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Sommario del 04/05/2014
◊ La preghiera affinché in Ucraina prevalgano “sentimenti di pacificazione e di fratellanza” e il dolore per le vittime provocate “dall’enorme frana che si è abbattuta su un villaggio dell’Afghanistan” hanno scandito, stamani, le parole di Papa Francesco durante il Regina Caeli. Il Santo Padre, ricordando il passo del Vangelo in cui Gesù risorto appare ai due discepoli di Èmmaus, ha anche sottolineato che la Parola di Dio e l’Eucaristia ci riempiono di gioia. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
E’ la pace in Ucraina la speranza custodita, nella preghiera, da Papa Francesco:
“Cari fratelli e sorelle, desidero invitarvi ad affidare alla Madonna la situazione in Ucraina, dove non cessano le tensioni. Prego con voi per le vittime di questi giorni, chiedendo che il Signore infonda nei cuori di tutti sentimenti di pacificazione e di fratellanza”.
Il Santo Padre ha anche ricordato la tragedia della frana in Afghanistan, che ha sepolto un villaggio nel nord est del Paese:
“Preghiamo anche per i defunti a causa dell’enorme frana che si è abbattuta due giorni fa su un villaggio dell’Afghanistan. Dio Onnipotente, che conosce il nome di ognuno di loro, accolga tutti nella sua pace; e dia ai superstiti la forza di andare avanti, con il sostegno di quanti si adopereranno per alleviare le loro sofferenze”.
Durante il Regina Caeli, il Papa ha ricordato il Vangelo in cui due discepoli, dopo la morte di Gesù, “lasciano Gerusalemme e ritornano, tristi e abbattuti” verso il loro villaggio, chiamato Emmaus. Lungo la strada, appare Gesù risorto e i discepoli lo riconoscono “nello spezzare il pane, nuovo segno della sua presenza”. La strada di Emmaus – ha spiegato il Pontefice - diventa così simbolo del nostro cammino di fede:
“Le Scritture e l’Eucaristia sono gli elementi indispensabili per l’incontro con il Signore. Anche noi arriviamo spesso alla Messa domenicale con le nostre preoccupazioni, le nostre difficoltà e delusioni… La vita a volte ci ferisce e noi ce ne andiamo tristi, verso la nostra ‘Emmaus’, voltando le spalle al disegno di Dio. Ci allontaniamo da Dio”.
Ma ci accoglie – ha detto il Papa - la Liturgia della Parola:
“Gesù ci spiega le Scritture e riaccende nei nostri cuori il calore della fede e della speranza e nella Comunione ci dà forza”.
Il Papa ha poi esortato ad accogliere la Parola di Dio, a ricevere Gesù nell’Eucaristia:
“Ricordatelo bene: leggere ogni giorno un brano del Vangelo e le domeniche andare a fare la Comunione, a ricevere Gesù. Così è accaduto con i discepoli di Emmaus: hanno accolto la Parola; hanno condiviso la frazione del pane e da tristi e sconfitti che si sentivano sono diventati gioiosi. Sempre, cari fratelli e sorelle, la Parola di Dio e l’Eucaristia ci riempiono di gioia”.
Quindi il Santo Padre ha ribadito:
“Ricordatelo bene! Quando tu sei triste, qualcosa, prendi la Parola di Dio! Quando tu sei giù, prendi la Parola di Dio e va alla Messa della domenica a fare la Comunione, a partecipare del mistero di Gesù! Parola di Dio, Eucaristia: ci riempiono di gioia”.
Dopo la recita del Regina Caeli, Papa Francesco ha ricordato infine che oggi si celebra la 90.ma Giornata Nazionale per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha per tema “Con i giovani, protagonisti del futuro”. E rivolgendosi ai giovani presenti in piazza ha detto:
“Prego per questa grande Università, perché sia fedele alla sua missione originaria e aggiornata al mondo attuale. A Dio piacendo mi recherò presto a visitare qui a Roma la Facoltà di Medicina e Chirurgia e il Policlinico ‘Gemelli’, che compie 50 anni di vita”.
Il Papa ha salutato infine i partecipanti alla Marcia per la Vita e l’Associazione “Meter”, che da quasi vent’anni lotta contro ogni forma di abuso sui minori. Grazie per il vostro impegno!
◊ Siamo anche noi disposti a seguire la strada della passione e della Croce? E' la domanda che il Papa ha rivolto alla comunità polacca di Roma riunita questa mattina nella chiesa di San Stanislao alla Botteghe Oscure. L'occasione è stata una messa di ringraziamento della Canonizzazione di Giovanni Paolo II. Alessandro Guarasci:
La piccola ma viva comunità polacca di Roma ha ricevuto la visita di Papa Francesco. L’emozione per l’incontro con il Pontefice era chiaramente visibile sui volti di chi ha partecipato alla Messa. D’altronde è fresco il ricordo della canonizzazione, solo una settimana fa, di Giovanni Paolo II. E Francesco ha ricordato come proprio Giovanni Paolo II è venuto più di 80 volte in questa chiesa nel centro di Roma. “E' sempre venuto nei diversi momenti della sua vita e della sua Polonia” ha detto il Santo Padre. Ed ancora: "Pietro è il punto di riferimento saldo della comunità perché è fondato sulla Roccia che è Cristo. Così è stato Giovanni Paolo II, vera pietra ancorata alla grande Roccia. …Egli non perdeva la speranza, perché la sua fede e la sua speranza erano fisse in Dio".
"Voi, fratelli e sorelle, fate parte di un popolo che è stato molto provato nella sua storia. Il popolo polacco sa bene che per entrare nella gloria bisogna passare attraverso la passione e la Croce. E lo sa non perché l’ha studiato; lo sa perché lo ha vissuto. San Giovanni Paolo II, come degno figlio della sua patria terrena, ha seguito questa via. L’ha seguita in modo esemplare, ricevendo da Dio una spogliazione totale. Per questo “la sua carne riposa nella speranza” E noi? Siamo disposti a seguire questa strada? Voi, cari fratelli, che formate oggi la comunità cristiana dei polacchi a Roma, volete seguire questa strada?"
Il Papa ha ricordato che “siamo viandanti ma non erranti. Eh, in cammino. Ma sappiamo dove andiamo, eh? Gli erranti non sanno. Siamo pellegrini, ma non randagi – come diceva Giovanni Paolo II”
"Anche noi possiamo diventare 'viandanti risorti', se la sua Parola riscalda il nostro cuore, e la sua Eucaristia ci apre gli occhi alla fede e ci nutre di speranza e di carità. Anche noi possiamo camminare accanto ai fratelli e alle sorelle che sono tristi e disperati, e riscaldare il loro cuore con il Vangelo, e spezzare con loro il pane della fraternità".
La comunità dei polacchi ha donato al Papa un'immagine di "Gesù misericordioso". La chiesa di San Stanislao nel 1982 ha ottenuto lo status di parrocchia nazionale dei polacchi e nel corso degli anni è diventata punto di riferimento per tanti, soprattutto immigrati. E proprio poco prima di lasciare la chiesa, il Papa ha saluto i fedeli, ringraziandoli per la partecipazione, e un gruppo di senzatetto.
Messa per la festa di Santa Caterina, il cardinale Sandri: si gareggi in carità
◊ “Caterina ha avuto il dono singolare dell’esperienza mistica, ma all’azione di Dio deve sempre corrispondere la libertà dell’uomo e Lei è qui a dirci che il nostro cuore ha sete di Dio, del Dio vivente”. E’ quanto ha detto stamani il cardinale Sandri, prefetto della Congregazione Chiese Orientali, durante la celebrazione eucaristica, nella Basilica senese di San Domenico - per la Festa di Santa Caterina da Siena, di cui la Chiesa ha celebrato la memoria liturgica lo scorso 29 aprile. “Averla come patrona – ha detto il porporato - ci impedisce di restringere gli orizzonti ai soli confini di questa città, ma ci conduce a Roma, all’Italia, all’Europa, che la onorano e invocano la sua intercessione”. La vita di Santa Caterina – ha aggiunto - è un esempio luminoso: “le sue giornate erano divise fra la chiesa di San Domenico, l’ospedale della Scala e il lebbrosario di san Lazzaro, dove si prodigava a curare amorevolmente gli infermi anche più ripugnanti”.
Chi sono – ha poi detto il cardinale Leonardo Sandri - i poveri di oggi su cui chiediamo che si posi lo sguardo della Santa? “Forse coloro che pensano di poter fare a meno della carità di Dio, mentre si lasciano irretire da altri idoli? Da un denaro che si moltiplica per alcuni e manca per altri, da un’economia che gioca in borsa e fa mancare il capitale per far riprendere il lavoro delle famiglie? Certo, anche per loro, perché per tutti deve essere possibile cambiare rotta e convertirsi. Ma quanti altri poveri sono nelle nostre città, o altri vengono ridotti quasi in schiavitù nel loro fuggire attraverso il deserto, partendo dall’Eritrea o dal Sud Sudan”! “Vengono imbarcati su navi sognando il Continente – di cui pure Caterina è patrona – trovando invece il naufragio e la morte; perché l’Europa non guarda, o almeno non sceglie di farlo con la necessaria azione comune di tutti i Paesi che la compongono, uniti nell’affrontare questa piaga”?
“La vostra città - ha inoltre affermato il cardinale Sandri - è nota in tutto il mondo tra l’altro per le contrade che si sfidano per conquistare il Pallio”. “Una bella tradizione secolare, che ha il suo culmine nelle competizioni nella Piazza del Campo ove questa sera ci riuniremo per la Benedizione all’Italia e all’Europa”. “Vogliamo sin d’ora – ha concluso il porporato - chiedere la grazia che da quel luogo simbolico della città, diveniamo sempre più capaci di competizioni di carità e benevolenza, come dice San Paolo gareggiate nello stimarvi a vicenda” (Rm 12,10). “Valga nel clima politico italiano ed internazionale troppo spesso avvelenato da continue competizioni personali, valga per i Paesi ed aree geografiche martoriati dalla guerra e dalla violenza – penso alla Siria, alla Repubblica Centrafricana, all’Iraq – si diffonda per la Terra Santa, ove accompagnerò Papa Francesco a fine maggio, perché siano abbattuti i muri e si costruiscano ponti di pace”. (A.L.)
Egitto: tra proteste e attentati al via la campagna elettorale per le presidenziali
◊ “Stabilità sicurezza e speranza” per l’Egitto. Questo l’impegno del principale candidato alle elezioni presidenziali di fine mese, l’ex generale delle forze armate al-Sisi. Un sondaggio dell’istituto indipendente Basira ha rivelato che il 72% degli egiziani sarebbe pronto a votare per lui. Solo il 2%, invece, sarebbe a favore del candidato della sinistra Sabbahi. Intanto nel paese resta un clima di forte tensione per le proteste di piazza della Fratellanza e per il timore di nuovi attacchi terroristici da parte di gruppi islamisti legati ad Al Qaeda, che hanno minacciato di morte i due sfidanti. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Francesca Paci, esperta di Medio Oriente per il quotidiano La Stampa:
R. – Il quadro è un quadro di forte polarizzazione all’interno del Paese. C’è chi sostiene al-Sisi - buona parte della popolazione che ascolta il suo messaggio di lotta al terrorismo – e c’è l’unico suo avversario, l’unico che si è presentato e candidato, è Hamdin Sabbahi, che è il candidato della sinistra che arrivò terzo alle elezioni del 2012 finite con il ballottaggio tra Morsi e Ahmed Shafiq.
D. - Da parte dell’ex-generale al-Sisi, la promessa di combattere contro il terrorismo; da parte dei jihadisti, la promessa di continuare con le azioni terroristiche. Questa campagna elettorale prevedibilmente sarà segnata dalle violenze…
R. - Questo, di fatto, è il braccio di ferro, cioè quello che fa fare ad al-Sisi campagna contro il terrorismo. Al Qaeda, dagli Stati Uniti, ha denunciato il sostegno americano al golpe militare in Egitto in funzione pro Israele e questo fa anche sì che al-Sisi si senta forte di un consenso da “carta bianca”. Infatti, lui non ha presentato il programma. In questo quadro si innesta il suo avversario, Hamdin Sabbahi, che invece ha presentato un programma che è molto incentrato sulla giustizia sociale, sul compimento della rivoluzione, sul salario minimo da portare a circa 150 euro, sul rafforzamento della middle class egiziana.
D. – Sullo sfondo ci sono le proteste di piazza da parte della Fratellanza, animate peraltro anche dalle condanne dei tribunali contro i collaboratori del deposto presidente Morsi…
R. - Sì, il clima è molto teso. Una corte del Cairo ha appena condannato altri 102 sostenitori di Morsi a 10 anni di prigione. Sono a migliaia a processo. C’è il caso dei venti giornalisti di Al Jazeera che sono anche loro a processo con l’accusa di aver sostenuto i Fratelli musulmani. La giustificazione della lotta al terrorismo è quella che ha guidato a una forte repressione anche nella libertà di stampa in questo momento in Egitto.
D. – Come ne esce la rivoluzione di qualche anno fa?
R. – Continuano a confrontarsi in Egitto quelli che sono stati due “Moloch” della storia egiziana a partire dalla fine della monarchia: l’esercito, di cui al-Sisi è di fatto il rappresentante - nonostante si sia dimesso da tutte le sue cariche, ministro della Difesa e capo delle Forze armate – e dall’altra gli islamisti, i Fratelli musulmani e i loro simpatizzanti. La rivoluzione era stata, in realtà, iniziata da forze terze rispetto a questo che sono state poi sopraffatte. Esistono ancora. L’estate scorsa, infatti, avevano sostenuto l’azione dei militari e anche, inizialmente, la durissima repressione de Fratelli musulmani, dopo aver chiesto massicciamente – con milioni e milioni di persone in piazza - la cacciata di Morsi. Nei mesi successivi si sono viste strette di nuovo tra queste due forze: in piazza i sostenitori di Morsi e l’esercito che, con la scusa di difendere il Paese dopo essere stato acclamato a gran voce da milioni di egiziani in piazza, si sente autorizzato ora a riprendere in mano il Paese con il pugno di ferro. In teoria, queste forze dovrebbero sostenere Hamdin Sabbahi ma in questo momento è difficile immaginare uno scenario un po’ diverso da quello che è la vittoria di al-Sisi.
D. – Il tutto, per concludere, in un Paese in difficoltà dal punto di vista economico con il turismo che non riesce a decollare ormai da un bel po’ di tempo…
R. – Il Paese non si è più ripreso dalla caduta di Mubarak, dal 2011. Dicono che il turismo sia crollato del 60, 70 per cento, ed era uno dei pilastri dell’economia egiziana. In realtà, in questo momento, l’economia è puntellata solamente dai fondi del Golfo, in particolare Arabia Saudita e Kuwait, e dalla speranza che dall’esterno arrivi un sostegno quantomeno alla stabilità. Questa è la battaglia di al-Sisi: nonostante i militari abbiano avuto un momento di forte tensione con gli Stati Uniti, loro vecchio sponsor - perché accusava gli Stati Uniti di aver sostenuto Morsi definendolo il legittimo presidente, cosa che di fatto era -, oggi gli Stati Uniti dicono, invece, che loro preferiscono non schierarsi dicendo che continuano a sostenere la road map egiziana verso la democrazia. Un apparente non schierarsi che, a questo punto, da parte dei sostenitori di Morsi e dei nemici della svolta autoritaria in Egitto, viene visto come un nuovo endorsement degli americani all’esercito egiziano.
Torna la Marcia per la vita per difendere i diritti dei più deboli
◊ Circa 40 mila i partecipanti alla quarta edizione della Marcia nazionale per la vita, promossa a Roma questa mattina da una cinquantina di organizzazioni pro-life. Papa Francesco li ha salutati al termine del Regina Coeli, rivolgendo loro “tanti auguri” e incoraggiandoli ad andare avanti e ad impegnarsi per la tutela e la promozione della vita. Ascoltiamo le voci di alcuni partecipanti alla grande mobilitazione, raccolte per noi da Antonella Pilia:
R. - Ci sentiamo proprio parte del popolo della vita di cui parlava Giovanni Paolo II per costruire una civiltà dell’amore a partire dalla famiglia, trasmettendo questo valore anche ai nostri figli che respirano questa gioia di vivere, questo amore per la vita.
R. - Non mi piace quello che accade oggi: la vita dei bambini viene buttata via senza pensarci solo perché all’inizio rappresentano un problema. Se ci si pensasse un po’ di più ci si renderebbe conto che un bambino è sempre un bellissimo regalo.
R. - Con l’aborto ogni anno in Italia muoiono tantissimi bambini. Il diritto alla vita è il primo di tutti i diritti e dunque è indispensabile lottare per difendere l’innocente.
R. - Noi cerchiamo di dar voce a chi non ce l’ha: a tutti quei bambini non nati, ma soprattutto in tutte quelle situazioni di vita agli ultimi stadi che molto spesso non sono considerate. Dunque, per noi è estremamente importante dare voce a chi non ha voce e sostenere chi ha la necessità di essere accompagnato.
D. - È molto importante marciare per la vita?
R. - Sì, io penso di si perché è fondamentale riconoscere la dignità della vita dal concepimento alla morte naturale, cosa che oggi non avviene. Io, in particolare, appartengo all'associazione “La Vigna di Rachele”: aiutiamo le persone dopo l’aborto e vediamo come queste persone ferite dopo l’aborto vengano lasciate sole, senza accompagnamento, quasi come se non si volesse riconoscere la loro sofferenza.
R. - Io credo che la difesa della vita vada fatta a 360 gradi, sia attraverso il riconoscimento al diritto di nascere sia attraverso il riconoscimento del diritto ad avere una degna sepoltura, e quindi il seppellimento dei bimbi nati morti è un diritto a pieno titolo.
R. - È vero che c’è anche un po’ una civiltà della morte con queste leggi e con questi attacchi alla vita e alla famiglia, però c’è anche un popolo della vita che vuole invece manifestare e stare insieme facendo vedere che c’è.
Lavoro domenicale, mons. Bregantini: l’uomo non può essere ridotto al commercio
◊ In Italia, la domenica il 30% dei centri commerciali e il 25 % di negozi a conduzione famigliare sono aperti. Questi gli ultimi dati della Confesercenti. Contro questo fenomeno che svilisce il significato del giorno sacro dedicato al Signore, si è pronunciato mons. Giancarlo Bregantini presidente della Commissione per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza episcopale italiana. Ascoltiamo il suo commento al microfono di Marina Tomarro:
R. – E’ scandaloso. Per esempio, la Svizzera, la Germania ed altri Stati in Europa non hanno mai accettato questa legislazione del lavoro domenicale. Allora, impariamo da queste nazioni a scegliere l’essenziale: si fa spesa per sei giorni e la domenica si riposa, si sta a casa. La società ne guadagna, ma soprattutto ne guadagna la dimensione etica, che è il nocciolo del discorso. Se io la domenica non so dare valore al gratuito, io riduco tutto al commerciale, cioè a ciò che mi serve o a ciò che tu mi dai, non al tempo libero per la famiglia o per Dio o per te stesso. L’uomo viene ridotto a “cosa”, a “commercio”, non c’è più la certezza di una persona amata, rispettata ed accompagnata, perché è persona, non perché è “cosa”.
D. – Cosa deve fare la Chiesa proprio per dare una mano ed evitare che la gente vada a lavorare la domenica? E quali sono anche le conseguenze sulle famiglie, secondo lei?
R. – La Chiesa deve fare molto di più, vescovi compresi. Io suggerirei che ci debba essere una mobilitazione di tutte le parrocchie, in una data precisa, concordata a livello nazionale, che aiuti a leggere e ad aprire gli occhi su questo; una domenica concordata, dove tutti preghino nelle chiese, ne parlino nelle omelie e i cristiani manifestino davanti agli ipermercati aperti. Quanti i danni, infatti, che le mamme ci raccontano, lo strazio. Come fa una mamma ad uscire di casa, se non sa a chi affidare il suo bimbo? Ecco perché fu apprezzato quel gesto del Papa che, mesi fa, telefonò a quel bambino del Nord, che gli scrisse: “La domenica sono sempre solo: chiamami tu!”. E lui l’ha chiamato. Ecco, questo è il dramma, per cosa poi? Per questa tesi, secondo la quale la domenica arricchisce la società e favorisce il commercio. Sono bugie, che la Confcommercio ha ampiamente smentito, con dati precisi alla mano: con un calo del 2 o 3 per cento su tutta Italia.
◊ Prosegue ad Aparecida la 52.ma Assemblea generale dei Vescovi del Brasile, che riunisce più di 300 vescovi di tutto il Paese. Al centro dei lavori dell’Assemblea, che dureranno fino al 9 maggio, il tema della parrocchia. Ascoltiamo la riflessione del cardinale Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo, al microfono del nostro inviato Silvonei Protz:
R. - Il tema della parrocchia è sempre attuale; è un tema ecclesiologico mai superato perché la parrocchia - e nella parrocchia le varie forme di vita comunitaria - dà espressione alla vita della Chiesa, alla fede, altrimenti la Chiesa resta una cosa un po’ eterea, una figura senza volto. Invece la parrocchia, la comunità piccola, l’organizzazione dei fedeli, dei laici, della gente in associazioni, in comunità di vita, le congregazioni e gli ordini religiosi che associano i laici a loro in varie forme di vita e comunità … alla fine tutti si ritrovano nella parrocchia e nelle piccole comunità locali - le comunità di base e altre forme di comunità - che noi abbiamo in abbondanza. Tutte queste danno veramente il volto concreto alla vita ecclesiale che si manifesta in modo molto particolare nella celebrazione dell’Eucarestia, nella carità operante, concreta, e nell’aiuto vicendevole, nell’impegno sociale per far cambiare la faccia del mondo e dare al mondo il volto della speranza cristiana, del Vangelo. Quindi, questo tema della nostra assemblea plenaria riprende a parlare, dopo molti anni, della parrocchia - e di questo ce ne era bisogno - perché i nostri fedeli, i nostri battezzati hanno bisogno di sentirsi - in qualche modo - identificati con la Chiesa in modo molto concreto, non come strutture organizzative in modo astratto, ma molto concretamente nella vita ecclesiale. Nella parrocchia questo succede. Poi nella parrocchia ci sono i parroci ai quali è affidata la guida della struttura. In Italia c’è un detto molto bello che recita: “La Chiesa cammina con i piedi dei parroci”. E questo è vero: se i parroci camminano, la Chiesa cammina; se i parroci non camminano, la Chiesa non cammina.
D. – E nello stesso tempo affronterete il tema del ruolo dei laici all’interno della Chiesa…
R. - In questa nostra assemblea annuale riprendiamo anche il tema dei laici, molto collegato con il tema della parrocchia, il tema della comunità ecclesiale concreta fatta non da un prete ma dai battezzati e ovviamente da un prete che si trova in mezzo, davanti e a volte anche dietro il gregge. Quindi c’è il parroco, ma ci sono soprattutto i battezzati, quindi i laici. Riprendiamo il tema dei laici, lo vogliamo approfondire. Forse anche l’anno prossimo lo riprenderemo ancora per dare una nuova spinta alla vita ecclesiale per quanto riguarda la vita laicale, cioè la loro partecipazione sia alla vita interna della Chiesa sia alla vita del mondo. “I laici sono le guardie che stanno nelle trincee più avanzate della missione della Chiesa”, diceva Papa Giovanni Paolo II, e quindi sono la presenza della Chiesa in ogni parte del mondo, della società dove sono seme del Vangelo, luce e sale, lievito del Vangelo per cambiare la vita della società secondo il Vangelo di Cristo.
Educazione alla cittadinanza tra i percorsi formativi dell'Istituto "Pedro Arrupe" di Palermo
◊ Andare “verso le periferie” è un invito che Papa Francesco ha ripetuto più volte e che può essere messo in pratica anche in contesti non lontani dalla nostra quotidianità. Lo hanno fatto - ad esempio - i padri gesuiti dell’Istituto “Pedro Arrupe” di Palermo e la comunità locale delle suore della Carità, dando vita a un corso di educazione alla cittadinanza e formazione politica per i giovani del borgo di Ciaculli. Dell’ iniziativa ci parla Davide Maggiore:
Appassionarsi di nuovo al bene comune e restituire un senso vero al termine “politica”, ripartendo dalla comunità. È con questi obiettivi che, da dicembre del 2013, un gruppo di giovani tra i 16 e i 22 anni – studenti, lavoratori e anche disoccupati – partecipa ai laboratori promossi dall’Istituto Arrupe. Il corso, spiega Anna Staropoli, sociologa dell’Istituto, segue una filosofia precisa:
“Lavorare su una leadership diffusa nei territori: quindi i tanti leader delle tante periferie, che questa città esprime, e che con competenza, con capacità, con passione, vivono e si spendono nei propri territori. Quindi l’Istituto che cosa può fare per loro? Offrire degli strumenti, valorizzare le loro competenze e - secondo una logica propria della pedagogia ignaziana - mettere al centro le persone, i contesi, ma anche i desideri che i contesti territoriali esprimono attraverso le comunità che li vivono”.
Ragazzi e ragazze sono quindi partiti dalla rilettura della propria esperienza personale, per poi passare – attraverso il confronto con esperti – all’ideazione di possibili iniziative capaci di incidere nella realtà di Ciaculli. La forza di questa comunità, sostiene ancora Anna Staropoli, è anche quella di essere “periferia”:
“Nelle periferie tu trovi la possibilità di laboratori e di sperimentare delle politiche di cittadinanza attiva proprio partendo da quei giovani che spesso si pensa siano ormai indifferenti rispetto alle realtà sociali e che invece scopri che nelle periferie sono non solo attenti, ma si lasciano coinvolgere per altre realtà della comunità, per migliorare la qualità della vita del proprio quartiere”.
Su questo elemento e sulle motivazioni della scelta di Ciaculli si sofferma anche suor Gabriella Bandini, delle suore della carità di Santa Giovanna Anthida, che collaborano al progetto palermitano fin dall’inizio:
“Anche qui, in Italia, ci sono delle periferie che chiedono di essere abitate, che chiedono di essere viste e chiedono di essere amate e valorizzate. Allora, in particolare come suore, è maturato questo desiderio di aprire un segno in una periferia italiana. E’ stata scelta la Sicilia, per tutta la sua gente e soprattutto per i giovani che desiderano proprio un riscatto molto forte: un riscatto umano, sociale e politico”.
Ed è prima di tutto sulle persone che gli effetti del laboratorio diventano evidenti. A notarlo è Federica, studentessa di liceo che partecipa al corso:
“I risultati si cominciano a vedere a partire da noi stessi: abbiamo un maggiore approccio con le persone che sono del quartiere; cerchiamo di coinvolgerle e anche loro si sentono maggiormente appartenenti al territorio. Questa è già una cosa fondamentale per noi, vista la situazione di partenza. Man mano che andiamo avanti cerchiamo di fare del nostro meglio. Noi abbiamo tanti desideri per la nostra periferia e spero che questi desideri vengano realizzati!”.
Igino Giordani, la politica come servizio. Presentata a Roma la sua biografia
◊ Nel 34.mo anniversario della morte e alla vigilia delle elezioni per il Parlamento europeo, si è tenuto nei giorni scorsi a Roma un incontro su Igino Giordani, giornalista e scrittore cristiano, politico libero dai condizionamenti del potere e pioniere dell’unità europea. Nell’occasione è stata presentata anche la sua biografia realizzata da Tommaso Sorgi: ”Igino Giordani. Storia dell’uomo che divenne Foco”, pubblicata da Città Nuova. Adriana Masotti ha intervistato Alberto Lo Presti, politologo, direttore del Centro Studi Igino Giordani, intervenuto all’evento:
R. – Igino Giordani ha attraversato tutte le sfide principali del XX secolo: lo troviamo tra i primi ad accompagnare Luigi Sturzo nelle neonate vicende del Partito popolare italiano; lo troviamo agguerrito oppositore del fascismo e del paganesimo fascista; al fianco di De Gasperi per la Democrazia Cristiana con delle battaglie importanti in nome della pace e della concordia in Parlamento; lo troviamo anche co-fondatore del Movimento dei Focolari con Chiara Lubich, anticipando alcune delle tesi del Concilio Vaticano II.
D. – Giordani era un uomo intero che non separava il fare politica dal vivere la fede cristiana, e per questo ha anche subito calunnie e incomprensioni …
R. – E’ tipico dei giusti! Igino Giordani perse il suo posto di lavoro con il Partito Popolare di Sturzo quando i partiti furono chiusi dal regime fascista; andò ad insegnare: per non piegarsi alla liturgia fascista, perse anche quel posto di lavoro. Ad un certo punto fu costretto ad andare negli Stati Uniti d’America per due anni. Con la Democrazia Cristiana, lo troviamo addirittura su posizioni non concilianti con quelle del partito politico: per esempio, fu il primo ad avanzare una legge sull’obiezione di coscienza …
D. – Torniamo al contesto attuale e cioè le elezioni europee. Che cosa ha a che fare Giordani con l’Europa e con l’ Europa unita?
R. – Era uno specialista d’Europa. Nel 1923, chiama in causa l’Internazionale Europea, perché capiva che l’unico modo per pacificare l’Europa e il mondo era un assetto di concordia delle Nazioni europee. Siamo nel 1923 quando, dopo la Prima Guerra Mondiale, alle Conferenze di pace successive al Trattato di Versailles non si parlavano i francesi con i tedeschi, gli austriaci con i belgi … anche fra i cattolici. Non solo: negli anni a seguire, con la deriva del fascismo, parlerà dello smarrimento dell’Europa cristiana e, ancora, successivamente ricordiamo quel suo celebre discorso sul Patto Atlantico, nel 1949, nel quale sognava un’Europa unita dal Portogallo agli Urali.
D. – Ecco: l’incontro dei giorni scorsi, a Roma, è stato anche l’occasione per presentare il volume: “Igino Giordani, storia dell’uomo che divenne Foco”. Qui, però, bisogna spiegare un po’ il titolo …
R. – “Foco” è il modo con il quale Igino Giordani è conosciuto nei circa 180 Paesi del mondo, in cui è diffuso il Movimento dei Focolari. Questo libro di Tommaso Sorgi, racconta le vicende biografiche di Igino Giordani prima di conoscere Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolari, un incontro che avvenne nel ‘48.
D. – Igino Giordani è sempre stato conosciuto come un veemente politico, scrittore … “Foco” sta a dire questo fuoco che c’era in lui ma che, dopo l’incontro con Chiara, ha avuto anche una trasformazione …
R. – Sì: nei primi anni Venti, di fronte a un certo ateismo che si stava propagando, Igino Giordani viene riconosciuto come il “martello degli eretici”, cioè uno che non fa passare una virgola delle nuove dottrine, senza passarle al vaglio della morale cristiana. Quando conosce l’ideale dell’unità del Movimento dei Focolari, mette a disposizione tutto questo suo bagaglio di valori al servizio del dialogo: al servizio del dialogo con i lontani, con quelli che hanno più bisogno del messaggio sociale cristiano. Ed in questo senso abbiamo un Igino Giordani che da “martello”, trasforma se stesso in “mantello” degli eretici. Tommaso Sorgi è il più grande biografo di Igino Giordani: in 20 anni è riuscito a scrivere un libro che è documentale, da una parte, di grande sollecitazione spirituale, dall’altra, per fare qualcosa che – a mio avviso – sarà insuperabile.
Ucraina: Kiev annuncia la prosecuzione dell’offensiva militare nell’est
◊ Nuova giornata di scontri e tensioni in Ucraina, dove l’esercito di Kiev annuncia di proseguire la sua offensiva nelle città della zona orientale di Donetsk controllate dai ribelli filo russi. Inoltre le truppe ucraine hanno preso il controllo del centro televisivo di Sloviansk, bastione della protesta separatista. Il governo di Kiev proseguirà la sua offensiva. Presto – ha annunciato un portavoce in TV - ci saranno nuove operazioni in altre città dove gli “estremisti e i terroristi ignorano la legge ucraina e minacciano la vita dei cittadini ucraini”. Tutto si concentra nella zona orientale del Paese, in particolare nella regione di Donetsk, e non è chiaro il numero di morti e feriti.
L’esercito si muove anche a Sloviansk, che appare relativamente tranquilla oggi dopo gli scontri dei giorni scorsi. Il premier Iatseniuk stamattina è partito alla volta Odessa accusando i servizi di sicurezza di aver fallito nell’impedire le violenze di venerdì che hanno provocato la morte di 40 persone. Tuttavia - ha aggiunto - questo è stato un piano russo per distruggere l'Ucraina. Decretati due giorni di lutto nazionale e l’avvio di un’inchiesta indipendente, come sollecitato dall’Unione Europea. In città si è recata anche l’ex premier Iulia Timoshenko, ora candidata presidenziale, che ha accusato la Russia della ‘balcanizzazione dell’Ucraina’.
In queste ore, però, Mosca ha definito assurdo parlare di elezioni dopo i fatti di Odessa ammettendo inoltre di aver perso il controllo delle forze di autodifesa sul territorio. Una tesi smentita, almeno in parte, dal rilascio degli osservatori Osce che proprio ieri sera sono tornati a Berlino. Intanto, in diverse città dell’est dell’ucraina, i filorussi controllano molti punti nevralgici e hanno annunciato la mobilitazione generale a Donetsk. In mattinata hanno anche tentato di assaltare la sede dei servizi di sicurezza ucraini, ma è apparsa solo una dimostrazione forza. (A cura di Eugenio Bonanata)
Giornata di lutto nazionale in Afghanistan per le vittime della frana di venerdì
◊ Giornata di lutto nazionale oggi in Afghanistan per le centinaia vittime della terribile frana che venerdì ha sommerso un villaggio nella provincia di Badakhshan, nel nord del Paese. I soccorritori hanno interrotto le ricerche di eventuali sopravvissuti mentre resta ancora incerto il bilancio. Secondo le autorità di Kabul, almeno 300 persone sono state sepolte vive. Altre fonti locali parlano di oltre 2100 tra morti e dispersi.
Per l’ONU adesso la priorità è rappresentata dagli oltre 4 mila sfollati costretti ad abbandonare la zona a causa della pioggia battente. Sul terreno è attiva anche la Mezzaluna Rossa. Servono medicinali, cibo, acqua potabile e rifugi d’emergenza. Dopo una prima valutazione, l’Unicef ha chiesto aiuto alle famiglie colpite annunciando per i prossimi giorni interventi di sostegno psicologico per i bambini compresi quelli che hanno perso i genitori. Unanime la vicinanza e la disponibilità ad intervenire espressa dalle cancellerie internazionali. (E.B.)
Senigallia cerca di tornare alla normalità dopo l’alluvione che ha provocato due morti
◊ La cittadina di Senigallia, nelle Marche, cerca di tornare alla normalità dopo l’alluvione di ieri che ha provocato due vittime. I danni sono ancora da quantificare, ma gli sfollati sono quasi tutti tornati nelle proprie abitazioni, tranne una trentina di persone che restano ospitate presso il seminario vescovile. Grazie al lavoro notturno delle idrovore, le strade sono quasi tutte libere, mentre persistono difficoltà per quanto riguarda l’erogazione della corrente elettrica e i collegamenti telefonici.
Intanto prosegue l’intervento della Protezione Civile, di centinaia di vigili del fuoco, di volontari e di uomini delle forze di polizia e del Soccorso Alpino: tutti sono impegnati a portare acqua viveri e medicinali nelle frazioni isolate. La pioggia in queste ore ha concesso una tregua e le previsioni meteo indicano un leggero miglioramento ma lo stato di allerta durerà per altre 72 ore. Il sindaco - Maurizio Mangialardi – han ribadito che le scuole resteranno chiuse anche domani e martedì. Il presidente della Regione Gian Mario Spacca chiedera' lo stato di emergenza, e il premier Renzi ha già garantito l'aiuto del Governo. (E.B.)
Siria: oltre 60 mila civili in fuga dalla Deir Ezzor per i violenti scontri
◊ Sempre più drammatico il quadro umanitario in Siria. Almeno 60 mila civili sono in fuga dalla zona orientale di Deir Ezzor a causa dei combattimenti fra opposte fazioni di ribelli jihadisti. Lo afferma l'Osservatorio siriano per i diritti umani precisando che gli scontri degli ultimi giorni hanno provocato oltre 60 morti. Da gennaio, invece, si contano oltre mille vittime.
Intanto, dopo le critiche dell’ONU per la mancanza di aiuto alla popolazione, il presidente Bashar al-Assad ha chiesto alle istituzioni governative incaricate di sostenere la popolazione di cooperare maggiormente con le organizzazioni locali e internazionali, senza però compromettere la sovranità nazionale. Infine, nella città di Homs, c’è attesa per il ritiro degli insorti nel quadro della trattativa condotta con le forze governative. A supervisionare le operazioni, una delegazione dell’Onu e della Mezzaluna Rossa pronta all’evacuazione dei feriti.
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 124