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Sommario del 03/05/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Azione Cattolica: Gesù è gioia, portatelo dove c’è stanchezza e chiusura
  • Il Papa ai vescovi dello Sri Lanka: "Lavorate per la riconciliazione e la pace"
  • Giornata per l'Università del Sacro Cuore: il messaggio del Papa che annuncia una prossima visita al Gemelli
  • Il Papa ai futuri nunzi: siate uomini di Dio non carrieristi
  • Visita del Papa nella chiesa di San Stanislao alle Botteghe Oscure
  • Il 9 maggio il Papa riceverà le agenzie Onu e Ban Ki-moon
  • Mons. Krebs nominato dal Papa nunzio nelle Isole Marshall e in Nauru
  • Tweet del Papa: non avere paura, spalanca le porte a Cristo!
  • Gli Statuti al centro del primo incontro del Consiglio per l'Economia, prossima riunione il 5 luglio
  • Commissione protezioni minori: solidarietà a vittime abusi. Mary Collins: raggiungeremo obiettivi importanti
  • Mons. Tomasi: Convenzione contro la tortura, difendere libertà e dignità dell'uomo
  • Mons. Chullikat: eliminare armi nucleari, rischio di tragedia catastrofica
  • Festival delle religioni di Firenze: interventi dei cardinali Tauran e Sandri e di mons. Paglia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ucraina. Liberati gli osservatori Osce. Mons. Lachovicz: preghiamo per la pace
  • Afghanistan. Oltre 2000 morti in alluvioni e frane, si scava nel fango
  • Giornata mondiale per la libertà di stampa: 1054 giornalisti uccisi negli ultimi 22 anni
  • Decreto lavoro, il prof. Pessi: formazione e apprendistato elementi cruciali
  • Al via la Missione in 100 piazze romane del Cammino neocatecumenale
  • Lecce. Al Festival del Cinema europeo ricordati i 50 anni del Gesù di Pasolini
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria. A Homs i governativi costringono alla resa un migliaio di ribelli
  • Appello della Comece: Europa unita, un dovere di tutti
  • Vietnam: conclusa la prima Plenaria dei vescovi per il 2014
  • Plenaria vescovi inglesi: in agenda, lotta alla tratta e Sinodo sulla famiglia
  • I vescovi messicani: necessaria una riforma interiore per migliorare il Paese
  • Mons. Galantino: in Italia molto diffusa una fede "light" che non sa bene in cosa crede
  • Si è spento padre Paolo Molinari, per 51 anni postulatore generale della Compagnia di Gesù
  • Tutto pronto per la seconda edizione della “Mariathon”, la maratona mondiale di Radio Maria
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Azione Cattolica: Gesù è gioia, portatelo dove c’è stanchezza e chiusura

    ◊   Rimanete in Gesù, portatelo ovunque, gioite in Lui perché “non siete soli”: sono i tre impegni che Papa Francesco ha affidato all’Azione Cattolica italiana, nell’udienza svoltasi in Aula Paolo VI davanti a circa settemila membri dell’Associazione, che hanno concluso la 15.ma Assemblea nazionale. Siate - ha ripetuto il Papa - un’Azione Cattolica “sempre aperta” e “mai ferma”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Aperti, mai fermi, in missione con la gioia di Gesù Risorto. Tra salve di applausi che incendiano l’Aula Paolo VI e un genuino entusiasmo, Papa Francesco chiude l’Assemblea nazionale dell’Azione Cattolica italiana offrendo la sua personale interpretazione del tema del raduno “Persone nuove in Cristo Gesù, corresponsabili della gioia di vivere”. La gioia, spiega, è una gioia da “discepoli”, che “richiede di essere interiorizzata, dentro uno stile evangelizzatore capace di incidere nella vita”:

    “Anzitutto le parrocchie, specialmente quelle segnate da stanchezza e chiusure – e ce ne sono tante, parrocchie stanche, parrocchie chiuse (…) Si tratta di assumere il dinamismo missionario per arrivare a tutti, privilegiando chi si sente lontano e le fasce più deboli e dimenticate della popolazione. Si tratta di aprire le porte e lasciare che Gesù possa andare fuori. Tante volte abbiamo Gesù chiuso nelle parrocchie con noi, e noi non usciamo fuori e non lasciamo uscire fuori Lui! Aprire le porte perché Lui vada, almeno! Si tratta di una Chiesa in uscita: sempre Chiesa in uscita”.

    Un dinamismo che si esprime anzitutto con un verbo solo all’apparenza statico: “rimanere”. “Vi invito – afferma Papa Francesco – a rimanere con Gesù, a godere della sua compagnia”, perché per “essere annunciatori e testimoni di Cristo occorre rimanere anzitutto vicini a Lui”. Solo così è possibile passare al “secondo verbo”, “andare”, cioè annunciare ovunque “che Dio è Padre e che Gesù Cristo ve lo ha fatto conoscere, e per questo – sottolinea il Papa – la vostra vita è cambiata”:

    “Si può vivere da fratelli, portando dentro una speranza che non delude. Ci sia in voi il desiderio di far correre la Parola di Dio fino ai confini, rinnovando così il vostro impegno a incontrare l’uomo dovunque si trovi, lì dove soffre e spera, lì dove ama e crede, lì dove sono i suoi sogni più profondi, le domande più vere, i desideri del suo cuore. Lì vi aspetta Gesù”.

    Il terzo è un verbo dell’anima cristiana, il gioire”, l’“esultare sempre” in Gesù ed “essere – dice il Papa – persone che cantano la vita, che cantano la fede”, capaci “di riconoscere i propri talenti e i propri limiti” e che “sanno vedere nelle proprie giornate, anche in quelle più buie, i segni della presenza del Signore”. Sempre consapevoli – soggiunge Papa Francesco – che “in questo cammino non siete soli”:

    “Con questi tre atteggiamenti (…) potrete portare avanti la vostra vocazione, ed evitare la tentazione della ‘quiete’, che non ha niente a che fare con il rimanere in Gesù; evitare la tentazione della chiusura e quella dell’intimismo, tanto edulcorata, disgustosa per quanto dolce è (…) E anche evitare la tentazione della serietà formale. Con questo rimanere in Gesù, andare ai confini, vivere la gioia evitando queste tentazioni, eviterete di portare avanti una vita più simile a statue da museo che a persone chiamate da Gesù a vivere e diffondere la gioia del Vangelo”.

    Con l’aiuto di Cristo, conclude Papa Francesco, siate “occhi che sanno vedere oltre l’apparenza; orecchie che sanno ascoltare grida, sussurri e anche silenzi; mani che sanno sostenere, abbracciare, curare”.

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    Il Papa ai vescovi dello Sri Lanka: "Lavorate per la riconciliazione e la pace"

    ◊   Un incoraggiamento nel lavoro di riconciliazione e di ricostruzione della società civile nello Sri Lanka è venuto da Papa Francesco. Nel discorso consegnato ai vescovi dell’isola, ricevuti stamani in occasione della visita ad Limina, il Papa ha ricordato l’impegno delle realtà legate alla Chiesa cattolica ed ha esortato a rispettare la dignità e il primato della famiglia. Il servizio di Benedetta Capelli:

    Lo Sri Lanka ha bisogno del lievito del Vangelo. Papa Francesco ricorda ai vescovi srilankesi che i doni della fede vanno condivisi soprattutto in un Paese dove si intravede “una nuova alba di speranza”. Dopo anni di guerre, infatti, è tornata la pace ma le persone stanno cercando di “ricostruire le loro vite e le loro comunità”. “Molto lavoro – scrive il Papa – deve essere fatto per promuovere la riconciliazione, per il rispetto dei diritti umani e per superare le tensioni etniche che rimangono”. Francesco ricorda che la Chiesa dello Sri Lanka vive una particolare unità, “al suo interno infatti cingalesi e tamil trovano opportunità per studiare, lavorare e frequentare insieme la parrocchia” senza negare le difficoltà, le paure e la mancanza di fiducia. “La fede – aggiunge il Papa – può provvedere a creare un’atmosfera di dialogo per costruire una società più giusta”.

    Il volto della Chiesa srilankese è anche misericordioso: il Pontefice ricorda l’opera della locale Caritas dopo lo tsunami del 2004 e gli sforzi nell’impegno di riconciliazione e ricostruzione post-bellica. Importante anche la dedizione nei settori dell’educazione, della sanità e nell’assistenza ai poveri. Nel generale contesto di crescita economica, “questa testimonianza profetica di servizio – scrive Francesco – dimostra che i poveri non possono essere dimenticati né può essere permessa una crescente ineguaglianza”. Da qui l’invito ai vescovi perché lavorino per una società sempre più inclusiva.

    “Lo Sri Lanka – aggiunge il Papa – non è solo un Paese con diversità etniche ma anche di tradizioni religiose diverse”, pertanto è importante il dialogo interreligioso per promuovere la conoscenza e l’arricchimento reciproco. Il Pontefice però non nasconde l’ascesa di estremisti religiosi che “nel promuovere un falso senso di unità nazionale basato su una singola identità religiosa, hanno creato tensioni attraverso vari atti di intimidazione e di violenza”. La Chiesa, sottolinea, deve rimanere salda nonostante le tensioni che potrebbero minare i rapporti tra le diverse fedi.

    Papa Francesco ricorda anche il contributo che danno i sacerdoti nella promozione della riconciliazione e del dialogo. Sono “una grande benedizione e un frutto diretto dei semi missionari piantati molto tempo fa”. Da qui l’invito ai vescovi ad essere “padri” “attenti alla formazione umana, intellettuale, spirituale e pastorale” non solo durante il seminario ma “per tutta la vita”. Un particolare pensiero il Papa lo rivolge ai consacrati, alle consacrate e ai laici, “la loro vocazione è fondamentale per la diffusione del Vangelo” soprattutto nelle zone rurali.

    Infine, il Papa si sofferma sulla famiglia messa a dura prova dalla guerra che ha provocato sfollati e che ha fatto soffrire per la morte dei propri cari. “Molti hanno perso la loro occupazione e così le famiglie sono state separate, i coniugi hanno lasciato le loro case in cerca di lavoro”. Francesco rileva che stanno crescendo i matrimoni misti ma questo richiede “una maggiore attenzione alla preparazione e all’assistenza delle coppie che dovranno educare i loro figli nella fede”. “Quando siamo attenti alle nostre famiglie e alle loro esigenze, quando comprendiamo le loro difficoltà e speranze, - scrive il Papa - rafforziamo la testimonianza della Chiesa e l'annuncio del Vangelo”. Gli sforzi della Chiesa srilankese nel sostegno alla famiglia si traducono in un aiuto a tutta la società dello Sri Lanka. “Vi esorto – conclude – ad essere sempre vigili, a lavorare con le autorità governative, con gli altri leader religiosi per garantire che sia rispettata la dignità e il primato della famiglia”.

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    Giornata per l'Università del Sacro Cuore: il messaggio del Papa che annuncia una prossima visita al Gemelli

    ◊   Apprezzamento e incoraggiamento nei riguardi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: li esprime Papa Francesco in un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, indirizzato al cardinale Angelo Scola, presidente dell’Istituto Toniolo di Studi Superiori, ente fondatore e promotore dell’Ateneo. L’occasione è la 90.ma Giornata per l'Università Cattolica Sacro Cuore che ricorre questa domenica.

    Nel messaggio si ricorda l’attenzione da sempre riservata dalla Chiesa alle domande di senso, di verità e di piena realizzazione che vengono dai giovani a cui le Università cattoliche intendono dare una risposta qualificata. In particolare, si legge, l'Università del Sacro Cuore ha saputo farsi interprete "delle istanze più alte della formazione accademica, coniugando rigore scientifico e fedeltà all'insegnamento della Chiesa". Un risultato raggiunto "anche grazie al capillare coinvolgimento della comunità ecclesiale che si è espresso soprattutto con la celebrazione della Giornata Nazionale per l'Università Cattolica" che quest’anno ha per tema: “Con i giovani, protagonisti del futuro”.

    Al "più vivo apprezzamento" per i risultati raggiunti Papa Francesco unisce "il più sentito incoraggiamento" affinché l’Ateneo "possa continuare ad essere testimonianza viva ed efficace dell'impegno della Chiesa verso le nuove generazioni". Una missione, quella delle istituzioni educative cattoliche, interpellata oggi "da rapidi e rilevanti mutamenti culturali". Di recente a questo proposito Papa Francesco aveva detto: «I profondi cambiamenti che hanno portato al diffondersi sempre più vasto di società multi culturali domandano a quanti operano nel settore scolastico e universitario di coinvolgersi in itinerari educativi di confronto e di dialogo, con una fedeltà coraggiosa e innovativa che sappia far incontrare l'identità cattolica con le diverse "anime" della società multiculturale».

    "Di fronte a scenari non privi di rischi e incertezze, anche per il mondo giovanile", il Papa "esorta tutti a collaborare per la crescita e il rafforzamento dell’Università del Sacro Cuore, nel cui seno sono nate realtà di primaria importanza per il bene comune, come il Policlinico "A. Gemelli" della Facoltà di Medicina e Chirurgia". Da cinquant'anni questa struttura, si legge nel messaggio, "offre ai malati un'assistenza di altissimo livello scientifico incentrata sulla dignità della persona umana". E proprio in occasione del giubileo, Papa Francesco annuncia di accogliere volentieri l'invito a visitare il "Gemelli" e ad "incontrare i malati e il personale", mentre affida alla protezione della Madre di Dio Sedes Sapientiae tutte le componenti dell’Università e dell’Istituto Toniolo.

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    Il Papa ai futuri nunzi: siate uomini di Dio non carrieristi

    ◊   Esperto del luogo in cui svolge il proprio servizio, capace di fraternità con altri sacerdoti piuttosto che di ambizione, uomo di preghiera che cerca in Dio la parola da dire o il gesto da compiere. L’identikit del diplomatico della Santa Sede è stato tracciato ieri da Papa Francesco durante una visita in forma privata alla Pontificia Accademia Ecclesiastica. Un incontro iniziato verso le 18 e concluso dalla cena con la comunità dell’Accademia, che ospita quest’anno 29 sacerdoti di 16 nazioni di quattro continenti. Dopo aver presieduto la preghiera dei Vespri nella cappella dell’Accademia, Papa Francesco si è intrattenuto con i sacerdoti in un colloquio fatto di domande e risposte.

    Tra queste, una chiedeva in particolare come sia possibile per un diplomatico vivere la profezia e l’utopia del bene. Il Papa ha indicato tre caratteristiche, che il diplomatico della Santa Sede deve coltivare con attenzione. Anzitutto avere chiara la memoria del Vangelo, della Chiesa e della storia di un popolo: se si legge la realtà prescindendo dalla nostra condizione di discepoli, ha detto, si finisce inevitabilmente nell’ideologia. Secondo, essere capaci di realismo, di saper guardare al presente con competenza, avendo studiato e visitato il Paese in cui si opera per capirlo realmente a fondo. Terzo, ha affermato Papa Francesco, l’utopia del futuro. Per tracciare il futuro di un popolo non tutte le strade sono percorribili, dunque è necessaria anche la prudenza. Ma soprattutto, l’utopia del futuro è comprendere cosa ci promette Dio nel futuro. Quindi profezia, ha proseguito il Papa, è dire la parola giusta, quella che lo Spirito suggerisce di dire avendola compresa nella preghiera. Nel colloquio sono stati toccati anche aspetti della vita nelle nunziature. È necessario, ha ribadito fra l’altro il Papa, che i rappresentanti pontifici coltivino un clima di fraternità con i vescovi dei Paesi in cui vivono

    Un orizzonte più ampio di temi ha poi riguardato l’impegno della Chiesa per la tutela della dignità della vita umana anche sul piano internazionale, le aspettative per il Sinodo dei vescovi sulla famiglia di ottobre e la dimensione carismatica di ogni istituzione ecclesiale. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Visita del Papa nella chiesa di San Stanislao alle Botteghe Oscure

    ◊   Questa domenica Papa Francesco si recherà nella chiesa di San Stanislao alle Botteghe Oscure a Roma, meglio conosciuta come la chiesa dei polacchi. Alle 9.30 celebrerà la Messa di ringraziamento per la canonizzazione di Giovanni Paolo II; subito dopo il rientro in Vaticano per la recita alle 12.00 del Regina Coeli. Monia Parente ha intervistato il rettore della chiesa, mons. Pawel Ptasznik:

    R. - Per noi la festa continua. Siamo molto grati al Santo Padre per aver accettato il nostro invito. Il Santo Padre Giovanni Paolo II ci ha insegnato ad amare, ad essere fedeli ad ogni Successore di Pietro, e in questa luce, siamo vicini a Papa Francesco attraverso la preghiera e tutte le opere di bene che cerchiamo di fare.

    D. - Come avete vissuto questo periodo di preparazione alla canonizzazione e poi alla visita di Papa Francesco?

    R. - Attraverso diverse celebrazioni dedicate a Giovanni Paolo II e alla sua intercessione, ma anche in modo più profondo, cercando di approfondire il suo insegnamento. Abbiamo organizzato anche diversi incontri dedicati alla sua persona. In questo modo ci siamo preparati anche per l’incontro con Papa Francesco.

    D. - Da chi è composta la comunità che frequenta la Chiesa di San Stanislao?

    R. - Nella Diocesi di Roma vivono 20 mila polacchi. Ci sono delle famiglie, delle persone che vivono da sole - magari le loro famiglie sono in Polonia, c’è una grande comunità religiosa che abita qui, c’è la comunità dei sacerdoti composta dai religiosi che lavorano nella Curia Romana e in diverse chiese della città.

    D. - San Stanislao è la chiesa nazionale di Polonia. Qual è la storia di questa chiesa?

    R. - Gli inizi risalgono alla metà del XVI secolo, quando il cardinale Osio chiese a Papa Gregorio XIII di dare ai polacchi un luogo dove potessero ricevere un aiuto spirituale e materiale. È una storia lunga, molto legata a quella della Polonia; è anche una storia molto bella. Il Santo Padre Giovanni Paolo II visitò la chiesa tre volte quando era Papa: nel 1979, nel 1992 e nel 2000. Prima, come vescovo di Cracovia, vi si recava sempre quando veniva qui a Roma; sono state documentate più di 80 presenze ufficiali.

    D. - Una data particolarmente cara a tutti voi polacchi, quella del 4 maggio, sia perché cade ad una settimana dalla canonizzazione di Giovanni Paolo II, sia perché avete festeggiato Maria Regina della Polonia e, secondo il calendario polacco, festeggerete San Stanislao, un santo ai quali i polacchi sono particolarmente devoti …

    R. - La devozione del popolo polacco per San Stanislao è cresciuta nei momenti difficili per la storia della Polonia, soprattutto nel periodo comunista. Ma anche dal punto di vista spirituale è una grande figura, un grande martire simbolo dell’unione nazionale.

    D. - Lei ha conosciuto personalmente Giovanni Paolo II...

    R. - Ho avuto la gioia e l’onore di collaborare con Giovanni Paolo II nei suoi ultimi dieci anni nella stesura dei testi, perché il Santo Padre, nell’ultimo periodo dettava tutti i suoi testi.

    D. - Qual è il ricordo più bello che conserva?

    R. - Nel cuore mantengo la sua semplicità, la sua apertura, la sua delicatezza e la sua sensibilità. Questo rispetto per ogni persona, qualsiasi fosse la loro situazione … Cercava sempre di vedere la dignità della persona che è stata creata a immagine del Creatore e di Gesù Cristo.

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    Il 9 maggio il Papa riceverà le agenzie Onu e Ban Ki-moon

    ◊   La Sala Stampa della Santa Sede ha confermato che è previsto per venerdì 9 maggio un incontro di Papa Francesco con il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, insieme ai responsabili delle Istituzioni internazionali specializzate delle Nazioni Unite.

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    Mons. Krebs nominato dal Papa nunzio nelle Isole Marshall e in Nauru

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto in udienza, nel corso della mattinata, il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di München und Freising, in Germania, coordinatore del Consiglio per l’Economia, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e un gruppo di presuli della Conferenza Episcopale di Sri Lanka, in visita ad Limina.

    Il Papa ha nominato nunzio apostolico nelle Isole Marshall e in Nauru l’arcivescovo Martin Krebs, finora nunzio apostolico in Nuova Zelanda, Isole Cook, Fiji, Kiribati, Palau, Samoa, Stati Federati di Micronesia, Tonga, Vanuatu e delegato apostolico nell'Oceano Pacifico.

    Il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'Eparchia di Mar Addai in Toronto dei Caldei presentata da mons. Hanna Zora ed ha nominato il sacerdote Daoud Baffro all'ufficio di amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della medesima Eparchia. Il rev.do Daoud Baffro è nato il 1 luglio 1942 a Manghesh, nell’Eparchia di Amadia (Iraq). Nel 1954 è entrato nel seminario di San Giovanni in Mossul. Il 12 giugno 1966 è stato ordinato sacerdote. Fino al 1972 è stato parroco a Manghesh-Amadia (Iraq); dal 1972 al 2001 a Baghdad. Dal 1992 al 2000 è stato Direttore Generale della Caritas Irachena. Nel 2001 è stato inviato in Canada ed da allora è parroco della comunità caldea di London-Windsor. Parla il francese e l’arabo; conosce il caldeo e l’inglese.

    Negli Stati Uniti, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Eparchia di Saint Thomas the Apostle of Detroit dei Caldei, presentata da mons. Ibrahim Namo Ibrahim. Al suo posto, il Papa ha nominato il sacerdote Frank Kalabat, finora parroco di Saint Thomas a Detroit . Il rev.do Kalabat è nato nel Kuwait il 13 maggio 1970. Nel 1989 è entrato nel Seminario di Saint Francis, a San Diego (U.S.A.), e per gli studi di Teologia nel Seminario Maggiore del Sacro Cuore a Detroit (U.S.A.). Ordinato sacerdote il 5 luglio 1995, è stato nominato vice-parroco della Chiesa Mother of God in Southfield nel Michigan. Dal 2001 è parroco di Saint Thomas in Detroit, Direttore del Centro Eparchiale delle Vocazioni e segue il Centro di Re-Evangelization. Parla arabo, inglese e caldeo; conosce lo spagnolo e l’aramaico.

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    Tweet del Papa: non avere paura, spalanca le porte a Cristo!

    ◊   È ispirato alla celebre frase di San Giovanni Paolo II il tweet lanciato oggi da Papa Francesco dal suo account @Pontifex: “Non avere paura, spalanca le porte a Cristo!”.

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    Gli Statuti al centro del primo incontro del Consiglio per l'Economia, prossima riunione il 5 luglio

    ◊   Il Consiglio per l’Economia, istituito da Papa Francesco con il Motu proprio “Fidelis dispensator et prudens”, del 24 febbraio scorso, ha tenuto ieri la sua prima riunione nella Sala Bologna del Palazzo Apostolico. I lavori, terminati alle 18.00, sono stati presieduti dal cardinale coordinatore del Consiglio, Reinhard Marx, e - oltre ai quindici membri - hanno partecipato anche i cardinali Pietro Parolin, segretario di Stato, e George Pell, presidente della Segreteria per l’Economia, e il prelato segretario del Consiglio stesso, mons. Brian Ferme.

    Il Papa ha ricevuto il Consiglio nella mattinata di ieri. Come hanno tenuto a rilevare sia il Santo Padre nel suo discorso, sia il cardinale coordinatore nel suo indirizzo, i membri ecclesiastici e laici del Consiglio sono sullo stesso piano, con pari responsabilità e diritti. Ciò è apparso concretamente nella riunione stessa per il fatto che ecclesiastici e laici hanno occupato posti alternati e non separati intorno al tavolo dei lavori.

    I lavori, che si sono svolti in un’atmosfera positiva e costruttiva, hanno avuto come oggetto anzitutto la bozza degli Statuti del Consiglio stesso, il cui esame sarà proseguito anche nella prossima riunione perché possano essere presentati all’approvazione del Santo Padre. Inoltre è stato presentato al Consiglio il lavoro svolto dalla Commissione di studio e indirizzo sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede (COSEA, istituita dal Papa il 18 luglio 2013). L’informazione e la continuità del lavoro svolto sono garantite dal fatto che il presidente e altri quattro membri della COSEA sono ora membri del Consiglio dell’Economia. La prossima riunione è stata fissata per il 5 luglio. Altre due riunioni sono previste nel corso del presente anno, una in settembre e una in dicembre.

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    Commissione protezioni minori: solidarietà a vittime abusi. Mary Collins: raggiungeremo obiettivi importanti

    ◊   Sostegno alle vittime degli abusi sessuali è stato espresso oggi dai membri della Pontificia Commissione per la protezione dei minori che, istituita nel marzo scorso da Papa Francesco, si è riunita per la prima volta dal primo maggio a oggi a Santa Marta in Vaticano. A prendere parte all’incontro con i giornalisti, nella Sala Stampa vaticana a conclusione dei lavori, il cardinale arcivescovo di Boston, O’Malley, e gli altri membri della commissione. Servizio di Francesca Sabatinelli:

    “We wish to express our heartfelt solidarity with all victims …”
    Solidarietà a tutte le vittime di abusi sessuali. Si apre così la dichiarazione della Commissione letta dal cardinale Sean Patrick O’Malley, un testo che indica con forza che il principio fondante della Commissione è che il bene di un bambino o di un adulto vulnerabile è prioritario nel momento in cui viene presa qualsiasi decisione. Il cardinale O’Malley ha quindi sottolineato la natura delle discussioni di questi giorni, finalizzate a rispondere alle richieste di Papa Francesco sia nello stabilire gli obiettivi sia nell’aprire la Commissione ad altri membri, così da includere persone provenienti da altre aree geografiche, anche perché, ha successivamente spiegato il cardinale O’Malley, gli abusi sono un problema della Chiesa universale e non soltanto di alcuni Paesi specifici come gli Stati Uniti o l’Irlanda. E’ un problema umano, ha continuato il cardinale, e la Chiesa deve affrontarlo ovunque nel mondo, partendo da una raccomandazione fondamentale, basata sull’istruzione, perché c’è molta ignoranza e anche negazione del fenomeno.

    Inoltre, ha aggiunto il porporato, il Papa vuole che vi siano laici e che la Commissione mantenga la sua indipendenza e autonomia. Infine, la responsabilità verrà addebitata a chiunque, a prescindere dallo status che ha nella Chiesa. Al Papa verranno sempre comunicati i risultati dei lavori della Commissione che non tratterà casi individuali di abusi, ma potrà presentare raccomandazioni sulle direttive per assicurare l’obbligo della responsabilità e le pratiche migliori per la protezione di tutti i minori. Gli Statuti che verranno presentati al Papa conterranno indicazioni per sensibilizzare le persone sulle tragiche conseguenze degli abusi sessuali e sulle conseguenze devastanti del mancato ascolto, dei mancati rapporti di sospetto di abusi, e del mancato sostegno alle vittime di abusi sessuali e alle loro famiglie.

    Marie Colllins, membro irlandese della Commissione e a sua volta vittima di abusi sessuali, ha detto di essere uscita dall’incontro con una sensazione molto positiva:

    “I’m coming away with a very positive feeling from the meeting…”
    Il lavoro è solo all’inizio - sono state le sue parole - veniamo tutti da prospettive differenti, ma ciò che abbiamo raggiunto in due giorni ci ha dato le indicazioni sulla direzione che vogliamo prendere. Ci sono molte vittime di pedofilia che hanno riposto le speranze su questa Commissione e che hanno grandi aspettative. Non si possono fare promesse, ma come vittima io stessa credo che raggiungeremo degli obiettivi importanti.

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    Mons. Tomasi: Convenzione contro la tortura, difendere libertà e dignità dell'uomo

    ◊   Durante la 52.ma sessione del Comitato delle Nazioni Unite sulla Convenzione contro la tortura (CAT), in corso a Ginevra, la Santa Sede presenterà il 5 e 6 maggio prossimi il suo rapporto. Il 23 maggio il Comitato pubblicherà le "Osservazioni conclusive". A guidare la delegazione vaticana sarà l’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu a Ginevra, mons. Silvano Maria Tomasi, che sarà accompagnato da mons. Christophe El-Kassis, dal prof. Vincenzo Buonomo e da mons. Richard Gyhra. Gabriele Beltrami ha intervistato mons. Silvano Maria Tomasi:

    D. - La Santa Sede ha aderito a questa particolare Convenzione unicamente per conto della Città del Vaticano: come porsi di fronte alle inevitabili obiezioni/accuse che invece proveranno a portare il discorso sul piano più generale della Chiesa Cattolica?

    R. - La responsabilità della Santa Sede si esercita in due modi diversi. Il primo è attraverso la competenza esclusiva giuridico-legale che la Santa Sede ha sul territorio dello Stato della Città del Vaticano (SCV) e che esercita come ogni altro Governo. Il secondo modo di esercitare la sua competenza è di carattere spirituale con una forma di autorità che si basa sulla missione specifica della Chiesa e coinvolge l’adesione volontaria dei fedeli ai principi della fede cattolica. Gli Stati mantengono la giurisdizione propria ed esclusiva sui rispettivi cittadini di fede cattolica, per esempio nel caso questi commettano dei crimini. Per molti diventa difficile capire che l’esercizio dell’autorità spirituale è diverso per mezzi e principi dall’esercizio del potere politico e giudiziario. Siccome il Papa ha autorità su tutta la Chiesa si pensa che possa decidere sui comportamenti e quindi sulle punizioni che membri della Chiesa potrebbero meritare. Il potere delle chiavi non è come il potere del mondo. I membri della Chiesa dispersi in tutto il mondo - sacerdoti vescovi, e fedeli laici - non sono cittadini della Città del Vaticano, ma cittadini dei Paesi in cui vivono, per cui hanno gli stessi diritti e doveri.

    D. - Il 5 febbraio scorso la Santa Sede ha ricevuto con stupore il rapporto sul Vaticano stilato dalla Commissione delle Nazioni Unite per i diritti dei minori a Ginevra: un “duro atto di accusa” sulla pedofilia che, secondo lei, sembrava scritto già prima del suo intervento nel mese di gennaio 2014. Crede che quel tipo di lettura più che parziale della Chiesa Cattolica possa ancora pesare sulla ricezione del vostro rapporto?

    R. - Il 5 e il 6 Maggio prossimi la Santa Sede presenterà il suo Rapporto alla 52.ma sessione degli esperti del Comitato, come stanno facendo altri sette Stati. Si tratta di una normale procedura adottata per una migliore applicazione della Convenzione. Tuttavia da un breve esame delle "Osservazioni conclusive" presentate dal Comitato della CAT ai Rapporti di altri Stati, negli ultimi due anni, emergono una serie di temi che sono soltanto indirettamente collegati, attraverso un'attività interpretativa estremamente estensiva, al testo e agli intenti della CAT . Per esempio, introdurre nella CAT la discussione sull'abuso sessuale dei bambini, già disciplinato dalla Convenzione sui Diritti del Fanciullo (CRC), risulta ridondante. Questo è particolarmente vero in quanto il testo originale e il suo significato non includono termini relativi a questo crimine. Letture diverse della Convenzione sono molto possibili. Nel contesto internazionale delle Nazioni Unite e della cultura pubblica internazionale ci troviamo su due fronti diversi a riguardo di alcuni valori fondamentali che dovrebbero reggere la convivenza sociale, per esempio la difesa del diritto alla vita e l’attenzione ai gruppi più vulnerabili della società. Su questo punto in particolare il contrasto di due culture diverse è evidente. Non c’è dubbio che i bambini lasciati morire soffrono una forma chiara di tortura. Per esempio, in Canada tra il 2000 e il 2011, 622 bambini nati vivi dopo un aborto sono stati lasciati morire come pure 66 nel Regno Unito nel 2005. Alcuni metodi di aborto ritardato costituiscono pure tortura specialmente nel caso detto “dilatation and evacuation”: il feto ancora vivo è smembrato per essere tirato fuori a pezzi dall’utero. Evidentemente come Santa Sede sosterremo quella visione della persona umana che deriva dalla nostra tradizione cristiana e dal suo realismo legato al diritto naturale.

    D. - La Santa Sede ha aderito alla Convenzione contro la Tortura il 22 giugno 2002, ma la relazione iniziale viene presentata solo ora nel 2014, ad oltre dieci anni dalla firma del trattato: a che si deve tanto ritardo?

    R. - La Santa Sede partecipa nella vita internazionale in maniera attiva. Porta il suo contributo come voce della coscienza. Non ha grandi poteri e interessi commerciali e militari, ma vuole difendere l’uomo e i valori fondamentali che sostengono la sua dignità: libertà di credo e libertà di opinione, diritto alla solidarietà, lotta contro la povertà e gli abusi di potere. Per questo ha firmato e ratificato la Convenzione contro la Tortura. L’ha fatto per lo Stato della Città del Vaticano come segno soprattutto del rigetto di ogni forma di violenza che umilia la persona umana. Il ritardo nel preparare il rapporto dovuto al Comitato della Convenzione è in parte comprensibile, perché non è un mistero che la Santa Sede continui a difendere i principi e il modo di agire che la Convenzione sancisce. Comunque ora la Santa Sede adempie questo suo obbligo e non solo in maniera formale, ma come incontro costruttivo con gli esperti del Comitato per promuovere ulteriormente il messaggio della Convenzione, che storicamente fu negoziata nel ricordo degli orrori della Seconda guerra Mondiale e nel desiderio di proteggere persone detenute da metodi di interrogazione e forme di trattamento che violano ogni forma di dignità e libertà.

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    Mons. Chullikat: eliminare armi nucleari, rischio di tragedia catastrofica

    ◊   Quanto più si ritarda l’adempimento del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), “maggiore è il rischio che il fragile stato della sicurezza internazionale possa essere rotto da una tragedia catastrofica che coinvolga l'uso di armi nucleari”. E’ il monito lanciato da mons. Francis Chullikat, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu. Il presule è intervenuto a New York, ad una riunione delle Nazioni Unite sul Tnp. Un incontro, nota mons. Chullikat, avvenuto a 44 anni dall’entrata in vigore del Tnp e a 25 anni dalla fine della “guerra fredda”.

    “Spero – ha detto il presule - che i principali Stati del mondo agiscano in modo più risoluto e sostanziale per eliminare il flagello delle armi nucleari, moralmente inaccettabili”. Tuttavia – sottolinea – oggi si registra ancora l’esistenza di “circa 17mila armi nucleari”, mentre gli Stati continuano a “spendere più di 100 miliardi di dollari l’anno” per mantenere questo tipo di armamenti. Eppure, ribadisce mons. Chullikat, “queste preziose risorse finanziarie sono disperatamente necessarie per lo sviluppo economico e sociale” delle popolazioni, così come “per il raggiungimento degli Obiettivi per lo sviluppo del Millennio”.

    Quindi, l’osservatore permanente ricorda che “da molti anni la Santa Sede lancia un appello per l’abolizione delle armi nucleari, affinché il mondo sia liberato dal potenziale spettro della distruzione di massa”. Ed è per questo che “oggi viene rinnovato questo appello morale, per ispirare ed incoraggiare un lavoro costruttivo nel preservare il pianeta e la famiglia umana”. Lamentando, poi, una certa lentezza degli Stati nell’attuazione del Tnp, mons. Chullikat auspica una maggiore collaborazione tra le nazioni dotate di armamenti nucleari e quelle che non ne posseggono, così da “sviluppare uno strumento giuridicamente vincolante che bandisca il possesso di tali armamenti”, definiti “la sintesi massima dell’insicurezza”.

    Il presule esprime, inoltre, l’auspicio che quanto prima si inizi a lavorare su “un accordo globale che porti alla eliminazione delle armi nucleari” e che si convochi una conferenza per definire il Medio Oriente “zona libera da armi nucleari”, così come stabilito nel 2010, per evitare di “mettere a rischio non solo la credibilità del Tnp, ma anche il processo di pace dell’intera regione”.

    Nonostante tutto, mons. Chullikat conclude il suo intervento con una riflessione ottimista: “Il disarmo nucleare non è una battaglia persa”, spiega, evidenziando un “graduale risveglio delle coscienze nel mondo” ed una “nuova consapevolezza dell’unità e dell’interdipendenza della famiglia umana”. Per questo, afferma il presule, “le armi nucleari, l’antitesi dell’aspirazione umana alla pace, non devono avere posto in una comunità mondiale determinata a raggiungere la sicurezza reciproca su scala globale”. (A cura di Isabella Piro)

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    Festival delle religioni di Firenze: interventi dei cardinali Tauran e Sandri e di mons. Paglia

    ◊   “Il futuro sta nella convivenza rispettosa delle diversità e non nell’omologazione a un pensiero unico teoricamente neutrale”: è quanto afferma il cardinale presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Jean-Louis Tauran, nel videomessaggio trasmesso ai partecipanti alla prima edizione del Festival delle religioni promosso a Firenze dall’associazione «Luogo d’incontro» sul tema «Incontrandoci su ciò che ci divide». “La gioia di condividere tanti valori comuni che abbiamo con i seguaci di altre religioni – sottolinea il porporato - va di pari passo con la necessità di superare i pregiudizi e di riconoscere ciò che ci separa”. Infatti, “superare i pregiudizi e condividere la gioia dell’altro è fondamentale per vivere il dialogo come testimonianza. Tale atteggiamento di rispetto ci permetterà pure di guardarci dentro per liberarci da ogni chiusura alla novità e alla verità, metterci in discussione sulla nostra adesione alla fede ed essere pronti a far scaturire in noi la disponibilità a collaborare con tutte le persone di buona volontà, in vista del bene comune”.

    Al Festival è intervenuto oggi anche il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha detto che “proprio a partire dalle nostre differenze, anche profonde” noi possiamo incontrarci e dialogare, come “famiglia umana amata da Dio: a partire dall’amore di Dio l’altro non mi può mai restare indifferente, mai deve essere considerato ostacolo sul mio cammino”. L’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha parlato dei valori familiari nell’epoca di Papa Francesco. Luca Collodi lo ha intervistato:

    R. - Fra pochi giorni mi recherò alle Nazioni Unite, il 15 maggio per l’esattezza, dove si parlerà della famiglia - perché è il giorno che le Nazioni Unite dedicano alla famiglia - insieme ad un rabbino e ad un musulmano. È un tema che riguarda in maniera molto profonda le diverse religioni; potremmo dire uno di quei temi che unisce. Ovviamente non mancano le differenze, ma l’attenzione a questo tema riporta le religioni a riscoprire la loro indispensabile missione nel mondo contemporaneo. Visto il titolo che mi è stato dato da affrontare al Festival: “La famiglia al tempo di Francesco”, direi che proprio Papa Francesco appare come un pilastro del dialogo all’interno della famiglia. Lui stesso, quando era a Buenos Aires, e poi lo ha ripetuto da Papa, ha sottolineato l’importanza di una cultura dell’incontro, del dialogo. Questo è un patrimonio che per noi cattolici fa parte del Dna; è impossibile essere cattolici stando arroccati. Papa Francesco sottolinea l’importanza dell’uscire; si esce per dialogare. Ecco perché oggi le religioni sono particolarmente chiamate a tessere un rapporto di fiducia tra i popoli.

    D. - Come potrà cambiare l’attenzione alla famiglia al tempo di Papa Francesco?

    R. - Papa Francesco chiede di essere attenti più che all’idea di famiglia, alle famiglie concrete, ai volti, alle persone, alle situazioni liete e a quelle più problematiche o drammatiche. Ed in questo senso c’è bisogno di un cambio di paradigma, cioè la vicinanza concreta a tutte le famiglie, anzi, che le famiglie stesse sviluppino una cultura dell’incontro con le altre famiglie. Per questo, ad esempio, Papa Francesco sottolinea con vigore il rapporto tra le generazioni, dai bambini agli anziani; chiede agli anziani di guardare ai bambini, chiede ai bambini di guardare agli anziani per apprendere la sapienza che li ha accompagnati lungo i tanti anni, poi i giovani … Lo stile di vita famigliare semplice e indispensabile, le famose tre parole “permesso, grazie, scusa”; tre parole che nonni, genitori, figli, nipoti, dovrebbero apprendere a memoria e praticare quotidianamente. Papa Francesco è un pastore. E allora, se mi è permesso, tutti noi dovremmo sentire l’odore della famiglia e delle famiglie che ci sono vicine.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Dialogo per una società equa: ai vescovi dello Sri Lanka il Papa indica la Chiesa come immagine vivente di convivenza tra cingalesi e tamil.

    Le radici reali della profezia: visita di Papa Francesco alla Pontificia accademia ecclesiastica.

    Dinamismo missionario: rimanere con Gesù, andare per le strade, gioire nel Signore, le consegne del Pontefice all'Azione cattolica italiana.

    I lavori della Pontificia commissione per la tutela dei minori.

    Cosa serve per pensare: Marco Vannini sul perché la religione ha bisogno di mistica e di razionalità.

    Il gesuita che insegna a morire: Cristian Martini Grimaldi a colloquio con padre Alfons Dekendal 1959 missionario in Giappone.

    Un articolo di Antonio Paolucci dal titolo "Tanto piccola quanto preziosa": Beato Angelico e Benozzo Gozzoli nella chiesa museo di san Francesco a Montefalco.

    Due remi a forma di croce: Silvia Guidi sulle opere di Kcho in mostra al Palazzo della Cancelleria.

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    Oggi in Primo Piano



    Ucraina. Liberati gli osservatori Osce. Mons. Lachovicz: preghiamo per la pace

    ◊   In Ucraina, sono stati liberati gli osservatori dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce) e i quattro soldati ucraini, che li scortavano, presi in ostaggio il 25 aprile scorso da ribelli indipendentisti filorussi a Sloviansk. Sul terreno prosegue la controffensiva di Kiev contro i ribelli. I filorussi denunciano l'uccisione di 10 civili. A Odessa, si contano 42 morti per le proteste di ieri. E mentre Stati Uniti e Germania parlano di nuove sanzioni contro la Russia, Mosca ribadisce di aver perso il controllo sui gruppi di autodifesa filorussi. Al microfono di Massimiliano Menichetti, la testimonianza di mons. Dionisio Lachovicz, visitatore apostolico per gli Ucraini greco-cattolici in Italia e Spagna:

    R. – Stiamo vivendo un momento molto drammatico in Ucraina e nella nostra Chiesa. Noi preghiamo per la pace e soltanto per la pace.

    D. – Gli scontri nel Paese, purtroppo, però, mostrano persone che imbracciano le armi...

    R. – Il momento è molto difficile, ma non è questo il cammino. Non possiamo coltivare nei nostri cuori la vendetta. Quello che possiamo fare adesso è pregare per la pace.

    D. – Si dice sempre che l’Ucraina è divisa tra una parte che guarda all’Europa e una parte che guarda alla Russia, ma è veramente questo il cuore del Paese?

    R. – Questa divisione è stata creata dai politici. Queste divisioni sono sorte adesso: il popolo non è diviso.

    D. – Quindi, secondo lei, è solo la politica che porta le persone a dividersi?

    R. – In gran parte sì. Io sono stato lì, ho viaggiato e non ho visto divisioni tra la gente.

    D. – Qual è il principale problema interno del Paese adesso?

    R. – In questo momento l’Ucraina è un Paese debole, disarmato, con una corruzione dilagante. La struttura governativa non esiste, è stata distrutta completamente dal governo precedente. Dobbiamo fidarci della comunità internazionale, sperando che possa aiutarci.

    D. – Una speranza sono anche le prossime elezioni presidenziali...

    R. – Sì, ma non so se si arriverà a queste elezioni. Questo è il problema. Tutti i tumulti del momento rischiano di non dare spazio alle elezioni democratiche.

    D. – Cosa sta facendo la Chiesa in questa situazione?

    R. – La Chiesa ha già fatto molto durante le proteste nella Maidan di Kiev. E’ stata una sorta di mediatrice tra gli oppositori del governo e l’esecutivo. Ma adesso non ha più voce: la Chiesa prega e si rivolge sempre con il suo messaggio di pace. Ora, però a parlare sono le armi. Speriamo bene, speriamo nella forza divina, nella forza della preghiera.

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    Afghanistan. Oltre 2000 morti in alluvioni e frane, si scava nel fango

    ◊   Continuano senza sosta nel nordest dell’Afghanistan le ricerche da parte dei soccorritori dopo due estese frane che ieri hanno investito il distretto di Argo nella provincia di Badakhshan. L'unico bilancio ufficiale delle vittime resta per ora quello di 350 morti formulato ieri dalla Missione delle Nazioni Unite, ma secondo fonti locali solo nel villaggio di Aab Barik del distretto di Argo, vivevano mille famiglie che sarebbero rimaste sotto il fango per un totale di circa 2000 vittime. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    E’ immane la tragedia che si sta consumando in un lembo isolato e montuoso del nordest dell’Afghanistan. Siamo al confine tra Tadjikistan, Cina e Pakistan, con carenza quasi totale di infrastrutture e comunicazioni, tanto che si scava per ora con pochissimi mezzi oltre alle mani nude, nonostante il presidente Karzai abbia mobilitato l'esercito e i reparti speciali dell’Isaf , la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza. La portavoce del Programma alimentare mondiale (Pam) dell’Onu per l’Asia Silke Buhr conosce bene la zona:

    “È un Paese molto povero dove la malnutrizione - soprattutto per quanto riguarda i bambini - è un grande problema. Circa il 70% dei bambini sopra i cinque anni soffre di malnutrizione. In generale, la gente vive in villaggi molto piccoli. Dunque, è una zona difficile, la gente povera vive una vita molto dura. Da quello che abbiamo capito, dopo la prima frana sono arrivate persone da altri villaggi per aiutare la gente che vive nel primo villaggio che è stato sommerso dal fango. Poi, è arrivata la seconda frana e lì il numero di persone rimaste colpite è salito tantissimo”.

    I soccorsi arrivano lentamente perché le piogge hanno coperto sentieri e ostruito strade, ma le attività sono iniziate subito, sin da ieri, tra le ong coordinate dall’Onu e dalle autorità locali. Al lavoro c’è anche l’equipe del Pam. Ancora Silke Buhr:

    “La nostra squadra è partita stamattina. Dopo diverse ore, è arrivata nella zona colpita. La notizia positiva che la squadra ci ha dato è che la strada era in condizioni accettabili e che quindi è riuscita ad avvicinarsi alla zona. Si parla addirittura di dieci metri di fango in alcune zone. Sarà molto difficile raggiungere queste persone. Per ora, abbiamo portato 80 tonnellate di cibo per sfamare circa 700 famiglie di sfollati che per il momento hanno bisogno di aiuto. Però, ora che avremo informazioni più aggiornate c’è la probabilità che il numero delle vittime possa salire”.

    Alluvioni e tragedie purtroppo si ripetono spesso durante la primavera in Afghanistan. A pesare in particolare in questa zona non è solo la povertà, ma anche l’attività di disboscamento:

    “La vita, come dicevo, è molto dura. La gente cerca legna per riscaldarsi, per cucinare e può accadere che nei posti dove gli alberi vengono tagliati succedano questi eventi con conseguenze tragiche a volte”.

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    Giornata mondiale per la libertà di stampa: 1054 giornalisti uccisi negli ultimi 22 anni

    ◊   Si celebra oggi la Giornata mondiale per la libertà di stampa. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha sottolineato in un messaggio l’importanza della libertà di informazione, diritto sancito nell’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Elisa Sartarelli ha sentito il direttore dell’osservatorio Ossigeno per l’Informazione, Alberto Spampinato:

    R. - La Giornata mondiale della libertà di informazione è dedicata alla memoria dei giornalisti che vengono uccisi ogni anno a causa del loro lavoro. In Italia, quest’anno la giornata viene celebrata a Cagliari per iniziativa dell’Unione Nazionale Cronisti. I giornalisti uccisi negli ultimi 22 anni sono 1054, secondo le statistiche di Reporter Sans Frontières. Due terzi di questi giornalisti che hanno perso la vita non erano corrispondenti di guerra ma cronisti locali che lavoravano in Paesi pacifici, come l’Italia. In realtà c’è una strage di “corrispondenti di pace”, cioè di cronisti locali che seguono i fatti di corruzione, i comportamenti scorretti del potere e per questo possono essere uccisi, nei casi più gravi. Però, per ogni giornalista ucciso ce ne sono molte migliaia di minacciati, anche in Italia, dove con il nostro osservatorio "Ossigeno per l’Informazione" negli ultimi sette anni abbiamo fatto un elenco di 1860 giornalisti che hanno subito minacce, intimidazioni, aggressioni e gravissimi abusi.

    D. - In Italia c’è libertà di stampa...

    R. - Sì, però dobbiamo cominciare a ragionare in un modo più serio: la libertà di stampa è qualcosa che anche quando è libera subisce delle limitazioni da parte della legge, e anche a seguito di queste minacce e intimidazioni, che sono il modo in cui nei Paesi liberi e democratici si sta affermando una nuova forma di censura molto insidiosa, subdola che preoccupa tutte le istituzioni internazionali, dalle Nazioni Unite alle istituzioni europee. In Italia abbiamo moltissime manifestazioni di questo tipo di censura che colpiscono e oscurano le notizie più rilevanti, quelle che disturbano il potere.

    D. - Oggi molte notizie circolano su internet e sui social network: ma quanto sono attendibili?

    R. - Dobbiamo sempre distinguere tra notizie giornalistiche prodotte in modo professionale e informazioni di cui nessuno garantisce pienamente l’attendibilità; entrambi importanti, però è chiaro che ciò che permette ai cittadini di partecipare pienamente alla vita pubblica nei Paesi come l’Italia sono le informazioni verificate e professionali. Quindi penso che la rete debba restare completamente libera ma è chiaro che le notizie che non hanno una certificazione professionale siano sempre da prendere con le molle.

    D. - Ancora non si può parlare di libertà di stampa a livello mondiale…

    R. - La libertà di stampa è collegata al potere dell’informazione, il cosiddetto quarto potere. Si tratta di un potere di controllo sugli altri poteri - l’esecutivo, il legislativo e il giudiziario - che è stato riconosciuto e affermato per ultimo, e che si tende sempre a limitare in quanto una stampa completamente libera impedisce al potere di uscire dai confini della legittimità. Vediamo le vicende degli Stati Uniti, delle intercettazioni dei dati telefonici; periodicamente il potere si espande e limita la libertà di informazione.

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    Decreto lavoro, il prof. Pessi: formazione e apprendistato elementi cruciali

    ◊   Sono il lavoro e le misure per incentivare l’occupazione gli obiettivi indicati dal governo. E sono 8 gli emendamenti, frutto della mediazione tra i partiti della maggioranza, che andranno a modificare il testo base del decreto legge sul lavoro uscito dalla Camera. Prevista, in particolare, la rimozione dell’obbligo di assunzione per le aziende che non rispettano il tetto di contratti precari. Critiche dai sindacati: per il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, si “continua a sancire la strada della precarietà”. Amedeo Lomonaco ha raccolto il commento del prof. Roberto Pessi, docente ordinario di Diritto del Lavoro alla Luiss:

    R. - Complessivamente mi sembra che sia un decreto che tiene conto del momento difficile dell’occupazione e interviene cercando di introdurre alcune misure che possano facilitare le assunzioni e anche le stabilizzazioni di una parte dei rapporti di lavoro in essere.

    D. - La modifica più significativa riguarda le aziende che non rispettano il tetto del 20 percento per il numero dei contratti a tempo determinato. Non è più previsto, in questo caso, l’obbligo ad assumere a tempo indeterminato, ma si applica una sanzione amministrativa.

    R. - È chiaramente una scelta legata al momento. È chiaro che il timore della stabilizzazione del rapporto, spesso, porta le imprese a non utilizzare l’istituto. Invece, il superamento di questo timore attraverso una sanzione economica diminuisce la preoccupazione di instaurare rapporti di questo tipo e quindi, in questa fase, si tratta di sano pragmatismo; poi non è detto che questo sia un intervento che diventi stabile e strutturale per il futuro. Però per il mercato, in questo momento, evidentemente un intervento di questo tipo può essere idoneo a calmierare le paure e, quindi, a stimolare le assunzioni e di conseguenza la ripartenza dell’occupazione.

    D. - L’obbiettivo del decreto è anche quello di incentivare formazione e apprendistato …

    R. - Non c’è dubbio che questo sia il nodo cruciale. Il nodo è soprattutto quello legato alla formazione pubblica perché questa è resa complessa da una serie di circostanze: la prima è che le competenze regionali determinano che la formazione pubblica sia spesso totalmente differente da regione a regione. Ne deriva quindi complessità per le imprese; il secondo riguarda il meccanismo, che nella storia dell’apprendistato era connesso alla formazione in azienda, cioè alla formazione sul lavoro. Quindi, preservare il più possibile gli spazi alla formazione di questo tipo piuttosto che ad una formazione esterna, credo che sia anche questo un elemento positivo. Dobbiamo tenere conto che stiamo parlando di un rapporto che è un po’ nella storia, nel Dna di questo Paese. Se pensiamo che Michelangelo, Leonardo da Vinci, Giotto e così via sono stati apprendisti e che con le vecchie botteghe artigiane si costruivano le professionalità del futuro, ci rendiamo conto che la formazione sul lavoro è la chiave di volta per far ripartire questo importantissimo istituto.

    D. - Quali nuove opportunità si possono riscontrare con questo decreto nel caso delle partite Iva e dei contratti di collaborazione a progetto, i cosiddetti Co.co.pro?

    R. - I Co.co.pro e le partite Iva possono essere rapporti più che legittimi o simulazioni di rapporti di lavoro subordinato. Credo che per questi ultimi indubbiamente le nuove opportunità, soprattutto sul versante del contratto a termine, possano essere un’occasione per riportare le partite Iva e i Co.co.pro nell’area di un rapporto trasparente e legittimo. Teniamo conto, nello stesso tempo, che sono rapporti che in sé non vanno demonizzati.

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    Al via la Missione in 100 piazze romane del Cammino neocatecumenale

    ◊   Con grande gioia gli appartenenti al Cammino Neocatecumenale della diocesi di Roma hanno accolto questa mattina, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, la benedizione del cardinale vicario, Agostino Vallini, in vista della "Grande Missione". Avrà luogo per cinque domeniche consecutive, da domani fino al primo giugno, in circa 100 piazze romane e in contemporanea in tutto il mondo. Antonella Pilia ha raccolto alcune testimonianze:

    R. – Quello che noi abbiamo ricevuto è l’annuncio che Gesù Cristo è risorto, ci ama e vive in mezzo a noi e questo ha cambiato la nostra vita. Vogliamo quindi portarlo anche agli altri. Sicuramente, infatti, nel mondo oggi c’è tanto buio, tante tenebre e portare la luce di Gesù Cristo è un aiuto immenso.

    D. – Che cosa porterai alle persone che incontrerai in questa missione?

    R. – Principalmente, porterò la mia testimonianza, perché non posso annunciare qualcosa al di fuori di me. Come gli Apostoli andavano ad annunciare la Buona Notizia, cioè l’incontro con Gesù Cristo risorto, così, dopo la Pasqua noi andiamo ad annunciare a tutti che veramente Gesù Cristo ha vinto la morte.

    R. – Porterò davvero la mia esperienza e questo amore immenso che ho ricevuto da Gesù Cristo, che ama tutti e aspetta soltanto il nostro “sì” perché possiamo ricevere questo amore.

    R. – Io vivrò l’esperienza di portare agli altri l’annuncio che Gesù Cristo è veramente risorto, perché io l’ho conosciuto e l’ho incontrato nella mia vita. E utilizzerò il mio carisma della lingua dei segni per portare la Parola anche ai sordi. Loro infatti non hanno la possibilità di entrare direttamente a contatto con la Parola di Dio, ma hanno bisogno di una lingua visiva per poterlo conoscere. Quindi, vivrò questa doppia esperienza.

    R. - La missione è come una professione di fede: dicendo ogni volta quello che Dio ha fatto nella mia vita, lo ricordo. E vedo che il Signore si fa veramente presente, anche in una piazza.

    D. – E’ difficile essere testimoni di Cristo risorto?

    R. – Beh, dire che non è difficile sarebbe falso. E’ sicuramente difficile, ma è vero anche che oggi c’è una forte ricerca del senso della vita.

    R. – Di esperienza in esperienza, è sempre più bello. Infatti, non è tanto quello che do ma quello che ricevo. Annunciare il Vangelo mi dà gioia, mi conferma nella fede, ricevo consolazione, ricevo forza, ricevo vita.

    R. – Per noi che siamo giovani, Dio esiste. Ma per il mondo è strano vedere delle ragazze di 23 anni, di 25 anni che ti parlano di Dio. Lo vedo nel lavoro, nella mia vita quotidiana, con le mie amicizie al di fuori della Chiesa...

    D. – Che esperienza sarà?

    R. – Bellissima, perché la gente è un po’ spaventata, ma incuriosita di fronte a una piazza piena di ragazzi.

    R. – Sì, sì, sarà bellissimo.

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    Lecce. Al Festival del Cinema europeo ricordati i 50 anni del Gesù di Pasolini

    ◊   Il Festival del Cinema europeo di Lecce, che si chiude oggi, ha voluto ricordare i cinquant’anni dell’uscita sugli schermi de “Il Vangelo secondo Matteo”, il film di Pier Paolo Pasolini considerato la più fedele riproposizione cinematografica del testo sacro, in cui emergono i tratti della dolcezza e della mitezza di Cristo, un capolavoro della storia del cinema apprezzato dalla critica cattolica, in un periodo di grande fervore spirituale nella Chiesa. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Tra i sassi di Matera e le brulle pendici della Lucania, muovendosi tra attori presi dal popolo e seguito dal pianto di Maria affidata al volto dell’amatissima madre, accompagnato dalle possenti note di Bach e di Mozart, il Gesù di Pier Paolo Pasolini arrivò sugli schermi dopo grande attesa tra i cattolici. Fu un applauso unanime perché gli venne riconosciuto l’assoluto rigore estetico e la sincerità con la quale, pur dichiaratamente non cattolico e non credente, aveva affrontato il mistero di Cristo, della morte, del dolore e quelle che lui riteneva le idee “rivoluzionarie” del Vangelo: la carità verso il prossimo, il disprezzo per il denaro e il potere, l’attenzione ai poveri, ai deboli, agli ultimi. Con stupore gli spettatori d’allora lessero la dedica che Pasolini volle fare del suo film a Papa Roncalli, oggi Santo. Padre Virgilio Fantuzzi, critico esperto del cinema italiano e saggista della Civiltà Cattolica, ne ricorda i motivi:

    “Prima di tutto, tutti sanno - perché Pasolini lo ha detto e ripetuto - l’idea di fare questo film gli è venuta mentre si trovava ad Assisi ospite della Pro Civitate Christiana il 2 ottobre del ’62 e stranamente nel momento in cui lui si trovava lì e leggeva il Vangelo e gli veniva l’idea di fare questo film, Papa Giovanni arrivava in città per pregare sulla tomba del Poverello impetrando la sua intercessione per la buona riuscita del Concilio. Oltre a questo motivo così occasionale, ce n’è un altro forse un po' più profondo ed è che qualche mese dopo quando l’impresa del film non era ancora partita ma si annunciava, don Giovanni Rossi ha avuto un colloquio con Papa Giovanni e al termine del colloquio gli ha accennato anche a questa iniziativa che il Papa ha benedetto”.

    Sono passati cinquant’anni da quel 1964: il film di Pasolini che cosa dice ancora oggi ai credenti, in cosa è ancora attuale?

    “Sono passati cinquant’anni durante i quali il cinema non ha mai cessato di interessarsi alla figura di Gesù come lo aveva fatto nei cinquant’anni precedenti e fra tutti i film fatti su Gesù quello di Pasolini è l’unico dove Gesù parla esattamente con le parole che sono scritte nel Vangelo, negli altri film non si sa perché sono delle parafrasi, delle contaminazioni, delle estrapolazioni, cose così… Perché Gesù deve usare delle parole di fantasia quando le parole che ha pronunciato Lui sono scolpite nella pietra e sono eterne?”.

    Una terra arida e una grande coralità di volti e di voci caratterizzano l’ambiente nel quale Gesù, interpretato da Enrique Irazoqui, si muove e predica. Questa essenzialità è un tratto tipico del film di Pasolini?

    “Sì, forse è l’aspetto più personale, nel senso di pasoliniano del film, soprattutto direi una serie di volti autentici di contadini come c’erano cinquant’anni fa e adesso dire che non ce ne sono nemmeno più, è quasi un documentario su una categoria di persone che ha lavorato la terra ed è un popolo cristiano questo qui e può sembrare strano che Gesù interloquisca con dei cristiani. Ma Pasolini diceva di non aver voluto fare la storia di Gesù come si è svolta duemila anni fa, ma di aver voluto fare la storia di Gesù più duemila anni di vita cristiana del popolo che ha creduto in Gesù e ha seguito le sue orme”.

    A parte questo e l’autenticità del linguaggio, che cosa dunque caratterizza il Vangelo secondo Matteo di Pasolini come un film unico nella storia del genere religioso?

    “E’ lo stile di Pasolini. Uno stile cinematografico inventato ad hoc per questo film, che è il cinema di poesia. Pasolini non era un cineasta nato, era un poeta e un letterato che poi era passato al cinema e in questo caso nel cinema si è comportato come un poeta che scrive versi”.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella Terza Domenica di Pasqua, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù risorto appare ai due discepoli di Èmmaus, che lo riconoscono solo nella frazione del pane. Ma il Signore scompare dalla loro vista. Allora dicono:

    «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».

    Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Gli occhi dei due discepoli di Emmaus non riconoscono il Signore. La croce ha inchiodato i loro occhi: lo hanno visto deposto nel sepolcro! Il pensiero che possa essere Lui neanche li sfiora. L’uomo che ora si unisce a loro non è che un “forestiero”. E mentre “il forestiero” svela la loro cecità, davanti alle Scritture, al cammino preparato da Dio per il suo Cristo, ne sono affascinati, il loro cuore arde, ma sono ancora increduli. Gli dicono: “Rimani con noi, perché si fa sera”. E “il forestiero” entra da loro. Gesù, dopo la sua morte e risurrezione, inizia a compiere l’opera, che affiderà poi alla sua Chiesa, di riunire i suoi discepoli, strappandoli alla loro incredulità e preparandoli a divenire suoi testimoni, pronti ad affrontare la morte, se necessario, ma assolutamente certi della notizia che accade davanti ai loro occhi: Cristo è vivo! È risorto. Lo riconoscono nella “frazione del pane”, nel segno che aveva anticipato loro nell’ultima cena: quel pane – il suo corpo – offerto per loro, quel calice – il suo sangue versato, la sua vittoria sulla morte. La notizia è così sconvolgente che anche per questi discepoli ora non c’è più tempo per altro, neppure per il riposo dopo una giornata di viaggio. Si alzano, subito, e corrono al Cenacolo, alla comunità dei Discepoli, che delusi avevano abbandonato, a confessare: “È vero! È risorto”. Questa notizia è per noi oggi. Anche davanti ai nostri occhi, impietriti dalla storia che non comprendiamo, dalla sofferenza, dalla paura, c’è oggi questo annuncio: “Cristo è risorto! È veramente risorto!”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria. A Homs i governativi costringono alla resa un migliaio di ribelli

    ◊   In Siria, le forze governative hanno annunciato un’altra vittoria contro i ribelli sunniti di Homs, la terza città del Paese. Ieri, i lealisti fedeli al regime hanno costretto a una tregua circa mille combattenti che si erano arroccati nei quartieri semidistrutti del centro storico. Se la notizia dovesse essere accertata, si tratterebbe di un ulteriore passo in avanti per la riconferma del già ampiamente favorito Bashar al Assad nelle elezioni presidenziali del prossimo 3 giugno.

    In un clima di alta tensione, continuano le stragi di civili. Dopo il raid aereo che ha ucciso oltre trenta persone ad Aleppo, ieri due attacchi suicidi hanno colpito le località solidali con le forze lealiste, nei pressi di Hama, in Siria centrale. Secondo fonti di Damasco, le persone rimaste uccise negli attentati sarebbero 18, tra queste, 11 minori. (G.L)

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    Appello della Comece: Europa unita, un dovere di tutti

    ◊   “La riconciliazione e la riunificazione sono la ragion d’essere e il motore storico principale dell’integrazione europea. Per questo abbiamo sempre, dieci anni dopo l’allargamento, il dovere di continuare a lavorare al ravvicinamento in Europa”. Lo scrive il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga e presidente della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), in una dichiarazione diffusa in occasione del decimo anniversario dell’allargamento a est dell’Unione Europea. Era infatti il primo maggio 2004 quando Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria aderirono all’Ue. “Mai nel passato ricorda il porporato, citato da L’Osservatore Romano tante nazioni avevano aderito tutte insieme all’Unione”. Un precedente, dunque, sia per la sua ampiezza sia per la sua dimensione storica, “conseguenza della rivoluzione pacifica condotta negli ex Paesi comunisti nel 1989”. Ciò ha rappresentato una sfida, sia per l’Ovest che per l’Est del Vecchio continente: “L’Europa doveva riformarsi dopo decenni di divisione. Ecco perché l’allargamento dell’Ue nel 2004 ha rappresentato una vera riunificazione dell’Europa”. Nell’Unione Europea, la sfida di approfondire la comunione fra l’Est e l’Ovest resta di attualità, anche se, nota il cardinale Marx, “le differenze nel nostro vissuto continuano a modellare pensieri e opinioni”. Sono in particolare le Chiese di tutte le confessioni osserva il presidente della Comece a trovarsi nell’obbligo di contribuire alla comunità dei popoli. E in questo contesto, sottolinea, “la Canonizzazione di Papa Giovanni Paolo II ci invita a volgere la nostra attenzione sul contributo del grande Pontefice polacco al crollo del comunismo, alla fine della divisione dell’Europa e all’adesione dei Paesi dell’Europa centrale e orientale all’Unione Europea”. “Giovanni Paolo II – ricorda l’arcivescovo di Monaco e Frisinga parlava di due polmoni dell’Europa, che sono l’Est e l’Ovest. Europa orientale e occidentale sono dunque parti differenti, non identiche e con proprie caratteristiche, ma fanno parte integrante dello stesso organo vitale e dipendono l’una dall’altra”. “San Giovanni Paolo II conclude il porporato esorta la Chiesa e il mondo politico a continuare, a Est e a Ovest, il cammino necessario per giungere a una vera unità dell’Europa” (I.P.)

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    Vietnam: conclusa la prima Plenaria dei vescovi per il 2014

    ◊   La Pasqua celebrata il 20 aprile e la Canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, avvenuta il 27 aprile: sono stati questi i punti di riferimento che hanno accompagnato la Plenaria dei vescovi vietnamiti. Svoltasi dal 21 al 24 aprile, l’Assemblea è stata la prima del 2014 e, come ha affermato mons. Paul Bui Van Doc, presidente della Conferenza episcopale, ha visto i presuli “nella stessa situazione degli Apostoli dopo la Risurrezione di Cristo, ovvero in attesa dell’ispirazione dello Spirito Santo e della missione che sarebbe stata loro assegnata”. Definendo la Canonizzazione dei due Pontefici “uno dei più grandi avvenimenti della storia recente della Chiesa universale”, mons. Van Doc ha invitato i vescovi a seguire l’esempio di Papa Roncalli e di Papa Wojtyla “nel comprendere l’ispirazione dello Spirito Santo e l’impegno nella missione”. Altro tema esaminato dalla Plenaria è stato quello della costruzione di un Istituto di Teologia, progetto che la Conferenza episcopale vietnamita porta avanti da diversi anni. Come spiegato da mons. Joseph Dinh Duc Dao, responsabile della Commissione dei vescovi per l’educazione cattolica, il compito del futuro Istituto sarà quello di “elevare la qualità della formazione intellettuale del clero vietnamita e del popolo di Dio”. Per questo, ha aggiunto il presule, all’inizio verrà avviata una semplice Facoltà di teologia. Quindi, si passerà alla costruzione di un vero e proprio Istituto. E ancora: l’Assemblea dei vescovi ha stabilito di continuare i lavori per la costruzione della Basilica di Notre-Dame di La Vang. Situato nel cuore della foresta vietnamita, oggi il Santuario ricorda l’apparizione di Maria a un gruppo di cattolici vietnamiti in fuga dalle persecuzioni del re Canh ‘Minh, verso la fine del XVIII secolo. Nel 1961, Giovanni XXIII elevò la Chiesa di La Vang al rango di Basilica Minore e il Santuario venne ampliato e arricchito con molte opere. Purtroppo, nel 1972, durante la guerra fra nord e sud del Vietnam, la Chiesa venne abbattuta completamente. Solo dopo la riunificazione del Paese, avvenuta 30 aprile 1975, i vescovi locali, radunati ad Hanoi il 1.mo maggio 1980, rinnovarono solennemente il riconoscimento di La Vang come "Centro Mariano Nazionale". E ora si lavora, quindi, alla costruzione di una nuova Basilica. Infine, i presuli vietnamiti hanno inaugurato la nuova sede della Conferenza episcopale ad Ho Chi Minh City, con una Messa di ringraziamento cui ha partecipato anche mons. Leopoldo Girelli, rappresentante della Santa Sede per il Paese. (I.P.)

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    Plenaria vescovi inglesi: in agenda, lotta alla tratta e Sinodo sulla famiglia

    ◊   Una collaborazione promossa dalla Chiesa tra i capi della polizia di tutto il mondo contro il traffico umano, la difficoltà di aprire nuove scuole cattoliche in Inghilterra e Galles, la legge sul suicidio assistito, il Sinodo sulla famiglia in programma in Vaticano ad ottobre. Questi, assieme alle elezioni europee di maggio, saranno i temi discussi dalla Plenaria dei vescovi di Inghilterra e Galles, che si riunirà a Leeds da lunedì 5 a giovedì 8 maggio. “La Conferenza episcopale spiega Alexander Des Forges, portavoce dei vescovi inglesi e gallesi, citato dall’agenzia Sir discuterà dell’incontro che vi sarà, a novembre a Londra, del “Gruppo Santa Marta”, composto da capi di polizia e altre autorità impegnate contro il traffico di esseri umani in vari Paesi”. “Il gruppo continua punta a portare avanti la collaborazione tra polizia e Chiesa cattolica per combattere il secondo crimine internazionale in assoluto”. In questo modo, il gruppo prosegue il lavoro avviato lo scorso aprile quando, in Vaticano, si è tenuta la seconda Conferenza internazionale intitolata “Combattere la tratta degli esseri umani: collaborazione tra Chiesa e forze dell’ordine”, organizzata proprio dai vescovi inglesi e a cui hanno preso parte numerosi rappresentanti sia della polizia che della Chiesa. E ancora: nel corso della Plenaria, la Chiesa inglese riaffermerà la sua opposizione alla legge per legalizzare il suicidio assistito, non voluta anche dalle associazioni dei medici, dei disabili e di chi si occupa di cure palliative. Infine, sarà presente a Londra, per parlare dell’operato portato avanti della Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea), padre Patrick Daly, segretario generale dell’organizzazione che rappresenta le conferenze episcopali dei Paesi Ue: un modo, conclude Des Forges, per “incoraggiare i cittadini a partecipare alle elezioni europee di fine maggio”. (I.P.)

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    I vescovi messicani: necessaria una riforma interiore per migliorare il Paese

    ◊   “Abbiamo bisogno di una vera riforma interiore perché il Paese sia migliore”: è molto chiara l’esortazione lanciata dalla Conferenza episcopale del Messico (Cem) in un messaggio diffuso in occasione della Plenaria, in corso in questi giorni. Nel documento, intitolato “Agiamo per il Messico!”, i presuli sottolineano che “se non si riformano la mente ed il cuore, se non si riforma la coscienza che genera un’autentica scala di valori e la capacità di incontro e di solidarietà, non ci saranno riforme capaci di superare diseguaglianze e ingiustizie sociali intollerabili”.

    Tali disparità, evidenzia la Cem, portano la popolazione all’indifferenza, a guardare come meri “dati statistici” le notizie quotidiane su “sequestri, tratta degli esseri umani, crimine organizzato, violenze e cadaveri decapitati in fosse clandestine”. Di qui, il richiamo forte lanciato dai presuli affinché non ci si “abitui alla povertà” in cui vivono 50 milioni di messicani e “l’indifferenza non renda la popolazione complice contro il valore della vita umana”, lasciando che “migliaia di nascituri siano strappati dal ventre materno e gettati nella spazzatura”. In modo puntuale, poi, i vescovi del Messico chiedono alcune riforme specifiche, ossia: una riforma costituzionale che sia davvero a vantaggio degli emarginati e non “un’altra opportunità” per chi “depreda i beni pubblici”; una riforma educativa che “permetta il vero sviluppo integrale di tutte le persone”, riconoscendo “i diritti fondamentali dei genitori”, garantendo “un’educazione di qualità che renda il popolo libero”, e non diventi solo “una struttura burocratica che difende i propri interessi”.

    In ambito fiscale, la Cem chiede equità, trasparenza ed onestà, con investimenti produttivi per tutto il Messico, mentre per la politica, ci si appella ad una “democrazia autentica” ed ad una “reale partecipazione della cittadinanza”, perché “senza vero amore per il prossimo, si avrà soltanto la ricerca ambiziosa del potere personale”. Ulteriori riforme vengono auspicate nel settore energetico, affinché le risorse del Paese vadano a vantaggio di tutti e la persona umana venga posta “al di sopra del denaro”, così come nell’ambito delle telecomunicazioni, per il quale i vescovi messicani auspicano “contenuti di qualità” e “rispetto della dignità e della privacy dei cittadini”.

    Quindi, la Cem invita i cristiani ad essere “positivi e propositivi”, partecipando alla vita sociale in modo “consapevole, organizzato ed opportuno”, senza lasciare “le decisioni nelle mani di quei pochi che guardano solo ai propri interessi”. “Nessuno è esonerato dall’agire per il bene del Paese – conclude il messaggio episcopale – Il Paese è di tutti e tutti dobbiamo portarlo avanti con maggiore partecipazione”. Infine, i presuli invitano a seguire l’esempio di San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II che “lavorarono per un mondo migliore pur tra tanti ostacoli, grazie alla fede in Cristo ed all’amore per il prossimo”. (I.P.)

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    Mons. Galantino: in Italia molto diffusa una fede "light" che non sa bene in cosa crede

    ◊   Scuola, legislazione sulla libertà religiosa e ricerca universitaria: sono queste le iniziative da intraprendere per combattere l’analfabetismo religioso, indicate da mons. Nunzio Galantino. Intervenuto ieri pomeriggio a Roma, presso la sede del Senato, alla presentazione del Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia, realizzato dalla Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII, il segretario generale dei vescovi italiani ha definito il documento “uno studio serio e non fazioso”, ma che tuttavia provoca “amarezza” quando si comprende l’interpretazione dei dati in esso contenuti, perché si tratta di “numeri spietati”. In particolare, mons. Galantino ha messo in luce come “il preoccupante tasso di analfabetismo religioso” registrato dal Rapporto sia “almeno in parte anche il frutto, amaro ma evidente, di un sentimento religioso che poggia su tracce cristiane infantilistiche, anche nel linguaggio e nelle immagini, che rivelano tutta la loro inadeguatezza e tutta la loro marginalità rispetto a ciò che nel conta nel mondo adulto”, che “domanda sempre di più al credente di saper dare ragione della speranza che lo anima”, con “contenuti di fede adulti”, ovvero “quelli che permettono di formarsi e di avere una coscienza critica e una sensibilità capace di capire e di apprezzare le differenze, senza demonizzarle né volerle necessariamente omologare”. Il presule ha quindi evidenziato un altro dato cruciale del Rapporto e cioè che “i due terzi degli italiani sono immersi in una fede light, nel senso che non si dichiarano atei e agnostici, anzi dicono di credere, ma non hanno le idee chiare sul contenuto del loro credere e non mantengono nessun contatto con la Chiesa”. Di qui, l’invito lanciato dal presule a primerear (neologismo caro a Papa Francesco), ovvero a “prendere l’iniziativa perché l’esperienza religiosa non si riduca a uno sfondo anonimo a cui si presta un’attenzione interessata o peggio sospetta, fatta di narrazioni su Gesù e accompagnate da buoni sentimenti, tutti comunque assolutamente irrilevanti per la vita che conta”. Essenziale, in questo senso, anche “una nuova attenzione al sistema di comunicazione di massa”. Quindi, mons. Galantino ha aggiunto: “La fede, senza negare il valore che ha ogni conoscenza razionale, non può essere ridotta a questa, la fede infatti è esperienza di relazione, attraverso la quale il credente viene inserito in un dinamismo di comprensione e di condivisione responsabile”. “Mi piacerebbe - ha concluso il segretario generale della Cei - che una prossima ricerca potesse prendere in seria considerazione non solo la conoscenza dei contenuti della fede, ma che tentasse anche una sortita seria e intelligente anche sulla fede come esperienza di relazione”. (I.P.)

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    Si è spento padre Paolo Molinari, per 51 anni postulatore generale della Compagnia di Gesù

    ◊   Si sono svolti stamani a Roma, nella chiesa della Curia generalizia dei Gesuiti, i funerali di padre Paolo Molinari, scomparso ieri mattina all’età di 90 anni. Torinese, entrato nella Compagnia di Gesù appena conseguita la maturità classica, venne ordinato sacerdote il 6 settembre 1952 dopo aver conseguito la laurea in filosofia all’Aloysianum di Gallarate e aver studiato teologia ad Oxon, in Inghilterra. Il nome di padre Molinari, postulatore generale della Compagnia di Gesù dal 1957, è legato a 39 Cause fra Canonizzazioni e Beatificazioni. Si è occupato delle Cause relative ai Pontefici Paolo VI e Pio XII, e ai laici Giuseppe Moscati, Piergiorgio Frassati, Caterina Tekakwitha, Juan Diego di Guadalupe, Giacinta e Francesco Marto di Fátima. Importante il suo contributo come perito conciliare: chiamato direttamente da Giovanni XXIII, aveva lavorato nella Commissione teologica dottrinale, in particolare svolgendo l’incarico di segretario della Sottocommissione incaricata della stesura del capitolo VII della Lumen gentium. Autore di numerose pubblicazioni, libri, articoli, saggi enciclopedici, aveva approfondito soprattutto i temi riguardanti la teologia della vita religiosa, della formazione e la santità. (B.C.)

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    Tutto pronto per la seconda edizione della “Mariathon”, la maratona mondiale di Radio Maria

    ◊   “Aiutiamo la Madonna ad aiutarci!”: è questo lo slogan della “Mariathon”, la maratona mondiale di Radio Maria giunta quest’anno alla seconda edizione. In programma dal 6 all’11 maggio (dal 6 all’8 in Italia), l’evento vedrà coinvolte 70 Associazioni di Radio Maria nel mondo che lanceranno, in contemporanea, un appello agli ascoltatori dei 5 continenti per portare il messaggio cristiano dove ancora non è presente. In particolare, informa una nota, per il 2014 l’iniziativa vedrà “una programmazione radio fatta di testimonianze interviste e dialogo con gli ascoltatori dedicata principalmente al continente Africano”. Due gli obiettivi principali: “Portare i progetti di Radio Maria in 11 nuovi Paesi in via di sviluppo e supportare l’attivazione di 19 nuove frequenze in Africa che permetterebbero di raggiungere oltre 2,5 milioni di nuovi ascoltatori africani”. L’auspicio, conclude la nota, è che “le tante persone che vivono in condizioni di povertà, guerra e difficoltà possano ascoltare il messaggio cristiano di Radio Maria, che è un messaggio di pace, di amore e di speranza”. Lo scorso anno, la prima edizione della “Mariathon” ha ricevuto la benedizione di Papa Francesco tramite un audio messaggio in lingua spagnola. (I.P.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 123

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.