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Sommario del 06/05/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: la Chiesa non è una università della religione
  • Nuova visita di Papa Francesco agli uffici della Segreteria di Stato
  • Vaticano. Giurano 30 nuove Guardie Svizzere
  • Tweet del Papa: una società che abbandona bambini e anziani recide le sue radici e oscura il suo futuro
  • Nomina episcopale in India
  • Salone del Libro di Torino. Don Costa: grande attenzione per l'editoria religiosa
  • Musei Vaticani: tornano le aperture notturne del venerdì
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il card. Onayekan: la Nigeria sconvolta dal rapimento delle 200 studentesse
  • Siria. Fazioni rivali di ribelli in lotta nell'est. Mons. Zenari: migliaia di persone in fuga
  • Ancora scontri in Ucraina. Rischio di infiltrazioni nell'opposizione filorussa?
  • Sudafrica. Vigilia elettorale, l'Anc partito favorito
  • Immigrazione: fra tragedie e polemiche l'impegno di chi salva i profughi
  • La "Mariathon" mondiale di Radio Maria per aprire emittenti in 11 Paesi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Rapporto sulla condizione nel mondo di mamme e bambini
  • Ucraina: preghiere e Messe in tutto il Paese per la pace e le vittime
  • Egitto. Il candidato al-Sisi: non più partiti con ideologia religiosa
  • Sudan: mons. Gassis condanna bombardamento contro ospedale cattolico nel Sud Kordofan
  • Centrafrica: il Carmelo di Bangui uno dei 5 campi profughi più grandi della capitale
  • Terra Santa: inaugurato a Tel Aviv un Centro pastorale per i migranti
  • Cile: Plenaria dei vescovi su vocazioni e seminari
  • India: è morto a 100 anni padre Kaipanplackal, apostolo dei poveri e dei diseredati
  • Gli aiuti di vescovi e Caritas per gli alluvionati delle Marche
  • Morto mons. Livio Maritano, promotore della Causa di beatificazione di Chiara Luce Badano
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: la Chiesa non è una università della religione

    ◊   Il cristiano che non dà testimonianza diventa sterile. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Nella sua omelia, il Pontefice si è soffermato sul martirio di Santo Stefano, narrato negli Atti degli Apostoli. La Chiesa, ha detto, non è “una università della religione”, ma il popolo che segue Gesù. Solo così, ha soggiunto, “è feconda e madre”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Il martirio di Stefano è un calco del martirio di Gesù”. Papa Francesco ha ripercorso, nella sua omelia, il cammino che ha portato alla morte del primo martire della Chiesa. Anche lui come Gesù, ha detto, aveva incontrato “la gelosia dei dirigenti che cercavano” di eliminarlo. Anche per lui ci sono “i falsi testimoni”, un “giudizio un po’ fatto di fretta”. Stefano li avverte che stanno opponendo resistenza allo Spirito Santo, come aveva detto Gesù. Ma “questa gente – ha evidenziato il Papa – non era tranquilla, non era in pace nel proprio cuore”. Questa gente, ha aggiunto, “aveva odio” dentro il proprio cuore. Ecco perché, all’udire le parole di Stefano erano furibondi. “Questo odio – ha affermato Francesco – è stato seminato nel loro cuore dal diavolo”, “è l’odio del demonio contro Cristo”.

    Quest’odio del demonio “che ha fatto quello che ha voluto con Gesù Cristo nella sua Passione – ha ripreso il Papa – adesso ripete lo stesso” con Stefano. E nel martirio si vede chiaramente “questa lotta fra Dio e il demonio”. D’altro canto, Gesù aveva detto ai suoi che dovevano rallegrarsi di essere perseguitati a causa del suo nome: “Essere perseguitato, essere martire, dare la vita per Gesù è una delle Beatitudini”. Ecco perché, ha aggiunto il Papa, “il demonio non può vedere la santità di una Chiesa o la santità di una persona, senza combinare qualcosa”. E’ quello che fa con Stefano, ma “lui muore come Gesù: perdonando”.

    Martirio è la traduzione della parola greca che, anche, significa testimonianza. E così possiamo dire che per un cristiano la strada va sulle orme di questa testimonianza, su queste orme di Gesù per dare testimonianza di Lui e, tante volte, questa testimonianza finisce dando la vita. Non si può capire un cristiano senza che sia testimone, che dia testimonianza. Noi non siamo una ‘religione’ di idee, di pura teologia, di cose belle, di comandamenti. No, noi siamo un popolo che segue Gesù Cristo e dà testimonianza - ma vuol dare testimonianza di Gesù Cristo – e questa testimonianza alcune volte arriva a dare la vita”.

    Ucciso Stefano, si legge negli Atti degli Apostoli, “scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme”. Queste persone, ha osservato il Papa, “si sentivano forti e il demonio suscitava loro di fare questo” e così “i cristiani si dispersero nella regione della Giudea, della Samaria”. La persecuzione, ha annotato il Papa, fa sì che questa “gente se ne andasse lontano” e laddove arrivava spiegava il Vangelo, dava testimonianza di Gesù e così “incominciò” la “missione della Chiesa”. “Tanti – ha rammentato – si convertivano, sentendo questa gente”. Uno dei Padri della Chiesa, ha soggiunto, spiegava questo dicendo: “Il sangue dei martiri è seme di cristiani”. Con “la loro testimonianza predicano la fede”:

    “La testimonianza sia nella vita quotidiana, sia con alcune difficoltà e, anche, sia nella persecuzione, con la morte, sempre è feconda. La Chiesa è feconda e madre quando dà testimonianza di Gesù Cristo. Invece, quando la Chiesa si chiude in se stessa, si crede – diciamo così – una 'università della religione', con tante belle idee, con tanti bei templi, con tanti bei musei, con tante belle cose, ma non dà testimonianza, diventa sterile. Il cristiano lo stesso. Il cristiano che non dà testimonianza, rimane sterile, senza dare la vita che ha ricevuto da Gesù Cristo”.

    Stefano, ha proseguito, “era pieno di Spirito Santo”. Ed ha avvertito che “non si può dare testimonianza senza la presenza dello Spirito Santo in noi”. “Nei momenti difficili, dove dobbiamo scegliere la strada giusta, dove dobbiamo dire ‘no’ a tante cose che forse tentano di sedurci – ha incoraggiato Papa Francesco – c’è la preghiera allo Spirito Santo, e Lui che ci fa forti per andare su questa strada della testimonianza”:

    “E oggi pensando a queste due icone - Stefano, che muore, e la gente, i cristiani, che fuggono, andando dappertutto per la violenta persecuzione – domandiamoci: come è la mia testimonianza? Sono un cristiano testimone di Gesù o sono un semplice numerario di questa setta? Sono fecondo perché do testimonianza, o rimango sterile perché non sono capace di lasciare che lo Spirito Santo mi porti avanti nella mia vocazione cristiana?”.

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    Nuova visita di Papa Francesco agli uffici della Segreteria di Stato

    ◊   Papa Francesco si è recato questa mattina in visita ad alcuni uffici della Segreteria di Stato che non aveva avuto tempo di conoscere nel corso della precedente visita compiuta il 15 aprile scorso, durante la Settimana Santa. Ad accompagnare il Papa nella visita di oggi è stato il sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Angelo Becciu. “È stato un ulteriore gesto di gentilezza e di delicatezza – si precisa – con il quale il Santo Padre ha voluto manifestare la sua gratitudine per il lavoro svolto dagli officiali della Segreteria di Stato al servizio della Santa Sede”.

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    Vaticano. Giurano 30 nuove Guardie Svizzere

    ◊   “Oggi nel Palazzo Apostolico, nella casa del Papa, si respira un’aria di festa”. E’ quanto ha detto stamani nel Cortile San Damaso mons. Giovanni Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, prima del giuramento di 30 nuove Guardie Svizzere. La cerimonia si è svolta, come ogni anno, nel giorno in cui si ricorda il sacrificio di 147 soldati del Corpo, morti il 6 maggio del 1527 durante il “sacco di Roma”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Lo squillo di trombe, il rullo dei tamburi, le note di musiche e di inni, il susseguirsi di voci e di giuramenti solenni hanno scandito, nel Cortile di San Damaso del Palazzo apostolico, questo tradizionale appuntamento. E’ il giorno in cui si ricorda l’eroica morte di 147 soldati alabardieri, che durante il “Sacco di Roma” non hanno esitato a sacrificare la loro vita per difendere il Pontefice scrivendo un’indelebile pagina di storia. E’ il 6 maggio del 1527. I mercenari spagnoli sfondano la porta del Torrione. Mentre i lanzichenecchi invadono Borgo Santo Spirito, le guardie svizzere cercano disperatamente di resistere. Si salvano solo in 42, quelli che accompagnano Papa Clemente VII a Castel Sant’Angelo. Quel sacrificio – ha detto il comandante Daniel Anrig – incarna anche oggi lo spirito del servizio, di profonda lealtà, offerto al Santo Padre:

    “Voi giurate di servire il Sommo Pontefice fedelmente, lealmente e di impegnare tutte le vostre forze per lui, anche a rischio della vita. …Non è il denaro, il divertimento, il consumismo, etc, che arricchiscono la vita, ma la dedizione, il sacrificio”.

    Mons. Becciu ha esortato le nuove Guardie Svizzere ad affidarsi, nelle loro preghiere, ai Santi Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII. Chiedete loro – ha detto il sostituto della Segreteria di Stato – di aiutarvi a svolgere nel modo migliore il vostro compito. Un impegno quotidiano, ha osservato il cappellano Markus Heinz, animato da valori imprescindibili:

    “Care Guardie, la seconda faccia della medaglia del vostro servizio, oltre il coraggio, è la fedeltà: essere pronti a impegnarsi con tutti se stessi non solo nel caso estremo, ma anche nelle faccende quotidiane del servizio e della vita nel Corpo della Guardia. L’impegno che si svolge non alle luci della ribalta del pubblico non è meno eroico e non richiede meno forze. E’ fedele e forte chi sa resistere alle difficoltà e alle tentazioni, perseverare nel cercare di fare il bene e superare gli ostacoli”.

    Solenne il momento del giuramento. Hanno giurato 30 nuove reclute, chiamate per nome, con la mano sinistra sulla bandiera della Guardia e la destra alzata con le tre dita aperte, quale simbolo della Trinità. La giornata si concluderà nel pomeriggio con la Messa, presieduta dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, nella Basilica di San Pietro e il concerto dell’orchestra “Schwyzer Kantonale Jugend Blasorchester” nell’Aula Paolo VI.

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    Tweet del Papa: una società che abbandona bambini e anziani recide le sue radici e oscura il suo futuro

    ◊   “Una società che abbandona i bambini e gli anziani recide le sue radici e oscura il suo futuro”. E’ il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex.

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    Nomina episcopale in India

    ◊   In India, Papa Francesco ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Ranchi padre Telesphore Bilung, attuale superiore provinciale dei Missionari Verbiti. Mons. Bilung è nato il 15 aprile 1961 a Sargidipa, Diocesi di Rourkela, Orissa. Ha frequentato la scuola primaria e la scuola media a Gaibira e poi le scuole superiori presso il New Orissa High School gestita dai Missionari Verbiti. Ha conseguito il Pre-degree e la Graduation presso il G.M. College di Sambalpur. Nel 1979 ha frequentato il Seminario Minore Jyoti Bhavan di Sambalpur. Nel 1985 è entrato nella Società del Verbo Divino (Verbiti). Ha emesso i primi voti nel 1986 e la Professione Solenne nel 1991. Dal 1986 al 1992 ha completato gli studi di Filosofia e Teologia nel Jnana Deepa Vidyapeth, Pune. Ha conseguito il Baccellierato in Economia, in Filosofia e in Teologia. Dal 2005 al 2006 ha fatto un Corso di Counselling, in Gran Bretagna. È stato ordinato sacerdote il 2 maggio 1992, in Gaibira, Diocesi di Rourkela. Dopo l’Ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1992-1994: Assistente parrocchiale in Puri; 1994-1996: Rettore del Seminario Minore di Sambalpur; nel 1997: Corso sulla Formazione in India; 1997-2005: Rettore della SVD Formation House di Lungai; Presidente del Vocation Board; 2005-2006: Studi in Gran Bretagna; 2006-2007: Parroco in Premnagar, Arcidiocesi di Calcutta; 2007-2010: Pioniere della Missione di Bezda, Calcutta; 2008-2011: Consigliere Provinciale; 2010-2011: Rettore del Seminario Minore dei PP. Verbiti di Lungai; dal 2011: Superiore Provinciale dei Missionari Verbiti.

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    Salone del Libro di Torino. Don Costa: grande attenzione per l'editoria religiosa

    ◊   A Torino è pronta a partire la 27.ma edizione del Salone del libro. Quest’anno ospite d’onore sarà la Santa Sede e nella giornata di domenica 11 protagonista assoluto sarà Papa Francesco con la presentazione del volume “La verità è un incontro”, edito dalla Rizzoli, che raccoglie un anno di servizi della nostra emittente sulle omelie del mattino pronunciate da Casa Santa Marta. Un libro emblematico del rilancio registrato dall’editoria a carattere religioso, come conferma al microfono di Luca Collodi, il direttore della Libreria Editrice Vaticana, don Giuseppe Costa:

    R. – Certamente ha un mercato, perché c’è una sorta di ritorno ai valori religiosi e quindi anche alla riscoperta di volumi, che una volta erano considerati fondamentali per la crescita spirituale di ognuno. C’è pure una rinnovata attenzione per le testimonianze vive e tutta la serie, dunque, delle agiografie in chiave moderna ha un bel successo. Il problema dell’editoria cattolica è quello di adeguare alla qualità dei libri prodotti, la qualità e l’efficienza della distribuzione, del contatto con le librerie.

    D. – Che cosa cerca la gente da un libro che parla di Dio o di Chiesa o di pastorale?

    R. – La gente parte in genere da una sorta di "illuminazione improvvisa": viene colpita da un tweet del Papa; viene colpita da uno slogan; viene colpita da un evento particolare. Allora si pone in cammino e va alla ricerca ad esempio de “Le Confessioni” di Sant’Agostino, perché ha sentito dire che è un libro che sta alla base di una ricerca spirituale. Un libro di grande successo è il Diario di suor Faustina Kowalska, che viene venduto da noi in circa 50 mila copie all’anno.

    D. – Voi vi trasferite in queste ore a Torino, con quale ruolo e con quale scopo?

    R. – Noi siamo parte di tutto il gruppo che rappresenta la Santa Sede. Questo grande stand di 400 mq raccoglierà per il 70 per cento i volumi della Lev, mentre per il 30 per cento verrà diviso tra i libri dai Musei, dall’Archivio, dalla Biblioteca e dai libri delle Accademie Pontificie. Ci sarà una grande carrellata di libri. Sarà la prima volta che un pubblico potrà vedere tanti libri, editi dalla Città del Vaticano. Questo bel padiglione, con l’immagine stilizzata di Piazza San Pietro del Bramante, sarà una sorta, dunque, di cupola di libri, che certamente farà il suo effetto all’interno del Lingotto.

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    Musei Vaticani: tornano le aperture notturne del venerdì

    ◊   Visto il grande successo di pubblico registrato nelle scorse edizioni, si rinnova - per il sesto anno consecutivo - l’appuntamento con le visite in notturna dei Musei Vaticani. Dal 2 maggio scorso al 25 luglio e dal 5 settembre al 31 ottobre, tutti i venerdì dalle 19,00 alle 23,00 (ultimo ingresso alle ore 21,30), i “Musei del Papa” apriranno eccezionalmente le loro porte al tramonto. Si conferma e si consolida, quindi, un’iniziativa rivolta a tutti coloro i quali, fuori dai consueti orari di visita, desiderano ammirare le meraviglie custodite nei Musei Vaticani al bagliore della luce serale, nell’agio di spazi meno affollati e lontano dalle ore più calde del giorno. Le aperture serali – informa un comunicato dei Musei Vaticani – saranno ulteriormente impreziosite da “Il Bello da Sentire”, una ricca rassegna dedicata all’arte e alla musica giunta alla sua seconda edizione, che offrirà al pubblico una serie di iniziative culturali e concertistiche di cui fruire senza alcun aggravio al costo del normale biglietto. Tutti gli spettacoli inizieranno alle 20,30, avranno la durata di un’ora circa e lasceranno così il tempo agli intervenuti di potersi incamminare, al termine, lungo il tragitto che li condurrà alla Cappella Sistina. “Immaginate una sera d’estate sotto il cielo di Roma, - commenta il direttore dei Musei Vaticani, prof. Antonio Paolucci - nel Cortile Ottagono di fronte all’Apollo del Belvedere o alla Venus Pudica, ascoltando Mozart o Vivaldi, e capirete che cos’è il Paradiso su questa terra”. Per prenotare il biglietto di ingresso alle aperture notturne, conoscere il programma completo de Il Bello da Sentire e le informazioni sulle visite guidate “musicali”, consultare il sito ufficiale www.museivaticani.va. (A.G.)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Povera Asia: oltre un miliardo e mezzo di persone nel continente subisce gli effetti della crisi globale.

    Quale testimonianza per il cristiano: Messa del Papa a Santa Marta.

    In spirito di famiglia: l'arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, presiede la commemorazione degli svizzeri caduti durante il Sacco di Roma.

    Se la società si autodistrugge: Gualtiero Bassetti illustra i rischi che si corrono quando si ignorano i giovani.

    Bene al centro: la Santa Sede al Salone del libro di Torino.

    Parola di Borda e Condorcet: Carlo Maria Polvani sull'intuizione matematica di una tradizione canonica.

    Tra visionario e quotidiano: Cristina Acidini descrive le diverse vie della maniera di Pontormo e Rosso Fiorentino.

    Il retroscena: Lamberto Maffei su neuroscienze e arte.

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    Oggi in Primo Piano



    Il card. Onayekan: la Nigeria sconvolta dal rapimento delle 200 studentesse

    ◊   “Disgustoso e immorale” usare delle ragazze come “bottino di guerra”. La Gran Bretagna – attraverso il suo ministro degli Esteri, William Hague – condanna con durezza il rapimento delle oltre 200 studentesse avvenuto in Nigeria nei giorni scorsi, per mano di Boko Haram, che ha minacciato di "vendere" le giovani sequestrate. La vicenda, che sta suscitando crescente scalpore nel mondo, ha scosso e commosso anzitutto l’intera Nigeria, come racconta al microfono di Emer McCarthy il cardinale arcivescovo di Abuja, John Olorunfemi Onayekan:

    R. - Che 300 ragazze possano sparire nel nostro Paese e che il governo e le forze dell’ordine dicano di non poterle trovare è veramente imbarazzante. Sarebbe comprensibile se sapessero dove siano e il problema fosse come liberarle senza mettere le ragazze in pericolo: questo lo potremmo capire. Ma dire che neanche sanno dove siano, in un angolo della Nigeria che è molto circoscritto, non si può capire. Secondo me, il governo dovrebbe darsi da fare.

    D. - In che modo la società sta affrontando il fenomeno Boko Haram e questa minaccia? Perché sembrano essere sempre più forti e perché mirano all’educazione, alle scuole, ai college e alle università?

    R. - Il fenomeno di Boko Haram: abbiamo visto le bombe e i massacri di persone innocenti… Per noi nigeriani è qualcosa che non avremmo mai pensato potesse accadere. Ora però che abbiamo questa situazione - tanto più che certamente questa gente ha anche collegamenti con reti terroristiche, anche al di fuori del nostro Paese - dobbiamo trovare il mondo di affrontarli e specialmente adesso con questo orribile crimine che hanno commesso… Tutto il Paese è commosso, tutto il Paese! Tutti siamo commossi e ci siamo resi conto che sono pericolosi e quindi non possiamo lasciarli continuare così. Il pericolo più grave, per me, è sapere in che stato stiano queste ragazze. Che cosa stanno subendo? A quale tipo di abusi sono state sottomesse? Nessuno lo sa! Perciò, questo colpisce e coinvolge anche tutte le donne nigeriane che sono mamme… Questo non è il tempo di cominciare con la politica, questo non è neanche il tempo di continuare con cristiani contro musulmani: si tratta di persone, di giovani ragazze. La loro vita è in pericolo! Che cosa sta facendo il governo? Onestamente non so... L’unica cosa che so è che non abbiamo visto risultati.

    D. - Il rischio è che queste ragazze vengano coinvolte nel traffico di esseri umani: quali sono le sue paure riguardo questa eventualità?

    R. - Per quanto riguarda i traffici degli esseri umani, molte persone vengono ingannate e attirate al di fuori del proprio Paese come schiavi. Ma più grave ancora è il fatto che tanti giovani, che non hanno alcuna speranza e alcuna visione di futuro nel proprio Paese, intraprendano dei viaggi pericolosissimi per uscire dal loro Paese, cercando di arrivare in Europa dove pensano che la vita possa migliore per loro. Questa gente si mette a disposizione dei trafficanti: ciascuno di loro ha pagato tanti soldi - duemila dollari, tremila dollari - per mettersi in quella condizione. E’ molto, molto, molto triste.

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    Siria. Fazioni rivali di ribelli in lotta nell'est. Mons. Zenari: migliaia di persone in fuga

    ◊   In Siria, non si arrestano le violenze. Nell’est proseguono i combattimenti tra gruppi rivali di ribelli jihadisti: almeno 70 i morti nelle ultime ore nonostante l’appello del capo di Al Qaeda Ayman al-Zawahri, a evitare scontri intestini. Migliaia le persone in fuga ogni giorno. Il Libano definisce intollerabile la situazione, dopo l’arrivo di oltre un milione di profughi siriani. “La Siria vive da tre anni un tempo di passione”, commenta mons. Mario Zenari nunzio apostolico a Damasco. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. – Da tre anni, si vive il tempo di passione e soprattutto in questo momento, nell’est della Siria, a causa anche di scontri tra fazioni ribelli in lotta tra loro, diverse migliaia di siriani sono in fuga: quindi, ogni giorno sfollati, ogni giorno rifugiati… Qualche settimana fa, le cinque agenzie umanitarie delle Nazioni Unite hanno rivolto un appello dicendo che quanto avevano chiesto circa un anno fa alle parti in conflitto, cioè di permettere l’accesso agli aiuti umanitari, è stato largamente disatteso e queste cinque agenzie umanitarie parlano dell’aggravarsi della situazione umanitaria giorno per giorno. Ancora qualche giorno fa, le Nazioni Unite sono tornate a scuotere la coscienza della comunità internazionale, dicendo che non fa abbastanza, soprattutto per i milioni di profughi rifugiati nei Paesi vicini.

    D. – Molto clamore hanno suscitato le immagini dei giorni scorsi provenienti da Rakka, di esecuzioni barbare…

    R. – La regione è inaccessibile, praticamente. E’ difficile averne notizie. Quindi, non posso fare affermazioni su quanto è successo riguardo alle foto che sono circolate. Posso solo dire, questo sì, con certezza, che tutti i cristiani sono partiti da quella regione alcuni mesi fa. Forse, ne è rimasto qualcuno… Quindi, non si sa chi siano quelle persone messe lì, in croce… Questa mattina leggevo su Internet – ma non so che attendibilità abbia – di attivisti di quella zona che hanno rivolto un gentile appello al Santo Padre, una gentile precisazione dicendo: “Santità, quelle due persone crocifisse nelle foto non sono cristiani, ma sono parte di un gruppo islamico che è nemico di un altro gruppo fondamentalista”. Non è possibile dire se sia credibile questa precisazione inviata da questi cosiddetti attivisti di Rakka al Santo Padre. Mentre invece posso confermare che quanto è circolato tempo fa, di cristiani crocifissi a Maalula, è falso. Quindi, direi che bisogna stare anche un po’ attenti alla cosiddetta “guerra mediatica”: bisogna andare molto cauti, verificare sempre la verità dei fatti.

    D. – Anche perché imprecisioni di questo tipo possono provocare conseguenze molto negative…

    R. – E’ chiaro. Possono urtare gli uni o gli altri… Direi che bisogna attenersi alla verità dei fatti, non cadiamo in allarmismi che non hanno fondamento.

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    Ancora scontri in Ucraina. Rischio di infiltrazioni nell'opposizione filorussa?

    ◊   Sempre più consistente il rischio di guerra civile in Ucraina. Ieri, negli scontri che hanno visto contrapposti l'esercito di Kiev e gruppi di separatisti filorussi, decine i morti e i feriti. Le situazioni più cruente a Sloviansk, Donetsk e Odessa. In questo quadro, oggi si riunisce il Consiglio d’Europa a Vienna. Molti gli osservatori che temono il degradarsi della crisi, sullo stile di quanto avvenuto in Siria e, prima ancora, in Iraq e Afghanistan. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Andrea Margelletti, presidente del Cesi, il Centro studi internazionali:

    R. – No, direi che siamo di fronte a realtà profondamente e radicalmente diverse, proprio perché la crisi in Siria, ma soprattutto la crisi in Iraq prima o il conflitto in Afghanistan, si svolgono in luoghi dove lo Stato centrale è estremamente debole o, in alcuni casi, addirittura non esistente. Invece, nel conflitto che contrappone Mosca a Kiev abbiamo due realtà statuali estremamente strutturate e con un controllo forte su tutti gli apparati dello Stato e, direi, anche su quello delle milizie.

    D. – E’ possibile, secondo lei, che l’opposizione ucraina composta dal fronte filorusso sia infiltrata da altri elementi, e quali?

    R. – Direi di no. Potremmo vedere l’arrivo di mercenari stranieri, però questi mercenari operano all’interno di regole ben chiare e stabilite da chi li manda a chiamare e da chi li paga. Quindi, direi che ci troviamo di fronte, semmai, a eserciti paralleli più che a milizie incontrollabili.

    D. – Quale evoluzione lei vede di questa crisi che pian piano sta coinvolgendo un po’ tutte le realtà internazionali?

    R. – Il vero problema è proprio l’utilizzo delle milizie, perché esse sono in grado di fare azioni importanti per conto di qualcuno che rimane coperto. Nel gergo vengono chiamate “negazioni plausibili”, ovvero il mandante può sempre dire: “No, non è colpa nostra, sono state le milizie”. Loro rappresentano davvero la wild card del conflitto. La speranza è una risoluzione della crisi ovviamente diplomatica. Però, da quello che vedo in questi giorni e in queste ore, non ho la sensazione che tutti abbiano la stessa buona volontà.

    D. – Oltre a un dialogo più efficace Mosca-Washington, che potrebbe risolvere la situazione, è importante che partecipi qualche altro attore?

    R. – Sarebbe importante che ci fosse l’Europa, ma anche in questo caso, come in innumerevoli altri casi, lamentiamo un “fragoroso silenzio” da parte di Bruxelles, dove invece sono proprio i Paesi europei a giocare in questo caso un ruolo determinante. La speranza è che prima o poi tutti ci si renda conto che da soli non si va da nessuna parte. Ma, in realtà, l’affermarsi sempre più di movimenti antieuropeisti dimostra come in questo momento il Vecchio continente sia un po’ in affanno.

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    Sudafrica. Vigilia elettorale, l'Anc partito favorito

    ◊   Vigilia elettorale oggi in Sudafrica. Domani, il Paese andrà al voto per le elezioni generali, le quinte della sua storia democratica cominciata proprio vent’anni fa, nel 1994. Grande favorito è l’African National Congress (Anc), il partito di governo, che punta alla maggioranza dei due terzi in parlamento. Da Johannesburg, Davide Maggiore ha chiesto il perché di questo successo annunciato a Raymond Perrier, direttore del Jesuit Institute:

    R. – L’Anc si presenta come il Partito della liberazione. Mandela è morto solo sei mesi fa e per molte persone questo rappresenta l’ultimo voto per Mandela. Questa parte, dunque, emotiva è molto importante.

    D. – Cosa dicono i sondaggi sugli altri partiti? C’è una crescita dei partiti di opposizione?

    R. – C’è stata una crescita. Due o tre settimane fa, sembrava che l’Anc avrebbe avuto meno del 60% dei voti. Adesso invece si pensa piuttosto al 64-65%. Gli altri partiti sono, più o meno, allo stesso livello di cinque anni fa.

    D. – Per quale motivo questi partiti non riescono ad aumentare i loro consensi?

    R. – Il partito più grande della minoranza si chiama "Democratic Alliance", Alleanza Democratica, ed è composto da molti partiti di tradizione principalmente bianca, degli europei sudafricani.

    D. – La "Democratic Alliance" non riesce a intercettare i voti dei neri?

    R. – I voti dei neri e soprattutto i voti dei neri rurali – i voti dei neri più poveri – che rappresentano la maggioranza del Sudafrica. Gli altri partiti sono piccoli, in maggioranza in opposizione all’Anc, provengono dall’Anc e non contano molte persone.

    D. – Quali sono stati i temi più importanti della campagna elettorale?

    R. – I problemi economici e l’enorme disoccupazione che, ufficialmente, è al 25%, ma in realtà è a più del 30-40%. In verità, le persone votano per ragioni emotive piuttosto che razionali.

    D. – Il tema della corruzione che ruolo ha avuto nella campagna elettorale?

    R. – In termini di discussione pubblica, il tema della corruzione è stato molto importante. Ma la risposta della maggioranza è che tutti i politici sono corrotti e votare contro la corruzione non è possibile.

    D. – Ci sono molti giovani che quest’anno votano per la prima volta e non hanno conosciuto la segregazione razziale. Quale potrà essere il loro comportamento?

    R. – Evidentemente, non hanno questa lealtà all’Anc. Ma loro, come i giovani di tutto il mondo, sono molto delusi. Sembra che solo una minoranza di quelli che possono votare si sia registrata. Il loro impatto sulle elezioni, quindi, non sarà tanto grande.

    D. – Un’ultima domanda riguarda le Chiese: in che modo si sono avvicinate a questo voto, in particolare la Chiesa cattolica?

    R. – I vescovi hanno pubblicato una lettera episcopale due mesi fa, che promuove le elezioni e ricorda ai cattolici che votare è obbligo morale. Ricorda anche di farlo dopo la preghiera e per il bene comune, non solo per se stessi.

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    Immigrazione: fra tragedie e polemiche l'impegno di chi salva i profughi

    ◊   A poche ore dalla tragedia nel Mare Egeo, dove ieri decine di migranti sono annegati nel tentativo di raggiungere l’isola greca di Samos, a Trapani oggi sono state condotte le centinaia di persone soccorse due giorni fa a sud di Lampedusa, la metà di loro verrà trasferita in strutture del nord Italia. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Saranno ospitati dal Piemonte, dalla Liguria e forse anche da Roma: in 500 circa saranno trasferiti al nord, perché ormai le strutture del trapanese sono sature. In totale, a essere soccorsi a 120 miglia a sud di Lampedusa sono stati 887 migranti, tra loro 195 minori e 145 donne, e ancora una volta un arrivo di questo genere ha suscitato le polemiche di chi, come i ministri Alfano e Mogherini, sollecita l’Europa a condividere gli sforzi dell’Italia nel salvare le vite e accoglierle, e di chi – con la Lega in prima linea – chiede di interrompere l’operazione “Mare Nostrum” e di reintrodurre il reato di immigrazione clandestina. Critiche che però si perdono prima di arrivare a Lampedusa. “Da qui – ci dice Giuseppe Cannarile, tenente di vascello, comandante della Guardia costiera di Lampedusa – si guarda al profondo sud, e le polemiche arrivano poco”. Cannarile, sull’isola da circa tre anni, è stato uno dei testimoni della tragedia del 3 ottobre scorso, con la morte di oltre 300 migranti, ed è tra i protagonisti dei quotidiani soccorsi che impegnano le parti coinvolte nell’operazione "Mare Nostrum":

    R. – C’è una serie numerosa di condizioni che garantiscono il fatto che ogni soccorso sia diverso dall’altro. E questo perché le condizioni dei migranti non sono le stesse. Certe volte ci sono più donne che uomini, ci sono criticità mediche da affrontare – donne incinte, bambini di diverse età – e c’è poi la fatiscenza degli scafi con cui navigano. Ci troviamo di fronte, ogni volta, a un problema nuovo, straordinario da affrontare. Ad esempio, scafi con vie d’acqua già aperte e che stanno per affondare. Ecco, quindi, l’immediatezza del soccorso, delle azioni programmate, decise e veloci, per affrontarlo. In alcuni casi, ci troviamo di fronte a ustioni chimiche che non permettono il facile trasbordo dei migranti dal natante alle nostre motovedette. Quindi, c’è un lavoro di squadra per poter salvare queste persone e ogni volta ha una sua eccezionalità.

    D. – Bisogna avere freddezza, fondamentale per essere tempestivi, mentre l’emozione in cosa vi aiuta?

    R. – L’emozione è la pacca sulla spalla che ci dà la possibilità di andare avanti e sempre con maggiore forza e spirito di sacrificio. Io credo che già nella vita di ciascuno di noi raccontare di aver salvato anche una sola vita umana è già motivo di orgoglio. I miei uomini raccontano di averne salvate 20 mila, 30 mila, anche 60 mila nel corso di 10 anni di attività… Questa è la grande pacca sulla spalla che ci fa andare avanti. Credo che non esista gioia maggiore!

    A bordo di ogni motovedetta della Guardia costiera, della Guardia di finanza o delle navi militari impegnate nel soccorso vi sono i volontari del Cisom, il Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta. Si tratta di un medico e di un infermiere che prestano la prima assistenza sanitaria ai migranti. Direttore nazionale del Cisom è Mauro Casinghini:

    R. – Le emergenze sono sostanzialmente sempre le stesse. Dal punto di vista sanitario, gli interventi che facciamo a bordo delle unità navali della Guardia costiera e della Guardia di finanza sono quelle relative a un viaggio infernale che queste persone compiono, nel loro tratto finale per mare, iniziando però da terra. La parte di mare evidenzia grandi patologie da ustione da idrocarburi e tutto ciò che accade poi durante la traversata. Il nostro ruolo fondamentale è quello di dare solidarietà: significa un intervento sanitario, ma significa pure un intervento psicologico anche se non portato da psicologi, teso comunque a tranquillizzare la persona che viene soccorsa, e ovviamente, nei casi estremi, è anche un ruolo salvavita.

    D. – L’aspetto umano è sollecitato ogni secondo che voi trascorrete in questa situazione. Dal punto di vista strettamente personale, cosa significa?

    R. – Significa dare veramente un senso alla propria vita, perché noi siamo i privilegiati testimoni del primo contatto con queste persone. Significa, quindi, percepire le loro speranze, percepire le loro angosce e anche vedere in faccia ciò che hanno provato, ciò che stanno per provare. E’ veramente qualcosa di particolare, specialmente quando si pensa a quello hanno vissuto nei loro Paesi di origine e a ciò che hanno vissuto nel loro viaggio, che parte da centinaia e centinaia di chilometri a sud della Libia e che poi si trasforma in drammi di ogni tipo, fino a vere e proprie violenze.

    D. – Il Cisom svolge il suo lavoro, grazie alla collaborazione di tanti altri attori, pensiamo alla Guardia di finanza, pensiamo alla Guardia costiera... Un lavoro importante che spesso passa sotto silenzio, perché ciò che viene esaltata è la paura nei confronti di questi arrivi. Qual è il messaggio che occorrerebbe ripetere costantemente alla popolazione italiana?

    R. – Questo è un grande lavoro di squadra, di sistema, che va – per quanto ci riguarda – dalla collaborazione con la Guardia costiera, con la Guardia di finanza, con la Marina militare, ma anche con chi si occupa degli aspetti sanitari – immaginiamo la sanità sull’isola di Lampedusa – o della sicurezza, Polizia e Carabinieri. Sicuramente, questo problema andrebbe visto con un’ottica molto più ampia e lungimirante, piuttosto che sfruttarlo semplicemente da un punto di vista politico o elettorale. E’ un problema che ha una sua coerenza e continuità e che – se elaborato su un piano politico vero, di largo respiro, di lungo periodo, insieme ovviamente con l’Unione Europea, che deve essere attore principale in questo senso – può dare risultati veramente inaspettati, al di là di ogni polemica, che rimane una polemica sterile. Queste attività sono essenzialmente tese alla salvaguardia della vita umana, che è un principio basilare, irrinunciabile, su cui l’Italia fonda anche la sua cultura di accoglienza e di soccorso. Non possiamo pensare che tutto ciò sia estrapolato solo in numeri che vengono letti come un’invasione. Letti invece in un’ottica di sistema e lavorando su quelle che sono le criticità vere, noi riusciremmo a leggere questo dramma per quello che realmente è, dando a questa gente l’aiuto che merita. La maggior parte di queste persone, infatti, ha sostanzialmente il diritto di richiedere protezione internazionale. Lavorare, dunque, su questo e accelerare i tempi di richiesta, dando loro una possibilità di raggiungere i propri congiunti, in tutta Europa, laddove vogliono andare, è sicuramente una chiave di lettura che, secondo me, è vincente.

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    La "Mariathon" mondiale di Radio Maria per aprire emittenti in 11 Paesi

    ◊   Al via, da oggi all’11 maggio, la seconda "Mariathon" mondiale di Radio Maria. Roberta Gisotti ne ha parlato con padre Francisco Palacio, responsabile editoriale di World Family, il coordinamento delle 70 associazioni Radio Maria nei cinque continenti:

    R. - E’ una gara di solidarietà, una gara missionaria per offrire a tutti i nostri ascoltatori l’occasione e l’opportunità di essere coinvolti in questa missione della Madonna nel mondo, in modo tale che, con la preghiera e anche con la propria cooperazione e generosità, si possa aprire, per essere concreti, una stazione radio in quei Paesi che hanno avuto la chiamata e che per la loro situazione di povertà non sono in grado di impiantare un’emittente e portare avanti questo messaggio di pace.

    D. - 11 nuovi Paesi in via di sviluppo dove portare la voce di Radio Maria: Haiti, India e Macao, Irlanda e Lettonia, Madagascar e altri cinque in Africa: Guinea e Guinea Equatoriale, Liberia, Mali, Nigeria…

    R. – Sì, in modo particolare siamo focalizzati sul continente africano. L’Africa è uno dei continenti che ha oggi più conversioni al cattolicesimo. Per questo, sono tanti i Paesi africani e attualmente in 16 Paesi c’è già Radio Maria.

    D. - Ma come partecipare concretamente all’iniziativa?

    R. - In primo luogo, ascoltando Radio Maria del proprio Paese, in questo caso Radio Maria Italia, con la consapevolezza che la propria cooperazione è una missione fatta pienamente per portare la Parola di Dio in ogni luogo. Come posso collaborare? Sia attraverso il conto bancario, sia attraverso la posta. Tutti i contribuiti sono convogliati in questo sforzo per l’Africa e per l’Asia soprattutto. E’ per questo che rivolgiamo questo invito: ascoltare Radio Maria, essere coinvolti, chiamare Radio Maria del proprio Paese, così che possano sentire che Dio chiama a continuare questa missione.

    D. - Queste giornate saranno, dunque, l’occasione per una preghiera comune che si leva dai cinque continenti…

    R. - Giusto. Per esempio, il Rosario del venerdì è trasmesso da Panama, la Messa la avremo da Bujumbura, la capitale del Burundi. E poi il direttore, in varie lingue, celebrerà la Messa, anche con traduzione in simultanea nelle varie Radio Maria del mondo. Quindi, immaginiamo per un istante: 70 Radio Maria nei cinque continenti che pregano nello stesso momento, unite nella stessa Eucaristia. Questo è un dono del cielo.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Rapporto sulla condizione nel mondo di mamme e bambini

    ◊   Alla vigilia della Festa della mamma, Save the Children ha pubblicato il suo 14° rapporto sullo Stato delle madri nel mondo. Analizzando le condizioni di donne e bambini in 176 paesi, l’Onlus per la tutela dei diritti dei minori evidenzia come il continente africano si trovi a dover affrontare i problemi maggiori.

    Gli ultimi dieci posti, infatti, sono occupati da Somalia (fanalino di coda), Repubblica Democratica del Congo, Niger, Mali, Costa d’Avorio, Ciad, Nigeria, Sierra Leone, Repubblica Centrafricana e Guinea Bissau. Si tratta degli Stati che hanno ottenuto i punteggi più bassi per ognuno dei cinque indicatori su cui si è basato lo studio: salute materna e rischio di morte per parto, benessere dei bambini e tasso di mortalità entro i 5 anni, grado di istruzione, Pil procapite, partecipazione alla vita politica.

    Nelle nazioni in fondo alla classifica, in media 1 donna su 30 muore per cause legate alla gravidanza o al parto, mentre nel mondo è di circa un milione il numero dei neonati che non superano il primo giorno di vita. Le cause principali risiedono nella mancanza di servizi sanitari di base e di assistenza alle donne prima, durante e dopo il parto.

    Lo studio di Save the Children mette in evidenza ancora una volta il forte divario tra le nazioni industrializzate e quelle in via di sviluppo. La Finlandia guida la classifica per le condizioni di mamme e bambini (l’Italia occupa il 17° posto), ma non mancano sorprese anche tra gli altri Paesi occidentali. Si nota immediatamente, infatti, il preoccupante 30° posto occupato dagli Stati Uniti che, tra le nazioni a maggior grado di benessere, ha il triste primato di mortalità neonatale (circa 11.000 bambini americani muoiono nel primo giorno di vita).

    Per riuscire a raggiungere gli obiettivi concordati a livello internazionale e ridurre la mortalità materna e infantile nel mondo, Save the Children chiede uno sforzo maggiore in termini di sviluppo di sistemi di cura e un maggior finanziamento al capitolo sanità nei bilanci dei vari Stati. (G.L.)

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    Ucraina: preghiere e Messe in tutto il Paese per la pace e le vittime

    ◊   In sintonia con l’appello del Papa per la pacificazione e la fratellanza in Ucraina, il Paese si è stretto in questi giorni in una preghiera incessante per la pace. Il vescovo cattolico di Odessa, mons. Bronislav Biernacki, ha celebrato ieri pomeriggio nella cattedrale cattolica una Messa e ha lanciato alla popolazione un appello a “mantenere la calma” e a “non cedere alle provocazioni”. A tutte le forze politiche nel Paese e all’estero - riferisce l'agenzia Sir - il vescovo ha chiesto d’intensificare “gli sforzi per dare all’Ucraina la pace e fermare l’escalation della violenza” e alla comunità internazionale “di rafforzare la pressione politica ed economica su coloro che sostengono la violenza, pagano i provocatori e forniscono loro le armi”.

    Anche il vescovo della Chiesa greco-cattolica di Odessa, mons. Mykhaylo Bubniy, guarda con “dolore e preoccupazione” alla situazione della città implorando tutte “le parti in conflitto, le forze di sicurezza, il governo e tutte le forze politiche e movimenti della regione di Odessa di fermare lo spargimento di sangue e prevenire un’ulteriore crescita di tensione e violenza nella regione”. “Esorto tutti a lottare pacificamente per i diritti civili e affermare i valori morali che sono alla base della democrazia”. Domenica in tutte le parrocchie di Odessa e Crimea, durante la Messa, si è pregato per le persone che hanno perso la vita durante i tragici eventi di venerdì scorso.

    A Leopoli tutte le Chiese hanno partecipato a una preghiera ecumenica per la pace in Ucraina, mentre dal Canada, in un’intervista rilasciata alla “National Review”, il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, Sviatoslav Shevchuk, guarda alle elezioni presidenziali del 25 maggio. “La nostra Chiesa - dice - esorta a partecipare pienamente al dibattito elettorale e a votare con cura per la persona che può unire il Paese”. Scopo della propaganda russa è destabilizzare il processo democratico in atto in Ucraina favorendo “divisione e disgregazione” del Paese. Il primate della Chiesa ha assicurato che lui e la sua Chiesa faranno invece tutto il possibile per favorire il processo di elezione. (R.P.)

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    Egitto. Il candidato al-Sisi: non più partiti con ideologia religiosa

    ◊   Nella prima, ampia intervista televisiva della sua campagna elettorale, trasmessa la sera di lunedì 5 maggio da due reti televisive private egiziane, l'ex generale Abdel Fattah al-Sisi (super-favorito alle prossime elezioni presidenziali egiziane del 25-26 maggio) ha confermato che in caso di vittoria, e nel rispetto di quanto prescritto nella nuova Costituzione, in Egitto non ci saranno più partiti politici con ideologia religiosa, a cominciare dai Fratelli Musulmani.

    L'ideologia della Fratellanza Musulmana – ha detto tra l'altro al-Sisi - è basata su “arroganza” religiosa. “La struttura di pensiero di questi gruppi” ha spiegato l'ex generale “dice che noi non siamo veri musulmani. Loro credono che il conflitto sia inevitabile perché considerano noi come dei non-credenti”.

    Durante la lunga intervista ripresa dall'agenzia Fides, il probabile futuro Presidente dell'Egitto si è definito “egiziano musulmano” ma ha condannato ogni discriminazione fondata sulla religione, esprimendo in vari passaggi la sua concezione dei rapporti tra Islam, politica e istituzioni statali. Al-Sisi ha introdotto una distinzione tra “l'Islam personale” nel quale ogni individuo vive il suo rapporto con Dio attraverso preghiere, digiuni e altre pratiche religiose – e "l'Islam dello Stato", inteso come riferimento delle istituzioni statali ai principi etici generali contenuti nella legge islamica.

    “Su questo punto” nota il vescovo copto cattolico di Guizeh, Antonios Aziz Mina, “si può parlare di una certa somiglianza tra la posizione di al-Sisi e la concezione dei rapporti tra politica e religione che aveva il Presidente Gamal Abd el-Nasser, da molti considerato il padre dell'Egitto moderno”.

    Il vescovo Mina, in sintonia con quanto espresso dal patriarca copto ortodosso Tawadros II, conferma che le Chiese cristiane in Egitto non daranno ufficialmente indicazioni di voto a favore di uno dei due candidati alla carica di Presidente (ad al-Sisi si contrappone il politico di sinistra Hamdin Sabahi): “Le Chiese” ribadisce all'agenzia Fides Anba Antonios “non sostengono nessuno a titolo ufficiale. E invitano tutti gli egiziani a operare la propria scelta coi mezzi che Dio ci ha dato: ragione, coscienza e intelligenza”. (R.P.)

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    Sudan: mons. Gassis condanna bombardamento contro ospedale cattolico nel Sud Kordofan

    ◊   “Un’offesa inaccettabile contro civili innocenti che cercano assistenza nel nostro ospedale” e “un attacco contro la sacralità della vita umana che dobbiamo difendere a tutti i costi”. Con queste parole mons. Macram Max Gassis, vescovo emerito della diocesi sudanese di El Obeid ha espresso la sua ferma condanna del bombardamento dell’aviazione sudanese contro l’ospedale cattolico “Mother of Mercy”, sui Monti Nuba, territorio compreso nel Sud Kordofan.

    Il bombardamento, che ha causato solo un ferito, è avvenuto il 1° e il 2 maggio. Si tratta dell’ennesimo attacco aereo contro la popolazione civile della regione, dove da tempo è in corso una guerra tra il governo di Khartum e l’Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese-Nord (Spla-Nord). “La legge internazionale esige che i civili siano protetti durante i conflitti, ma l’attacco di oggi è una violazione di questo principio umanitario fondamentale” , ha dichiarato mons. Gassis che si è rivolto quindi al Presidente Bashir: “Prendendo di mira il nostro ospedale state colpendo i nostri fratelli e sorelle musulmani, mentre continuate ad opprimere la Chiesa in Sudan”.

    Il presule ha ricordato che solo il dialogo e non le armi possono permettere una soluzione duratura al conflitto nel Sud Kordofan, ribadendo l’impegno della Chiesa per la pace nella regione. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Centrafrica: il Carmelo di Bangui uno dei 5 campi profughi più grandi della capitale

    ◊   “Siamo uno dei 5 Campi profughi più grandi di Bangui. Secondo l’ultimo censimento effettuato da una Ong il numero dei nostri profughi è sceso e si è ormai stabilizzato a 7.500” riferisce all’agenzia Fides padre Federico Trinchero, missionario carmelitano scalzo che opera nel convento Notre Dame du Mont Carmel di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, ancora in preda al caos e all’insicurezza.

    “Ci sono state settimane nelle quali siamo stati molti di più. Da circa due settimane siamo riusciti a liberare tutti i cortili interni del convento, occupati dai profughi dal 5 dicembre” aggiunge il missionario. Padre Federico racconta come si è evoluta la vita nel loro campo per sfollati. “Ora tutti i nostri ospiti hanno trovato rifugio sotto tendoni di plastica, dove possono abitare più famiglie insieme. Per l’esattezza, sono stati montati 79 tendoni. Oltre alle tende sono state installate 116 latrine e 110 docce.

    Il Campo profughi - afferma padre Federico - è diviso in 12 quartieri. Ogni quartiere ha un responsabile, coadiuvato da due consiglieri. Un comitato, composto da un presidente, un segretario generale e un sorvegliante, presiede e organizza ogni attività e movimento nel campo. Un’equipe di vigilanza per la notte e un’altra per il giorno (con tanto di fascia rossa al braccio e un rosario blu al collo) si occupano della sicurezza 24 ore su 24; altre due equipe sono incaricate della pulizia dei servizi igienici, delle docce, della pulizia del campo e della raccolta dell’immondizia. Inoltre, sono stati creati tantissimi drenaggi per evitare l’allagamento delle tende durante le piogge più torrenziali".

    "Un’altra equipe ancora, formata di giovani, si occupa dello scarico dei viveri. Ogni due settimane, infatti, la Croce Rossa Internazionale deposita, in uno dei chiostri del convento, qualcosa come 16 tonnellate di riso, 6 tonnellate di fagioli, 2800 litri di olio e 12 grandi sacchi di sale. Infine, un consiglio di 10 saggi colposto da uomini e donne, conclude il carmelitano, svolge un influente ruolo di controllo su tutte le attività". (R.P.)

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    Terra Santa: inaugurato a Tel Aviv un Centro pastorale per i migranti

    ◊   Gli immigrati cristiani possono contare sull’accoglienza della comunità cattolica di Terra Santa e avranno sempre la Chiesa al loro fianco nella difesa dei propri diritti fondamentali: lo ha assicurato il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, in occasione dell’inaugurazione di un Centro pastorale intitolato a Nostra Signora Donna del Valore. Lo riferisce L’Osservatore Romano.

    La possibilità di professare la fede non è sempre agevole per i filippini, i cingalesi, gli etiopi, gli eritrei, gli indiani, i sudanesi e tutti i migranti che sono recentemente arrivati in Israele per trovare lavoro o per sfuggire da regimi politici autoritari. Fino a tre mesi fa — come riferisce il sito in rete del patriarcato di Gerusalemme dei Latini — utilizzavano come cappella un riparo antiaereo affittato a caro prezzo. Con l’aiuto di alcuni benefattori, il patriarcato è riuscito ad acquistare una casa che, dopo i necessari lavori di ristrutturazione, adesso accoglie tutti i sabati e le domeniche i numerosi fedeli per le celebrazioni e per il catechismo. Il Centro serve anche come abitazione per quattro suore che, vivendo tra i migranti, li visitano e ne condividono la vita.

    Situato nel cuore di un quartiere povero nel sud della città di Tel Aviv, il Centro ha ancora una posizione provvisoria, come spiega padre David Neuhaus, vicario patriarcale per i fedeli cattolici di espressione ebraica e responsabile della pastorale per i migranti: «Il Centro si sposterà perché noi dobbiamo necessariamente vivere tra le persone che accogliamo».
    L’importanza di agevolare l’integrazione dei migranti con la comunità cattolica locale è stata sottolineata con forza nell’omelia dal patriarca Twal: «Io incoraggio le diverse comunità del nostro patriarcato a sviluppare un vero senso di unità nella diversità. Con loro, noi, come Chiesa, dobbiamo alzare la voce pubblicamente ed efficacemente per garantire il pieno riconoscimento dei loro diritti di essere umani e perché siano trattati in modo giusto». (I.P.)

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    Cile: Plenaria dei vescovi su vocazioni e seminari

    ◊   Fino a sabato 10 maggio si svolgeranno i lavori della 107° Assemblea plenaria della Conferenza episcopale cilena che si occuperà della realtà delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata e il processo formativo e di organizzazione dei seminari, ma farà anche un’ampia riflessione sulla realtà nazionale.

    “Illuminare il cammino degli uomini e delle donne del Cile è specialmente importante oggi di fronte alle proposte di messaggi e di modelli di vita lontani da Gesù” è stato l’augurio del nunzio apostolico in Cile, mons. Ivo Scapolo, che ha presieduto, ieri, la celebrazione eucaristica di apertura concelebrata dall’arcivescovo di Santiago e presidente dell’episcopato card. Ricardo Ezzati con tutti i vescovi cileni. Per l’occasione, il nunzio ha rivolto un saluto e una benedizione speciale per i pastori, che Papa Francesco gli ha rivolto durante l’udienza privata dello scorso martedì 29 aprile.

    Oltre alle vocazioni ed ai seminari, l’episcopato scambierà opinioni e impressioni su come sono state accolti, nelle diocesi cilene, gli “Orientamenti pastorali 2014-2020” che sono stati presentati nell’Assemblea plenaria di gennaio scorso, sul tema “Una Chiesa che ascolta, che annuncia e sostiene”. Infine, i vescovi individueranno le principali sfide che devono essere presenti nella pianificazione delle cinque aree pastorali: ecclesiale, agenti di evangelizzazioni, educazione, pastorale sociale, Caritas e comunicazioni. La chiusura dell’Assemblea sarà un’occasione speciale per tutti i vescovi che parteciperanno alla cerimonia di ordinazione episcopale di mons. Fernando Ramos e mons. Galo Fernández, nuovi vescovi ausiliari di Santiago. (A cura di Alina Tufani)

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    India: è morto a 100 anni padre Kaipanplackal, apostolo dei poveri e dei diseredati

    ◊   E’ deceduto domenica scorsa padre Abrahm Kaipanplackal, fondatore di due congregazioni religiose ed infaticabile lavoratore in favore dei poveri e degli orfani. Il sacerdote conduceva ormai da tempo una vita ritirata e di riposo, lo scorso 16 aprile aveva compiuto 100 anni.

    La Congregazione delle Suore missionarie di Snehagiri, da lui fondata con lo scopo di assistere gli orfani ed i diseredati, prosegue la propria missione, così come la Congregazione delle suore Devadan nel Kerala. Padre Kaipanplackal ha fondato nella diocesi di Palai 19 orfanotrofi, 19 Case di riposo per anziani, sette Case di accoglienza per malati mentali, 5 scuole speciali, tre Centri di accoglienza per disabili motori e due per disabili psichici.

    Era stato ordinato sacerdote nel 1939 e venti anni dopo era divenuto parroco di Lalam. (S.L.)

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    Gli aiuti di vescovi e Caritas per gli alluvionati delle Marche

    ◊   “Accompagnare la popolazione colpita, facendoci prossimi alle Caritas locali e sostenendone gli sforzi, non solo nell’emergenza, ma anche nella prospettiva della ricostruzione”. Questo il messaggio che don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, ha voluto ribadire con la sua visita nelle zone alluvionate delle Marche. Sin dalle prime ore dell’emergenza, Caritas Italiana è rimasta in costante collegamento con la Chiesa locale attraverso il coordinamento della Delegazione regionale Caritas, ed ha già espresso vicinanza e solidarietà mettendosi, come di consueto in conformità al suo mandato, a disposizione per un pieno supporto e destinando un primo contributo per gli interventi immediati.

    Una prima concreta risposta solidale all’alluvione che ha colpito le Marche è venuta inoltre dalla presidenza della Conferenza episcopale italiana che ha disposto lo stanziamento di un milione di euro dai fondi derivanti dall’otto per mille. La diocesi di Senigallia, dove si sono registrate anche due vittime, è la più colpita, con ingenti danni alle abitazioni, alle vie di comunicazione e alle attività produttive. Tra sabato e domenica gli sfollati sono stati oltre 300. Altre zone che vivono disagi sono nell'area jesina, a Chiaravalle e nel Fermano.

    La Caritas di Senigallia, su indicazione del vescovo, mons. Giuseppe Orlandoni, e d’intesa con le autorità locali, ha attivato due punti di pronta accoglienza e preparazione pasti. Nonostante i danni subiti anche da alcune strutture Caritas parrocchiali e diocesane, volontari e operatori stanno moltiplicando gli sforzi cercando di ripristinare i servizi essenziali destinati alle persone più in difficoltà, dislocandoli in Caritas parrocchiali ancora attive da attrezzare con servizi doccia e di distribuzione alimenti. Inoltre si sta allestendo un presidio provvisorio di orientamento. Tra gli interventi più urgenti si sta provvedendo alla fornitura di materassi, piccoli fornelli a gas e suppellettili per ripristinare la fruibilità delle abitazioni. (I.P.)

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    Morto mons. Livio Maritano, promotore della Causa di beatificazione di Chiara Luce Badano

    ◊   A 88 anni nelle prime ore di oggi, si è spento mons. Livio Maritano, vescovo emerito di Acqui. Era ricoverato da alcuni giorni al Cottolengo di Torino. Nato a Giaveno il 29 agosto 1925, è stato ordinato sacerdote il 27 giugno 1948. Eletto vescovo titolare di Oderzo e vescovo ausiliare di Torino il 19 ottobre 1968. E' stato il vescovo ausiliare del card. Michele Pellegrino e del card. Anastasio Ballestero. Professore e rettore del Seminario arcivescovile della diocesi di Torino, per molti anni.

    Il 30 giugno 1979 è stato promosso alla sede di Acqui. Dimessosi il 9 dicembre 2000 per raggiunti limiti d'età, ne è diventato, così, vescovo emerito. È stato il promotore della causa di beatificazione di Chiara “Luce”, Badano beatificata a Roma, nel santuario della Madonna del Divino Amore, il 25 settembre 2010.

    La camera ardente è stata allestita al Cottolengo di Torino. I funerali si svolgeranno nel duomo di Torino giovedì 8 maggio alle 11.30; la sera ad Acqui si terrà una veglia funebre. Il mattino, sempre ad Acqui, alle 10 dopo la cerimonia funebre mons. Maritano sarà tumolato nella cripta della cattedrale. (R.P.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 126

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.