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Sommario del 07/05/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza generale. Il Papa: con il dono del consiglio Dio ci illumina la vita
  • Il Papa: "No ad ogni tipo di droga!". Domani Supplica Pompei: Maria interceda per la pace nel mondo
  • Mons. Tomasi all'Onu: Chiesa sul fronte contro abusi, 848 sacerdoti ridotti allo stato laicale in 10 anni
  • Messa del card. Parolin in occasione del giuramento delle Guardie Svizzere
  • Simposio in Vaticano. Mons. Sorondo: sensibilizzare opinione pubblica ai cambiamenti climatici
  • Torino. Al via il Salone del Libro, Santa Sede ospite d'onore. Mons. Iacobone: presenza significativa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nigeria. Mons. Kaigama: rapitori di ragazze sono "belve", governo agisca
  • Siria: iniziato ritiro ribelli da Homs, dopo accordo con Damasco
  • Thailandia. La premier Shinawatra destituita per abuso di potere
  • Si vota in Sudafrica, favorito l’African National Congress
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Ucraina: appello di ortodossi e greco-cattolici per la pace nel Paese ed elezioni trasparenti
  • Ucraina: l'aiuto di Villaggio Sos alle famiglie di Lugansk rimaste senza cibo
  • Sudafrica. Il card. Napier: "No al ritorno della discriminazione razziale"
  • Sri Lanka: appello del vescovo di Jaffna alla riconciliazione
  • Pakistan: leader musulmani ricordano ed apprezzano San Giovanni Paolo II
  • Indonesia. West Sumatra: incendio doloso contro una chiesa cattolica
  • I vescovi argentini chiedono azioni decise contro i narcos
  • Cile: il calo delle vocazioni al centro dell'Assemblea dei vescovi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza generale. Il Papa: con il dono del consiglio Dio ci illumina la vita

    ◊   La catechesi sul “consiglio”, uno dei sette doni dello Spirito Santo, ha caratterizzato l’udienza generale di Papa Francesco, tenuta questa mattina in Piazza San Pietro davanti a oltre 50 mila persone. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Quando la vita infila un tunnel buio, un buon consiglio che possa riportare un po’ di luce vale oro. Allora non ha prezzo la possibilità che a indicarci la giusta strada sia Dio stesso e questo – spiega Papa Francesco – avviene se si chiede a Dio un preciso dono dello Spirito, quello del “consiglio”:

    “È il dono con cui lo Spirito Santo rende capace la nostra coscienza di fare una scelta concreta in comunione con Dio, secondo la logica di Gesù e del suo Vangelo. In questo modo, lo Spirito ci fa crescere interiormente, ci fa crescere positivamente, ci fa crescere nella comunità e ci aiuta a non cadere in balia dell’egoismo e del proprio modo di vedere le cose”.

    La chiave che apre la porta del consiglio di Dio è una e una sola. Papa Francesco la definisce “condizione essenziale” per “conservare” questo dono ed è la preghiera. La preghiera che abbiamo imparato da bambini, dice, e quella che scaturisce spontanea dal cuore nella quotidianità più normale:

    “Con la preghiera facciamo spazio perché lo Spirito venga e ci aiuti in quel momento, ci consigli su quello che tutti noi dobbiamo fare. La preghiera! Mai dimenticare la preghiera, mai! Nessuno, nessuno se ne accorge quando noi preghiamo nel bus, sulla strada: preghiamo in silenzio, col cuore, approfittiamo di questi momenti per pregare. Pregare perché lo Spirito ci dia questo dono del consiglio”.

    Pregare, prosegue Papa Francesco, è come regolare una “sintonia profonda, quasi connaturale” con lo Spirito Santo. Ma Dio “non ci parla soltanto nell’intimità del cuore”, e dunque il dono del consiglio, afferma, non va inteso solo in ottica personale perché “costituisce un tesoro” anche “per tutta la comunità cristiana”. E a riprova di questo, il Papa rievoca un episodio accadutogli anni fa mentre si trovava nel Santuario della Madonna di Lujan. Un ragazzo gli confida in confessione di avere un problema grande e di aver seguito, per risolverlo, il suggerimento della madre:

    “Ecco una donna che aveva il dono del consiglio. Non sapeva come uscire dal problema del figlio, ma ha indicato la strada giusta: 'Vai dalla Madonna e lei ti dirà'. (...) Questo è il dono del consiglio. Quella donna umile, semplice, ha dato al figlio il consiglio più vero. Infatti questo ragazzo mi ha detto: 'Ho guardato la Madonna e ho sentito che devo fare questo, questo e questo...'. Io non ho dovuto parlare, avevano già detto tutto la sua mamma e il ragazzo stesso. Questo è il dono del consiglio. Voi mamme che avete questo dono, chiedetelo per i vostri figli, Il dono di consigliare i figli è un dono di Dio”.

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    Il Papa: "No ad ogni tipo di droga!". Domani Supplica Pompei: Maria interceda per la pace nel mondo

    ◊   Al termine dell’udienza generale, Papa Francesco ha salutato i pellegrini presenti, lanciando, tra l’altro, anche un forte appello contro la droga. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Tra i tanti pellegrini presenti in Piazza San Pietro, c’erano anche i familiari dei ragazzi della comunità di recupero di San Patrignano, “ai quali – ha detto il Papa - mi unisco nel dire no ad ogni tipo di droga”:

    “E questo forse farà bene dirlo a tutti, semplicemente: no a ogni tipo di droga! Forte!”.

    All’udienza ha partecipato anche un gruppo di detenuti di Viterbo dell’Istituto di pena “Mammagialla”, che il Papa ha salutato con affetto. I detenuti, una ventina circa, erano accompagnati dalla direttrice dell’Istituto, Teresa Mascolo, il comandante degli Agenti di Polizia Penitenziaria, Daniele Bologna, il cappellano, padre Antonio Bagnulo, 15 agenti, 4 educatori e suor Rita Del Grosso, religiosa canossiana e volontaria nel carcere viterbese. Al Papa è stato donato un dipinto con il suo ritratto, opera di uno degli ospiti della Casa circondariale, presente in Piazza, di origine ucraina.

    Il Papa ha poi rivolto il suo pensiero anche ai volontari della Croce Rossa a 150 anni dalla fondazione e all’Opera Don Guanella di Napoli nel cinquantesimo anniversario. Quindi ha salutato il Gruppo Confcommercio Ascom di Padova, incoraggiandoli “in questo momento di difficoltà economica”:

    “Che la difficoltà economica non ci tolga la vita!”.

    “La visita alle Tombe degli Apostoli – ha affermato - accresca in tutti la gioia pasquale della Risurrezione che si manifesta anche in concrete opere di carità”.

    Infine, ha ricordato che domani la Chiesa eleva la preghiera della “Supplica” alla Madonna del Rosario di Pompei, dove si recherà il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin:

    “Invito tutti ad invocare l’intercessione di Maria, affinché il Signore conceda misericordia e pace alla Chiesa e al mondo intero. Affido in particolare alla nostra Madre i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli che oggi sono qui presenti, ed esorto tutti a valorizzare in questo mese di maggio la preghiera del santo Rosario”.

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    Mons. Tomasi all'Onu: Chiesa sul fronte contro abusi, 848 sacerdoti ridotti allo stato laicale in 10 anni

    ◊   Un dialogo costruttivo in cui si sono potute fare precisazioni importanti: così mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso gli Uffici Onu a Ginevra, definisce il suo intervento (martedì pomeriggio) in occasione del 52.mo Comitato delle Nazioni Unite sulla Convenzione contro la tortura (CAT), in corso a Ginevra. Mons. Tomasi ha risposto a diverse questioni, dopo il rapporto presentato lunedì in cui aveva ribadito l’impegno della Santa Sede a combattere la tortura e a difendere i diritti inviolabili della persona umana. Fausta Speranza ha parlato con mons. Tomasi del suo intervento:

    R. – Direi che il punto più importante da fare entrare nella convinzione degli esperti è che la Chiesa – da una parte la Santa Sede, nel suo campo, e le Conferenze episcopali e la Chiesa in generale – da 10 anni è sul fronte per combattere contro ogni abuso sessuale sui minori, per prevenire questo crimine, per aiutare le vittime e per punire anche chi è colpevole. Quindi, non vogliamo che rimanga fossilizzata la percezione che la Chiesa non abbia fatto abbastanza o che la Chiesa abbia cercato di evitare o che stia ancora evitando di affrontare il problema: per questo è stato necessario portare anche dati precisi che mostrano anche come l’attività, per esempio, della Congregazione per la Dottrina della fede, che dal 2004 alla fine del 2013, ha ridotto allo stato laicale 848 sacerdoti, quanto sia seria la volontà di porre fine a questo crimine e di prevenire, di fare il possibile per prevenirlo.

    D. – Si parlava di interpretazione della Convenzione sulla tortura e si è parlato di abusi sessuali: non c’è rischio di banalizzare due tematiche così importanti, mettendole insieme?

    R. – Con tutta la buona volontà di voler focalizzare la discussione sull’aspetto giuridico della Convenzione contro la tortura, la sua applicabilità sul territorio dello Stato della Città del Vaticano, e di distinguere le responsabilità giuridiche da quelle pastorali, l’attesa, l’aspettativa e il modo di affrontare la questione da parte degli esperti è stato inevitabilmente quello del piano della pedofilia. Quindi, era in qualche modo previsto che questo tema – che è legato all’interpretazione della tortura e del trattamento inumano, che è parte della Convenzione contro la tortura – entrasse nel dibattito.

    D. – Ma c’è il rischio di una interpretazione non precisa o comunque un po’ fuorviante della Convenzione sulla tortura?

    R. – Il pericolo certamente c’è. Cioè, non tutte le attività di abuso sessuale sono “tortura”, però c’è la Convenzione, all’art. 16, che dice chiaramente che il trattamento inumano e umiliante ricade sotto questa Convenzione. E' quindi legittimo, da una parte, che gli esperti toccassero questo tema, e, dall’altra, bisogna insistere sul fatto che si debba rimanere all’interno dell’interpretazione del testo secondo la Convenzione di Vienna sui Trattati, e cioè di non aggiungere crimini nuovi che non siano elencati nella Convenzione stessa, e di fare in modo che la chiarezza di distinzione tra la Convenzione dei diritti del fanciullo, per esempio, e questa, rimangano in piedi. Del resto, tutti i chierici vengono considerati come responsabili, legati alla giurisdizione della Santa Sede, anche se questa influenza della Santa Sede sul clero in Paesi come Stati Uniti o Italia o Irlanda non è legale, perché solo lo Stato in cui questi vivono può perseguire e portare in tribunale colpevoli di crimini contro i minori; nonostante tutto questo, io penso che si debba accettare un po’ la questione per come è stata posta.

    D. – Venerdì Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, sarà dal Papa. Assume un particolare significato, anche a livello mediatico, questa visita dopo il dibattito di questi giorni?

    R. – E’ probabile che i mezzi di comunicazione leghino questi due eventi. Però, alla radice c’è – mi pare – la volontà della Santa Sede e della Chiesa, come dice il Vaticano II nella “Gaudium et Spes”, di essere protagonisti, di essere attori, persone e istituzioni presenti nel contesto internazionale, per poter avocare, per poter promuovere il bene comune. E da questo punto di vista, la visita di Ban Ki-moon in Vaticano, con i capi, i direttori generali di alcune delle agenzie delle Nazioni Unite che sono qui a Ginevra, è parte di questa storia e di questo stile di presenza della Chiesa nella comunità, nell’arena internazionale. Questa presenza è legata alla sua missione: di evangelizzare e di costruire una famiglia umana unita, rispettosa della dignità di ogni persona.

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    Messa del card. Parolin in occasione del giuramento delle Guardie Svizzere

    ◊   Il cardinale segretario Stato, Pietro Parolin, ha presieduto ieri nella Basilica di San Pietro la Santa Messa in occasione del giuramento delle Guardie Svizzere, nel giorno in cui si ricorda il sacrificio delle 147 guardie svizzere che, durante il “sacco” di Roma del 1527, non esitarono ad immolare la loro vita in difesa del Papa.

    “Fare memoria di quel gesto di straordinaria generosità - ha detto il porporato - significa per voi, Corpo della Guardia Svizzera Pontificia attingere al ricco patrimonio di fede e di valori spirituali che hanno segnato la vostra storia. In essa potete ritrovare le sorgenti del vostro peculiare e apprezzato servizio alla Chiesa e al Papa, per essere coraggiosi testimoni di Cristo e del Vangelo nell’ambito del Vaticano e in ogni altro ambiente che frequentate”.

    “Tale testimonianza – ha osservato il cardinale Parolin - può diventare estremamente esigente, arrivando addirittura fino al martirio … Ma la forza che viene da Dio e che è il suo Santo Spirito ci rende capaci di affrontare ogni difficoltà e di non tirarci indietro di fronte ai piccoli e ai grandi sacrifici che la testimonianza comporta”.

    “Pertanto – ha concluso - nell’adesione sincera al Signore e sulla scia di tanti fratelli che vi hanno preceduto, operate con gioia e fiducia, senza lasciarvi turbare da difficoltà e incomprensioni. Sappiate cogliere questo tempo di servizio alla Santa Sede come occasione provvidenziale per crescere nella fede e diventare anche voi, con Gesù, ‘pane buono’ per le persone che incontrate nella vostra attività quotidiana”.

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    Simposio in Vaticano. Mons. Sorondo: sensibilizzare opinione pubblica ai cambiamenti climatici

    ◊   Sensibilizzare la politica e l’opinione pubblica allo sviluppo sostenibile: è l’esortazione emersa dal Convegno organizzato in Vaticano dalla Pontificia Accademia delle Scienze. Scienziati provenienti da prestigiose università internazionali hanno sottolineato i rischi del crescente surriscaldamento terrestre. A concludere i lavori del simposio, ieri, il cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, mons. Marcelo Sánchez Sorondo. Elvira Ragosta lo ha intervistato:

    R. - C’è un cambiamento climatico che dipende dall’attività umana. Questa è una cosa che molti non vogliono accettare. L’Accademia delle Scienze ha studiato questi problemi, con un’equipe molto buona, composta da tre premi Nobel: Crutzen, Molina e Ramanathan. A questa loro posizione hanno pian piano aderito i fisici, i biologi e alla fine gli economisti. Ormai quindi si può dire che sia una opinione condivisa. Il problema più serio è che le conseguenze di questo cambiamento climatico, che è il riscaldamento, sono sofferte da tre miliardi di uomini, praticamente la metà dell’umanità, che non ha il petrolio e che non gode nemmeno dei vantaggi che dà il petrolio.

    D. - Per lo sfruttamento della natura di poche persone, il tasso d’interesse lo pagano poi gli altri…

    R. - Lo paga la maggioranza. Quei pochi ricchi si difendono e non invece quelli davvero poveri.

    D. - Come si sensibilizza l’umanità nella salvaguardia del Creato?

    R. - La prima cosa è che l’umanità sia consapevole del problema. Il grande sforzo, quindi - e a questo serve anche il Meeting - è che l’opinione pubblica capisca. Naturalmente l’opinione pubblica ha tanti problemi - il problema economico, quello della mancanza di lavoro e così via - e non vede i problemi di fondo, avendone di più immediati. Che la gente, però, grazie ai media capisca che questo è realmente un problema fondamentale, visto che vi si gioca il futuro della nostra solidarietà con le generazioni future. E la gente comincia a percepirlo, essendo la prima naturalmente a soffrire di questi cambiamenti climatici.

    D. - Si parla di una possibile Enciclica sull’argomento della salvaguardia del Creato...

    R. - Beh, io ho sentito il dialogo che ha avuto il Papa con i due organizzatori. Uno gli ha detto che il problema era serio - molto semplicemente - e che i più poveri del mondo ne soffrivano le conseguenze. L’altro gli ha detto che oggi non si poteva avere una soluzione a questo senza un’unione dell’umanesimo con le scienze della natura. Il Papa naturalmente ne era del tutto consapevole, gli ha detto che avrebbe pregato, essendo appunto consapevole del problema. Ancora veramente non c’è nulla di ufficiale. Forse la farà, essendo quello del Creato un tema fondamentale.

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    Torino. Al via il Salone del Libro, Santa Sede ospite d'onore. Mons. Iacobone: presenza significativa

    ◊   Si apre questa sera a Torino, presso l’Auditorium Giovanni Agnelli-Lingotto, la 27.ma edizione del Salone Internazionale del Libro, con la Santa Sede per la prima volta “ospite d’onore”. Presente all’appuntamento anche mons. Pasquale Iacobone, del Pontificio Consiglio della Cultura. La nostra inviata Laura De Luca lo ha intervistato:

    R. – Abbiamo voluto che la Santa Sede fosse presente con una struttura emblematica: appunto il cupolone di libri; ma un cupolone che riassumesse, in qualche maniera, tutta la ricchezza del patrimonio librario, culturale, artistico della Santa Sede. E dunque, al di là dei libri e delle varie istituzioni presenti, queste opere d’arte che comunque fanno sempre riferimento al libro, alla cultura scritta con opere che vanno dall’epoca paleocristiana fino al contemporaneo. Abbiamo voluto rappresentare un po’ la complessità della Storia della Santa Sede e della Chiesa cattolica, e dei suoi rapporti con il mondo del libro, della cultura, delle arti. Chiaramente, questa impresa va al di là di qualsiasi stand di un salone del libro …

    D. - … è una presenza un po’ atipica, in effetti …

    R. – E’ la prima volta: come c’è stata la prima volta della Biennale di Venezia, così quest’anno è la prima volta al Salone internazionale del Libro dove non una casa editrice, ma la Santa Sede è rappresentata ed è ospite d’onore. Per questo ci tenevamo a dare una presenza quanto mai significativa, e devo dire che i primi riscontri sono assolutamente positivi: mai si sarebbero aspettati una tale imponenza non solo monumentale, ma anche di ricchezza di patrimonio culturale e artistico.

    D. – Questa presenza così autorevole e prestigiosa del Padiglione della Santa Sede, in mezzo ad una mostra che poi è una mostra-mercato, soprattutto, ci porta un po’ in avanti nel tempo e insieme indietro. Voglio dire che sembra di assistere ad un secondo atto di quella funzione di accensione del mondo dell’arte che la Chiesa ha avuto per tanti secoli …

    R. – Credo che il discorso, e quindi la politica culturale di fondo, negli ultimi anni, portata avanti soprattutto dal cardinale Ravasi, sia sempre quello: cioè, riportare la Chiesa non con un aspetto trionfale, ma con un aspetto di vera grandezza e profondità culturale, lì dove si fa cultura: può essere la Biennale di Venezia, può essere il Salone del Libro di Torino, può essere l’Expo … può essere qualsiasi occasione in cui il mondo si confronta con tutte le sue difficoltà, con i suoi contrasti e la sua varietà.

    D. – Che cosa si prepara, per esempio, per Milano?

    R. – Ci sarà un impianto, un padiglione della Santa Sede che farà delle proposte – se vogliamo anche provocatorie – nei confronti del contesto generale dell’Expo: si parla di nutrire il pianeta, e quindi c’è tutto il discorso dell’alimentazione. Ma noi abbiamo scelto come tema: “Non di solo pane …”, perché vogliamo che si discuta non soltanto semplicemente di problemi di alimentazione e quindi di gestione materiale del territorio o dell’ambiente, ma si parli di un’alimentazione che tocchi tutte le dimensioni della persona, a cominciare dal cuore, dall’anima, dall’interiorità …

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il consiglio superiore: all’udienza generale in piazza San Pietro il Pontefice continua la riflessione sui doni dello Spirito Santo.

    Non è mai una soluzione medica: Ferdinando Cancelli riguardo alle linee guida dell'Hastings Center di New York sul fine vita.

    Più popoli, un’unica famiglia: Gabriele F. Bentoglio, sotto-segretario del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, sulla risposte della Chiesa alla sfide delle migrazioni.

    Cosa c’entra la solidarietà con gli affari: intervista di Mario Ponzi al vice presidente dell'accademia dei Lincei, Alberto Quadrio Curzio, in vista del convegno internazionale - da giovedì in Vaticano - della fondazionoe Centesimus annus pro Pontifice.

    Un tempo per accrescere la fede: messa del cardinale segretario di Stato per la Guardia Svizzera Pontificia.

    Ragazze nigeriane senza difesa: nuovi rapimenti di Boko Haram.

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    Oggi in Primo Piano



    Nigeria. Mons. Kaigama: rapitori di ragazze sono "belve", governo agisca

    ◊   Nello Stato nigeriano di Borno, le famiglie vivono nel terrore dopo l’ultimo rapimento, avvenuto ieri, di 11 ragazzine, tra i 12 e i 15 anni, sequestrate dal gruppo di Boko Haram per poi essere ridotte in schiavitù. Nei giorni scorsi, ne erano state catturate oltre 200. "Faremo il possibile per fermarli", ha detto il presidente statunitense, Barack Obama. Pronte ad aiutare la Nigeria si sono dette anche Gran Bretagna e Francia. In molti chiedono al governo centrale di agire al più presto: la polizia ha offerto circa 200 mila euro di ricompensa a chi saprà dare informazioni utili al ritrovamento delle giovani. Stiamo pregando per queste giovani donne - racconta mons. Ignatius Kaigama, presidente della Conferenza episcopale nigeriana, che definisce "belve" i rapitori. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

    R. – E’ una grande tragedia, di immense proporzioni. I nigeriani sono molto infelici e per questo stiamo pregando e chiedendo al governo di fare qualcosa subito per liberare queste ragazze. In questi giorni, le donne hanno manifestato ad Abuja e pure in altre città per chiedere al governo e agli addetti della sicurezza di fare qualcosa rapidamente ed effettivamente. Dobbiamo fare un appello a questo gruppo terroristico, perché non faccia del male a queste ragazze, perché le liberi immediatamente e le restituisca ai loro parenti.

    D. – Questo rapimento rientra nella visione fondamentalista che Boko Haram ha della donna un essere inferiore, tanto che queste ragazze rischiano di essere vendute come schiave sessuali per i matrimoni forzati...

    R. – Fa molta paura pensare a ciò che sta capitando a queste ragazze in questo momento. Forse si trovano dentro la foresta, con queste persone, che per me non hanno niente di umano, che hanno un atteggiamento da belve. Non sappiamo cosa stia accadendo adesso a queste ragazze innocenti. Il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, ha parlato di vendere queste ragazze, di forzarle a sposarsi. Sono ragazze di 12, 15 anni! E’ una tragedia. Non so che tipo di persone possano agire in questa maniera. Dicono di fare la guerra nel nome di Dio, ma non so che tipo di Dio abbiano. E’ una grande tragedia! Noi abbiamo paura che possano ammazzare queste ragazze, far loro del male.

    D. – Lei diceva che bisogna soprattutto chiedere al governo di agire. La Nigeria è un Paese molto grande, enorme. In che modo le forze di sicurezza potranno proteggere la popolazione nigeriana e, secondo lei, come bisogna agire contro Boko Haram, con quali mezzi?

    R. – Devono cercare di usare le informazioni dell’intelligence, che dovrebbero avere. La polizia, i militari, i Servizi segreti hanno il modo di raccogliere informazioni. Quanti anni sono passati senza sapere dove queste persone compiono i loro misfatti? Per esempio, il loro leader parla attraverso Internet, ma non sappiamo dove si trovi. Dove trovano i mezzi poi per fare questa guerra? Da chi ricevono aiuto? Da altri Paesi forse? E come possono fare tutto questo senza far scoprire chi agisce dietro di loro? Questo ci dà molto fastidio. Speriamo che il governo, anche con l’aiuto di altri Paesi, possa fare qualcosa.

    D. – Quindi, secondo lei, così come ha detto Barack Obama, l’aiuto degli Stati Uniti sarebbe importante?

    R. – Molto importante. Stiamo chiedendo a tutti quelli che possono dare un qualsiasi aiuto di fare subito, di non tardare, perché credo che questo gruppo potrebbe fare molto male. Oggi, c’è stato questo attacco nella scuola, ma domani ce ne potrebbe essere uno al mercato e dopodomani forse all’aeroporto. Dobbiamo stare attenti e vigilare, per questo abbiamo bisogno degli aiuti dell’America, dell’Europa, dobbiamo essere equipaggiati e avere agenti di sicurezza addestrati, per riuscire a vincere questa guerra contro Boko Haram.

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    Siria: iniziato ritiro ribelli da Homs, dopo accordo con Damasco

    ◊   È iniziato in Siria il ritiro dei ribelli, che da oltre due anni occupavano la città vecchia di Homs, assediati dalle forze di Damasco. Un’intesa al riguardo era stata siglata nei giorni scorsi dai combattenti e dal regime siriano con l’obiettivo di porre fine all’assedio, mettendo in salvo oltre 2 mila persone, tra combattenti, civili e feriti. In cambio, i ribelli si sono impegnati a rilasciare dei prigionieri libanesi e iraniani detenuti ad Aleppo e a permettere l’accesso di aiuti umanitari in alcuni villaggi sciiti della stessa zona settentrionale, rimasti fedeli al regime. Il ritiro prevede più fasi: stamani sono state evacuate 120 persone a bordo di tre bus. Sull’intesa di Homs, ascoltiamo Massimo Campanini, docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Trento, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – Bisognerà aspettare un po’ di tempo prima di dare un giudizio definitivo. Indubbiamente, questi avvenimenti sembrano testimoniare da una parte che i ribelli sono sulla difensiva e che, quindi, la prospettiva di un rovesciamento di Bashar al Assad attraverso la forza delle armi si allontana nel tempo e nello spazio. Dall’altra parte sembra potersi trarre l’ulteriore conferma del fatto che, in qualche modo, Bashar al Assad ha continuato a godere almeno di una parte di consenso, controlla le forze armate e, quindi, ha in mano gli strumenti per sopravvivere. Del resto, bisognerebbe capire esattamente, quando si parla di ribelli, di chi si parla: il fronte di opposizione ad Assad è molto variegato, ci sono componenti molto diversificate che vanno dai laici ad al Qaeda o ad altre organizzazioni jihadiste. In particolare queste organizzazioni jihadiste non hanno certo interesse ad arrivare ad un’intesa con il regime, perché il loro piano è quello di ‘balcanizzare’ la regione, partendo dal buco nero della Siria, con un effetto potenziale di allargamento che evidentemente serve alla strategia dei gruppi maggiormente estremisti e radicali.

    D. – Homs nei tre anni di conflitto è stata spesso indicata come ‘capitale della rivoluzione’. Ora cambia il suo aspetto?

    R. – Questa definizione di Homs come ‘capitale della rivoluzione’ può essere presa con le pinze, con le molle, nel senso che non credo che proprio questa eterogeneità di partecipazione dei gruppi ribelli al fronte di opposizione avesse una localizzazione propria nel senso di erigere una città, nel caso specifico Homs, come reale alternativa a Damasco, sede del potere di Bashar al Assad.

    D. - A giugno le presidenziali organizzate dal presidente Assad: come potrà realizzarsi secondo lei il voto in un Paese, di fatto, ancora in conflitto?

    R. – E’ ovvio che è anche una votazione non è che possa garantire vere e proprie certezze democratiche. Non solo perché la grande maggioranza dei siriani è preoccupata per la casa, la famiglia, il pane, il lavoro, quindi indubbiamente queste elezioni possono interessare in maniera anche relativa. Si tratterà probabilmente di un metodo attraverso cui Bashar al Assad si può presentare sia all’opinione pubblica interna, sia agli osservatori internazionali ancora come il ‘controllore’ della Siria.

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    Thailandia. La premier Shinawatra destituita per abuso di potere

    ◊   La Corte costituzionale thailandese ha destituito la premier, Yingluck Shinawatra, e alcuni ministri con l’accusa di abuso di potere per il trasferimento nel 2011 di un alto funzionario. Ora, si attende il verdetto anche per un altro capo di imputazione che la coinvolge, la corruzione. Premier ad interim è stato nominato l’ex titolare del commercio e venerdì prossimo un Consiglio dei ministri completerà la squadra. “Sono innocente e continuerò a lavorare per la democrazia”, ha detto la premier. Della natura e degli effetti di questa decisione nel Paese, già profondamente diviso, Gabriella Ceraso ha parlato con Romeo Orlandi, vicepresidente dell’Osservatorio Asia e docente di Economia dell’Asia orientale all’Università di Bologna:

    R. - Se la questione sia fondata non lo so. La Corte avrà avuto i suoi buoni motivi. Sicuramente, però, è andata al di là delle intenzioni, perché rimuovere d’ufficio un primo ministro per una questione relativamente minore è stato se non un pretesto comunque un ingigantimento di un problema.

    D. - I sostenitori della Shinawatra parlano di un colpo di Stato giudiziario e sono pronti a scendere in piazza. Dunque, è questo quello che ci dobbiamo aspettare? Ancora instabilità per un Paese sostanzialmente, di per sé, pacifico…

    R. - Penso proprio di sì. Il vero problema è capire che cosa potranno e dovranno fare le forze cosiddette intermedie: l’esercito e la corona. L’esercito, finora, è sembrato relativamente schierato anti-Taksin, però non può certo andare contro il proprio popolo. Il re è vecchio, malato e costituzionalmente lontano dalle decisioni più cogentemente politiche. Prevedo che, di nuovo, il Paese dovrà pagare un prezzo alto all’instabilità.

    D. - Non è la prima volta che si cerca di far fuori la dinastia degli Shinawatra: non c’è questa possibilità che, invece, il Paese vada verso una stabilizzazione: nel senso che fuori questo, il nuovo esecutivo, 20 luglio il voto…

    R. - E’ possibile, ma rimane da capire se Shinawatra - il clan - voglia pacificamente accettare questa soluzione. In realtà dietro di loro ci sono - oltre che interessi personali e familiari - delle tendenze autentiche, vere, reali del Paese: l’imprenditoria cinese perché non ci dimentichiamo che Shinawatra è cinese, l’autonomia del nord della Thailandia perché il nord del Paese è stato negletto dalla fase di sviluppo economico che ha interessato soprattutto Bangkok e le èlite urbane e borghesi della capitale. Quindi, un misto di finitudine, imprenditoria, rampantismo, situazione rurale si infittisce dietro la figura di Shinawatra, Per cui, se lui rinuncia direttamente alla propria posizione - cosa alla quale io non credo - si potrebbe andare verso una pacificazione, altrimenti di andrà verso soluzioni di forza.

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    Si vota in Sudafrica, favorito l’African National Congress

    ◊   Urne aperte in Sudafrica per le elezioni generali, 25 milioni i potenziali votanti. Favoritissimo nei sondaggi l’"African National Congress", al potere dal 1994, accreditato del 63% dei consensi, mentre dovrebbero finire distanti la coalizione di centrodestra, "Democratic Alliance", con il 23%, e i radicali "Economic Freedom Fighters" (Eff) di Julius Malema, con poco meno del 5%. La campagna elettorale, però, è stata aspra. A Johannesburg, Davide Maggiore ne ha chiesto il motivo a padre Jeremias Dos Santos Martins, superiore dei Missionari comboniani nel Paese africano:

    R. - Ci sono partiti nuovi, specialmente quello di Jiulius Malema - Eff - che è molto aggressivo. Questo ha portato anche un po’ di lotta in questa campagna elettorale. Lui è aggressivo soprattutto riguardo al tema della terra, al riprendere cioè la terra ai bianchi, poiché la riforma agraria non è stata ancora fatta. Il governo aveva promesso, ma gli anni sono passati e questo non è stato mai fatto. E poi, riguardo anche la nazionalizzazione delle miniere, poiché gran parte del prodotto del Sudafrica viene proprio dalle miniere: lui pensa che nazionalizzando le miniere si potrebbe meglio distribuire la ricchezza del Paese.

    D. - Con quale stato d’animo la gente sta andando a votare?

    R. - Possiamo dire che ci sono due tipi di persone. Quelle che hanno detto: "Noi andiamo a votare; vogliamo votare e votiamo Anc, perché è il nostro partito”, anche se poi non hanno molta fiducia nei leader perché c’è stata molta corruzione, i soldi sono spariti e senza che nessuno sappia dove sono andati a finire. Non vi è stato accesso ai servizi elementari ed essenziale, come la casa, come il lavoro, come l’acqua o l’elettricità… Il secondo tipo di elettori sono quelli che non sanno bene cosa devono fare, sono un po’ scoraggiati e molti di questi non voteranno o voteranno altri partiti.

    D. - Abbiamo parlato dei temi economici, che hanno avuto un grande ruolo in questa campagna elettorale e in particolare gli appelli di Jiulius Malema alla nazionalizzazione delle miniere e alla confisca delle terre. Questi saranno dei problemi che il nuovo governo dovrà comunque affrontare?

    R. - Credo che il governo stia pensando soprattutto al problema della terra e non tanto alla nazionalizzazione delle miniere. Ma, forse, rispetto alle miniere il governo deve chiedere ai padroni delle miniere di pagare salari più giusti, perché i salari sono molto bassi e le condizioni di vita delle persone sono molto basse: prendere 400 euro al mese non è sufficiente per avere una vita degna.

    D. - Quali sono le altre sfide che il nuovo governo dovrà affrontare?

    R. - Anzitutto, l’ineguaglianza del Paese. Ci sono due mondi che vivono uno al lato dell’altro: il mondo dei ricchi, troppo ricchi, e il mondo dei poveri, troppo poveri. Le statistiche dicono che il Sudafrica è il Paese più disuguale del mondo.

    D. - A 20 anni dalla data storica del 1994, cosa è rimasto del Sudafrica di Mandela, della "nazione arcobaleno"?

    R. - Io penso sia rimasto molto. L’Anc ha fatto molto in questi 20 anni. Non possiamo dire che non sia stato fatto niente, ma la gente forse si aspettava ancora di più. La democrazia sudafricana è una cosa che rimane. Il lavoro fatto da Mandela e l’esempio di Mandela rimangono nella mente della gente.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Ucraina: appello di ortodossi e greco-cattolici per la pace nel Paese ed elezioni trasparenti

    ◊   “Lanciamo ancora un volta un appello ai nostri amati compatrioti: fermatevi! Mettete fine alle aggressioni e non usate le armi contro i vostri fratelli”. Questo l’accorato appello lanciato dal metropolita Onofrio, locum tenens della Chiesa ortodossa di Kiev, legata al patriarcato di Mosca, riguardo alla drammatica situazione in Ucraina, soprattutto dopo gli scontri tra esercito ed indipendentisti che il 2 maggio ad Odessa, hanno provocato oltre 40 vittime.

    “Nessuna idea politica vale lo spargimento di sangue – ribadisce il metropolita Onofrio – Una società non può essere costruita sulla violenza e l’aggressione”, bensì “sulla comprensione reciproca raggiunta non con le armi, ma con i negoziati”. “Ogni violenza genera sempre altra violenza – continua il locum tenens di Kiev – Ogni omicidio coinvolge nuove vittime. Ma questo circolo infernale può essere fermato”. Di qui, l’esortazione del metropolita affinché il clero locale “compia ogni sforzo per porre fine all’escalation del conflitto”, ricordando che “la missione della Chiesa è quella di portare la Buona Novella all’umanità”. Infine, Onofrio invita tutti “i fedeli ortodossi ucraini a pregare il Signore perché preservi il Paese dal fratricidio”.

    Sulla stessa linea si pone anche la Chiesa greco-cattolica ucraina (Ugcc), che guarda in particolare alle elezioni presidenziali in programma il 25 maggio: ribadendo la necessità che istituzioni e società restino unite, l’Ugcc invita i candidati e i partiti in lizza ad “agire in modo onesto, trasparente e responsabile, ed a presentare un programma veritiero di riforma della nazione”. Quindi, gli esponenti greco-cattolici chiedono alla commissione elettorale di compiere il suo operato in modo “responsabile ed onesto, per non essere complice di frode o manipolazione della volontà dei cittadini. “Nessuno – conclude l’Ugcc – né in Ucraina, né a livello globale, dovrebbe dubitare del rispetto dei principi democratici alle prossime elezioni”. (A cura di Isabella Piro)

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    Ucraina: l'aiuto di Villaggio Sos alle famiglie di Lugansk rimaste senza cibo

    ◊   La responsabile del Villaggio Sos di Lugansk, Lyudmila Harchenko in una drammatica testimonianza afferma che in città, molti edifici governativi sono stati occupati in questi giorni dai sostenitori filo-russi. "Respiriamo tanta paura e angoscia - afferma. L’11 maggio si terrà un Referendum per decidere se Lugansk rimarrà all’interno dell’Ucraina o se invece, verrà annessa alla Russia. Nessuno di noi sa cosa accadrà e soprattutto quali saranno le conseguenza per le nostre vite. Le famiglie sono preoccupate e i bambini e i ragazzi vivono ormai da troppo tempo in questa dimensione d’instabilità e incertezza".

    "La banca della città è ormai inutilizzabile. Sono state colpite - continua - le auto blindate e tutte le transazioni sono state bloccate. Non è possibile effettuare nessuna transazione, né ritirare denaro. Il problema è per tutti coloro che ricevono sostegno statale. Mi riferisco ai dipendenti pubblici, agli studenti, ai pensionati e alle famiglie Sos. Se la situazione non cambiasse - afferma la Harchenko - non potrebbero ritirare nulla nei prossimi mesi. A questo si aggiunge la chiusura totale o parziale di molte aziende: i lavoratori vengono licenziati o costretti a prendere periodi di ferie non retribuiti. E’ una situazione terribile".

    "Le scuole sono ancora aperte - afferma la responsabile di Villaggio Sos - ma solo il 30% degli studenti continua a frequentarle. Tutti gli altri, compresi i bambini e i ragazzi che accogliamo e sosteniamo, hanno smesso da un po’ di tempo, per ragioni di sicurezza. Nessuna via, nessun luogo è più sicuro. Il nostro tempo è cadenzato dai coprifuochi. Qui, il Villaggio Sos di Lugansk sta lavorando ancora di più e con maggiore determinazione. Continuiamo a sostenere 147 famiglie e 288 bambini e abbiamo allargato il numero dei beneficiari. Le famiglie non hanno da mangiare. Stiamo distribuendo pacchi alimentari. Se oggi le famiglie non avessero il nostro sostegno - conclude la Harchenko - per loro sarebbe una catastrofe”. (R.P.)

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    Sudafrica. Il card. Napier: "No al ritorno della discriminazione razziale"

    ◊   In occasione delle elezioni per il rinnovo del Parlamento sudafricano in corso oggi, il card. Wilfrid Napier, arcivescovo di Durban, lancia un appello contro il ritorno di nuove forme di discriminazione razziale nel Paese.

    In un articolo scritto per The Southern Cross – l’organo d’informazione dei Vescovi sudafricani e ripreso dall’agenzia Fides - il card. Napier esprime preoccupazione per alcuni provvedimenti del governo di Pretoria che rischierebbero di riproporre una distinzione della popolazione in base al colore della pelle, tanto più – sottolinea il cardinale – perché coinvolgono i giovani nati dopo il 1994, la generazione che non ha conosciuto l’apartheid.

    Tra gli altri provvedimenti criticati dal card. Napier, l’abolizione della squadra di polizia anticorruzione “Scorpion” e l’approvazione di leggi di sicurezza (specialmente quelle che limitano la libertà di stampa) che riporterebbero indietro il Sudafrica di oltre vent’anni. (G.L.)

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    Sri Lanka: appello del vescovo di Jaffna alla riconciliazione

    ◊   “In Sri Lanka il nostro ministero di vescovi e di cristiani è essenzialmente quello della riconciliazione, che è l’urgenza principale che vive il Paese”: lo dice all’agenzia Fides mons. Thomas Emmanuel, vescovo di Jaffna, in Vaticano con gli altri vescovi dello Sri Lanka, per la visita ad limina apostolorum. La nazione, dilaniata per quasi 30 anni da un conflitto civile, tuttora vive la spaccatura fra il gruppo di maggioranza, i singalesi (75% della popolazione) e il maggiore gruppo di minoranza, i tamil (circa l’11% della popolazione), che vivono nel Nord e nell’Est dell’isola.

    A cinque anni dalla fine del conflitto (1983-2009), il vescovo, che guida una diocesi in area tamil, afferma: “Come Chiesa sosteniamo che è urgente una soluzione politica, dopo la fine del conflitto: ci aspettiamo e auspichiamo questo da parte del governo centrale, per l’area e per la popolazione tamil”. La soluzione potrebbe essere quella di una autonomia di tipo federale con la devoluzione di alcuni poteri amministrativi.

    “Negli incontri con i diversi dicasteri della Santa Sede, ognuno di noi vescovi – racconta a Fides mons. Emmanuel – ha presentato la sua diocesi e ha anche parlato delle difficoltà che oggi incontriamo nel lavoro pastorale. A Jaffna portiamo i segni di tre decenni di guerra: la mia diocesi era l’epicentro del conflitto. La guerra ha prosciugato energie fisiche e morali. È stato difficile essere strumenti di non violenza nel bel mezzo di un sanguinoso conflitto armato che ha fatto migliaia di vittime”.

    Il vescovo spiega a Fides: “La sfida più grande oggi per la mia diocesi è la cura dei rifugiati che, alla fine della guerra erano 300mila. E’ stato avviato il processo per risistemarli, ma molte case non sono state ancora ricostruite. Hanno bisogno di riavere una vita dignitosa. Oltre alle esigenze materiali, c’è poi da ricucire un tessuto emotivo e spirituale. La gente è traumatizzata dall’aver vissuto tanta violenza, uccisioni, lutti. Oggi lavoriamo alacremente per la riconciliazione, accompagnando la gente a superare questa fase e a riporre fiducia in Dio che è Provvidenza”.
    “Per fare questo – continua il vescovo – è necessario accettarsi e ascoltarsi fra singalesi e tamil. Il governo ha un tono trionfalistico contro il terrorismo, mantiene una forte presenza militare al Nord, non mostra empatia e dolore per le vittime civili: questo sarebbe invece necessario, perché siamo cittadini dello stesso Paese. Solidarietà e accoglienza reciproca ci sono a livello popolare: dobbiamo vivere insieme , in questo piccolo Paese, liberandolo da divisione e odio, crescendo in armonia. Questa è l’unica speranza per lo Sri Lanka. La Chiesa ha un ruolo profetico in questo processo, avendo un volto sia singalese, sia tamil”.

    Mons. Emmanuel riferisce: “Abbiamo chiesto al Santo Padre di usare la sua autorevolezza e la sua influenza morale per chiedere al governo di trovare una soluzione politica che riporti armonia e uguaglianza nella società. Papa Francesco ci ha chiesto di essere fedeli al nostro ministero, prendendoci cura dei preti e dei fedeli. Ci ha incoraggiato ad avere speranza”. Il vescovo conclude: “Venire a Roma è sempre un’esperienza profonda di fede. Siamo tutti rimasti impressionati dalla semplicità di Papa Francesco e dal suo amore per la missione. Lo aspettiamo in Sri Lanka”. (R.P.)

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    Pakistan: leader musulmani ricordano ed apprezzano San Giovanni Paolo II

    ◊   Importanti leader musulmani del Pakistan hanno visitato una mostra allestita a Lahore per ricordare Giovanni Paolo II, apprezzandone la sua figura. Come riferisce l'agenzia Fides, dopo aver visto le foto di San Giovanni Paolo II, Syed Abdul Khabeer Azad, imam della moschea reale di Lahore, la più grande del Pakistan, ha detto: “San Giovanni Paolo II ha lavorato per il benessere di tutta l'umanità, senza alcuna discriminazione. Il suo nome resterà vivo nella storia del mondo come un uomo che si è impegnato per la costruzione della pace e la promozione del dialogo interreligioso”.

    Oltre a una grande affluenza di fedeli e leader cristiani, alla mostra, organizzata dal Consiglio per il Dialogo interreligioso, avviato dal frate cappuccino padre Francis Nadeem, si sono recati leader musulmani e indù, personaggi della società civile, studiosi, autorità politiche. La mostra, intitolata “Giovanni Paolo II e il Pakistan” commemorava la storica visita di Giovanni Paolo II in Pakistan, il 16 febbraio 1981, e conteneva oltre 100 foto e immagini.

    Un altro leder musulmano intervenuto, Pir Shafaat Rasool, presidente del Consiglio per il Dialogo Interreligioso, ha detto. “La gente ricorda quanti lavorano per il benessere e il progresso dell'umanità e non per la guerra e la distruzione. Papa Giovanni Paolo II vive nei nostri cuori perché ha continuato a lottare per il miglioramento dei popoli del mondo. Ci congratuliamo con tutta la comunità cristiana per la proclamazione della sua santità”. (R.P.)

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    Indonesia. West Sumatra: incendio doloso contro una chiesa cattolica

    ◊   Nella provincia di West Sumatra in Indonesia un incendio doloso ha quasi distrutto la chiesa cattolica di Santa Maria dell'Ascensione, che si trova in una zona rurale del sotto distretto di Kinali (a West Pasaman). Il fatto è avvenuto il 4 maggio scorso, poco prima della messa domenicale. Mons. Martinus D. Situmorang, vescovo della diocesi di Padang (a cui appartiene il luogo di culto), conferma all'agenzia AsiaNews quanto accaduto, e spiega che la polizia sta indagando. L'autore del gesto sembra sia un solo uomo, al momento di identità sconosciuta.

    Fonti locali raccontano di aver visto un uomo nei dintorni della chiesa: credevano facesse parte del personale e non lo hanno disturbato. Pochi minuti dopo alcuni fedeli hanno visto il fumo uscire dal luogo di culto. Secondo la ricostruzione dei fatti, l'assalitore ha imbevuto il cuscino dell'altare di cherosene e ha appiccato il fuoco. Una volta spento l'incendio, l'altare ha riportato i danni maggiori, ma il crocifisso è rimasto intatto.

    La chiesa di Santa Maria dell'Ascensione dista circa 160 chilometri dalla diocesi di Padang. Il 99% dei fedeli cattolici locali è composto da migranti originari di Java, che lavorano nelle piantagioni di palme nella zona.

    La diocesi di Padang copre l'intero territorio della provincia di West Sumatra e alcune minuscole isole dell'arcipelago di Mentawai. A differenza di questi atolli, dove la popolazione è per lo più cattolica, cristiana o animista, West Sumatra è in prevalenza musulmana ed è considerata la seconda area "fondamentalista" dell'Indonesia dopo la provincia di Aceh. (R.P.)

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    I vescovi argentini chiedono azioni decise contro i narcos

    ◊   Promuovere azioni concrete per combattere il narcotraffico. Lo ha chiesto l’arcivescovo di Santa Fe e presidente della Conferenza episcopale argentina, mons. José María Arancedo, in apertura della 107ª assemblea plenaria in corso a Pilar. In un’omelia il presule ha esortato a “un atteggiamento determinato di fronte a ciò che non esitiamo a definire il crimine del narcotraffico”.

    Nel corso dei lavori, ha spiegato, “abbiamo parlato con preoccupazione della realtà della droga, dei suoi aspetti di violenza e insicurezza, di affarismo e di morte. È un flagello con radici profonde. C’è una carenza sociale e affettiva in molti giovani, che li rende facile preda di una società che non ha limiti nella sua ansia di guadagno”.

    Nell’omelia è stato anche ricordato padre Carlos Mugica, ucciso 40 anni fa. “In quegli anni duri e tristi ha vissuto la fede e il ministero in comunione con la Chiesa e al servizio dei più indigenti, che lo ricordano con gratitudine, affetto e dolore”, ha detto mons. Arancedo, riferendosi agli abitanti della “villa 31” del quartiere Retiro di Buenos Aires. “Chiediamo al Signore che insieme a verità e giustizia possiamo avanzare sul cammino della concordia e della riconciliazione tra gli argentini, come parte di una cultura dell’incontro che ci consentirà di costruire una Patria più unita, fraterna e solidale”, ha concluso. (R.P.)

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    Cile: il calo delle vocazioni al centro dell'Assemblea dei vescovi

    ◊   Con una Messa presieduta dal nunzio apostolico in Cile, l’arcivescovo Ivo Scapolo, è iniziata la 107.ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale del Cile (Cech), che si svolge dal 5 al 9 maggio presso la Casa de Retiros di Punta de Tralca. Nella sua omelia, mons. Scapolo ha portato il saluto e la benedizione di Papa Francesco ai Pastori del Cile e ha chiesto loro di riflettere sul ruolo del vescovo, sottolineando che la sua parola è necessaria per guidare i confusi ed incoraggiare e rafforzare i deboli.

    Come riferisce l'agenzia Fides, sotto la guida dell'arcivescovo di Santiago e presidente della Cech, il card. Ricardo Ezzati, i vescovi dovranno esaminare le principali sfide di ciascuna delle cinque aree pastorali dell'episcopato: Ecclesiale, Operatori Pastorali, Educazione, Pastorale Sociale Caritas e Comunicazioni. Tuttavia al centro della riflessione di questa Assemblea c’è il tema delle vocazioni sacerdotali e dei seminari, in quanto il calo del numero dei sacerdoti e dei seminaristi negli ultimi anni costituisce la preoccupazione principale dei vescovi.

    Il nuovo Annuario statistico della Santa Sede, appena pubblicato, riporta che in Cile ci sono 2.415 sacerdoti (1.182 dei quali diocesani e 1.233 religiosi), 1.029 diaconi permanenti, 4.303 religiose, 1.552 missionari laici e 46.282 catechisti. Le diocesi sono 27 e le parrocchie 954. La popolazione del Cile è di circa 17 milioni di abitanti, mentre i cattolici che si sono dichiarati tali al censimento del 2012 sono 8 milioni, anche se i battezzati superano i 12 milioni. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 127

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.