede una Chiesa missionaria tutta in uscita, capace di operare un discernimento per confrontarsi con le diverse culture e visioni dell’uomo”.

    C’è bisogno di una Chiesa trasformata “dal contatto personale con Cristo, per la potenza dello Spirito”:

    È lo Spirito di Cristo la fonte del rinnovamento, che ci fa trovare nuove strade, nuovi metodi creativi, varie forme di espressione per l’evangelizzazione del mondo attuale”.

    Si deve avere il coraggio – ha spiegato il Papa - di “raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo”:

    Non ci possono trattenere né le nostre debolezze, né i nostri peccati, né i tanti impedimenti che vengono posti alla testimonianza e alla proclamazione del Vangelo”.

    Fraternità e solidarietà sono connaturali alla vita e alla missione della Chiesa nel mondo. L’evangelizzazione deve raggiungere tutti, ma “è chiamata a partire dagli ultimi, dai poveri”:

    “La Chiesa è il popolo delle beatitudini, la casa dei poveri, degli afflitti, degli esclusi e dei perseguitati, di coloro che hanno fame e sete di giustizia”.

    Rivolgendosi ai direttori nazionali delle “Pontificie Opere Missionarie”, il Santo Padre ha esortato a promuovere, con paziente perseveranza, “la corresponsabilità missionaria”:

    “A voi è chiesto di operare affinché le comunità ecclesiali sappiano accogliere con amore preferenziale i poveri, tenendo le porte della Chiesa aperte perché tutti vi possano entrare e trovare rifugio”.

    Le Pontificie Opere Missionarie – ha affermato il Papa - sono lo strumento privilegiato che richiama la “missio ad gentes”. C’è tanto bisogno - ha concluso - “di sacerdoti, di persone consacrate e fedeli laici che siano disponibili a mettersi sulla via dell’evangelizzazione”.

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    Papa Francesco: i santi non sono eroi, ma umili peccatori che si lasciano santificare da Gesù

    ◊   I santi non sono eroi, ma sono dei peccatori che seguono Gesù sulla strada dell’umiltà e della croce e così si lasciano santificare da Lui, perché nessuno santifica se stesso: questo, in sintesi, quanto ha detto Papa Francesco durante la Messa presieduta stamani a Santa Marta. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Partendo dalla prima Lettura che racconta la conversione di San Paolo, che da nemico della Chiesa è diventato santo, Papa Francesco spiega cosa s’intenda quando diciamo che “la Chiesa è santa”:

    “Ma come può essere santa se tutti noi siamo dentro? Siamo peccatori tutti, qui. E’ santa la Chiesa! Noi siamo peccatori, ma lei è santa. E’ la sposa di Gesù Cristo e Lui la ama, Lui la santifica, la santifica ogni giorno col suo sacrificio eucaristico, perché la ama tanto. E noi siamo peccatori, ma in una Chiesa santa. E anche noi ci santifichiamo con questa appartenenza alla Chiesa: siamo figli della Chiesa e la Madre Chiesa ci santifica, col suo amore, con i Sacramenti del suo Sposo”.

    Nelle sue lettere, “San Paolo – ricorda il Papa - parla ai santi, a noi: peccatori, ma figli della Chiesa santa, santificata per il Corpo e il Sangue di Gesù”:

    “In questa Chiesa santa il Signore sceglie alcune persone per far vedere meglio la santità, per far vedere che è Lui che santifica, che nessuno santifica se stesso, che non c’è un corso per diventare santo, che essere santo non è fare il fachiro o qualcosa di questo stile… No! Non è! La santità è un dono di Gesù alla sua Chiesa e per far vedere questo Lui sceglie persone in cui si vede chiaro il suo lavoro per santificare”.

    Nel Vangelo – osserva il Papa – ci sono molti esempi di santi: c’è la Maddalena, da cui Gesù aveva cacciato sette demoni, c’è Matteo, “che era un traditore del suo popolo e prendeva i soldi per darli ai romani”, c’è Zaccheo e tanti altri che fanno vedere a tutti quale sia “la prima regola della santità: è necessario che Cristo cresca e che noi veniamo meno. E’ la regola della santità: l’umiliazione nostra, perché il Signore cresca”.

    Così, Cristo sceglie Saulo, che è un persecutore della Chiesa: “ma il Signore lo aspetta. Lo aspetta e fa sentire il suo potere”. Saulo “diventa cieco e obbedisce” e da grande che era “diventa come un fanciullo: obbedisce!”. Il suo cuore cambia: “è un’altra vita!”. Ma Paolo non diventa un eroe – spiega il Papa – perché lui che aveva predicato il Vangelo in tutto il mondo “finisce la sua vita con un piccolo gruppetto di amici, qui a Roma, vittima dei suoi discepoli”: “una mattina sono andati da lui 3-4-5 soldati”, “lo hanno portato via e gli hanno tagliato la testa. Semplicemente. Il grande, quello che era andato in tutto il mondo, finisce così”. “Diminuisce, diminuisce, diminuisce…”. “La differenza fra gli eroi e i santi – afferma Papa Francesco - è la testimonianza, l’imitazione di Gesù Cristo. Andare sulla via di Gesù Cristo”, quella della croce. E molti santi “finiscono tanto umilmente. I grandi santi! Io penso – afferma il Papa - agli ultimi giorni di San Giovanni Paolo II… Tutti lo abbiamo visto”:

    “Non poteva parlare, il grande atleta di Dio, il grande guerriero di Dio finisce così: annientato dalla malattia, umiliato come Gesù. Questo è il percorso della santità dei grandi. Anche è il percorso della nostra santità. Se noi non ci lasciamo convertire il cuore per questa strada di Gesù – portare la croce tutti i giorni, la croce ordinaria, la croce semplice – e lasciare che Gesù cresca; se non andiamo su questa via, non saremo santi. Ma se andiamo su questa via, tutti noi daremo testimonianza di Gesù Cristo, che ci ama tanto. E daremo testimonianza che, benché siamo peccatori, la Chiesa è santa. E’ la sposa di Gesù”.

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    Marcia per la vita a Ottawa. Il Papa: rispettare diritto inviolabile alla vita, da concepimento a morte naturale

    ◊   Migliaia di fedeli si sono riuniti ieri davanti al Parlamento canadese a Ottawa per la 17.ma Marcia nazionale per la Vita, celebrata anche in altre diocesi del Paese. Alla manifestazione erano presenti, tra gli altri, l’arcivescovo della capitale, mons. Terrence Prendergast, il cardinale Thomas Collins e il presidente della Conferenza episcopale canadese (CECC-CCCB), mons. Paul-André Durocher, che ha presieduto una messa speciale nella cattedrale della città. Ai partecipanti è giunto il saluto di Papa Francesco, a firma del Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin. Nel messaggio presentato dal cardinale dal Cardinale Primate canadese Gérald Cyprien Lacroix, il Santo Padre ha espresso “pieno sostegno” agli sforzi di tutti coloro che lavorano perché il diritto umano fondamentale alla vita “riceva una protezione legale adeguata”, con l’auspicio che la manifestazione “possa suscitare un maggiore rispetto per il diritto inviolabile alla vita di ogni persona , dal concepimento fino alla morte naturale”.

    Alla manifestazione di ieri è collegata la Settimana nazionale per la vita e la famiglia che la Chiesa canadese si appresta a celebrare per la seconda volta dall’11 al 18 maggio. L’iniziativa si inserisce nell’ambito dello speciale programma pastorale “Costruire una cultura della vita e della famiglia in Canada” lanciato dall’Episcopato nel 2011 in vista dell’Anno delle Fede e si tiene in concomitanza con l’annuale Settimana delle famiglie del Québec e con la Giornata ONU delle Famiglie celebrata il 15 maggio.

    “Famiglie unite nella gioia di Cristo” è il tema scelto per questa edizione, che assume un significato particolare nell’anno della canonizzazione di Giovanni XXXIII e di Giovanni Paolo II, due Papi che hanno posto la famiglia al centro delle loro preoccupazioni pastorali. Un’attenzione portata avanti da Papa Francesco che alle sfide della famiglia oggi ha deciso di dedicare due Sinodi. E’ quanto sottolinea il Presidente della CECC nel messaggio per l’occasione, in cui ricorda lo stretto legame tra il tema della famiglia e quello della vita: “Le famiglie – scrive - ci danno la vita, ci mantengono in vita e ci danno la migliore ragione per vivere, anche nelle prove. Esse sono vere scuole di vita!”. Dello stesso tenore il messaggio dell’’Organismo Cattolico dei vescovi per la vita e la famiglia (OCVF) che ribadisce il “valore inestimabile della vita umana” ed il “ruolo primordiale che la famiglia gioca nel trasmettere la fede e far rispettare la vita”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Messaggio del Papa alla Fuci: riaffermare l'importanza dei valori spirituali che hanno forgiato l’Europa

    ◊   “Europa al crocevia: il cammino dell’integrazione verso un nuovo continente”. E’ il tema del 63.mo Congrezzo nazionale della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (F.U.C.I.), apertosi ieri a Padova. Agli organizzatori, ai relatori, alle autorità e a tutti i partecipanti, Papa Francesco ha rivolto, in un messaggio indirizzato al vescovo di Padova, mons. Antonio Mattiazzo, il suo “cordiale e beneaugurante saluto”. Nel testo, a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, il Papa esprime apprezzamento “per l’opportuna iniziativa volta a riflettere - sempre animata dallo spirito di ricerca e dalla passione per la comunità ecclesiale e la società civile - sulle possibilità di una rinnovata integrazione tra i popoli e le persone, che consenta a ciascuno di essi un’autentica fioritura nella casa comune europea”. Il Santo Padre auspica anche che una così qualificata assise favorisca “un costruttivo confronto circa il fondamentale apporto della fede cristiana all’unità del continente europeo e riaffermi l’importanza dei valori spirituali che hanno forgiato il pensiero, l’arte e la cultura dell’Europa, promuovendo incessantemente la solidarietà e il rispetto della dignità umana”. (A.L.)

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    Tweet del Papa: santità è donarsi ogni giorno, per questo matrimonio è via maestra per diventare santi

    ◊   Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @ Pontifex: “La santità richiede il donarsi con sacrificio ogni giorno; per questo il matrimonio è una via maestra per diventare santi”.

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    Il Papa riceve mons. Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata mons. José Luis Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador, presidente della Conferenza episcopale di El Salvador, accompagnato da un seguito.

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    Convegno della Fondazione "Centesimus Annus": dare valori all'economia

    ◊   E’ entrato nel vivo il Convegno internazionale, che si tiene sino a domani nell’Aula del Sinodo in Vaticano, sul tema “Società buona e futuro del lavoro: possono la solidarietà e la fraternità far parte delle decisioni riguardanti il mondo degli affari?”. Molti i relatori presenti all’incontro promosso dalla Fondazione “Centesimus Annus – Pro Pontifice”, per evidenziare come sia possibile partire dai valori per far ripartire l’economia. Domani i partecipanti al convegno saranno ricevuti da Papa Francesco. Sugli interventi sinora svolti, il servizio Giancarlo La Vella:

    Una riflessione concreta per trovare quegli spazi concreti che la solidarietà può avere nella vita economica. E’ l’auspicio che Papa Francesco lo scorso anno aveva rivolto ai membri della Fondazione Centesimus Annus, dal quale il convegno di questi giorni trae ispirazione e al quale vuole rispondere. Partendo dalle attuali tendenze economiche, gli interventi di cattedratici, imprenditori e rappresentanti del mondo ecclesiale, provenienti da varie zone del mondo, hanno cercato di trovare vie d’uscita, per così dire a “misura d’uomo”, con l’obiettivo di fare dell’economia qualcosa che aiuti il progresso sociale e non, viceversa, qualcosa che condizioni e opprima l’essere umano.

    I valori etico-civili, che il Cristianesimo propone, possono illuminare questo cammino, che, di fronte alla perdurante crisi e alle mancate risposte della globalizzazione, appare arduo, ma irrinunciabile. L’obiettivo primario, il perseguimento del bene comune, deve essere supportato da tre principi ormai consolidati, come “sussidiarietà”, “solidarietà” e “sviluppo”. Il primo è fondamentale per risvegliare la partecipazione dei corpi sociali intermedi, coinvolgendo le comunità nella produzione di beni e servizi. La “solidarietà”, invece, oltre che come redistribuzione, va intesa in senso dinamico e creativo. Infine lo “sviluppo”: cosa ben diversa dalla crescita, ma inteso come promozione della persona e della comunità con lo scopo di realizzare un concreto progresso civile e un umanesimo integrale.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per una mobilitazione mondiale: il Papa invita Consiglio dei Capi esecutivi del coordinamento delle Nazioni Unite a favorire la nascita di una società equa.

    Accanto agli ultimi: il Papa elogia l'attività caritativa dei vescovi dell'Etiopia e dell'Eritrea ricevuti in visita "ad limina".

    Il giorno dell'amicizia: Andrea Palmieri, sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, sul dialogo fraterno tra cattolici e ortodossi copti dopo lo storico incontro del 10 maggio 1973 tra il patriarca Shenouda III e Paolo VI.

    Per accendere la luce della fraternità: intervista al cardinale Jean-Louis Tauran in occasione della festa buddisata del Vesakh.

    A cinquecento anni dalla nascita, Vincenzo Bertolone ricorda Sirleto l'indispensabile.

    Cercando l'amore dove non c'è: Marcello Filotei sull'Elisir di Donizetti al Teatro dell'Opera di Roma.

    Un articolo di Emilio Ranzato dal titolo "Testimone la cinepresa": le Fosse ardeatine e il processo al questore di Roma nel primo documentario di Luchino Visconti.

    Crimini contro l'umanità in Sud Sudan: un rapporto accusa sia i ribelli che le forze governative.

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    Oggi in Primo Piano



    Ucraina: scontri e vittime a Mariupol, a Mosca celebrazioni per il 70.mo della vittoria sul nazismo

    ◊   In Ucraina dell’Est, sarebbe di due morti e otto feriti - secondo fonti mediche - il bilancio degli scontri in corso a Mariupol tra insorti filorussi e forze di Kiev nel giorno del 70.mo anniversario della vittoria sovietica sulle forze naziste alla fine della Seconda guerra mondiale. Toni dimessi a Kiev, grande parata invece a Mosca col presidente Putin che poi si trasferisce in Crimea per continuare i festeggiamenti. Sullo sfondo la conferma del referendum secessionista di domenica proprio nell’Ucraina orientale. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    A Mariupol si combatte e Kiev usa i blindati, secondo i filorussi. Intanto, in mattinata sulla Piazza Rossa, spazio all’orgoglio nazionale di Mosca con il presidente Putin che ha rilanciato “il giorno del trionfo della madrepatria da difendere”, una sorta di “rivincita” alla luce della recente annessione della Crimea e della crisi in corso in Ucraina. "Non una novità", commenta Serena Giusti ricercatrice dell’Ispi, l'Istituto studi di politica internazionale:

    Il 9 maggio è ormai da anni un giorno speciale per i russi con il ripristino anche fastoso di questa guerra, "la guerra patriottica". Quindi, diciamo che da questo punto di vista non è una novità, però naturalmente in questo contesto di crisi con l’Ucraina assume un valore diverso, una riaffermazione di una forte identità russa e di una Russia che è disposta anche all’utilizzo della forza pur di difendere i russi fuori dai propri confini.

    Putin “faccia un passo indietro” intima la Nato, mentre il governo di Kiev parla di “provocazione” e in risposta annuncia per il 14 maggio una tavola rotonda di unità nazionale sui temi del decentramento e della difesa delle minoranze etniche, aperta alle autorità locali ma chiusa ai filorussi dell'Est "con le mani sporche di sangue". Ancora Serena Giusti:

    Diciamo che è un segnale positivo e immagino che su questo abbiano giocato un ruolo anche attori esterni, in primis l’Unione Europea. Ricordiamo che, appena insediato il nuovo governo, dopo le proteste di Maidan uno dei primi atti fu quello di declassare l’uso della lingua russa. Sicuramente questo non fu un atto positivo in quel contesto. Quindi c’è sicuramente un tentativo di riconciliazione nazionale anche perché finora nessuno degli esponenti del governo o delle istituzioni si è recato nelle regioni sudorientali per cercare una mediazione diretta. Tutto è stato lasciato in mano all’esercito, ai militari e spesso alle forze di estrema destra ucraine”.

    Ed è proprio all’Est ucraino che guarda sempre più la comunità internazionale per il referendum secessionista confermato per domenica. Sarà una seconda Crimea?

    Credo che non sia nell’interesse immediato della Russia l’annessione di queste regioni, perché questo comporterebbe un costo economico per il Paese molto forte in un momento di grave crisi economica. In fondo la Russia, con l’annessione della Crimea, ha già visto soddisfatti alcunidei forti interessi geo-strategici come quello di avere l’accesso al Mediterraneo. Sicuramente la Russia vuole mantenere un’influenza sull’Ucraina e vorrà sicuramente avere un’influenza sulla ristrutturazione dello Stato in termini di Stato federale.

    Intanto, è paralisi nella trattativa, e a rafforzarsi sono ancora i vecchi schieramenti: Ue e Usa con Kiev contro Mosca. Il Pentagono ha avviato esercitazioni sul Baltico e lunedì a Bruxelles si terrà il vertice dei ministri degli Esteri europei, per le eventuali nuove sanzioni contro Mosca mentre a Kiev volerà il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy.

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    Giornata dell'Europa. Renzi: Ue non è problema ma soluzione

    ◊   L'Europa non è un passato comune ma un destino comune. Lo ha detto il premier italiano, Matteo Renzi, che alla Conferenza internazionale “The State of the Union” in corso a Firenze chiede che "crescita e occupazione siano valori costitutivi dell'Ue" e sottolinea che "l'Europa non è il nostro problema ma è una parte della soluzione". L’occasione è la Giornata dell’Europa, in ricordo della proposta che Robert Schuman presentò il 9 maggio 1950 per la creazione di un nucleo economico europeo, e in attesa delle elezioni tra il 22 e il 25 maggio. Renzi chiede una Ue che “dopo il fondo salva-Stati, il fondo salva-banche, inizi a fare qualcosa per salvare le famiglie”, sottolineando che a preoccupare non è più lo spread finanziario ma lo "spread del populismo". Fausta Speranza ha intervistato Massimo Palumbo, della Commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo, autore del libro “Dipinta di blu” dedicato alla crisi:

    R. – Finora, la difesa dell’euro è stata affidata soltanto alla Banca centrale europea, che ha dei poteri molto forti anche se ben delimitati. Servono politiche dei governi nazionali più efficaci e forse qualcosa di più di un semplice coordinamento tra questi. Servirebbe un governo centrale più forte che si poggi sui governi nazionali, ma che abbia un impulso più forte a livello europeo, soprattutto per quanto riguarda l’occupazione che è il problema principale oggi. Una volta regolamentato meglio il mercato finanziario, bisogna poi passare alle politiche per l’occupazione. Lì c’è ancora tanto lavoro da fare. Come spesso succede quando ci sono delle crisi, la reazione da parte delle istituzioni europee è forte e in questo momento può essere salutata positivamente. L’unione bancaria mette, per la prima volta, il sistema delle grandi banche sotto un’unica autorità di sorveglianza e questo non esisteva.

    D. – Proprio adesso, per,ò vediamo un euroscetticismo alla vigilia delle elezioni che potrebbe bloccare questo processo che paradossalmente, dopo un po’ di stagnazione, ha ripreso slancio…

    R. – Esattamente così, perché le risposte che sono arrivate dall’Unione sono arrivate relativamente tardi rispetto ai danni che l’economia reale ha subito. Parlo delle difficoltà delle piccole e medie imprese a ricevere il credito, della possibilità di trovare un posto di lavoro, del rischio di perderlo… Quindi, è chiaro che anche i popoli dell’Europa sono stati sottoposti a difficoltà e vedono che l’Europa non ha dato delle risposte efficaci. Evidentemente, queste risposte stanno arrivando, arriveranno, ma probabilmente con effetto leggermente ritardato. Dunque, l’euroscetticismo, dal punto di vista delle analisi, non è completamente campato in aria. Però, il punto è che questa crisi si risolve con due cose: con la crescita economica, da un lato, e con maggiore cittadinanza europea, con maggiore sovranità da parte dei popoli e maggiore legittimità democratica dall’altro.

    D. – E non si risolve invece sfasciando tutto il giocattolo, diciamo così…

    R. – Sfasciare il giocattolo nella situazione in cui abbiamo un mercato globale caratterizzato ormai da regole meno forti, valide e imperniate su valori di quelle europee – pensiamo all’Asia, ad altri continenti – non credo che gioverebbe all’Europa. Nessuno Stato europeo potrebbe essere in grado di competere con la situazione attuale dell’economia mondiale. Quindi, l’Europa è un patto che indubbiamente ci rende più forti. Pensiamo anche a quello che accade nella politica estera, ai fatti dell’Ucraina: dove non c’è Europa ci sono crisi, attorno all’Europa ci sono sempre crisi. In Europa invece, per fortuna, la crisi è solo economica e non è stata mai in questi 60 anni di unione una crisi a livello di guerre civili, come è successo, ad esempio, nei Paesi del Mediterraneo meridionale, nei Paesi della "primavera araba": pensiamo a tutto quello che sta accadendo in Siria... Quindi, l’Europa è un valore. E bisogna rilanciare anche sugli elementi di cittadinanza e di cultura. Direi che è importante.

    D. – Il suo libro appena pubblicato ha un titolo particolare: “Dipinta di blu”. Perché?

    R. – Chiaramente, il richiamo è alla bandiera europea, ma richiama anche una famosa canzone di Modugno che, guarda caso, vince il Festival di Sanremo nel 1958, quando nasce il Mercato comune europeo con i Trattati di Roma. Quella era una fase in cui l’Europa ha aiutato molto i Paesi come l’Italia ad uscire dal Dopoguerra e a rilanciarsi verso il boom economico. Era un momento di speranza: la gente era ancora più povera di adesso, ma c’era una speranza. Quel titolo vuole, in qualche modo, richiamare la fase della ricostruzione e dare un messaggio di speranza.

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    Venezuela. Nuovi scontri tra polizia e antigovernativi, ucciso un poliziotto

    ◊   Da febbraio a oggi, la situazione in Venezuela è letteralmente precipitata. 41 morti e oltre 700 feriti è il bilancio degli scontri tra polizia e manifestanti che protestano contro il governo del presidente venezuelano, Nicolas Maduro. Nella giornata di ieri, un poliziotto è stato ucciso in seguito alle operazioni di sgombero di 243 persone dai “campeggi della libertà”, accampamenti alla periferia di Caracas eretti dagli antigovernativi. Per fare il punto sulla difficile situazione politica nel Paese, Gianmichele Laino ha intervistato Roberto Da Rin, giornalista de Il Sole 24 Ore:

    R. – Quella venezuelana è una crisi che va avanti da molti anni e che vede una contrapposizione forte tra due fazioni. Il Paese è spaccato in due: da un lato i chavisti – ormai eredi del "chavismo" dato che Chávez è morto, ma il "chavismo" continua a vivere – e dall’altra parte chi invece lo ha sempre avversato e ritiene che questo modello economico sia superato e che si debba ristabilire una nuova prospettiva economica. Gli scontri continuano a essere pretestuosi nel senso che, obiettivamente, ci sono manifestazioni importanti quasi ogni giorno, però poi la vera ragione non è più solo economica ma è anche di scelte politiche radicali.

    D. – Il presidente Maduro a inizio aprile aveva fatto dei tentativi di mediazione e il dialogo tra governo e opposizioni sembrava avviato. Poi si è bloccato tutto. Quali sono le ragioni di questo stallo?

    R. – Ovviamente, quando un Paese è spaccato in due, come lo è il Venezuela, qualsiasi mediazione è complessa. Quindi, la ragione per cui non si è ancora arrivati a degli accordi risiede nella complessità delle vicende che lo attanagliano. Gli obiettivi della mediazione comunque sono prevalentemente economici.

    D. – Intanto, il bilancio degli scontri si aggrava. Più volte, ong statunitensi hanno denunciato abusi sui manifestanti. C’è il rischio di una rottura degli equilibri anche da un punto di vista umanitario?

    R. – Questa la vedo un’ipotesi remota, anche perché questi scontri – che peraltro ci sono e anche un poliziotto è stato ucciso ieri – sono fatti indiscutibilmente gravi. Comunque, da molto tempo è un Paese dove c’è una violenza diffusa che va ben oltre il poliziotto ucciso. Ogni giorno muoiono decine di persone in scontri di vario genere, a Caracas e nelle favelas. Quindi, prima che si possa indurre la comunità internazionale ad assumersi responsabilità forti, mi sembra un’ipotesi poco plausibile, anche perché finora la dinamica degli scontri che hanno poi provocato morti se la rimpallano governo ed opposizione. Nessuno si assume la piena responsabilità e la ricostruzione dei fatti è sempre aleatoria e ovviamente pretestuosa a seconda di chi racconta lo svolgimento di tali fatti.

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    Sudafrica. L’African National Congress vince le elezioni generali

    ◊   Si è praticamente concluso lo spoglio delle schede elettorali in Sudafrica, dove si è votato due giorni fa: confermata la vittoria dell’African National Congress, da vent’anni al governo, ma l’opposizione ha guadagnato voti ed è ora attesa alla prova in parlamento. Da Pretoria, Davide Maggiore:

    L’African National Congress perde voti rispetto a cinque anni fa, ma conserva una larga maggioranza con oltre il 62%. Il partito di governo risulta primo in tutte le provincie tranne il Western Cape, ma in Gauteng il conteggio procede a rilento, con circa il 70% dei voti scrutinati: su quest’area aveva concentrato i suoi sforzi la Democratic Alliance d’opposizione. A livello nazionale, lo schieramento di centrodestra cresce di circa 6 punti rispetto al 2009, allontanandosi, secondo i commentatori, dall’immagine di partito per soli bianchi. Il risultato finale dell’alleanza è di circa il 22%, in linea coi sondaggi preelettorali e considerato buono dalla leader Helen Zille. Terza, come previsto, la sinistra radicale degli Economic Freedom Fighters, che ottiene il 6% dei consensi, leggermente più di quanto atteso. La sfida per il partito del giovane Julius Malema è ora non dividersi una volta arrivato in parlamento, come successo ad altri movimenti nella scorsa legislatura. “Continuità”, invece sarà la parola d’ordine dell’Anc, spiega il coordinatore della campagna elettorale, Malusi Gigaba: il partito si aspetta però un maggior coinvolgimento delle imprese nello sviluppo.

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    Sud Sudan: l’odissea dei bambini di Malakal sfuggiti alla guerra

    ◊   La Chiesa del Sud Sudan avrà un ruolo di mediazione nei negoziati in corso ad Addis Abeba per la pace nel martoriato Paese africano. Tutta la popolazione locale invoca la fine della guerra e la riconciliazione, lo chiede soprattutto per i bambini di questa porzione d’Africa a cui è stata rubata la speranza del futuro. In prima linea accanto ai più piccoli è l’organizzazione umanitaria “Sos Villaggi dei Bambini” che – nelle settimane scorse – ha dovuto evacuare uno dei suoi villaggi, a Malakal, preda degli attacchi di uomini armati. Sull'incredibile odissea per salvare 35 bambini del villaggio, la testimonianza di Elena Cranchi, portavoce in Italia di “Sos Villaggi dei Bambini”, intervista da Alessandro Gisotti:

    R. – Purtroppo, è un incubo che dura da mesi! Avevamo un villaggio a Malakal, che è diventato preda dei ribelli. Questa città era ormai diventata teatro di scontri. Ci sono racconti da parte dei nostri educatori tremendi: raccontano di queste strade coperte solo da mosche, cadaveri e null’altro… Quindi, era l’unico luogo dove, nonostante fuori imperversasse la più atroce e terribile violenza, i bambini poteva stare al sicuro. Ci sono poi stati quattro attacchi da parte dei ribelli e a quel punto abbiamo dovuto evacuare il "Villaggio Sos", che tra l’altro accoglieva 120 bambini e ragazzi: 80 di loro sono stati portati in uno dei 10 campi delle Nazioni Unite e altri 33 sono scappati con Isaac James, che è considerato ora l’eroe, colui che ha portato in salvo i bambini.

    D. – Purtroppo, tre bambini sono stati rapiti. E’ così?

    R. – Due. Due purtroppo sì. Continuano le ricerche da parte del team di "Sos Villaggi dei bambini Sud Sudan", dei funzionari governativi. Si sono unite le Nazioni Unite e anche l'Unicef. Ma temiamo che siano stati effettivamente rapiti, perché il tutto è avvenuto quando c’è stata questa traversata del Nilo. Bisogna anche tener conto che i nostri 33-35 bambini e ragazzi non erano gli unici. I racconti che noi abbiamo da parte dei bambini, sono racconti di paura per la presenza dei coccodrilli… Di questi due bambini dispersi si pensava che fossero stati accolti da altri gruppi, da altri nuclei… Invece, purtroppo, le ricerche stanno continuando, ma non abbiamo notizie. I 33 bambini con Isaac James hanno attraversato il Nilo, hanno compiuto tantissimi chilometri a piedi e sono riusciti poi a trovare accoglienza nel campo di una compagnia petrolifera e sono poi stati spostati a Juba.

    D. – Adesso, i bambini sono a Juba, qui con quale tipo di assistenza e con quali aspettative?

    Q – Si tratta di bambini privi di cure, bambini orfani e abbandonati: quindi parliamo già di bambini più vulnerabili dei vulnerabili! Bambini che non vivono più e non possono più vivere nella loro famiglia di origine, che avevano trovato nel Villaggio Sos di Malakal una casa amorevole e che hanno dovuto vivere giorni e mesi alla ricerca di un altro posto tranquillo. Oggi noi siamo felici, perché hanno una casa di nuovo. Siamo riusciti come Sos Villaggi Bambini Sud Sudan ad affittare un nuovo spazio a Giuba. In questo momento non c’è paura che lo scontro e i conflitti possano arrivare, ma ci sono poi tutti i problemi che derivano dai conflitti: quindi, i costi alle stelle ed è difficilissimo un approvvigionamento anche solo degli alimenti di base. La benzina – ad esempio – costa tantissimo e noi abbiamo dovuto riaffittare un mezzo per portare i bambini a scuola, perché stanno riniziando ad andare a scuola. Questo è già – per noi – un successo! In questo momento, ci stiamo occupando di dare un supporto psicologico a bambini che si vedono aggiungere traumi a traumi.

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    Conclusa Assemblea vescovi brasiliani. Il card. Scherer: far fiorire di nuovo le parrocchie

    ◊   Si conclude oggi ad Aparecida la 52.ma Assemblea generale dei Vescovi del Brasile, che ha riunito per dieci giorni oltre 300 vescovi di tutto il Paese. Al centro dei lavori dell’Assemblea, che si è svolta in un clima di grande fraternità, il tema della parrocchia. Per un bilancio di questo appuntamento, ascoltiamo il cardinale Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo, al microfono del nostro inviato Silvonei Protz:

    R. – Abbiamo lavorato sul tema della parrocchia in questo orizzonte: la parrocchia è una comunità formata da molte comunità, da molte forme di associazione di vita cristiana, di comunità diverse di fedeli, di carismi, di doni che si mettono insieme. Oggi dobbiamo essere molto attenti a far funzionare di nuovo la parrocchia, a far fiorire la parrocchia nelle nuove condizioni economiche, sociali, storiche ed ecclesiali che viviamo in questo tempo. Io direi che soprattutto qui, in Brasile, abbiamo una realtà nuova e molto forte che è la questione delle grandi città: dobbiamo imparare, sempre di più a far vivere la parrocchia nel contesto, nell’ambiente e nella realtà della grande città.

    D. – E’ stato approvato, durante l’Assemblea, un testo sulla questione agraria in Brasile. Sappiamo quanto questo sia un tema importante per il Brasile così come per la Chiesa…

    R. – Il Brasile è un Paese agricolo, con un’estensione enorme di terra per l’agricoltura, che permetterebbe di far vivere molte persone. Invece, in questi ultimi decenni, i campi si sono svuotati: la gente è andata verso la città, perché le condizioni di vita non erano più buone. D’altra parte, però, l’agricoltura è diventata sempre più moderna e usa mezzi tecnologicamente avanzati e moderni, che fanno sì che non ci sia più bisogno di tanti lavoratori. Quindi il Brasile produce sì molto di più a livello agricolo, ma con l’utilizzo di pochissima gente; con l’utilizzo di tantissime macchine e tanta tecnologia, ma con poche persone. Questo è un problema! Molta gente che ha abbandonato i campi, non trova lavoro e condizioni di vita dignitose nelle città, mentre prima nelle zone rurali potevano vivere molto bene. Questa è una questione. Ci sono, però, anche tensioni riguardo al possesso della terra, riguardo all’uso della terra, riguardo allo sfruttamento - talvolta - anche della manodopera, che lavora in condizioni simili a quelle della schiavitù. Ci sono quindi tanti problemi ancora nelle zone rurali e la nostra Assemblea si è concentrata su questi problemi per riflettere, per dire una parola di orientamento al Paese, alla popolazione: sono tanti quelli che la chiedono e che la attendono da parte della Conferenza episcopale.

    D. – Sta arrivando la Coppa del Mondo e anche questo è stato un tema affrontato dai vescovi brasiliani durante i lavori dell’Assemblea…

    R. – Siamo pastori e vogliamo accogliere bene tutti i visitatori e i turisti. Quindi abbiamo riflettuto anche su questo e su come possiamo accogliere nelle chiese coloro che verranno e che sono interessati a partecipare alle Messe, celebrando magari la Messa in diverse lingue nelle chiese vicine ai luoghi in cui si gioca. Ma ci preoccupa un fenomeno purtroppo triste e criminale e che talvolta si verifica, soprattutto, nel contesto dei grandi avvenimenti sportivi: lo sfruttamento di persone, la prostituzione, lo sfruttamento di minorenni, il turismo sessuale, purtroppo… Noi vogliamo essere attenti e cercare di risvegliare l’attenzione nelle nostre comunità locali, perché siano attente affinché queste piaghe vergognose non si verifichino, magari proprio approfittando dei Mondiali di Calcio, che dovrebbero essere invece un arricchimento gli uni e per gli altri, per chi viene e per chi vive in Brasile.

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    Arresti dell'Expo, interrogatori da lunedi. La normative anticorruzione sembrano funzionare

    ◊   “L’Expo è un appuntamento importante che noi difenderemo e sara' un successo per l'Italia". Il premier Matteo Renzi interviene in questo modo sulla vicenda dell’esposizione milanese dopo i sette arresti di ieri. Il sindaco della città Giuliano Pisapia ha affermato che il commissario unico dell’Expo e Ad della società di gestione Giuseppe Sala avrebbe pensato alle dimissioni. Fiducia a Sala è stata espressa da Pisapia e dal presidente della Lombardia Maroni. Alessandro Guarasci:

    Inizieranno lunedi gli interrogatori dei sette arrestati ieri, al centro di presunte irregolarità su una serie di appalti per l’Expo. La vicenda comunque non dovrebbe avere ripercussioni sui lavori dell’opera, ha detto il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. Il primo cittadino ha rivelato che il commissario dell’Expo, Sala, ha pensato di lasciare perché si è sentito tradito da alcuni dei suoi più stretti collaboratori, che appunto figurano tra gli arrestati. Il presidente dell’Autorità Anticorruzione, Giuseppe Cantone, ha detto che c’è da meravigliarsi che alcuni nomi, come quello di Greganti, tornino. Importante però che dal 2012 ci sia una legge che cerca di mettere un argine al fenomeno. Ma le normative italiane in merito sono davvero efficaci? Virginio Carnevali, presidente dell’Associazione "Transparency International Italia":

    R. – Gli arresti di ieri vuol dire che le stanno applicando molto bene. Il contributo della legge 190 del 2012 è soprattutto un contributo di prevenzione, perché la corruzione, a mio giudizio, si sconfigge prima con la prevenzione che con la repressione.

    D. – Bisogna, secondo lei, rafforzare la normativa sul falso in bilancio?

    R. – Non vedo una correlazione netta tra questi fatti di corruzione, cioè appalti truccati e falso in bilancio. E’ chiaro che se c’è una corruzione, quindi ci sono dei fondi neri, c’è un falso in bilancio, ma non è che tramite il falso in bilancio si trova la corruzione, casomai viceversa.

    D. – Secondo alcune stime, in Italia la corruzione ammonterebbe a circa 60 miliardi di euro: una cifra attendibile?

    R. – Secondo me, sono cifre che non hanno alcun senso logico. Io le posso dire che se è vero che sono 120 miliardi in tutta Europa, 60 miliardi in Italia non è possibile.

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    Giornata per le vittime di mafia e terrorismo. Mons. Pennisi: la criminalità è incompatibile con il Vangelo

    ◊   36 anni fa veniva ritrovato il corpo di Aldo Moro, lo statista democristiano rapito e ucciso dalla Brigate Rosse. In via Caetani il presidente Napolitano ha deposto una corona di fiori, successivamente il capo dello Stato ha presenziato alla Camera alla cerimonia di commemorazione delle vittime del terrorismo e della mafia. Commosso il ricordo in Sicilia del piccolo Giuseppe di Matteo, sciolto nell’acido negli anni Novanta. Il servizio di Paolo Ondarza:

    L’Italia ricorda le vittime della mafia e del terrorismo nel giorno della memoria loro dedicato. Alla Camera dei Deputati la firma del protocollo tra il ministro dell’Istruzione Giannini e i parenti delle vittime per iniziative didattiche nelle scuole. Gli uccisi innocenti dalla mafia, in particolare Giuseppe di Matteo, il bambino sciolto nell’acido perché figlio di un collaboratore di giustizia, sono stati ricordati nel luogo del delitto, san Cipirello in Sicilia con una Messa celebrata a 21 anni dal grido accorato di Giovanni Paolo II ad Agrigento: “Convertitevi, un giorno verrà il giudizio di Dio”. A presiederla l’arcivescovo di Monreale, mons. Michele Pennisi:

    R. – Oggi abbiamo riproposto il messaggio di San Giovanni Paolo II, come il messaggio di Papa Francesco che ha chiesto in ginocchio ai mafiosi di convertirsi. Certamente una condanna netta per la mafia! La mafia che è omicida e quindi figlia del demonio, il quale è omicida per eccellenza. Ma anche un appello alla conversione per i mafiosi: una conversione che deve implicare, però, anche la riparazione del male fatto. Non può essere una conversione soltanto di facciata, soltanto interiore, ma deve anche mostrare i segni della conversione.

    D. – Alla radice di questo e di altri orrendi delitti, lei ha detto “c’è l’asservimento al potere del maligno”. La mafia appartiene al regno del peccato?

    R. – Sì! Questo l'ho detto io, ma lo ha detto già la Conferenza episcopale siciliana nel 1993, affermando che c’è incompatibilità fra l’appartenere alla mafia e seguire il Vangelo. Quindi è un giudizio molto chiaro, un giudizio che deve essere chiaro per tutti, un giudizio che dobbiamo ripetere continuamente, perché è importante liberarsi dalla mafia, da ogni tipo di mentalità mafiosa.

    D. – Significativo anche il gesto, da lei compiuto, della benedizione della Croce del Riscatto, presso il Giardino della Memoria di San Cipirello…

    R. – La Croce è stato il luogo dove sembrava che Cristo venisse sconfitto: ma Cristo è stato vittorioso! Mi ha colpito leggere quello che ha affermato un pentito: “Qui la mafia è stata sconfitta, è stata sconfitta da un bambino!”. Mi pare significativo che questa Croce sia anche una Croce segno di speranza, segno della vittoria del bene sul male, della giustizia sull’ingiustizia, della pace sull’odio e sulla violenza.

    D. – E la Croce del Riscatto è un luogo molto importante anche per i parenti delle vittime, in particolare per la mamma di Giuseppe Di Matteo, Franca Castellese che finora non aveva un luogo dove piangere il figlio…

    R. – Ho promesso alla mamma questo, perché la mamma – alcuni mesi fa – mi diceva: “Io non so dove andare a pregare mio figlio!”. Gli ho detto: “Lo può pregare in qualunque luogo, in qualunque chiesa”. Però adesso, sapendo che c’è questa Croce, la mamma - che tra l’altro ha le chiavi di questo giardino - può venire anche qui a pregare, a piangere e a sperare.

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    Presentato progetto su ricerca e innovazione per far ripartire l'Italia e dare futuro ai giovani

    ◊   Partire dalla ricerca per favorire una crescita economica dell’Italia ed aiutare i giovani a costruirsi un futuro dignitoso. Questo tra gli obiettivi dell’iniziativa “Scienza, Sviluppo e Occupazione. Verso una Biennale italiana della ricerca e dell'innovazione", promossa dalla SIPS-Società italiana per il progresso delle scienze in collaborazione con l'Accademia Nazionale dei Lincei ed il MIUR, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Il progetto, presentato a Roma presso l’Accademia nazionale dei Lincei ha visto la presenza del Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini. Il servizio di Marina Tomarro:

    Arrivare al 2020 con un milione di ricercatori universitari. Questo è l’obiettivo della Strategia Europa 2020 promossa dall’Unione Europea. Ma l’Italia per la situazione dei ricercatori è agli ultimi posti tra i Paesi del vecchio continente. Infatti, tra i giovani solo lo 0,1% decide di dedicarsi alla ricerca negli atenei. Stipendi quasi inesistenti, carriere che non decollano, scoraggiano gli studenti a proseguire nei dottorati. Ma come incoraggiare questo campo? Ascoltiamo il commento del ministro Stefania Giannini:

    R. – Io credo parlandone e dicendo: “Tu vuoi fare il ricercatore? Ti piacerebbe? Se sì, perché?”. Creare cioè un dibattito continuo e anche più approfondito. Uno. L’altro, invece, è un obiettivo forse un po’ più alto, secondo me: di rendere la carriera del ricercatore non un calvario che porta a questo binomio “paupertas” e “scientia”, ma che possa fare una vita dignitosa, altrimenti hai solo la dimensione passionaria, che va bene fino ad un certo punto, ma non diventa conoscenza diffusa.

    Una delle soluzioni proposte dal ministro è quello di un accorpamento degli Enti in base alle differenti tematiche, dove si andrebbe a coinvolgere il mondo dell’università, delle varie discipline e delle imprese. Ascoltiamo ancora il ministro Giannini:

    R. – Si andrà sempre più, credo, motivatamente, a livello europeo, verso la creazione di queste aggregazioni, che sono infrastrutturali e che significano masse critiche su temi strategici. Allora, in una dimensione europea, non è che ogni Paese debba avere la sua agenzia, ma bisogna creare, dare contributo vitale allo sviluppo di nodi infrastrutturali, che si occupino di ambiente, si occupino di sincrotroni, si occupino di biologia marina. E allora per fare questo è molto più utile avere dei filoni razionali tematicamente orientati.

    E un punto di partenza potrebbe essere rappresentato proprio dalla Biennale della ricerca. Ma di cosa si tratta? Mario Alì, direttore generale per l’internazionalizzazione della ricerca del MIUR:

    R. – Abbiamo detto Biennale della Ricerca per tentare di creare un link tra tutti gli attori della ricerca, pubblici e privati, perché le sfide dell’Europa si vincono se ricercatori, università, imprese, fondazioni e regioni si mettono insieme a lavorare su grandi progetti di ricerca. La rete deve essere attivata, secondo me, attraverso delle road-map tematiche importanti, che facciano il punto dei nostri punti di forza sul sistema-Paese”.

    E quindi la ricerca diventa anche un volano per superare la crisi e aiutare i giovani a costruire il proprio futuro. Ascoltiamo ancora Mario Alì:

    R. – Esiste ormai un teorema che parte dalla ricerca, dall’alta formazione, passa attraverso l’innovazione, passa attraverso lo sviluppo, la crescita e quindi l’occupazione. Ossia: ricerca uguale occupazione. Che cosa è avvenuto nel nostro Paese? Non si è puntato, negli ultimi 20 anni, su questa crescita di tipo qualitativo e non c’è stata occupazione! Bisognerebbe che il tema della ricerca e della crescita qualitativa diventi come la sicurezza di un Paese, un tema centrale per il governo che deve capire che la crescita di un Paese avviene soltanto facendo crescere la consapevolezza nei propri giovani della qualità”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Salone del Libro di Torino: confronto internazionale sull'editoria religiosa

    ◊   Il mercato del libro religioso in Italia conta 13,5 milioni di copie vendute e un fatturato attorno a 96 milioni di euro. Nei primi dodici mesi di pontificato di Papa Francesco sono stati pubblicati nel nostro Paese 111 titoli da lui scritti e 139 a lui dedicati, per un totale di 250 volumi in un anno, che fanno parlare di un vero “caso-Francesco”. Lo scorso anno 954 editori, dei quali 650 laici, hanno pubblicato almeno un titolo di argomento religioso, per un totale di 5mila titoli, pari a quasi il 10 per cento della produzione globale di libri in Italia. Sono alcuni dei dati presentati nel corso del Confronto internazionale sull’Editoria religiosa, che si è svolto questa mattina presso il Salone del Libro di Torino, su iniziativa della Libreria Editrice Vaticana e dell’Unione Editori e Librai Cattolici Italiani (Uelci), in una sala limitrofa allo stand della Santa Sede.

    I lavori sono stati moderati da Giuliano Vigini, saggista e studioso di letteratura religiosa, docente di Sociologia dell’editoria contemporanea presso l’Università Cattolica di Milano, il quale ha subito evidenziato che “l’editoria d’ispirazione religiosa rappresenta una parte cospicua dell’editoria mondiale, sia in termini di produzione che di fatturato” e come negli ultimi anni sia “andato crescendo in tutto il mondo l’interesse per l’opera di Benedetto XVI e oggi quello per Papa Francesco, con fenomeni di produzione e vendita paragonabili a un vero e proprio tsunami editoriale, che ha molto contribuito a risollevare le sorti di non poche case editrici”. Quattro diverse relazioni hanno quindi illustrato la situazione dell’editoria religiosa in diversi Paesi: Italia, Stati Uniti, Germania e Portogallo. La condizione dell’Italia è stata illustrata da Giovanni Cappelletto, presidente del Centro Ambrosiano e dell’Uelci, secondo il quale “il libro religioso si scrolla di dosso quella definizione ‘di nicchia’ che lo ha sempre accompagnato nel corso del tempo, ricavandosi uno spazio grazie al diffondersi dell’interesse sulle tematiche trattate all’interno di una società sempre più secolarizzata”. “La presenza degli editori laici – ha aggiunto – si è ormai diffusa in tutti i settori religiosi”, e l’incremento di titoli religiosi nella produzione degli editori di varia “è passato dall’1,5% della produzione del mercato nel 2009 al 4,5% nel 2012, con previsioni di crescita che potrebbero raggiungere il 7/8% nel giro di qualche anno”.

    Negli Stati Uniti, ha sostenuto Gregory Erlandson, presidente ed editore di Our Sunday Visitor, quello cattolico “è un mercato difficile, perché è frammentato a causa di divisioni demografiche, politiche e culturali, e l’impatto di queste divisioni mostra come l’editoria cattolica debba rivolgersi a un pubblico estremamente ampio e indifferenziato”. Si mantiene vivo l’interesse per la tradizione cattolica (devozioni, vite dei santi, Catechismo, ecc.), ma al contempo l’“effetto Francesco” determina un ritorno di attenzione per i temi della giustizia sociale. In Germania, informa Albrecht Weiland, presidente e direttore della casa editrice “Verlag Schnell und Steiner GmbH” di Regensburg, “il 5,9 per cento della produzione totale, equivalente a circa 5mila titoli, riguarda il settore della religione”, in quanto “i lettori (credenti e non) mostrano uno spiccato interesse nei confronti di testi sulle religioni. Henrique Mota, presidente dell’Editrice Principia, si è soffermato infine sullo stato dell’editoria religiosa in Portogallo, dove quelli religiosi “costituiscono il 2,6 per cento del totale dei libri pubblicati nel Paese”. (A cura di Luca Caruso)

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    Pakistan: leader cristiani e musulmani condannano l’assassinio di Rashid Rehman

    ◊   Attivisti cristiani e musulmani, politici e membri della società civile pakistana osservano un venerdì di lutto e preghiera per onorare la memoria di Rashid Rehman, avvocato anti-blasfemia, ucciso da un commando estremista la sera del 7 maggio scorso. Coordinatore della Commissione per i diritti umani del Pakistan (Hrcp), egli era una figura di punta nell'attivismo e nella lotta per la libertà nel Paese asiatico; da tempo nel mirino del fondamentalismo islamico, è stato ucciso dentro il suo ufficio a Multan, città nella provincia del Punjab. Più volte in passato aveva denunciato a magistratura e istituzioni le minacce ricevute dalle frange islamiste, ma le forze di polizia non si sono mai occupate nel concreto della sua sicurezza.

    Il fascicolo di inchiesta relativo all'assassinio di Rashid Rehman, durante il quale sono rimaste ferite altre due persone - riferisce l'agenzia AsiaNews - non menziona minacce e attacchi ricevuti in passato da gruppi estremisti; tuttavia, era nota da tempo la sua presenza del suo nominativo nella lista nera dei movimenti estremisti, banditi dal governo.

    Attivisti e società civile chiedono l'arresto dei colpevoli; l'Ordine degli avvocati del Multan ha già annunciato l'intenzione di boicottare le udienze in aula per protesta. Quello di Rehman non è certo il primo caso di omicidio ai danni di un legale (di un giudice, di un attivista) in Pakistan, in particolare fra quanti lottano per difendere le vittime delle leggi sulla blasfemia accusate ingiustamente. E nessuno è mai stato arrestato e punito per le proprie azioni.

    Esponenti della Chiesa cattolica a Lahore hanno condannato l'assassinio e si uniscono alle associazioni attiviste nella giornata di lutto e preghiera. Padre Anwar John, dei missionari Oblati di Maria Immacolata, sottolinea che "la violenza a sfondo confessionale ha reclamato un'altra vittima". Il sacerdote aggiunge che Rashid Rehman era una persona "coraggiosa", che si è spesa in prima persona "per difendere gente accusata in modo ingiusto". Incidenti di questo tipo "sono destinati ad aumentare", dopo gli omicidi eccellenti del passato che hanno riguardato il governatore del Punjab Salman Taseer e il ministro cattolico per le Minoranze Shahbaz Bhatti.

    Mualana Tahir Ashrafi, leader musulmano e presidente del Consiglio degli Ulema, condanna anch'egli l'omicidio: "La sua sola colpa - afferma - è di aver difeso una persona accusata di blasfemia, ma è compito dei giudici stabilire se qualcuno è colpevole o meno, nessuno ha il diritto di bollare un altro come criminale". Egli parla di "atto barbaro" e vuole mandare "un messaggio chiaro a quanti pensano di difendere essere i baluardi della religione... non riuscirete a instillare la paura nei cuore di uomini coraggiosi che si battono a difesa degli innocenti". (R.P.)

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    Centrafrica. Appello dei vescovi: la crisi uccide ogni giorno

    ◊   “La legge è ormai nelle mani dei gruppi armati illegali” e “la vita e la dignità umana non hanno più valore”: lo scrivono i vescovi della Repubblica Centrafricana, rivolgendo un drammatico appello alle autorità di transizione di Bangui e alle potenze mondiali, accusate di non assumersi appieno le proprie responsabilità.

    “Mentre il governo e le forze internazionali autorizzate dall’Onu si rilanciano la palla tra loro – si legge in un messaggio della Conferenza episcopale – il popolo continua a morire ogni giorno sotto i colpi dei boia”. I vescovi - riferisce l'agenzia Misna - sottolineano che la crisi cominciata con l’avanzata dei ribelli della Seleka nel dicembre 2012, e acuitasi nei mesi scorsi con la formazione delle milizie ‘Anti-Balaka’, ha raggiunto il suo acme “con una recrudescenza di attività militari e di abusi ai danni della popolazione civile nelle regioni occidentali e nord-orientali della Repubblica Centrafricana”.

    Nel messaggio si chiedono interventi urgenti in materia di sicurezza, protezione dei cittadini, aiuti agli sfollati e difesa delle risorse naturali. “Gli assassinii e gli abusi sono compiuti nella totale impunità”, scrivono i vescovi, aggiungendo: “La Repubblica Centrafricana è divenuta una grande prigione a cielo aperto dove la libertà di movimento è negata, proprio come la libertà di parola”.

    Nel documento si sottolinea che i gruppi armati, dalla Seleka agli Anti-Balaka e all’Esercito di resistenza del Signore (Lra), continuano a minacciare e uccidere. In qualche caso raggruppandosi, nonostante l’approvazione di risoluzioni dell’Onu che disciplinano l’intervento delle forze internazionali. In questo contesto, sottolineano i vescovi, continuano ad aggravarsi le condizioni di vita di circa 838.000 sfollati interni, mentre i centrafricani fuggiti oltreconfine sono ormai più di 245.000.

    La parte finale del messaggio è dedicata al saccheggio e al contrabbando delle risorse nazionali da parte degli stessi protagonisti del conflitto. “Nonostante l’esclusione della Repubblica Centrafricana dal Processo di Kimberley – denunciano i vescovi – i diamanti continuano a raggiungere i mercati internazionali attraverso i Paesi vicini. E come altre risorse minerarie alimentano il conflitto e fanno sì che sia versato sangue innocente”. (R.P.)

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    Al via il vertice Asean: sul tavolo le tensioni nel mar Cinese meridionale

    ◊   Il vertice Asean è il teatro scelto da Hanoi e Manila per sollevere la questione delle recenti azioni "provocatorie" di Pechino nel mar Cinese meridionale, tra cui lo scontro tra navi armate cinesi e vietnamite nei pressi delle Isole Paracels, contese dai due Paesi. A Naypyidaw, in Myanmar, si è aperta la 24ma Assemblea plenaria dell'Associazione che riunisce 10 nazioni del Sud-est asiatico (Asean) e, oltre alla questione della minoranza musulmana Rohingya nella ex Birmania, a tenere banco sarà proprio la controversia nei mari dell'Asia-Pacifico. Diplomatici di Vietnam e Filippine - riporta l'agenzia AsiaNews - affermano che le rivendicazioni della Cina nelle acque contese violano la Dichiarazione di Condotta sottoscritta da tutte le parti in causa nel 2002.

    Ad innalzare il livello di tensione, la mossa di Pechino che ha piazzato una piattaforma per l'estrazione al largo delle Paracel, in un'area considerata (entro le 200 miglia nautiche) considerata Zona economica esclusiva di Hanoi. Sul versante filippino, la tensione con Pechino ruota attorno alla costante presenza di navi armate cinesi nei pressi delle Second Thomas Shoal e l'aumento delle attività di bracconaggio all'interno della zona esclusiva di Manila.

    Di contro, la Cina punta il dito contro il Vietnam presunto responsabile delle recenti tensioni nei mari; le navi di Hanoi, secondo Pechino, sono andate a sbattere in modo deliberato contro imbarcazioni cinesi, per interrompere le operazioni di esplorazione. I governi dei Paesi Asean non nascondono la loro preoccupazione e invitano tutte le parti in causa a mostrare "auto-controllo", evitando azioni che possano portare a un ulteriore innalzamento del livello di scontro. Nel corso della riunione, il presidente filippino Benigno Aquino III dovrebbe infine informare gli altri Paesi dei progressi nella causa intentata da Manila contro Pechino, al tribunale internazionale Onu.

    Da tempo Vietnam e Filippine manifestano crescente preoccupazione per "l'imperialismo" di Pechino nei mari meridionale e orientale; il governo cinese rivendica una fetta consistente di oceano, che comprende isole contese - e la sovranità delle Spratly e delle isole Paracel - da Vietnam, Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia (quasi l'85% dei territori). Negli ultimi mesi la Cina ha promosso iniziative di natura politica, economica e diplomatica per impedire il regolare svolgimento della pesca o della navigazione alle imbarcazioni straniere nelle acque contese. A sostenere le rivendicazioni dei Paesi del Sud-est asiatico vi sono anche gli Stati Uniti, che a più riprese hanno giudicato "illegale" e "irrazionale" la cosiddetta "lingua di bue", usata da Pechino per marcare il territorio. (R.P.)

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    Sudan: chiusa la scuola dei Comboniani a Omdurman

    ◊   Le autorità dello Stato hanno deciso di chiudere la scuola primaria comboniana del sotto distretto 41 di Umbadda, nella città di Omdurman, che era stata aperta nella parte meridionale del sottodistretto nel 1981 e trasferita nell’attuale località nel 1995. Secondo Radio Dabanga, membri del Consiglio scolastico dei genitori hanno inoltrato al governo locale la richiesta di annullare la decisione, non solo perché il livello di insegnamento delle sovraffollate scuole pubbliche è molto basso, ma anche perché non prevedono alcun corso di formazione cristiana. Il Governo non ha ancora risposto all’appello. La scuola ospita 470 studenti, con 16 insegnanti, tutti provenienti dalla zona di guerra dei Monti Nuba nel Kordofan del sud. (R.P.)

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    Terra Santa: processione di Nostra Signora del Carmelo dopo gli attacchi ai cristiani

    ◊   Si svolgerà nel pomeriggio di domenica 11 maggio la tradizionale processione in onore di Nostra Signora del Monte Carmelo, popolarmente chiamata Taalat al-Adra, la Salita della Vergine. Lungo il percorso di due chilometri e mezzo, che si snoda dalla parrocchia latina di Haifa fino al monastero carmelitano Stella Maris, preceduti da squadre di scout provenienti da tutto il Paese, fedeli di tutti i riti cammineranno recitando preghiere e cantando inni alla Madonna, seguendo il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal. Ma quest'anno - riferisce l'agenzia Fides - l'atto pubblico di devozione alla Vergine Maria avrà una connotazione particolare, a causa delle minacce e degli attacchi a chiese e figure cristiane che in queste ultime settimane si sono intensificati anche in Galilea.

    "Alla fine di aprile - ricorda alla Fides il carmelitano padre Mikhael Abdo Abdo, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Terra Santa e organizzatore della processione – ci sono stati atti di vandalismo e intimidazioni contro i cristiani. Il vescovo Giacinto Boulos Marcuzzo ha ricevuto una lettera minatoria firmata da un rabbino della regione, in cui ai cristiani, definiti ‘idolatri’ e ‘stranieri’ veniva intimato di lasciare il Paese entro i primi giorni di maggio, minacciando stragi e violenze”.

    Gli attacchi di fine aprile si inquadrano nella campagna intimidatoria contro cristiani e musulmani in atto dal febbraio 2012 ad opera di frange oltranziste del movimento dei Coloni ebrei. “Tra l'altro - fa notare padre Abdo - nella lettera il rabbino specificava che i protestanti e gli anglicani possono rimanere. Segno che c'è una strategia per dividere tra loro i cristiani e, più in generale, gli arabi. E' la stessa strategia che si ritrova nelle pressioni operate da ambienti politici per estendere il servizio militare obbligatorio ai cristiani arabi presenti in Israele”.

    I recenti fatti di violenza e intimidazione saranno al centro di una conferenza stampa organizzata a Haifa prima dell’inizio della processione, che vedrà la partecipazione del patriarca Twal. La “salita della Vergine” è un gesto di devozione popolare che ha profonde radici nel vissuto dei cristiani di Terra Santa. “Ai tempi della Prima Guerra mondiale - spiega a Fides padre Abdo - i turchi avevano dato ai padri carmelitani tre ore di tempo per lasciare il monastero sul Monte Carmelo. Loro erano andati via portando con sè solo qualche documento d'archivio e la statua della Madonna.

    Dopo la guerra, nel 1919, ci fu la prima processione per riportare la statua della Vergine al monastero, che fu vissuta anche come atto di ringraziamento. Negli ultimi anni alla processione erano presenti più di 20mila persone, compresi ebrei e musulmani. In passato la moltitudine dei devoti era anche più numerosa, ma ora i blocchi e i limiti messi alla libertà di movimento rendono impossibile la partecipazione di quelli che venivano dal Libano e dai territori palestinesi”. (R.P.)

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    Australia: per l'emergenza profughi i vescovi chiedono il rispetto dei diritti umani

    ◊   L’Ufficio della Conferenza episcopale australiana per i migranti e i rifugiati (Acmro) ha espresso la propria costernazione alle autorità, sulla possibilità di reinsediare rifugiati provenienti da diversi Paesi asiatici in Cambogia, secondo una recente proposta del governo di Sydney a Phnom Penh.

    “Lo scopo delle politiche di reinsediamento è di integrare i rifugiati in fuga dalla povertà e dall’oppressione in una comunità che fornirca loro opportunità economiche e sociali, nonché la pace e la sicurezza. Se il governo australiano è seriamente intenzionato a espandere le opportunità di reinsediamento nella regione dell’Asia, i negoziati dovrebbero cominciare con nazioni che hanno le risorse per sostenere i rifugiati, come Singapore, Giappone e Corea” ha dichiarato mons. Gerard Hanna, delegato per i Migranti e i rifugiati della Chiesa australiana.

    L’intervento di mons. Gerard - riferisce l'agenzia Misna - è stato fatto durante la presentazione di un comunicato ufficiale, rivolto al governo australiano e a tutta la popolazione dell’isola, avvenuto durante l’Assemblea generale dei vescovi cattolici dell’Australia, in corso in questi giorni a Sydney. I presuli hanno discusso vari problemi del Paese, tra cui la politica nei confronti delle migliaia di profughi che cercano di raggiungere l’Australia per chiedere asilo politico.

    Nel comunicato i vescovi dicono di essere intervenuti presso il governo, nel tentativo di rendere le politiche nei confronti dei profughi più rispettose della dignità umana e dei diritti umani fondamentali, oggi “gravemente violati”.

    Chi abita in un’isola, come gli australiani, ha spesso un senso di distanza "dall’altro o dall’estraneo” – ed è così che vengono definiti i richiedenti asilo. Essi sono “l’altro” o “l’estraneo” pericoloso, da temere e al quale resistere perché, presumibilmente, essi violano i nostri confini… La politica può ottenere il consenso solo se i richiedenti asilo sono tenuti senza volto e senza nome. Si basa su un processo di de-umanizzazione. Tale politica sarebbe stata ampiamente respinta se i volti e i nomi fossero stati resi noti. Noi vescovi abbiamo visto i loro volti, conosciamo i loro nomi; e abbiamo sentito le loro storie. Ecco perché diciamo ora basta con questa crudeltà istituzionalizzata”.

    “Ci uniamo – si legge nel comunicato della Conferenza episcopale - con i vescovi cattolici di Papua Nuova Guinea che hanno espresso la loro forte opposizione all’uso di Manus Island per la detenzione. Essi hanno chiesto all’Australia di trovare una soluzione più umana per le persone in cerca di asilo. Noi non accettiamo la necessità di tenerli ‘al largo’ e, anche se questa scelta continuasse, sicuramente non necessita di tale durezza”.

    “I vescovi dell’Australia – si legge ancora nel testo – chiedono ai parlamentari di tutti i partiti di abbandonare queste politiche, che sono una vergogna per l’Australia, e di far propria una compassione capace di coniugare la necessità umana e le pressioni elettorali. A tutta la nazione essi chiedono di dire no alle forze oscure, che rendono queste politiche possibili. E’ giunto il momento di esaminare la nostra coscienza e poi, agire diversamente”. (R.P.)

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    Sacerdote vietnamita nella lista dei "100 eroi" dell’informazione

    ◊   Il sacerdote Redentorista vietnamita padre Anton Ngoc Than è stato inserito nella lista dei “100 eroi dell’informazione” stilata dall’organizzazione “Reporter Senza Frontiere” in occasione della Giornata mondiale per la libertà di stampa, celebrata il 3 maggio. Come appreso da Fides, Il sacerdote è stato riconosciuto e apprezzato come giornalista e blogger per il coraggioso lavoro che aiuta la promozione della la libertà di “cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”, come recita l’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani.

    Anton Ngoc Than è impegnato in “Vietnam Redemptorist News”, servizio di l’informazione cattolica, in cui lavora fin dal 1990. Questo impegno gli ha procurato diversi problemi con le autorità vietnamite. Nel 2012 è stato arrestato nei pressi di Bac Lieu, nel sud del Paese, dove una donna si era data fuoco per protestare contro l’arresto e il processo a carico di sua figlia, la “blogger” Ta Phon Tan. E’ stato arrestato nuovamente nel 2013 durante una manifestazione in favore del “blogger” ed attivista Dinh Nhat Uy, condannato per aver organizzato una protesta per il rilascio del suo fratello minore, detenuto inguistamente. Il redentorista è sotto costante sorveglianza della polizia ed gli viene impedito, con frequenza, di occuparsi e di pubblicizzare gli abusi sui diritti umani di cui egli stesso è stato testimone.

    Con la Giornata per la libertà di stampa, Reporter Senza Frontiere riconosce un tributo al coraggio di giornalisti e “blogger” che “costantemente sacrificano la loro sicurezza e qualche volta le loro vite per la loro vocazione”, ha detto Christophe Deloire, Segretario generale dell’organizzazione. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 129

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