Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 01/05/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco: chiedo ai politici di non dimenticare due cose, dignità umana e bene comune
  • Maggio, mese dedicato a Maria. Il card. Abril y Castelló: pregare il Rosario per seguire Gesù più da vicino
  • Il card. Tauran in Algeria: Papa Francesco incoraggia cristiani e musulmani al dialogo
  • Oggi in Primo Piano

  • Festa del lavoro, manifestazioni in tutto il mondo. Ilo: necessarie tutele sociali
  • Primo maggio, i sindacati italiani: basta impoverire il Paese. Mons. Bregantini: tre riforme subito
  • Brunei: entra in vigore la Sharia, preoccupazione tra i cristiani
  • Elezioni in Iraq. Il premier al-Maliki: governo di coalizione per l’unità del Paese
  • Usa, vicenda Oklahoma riapre dibattito su pena di morte
  • I medici dell'Ordine di Malta: a Lampedusa per salvare i migranti, 24 ore al giorno
  • Focolari, Meeting dei giovani a Loppiano per costruire un'Italia migliore, più solidale e fraterna
  • Agrigento, 30.ma edizione dei "Giovani in festa"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria, Onu: situazione umanitaria peggiora. Stampa denuncia nuovi attacchi chimici
  • Ucraina: aiuti per 17 miliardi di dollari dal Fmi
  • Usa, stop al salario minimo voluto da Obama
  • Cina: attentato nel Xinjiang, 3 morti
  • Irlanda del Nord: arrestato Gerry Adams, leader del Sinn Fein
  • Allarme Oms su resistenza batterica agli antibiotici: vecchie infezioni tornano ad uccidere
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco: chiedo ai politici di non dimenticare due cose, dignità umana e bene comune

    ◊   Nel giorno in cui la Chiesa celebra la Festa di San Giuseppe Lavoratore e nella Giornata internazionale del lavoro, il Papa ha lanciato questo tweet: “Chiedo a quanti hanno responsabilità politica di non dimenticare due cose: la dignità umana e il bene comune”. Nel mondo oggi sono oltre 202 milioni i disoccupati. E Papa Francesco, in questo primo anno di Pontificato, ha avuto parole molto forti su questo tema. In questo servizio di Sergio Centofanti, vi riproponiamo alcuni interventi significativi:

    “Quando la società è organizzata in modo tale che non tutti hanno la possibilità di lavorare … quella società non va bene: non è giusta”. Papa Francesco usa parole dure contro l’attuale modello di sviluppo che nega a tanti il lavoro. “Questa economia uccide” – tuona nella Evangelii gaudium - perché fa prevalere la “legge del più forte, dove il potente mangia il più debole”. Oggi – afferma - c’è la “nuova tirannia invisibile, a volte virtuale”, di un “mercato divinizzato” dove regnano “speculazione finanziaria”, “corruzione ramificata”, “evasione fiscale egoista”. Incontrando i lavoratori delle Acciaierie di Terni spiega così il dramma della disoccupazione:

    “È la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro! Pertanto, i diversi soggetti politici, sociali ed economici sono chiamati a favorire un’impostazione diversa, basata sulla giustizia e sulla solidarietà. Questa parola, in questo momento, rischia di essere esclusa dal dizionario. Solidarietà: sembra come una parolaccia! No! E’ importante la solidarietà, ma questo sistema non le vuole tanto bene, preferisce escluderla”. (Discorso ai lavoratori delle Acciaierie di Terni, marzo 2014)

    L’attuale cultura dello “scarto” – sottolinea - ha creato “qualcosa di nuovo”: “gli esclusi non sono ‘sfruttati’ ma rifiuti, ‘avanzi’”. E durante la Messa a Santa Marta del primo maggio dell’anno scorso afferma:

    “Le persone sono meno importanti delle cose che danno profitto a quelli che hanno il potere politico, sociale, economico. A che punto siamo arrivati? Al punto che non siamo consci di questa dignità della persona; questa dignità del lavoro”. (Omelia a Santa Marta del primo maggio 2013)

    “Dove non c’è lavoro – osserva – manca la dignità”: e questa situazione non è casuale, perché oggi tanti “sistemi sociali, politici ed economici hanno fatto una scelta che significa sfruttare la persona”. E sempre nella Evangelii gaudium parla delle nuove forme di schiavismo, il lavoro che rende schiavi: “Nelle nostre città – scrive - è impiantato questo crimine mafioso e aberrante, e molti hanno le mani che grondano sangue a causa di una complicità comoda e muta”:

    “Quante persone, in tutto il mondo, sono vittime di questo tipo di schiavitù, in cui è la persona che serve il lavoro, mentre deve essere il lavoro ad offrire un servizio alle persone perché abbiano dignità. Chiedo ai fratelli e sorelle nella fede e a tutti gli uomini e donne di buona volontà una decisa scelta contro la tratta delle persone, all’interno della quale figura il lavoro schiavo”. (Udienza generale del primo maggio 2013)

    Papa Francesco cita Giovanni Paolo II laddove dice che la Chiesa “non può né deve rimanere al margine della lotta per la giustizia”, perché è “necessaria una voce profetica” in un contesto che vuole mettere a tacere i poveri, mentre altri “non vogliono rinunciare ai loro privilegi”. Quindi lancia questo appello:

    “Cari fratelli e sorelle, non smettete mai di sperare in un futuro migliore. Lottate per questo, lottate. Non lasciatevi intrappolare dal vortice del pessimismo, per favore! Se ciascuno farà la propria parte, se tutti metteranno sempre al centro la persona umana, non il denaro, con la sua dignità, se si consoliderà un atteggiamento di solidarietà e condivisione fraterna, ispirato al Vangelo, si potrà uscire dalla palude di una stagione economica e lavorativa faticosa e difficile”. (Discorso ai lavoratori delle Acciaierie di Terni, 20 marzo 2014)

    inizio pagina

    Maggio, mese dedicato a Maria. Il card. Abril y Castelló: pregare il Rosario per seguire Gesù più da vicino

    ◊   Oggi, primo maggio, inizia il mese dedicato in modo particolare a Maria e alla preghiera del Rosario. Una preghiera semplice e profonda, nata secondo la tradizione nel XIII secolo in ambiente domenicano, e poi sempre caldeggiata dai Papi. Ascoltiamo in proposito la riflessione del cardinale Santos Abril y Castelló, arciprete della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, intervistato da Sergio Centofanti:

    R. – Il Rosario, come è ben noto, è una preghiera che ha ricevuto nell’insegnamento dei Papi tante lodi per la meditazione dei misteri che si contemplano nel Rosario: è un po’ un compendio dei momenti più importanti della vita del Signore e della vita della Madonna. Pertanto, prendiamo Maria come la Maestra che ci accompagna nel nostro cammino per poter seguire il Signore più da vicino.

    D. – La dimensione mariana è molto presente anche in Papa Francesco …

    R. – Sappiamo che è un uomo di una devozione profondissima a Maria e io, in quanto arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore, vorrei aggiungere anche che appena eletto Papa, la sera stessa dell’elezione, quando eravamo a cena, mi disse subito: “Voglio andare a fare una visitina alla Madonna domani, per collocare sotto la sua protezione tutto il mio Pontificato”. E’ venuto in tutto sette volte a Santa Maria Maggiore e lui mi dice sempre che viene con grandissimo piacere perché trova nella Madre la guida, l’ispirazione per tutta la sua azione.

    D. – La preghiera del Rosario in famiglia – diceva anche San Giovanni Paolo II – rende unita la famiglia …

    R. – Sappiamo che è una bellissima frase che ha trovato tanta eco in alcuni Papi ed è vero, perché trovare radunata una famiglia in cui genitori e figli sanno di essere uniti nella preghiera e pregano per tutti i bisogni, per quelli della propria famiglia e delle altre famiglie, questo serve per creare quell’ambiente di maggiore unità tra i genitori e i figli, ed è una maniera di crescere e far crescere questa famiglia che è stata tante volte chiamata “la chiesa domestica”: questo veramente costruisce la Chiesa.

    D. – Che consiglio darebbe a quanti faticano a pregare con il Rosario, perché la ritengono una preghiera ripetitiva?

    R. – C’è un consiglio che mi fu dato tanto tempo fa e lo seguo molto spesso. Per poter fissare un pochino di più l’attenzione sulla meditazione dei misteri che si contemplano, credo che sia utile poter mettere all’inizio di ogni mistero che si sta per incominciare, un’intenzione particolare, e dire: “Questo mistero vogliamo offrirlo per papà, che magari so che non sta bene, per i membri della famiglia, per uno dei figli o per un’altra intenzione e non soltanto”, allargando anche l’orizzonte su tutta la Chiesa. In questo vogliamo pregare specialmente per il Santo Padre, per il suo programma di riforma della Chiesa, che veramente il Signore l’aiuti in questo. Credo che sia una maniera, mettendo un’intenzione, di far sì che non sia soltanto la ripetizione meccanica, ma che diventi una preghiera per un’intenzione particolare ecclesiale e anche familiare, che possa attirare un po’ l’attenzione e che possa fissare un po’ meglio l’attenzione, per pregare con più fervore.

    inizio pagina

    Il card. Tauran in Algeria: Papa Francesco incoraggia cristiani e musulmani al dialogo

    ◊   Il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, è in questi giorni in visita in Algeria come inviato speciale del Papa per le celebrazioni dei 100 anni della Basilica di Sant’Agostino ad Annaba. Al porporato Papa Francesco ha affidato un suo messaggio nel quale incoraggia il dialogo tra cristiani e musulmani e ringrazia le autorità algerine per aver contribuito ai recenti restauri della Basilica. Al microfono di Tiziana Campisi, il cardinale Tauran spiega come, in questo centenario, l’Algeria continui a riscoprire la Chiesa cattolica nella sua storia:

    R. – E’ un segno – penso – di grande maturità, perché è un popolo che assume la sua storia. Lì, ovviamente, i cristiani c’erano prima dell’islam e hanno conosciuto questa pagina della loro storia e soprattutto riconoscere che Agostino è un algerino ... e che algerino!

    D. – Quanto la figura di Sant’Agostino sta ancora contribuendo allo sviluppo del dialogo interreligioso?

    R. – Prima di tutto, Sant’Agostino unisce le due sponde del Mediterraneo; è un pensatore, un genio: ci sono poche persone che hanno la dimensione di quell’uomo! La cosa che mi ha sempre impressionato è pensare che ha scritto tra le più belle pagine di teologia mentre la città di Ippona era assediata: lui si prodigava per i rifugiati, allo stesso tempo; era un pastore che seguiva la vita quotidiana dei suoi fedeli. Direi che il grande apporto di Sant’Agostino è questo: che non c’è opposizione tra fede e ragione.

    D. – Quale messaggio di Papa Francesco porta all’Algeria?

    R. – La Lettera che il Papa mi ha indirizzato parla del dialogo interreligioso – ovviamente – e della gratitudine della Chiesa cattolica per la comprensione e la generosità, anche, dei musulmani, perché le autorità hanno collaborato anche economicamente al restauro di questa bellissima chiesa.

    D. – Che segno vuole essere la Basilica di Sant’Agostino in un Paese prevalentemente musulmano?

    R. – Io penso che ricorda a tutti che siamo fatti per vedere Dio: e questo è un segno molto potente, soprattutto in un Paese musulmano dove la preghiera svolge un ruolo importante. I musulmani pregano parecchie volte al giorno, in pubblico – in privato, ma anche in pubblico – e quindi è bene che anche i cristiani, con la maestà di questa chiesa, ricordino che anche noi lodiamo il Signore, l’unico Dio, e che siamo fedeli ai nostri doveri.

    D. – Secondo lei, quanto possono essere importanti i pellegrinaggi dei cristiani in Algeria, in quei luoghi dove ancora sopravvivono testimonianze della Chiesa?

    R. – Io personalmente credo molto in questi piccoli gesti della vita ordinaria e quindi anche nei pellegrinaggi, perché tessono rapporti umani molto più profondi che non a livello commerciale o turistico. E lì io penso che le nostre chiese debbano essere sempre aperte per accogliere chi vuole trovare un po’ di silenzio per pensare, per pregare, per ricordare ai concittadini che l’uomo non vive di solo pane …

    D. – In che modo il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, che lei presiede, può contribuire nella crescita del dialogo tra cristiani e musulmani in Algeria?

    R. – Il Pontificio Consiglio ha come scopo di favorire e coordinare iniziative, perciò noi abbiamo soprattutto contatti con la Conferenza episcopale, con i vescovi locali perché il dialogo non si fa a Via della Conciliazione: il dialogo si fa sul terreno. Quindi, in Algeria, nelle parrocchie e questo dialogo della vita è molto importante: vivere insieme, confrontati con gli stessi problemi, con le stesse difficoltà, come credenti … E io penso che questa spontaneità nei rapporti sia la base di ogni dialogo e il dialogo interreligioso si basa sempre sull’amicizia: ci si deve conoscere, amarsi vicendevolmente e fare un pezzo di strada insieme.

    D. – La Basilica di Sant’Agostino ad Annaba è come un faro per la città, posta com’è su una collina. Che cosa dice agli algerini di oggi?

    R. – Che le religioni non sono un pericolo ma sono, al contrario, una fonte di pace e di comunione fraterna. Perciò, questa Basilica ricorda che non c’è futuro se non un futuro condiviso.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Festa del lavoro, manifestazioni in tutto il mondo. Ilo: necessarie tutele sociali

    ◊   Si celebra oggi in tutto il mondo, in occasione del primo maggio, la festa dei lavoratori. In Turchia, questa mattina, manifestanti si sono scontrati con la polizia in piazza Taksim, a Istanbul, durate una dimostrazione dei sindacati vietata dal governo. Navi e porti bloccati, invece, in Grecia per lo sciopero nazionale dei marittimi. La festa del lavoro nasce per ricordare le battaglie sindacali della seconda metà dell’800. Ad oggi la situazione in molte zone del pianeta è ancora critica con una crescente disoccupazione e salari bassi. Ma quali sono le aree che maggiormente preoccupano l’Organizzazione Internazionale del Lavoro? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Luigi Cal, direttore dell'ufficio Ilo per l'Italia e San Marino:

    R. – Un po’ tutte, per la verità. Però, ci sono anche delle differenze. Se prendiamo le economie avanzate e l’Unione Europea, si comincia a vedere una piccola ripresa economica; purtroppo, però, le condizioni del mercato del lavoro non vedono ancora segnali significativi di miglioramento. Per passare ad un altro continente, l’America Latina e i Caraibi: la crescita dell’occupazione è in continuo aumento e in modo più rapido che nel resto del mondo. Negli Stati Uniti, c’è la ripresa economica e c’è meno disoccupazione. Facciamo un salto nel continente asiatico: troviamo che anche lì l’occupazione è cresciuta dell’1,6%. Se, invece, andiamo nell’Asia del Sud, dove ci sono – per dire – l’India, il Bangladesh, la Cina, i mercati del lavoro continuano a registrare elevati tassi di informalità, con lavoratori che percepiscono salari estremamente bassi e sono privi di ogni protezione sociale. In Medio Oriente, purtroppo, a causa anche delle guerre, la crescita economica è stata molto bassa e quindi insufficiente per creare posti di lavoro. Infine, nell’Africa nera purtroppo le opportunità di lavoro retribuire sono molto scarse e il tasso di occupazione vulnerabile raggiunge il 77% ed è anche il più alto raggiunto in tutte le regioni.

    D. – Ma perché la disoccupazione continua a persistere e soprattutto perché i giovani sono poi gli attori più vulnerabili?

    R. – Questo è dovuto molto alle grandi ingiustizie sociali. Metà della popolazione mondiale vive al di sotto della linea di povertà di due dollari al giorno: quindi tre miliardi e mezzo di persone, tra esse ci sono moltissimi milioni ridotti alla fame e con nessuna speranza di avere un lavoro dignitoso. Quando l’un per cento della popolazione globale ha nelle sue mani la stessa ricchezza di tre miliardi e mezzo di persone più povere del pianeta, lei capisce come queste ingiustizie sono foriere di tensioni future, di tensioni sociali. L’Ilo si domanda se i governi siano pronti, e come, a rispondere. L’Ilo suggerisce, per esempio, che tutti i governi si sforzino di introdurre misure di protezione sociale perché sono fattori decisivi nella risposta alla povertà. Abbiamo notato come nel mondo sistemi di sicurezza sociali efficaci abbiano ridotto di oltre la metà il loro tasso di povertà e abbiano diminuito in maniera considerevole le disuguaglianze. Per l’Ilo, la protezione sociale non è solo un diritto umano ma è anche una politica economica efficace: consente l’accesso ai servizi sanitari, all’istruzione e ad una alimentazione adeguata. Purtroppo, il 76% della popolazione mondiale continua a vivere senza alcuna protezione sanitaria e sociale adeguate.

    D. – Guardando al futuro, cosa attenderci in vista della scadenza dell’agenda dello sviluppo?

    R. – L’agenda dello sviluppo 2015 avrebbe dovuto raggiungere obiettivi importanti e non lo ha fatto. Per questo, le Nazioni Unite hanno messo in moto un meccanismo per dotarsi di un’agenda di sviluppo post-2015, che contribuisca veramente ad eliminare definitivamente la povertà. L’Ilo si sta muovendo: si sta muovendo anche insieme al Vaticano, in particolare con il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: qui si tratta di far passare veramente quelli che sono strategici, e uno dei punti strategici è il lavoro, l’occupazione, l’occupazione giovanile e soprattutto: il lavoro dignitoso.

    inizio pagina

    Primo maggio, i sindacati italiani: basta impoverire il Paese. Mons. Bregantini: tre riforme subito

    ◊   Manifestazioni in tutta Italia per il primo maggio. A Pordenone si è svolto il corteo per la manifestazione nazionale organizzato dai sindacati confederali. I leader di Cgil, Cisl e Uil hanno invitato il governo a compiere un cambio di marcia: basta impoverire il Paese. Da parte sua, il presidente Napolitano parla di “allarme lavoro” e chiede ai sindacati di avere “un ruolo nuovo" per "concorrere alla ricerca di soluzioni solidaristiche, innovative, coraggiose e determinate". Rivolgendosi alla classe politica, ricorda che "il dissenso è libero" ma "le scelte non possono tardare a lungo" perché serve "il massimo di reazione in termini di riforme". Scontri si sono verificati a Torino tra antagonisti-noTav e polizia. I vescovi italiani hanno diffuso per l’occasione un messaggio in cui affermano che senza lavoro non c’è umanesimo, ma invitano a conservare la speranza anche nella precarietà. Forte l’appello al governo a combattere la disoccupazione, soprattutto giovanile. Ma in questa situazione così difficile è possibile non perdere ancora la speranza? Marina Tomarro lo ha chiesto a mons. Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro:

    R. – Se noi aspettiamo il mito di una situazione sistemata perfettamente, nel mondo di oggi, non potremo mai avere nulla di certo. Se invece nell’incertezza io pongo segni certi, coraggiosi, fiduciosi, mi accorgo che il Signore mi apre le strade e mi dà una mano. Cioè, anche nella precarietà si può vivere una dimensione di speranza più forte della precarietà stessa. Tu puoi già vivere diversamente quello che vivi: non più con un cuore di precario, ma con il cuore di chi ha dentro di sé un grande afflato, una grande forza e tanta speranza.

    D. – Secondo lei, quanto le istituzioni potrebbero o dovrebbero fare di più per arginare queste situazioni?

    R. – Moltissimo. Per esempio, ne indico tre. Una legislazione meno ferrea sul lavoro, in modo tale che anche un lavoretto precario di due giorni si possa comunque fare: un imprenditore, oggi, ha paura di tutto! Se noi riuscissimo a favorire … è vero che si può già fare molto, ma molto si deve fare ancora, per quanto riguarda il recupero di questi lavoretti quotidiani che ti permettono un po’ alla volta di “entrare”, e nella legalità, non nel lavoro nero! Molto, poi, bisogna aiutare i giovani – e quindi anche le imprese – con un apprendistato meno vincolante. Oggi, chi assume un apprendista ha mille timori, perché va incontro a notevoli difficoltà. Bisogna renderlo molto più agevole, anche con un aiuto economico da parte dell’Inps per i primi mesi … Cioè, fare in modo che l’essere introdotti al lavoro sia facilitato al massimo, sostenuto con la flessibilità necessaria ma contemporaneamente anche con la capacità di imparare autenticamente e bene un lavoro. Terzo elemento: ci si chiede se la riforma Fornero non debba essere ritoccata, perché ha spostato in avanti l’età degli anziani e ha di fatto bloccato i giovani. Mi chiedo, io, se nell’insieme la riforma non abbia sbilanciato il peso sociale globale della società e alla fine abbia escluso i giovani. Credo che si debbano fare passi diversi. Ecco le tre cose, cioè: la capacità del quotidiano, l’apprendistato e una riflessione diversa sulle pensioni.


    Il messaggio dei vescovi italiani, dunque, invita all'azione e alla speranza, anche se sul fronte della disoccupazione giovanile restano drammatici i dati dell’Istat: sono 4 milioni 393mila i giovani senza lavoro. Cecilia Seppia ha raccolto il commento di Santino Scirè, vicepresidente delle Acli:

    R. – Questo investimento nella speranza è un investimento per il Paese. Noi riteniamo, infatti, che questo primo maggio sia un primo maggio particolare, un primo maggio di festa, senza dubbio, ma anche di preghiera. Abbiamo chiesto alle parrocchie di pensare ad alcune Messe, mettendo al centro il tema del lavoro.

    D. – E’ difficile, però, parlare di speranza di fronte a suicidi e ad imprese che chiudono. Guardiamo soltanto all’ultimo caso di Piombino...

    R. – Il trend vede, comunque, un’impresa, soprattutto medio piccola o familiare, che ogni giorno, probabilmente, comincia a pensare, se non di chiudere, di rivedere la propria organizzazione e quindi di ridurre il personale. Rispetto ai dati, che ci vengono forniti anche da Union Camere, è evidente come ogni giorno, veramente, se non una ogni tre, almeno una ogni quattro imprese chiude. Bisogna vedere questi numeri, che sono legati sicuramente ai provvedimenti del governo, anche pensando e guardando a queste elezioni europee; immaginiamo una nuova strategia europea, che metta al centro il lavoro.

    D. – Il decreto legge sul lavoro, voluto dal ministro Poletti, ha iniziato il suo iter parlamentare, non senza giochi di forza all’interno della maggioranza, ad esempio sul tema dei rinnovi per i contratti a termine. Ci sono altre misure sul tavolo, pensiamo al Job Act, al decreto garanzia giovani, con sgravi e incentivi appunto proprio per i ragazzi. Si sta procedendo nella giusta direzione?

    R. - Ma, a mio avviso, comunque, questo provvedimento dà una scossa o comunque si comincia ad intravedere una particolare attenzione al mondo del lavoro. Ci piace soprattutto l’impostazione che guarda al lavoro legato ai giovani e alle donne. Quindi auspichiamo che ci sia in qualche modo qualche provvedimento, che dia veramente una scossa visibile in quei territori, laddove ormai la disoccupazione tocca numeri particolarmente importanti.

    D. – Il tasso di disoccupazione è al 12,7 per cento. Secondo i dati Istat è ancora ai massimi storici: ci sono 4 milioni 393 mila giovani senza lavoro. Ormai ci stiamo abituando a queste cifre drammatiche...

    R. – Ormai i dati sul mercato del lavoro e sulla disoccupazione sono sempre dati in rosso da qualche tempo, soprattutto nel Mezzogiorno e non solo. Noi abbiamo lanciato questa campagna, che parte proprio dal primo maggio e l’abbiamo denominata “la forza del lavoro per sconfiggere povertà e disuguaglianze”, perché questo è quello che crea la disoccupazione, in modo particolare quella giovanile, pensando soprattutto a meno sprechi e al dialogo con le forze sociali, per una politica economica che sia indirizzata a creare nuove opportunità occupazionali di qualità e quindi un nuovo sviluppo economico.

    D. – Per uscire da questa crisi sul fronte lavoro servono formazione, coraggio e solidarietà reciproca. Questa è la ricetta che ci dà appunto la Cei. Si può fare molto in questo senso, soprattutto puntando alla formazione...

    R. – Le parole chiave non solo le condividiamo, ma le facciamo già nostre. Contribuire, infatti, ad un lavoro libero, che sia creativo, partecipativo, solidale, può essere la strada giusta per riprendere un percorso di investimento. Non è vero che non ci si può inventare un lavoro, anche in un contesto complicato e difficile come quello che stiamo vivendo.

    inizio pagina

    Brunei: entra in vigore la Sharia, preoccupazione tra i cristiani

    ◊   Nel Brunei entra oggi in vigore la Sharìa, come era stato deciso dal sultano Hassanal Bolkiah. Dopo l’applicazione nelle contese personali e nel diritto familiare, ora la legge islamica è stata estesa anche al codice penale, che sarà cambiato in tre fasi, con pene che prevedono il carcere, l’amputazione degli arti o la lapidazione. Grande preoccupazione tra i cristiani e le altre minoranze religiose. Al microfono di Elisa Sartarelli, padre Paolo Nicelli, docente di Islamologia e lingua araba presso il Seminario teologico internazionale del Pime:

    R. – La Sharia non è un testo scritto, come codice, così come noi possiamo immaginare il Codice di diritto penale o il Codice di diritto civile. Sono sostanzialmente delle sentenze che vengono formulate alla luce di un confronto sulle fonti, quali il Corano o gli “hadith” che sono i detti del Profeta. Quindi, nel Corano ci sono dei decreti che toccano la vita quotidiana delle persone. La Sharia tende a preservare il diritto di Dio alla fedeltà: la preservazione non ha solo un aspetto spirituale, vi sono anche delle punizioni, ma in termini generali, pur indicando la fustigazione come pena prevista. Di fatto, poi, successivamente, nella storia dell’islam, è successo che i califfi abbiano applicato punizioni più rigide, con lapidazione per la donna e carcerazione per l’uomo: questo, nel caso dell’adulterio.

    D. – La legge islamica potrebbe essere applicata anche ai cristiani, se venissero accusati di un crimine che coinvolgesse anche i musulmani. Potrebbero i non-musulmani essere considerati cittadini “di serie B”?

    R. – È possibile che vengano considerati cittadini di seconda classe, diciamo “di serie B”, nel momento in cui tutto questo processo di introduzione della Sharia porterebbe a spingere questa comunità cristiana ad essere considerata come una “dhimma”, cioè come una comunità di protetti, così come l’islam prevedeva per quelle comunità non musulmane che, non volendosi convertire all’islam, venivano protette e dovevano pagare una tassa. Nel sud-est asiatico non esiste un’applicazione di questo tipo di discorso. In Malesia, per esempio, le minoranze vengono riconosciute ma non considerate come dei “dhimmi”: quindi, ci potrebbe essere un tentativo di voler considerare, dal punto di vista giuridico, queste comunità come dei “dhimmi”. Ovviamente, queste comunità non vogliono essere considerate come tali, perché altrimenti potrebbero esserci dei casi di discriminazione piuttosto pesanti. È evidente che in un contesto nel quale si vogliano applicare degli istituti della Sharia non soltanto dal punto di vista del diritto civile ma anche del diritto penale, questo potrebbe diventare pericoloso per quei cristiani, buddisti o induisti: parlo delle donne, che sposassero un musulmano. In caso di separazione o in caso di divorzio – che nell’islam viene indicato come ripudio – per motivi di adulterio o di fornicazione verrebbe applicata, appunto, la Sharia, anche se queste persone potrebbero appellarsi alla Corte dello Stato dicendo: io non sono musulmana e in questo senso non avete giurisdizione su di me.

    D. – C’è il rischio che la Sharia venga estesa anche in altri Paesi asiatici?

    R. – Il tentativo c’è in Indonesia, ad Aceh, la regione del Nord del Sumatra. In Malesia più volte ci sono stati tentativi, soprattutto da parte del partito più tradizionalista, il Pas, ha proposto nelle zone dove è in maggioranza di introdurre degli istituti della Sharia. Però, finora si sono limitati a fare delle proposte, come l’introduzione di alcuni istituti di rito familiare che coprono l’aspetto civile e non penale. Nelle Filippine è stato introdotto un codice, cosiddetto della Sharia, che permetteva alle comunità musulmane di poter regolare i contenziosi relativi al diritto di successione tra coniugi o membri della comunità musulmana, attraverso, appunto, istituti della Sharia. Ma contemplava semplicemente l’istituzione di Corti della Sharia per questioni di diritto civile e non penale. Il fatto che adesso il Brunei Darussalam introduca l’applicazione della Sharia per quanto riguarda il diritto civile e, nello stesso tempo, lo estenda anche al diritto penale, è qualcosa di estremamente preoccupante.

    inizio pagina

    Elezioni in Iraq. Il premier al-Maliki: governo di coalizione per l’unità del Paese

    ◊   Ieri in Iraq si sono svolte le prime elezioni politiche senza truppe straniere, dall’intervento militare Usa del 2003. In aumento l’affluenza che si attesta intorno al 65% degli aventi diritto al voto. Il primo ministro Nouri al-Maliki si dice sicuro della vittoria e tende la mano alle altre forze per un’ampia coalizione di governo. Sul terreno però non sono mancate le violenze. Almeno 17 persone sono morte in attacchi terroristici in diverse aree del Paese. Il servizio di Marco Guerra:

    All’indomani dell’apertura delle urne, il premier uscente al-Maliki ha lanciato un appello alla Commissione elettorale affinché “si mantenga imparziale”, ha ringraziato le forze armate per aver messo in sicurezza le operazioni di voto e ha auspicato che il risultato del voto “faciliti la formazione di un nuovo governo che porti a termine il processo di ricostruzione del Paese”. Ma per avere i risultati e formare un esecutivo l'attesa sarà presumibilmente lunga, vista la partecipazione di tanti piccoli partiti, in cui si sono divisi anche al loro interno i due grandi blocchi sciita e sunnita. Intanto però il primo ministro uscente lavora per superare le divisioni etniche e confessionali che, rinfocolate dalla crisi nella limitrofa Siria, rischiano di trascinare l’Iraq in una nuova guerra civile. Al-Maliki ha promesso che condurrà trattative per formare un governo che potrebbe essere aperto “ad arabi, curdi, turcomanni, musulmani, cristiani e sabei”, l’apertura è dunque rivolta a tutti i partiti politici, “a condizione che ci si impegni a mantenere unito l'Iraq e che si predano le distanze dalla violenza settaria”. Tuttavia per al-Maliki, leader del partito dello Stato del Diritto, appare obbligatorio un accordo con gli altri due gruppi principali dello schieramento sciita, quello sadrista e il Consiglio supremo islamico dell’Iraq. Da parte sunnita infatti è stata ribadita la chiusura ad un'intesa di governo, per voce di uno dei massimi esponenti politici di questa confessione, il presidente del Parlamento Osama al Nujaify.

    inizio pagina

    Usa, vicenda Oklahoma riapre dibattito su pena di morte

    ◊   La mancata esecuzione di un condannato in Oklahoma, morto per infarto a seguito di alcune complicazioni nel corso dell’iniezione letale, ha riacceso il dibattito sulla pena di morte negli Stati Uniti. Il servizio di Alessia Carlozzo:

    Shock nel penitenziario di McAlester, in Oklahoma, dove un condannato è morto in seguito ad infarto dovuto alle complicazioni nel corso della sua esecuzione con iniezione letale. Un episodio preoccupante per Stefania Tallei, della Comunità di Sant’Egidio:

    “Noi, con la Comunità di Sant’Egidio, abbiamo contatti epistolari con 700 condannati e siamo preoccupati: come cristiani non ammettiamo la condanna a morte”.

    19 condanne eseguite e 14 già fissate: è il bilancio della pena di morte negli Stati Uniti nel 2014, il più basso dal 1994. Ma le polemiche non si placano. Ancora Stefania Tallei:

    “Molti americani sono, in questo momento, a disagio per quanto riguarda la pena di morte. Una ricerca scientifica ha mostrato che in questi anni 340 persone sono state condannate a morte, ed erano innocenti. Sappiamo tutti che da quando è stato introdotto il test del dna, molti sono risultati innocenti. Pare però che di questi 340, 183 siano morti ed altri, pur essendo risultati innocenti, non hanno potuto rifare il processo e passeranno tutta la vita in carcere, all’ergastolo. E’ un sistema, insomma, che non va, per tanti motivi”.

    Segnali di cambiamento arrivano da diversi Stati americani, come ci spiega ancora Stefania Tallei:

    “Il processo è lentamente avviato, a partire da alcuni Paesi, come nel New Hampshire, nel New Jersey, nel Maryland. Ci sono Stati dove ci sono meno condanne e meno esecuzioni o forse anche nessuna, e dove c’è una propensione alla moratoria o comunque all’abolizione, in quello Stato specifico. Credo che si andrà avanti così, perché c’è un disagio forte, crescente e credo che altri Stati possano fare dei grossi passi avanti: la California, ad esempio, ha provato a fare un referendum, che non è andato, ma per poco".

    Scende anche il consenso sulla pena di morte: un cambiamento importante nell’opinione pubblica americana, come ci spiega Riccardo Noury, portavoce per l’Italia di Amnesty International:

    “Man mano che si conosce la realtà della pena di morte, che è fatta di esecuzioni cruente, di possibili innocenti messi a morte, di persone con disagio mentale, di persone male assistite dal punto di vista giudiziario, l’opinione pubblica negli Stati Uniti prende una posizione diversa rispetto al passato. Quindi i segnali, quelli che lei ha descritto, sono tutti positivi; non di meno, però, le esecuzioni continuano e non sarà una possibile, lieve diminuzione rispetto al 2013 a farci esultare o a far sperare che il problema della pena di morte, negli Stati Uniti finisca in brevissimo tempo. Certo è che quello che occorrerebbe in questa fase sarebbe una pronuncia della Corte Federale Suprema sul metodo di esecuzione, perché queste esecuzioni pongono un problema di costituzionalità rispetto all’ottavo emendamento, che stabilisce il divieto di pene inusuali e crudeli. Questa, dal punto di vista giudiziario, potrebbe essere una strada importante”.

    Oltre che negli Stati Uniti, anche in Cina, Iraq, Iran e Arabia Saudita le esecuzioni non si fermano e la situazione non sembra migliorare, come ci spiega ancora Riccardo Noury:

    “Per quanto riguarda la Cina, stimiamo soltanto che ci siano migliaia di esecuzioni, ogni anno, perché il governo si ostina a non rendere pubblici i dati. Nei due Paesi del Medio Oriente – Iran e Iraq – c’è una preoccupante escalation di esecuzioni. Noi temiamo che alla fine dell’anno il numero di esecuzioni in Iran ed Iraq sarà addirittura superiore a quello del 2013: sono state già circa 200 in Iran e quasi una cinquantina in Iraq, nei primi quattro mesi dell’anno. Ci sono poi segnali preoccupanti che arrivano anche da altri Paesi. Pensiamo che negli ultimi 34 giorni in Egitto sono state complessivamente inflitte 1200 condanne a morte, questo è stato il processo, o meglio la coppia di processi nei quali è stato registrato il maggior numero di condanne a morte nella storia della pena di morte, almeno da quando Amnesty International compie ricerche su questa violazione dei diritti umani”.

    inizio pagina

    I medici dell'Ordine di Malta: a Lampedusa per salvare i migranti, 24 ore al giorno

    ◊   Ci sono 83 minori, una decina i neonati, tra gli oltre 400 migranti sbarcati questa mattina al porto di Trapani dalla Marina Militare, dopo essere stati soccorsi in tre diverse operazioni a sud di Lampedusa. Tra loro vi sono eritrei, nigeriani, siriani, tunisini, etiopi e maliani. I rifugiati, in buone condizioni di salute, saranno ora smistati in diverse strutture di accoglienza dislocate nel territorio della provincia. Negli ultimi tre giorni sono state oltre mille le persone soccorse nel canale di Sicilia. Servizio di Francesca Sabatinelli:

    Sono arrivati in discrete condizioni di salute i migranti della notte scorsa, nonostante lo stremante viaggio, nonostante spesso questi barconi siano avvistati e raggiunti quando ormai mezzo allagati. Di ieri la segnalazione di un possibile caso di tubercolosi: una donna somala, soccorsa dalla nave militare San Giorgio impegnata nell’operazione Mare Nostrum, e subito condotta in ospedale. E’ a bordo di queste navi, San Giorgio e San Giusto, che avviene il primo “triage sanitario”. Maria Grazia Mazza e Giada Bellanca, sono siciliane, medici del Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta, si alternano a bordo e sulla terra ferma per dare assistenza sanitaria a chi viene salvato, spesso lavorando ininterrottamente anche per più di due giorni. Maria Grazia Mazza per due mesi è stata a Lampedusa da dove ha effettuato 15 uscite di soccorso: “Queste persone – racconta – ti guardano con gli occhi di chi ha paura di perdere tutto e di chi cerca la salvezza”:

    R. - Quando incroci i barconi e vedi una macchia di persone che si agitano chiedendo aiuto, quando riesci a farli passare sulla tua motovedetta, la sensazione che provi nel metterli in salvo è meravigliosa; è l’impatto umano che non è facile da gestire. La prima volta io sono scesa dalla barca con le lacrime agli occhi perché mi sono confrontata con 38 bambini, di cui uno di dieci giorni: un fagotto gigante avvolto in un piumino che neanche aveva peso! E poi ci sono le mamme che ti ringraziano, quando ti prendi cura dei loro bambini. E quando scendono dalla motovedetta ti guardano e ti ringraziano per averli aiutati, quello non te lo scordi più! Poi alla fine si crea armonia sulla motovedetta: noi lavoriamo tutti in simbiosi con i sommozzatori, con l’equipaggio, e poi alla fine anche con queste persone che cercano di aiutarti a far ragionare gli altri, cercando di farli stare seduti, di farli collaborare, di non farli muovere, perché gestire anche fino a 120 persone sulla motovedetta non è facile! Stanno uno sull’altro e noi, a volte, non abbiamo lo spazio neanche per poterci muovere, e hai bisogno della loro collaborazione per poter far andare tutto a buon fine. E poi devo dire che sono loro che ti regalano sensazioni particolari: io lavoro in un reparto di medicina d’urgenza, sono abituata a vedere di tutto, però gli occhi delle persone, dei bambini, che vogliono la tua attenzione, che ti guardano e ti salutano con la manina o che quando scendono ti fanno il saluto militare, queste cose non te le scordi più.

    Giada Bellanca, medico trentenne, ha trascorso 45 giorni a bordo della San Giorgio e della San Giusto, ed è sbarcata due giorni fa. Dopo un solo giorno di missione ha soccorso 1160 migranti, si è confrontata con un decesso e due arresti cardiocircolatori, due giovani nigeriani del 1993. “Li abbiamo salvati entrambi – ci dice – avevano i vestiti intrisi di carburante, spesso accade in queste situazioni”. Queste persone, appena le trasporti sulla nave - continua la Bellanca - chiedono una sola cosa: normalità.

    R. – I migranti … a me piace chiamarli, quando arrivano, “ospiti”, perché loro sono veramente ospiti del gruppo impegnato nella Mare Nostrum. Questi migranti sono persone che fino a quando hanno messo piede in quelle terribili imbarcazioni, in quei gommoni, erano persone magari povere, sì, forse in situazioni sociali tremende, ma persone “normali”. Avevano una famiglia, andavano a fare la spesa, andavano a portare i bambini a scuola, a lavorare, facevano un progetto per la casa, cercavano un mutuo in banca … erano queste persone. Come posso pensare di vederli in maniera differente da me? Quindi, queste persone erano come me e potrebbero essere di nuovo come me.

    D. – Voi avete visto arrivare, soprattutto negli ultimi tempi, molti siriani. E ci sono molte famiglie…

    R. – I siriani si muovono in gruppi familiari, in grossi gruppi familiari. E le donne hanno una forza d’animo impressionante. Arrivano gli anziani, i nonni, gli zii, i cugini, tutti insieme, tutti in gruppo. Infatti, preferiamo collocarli in un’area che è la zona “area familiare”, proprio per far fare gruppo a queste famiglie, per non dividerle, soprattutto. Nella maggioranza dei casi ho notato che i siriani sono tutti professionisti, medici, ingegneri, ho anche avuto il piacere di parlare, di fare lunghe chiacchierate, con miei colleghi in Siria, chiedendo a volte anche consigli. A uno di loro, che era odontoiatra, quasi ho chiesto un consiglio per il mal di denti di un altro migrante! Grosse professionalità … e capisci: ci potevo essere io, al posto suo. Arrivano anche da Gambia, Mali, Guinea Bissau, Costa d’Avorio, Congo, dall’Egitto, da ogni parte, anche dal Pakistan, facendo un giro, immagino, pazzesco! Anche dalla Palestina, piccoli gruppi e anche piccoli gruppi dall’Arabia Saudita. Arrivano da tutte le parti! Ma quando vidi queste quattro persone chiesi loro immediatamente: “Where are you from?” mi risposero: “Pakistan”, io le guardai e loro capirono che li guardavo quasi a dire: “Ma come avete fatto?”. Mi sorrisero, per farmi capire: “Ce l’abbiamo fatta!”, e poi mi chiesero “Ma dove siamo, qua?”, risposi: “Siete in una nave ma siete in Italia”, hannol pianto, tutti e quattro. Quando ho detto loro: “Siete in sicurezza, siete in Italia: benvenuti”, e “Inshallah”, è andato tutto tranquillamente.

    D. – Molti chiedono “dove siamo?”, perché non si rendono conto. E qual è la reazione quando capiscono?

    R. – La reazione è di felicità. Quando arrivano e vedono la bandiera italiana, cominciano ad applaudire, cominciano a gridare, cominciano ad essere contenti, fanno il segno dell’ “ok” … tutte queste cose, per la felicità. Perché sanno di essere in Italia e sanno che noi siamo lì per la loro sicurezza. Loro lo sanno.

    D. – Non tutti però, si sa, vengono per stare in Italia …

    R. – Sì, però sanno che l’Italia è la porta d’Europa. Molti chiedono, per esempio, come arrivare in Svezia, o in Germania, perché alcuni hanno nuclei familiari già lì. Quindi è logico che la prima cosa che chiedano è questa: “Mia madre è in Inghilterra: come faccio?”. Sono anche abbastanza informati, devo dire, su quello che può essere un arrivo in Italia, indipendentemente dalla mancanza o meno di documenti. Noi però facciamo capire loro che ci siamo per aiutarli e si tranquillizzano, si siedono, diamo loro da mangiare. Tra le piccole merende e i tre pasti principali, sono cinque pasti al giorno. Acqua sempre a disposizione, sali minerali, medicine, cure, tutto. Tutto, 24 ore su 24.

    D. – A queste persone ci si lega?

    R. – Sì. Si arriva a legarsi perché è un tempo breve, ma è tanta la concentrazione di emozioni, di informazioni, di lacrime, di sudore … bisognerebbe sentire l’odore che c’è là dentro! Non parlo di un odore fisico: bisognerebbe sentire l’odore umano che c’è là dentro. E ti si tatua dentro. Quando ricordi l’ingegnere siriano, il panettiere, quello che aveva il bar, quello che mi ha detto: “Io sono un bravo parrucchiere, se vuoi ti faccio le treccine” … te li ricordi! E non mi importa che si chiamino Mohammed o che si chiamino Isaia, perché abbiamo anche avuto grossi nuclei eritrei copti, cristiani, quindi non solo musulmani ma anche moltissimi cristiani. Per questo bisogna anche capire le differenze, ad esempio nel periodo della Quaresima il cristiano – il copto – non voleva mangiare, quindi abbiamo preparato pasti liquidi, e tutti gli altri hanno capito. C’è il massimo rispetto, bisogna essere attenti a queste cose! Quindi … ci si lega. Ci si lega alla loro croce di San Damiano, ci si lega al rosario islamico che mi ha regalato un anziano e che io terrò sempre, perché è stato uno scambio di rispetto, uno scambio di fedi … uno scambio di rispetto che per me è stato fondamentale in quel periodo. Mi ha aiutato molto. Loro hanno aiutato me …

    inizio pagina

    Focolari, Meeting dei giovani a Loppiano per costruire un'Italia migliore, più solidale e fraterna

    ◊   Chi ha detto che ai giovani d'oggi non sta a cuore il proprio Paese e la propria gente? A dimostrare il contrario sono ad esempio i circa 2.000 ragazzi e ragazze che oggi si sono dati appuntamento alla Cittadella internazionale del Movimento dei Focolari di Loppiano, vicino a Firenze, per la 41.esima edizione del Meeting del 1° maggio. Al centro della manifestazione, i temi della legalità, dialogo interreligioso e immigrazione. In mostra una ventina di stand con alcune delle azioni concrete che i “Giovani per un mondo unito”, organizzatori dell’evento, stanno già realizzando in diverse città per costruire un’Italia migliore, più solidale e fraterna. Originale il titolo dell’edizione di quest’anno: “#Spiazzaci”. Adriana Masotti ne ha parlato con Edoardo Zenone, giovane graphic designer di Torino tra gli organizzatori del Meeting:

    R. – E’ nata quasi come battuta: stavamo cercando un titolo che rappresentasse la nostra voglia di sorprendere l’Italia. Infatti, noi siamo sicurissimi che i giovani – i “Giovani per un mondo unito” ma anche tutti i giovani italiani – abbiano tante, tantissime idee che possono sorprendere, anche a livello scenografico. Questo giocare con la parola “piazza” … vivere in una città, una città qualunque, in qualsiasi parte d’Italia, con un ideale, una regola d’oro: fare agli altri ciò che noi vorremmo fosse fatto a noi, e non fare agli altri ciò che noi non vorremmo fosse fatto a noi. L’hashtag era solo per legarci un po’ anche alla modernità, al modo di vivere oggigiorno con twitter, facebook, che ci caratterizza.

    D. – “#Spiazzaci” con le iniziative. E a Loppiano sono allestiti una ventina di stand con altrettante iniziative in corso in diverse città italiane, su temi come legalità, solidarietà … che cosa vogliono dire?

    R. – Vogliamo semplicemente rappresentare il fatto che non è che noi proponiamo qualcosa che ancora è tutta da fare; ma ci sono già da decenni, per alcune di queste associazioni, delle azioni concrete che si compiono nel territorio. Penso, ad esempio, alla scuola di partecipazione politica di Torino o a Milano con l’Associazione Arcobaleno, che si occupa di insegnare l’italiano agli immigrati e anche di inserirli nei diversi ambienti, sia di lavoro ma anche di vita sociale; a Firenze, insieme a Unicoop, da anni si realizzano, tramite la Fondazione “Il cuore si scioglie”, viaggi in Africa, in particolare in Camerun, con i giovani in loco attività ludiche ma anche nel doposcuola l’insegnamento anche di mestieri che possono aiutare a trovare lavoro nel loro stesso Paese.

    D. – Che cos’è che lega tutti i giovani che partecipano a queste iniziative?

    R. – Proprio la voglia e anche il bisogno di impegnarsi a realizzare qualcosa di diverso. Alla fine, non è che siamo fuori dal mondo: vediamo come va il nostro Paese, le cose che ci piacciono e anche le cose che non ci piacciono; di idee, ne abbiamo e abbiamo anche la voglia di realizzarle, ma anche la voglia di confrontarci tra di noi per capire quale sia la strada migliore da percorrere tutti insieme.

    D. – A questo proposito, molti di voi trovano nella fede in Gesù e nel Vangelo la spinta per la propria vita e le proprie azioni; per altri, che cos’è che li muove?

    R. – Mah … anche questa regola d’oro, questo fare agli altri ciò che noi vorremmo fosse fatto a noi, alla fine, è qualcosa che è nel dna di ognuno. E’ abbastanza impossibile trovare qualcuno che non sia concorde con questa frase. E anche l’esperienza che alcuni di noi fanno da anni e che sempre si vive, che non è solamente una frase che magari possiamo leggere in un cioccolatino o su facebook o da qualche altra parte. Se si prova a viverla, le cose cambiano realmente. Quindi, anche chi non ha un credo religioso può tranquillamente ritrovarcisi.

    D. – Quest’anno, Loppiano festeggia i suoi 50 anni. Anche per questo è pronta una mostra che ha questo titolo: “Silvia Lubich, un ‘sì’ che la rese Chiara”, sulla vita della fondatrice dei Focolari. Un po’ particolare, questa mostra …

    R. – Sì. Anche è la prima volta che il Movimento dei Focolari si lancia in un’iniziativa di questo genere. Sono sei sale interattive, realizzate tutte da ragazzi rigorosamente under-30 – scenografi, pittori, scultori, grafici, pubblicitari – che si sono messi lì e hanno deciso di dare la possibilità concreta di conoscere Chiara Lubich, dalla sua infanzia fino al momento della sua partenza per il cielo, e di farsi praticamente non portavoce, ma diffusori del suo messaggio. Ognuno, poi, trae le conclusioni che vuole e prende quello che più lo colpisce. Tutti mettono a disposizione le loro professionalità per dare a tutti la possibilità di incontrare una persona che a noi, singolarmente, ha cambiato la vita.

    inizio pagina

    Agrigento, 30.ma edizione dei "Giovani in festa"

    ◊   Oggi, in Sicilia, l’arcidiocesi di Agrigento accoglie a San Giovanni Gemini centinaia di ragazzi per la trentesima edizione di “Giovani in festa”. La manifestazione vuole offrire momenti di riflessione, di preghiera e di animazione per sensibilizzare i giovani ai valori del cristianesimo per una società più giusta e solidale. Quest’anno il tema del raduno è ispirato alla parabola del Buon samaritano ed invita a non passare oltre, “Don’t pass over”, di fronte al prossimo che necessita di aiuto. Al microfono di Tiziana Campisi, il responsabile del Servizio diocesano per la Pastorale Giovanile, don Giuseppe Calandra, spiega com’è articolata la giornata:

    R. – “Giovani in festa” è una manifestazione che raccoglie i giovani della diocesi di Agrigento, che va avanti ormai da quasi 30 anni, per una giornata da vivere insieme all’insegna della fede, della gioia, della fraternità, dell’amicizia ma anche della musica e dello spettacolo. Nel corso degli anni, questa giornata è un po’ cambiata, arricchendosi di nuove iniziative, e un po’ sposando – negli anni – il progetto del piano pastorale. Questa iniziativa nei primi anni veniva celebrata ad Agrigento; poi è venuta l’idea di spostarsi nei diversi comuni, nelle diverse realtà parrocchiali presenti in diocesi. Quindi, è stata una manifestazione itinerante …

    D. – La Giornata è articolata in diversi momenti: un momento assai importante è quello dedicato alle testimonianze …

    R. – Abbiamo pensato di invitare Costantino Baratta: è un muratore di Lampedusa. Fu lui, la mattina del 3 ottobre, a uscire in barca e dopo avere avvistato in mare un gruppo di naufraghi eritrei, si fermò e salvò 12 vite. Accanto alla sua, avremo anche la testimonianza di un giovane nigeriano, che è stato costretto a lasciare il suo Paese a causa della sua conversione al cristianesimo e della rivolta avvenuta contro la sua famiglia. Questo giovane ha dovuto lasciare il suo Paese e dopo avere attraversato il Mediterraneo ed essere approdato sulle coste dell’Isola di Lampedusa, presso il Centro di Mineo ha poi conosciuto la Comunità di Sant’Egidio e attualmente collabora e lavora con i volontari della Comunità di Sant’Egidio. Accanto a questi due testimoni avremo anche la presenza dell’Associazione “Libero futuro”: è la prima associazione anti-racket palermitana che ha accompagnato e assistito oltre 200 imprenditori nel percorso di liberazione dal “pizzo”.

    D. – Qual è il suo auspicio per questa Giornata?

    R. – Che sia senz’altro una giornata vissuta intensamente, nell’entusiasmo che è proprio una caratteristica dei giovani, nella gioia, ma soprattutto nella capacità di portarsi a casa qualcosa di bello, di importante, che serva alla loro vita. Questa capacità di non passare oltre, di non chiudere gli occhi ma di fermarsi, di guardarsi attorno, di vedere che il mondo che hanno attorno è un mondo bello, ma che per renderlo più bello è necessario anche l’impegno di tutti, è necessaria la responsabilità di ciascuno affinché tutto possa essere più bello e senz’altro rendere questo mondo veramente più vivibile!

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria, Onu: situazione umanitaria peggiora. Stampa denuncia nuovi attacchi chimici

    ◊   “La situazione sulla fornitura degli aiuti umanitari in Siria peggiora”. È quanto riferito dal capo delle operazioni umanitarie dell'Onu, Valerie Amos, alla riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Secondo l’esponente dell’Onu solo il 12% dei siriani che risiedono in aree difficili da raggiungere hanno ricevuto aiuti umanitari. La Amos ha quindi consigliato di adottare una serie di misure concrete, come attraversare le linee del fronte per fornire assistenza. Intanto non si placano le violenze: ieri un raid aereo del regime ha provocato una ventina di morti, tra cui bambini, in una scuola di Aleppo. E la stampa parla di nuovi attacchi chimici sui civili, suscitando la reazione del ministro degli Esteri di Londra, William Hague, che ha chiesto un'immediata inchiesta offrendo sostegno per “fare piena luce su queste accuse”. Infine si registra l’allarme del dipartimento di Stato Usa, secondo cui in Siria sta nascendo una nuova generazione di terroristi che si sta addestrando nel Paese per colpire l'Occidente. In un rapporto le autorità americane paragonano il Paese mediorientale all'Afghanistan degli anni '90. (M.G.)

    inizio pagina

    Ucraina: aiuti per 17 miliardi di dollari dal Fmi

    ◊   Boccata d’ossigeno per l’economia ucraina. Il Fondo monetario internazionale ha approvato un pacchetto di aiuti a Kiev per 17 miliardi di dollari in due anni. “Era necessaria un'azione urgente”, ha affermato la direttrice generale del Fmi Lagarde, secondo la quale l'obiettivo “è ristabilire la stabilità macroeconomica” del Paese. Intanto il ministro degli Esteri russo, Lavrov, ha assicurato che Mosca è favorevole a un dialogo con l'Ucraina sotto l'egida dell'Osce, auspicando che l’Occidente non frapponga ostacoli. Gli ultimi sviluppi della crisi saranno al centro dell’incontro nelle prossime ore a Washington tra il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente Usa Barack Obama. La tensione sul terreno non si attenua: ieri le autorità ucraine hanno accusato di spionaggio ed espulso l'addetto navale dell'ambasciata russa a Kiev; mentre i separatisti filorussi che occupano la città di Slaviansk hanno avviato negoziati per la liberazione di sei osservatori europei dell'Osce e un interprete, sequestrati il 25 aprile. (M.G.)

    inizio pagina

    Usa, stop al salario minimo voluto da Obama

    ◊   Battuta d'arresto nel Congresso Usa per il provvedimento che dovrebbe innalzare il salario minimo a 10,10 dollari l'ora. Una legge fortemente voluta dal presidente Barack Obama e dai democratici, che ne vorrebbero fare un punto di forza in vista delle elezioni di midterm. Questi ultimi però non sono riusciti in Senato - dove pure hanno la maggioranza - a racimolare i 60 voti necessari per avviare il dibattito sul provvedimento. Provvedimento che prevede in particolare non solo il graduale aumento (nel corso di 30 mesi) delle paghe orarie - dagli attuali 7,25 dollari a 10,10 dollari - ma anche l'introduzione di un meccanismo di 'scala mobile' che le adegui automaticamente al tasso di inflazione annuale.

    La debacle era in parte attesa. Non solo per il duro ostruzionismo dei repubblicani (solo un senatore ha votato a favore dell'avvio di una discussione della legge), ma anche per l'assenza più o meno giustificata di alcuni senatori democratici, chi per malattia, chi per recarsi nei propri collegi elettorali negli Stati negli ultimi giorni martoriati dal maltempo e dall'ondata di tornado che ha ucciso almeno 35 persone. Così lo stesso leader democratico al Senato, Harry Reid, è ricorso al voto contrario, passo procedurale necessario per poter ripresentare il testo in aula più in là.

    "Alla fine gli americani vinceranno, visto che tre su quattro sono a favore dell'incremento salario minimo", ha commentato Obama, sottolineando come "i repubblicani bloccano l'aumento per 28 milioni di lavoratori". Ma alla Casa Bianca come nel quartier generale dei democratici c'è la consapevolezza che seppure la legge dovesse passare al Senato difficilmente potrà avere successo alla Camera, a maggioranza repubblicana.

    inizio pagina

    Cina: attentato nel Xinjiang, 3 morti

    ◊   “Misure risolute” per “distruggere i terroristi”. È quanto promesso dal presidente cinese Xi Jinping il giorno dopo l’attentato compiuto nella turbolenta provincia occidentale del Xinjiang, a seguito del quale tre persone sono morte e altre 79 sono rimaste ferite, di cui 4 versano in gravi condizioni. L’attacco ha preso di mira la folla davanti ad una delle principali stazioni ferroviarie di Urumqi, la capitale del Xinjiang. “Le autorità - ha aggiunto il presidente - devono avere una profonda comprensione del fatto che la lotta anti-secessionista nel Xinjiang avrà una lunga durata”. Il Xinjiang è una regione ricca di materie prime che segna i confini della Cina con Afghanistan, Pakistan, India e con le repubbliche dell' Asia centrale. Gli uighuri, turcofoni e musulmani, sono circa il 40% della popolazione e lamentano di essere stati messi in minoranza nelle loro terre di origine da una massiccia e sistematica immigrazione da altre regioni della Cina. (M.G.)

    inizio pagina

    Irlanda del Nord: arrestato Gerry Adams, leader del Sinn Fein

    ◊   Gerry Adams, 65enne leader del Sinn Fein, l'ala politica dell'Ira, è stato arrestato dalla polizia dell’Irlanda del Nord per un omicidio risalente al 1972. Si tratta del caso della signora McConville, all’epoca vedova di 37 anni e madre di dieci figli, accusata dall’Ira di essere un’informatrice della polizia britannica. Il suo corpo era stato recuperato in una spiaggia nella contea di Louth, nel 2003. Gerry Adams si è presentato alla stazione di polizia di Antrim per collaborare alle indagini sul caso, come afferma un comunicato del Sinn Fein. Adams, protagonista dei colloqui tra repubblicani e unionisti che portarono all’accordo di pace del ‘98, non si è mai dissociato dall’Ira ma si dice totalmente estraneo all’omicidio della signora McConville. (M.G.)

    inizio pagina

    Allarme Oms su resistenza batterica agli antibiotici: vecchie infezioni tornano ad uccidere

    ◊   A causa dell’abuso diffuso degli antibiotici, i batteri sono più resistenti e anche quelli più comuni possono tornare ad uccidere. È l’allarme lanciato dall’Oms, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, in un rapporto pubblicato a Ginevra. La resistenza batterica agli antibiotici è un fenomeno rilevato in tutte le parti del mondo, ha detto il vicedirettore generale dell’Oms Keiji Fukuda. Lo studio, basato sui dati raccolti in 114 Paesi, si concentra sulla resistenza agli antibiotici di 7 diversi batteri che causano malattie gravi comuni come la polmonite. Il problema non deriverebbe solo dall’abuso in ambito medico. I principali pericoli sono legati all’uso e l’abuso degli antibiotici nell’industria alimentare e nella produzione animale. “Senza un'azione urgente e coordinata da parte di ogni forza in campo – ha avvertito Keiji Fukuda - il mondo si troverà a fronteggiare un'era post-antibiotica in cui infezioni comuni, che sono state curabili per decenni, potranno tornare a uccidere”. Anche se il fenomeno sta riguardando molti agenti infettivi diversi, il rapporto si focalizza su 6 batteri responsabili di malattie gravi, e tuttavia comuni, come sepsi, diarrea, polmonite, infezioni urinarie e gonorrea. Le conclusioni suscitano “forte preoccupazione”, documentando resistenza agli antibiotici e soprattutto a quelli usati come 'ultima spiaggia'. (M.G.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 121

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.