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Sommario del 05/05/2014
Papa Francesco: i cristiani siano liberi da vanità, sete di potere e di soldi
◊ Nella Chiesa ci sono persone che seguono Gesù per vanità, sete di potere o soldi; il Signore ci dia la grazia di seguirlo solo per amore: è la preghiera che ha fatto il Papa durante la Messa presieduta stamani a Santa Marta. Ce ne parla Sergio Centofanti:
Prendendo lo spunto dal Vangelo del giorno, in cui Gesù riprova la gente di cercarlo solo perché si era saziata dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, il Papa invita a porsi la domanda se seguiamo il Signore per amore o per qualche vantaggio. “Perché noi siamo tutti peccatori – ha osservato - e sempre c’è qualcosa di interessato che deve essere purificato nel seguire Gesù e dobbiamo lavorare interiormente per seguirlo per Lui, per amore”. “Gesù – afferma Papa Francesco - accenna a tre atteggiamenti che non sono buoni nel seguire Lui o nel cercare Dio. Il primo è la vanità”. In particolare, si riferisce a quei notabili, a quei "dirigenti" che fanno l’elemosina o digiunano per farsi vedere:
“Questi dirigenti volevano farsi vedere, a loro piaceva – per dire la parola giusta – piaceva pavoneggiarsi e si comportavano come veri pavoni! Erano così. E Gesù dice: ‘No, no: questo non va. Non va. La vanità non fa bene’. E alcune volte, noi facciamo cose cercando di farci vedere un po’, cercando la vanità. E’ pericolosa, la vanità, perché ci fa scivolare subito sull’orgoglio, la superbia e poi tutto e finito lì. E mi faccio la domanda: io, come seguo Gesù? Le cose buone che io faccio, le faccio di nascosto o mi piace farmi vedere?”.
“E io anche penso a noi, a noi pastori” - ha detto il Papa – perché “un pastore che è vanitoso non fa bene al popolo di Dio”: può essere prete o vescovo, ma “non segue Gesù” se “gli piace la vanità”. “L’altra cosa che Gesù rimprovera a quelli che lo seguono – afferma - è il potere”:
“Alcuni seguono Gesù, ma un po’, non del tutto consapevolmente, un po’ inconsciamente, ma cercano il potere, no? Il caso più chiaro è Giovanni e Giacomo, i figli di Zebedeo, che chiedevano a Gesù la grazia di essere primo ministro e vice-primo ministro, quando sarebbe venuto il Regno. E nella Chiesa ci sono arrampicatori! Ci sono tanti, che usano la Chiesa per … Ma se ti piace, vai a Nord e fai l’alpinismo: è più sano! Ma non venire in Chiesa ad arrampicarti! E Gesù rimprovera questi arrampicatori che cercano il potere”.
“Soltanto quando viene lo Spirito Santo – ha osservato il Papa - i discepoli sono cambiati. Ma il peccato nella nostra vita cristiana rimane e ci farà bene farci la domanda: io, come seguo Gesù? Per Lui soltanto, anche fino alla Croce, o cerco il potere e uso la Chiesa un po’, la comunità cristiana, la parrocchia, la diocesi per avere un po’ di potere?”. "La terza cosa che ci allontana dalla rettitudine delle intenzioni - sottolinea - sono i soldi":
“Quelli che seguono Gesù per i soldi, con i soldi, cercando di approfittare economicamente della parrocchia, della diocesi, della comunità cristiana, dell’ospedale, del collegio … Pensiamo alla prima comunità cristiana, che ha avuto questa tentazione: Simone, Anania e Saffira … Questa tentazione c’è stata dall’inizio, e abbiamo conosciuto tanti buoni cattolici, buoni cristiani, amici, benefattori della Chiesa, anche con onorificenze varie … tanti! Che poi si è scoperto che hanno fatto negozi un po’ bui: erano veri affaristi, e hanno fatto tanti soldi! Si presentavano come benefattori della Chiesa ma prendevano tanti soldi e non sempre soldi puliti”.
“Chiediamo al Signore la grazia – ha concluso il Papa - che ci dia lo Spirito Santo per andare dietro a Lui con rettitudine di intenzione: soltanto Lui. Senza vanità, senza voglia di potere e senza voglia dei soldi”.
Il Papa ai vescovi del Burundi: solo il Vangelo sanerà le ferite nel vostro Paese
◊ In un Paese ancora ferito dai “terribili conflitti” del recente passato, siate testimoni della fraternità del Vangelo anche nel campo della cosa pubblica. È uno degli auspici che Papa Francesco ha espresso nel discorso consegnato oggi ai vescovi del Burundi, ricevuti in visita ad Limina. Ampio lo spazio riservato fra l’altro dal Papa alla formazione dei candidati al sacerdozio. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Quando la guerra ha insegnato a odiare, la pace può tornare se qualcuno semina di nuovo la fraternità. Un’evidenza che Papa Francesco mette subito in risalto nel suo discorso ai vescovi del Burundi quando – riconoscendo che “profonde ferite” causate da violenza ed “estrema povertà” fanno ancora sanguinare la popolazione del Paese – chiede ai presuli burundesi di radicare con forza nelle coscienze il Vangelo, il solo che, dice, possa “indurre gli uomini all'amore fraterno e al perdono”. Senza “mai vacillare nella speranza”, la Chiesa locale – afferma Papa Francesco – deve dunque prendersi tutto lo spazio necessario per dialogare in campo “sociale e politico”, in vista della “riconciliazione”. In particolare, aperto dev’essere il confronto con le autorità del Burundi: loro per prime, osserva il Papa, “hanno bisogno della vostra testimonianza di fede e del vostro coraggioso annuncio di valori cristiani, cosicché possano comprendere la Dottrina sociale della Chiesa, apprezzarne il valore e ispirarsi nella gestione della cosa pubblica”.
Sacerdoti capaci di tutto questo vanno adeguatamente formati sin dall’inizio, e comunque sostenuti durante il ministero, e sul punto Papa Francesco si sofferma in modo dettagliato. Ogni vocazione al sacerdozio, ripete, deve in ogni caso poggiare su “quattro pilastri” solidi, ovvero “formazione intellettuale”, “formazione spirituale, umana e pastorale”. Questo perché, sottolinea il Papa, i sacerdoti porteranno lungo l’arco della vita, “nelle loro relazioni quotidiane”, il Vangelo e dunque nel ministero sacerdotale – asserisce citando l’Evangelii Gaudium – non dovrebbe esservi “un predominio dell’aspetto amministrativo su quello pastorale, come pure una sacramentalizzazione senza altre forme di evangelizzazione”. Ma non è tutto. Oggi, riconosce con schiettezza, le vocazioni “sono fragili” e i giovani “devono essere sostenuti con attenzione nel loro cammino. Devono avere come formatori preti che siano veri esempi di gioia e di perfezione sacerdotale, che siano loro vicini e condividano le loro vite, che li ascoltino veramente così da conoscerli e guidarli meglio. È solo a questo prezzo – soggiunge – che un giudizio equo può essere esercitato, evitando malaugurati errori”.
Stessa cura Papa Francesco la chiede, oltre che per le persone consacrate – ringraziate per “le opere di educazione sociale, di assistenza sanitaria, o ancora per l’aiuto dato ai profughi che sono in gran numero nel vostro Paese” – anche per i laici e la gioventù del Burundi nel suo insieme. “In un mondo in fase di secolarizzazione è necessario dare alle nuove generazioni una visione autentica della vita, della società, della famiglia”. Di conseguenza, conclude il Papa, sarà fondamentale fare “tutto il possibile” perché la formazione, nelle scuole cattoliche e non, possa essere irrorata dai valori cristiani, così che i leader del Burundi del futuro, possano costruirlo “più umano e più giusto”.
◊ “Siate saldi nella vostra fede e generosi nella carità verso le persone che incontrate”: così il Papa stamane rivolto alle Guardie Svizzere, accompagnate dal comandante Daniel Anrig, ricevute insieme ai loro familiari ed amici nella Sala Clementina, in occasione della Festa del Corpo pontificio, che sarà celebrata domani in ricordo del sacrificio di 147 soldati caduti nel sacco di Roma il 6 maggio del 1547 nell’atto di difendere Clemente VII dall’assalto dei Lanzichenecchi. Il servizio di Roberta Gisotti:
"Un giorno speciale” – ha ricordato Francesco – che commemora “l’atto eroico” dei predecessori delle Guardie Svizzere, il cui Corpo venne istituito nel 1506 sotto il Pontificato di Giulio II:
“La vostra dedizione è la conferma che il loro coraggio e la loro fedeltà hanno portato frutto, come dice il Vangelo: il seme gettato e morto nella terra è cresciuto”.
Ma “il contesto sociale ed ecclesiale – ha osservato il Papa - è molto cambiato da allora: la società è diversa rispetto a quei tempi:”
“Ma il cuore dell’uomo, la sua capacità di essere fedele e coraggioso – acriter et fideliter, recita il vostro motto – è rimasto lo stesso".
“Il vostro servizio – ha aggiunto Francesco - è quindi un’autentica testimonianza” di dedizione “ad un compito importante ed impegnativo”, in un tempo e spazio particolari, in una città museo come Roma “crocevia di turisti e pellegrini” di tutto il mondo, che arrivano “con motivazioni differenti”:
"In questo movimento di storia e di storie personali c’è anche ognuno di voi. Con il vostro peculiare servizio, voi siete chiamati a dare una serena e gioiosa testimonianza cristiana a quanti giungono in Vaticano per visitare la Basilica di San Pietro e per incontrare il Papa".
Da qui l’invito:
"Vivete intensamente le vostre giornate! Siate saldi nella vostra fede e generosi nella carità verso le persone che incontrate".
Ha poi notato il Papa che l’uniforme delle Guardie Svizzere, che tanto “attira l’attenzione della gente”, compie 100 anni. “I suoi colori e la sua foggia sono conosciuti in tutto il mondo: ricordano dedizione, serietà, sicurezza. Identificano un servizio singolare e un passato glorioso”.
"Ma ricordate che non è l’uniforme ma colui che la indossa a dover colpire gli altri per la gentilezza, per lo spirito di accoglienza, per l’atteggiamento di carità verso tutti".
Carità anche fra di voi, ha raccomandato il Papa, “dando importanza, anche alla vostra vita comunitaria, al condividere i momenti lieti e quelli più difficili ...”
“ ... non ignorando chi tra di voi si trova in difficoltà e a volte ha bisogno di un sorriso e di un gesto di incoraggiamento e di amicizia; evitando una distanza negativa che divide tra loro i compagni e che, nella vita di tutte le persone del mondo, può generare disprezzo, emarginazione o razzismo”.
Infine il grazie del Papa:
"Care Guardie Svizzere, ogni giorno posso sperimentare da vicino la vostra dedizione e il vostro impegno: di questo vi sono tanto grato!".
Il Papa ha nominato vescovo di Locri-Gerace mons. Francesco Oliva
◊ Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, arcivescovo di Lima, in Perù, l’arcivescovo Marek Solczyński, nunzio apostolico in Georgia, in Armenia e in Azerbaigian, e un gruppo di membri statunitensi della Presidenza della “Conference of Major Superiors of men”.
In Italia, il Santo Padre ha nominato vescovo di Locri-Gerace mons. Francesco Oliva, finora vicario generale della diocesi di Cassano all’Jonio, in Italia. Il neo presule è nato ad Avena di Papasidero, provincia di Cosenza e diocesi di San Marco Argentano-Scalea, il 14 gennaio 1951. Dopo la maturità classica, conseguita presso il Liceo “Campanella” di Reggio Calabria, ha frequentato gli studi teologici al Pontificio Seminario Regionale “Pio X” di Catanzaro. È stato ordinato sacerdote il 5 gennaio 1976, incardinandosi nel clero della diocesi di Cassano all’Jonio. Trasferitosi a Roma per perfezionare la sua preparazione, ha ottenuto il Dottorato in Utroque Jure all’Università Lateranense (1981). Inoltre, ha conseguito il Diploma di Archivista presso l’Archivio Segreto Vaticano (1976), quello di Avvocato Rotale presso la Rota Romana (1991) e la Laurea in Pedagogia presso la LUMSA. Ha svolto i seguenti incarichi e ministeri: Vicario parrocchiale di Santa Gemma Galgani a Roma (1977-1978); Vicario parrocchiale a Santa Maria del Piano in Verbicaro (1978-1980); Canonico del Capitolo Cattedrale di Cassano all’Jonio (1980-2014); Difensore del vincolo presso il Tribunale Ecclesiastico Regionale Calabro (1982-1992); Pro-Rettore del Seminario diocesano (1983-1984); Padre Spirituale del Seminario diocesano (1984-1985); Presidente dell’Istituto Diocesano Sostentamento Clero (1985-1995); Parroco di San Girolamo a Castrovillari (1985-2014); Giudice ecclesiastico del Tribunale Regionale Calabro (1992-2014); Docente di Diritto Canonico all’Istituto Teologico Calabro di Catanzaro (1992-2014); Docente Invitato all’Università “Magna Grecia” di Catanzaro (2001-2005); Docente Invitato all’Istituto “Pastor Bonus” di Dipodi (Lamezia Terme) e Vicario Giudiziale della diocesi di Cassano all’Jonio (2005-2007); Vicario Foraneo di Castrovillari (2006-2012); Vicario Generale di Cassano all’Jonio (2008-2011); Amministratore Diocesano di Cassano all’Jonio (2011-2012); Vicario Generale di Cassano all’Jonio (2012-2014). È Prelato d’Onore di Sua Santità dal 22 agosto 2008.
Tweet del Papa: evangelizzare significa testimoniare con gioia e semplicità quello che siamo
◊ Il Papa ha lanciato oggi un nuovo tweet: “Cosa vuol dire evangelizzare? Testimoniare con gioia e semplicità quello che siamo e ciò in cui crediamo”.
Mons. Galantino: il Papa a Cassano all’Jonio, sprone a rinnovarci dal di dentro
◊ Si è tenuta stamani a Cassano all’Jonio, in provincia di Cosenza, una conferenza stampa in vista della visita, in programma il prossimo 21 giugno, di Papa Francesco nella cittadina calabrese. All’incontro hanno partecipato mons. Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa Pontificia, e mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all’Jonio. Il presule, recentemente nominato dal Papa segretario generale della Cei, parla della conferenza stampa al microfono di Amedeo Lomonaco:
R. - Abbiamo ipotizzato il percorso che il Santo Padre farà. La cosa certa è che starà qui per tutta la giornata. L’altro punto fermo è la Messa alle ore 17. Abbiamo inoltre ipotizzato tutto il programma della giornata, però dobbiamo verificare alcuni piccoli particolari relativi soprattutto ai percorsi interni, ai percorsi cittadini.
D. - Dunque, un programma ancora da definire. Come si sta preparando la comunità, la diocesi in vista della visita di Papa Francesco?
R. - C’è veramente, e non poteva non essere così, un grande entusiasmo. Ma c’è soprattutto la consapevolezza del dono che è stato fatto a questa Chiesa diocesana in maniera del tutto gratuita, perché evidentemente è una piccola comunità. Quanto alle preparazioni - oltre a quelle che stanno pianificando i singoli movimenti, le singole parrocchie e le associazioni - abbiamo fatto anche un programma che si chiama “Missione scusa”. Il Santo Padre ha detto che viene qui per chiedere scusa alla diocesi per aver sottratto il vescovo in alcuni giorni della settimana. Allora, anche noi ci siamo posti questo problema. Come vivere la preparazione? E abbiamo intitolato la missione: “Anche noi vogliamo chiedere scusa”.
D. - A chi chiedere scusa?
R. - Vogliamo chiedere scusa ai poveri per averli lasciati tante volte soli per strada. C’è allora l’impegno della Caritas nel vedere cosa significhi oggi chiedere scusa ai poveri. Altra tappa della missione è chiedere scusa ai giovani per non aver dato loro sempre le possibilità per realizzare i loro sogni: così, la diocesi sta mettendo in campo - proprio in vista della visita del Papa - alcuni progetti. Chiedere scusa ai ragazzi perché spesso abdichiamo dal nostro impegno di educatori. Poi, chiedere scusa ai non credenti perché tante volte il modo in cui viviamo la nostra esperienza religiosa ignora completamente le sensibilità dei non credenti, per cui facciamo e diciamo cose che molto spesso non li raggiungono, anzi li infastidiscono. Quindi, anche noi sul piano pastorale dobbiamo rivedere certi comportamenti, rivedere il modo con cui esprimere la nostra esperienza religiosa, ma anche chiedere scusa al territorio. Il territorio calabrese è bellissimo ma, purtroppo, è sfregiato dall’egoismo. Questo è il tipo di percorso di preparazione che stiamo facendo.
D. - A proposito di territori, la Calabria sicuramente trarrà giovamento dalla visita del Santo Padre. Qual è il suo auspicio per questa regione?
R. - Sicuramente, trarremo tutti vantaggio dalla parola illuminata, dalla presenza del Santo Padre. Questa è una regione che ha bisogno di gente che stia un po’ di più per strada per conoscere quali sono le attese delle persone. Attese che molte volte sono state gridate e vengono ancora gridate ma che altrettante volte purtroppo trovano orecchie molto, molto sorde. Allora, se si riuscisse ad avere gente capace di ascoltare - e che dall’ascolto faccia poi derivare un impegno più concreto a favore delle categorie di cui parlavo prima - saremmo già a buon punto.
Mons. Tomasi: Santa Sede fortemente impegnata contro la tortura, no a confronto ideologico
◊ La Santa Sede è impegnata a combattere la tortura “con l’intenzione primaria di difendere i diritti inviolabili della persona umana”. E’ quanto ribadito da mons. Silvano Maria Tomasi, intervenuto stamani a Ginevra al 52.mo Comitato Onu sulla Convenzione contro la tortura (CAT). Il presule ha tenuto a sottolineare che la Convezione si applica allo Stato della Città del Vaticano ed ha ribadito che è, dunque, fuorviante pensare che la Santa Sede abbia giurisdizione su ogni membro della Chiesa Cattolica. Il servizio di Alessandro Gisotti:
La Santa Sede “considera la Convenzione contro la tortura” uno strumento “valido” per “combattere atti che costituiscono una grave offesa alla dignità umana”. Mons. Silvano Maria Tomasi ha esordito così, ribadendo quanto la delegazione - da lui guidata - apprezzi la Convenzione, alla quale lo Stato vaticano ha aderito nel 2002. Quindi, ha messo in guardia da interpretazioni sbagliate sul raggio d’azione di questo strumento. Riferendosi alla Dichiarazione interpretativa fornita al momento dell’adesione, l’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu di Ginevra ha evidenziato che la Convenzione si applica allo Stato della Città del Vaticano, quindi le affermazioni colloquiali che identificano la Santa Sede con la Chiesa sono “fuorvianti”. Va sottolineato, ha detto il presule, che la Santa Sede “non ha giurisdizione” su “ogni membro della Chiesa cattolica”. E dunque “le persone che vivono in un particolare Paese sono sottoposte alla giurisdizione delle legittime autorità di quel Paese”.
“Le autorità statali – ha proseguito – sono obbligate a proteggere e, quando necessario, perseguire le persone sotto la loro giurisdizione”. La Santa Sede, ha osservato, “esercita la stessa autorità su quanti vivono nella Città dello Stato Vaticano in accordo alle proprie leggi”. La Santa Sede – “rispettando i principi di autonomia e sovranità degli Stati” – insiste che l’autorità statale che “ha la legittima competenza agisce come soggetto responsabile della giustizia, riguardo ai crimini e agli abusi commessi da persone sotto la propria giurisdizione”. Ogni individuo, “a prescindere dall’affiliazione ad una istituzione cattolica”, ha detto ancora, “è soggetto all’autorità particolare dello Stato”.
La Santa Sede, ha aggiunto, auspica che “nell’applicazione della Convenzione a tutte le nuove appropriate situazioni”, queste rimangano “nell’ambito della specifica area” della medesima Convenzione. E questo, viene rilevato, perché “l’introduzione di altri temi di cui la Convenzione non tratta” riduce “l’obiettivo originale della Convenzione” e “mette a rischio le situazioni di coloro che sono abusati e torturati”. Di qui il pericolo, ha rilevato mons. Tomasi, che il lavoro del Comitato non solo sia “inefficace, ma perfino controproducente”. L’arcivescovo Tomasi non ha, quindi, mancato di rammentare le numerose prese di posizione, ai più alti livelli, da parte della Chiesa contro la tortura e in particolare attraverso il Magistero dei Pontefici nel Secondo dopoguerra. La Santa Sede, ha affermato, ha promosso e continuerà a promuovere a “livello globale i valori e i diritti umani” che sono “necessari per relazioni amichevoli tra i popoli e la pace nel mondo”.
Al termine della sessione di lavori, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente a Ginevra mons. Silvano Maria Tomasi, che domani pomeriggio risponderà alle questioni poste dal Comitato:
R. - L’incontro di questa mattina è stato molto aperto e abbastanza sereno. Adesso, stiamo preparando le risposte per domani dopo pranzo, in modo da chiarire da un punto di vista giuridico le responsabilità della Santa Sede sia nell’applicazione della Convenzione contro la Tortura, sia per quanto riguarda crimini commessi contro minorenni da parte di personale di Chiesa.
D. - Nel suo intervento introduttivo, lei ha sottolineato quanto la Santa Sede si sia impegnata - ovviamente non da adesso - contro la tortura…
R. - Io ho osservato che prima di tutto non bisogna fossilizzarsi sul passato ma bisogna tener conto delle misure prese negli ultimi dieci anni, sia dalla Santa Sede, sia dalle Conferenze episcopali per prevenire abusi sui minorenni e per aiutare le vittime. Secondo, ho detto anche che bisogna tener conto di una distinzione giuridica importante: quello che è responsabilità della Santa Sede verso lo Stato della Città del Vaticano per il quale ha firmato questa Convenzione contro la Tortura, e quello che è il ruolo morale della Santa Sede verso tutti coloro che si dicono cattolici. Sono due cose diverse: la giurisdizione legale e la responsabilità morale. Terzo punto è che noi affronteremo tutte le questioni nel miglior modo possibile in modo da creare un dialogo costruttivo e non un confronto basato su alcune asserzioni che alle volte le Ong mettono in forma molto polemica e che sono poi usate come informazioni accurate, anche se qualche volta non lo sono...
D. - C’è questo pericolo, lei stesso lo ravvisa nel suo intervento, che si vada ad allargare l’area di competenza della Convenzione…
R. - La Santa Sede, come ogni altro Stato che ha ratificato la Convenzione, è obbligata a seguire il testo della Convenzione ratificata. Le interpretazioni sono interpretazioni degli esperti che non hanno certamente la stessa obbligatorietà, ed alcune volte sono addirittura contraddette da altri esperti. Perciò, bisogna prendere con un po’ di attenzione e prudenza queste interpretazione ma soprattutto evitare che la burocrazia, con tutta la buona volontà, si sostituisca al processo democratico e decisionale degli Stati.
Il card. Tauran: in Algeria continua il dialogo tra cristiani e musulmani
◊ Il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, è rientrato sabato scorso dall’Algeria dove si è recato come inviato speciale del Papa in occasione dei 100 anni della elevazione a Basilica della chiesa di Sant’Agostino ad Annaba. Hélène Destombes ha chiesto al porporato come sia stato accolto:
R. – Sono stato accolto con grande generosità e delicatezza, ho avuto contatti con il ministro degli Esteri, il ministro per gli Affari religiosi, il presidente del Senato; ho tenuto due conferenze pubbliche, una delle quali per i futuri imam. E poi, ovviamente, le due grandi cerimonie: una alla chiesa di Notre Dame d’Afrique ad Algeri, e l’altra alla Basilica di Sant’Agostino di Annaba, dove ha avuto luogo la grande cerimonia che commemorava il centenario dell’erezione della chiesa alla dignità di Basilica minore. Lì ho potuto vedere il dialogo interreligioso in atto: ci sono famiglie miste e poi tante opere, nelle quali cristiani e musulmani si incontrano. Molto commovente è stata anche la presenza alle Messe delle autorità religiose musulmane, con grande rispetto … E quindi, penso che sia stata un’occasione per dimostrare a tutti che la realtà cristiana in Algeria non è una cosa passeggera, ma la Chiesa e la comunità cattolica hanno qui radici profonde, precedenti all’islam, evidentemente. E che quindi non c’è niente da temere dai cristiani: al contrario. Sono una ricchezza, per questa nazione.
D. – Avete incontrato tanti cristiani, tanti cattolici. Quali sono le testimonianze che lei ha potuto raccogliere?
R. – Prima di tutto, il conforto di sentirsi parte di una grande famiglia: infatti, erano presenti l’arcivescovo di Lione e l’arcivescovo di Marsiglia; e poi è importante che sappiano che, nelle difficoltà che possono avere, alle loro spalle c’è la grande Chiesa, una famiglia. E anche questo è importante, anche per le autorità.
D. – Aveva portato con sé un messaggio di Papa Francesco. Al suo ritorno, porta ugualmente un messaggio per il Papa?
R. – Sì, prima di tutto, è stato rinnovato l’invito perché il Papa visiti l’Algeria; e poi, rassicurare il Papa che questo dialogo interreligioso continuerà.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Pace per l’Ucraina: preoccupazione di Papa Francesco per la grave situazione del Paese.
Oltre ogni divisione: il Papa invita i vescovi del Burundi a impegnarsi per ricreare nel Paese un clima di fiducia e di collaborazione.
Dietro quelle uniformi: il grazie del Santo Padre alla Guardia Svizzera Pontificia.
Sul campo di battaglia: anticipazione di stralci da due libri nei quali sono tradotte per la prima volta in italiano alcune meditazioni di padre Bergoglio pubblicate nel 1987.
La pietra e la roccia: messa del Pontefice, nella chiesa romana di San Stanislao alle Botteghe Oscure, in ringraziamento per la canonizzazione di Giovanni Paolo II.
Dalla parte della persona umana: presentato il rapporto della Santa Sede al comitato sulla Convenzione contro la tortura.
Ratzinger visto da Costantinopoli: il patriarca Bartolomeo sulla teologia asse dell’azione ecclesiale.
Siria, accordo a Homs. Mons. Jeanbart: speriamo si raggiunga anche ad Aleppo
◊ Entrerà in vigore entro 48 ore a Homs l’accordo raggiunto tra regime siriano e ribelli, che da oltre due anni occupano la città vecchia, il centro della città, assediati dalle forze di Damasco. L’intesa prevede la fine dell’assedio e la messa in salvo di 2.250 persone, tra combattenti, civili e feriti. In cambio, è previsto il rilascio da parte dei ribelli di una settantina di prigionieri libanesi e iraniani detenuti ad Aleppo e l’accesso di aiuti umanitari in alcuni villaggi sciiti della stessa zona settentrionale, rimasti fedeli al regime. Mentre dall’Onu è arrivato un nuovo appello ai Paesi del mondo ad aprire le frontiere ai siriani in fuga dalla guerra, proprio ad Aleppo una pioggia di razzi ha colpito stanotte un quartiere sotto il controllo delle forze del regime, uccidendo almeno nove persone. Sulla situazione in città, Giada Aquilino ha intervistato mons. Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo di Aleppo dei greco melkiti:
R. – La situazione umanitaria è molto difficile, perché la gente soffre, sia a causa dei proiettili, sia dei colpi di mortaio che cadono. Ieri, ho celebrato i funerali di un cinquantenne con tre figli, ucciso nel magazzino nel quale lavorava in un quartiere cristiano: è caduto un colpo di mortaio e l’ha ucciso. Ci sono diversi casi simili. Poi non c’è acqua, il sistema elettrico è fuori uso, quindi abbiamo tantissime difficoltà. La gente non ne può più, in particolar modo i cristiani, che pensano di scappare e andare via e questo è ciò che ci preoccupa di più e che ci fa soffrire di più.
D. – Si tratta di sofferenze comuni e, per così dire, “trasversali” a tutte le comunità?
R. – Sì, per tutte le comunità. Io parlo in particolare dei nostri cristiani, con i quali abbiamo contatti ogni giorno. Ma sì, riguarda tutti, musulmani, cristiani… I bombardamenti si riversano su tutta la città, ma non sono bombardamenti aerei o di cannoni, ma colpi di mortai, di razzi, che fanno molto danno e paura alla gente.
D. – Nelle ultime ore, a Homs è stata raggiunta un’intesa tra le autorità di Damasco e i ribelli…
R. – Sì, speriamo che sia così anche ad Aleppo…
D. – Secondo lei, la via per una pacificazione del Paese può avvenire zona per zona, oppure ci dev’essere un accordo globale?
R. – Ambedue. Un accordo globale e zona per zona: non possiamo aspettare l’accordo globale, che richiederà tempo. Ma almeno zona per zona, che i civili e i cittadini possano avere un po’ di tranquillità e sicurezza.
D. – Le autorità di Damasco preparano le elezioni per il mese di giugno: qual è la situazione?
R. – Credo che provino a pacificare le grandi città, per permettere alla gente di andare alle urne.
D. – Ma secondo lei, il Paese in questo momento è pronto per andare alle urne?
R. – Non si sa. Aleppo non è pronta, però sembra che Damasco sia pronta. Latakia, Hama, Homs credo di sì. Ma Aleppo, con questa situazione, è un po’ pericoloso. Vediamo come si evolveranno le cose da qui al momento delle elezioni.
D. – Oltre tre anni di guerra in Siria hanno già causato oltre 150 mila morti. Che immagine di speranza si può avere per il futuro?
R. – Speriamo di avere un’immagine di speranza. Però, io parlo in particolare di Aleppo: hanno distrutto tutte le fabbriche, tutto quello che avrebbe potuto dare lavoro alla gente e che avrebbe potuto far vivere la città, che è grandissima. Abbiamo perso il centro economico e industriale della Siria. Noi soffriamo perché vediamo questa città, che era molto prospera, caduta ad un livello di desolazione terribile. Comunque, abbiamo speranza per il futuro: sempre un po’ di più, un po’ meglio, meno scuro.
Ucraina. Nuovi scontri tra esercito e filorussi. Mosca avverte: a rischio pace in Europa
◊ Nuova giornata di scontri armati nella zona orientale dell’Ucraina tra esercito di Kiev e miliziani indipendentisti filorussi. Gli episodi più gravi a Sloviansk. Secondo il ministro dell'Interno ucraino, Arsen Avakov, che si trova nella zona dei combattimenti, ci sarebbero diversi morti da ambedue le parti. E mentre l’Unione Europea convoca a Bruxelles, per il 13 maggio prossimo, il premier ad interim, Arseniy Yatsenyuk, Mosca avverte: “Se non si metterà fine ai crescenti disordini, la crisi ucraina potrebbe minacciare la pace in tutta Europa. Sul clima creato dagli avvertimenti di Mosca, Giancarlo La Vella ha intervistato Franco Rizzi, ordinario di Storia europea all’Università Roma Tre e segretario generale dell’Unione delle Università del Mediterraneo:
R. - Un clima soprattutto di preoccupazione, che questa crisi possa sfociare in un conflitto armato all’interno dell’Ucraina e poi sempre più generalizzato.
D. - Le minacce di Mosca sul rischio di destabilizzazione in tutta l’Europa sono reali secondo lei o servono soltanto per fermare l’avanzata in questo momento dell’esercito di Kiev?
R. - Credo che le minacce siano oggettive, al di là della propaganda, c’è una realtà di fatto. La preoccupazione di cui parlavo prima non è solamente ideologica, ma è una preoccupazione reale: quando Mosca parla di alcune cose – come a proposito della crisi energetica, o del rifornimento di gas sia nei confronti dell’Ucraina, che nei confronti dell’Europa – dice cose su cui bisogna riflettere attentamente.
D. - Secondo molti osservatori, questo è un confronto che dovrebbe svolgersi, più che sul terreno, proprio sul piano energetico ed economico…
R. - Le due cose sono strettamente legate. Non si può pensare di fare un discorso esclusivamente economico senza tenere presente tutte le altre dimensioni. Per esempio, non dobbiamo dimenticare che in Ucraina ci sono i russi e che quindi le preoccupazioni di Mosca nei confronti dell’Ucraina non sono completamente sconsiderate. Quindi, da questo punto di vista credo che la stampa dovrebbe fare un lavoro di maggiore cautela per spiegare bene qual è la situazione. La posizione dell’Ucraina dovrebbe essere, secondo me, di tipo “neutrale”. Kiev dovrebbe collaborare sia con la Russia, sia con l’Unione Europea. Secondo me, il discorso è iniziato male. L’Ucraina dovrebbe avere questa posizione indipendente, ma di collaborazione sia con la Russia che con l’Europa.
Catastrofe in Afghanistan. Unicef: portiamo aiuti di base agli sfollati
◊ Sono otto i morti della nuova ondata di maltempo che sta colpendo l’Afghanistan settentrionale. Si va così ad allungare il bilancio delle vittime, a causa delle inondazioni e delle frane che hanno interessato in questi giorni almeno 10 mila famiglie in cinque province del paese. Alessia Carlozzo ha intervistato Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, sui primi interventi della missione umanitaria nel Paese e sul bilancio delle vittime:
R. - In questo momento non abbiamo numeri chiari. Secondo le fonti, variano tra 350 e 2.700 per quanto riguarda il numero delle vittime. In generale, siamo in una fase ancora di registrazione. Sul numero dei morti purtroppo attendiamo sviluppi.
D. - Quali sono stati i primi interventi dell’Unicef nella zona colpita?
R. - L’Unicef è intervenuta immediatamente, cercando inizialmente di valutare la situazione per identificare quelli che erano i bisogni più urgenti, soprattutto per rispondere in maniera precisa ed aiutare le famiglie più colpite. Era fondamentale, ed è fondamentale ad oggi, fornire un sostegno alle famiglie che vengono trasferite in zone più sicure - in questo momento stiamo spostando moltissime persone da una parte all’altra - abbiamo inoltre fornito acqua potabile e soprattutto servizi igienico-sanitari sicuri. Oltre a questo, naturalmente stiamo dando un grandissimo sostegno psicosociale ai tanti bambini le cui vite sono state purtroppo gravemente colpite - e questa è una delle attività prioritarie che noi facciamo - in particolar modo per quei bambini che hanno perso i genitori, i familiari o le loro case. Una volta ultimate queste operazioni, nei prossimi giorni l’Unicef cercherà di fornire un sostegno proprio in tutti i nostri settori di intervento: nel settore dell’istruzione, della salute e della nutrizione. Questo di fatto si va ad aggiungere alla più ampia risposta che l’Unicef dà in questi casi per far fronte alle inondazioni che hanno colpito in particolar modo la regione settentrionale dell’Afghanistan e che hanno interessato circa 10 mila famiglie in cinque province.
D. - Qual è stata la risposta del governo afghano? Leggevamo che i soccorsi sono proseguiti in questi giorni, ma che la situazione appare totalmente tragica…
R. - L’incertezza e la confusione regnano abbastanza sovrani in questa provincia. Sulle cifre della catastrofe abbiamo detto che si parla di 2.700 morti, ma ancora non ci sono dati certi. Tra l’altro, è stato proprio il governatore provinciale, Shah Waliullah Adib, ad avanzare questa cifra tra morti e dispersi, poi si tornati a circa 2100. C’è anche una missione delle Nazioni Unite di assistenza all’Afghanistan che invece parla di 350 morti. Successivamente, il capo della polizia provinciale ha parlato di cifre esagerate. In questo momento, quello che bisogna fare è riportare un equilibrio perché naturalmente, al di là dei numeri, ci sono interventi da fare e se si comincia con questo valzer delle cifre non si aiuta la situazione. È per questo che le Nazioni Unite stanno intervenendo, proprio per cercare di agire direttamente aiutando il governo che vive una situazione sicuramente di grandissima difficoltà. Ricordiamo che una settimana prima di questa catastrofe ci sono state sei province del nord e del nordovest completamente investite da piogge battenti, che avevano già causato 150 morti, un po’ come è successo nelle Filippine. Queste sono zone purtroppo martoriate da eventi simili e che spesso nell’immediato non hanno le strutture di risposta adeguate per far fronte a queste calamità. Quindi, è fondamentale l’intervento della nostra missione, dell’Unicef, ma anche delle Nazioni Unite - l’Unama (United Nations Assistance Mission in Afghanistan) - proprio per cercare di portare equilibrio e in particolar modo assistenza al governo che si trova in questa situazione.
Giornata antipedofilia. Telefono Azzurro: istituire il "Registro permanente" dei casi di abuso
◊ Applicare la normativa internazionale sulla lotta alla pedofilia e istituire il “Registro permanente” dei casi di abuso. È quanto chiesto oggi al governo italiano da Telefono Azzurro, nel corso di un Convegno presso la Sala Capitolare del Senato, in occasione della Giornata nazionale per la lotta alla pedofilia e alla pedopornografia. Il servizio di Elvira Ragosta:
Tremilacinquecento le vittime mondiali accertate dall’Interpol, tra il 2009 e il 2013. Dati agghiaccianti e sempre in aumento, soprattutto sul web, veicolo di materiale pedopornografico e luogo di adescamento di minori. Altrettanto preoccupanti i dati forniti dal Consiglio d’Europa, secondo cui un bambino su cinque è vittima di abusi sessuali. Costante la caratteristica, che vede coinvolti, in ogni Paese, vittime tra minori e adolescenti, per il 70% di sesso femminile. In Italia, i casi di pedofilia gestiti da Telefono Azzurro nello scorso anno sono stati 240. Ma a essi va aggiunto anche un’allarmante e indeterminabile quota dei casi non denunciati. Con la recente ratifica italiana della Convenzione di Lanzarote, nel Codice penale sono state introdotte nuove forme di reato, ma manca ancora l’istituzione di un “Registro permanente” sui casi. Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro:
“L’impegno del parlamento che noi chiediamo deve essere immediato, perché purtroppo i bambini non possono aspettare. Occorre un registro su queste situazioni di violenza sessuale, che spesso resta sconosciuto. Occorrono delle strategie condivise tra tutti i vari Ministeri, occorrono dei centri di trattamento delle vittime, che vanno aiutate, supportate, così come vanno fatte azioni di prevenzione, dando la possibilità ai bambini, ma anche ai loro familiari, di essere ascoltati in situazioni di questo tipo, che sono spesso discriminanti per la vita di un bambino. D’altra parte, occorre formare tutti coloro che nel mondo dell’educazione e nel mondo delle comunità si occupano di bambini, perché possano cogliere i segnali precoci di questa situazione e bloccare molte volte situazioni che rischiano di diventare drammaticamente distruttive nel futuro dei ragazzi”.
A Pietro Forno, procuratore aggiunte presso il Tribunale di Milano, abbiamo chiesto come si possono potenziare gli strumenti giuridici e politici nella lotta ala fenomeno degli abusi sessuali sui minori:
"Col richiamo generale alle direttive europee, che sono in buona parte inattuate. La richiesta alla politica, quindi, è quella di fare un passo avanti sulle direttive europee, per camminare al passo dell’Europa”.
Brasile. I vescovi scrivono al Papa: hai "rubato" il cuore ai giovani della Gmg di Rio
◊ I lavori della 52.ma Assemblea generale dei vescovi del Brasile (Cnbb) in Aparecida, con la partecipazioni di circa 350 vescovi continuano questo lunedì. I prelati riuniti ad Aparecida continuano ad approfondire la riflessione del tema centrale: "Comunità delle comunità: Una nuova parrocchia". La Commissione competente ha presentato una sintesi de testo, mostrando come le parrocchie, diocesi, Cnbb regionale, i movimenti pastorali della Chiesa, hanno discusso e hanno inviato i loro contributi alla Cnbb. Anche la Commissione episcopale per la Liturgia ha fatto una breve presentazione del lavoro di revisione del Messale Romano. Il tema principale di questo lunedì è la questione agraria. Questo argomento è stato discusso nei giorni scorsi sul testo "La Chiesa e la questione agraria nei primi anni del 21.mo secolo". Lo scorso fine settimana, i vescovi hanno partecipato al ritiro predicato dall'arcivescovo di Chieti-Vasto (Italia), mons. Bruno Forte. Tema delle riflessioni "Camminare nella fede". Il ritiro si è concluso ieri alle ore 12.30.
L’episcopato brasiliano riunito ad Aparecida questo fine settimana ha inviato un messaggio al Papa Francesco, nel quale si afferma che i vescovi del Brasile si ritrovano ad Aparecida sotto il manto della Madre di Gesù, nella Casa di Maria, una casa che il Santo Padre conosce bene. Nel messaggio, i presuli sottolineano che "nonostante i tanti problemi che ogni fratello deve affrontare, la nostra Assemblea è segnata da un clima di speranza e di gioia. La nostra gioia è dovuta sia alla consapevolezza della presenza del Risorto in mezzo a noi, sia dalla certezza che siamo fratelli attenti alle storie e sfide che portiamo nei nostri cuori. Così, il peso delle responsabilità di ciascun è condiviso tra tutti".
Poi, l'apprezzamento dei vescovi brasiliani per l'occasione della presenza del Santo Padre, "tra di noi" durante la Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro, nel luglio scorso, e la testimonianza “di come il nostro Paese e in particolare i nostri giovani sono grati per questo. Ognuno si è sentito confortato dalla sua presenza in mezzo a noi, dalle sue parole e gesti. I nostri giovani ricordano con affetto quello che hanno visto, sentito e vissuto. Con la semplicità che li caratterizza, costatano come il Papa "abbia rubato il loro cuore”. Un grazie anche al Papa Francesco per la recente Canonizzazione di padre José de Anchieta, "l'Apostolo del Brasile", aggiungendo che "noi, gli apostoli di oggi, abbiamo molto da imparare da questo fratello che è venuto in Brasile, non in cerca d’oro o fama ma per portare a chi viveva qui quello che lui aveva di più caro: la fede in Gesù Cristo, il Salvatore".
Ancora, un ricordo dei presuli della Messa celebrata a Roma il 24 aprile, nella Chiesa di S. Ignazio, quando Papa Francesco con molti brasiliani ha reso grazie a Dio per questa canonizzazione, e l'annuncio di una celebrazione nel Santuario di Aparecida, questa domenica, anche in ringraziamento per la canonizzazione di Anchieta. In conclusione, nel messaggio dei vescovi brasiliani il ricordo del tema dell'Assemblea, “la Parrocchia - comunità di comunità”, e l'importanza dell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium che ha illuminato i vescovi su questo tema. Infine, l’episcopato più grande del mondo chiede una benedizione per l'assemblea, le diocesi, parrocchie e le famiglie. "Nostra Signora Aparecida, Patrona del Brasile, interceda per il vostro ministero!" L’Assemblea si concluderà il 9 maggio prossimo. (A cura di Silvonei José Protz)
Una preghiera speciale per il pellegrinaggio del Papa in Terra Santa
◊ “Padre Celeste, tu non ti stanchi di essere amorevole e misericordioso. Il Successore di Pietro intende visitare la Terra resa Santa dalla nascita, dal battesimo, dall'insegnamento, dalla morte e dalla resurrezione di tuo Figlio. Rimani con lui, santificalo e benedicilo. Stendi il mantello della tua tenerezza su ogni passo del suo pellegrinaggio tra noi, così che ognuno possa vedere in lui un pellegrino appassionato, un maestro saggio e una guida umile”.
Inizia così la preghiera speciale che i cattolici di Terra Santa potranno recitare nelle tre settimane che precedono la visita di Papa Francesco in Giordania, Palestina e Israele (24-26 maggio), come atto di devozione personale e comunitaria, - riferisce l'agenzia Fides - per chiedere al Signore che il pellegrinaggio del Vescovo di Roma porti frutto per i cristiani di tutto il mondo e per la convivenza in tutto il Medio Oriente. “In questo mese di maggio che la Chiesa tradizionalmente dedica alla Vergine Maria”, spiega all'agenzia Fides il sacerdote Rifat Bader, direttore del Catholic Centre for Studies and Media, e incaricato dell'informazione per la visita papale in Giordania “con la benedizione dell'arcivescovo Maroun Lahham abbiamo suggerito di ripetere ogni giorno in ogni parrocchia questa preghiera, in ogni incontro ecclesiale e dopo la recita quotidiana del Santo Rosario. Sarà un modo semplice e efficace di prepararsi spiritualmente al pellegrinaggio di Papa Francesco, sia in Giordania che nelle altre parrocchie della Terra Santa”.
La preghiera affida al Signore anche la forte intenzione ecumenica espressa nel pellegrinaggio di Papa Francesco: il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I è stato il primo a suggerire al Vescovo di Roma un pellegrinaggio comune a Gerusalemme, a cinquant'anni dallo storico incontro avvenuto nella Città santa tra Papa Paolo VI e il Patriarca ecumenico Atenagora. “Signore Gesù Cristo, che hai pregato per l'unità della tua Chiesa dicendo 'che siano una sola cosa' – così recita la preghiera – fa che l'incontro tra il Santo Padre e il Patriarca ecumenico contribuisca a far crescere il nostro impegno per l'unità dei tuoi figli”.
L'orazione implora anche che gli incontri del Papa con le autorità politiche portino frutti di giustizia e di pace. E chiede soprattutto che l'incontro con il Successore di Pietro confermi nella fede i figli della Chiesa: “Buon Pastore, che sei raffigurato nella croce pettorale di Papa Francesco - si legge nella preghiera - mentre camminiamo nello spirito di umiltà che tu hai donato a lui, ravviva in noi la coscienza della nostra identità cristiana, così che, da veri discepoli, noi possiamo rendere testimonianza della tua Buona Novella e della tua resurrezione nelle nostre chiese, nella nostra società e in tutto il mondo, specialmente servendo i deboli, i poveri e i rifugiati”. (R.P.)
Libano: il patriarca Rai definisce "vergognosa" la campagna contro la sua visita in Terra Santa
◊ Il patriarca maronita Beshara Rai denuncia una campagna "vergognosa" che mira a dissuaderlo dall'accompagnare Papa Francesco nel suo viaggio pastorale in Terra Santa, in programma dal 24 al 26 maggio prossimi.
"La protesta non è necessaria" ha dichiarato a Lourdes, dove accompagna il pellegrinaggio annuale dell'Ordine di Malta libanese, nel corso del quale, ieri, davanti a 25mila fedeli ha pregato per "un Oriente martirizzato e insanguinato, crocifisso sulla croce degli odi religiosi e degli interessi politici ed economici".
Quanto alla polemica, "il Papa - ha aggiunto - ci onora con la sua visita nella diocesi del patriarcato ed è normale che il patriarca lo accolga". La Chiesa maronita, maggiore comunità cattolica d'Oriente, ha due distinte arcidiocesi tra Israele, i territori autonomi e la Giordania. La prima, che è un vicariato patriarcale, comprende Gerusalemme, la Palestina e la Giordania e la seconda copre il territorio dello Stato di Israele, secondo le frontiere precedenti il 1967.
"Sono desolato - ha concluso con forza - di vedere che alcuni libanesi vogliono creare problemi dove non ce ne sono. I libanesi debbono stare tranquilli e smettere di alimentare questa discussione, ciò è vergognoso".
Il patriarca - riporta l'agenzia AsiaNews - si riferisce a due giornali libanesi, vicini a Hezbollah e alla Siria, che sabato hanno criticato la prevista visita del patriarca in Terra Santa e in particolare a Gerusalemme. As-Safir in un articolo intitolato: "Peccato storico: Rai va in Israele" ha definito questo viaggio un "pericoloso precedente", affermando che questa visita "non servirebbe né al Libano e ai libanesi, né alla Palestina e tanto meno ai cristiani e al cristianesimo". Da parte sua Al-Akhbar ha scritto che un gruppo di politici libanesi cercherà di dissuadere il card. Rai dal visitare Gerusalemme, finché si trova sotto l’occupazione israeliana, poiché questa visita significherebbe una normalizzazione con l'occupante.
Alcune precisazioni sulla vicenda sono state fornite dal vicario generale del patriarcato maronita, mons. Boulos Sayah, già vescovo in Terra Santa. Egli ha chiarito che il patriarca "andrà a Gerusalemme solo per accogliere il Papa" e che, senza tale occasione, non ci avrebbe mai pensato. (R.P.)
Il card. Filoni apre l'Assemblea delle Pontificie Opere Missionarie
◊ “Se le Pontificie Opere non perseverano nel conservare gelosamente la loro dimensione universale cattolica, è in pericolo non la loro stessa sopravvivenza, ma il servizio a tutte le Chiese missionarie”: lo ha affermato il card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, aprendo i lavori dell’ Assemblea generale annuale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom), che si svolge a Roma fino a sabato 10 maggio.
Nella sua prolusione - riporta l'agenzia Fides - il cardinale ha ricordato anzitutto che “in questo primo anno del suo servizio pastorale come Vescovo di Roma, Papa Francesco ha impresso alla Chiesa una grande spinta missionaria” attraverso numerosi gesti e la pubblicazione di due importanti documenti, Lumen Fidei ed Evangelii Gaudium. “L’evangelizzazione in questo periodo di enormi trasformazioni sociali – ha proseguito - richiede una Chiesa trasformata, una Chiesa missionaria in uscita, perché l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa”.
Quindi il cardinale Prefetto si è soffermato sul ruolo delle Pom nel nuovo scenario ecclesiologico, rilevando come, dopo il Concilio Vaticano II, le Pom “hanno ridefinito la loro collocazione, proprio per adeguarsi alla riscoperta del protagonismo delle Chiese locali. Ora esse sono chiamate a dare il loro contributo specifico, nel creare o far maturare le loro Chiese, anche se giovani, come soggetti responsabili dell’evangelizzazione”.
“In questi ultimi tempi – ha proseguito il prefetto del Dicastero Missionario - si fa sempre più interessante la riflessione tra la sollecitudine del Papa per tutte le Chiese e la cooperazione bilaterale tra Chiese in ambito del sostegno e aiuto”. Le Pom sono state riconosciute “Pontificie” in quanto “il Pastore Supremo conosce e sente più di chiunque altro le urgenze e i bisogni di tutte e di ciascuna Chiesa”, ma le Pom “appartengono anche ad ogni vescovo, perché radicate nella vita delle Chiese particolari. Non si tratta assolutamente di livelli o posizioni onorifiche o di autorità, ma di un servizio all’evangelizzazione. Siamo tutti servi della missione – ha ribadito il cardinale -. Ogni Chiesa locale deve farsi attraversare dai bisogni, aspirazioni, fede e carità di tutte le altre Chiese. Ogni Chiesa che credesse di affermare la propria identità, in contrapposizione o ignorando la sua dimensione cattolica universale, è destinata a divenire un ramo secco”.
Il card. Filoni ha quindi rilevato che anche le Pontificie Opere subiscono gli effetti della crisi economico-finanziaria: “Dobbiamo costatare una progressiva diminuzione delle offerte da parte dei fedeli delle Chiese di antica fondazione, mentre si registra un modesto aumento nelle giovani Chiese dell’Africa e dell’Asia”. Per il prefetto del Dicastero Missionario i motivi non sono comunque solo economici, ma forse anche di una certa “disaffezione del Popolo di Dio nei confronti del mondo missionario”. “Si tratta allora di rivedere la nostra attività di animazione, che deve parlare al cuore del Popolo di Dio, indicando la bellezza della partecipazione al servizio missionario – ha affermato il cardinale -. La cooperazione missionaria non può esclusivamente fondarsi sulla raccolta delle offerte. Esse, le Pontificie Opere Missionarie, sono carismatiche, cioè hanno la loro efficacia nella potenza dello Spirito Santo. L’appropriazione della fede, per donarla, la preghiera per le missioni e il sacrifico sono elementi necessari per l’efficacia dell’opera di evangelizzazione”. (R.P.)
Sud Sudan: ad Abyei oltre cinquemila sfollati
◊ Oltre 5.000 sfollati si trovano in gravi condizioni nell’area di Agok, nei pressi di Abyei, al confine tra Sud Sudan e Sudan. Queste persone, provenienti dallo Stato di Unità, sono prive di riparo, cibo, cure mediche e di ogni altro servizio di base. Secondo padre Biong Kuol, vice parroco nella regione di Abyei, intervistato dal Catholic Radio Network, la situazione degli sfollati rimane molto difficile nonostante gli sforzi prodigati dalla locale Caritas che però non sono sufficienti a far fronte all’afflusso di nuovi profughi provenienti dalle aree di Dinam e Mayom, in fuga dai combattimenti tra le forze governative fedeli al Presidente Salva Kiir e quelle ribelli dell’ex vice Presidente Riek Machar.
Gli sfollati - riporta l'agenzia Fides - sono radunati all’addiaccio in tre campi all’aperto, senza alcun riparo. P. Kuol ha lanciato un appello alle autorità perché intervengano per salvare la vita di queste persone, ed ha criticato i responsabili politici che trascurano le sofferenze della popolazione innocente.
Lo scontro tra il Presidente Kiir e il suo ex Vice ha assunto una dimensione etnica, essendo il primo Dinka e il secondo Nuer. Padre Kuol ha però denunciato la manipolazione politica delle etnie, ricordando che, ad Abyei, Nuer e Dinka hanno sempre vissuto pacificamente insieme.
Le violenze e le tensioni etniche non si placano in Sud Sudan, al punto che i Nuer accolti nei campi per sfollati nella capitale Juba hanno chiesto di essere trasferiti in strutture di accoglienza nei Paesi limitrofi per paura di rappresaglie visto che sono considerati dal governo come membri dell’insurrezione. (R.P.)
Camerun. I vescovi: "Preghiamo per il rilascio dei missionari e di una religiosa rapiti"
◊ I vescovi del Camerun condannano il rapimento dei due sacerdoti Fidei Donum italiani, don Gianantonio Allegri e don Giampaolo Marta, e di una religiosa canadese, suor Gilberte Bussier della Congregazione delle Sorelle di Nostra Signora di Montreal, avvenuto nella notte del 4 aprile scorso. “Questo è il secondo rapimento di operatori apostolici nella diocesi di Maroua-Mokolo e il terzo rapimento nella regione dell’estremo nord dopo quello della famiglia Fournier” afferma una dichiarazione rilasciata alla stampa dalla Conferenza episcopale del Camerun, riportata dall’agenzia Fides.
Nel novembre 2013 era stato rapito nella stessa zona padre Georges Vandenbeusch, un sacerdote Fidei Donum francese, liberato a Capodanno. In precedenza alcuni turisti francesi appartenenti allo stesso nucleo familiare erano stato rapiti e rilasciati dopo 2 mesi di prigionia.
I vescovi esprimono “la loro forte condanna per questi atti inammissibili da parte di gruppi estremisti nei confronti di ministri della Chiesa, e per ogni atto di violenza che minaccia la dignità della persona umana”. “In comunione con la diocesi di Maroua-Mokolo, invitiamo tutte le comunità cristiane ad organizzare momenti di preghiera per il rilascio rapido e incondizionato dei missionari rapiti. In queste circostanze, la preghiera rimane l’unica arma efficace” concludono i vescovi. (R.P.)
Egitto. Il patriarca Tawadros: alle presidenziali la Chiesa non si schiera con nessun candidato
◊ Il patriarca copto ortodosso Tawadros II ha escluso in maniera esplicita qualsiasi scelta di campo ufficiale della Chiesa copta ortodossa a favore di uno dei due candidati alle elezioni presidenziali egiziane del prossimo 26-27 maggio. “Io chiedo a ogni cittadino, cristiano o musulmano” ha dichiarato Tawadros in un'intervista pubblicata sul settimanale cattolico egiziano Hamel el-Resale, “di leggere il programma elettorale di ogni candidato e di scegliere chi vuole come Presidente”. Nella stessa intervista, il patriarca copto ortodosso ha voluto ribadire il carattere “istituzionale” e non politico del sostegno esplicito espresso dalla Chiesa copta al programma di transizione che ha portato alla rimozione del Presidente Mohamed Morsi, alla promulgazione della nuova Costituzione e alle elezioni presidenziali.
In corsa per la Presidenza dell'Egitto ci sono due soli candidati: l'ex generale Abdel Fattah al-Sisi – che tutti danno per vincente – e il politico di sinistra Hamdin Sabahi. A marzo lo stesso Tawadros aveva smentito come totalmente inventata un'intervista pubblicata su un organo di stampa kuwaitiano in cui veniva espresso un appoggio diretto alla discesa in campo di al-Sisi.
“La posizione espressa dal patriarca Tawadros” riferisce all'agenzia Fides il vescovo copto cattolico di Minya, Botros Fahim Awad Hanna, “è da apprezzare e manifesta anche una positiva maturazione rispetto al passato, quando alcuni vescovi cercavano di influenzare i fedeli nella scelta delle liste e dei singoli candidati. Noi - prosegue Anba Botros - possiamo solo suggerire ai battezzati di informarsi sui programmi, di non farsi manipolare dalla propaganda, di considerare le proposte con senso critico e di compiere un discernimento consapevole. Ma non dobbiamo andare oltre. Nel caso delle prossime elezioni presidenziali, i due candidati rappresentano linee molto diverse ma ambedue sono in grado di servire il Paese. Ognuno deve scegliere tra loro seguendo la propria coscienza”.
Iraq. Il sindaco di Baghdad: distribuiremo case e terre anche ai cristiani
◊ Il sindaco di Baghdad, Abub Naim al-Kaabi, ha reso nota l'intenzione di distribuire terreni edificabili e abitazioni costruite secondo i programmi di edilizia pubblica anche a vantaggio dei cristiani della città che appartengono alle fasce meno abbienti della popolazione.
L'iniziativa, anticipata dal sindaco sui media locali, secondo fonti vicine al patriarcato caldeo consultate dall'agenzia Fides, viene sponsorizzata politicamente dallo stesso premier iracheno Nuri al-Maliki, lo sciita destinato a essere confermato nel ruolo di premier dall'Assemblea parlamentare espressa dalle elezione dello scorso 30 aprile (dove, in attesa dei risultati ufficiali, tutte le proiezioni su dati parziali confermano la forte affermazione della sua coalizione “Stato di diritto”). “Noi” ha ribadito nel recente passato al-Maliki in dichiarazioni pubbliche riportate dalla stampa irachena “consegneremo le chiavi di case prefabbricate ai cittadini senza alcuna discriminazione in base all'appartenenza religiosa”.
L'emergenza abitativa è una delle cause che spingono molte giovani famiglie cristiane a emigrare dall'Iraq. Negli ultimi mesi, il patriarcato caldeo ha provveduto a distribuire a nuclei familiari bisognosi di Baghdad decine di appartamenti ricavati dalla ristrutturazione dell'ex Seminario patriarcale. (R.P.)
Panama: vittoria del vicepresidente Varela
◊ Il vice Presidente Juan Carlos Varela, passato all’opposizione, ha vinto le elezioni presidenziali disputatesi ieri nel Paese centroamericano. Lo ha reso noto la Commissione elettorale quando – al 60% dello scrutinio avvenuto, l’ex alleato del Presidente uscente Riccardo Martinelli, risultava aver ottenuto il 39,2% delle preferenze.
Secondo la stampa - riferisce l'agenzia Misna - Varela ha battuto di 7 punti il candidato di Martinelli, José Domingo Arias, e di 11 la new entry della scena politica nazionale panamense, l’ex sindaco della capitale, Juan Carlos Navarro.
Cinquantenne esponente del partito conservatore Panameñista Arnulfista (Ppa), Varela si troverà a gestire il progetto di ampliamento del canale di Panama, oggetto quest’anno di un contenzioso che ne ha ritardato i lavori in corso. Durante la campagna elettorale, inoltre, il neo Presidente ha promesso di ridurre il costo della vita e la povertà diffusa nel Paese, nonostante un tasso di crescita tra i più forti in America Latina. (R.P.)
El Salvador: la Chiesa condanna il clima di aspra violenza
◊ Il vescovo ausiliare di San Salvador, mons. Gregorio Rosa Chavez, nella sua consueta conferenza stampa domenicale, ha riferito di aver partecipato all’incontro con il ministro della giustizia e della pubblica sicurezza per fare il punto sul nuovo processo di pacificazione nazionale.
Secondo la nota inviata all'agenzia Fides, mons. Rosa Chavez ha detto che la riunione ha ribadito tra l’altro che il processo dovrà essere “trasparente e inclusivo”, mentre un altro incontro è previsto per domani.
Il presule ha affermato: “è uno sforzo che merita sostegno. Non possiamo continuare a seppellire ogni giorno dei giovani nel nostro Paese. Per questo bisogna cambiare molte cose, c'è molto da fare". Inoltre ha messo in rilievo che quando i vescovi avranno deciso di partecipare ufficialmente al processo, come Conferenza episcopale, allora si concorderà anche la forma di partecipazione, come vescovi, come Chiesa. “Sia chiaro che questa volta non si tratta di uno sforzo da parte del governo, ma è una iniziativa indipendente" di gruppi, comunità, ong, ha sottolineato il presule.
El Salvador vive da tempo in un clima di aspra violenza causata dalle bande e dalla criminalità organizzata, che lottano per il controllo del mercato delle droghe, servendosi dei giovani dei quartieri popolari e dei piccoli delinquenti reclutati per strada o nelle carceri. Un tentativo di fermare questi scontri mortali e violenti è stato fatto dalle comunità e anche dalla Chiesa, ma con risultati esigui. L’aumento delle morti violente di giovani colpevoli solo di non voler entrare nelle bande, ha provocato una reazione sociale per fermare questa violenza giornaliera. (R.P.)
Pakistan: nuova udienza per il processo d’appello per Asia Bibi il 27 maggio
◊ E’ fissata nuovamente per il 27 maggio la prima udienza del processo di appello ad Asia Bibi, la donna cattolica condannata a morte in Pakistan con l’accusa di blasfemia. Come comunicato all'agenzia Fides dal pool degli avvocati di difesa, il caso sarà discusso davanti a un collegio giudicante dell’Alta Corte di Lahore, guidato dal giudice Anwar-Ul-Haq.
Mentre Asia langue nel carcere femminile di Multan da oltre 4 anni e mezzo, da febbraio 2014 a oggi la magistratura di Lahore, sotto pressione dei gruppi islamici radicali, ha rimandato quattro volte le udienze del processo di appello in quanto, come appreso da Fides, i giudici stessi, temendo rappresaglie, tendono a evitare la responsabilità di decidere su un caso così delicato e divenuto un simbolo.
“Nel caso di Asia Bibi, ogni ritardo o rinvio significa negare la giustizia”, afferma in una nota inviata a Fides l’avvocato Mushtaq Gill, a capo dell’Ong Lead (“Legal Evangelical Association Development”), impegnata nella difesa dei cristiani pakistani. “Troppo spesso – nota Gill – ai cristiani, considerati ‘cittadini di serie B’, viene negata la giustizia, in special modo quando sono vittime di accuse di blasfemia”. I cristiani marchiati come “blasfemi”, anche se il più delle volte sulla base di false accuse, rischiano la vita e, con loro, la rischiano quanti osano difenderli.
Vi sono casi in cui leader islamici hanno emesso una “fatwa” (decreto religioso) invitando pubblicamente i fedeli a uccidere il presunto “bestemmiatore”, con esecuzioni extra-giudiziali, calpestando lo stato di diritto. Ad esempio Mumtaz Qadri, l’uomo che nel gennaio 2011 sparò e uccise il governatore del Punjab, Salmaan Taseer, reo di aver difeso Asia Bibi, è oggi acclamato come “eroe” e alla periferia di Islamabad una moschea è stata intitolata al suo nome.
Per questo spesso i cristiani accusati, se rilasciati, sono costretti a lasciare il Paese per salvare la propria vita. E anche i loro avvocati difensori sono vittime di intimidazioni e minacce. L’avvocato Gill conclude: “La battaglia contro gli estremisti in Pakistan non si potrà vincere finchè il governo non metterà in atto le necessarie riforme legislative: alla radice del problema, urge prima di tutto abrogare le leggi sulla blasfemia senza temere le reazioni degli estremisti”. (R.P.)
Atene: seminario sulla pastorale dei Rom in Europa
◊ Apertura ad Atene, del seminario sulla pastorale dei Rom. Il seminario è organizzato dal Consiglio delle conferenze episcopali europee (Ccee), insieme alla Conferenza europea delle Chiese (Kek). L’incontro, sotto il patrocinio del governo greco in concomitanza con il turno di presidenza della Grecia dell’Unione Europea, vuole essere un momento di dialogo e scambio circa le attività della Commissione europea, del Consiglio d’Europa e delle Chiese in Europa in ambito politico e pastorale per i Rom.
Alla base dell’incontro è infatti la costatazione della situazione di degrado in cui vive la minoranza Rom in Europa. Questa preoccupazione comune a Chiese e Paesi del continente, richiede risposte comuni ed urgenti. In molti dei Paesi d’origine, le comunità Rom stanno di fatto vivendo sempre più ai margini delle società. Ciò denota da parte delle nazioni in Europa una grande difficoltà nell’integrare questa minoranza etnica e culturale.
Durante l’incontro, saranno ascoltate diverse testimonianze e esperienze legate all’attività pastorale delle Chiese per i Rom e all’impegno politico di persone appartenenti alla comunità Rom. (R.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 125