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Sommario del 30/06/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: oggi ci sono più martiri cristiani che nei primi secoli

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Ci sono più cristiani perseguitati oggi che nei primi secoli: è quanto ha detto Papa Francesco a Santa Marta, presiedendo la Messa nel giorno in cui si fa memoria dei Santi Protomartiri della Chiesa romana, crudelmente uccisi alle pendici del Colle Vaticano per ordine di Nerone dopo l'incendio di Roma nel 64. Il servizio di Sergio Centofanti: 

La preghiera all’inizio della Messa ricorda che il Signore ha “fecondato con il sangue dei martiri i primi germogli della Chiesa di Roma”. “Si parla della crescita di una pianta“ – ha affermato Papa Francesco nell’omelia - e questo fa pensare a quello che diceva Gesù: “il Regno dei Cieli è come un uomo che abbia gettato a terra il seme, poi va a casa sua“ e – dorma o vegli - “il seme cresce, germoglia, senza che lui sappia come“. Questo seme è la Parola di Dio che cresce e diventa Regno di Dio, diventa Chiesa grazie alla “forza dello Spirito Santo“ e alla “testimonianza dei cristiani“:

“Sappiamo che non c’è crescita senza lo Spirito: è Lui che fa la Chiesa, è Lui che fa crescere la Chiesa, è Lui che convoca la comunità della Chiesa. Ma anche è necessaria la testimonianza dei cristiani. E quando la testimonianza arriva alla fine, quando le circostanze storiche ci chiedono una testimonianza forte, lì ci sono i martiri, i più grandi testimoni. E quella Chiesa viene annaffiata dal sangue dei martiri. E questa è la bellezza del martirio. Incomincia con la testimonianza, giorno dopo giorno, e può finire come Gesù, il primo martire, il primo testimone, il testimone fedele: con il sangue“.

“Ma c’è una condizione per la testimonianza, perché sia vera – ha aggiunto il Papa - deve essere senza condizioni“:

“Abbiamo sentito il Vangelo, questo che dice al Signore di seguirlo, ma gli chiede una condizione: andare a congedarsi o a seppellire il padre … il Signore lo ferma: ’No!’. La testimonianza è senza condizioni. Deve essere ferma, deve essere decisa, deve essere con quel linguaggio che Gesù ci dice, tanto forte: ’Il vostro linguaggio sia sì, sì, no, no’. Questo è il linguaggio della testimonianza“.

“Oggi – ha detto Papa Francesco - guardiamo questa Chiesa di Roma che cresce, irrigata dal sangue dei martiri. Ma anche è giusto – ha proseguito - che noi pensiamo a tanti martiri di oggi, tanti martiri che danno la loro vita per la fede“. E’ vero che sono stati tanti i cristiani perseguitati al tempo di Nerone, ma “oggi – ha sottolineato - non ce ne sono meno“:

“Oggi ci sono tanti martiri, nella Chiesa, tanti cristiani perseguitati. Pensiamo al Medio Oriente, cristiani che devono fuggire dalle persecuzioni, cristiani uccisi dai persecutori. Anche i cristiani cacciati via in modo elegante, con i guanti bianchi: anche quella è una persecuzione. Oggi ci sono più testimoni, più martiri nella Chiesa che nei primi secoli. E in questa Messa, facendo memoria dei nostri gloriosi antenati, qui a Roma, pensiamo anche ai nostri fratelli che vivono perseguitati, che soffrono e che con il loro sangue fanno crescere il seme di tante Chiese piccoline che nascono. Preghiamo per loro e anche per noi“

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Il Papa ai giovani olandesi: siate rivoluzionari come le Beatitudini

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Nelle Beatitudini potete trovare un programma di vita “nuovo, puro e intenso”. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco al Festival Nazionale della gioventù cattolica olandese, svoltosi in questi giorni all’abbazia di Mariënkroon a Nieuwkuijk. In un messaggio per l'occasione, il Papa invita i giovani a “pensare in grande” prendendo a modello il Beato Piergiorgio Frassati che non si accontentava di "vivacchiare". Il servizio di Alessandro Gisotti: 

“Vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la Verità, non è vivere, ma vivacchiare”. Papa Francesco prende in prestito le parole di Piergiorgio Frassati per spronare i giovani cattolici olandesi ad essere “rivoluzionari” come le Beatitudini di Gesù. Il Pontefice rammenta che il messaggio delle Beatitudini - al centro anche del percorso che porta alla prossima Gmg di Cracovia – è “nuovo, puro e intenso” e propone “un modello di felicità contrario alla logica del mondo”. Quelli che Gesù chiama “beati”, osserva, il mondo li definisce “inutili, perdenti”. Il mondo, soggiunge, glorifica “il successo ad ogni costo, la ricchezza, il potere” e “l’affermazione di se stessi a danno degli altri”. Gesù, invece, ci offre una “definizione molto differente di ciò che significa beato: mostra la via per la vita e la felicità autentica”. Anzi, è “Gesù stesso la via” e “attraverso la sua vita ci ha mostrato concretamente come vivere ognuna delle Beatitudini”.

Gesù, scrive ancora il Papa, ama ognuno di noi “con amore infinito” e con la sua morte e Risurrezione ci ha mostrato la sua infinita misericordia. E così, sottolinea, “quando contempliamo Gesù nella sua povertà, la sua purezza di cuore e la sua misericordia, comprendiamo la bellezza della nostra vocazione cristiana e non esitiamo ad avviarci sulla strada che conduce alla vera felicità”. “Non abbiate paura di Cristo – esorta, riprendendo Benedetto XVI – Lui non vi toglie nulla e vi dona tutto”. I giovani, afferma ancora Francesco, “vogliono vivere esperienze intense. Vi incoraggio a prendere sul serio le parole di Dio. Dite no ad una cultura effimera, superficiale e dello scarto, una cultura che non vi ritiene forti, che vi ritiene incapaci di affrontare le grandi sfide della vostra vita. Pensate in grande!”.

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Francesco incontra i Reali di Spagna Felipe VI e Letizia

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Papa Francesco ha ricevuto nel Palazzo Apostolico Vaticano il Re Felipe VI e la Regina Letizia di Spagna. I Reali si sono successivamente incontrati con il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin accompagnato da mons. Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati.

“Durante i cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - si è espresso compiacimento per l’odierna visita, la prima all’estero, che segue quella da poco compiuta dal Re Juan Carlos I e dalla Regina Sofia il 28 aprile scorso, auspicio del rafforzamento delle buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e la Spagna”. Sono stati poi affrontati “temi di comune interesse, l’importanza di favorire il dialogo e la collaborazione fra la Chiesa e lo Stato per il bene di tutta la società spagnola. Infine, si è fatto cenno ad alcune problematiche di carattere internazionale e regionale, con particolare attenzione alle zone di conflitto”.

Sulla visita dei Reali di Spagna a Papa Francesco, Alberto Goroni ha raccolto il commento dell’ambasciatore spagnolo presso la Santa Sede, Eduardo Gutiérrez Sáenz de Buruaga:

R. – Es una visita que, manteniendo el carácter de una visita de cortesía …
E’ una visita che, pur mantenendo la caratteristica di una visita di cortesia, ha molta importanza e questo perché la monarchia spagnola è stata sempre molto legata a Papi. In un discorso tenuto all’ambasciata spagnola in occasione della sua visita a Roma per la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, al quale anche io ero presente, il re Juan Carlos sottolineava la sua profonda stima e la sua vicinanza agli ultimi Papi: ha conosciuto Giovanni XXIII, ha conosciuto Giovanni Paolo II, ha conosciuto Benedetto XVI, ed è stato presente anche in alcuni momenti importanti del Pontificato di Papa Francesco. Adesso abbiamo un nuovo Re in Spagna, che vuole continuare questa tradizione di vicinanza della monarchia spagnola al Vaticano e concretamente al Santo Padre. Questo rallegra molto la maggioranza degli spagnoli, dei quali conosciamo le profonde radici cristiane. Credo che le relazioni tra Spagna e Vaticano siano buone relazioni, amichevoli, di profondo rispetto e di collaborazione su questioni specifiche. Credo che ci sia sempre stato questo rispetto e questa collaborazione, tenendo in considerazione gli accordi del 1979. E’ vero che la Spagna oggi non è uno Stato confessionale, ma è anche vero che la maggioranza degli spagnoli continua a dichiararsi cattolica. Quindi la visita del Re Felipe VI e della Regina Letizia è una occasione di grande felicità per tutti noi, particolarmente per quanti vivono a Roma e lavorano in Vaticano.

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Pubblicato il programma del viaggio del Papa in Molise

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La Sala Stampa vaticana ha pubblicato il programma della visita pastorale che Papa Francesco compirà in Molise sabato prossimo 5 luglio. La partenza in elicottero dal Vaticano è prevista alle 7.45: un’ora dopo, l’atterraggio nell’eliporto dell’Università del Molise a Campobasso. Alle 9.00 si svolge l’incontro con il mondo del lavoro e dell’industria nell’Aula magna dell’Università. Il Papa, alle 10.30, concelebra la Messa nell’ex Stadio Romagnoli a Campobasso; poi si sposta nella Cattedrale della città per salutare, alle 12.30, alcuni malati. Alle 13.00, il pranzo con i poveri assistiti dalla Caritas nella “Casa degli Angeli”.

Nel pomeriggio, alle 15.15, il Papa incontra i giovani delle diocesi di Abruzzo e Molise nel piazzale del Santuario di Castelpetroso. Alle 16.30, l’incontro con i detenuti nella Casa circondariale di Isernia. Alle 17.45, il saluto agli ammalati nella Cattedrale della città. Alle 18.15, nella piazza della Cattedrale, incontra la cittadinanza: durante questo evento viene indetto l’Anno Giubilare Celestiniano. Alle 19.30, la partenza in elicottero dalla caserma dei Vigili del fuoco di Isernia. Il rientro in Vaticano è previsto per le 20.15.

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Il 28 settembre il Papa incontra i nonni di tutto il mondo

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Domenica 28 settembre Papa Francesco incontrerà in Piazza San Pietro gli anziani e i nonni di tutto il mondo: l’evento è organizzato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia. 

Il programma di massima dell’Incontro, intitolato “La benedizione della lunga vita”, prevede per le 7.30 l’apertura della piazza e alle 9.00 l’inizio della giornata di festa, che culminerà alle 10.30 con la Santa Messa presieduta dal Papa. Iscrizioni e informazioni saranno pubblicati sul sito del dicastero a partire dal primo luglio.

Lo spirito che anima l’iniziativa l’ha tratteggiato il suo primo promotore, il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, mons. Vincenzo Paglia: «La giornata parte dal presupposto che l’anzianità non è un naufragio ma una vocazione. Grazie a Dio si sono allungati gli anni di vita – la società lo permette – ma, d’altro canto, su questo tema, non è stata sviluppata una riflessione adeguata. Non esiste né nella politica né nell’economia, né tantomeno nella cultura. A mio avviso quindi noi dovremmo, attraverso questa giornata, richiamare l’attenzione di tutti sull’importanza di questo tempo dell’esistenza umana. Sottolineando che gli anziani non sono solo oggetto di attenzione o di cura, ma che essi stessi sono anche soggetto di una nuova prospettiva di vita. Questo è il punto. Quindi va ripensata la loro vecchiaia, va ripensato il loro impegno nel mondo e nella Chiesa. E anche della Chiesa nei loro confronti. Faccio un esempio: a parte i compiti tradizionali di trasmettere la fede e di aiutare i genitori ce ne sono altri ugualmente importanti da approfondire, come quello di pregare – hanno più tempo a disposizione – e di comunicare il Vangelo – riecheggiando in questo Anna, la profetessa. Sempre legata alla vecchiaia c’è poi, oltre a tutti gli aspetti civili – conclude mons. Paglia - una cultura che gli anziani possono trasmettere, particolarmente attenta a non concepire l’indebolimento della vita come la tragedia finale ma come una testimonianza di speranza nell’aldilà».

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Tweet del Papa: Gesù, aiutaci ad amare Dio come Padre e il prossimo come fratello

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“Gesù, aiutaci ad amare Dio come Padre e il nostro prossimo come fratello”: è il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account @Pontifex, seguito da oltre 14 milioni di follower.

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Lettera di Bartolomeo a Francesco

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“Conserviamo nel nostro cuore, come un tesoro prezioso, il ricordo dei nostri recenti incontri personali con Sua Santità a Gerusalemme e a Roma, che hanno ulteriormente rinnovato e sigillato i nostri legami fraterni, confermando anche il nostro desiderio di continuare il cammino verso la nostra piena unione e comunione voluta dal Signore”: è quanto scrive Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, in una lettera personale a Papa Francesco in occasione della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Nella lettera Bartolomeo rievoca il viaggio in Terra Santa nel 50.mo anniversario dell’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora ed esprime la sua gratitudine al Papa per l’iniziativa di preghiera per la pace da lui promossa in Vaticano con i Presidenti di Israele e Palestina, evento che definisce "commovente". Eleva, infine, la sua preghiera perché Papa Francesco possa “continuare la sua preziosa leadership e servizio nel mondo moderno, ispirando tutti” con le virtù della sua personalità e amore “verso Dio e verso l'umanità”.

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Vaticano-Usa: rafforzata cooperazione contro il riciclaggio di denaro

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L’Aif, l’Autorità di Informazione Finanziaria, l’organismo di Informazione Finanziaria della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, ha firmato un accordo di scambio d’informazioni con l’Office of the Comptroller of the Currency degli Stati Uniti (Occ).

Questo scambio di lettere sulla condivisione dell’informazione è il primo accordo bilaterale dell’AIF nel suo compito di supervisione e regolazione finanziaria all’interno della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. Esso rappresenta un rafforzamento significativo della cooperazione internazionale fra la Santa Sede e gli Stati Uniti d’America.

“E’ un passo ulteriore nello sforzo della Santa Sede per perfezionare un sistema di regolazione finanziaria e un elemento integrante dell’impegno per la trasparenza e la cooperazione internazionale”, ha dichiarato René Bruelhart, direttore dell’Aif. “La Santa Sede fa parte della famiglia globale delle giurisdizioni ben regolate, e la firma di questo accordo lo dimostra molto chiaramente”.

L’accordo con l’Occ è conseguente all’approvazione della nuova legge attinente alle attività finanziarie nella Santa Sede - la Legge XVIII dell’ottobre 2013 -, e all’entrata in vigore dei nuovi Statuti dell’Aif, nel novembre 2013, che hanno introdotto la nuova funzione di supervisione come parte del mandato della stessa Aif.

L’Aif prevede di firmare a tempo opportuno ulteriori accordi con gli organismi di altri Paesi preposti alla supervisione e alla regolazione finanziaria, e continua nel suo impegno per rafforzare la propria infrastruttura di regolamentazione e promuovere la cooperazione internazionale. L’Occ è un’Autorità indipendente nell’ambito del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti e ha il compito di registrare, regolare e supervisionare tutte le banche nazionali e le branche e agenzie federali delle banche straniere negli Stati Uniti.

L’Aif è l’Autorità della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano competente per la lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo. In forza del suo mandato, l’Aif ha un compito duplice, e agisce sia come supervisore e regolatore finanziario, sia come Unità di Informazione Finanziaria. Nella sua funzione come Unità di Informazione Finanziaria, l’Aif è divenuta membro dell’Egmont Group nel luglio 2013, e ha già firmato Protocolli d’intesa con le Unità di Informazione Finanziaria di oltre una dozzina di Paesi, fra cui il Regno Unito, gli Stati Uniti d’America, la Francia, la Spagna, l’Italia e la Germania. L’Aif è stata istituita nel 2010 ed è divenuta operativa nel 2011.

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Altre udienze di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto stamani il card. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; mons. Jean-Paul Gobel, arcivescovo tit. di Galazia in Campania, Nunzio Apostolico nella Repubblica Araba d’Egitto; Delegato della Santa Sede presso la Lega degli Stati Arabi; mons. Marek Zalewski, arcivescovo tit. di Africa, Nunzio Apostolico in Zimbabwe, con i Familiari; mons. Hubertus Matheus Maria van Megen, arcivescovo tit. di Novaliciana, Nunzio Apostolico in Sudan e in Eritrea; mons. Daniel Fernando Sturla Berhouet, S.D.B., arcivescovo di Montevideo (Uruguay); il Signor Charles Ghislain, ambasciatore del Belgio, in visita di congedo; il signor Fernando Felipe Sánchez Campos, ambasciatore di Costa Rica, in visita di congedo. Il Santo Padre ha ricevuto sabato 28 giugno in udienza il card. Stanisław Ryłko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Dialogo per evitare la guerra: all’Angelus appello di Papa Francesco per la fine delle violenze in Iraq.

“Tu seguimi!”: nella solennità dei santi Pietro e Paolo il Papa richiama l'invito di Gesù.

Cambio d'epoca: l’intervista di Franca Giansoldati a Papa Francesco pubblicata su “Il Messaggero” di domenica 29 giugno.

Accordo tra l’Aif e l’Occ statunitense.

Come ai tempi di Elia: il cardinale Walter Kasper recensisce il volume dell’arcivescovo Bruno Forte “La trasmissione della fede”.

Antonio Paolucci sul collettivo manierista: alla metà del Cinquecento nell’Oratorio di San Giovanni decollato si trovarono riuniti grandi interpreti della scuola pittorica romana.

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Oggi in Primo Piano



Mons. Montenegro: sull'immigrazione difficile soluzione dal semestre Ue

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Un commissario ad hoc per l'immigrazione e più aiuti, senza però fondi straordinari. Questa la linea che l’Unione Europea sta pensando di adottare per contribuire alla pressione crescente di migranti sulle coste italiane. Il dibattito dopo l’ennesima tragedia la notte scorsa nel canale di Sicilia, dove, su un barcone carico di 500 migranti, sono stati trovati circa 30 cadaveri. Nuovo sbarco intanto in queste ore intanto a Taranto. Ed è polemica anche in Parlamento. Il servizio di Gabriella Ceraso: 

1170 migranti da Siria Palestina Eritrea e anche dall’Asia, sono sbarcati da circa un'ora a Taranto, 390 circa ne arriveranno stasera a Catania, salvati dalla Nave Orione nel Canale di Sicilia, 919 saranno invece a Pozzallo alle 18, mentre l'approdo del  peschereccio che ha a bordo almeno 27 migranti morti per asfissia, secondo gli investigatori, e trainato dalla nave 'Grecale', e' previsto per domani mattina alle 11. Una situazione difficile che scatena la polemica interna, con la Lega che accusa il governo di avere le mani sporche di sangue, Forza Italia che vorrebbe l’interruzione dell’operazione Mare Nostrum el'esecutivo che ripone le speranze nel semestre di guida Ue. Intanto proprio dall’Unione arrivano timide proposte. "Cercheremo un contributo nelle risorse esistenti, senza fondi straordinari", ha detto il Commissario europeo agli Affari interni Cecilia Malmstrom mentre il neo presidente della Commissione Jean Claude Junker pensa ad un commissario ad hoc per l'immigrazione e la mobilità, ma la questione, fanno sapere fonti interne all'Unione, sara' discussa dopo il 16 luglio, cioe' dopo che su Juncker si sara' espresso anche il Parlamento Ue. 

Scettico a questo proposito è  l'arcivescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro, presidente della Commissione Cei per le Migrazioni. Alessandro Guarasci  lo ha intervistato: 

R. – Nessuno può sognare che queste morti finiscano fino a che questi viaggi continuano. Sono viaggi di speranza, ma diventano sempre più viaggi di morte. Ormai ci siamo abituati e sembra che sia una cosa normale, deve succedere. Cosa si fa per loro? Ritengo che non è che si faccia molto. E’ vero che le navi riescono a salvare tante vite; può anche essere vero che loro approfittano della presenza di queste navi e quindi vanno avanti un po’ più sicuri. Però, accoglienza non è soltanto tirarli sulla terraferma e dare un piatto e dare un tetto. In qualche modo, accoglienza è anche far sì che la vita di questa gente venga riconosciuta come una vita meritevole di attenzione … e sono persone che hanno una dignità: il Papa lo va ripetendo …

D. – Lei che cosa si aspetta, per esempio, dal semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea? Si chiede in sostanza di gestire in modo più corale l’emergenza immigrazione o meglio: l’immigrazione. Potremo arrivare a un disegno più completo per far sì che queste tragedie finiscano?

R. – Io sono stato al Consiglio europeo; ho parlato con il presidente del Consiglio europeo, ho parlato con alcuni commissari. Loro dicono che perché l’Europa si muova devono essere in 28 a pensarla alla stessa maniera. E loro stessi mi hanno detto: “Comprende che, per arrivare ad un pensiero comune di 28, i tempi saranno lunghi e lunghissimi”. Io non credo che in sei mesi si riuscirà a trovare una soluzione; se fosse così, lo possiamo mettere nella categoria dei miracoli. Io spero che l’Italia riesca ad ottenere qualcosa di più e a far muovere un po’ di più questo marchingegno. Il peccato originale dell’Europa è che non è costruita attorno agli uomini, è costruita attorno all’economia e alla finanza. Fino a quando l’Europa sarà un grande salvadanaio non possiamo aspettarci che l’uomo abbia l’attenzione che si merita; saranno i soldi, se ci sono o non ci sono, che permetteranno determinate azioni o determinati movimenti da parte di tutte le Nazioni.

D. – Però, non pensa che serva anche una maggiore collaborazione con gli Stati del Nordafrica, per dare assistenza a queste persone proprio là? Dovrebbe intervenire anche l’Alto Commissariato per i Rifugiati?

R. – Sì, questo senz’altro. Mi permetta, non voglio fare il pessimista, però noi finora abbiamo colonizzato: la nostra mentalità è quella della colonizzazione, non quella dell’aiuto. Se aiuto ci dev’essere è perché poi in qualche modo loro ci devono pagare qualcosa, no? I tanti Stati che sono là, sono corrotti: ma da chi sono sostenuti? Chi li ha fatti formare? In certe Nazioni sarà difficile la collaborazione, in Libia non c’è un governo, come si farà a dialogare? Con chi? Che bisognerebbe far questo, senz’altro: ma c’è la volontà? Credo che la speranza ci debba accompagnare, questa è una lettura fredda davanti a ciò che succede. Come Paolo cambiò vita improvvisamente, noi come credenti speriamo che si cambi vita e si cambino gli atteggiamenti. Però, la lettura dei fatti attuali non fa molto sperare. Noi ci mettiamo di mezzo la fede, perché crediamo che Dio può tutto …

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Nigeria: in preghiera per la pace, la testimonianza di mons. Kaigama

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Proseguono le violenze in Nigeria, specie contro i cristiani, da parte del movimento islamico fondamentalista Boko Haram. Una cinquantina le vittime, ieri, degli attacchi contro le chiese – incendiate e distrutte – in quattro villaggi nello Stato del Borno nel Nord-Est del Paese, epicentro da cinque anni della rivolta armata dei guerriglieri musulmani e dove è in corso un’offensiva delle forze di sicurezza governative. In questa dolorosa situazione, la Chiesa nigeriana ha lanciato, a partire da domani, un semestre di preghiera per riportare la pace nel Paese. Roberta Gisotti ha intervistato mons. Ignatius Kaigama, arcivescovo di Jos: 

D. – Eccellenza, come stanno vivendo i cristiani questo periodo drammatico?

R. – E’ molto duro per noi: guardando alla situazione della sicurezza, ci troviamo di fronte al terrorismo che sta aumentando nella frequenza e si sta diffondendo in diverse parti del Paese, specialmente ad Abuja ed in altre città. Noi vescovi cattolici della Nigeria abbiamo chiesto a tutti di rivolgersi alla preghiera: è una forza molto importante, considerando che nonostante tutte le iniziative del governo, questi terroristi continuano a fare azioni orribili. Così abbiamo indetto un’iniziativa nazionale, chiedendo a tutti i cattolici di venire ad Abuja, a novembre, per pregare insieme. Abbiamo chiesto anche a tutte le famiglie di pregare ogni sabato sera il Rosario, chiedendo aiuto a nostra Madre, Maria: siamo sicuri che lei possa intercedere per noi e che la situazione possa cambiare. Abbiamo anche chiesto di fare un’Adorazione Eucaristica ogni domenica, insieme al Rosario, con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i laici, i giovani … tutti insieme, pregando per la sicurezza in Nigeria, e perché il governo sia guidato a fare tutto il possibile affinché possiamo avere la pace e la serenità come cittadini.

D. – Qual è il piano del governo e del presidente Goodluck Jonathan, per fronteggiare questa rivolta armata? Ci sono trattative per la liberazione delle oltre 200 studentesse rapite da Boko Haram? Sappiamo che ci sono stati anche altri rapimenti di decine di persone, nei giorni scorsi …

R. – Il presidente dice sempre che presto le ragazze saranno liberate, ma ormai sono oltre due mesi che sono imprigionate … Non sappiamo quando riusciremo a vedere questa liberazione della quale parla il presidente. Però, la situazione è difficile: queste persone sono terroristi. Sarà difficile liberare queste ragazze senza conseguenze terribili. Siamo contenti di avere aiuto dagli Stati Uniti, dall’Europa ma la situazione è ancora grave. Secondo me, non è facile vincere questo terrorismo: vediamo che ogni giorno c’è distruzione e ci sono morti. Questa volta non è una questione di Nord contro Sud, non è una faccenda di musulmani contro cristiani: è una questione diabolica contro l’umanità. Per questo noi cerchiamo di essere uniti, Nord e Sud, musulmani e cristiani per tener testa a questo terrorismo che ci dà tanto, tanto dolore.

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Jihadisti annunciano istituzione di un califfato tra Iraq e Siria

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I jihadisti dello Stato islamico in Iraq e nel Levante (Isil) hanno annunciato la creazione di un “califfato islamico” nelle regioni di Siria e Iraq finite sotto il loro controllo e di aver designato il proprio leader, Abu Bakr al-Baghdadi, “il califfo dei musulmani”. Dal canto loro le autorità di Baghdad parlano di minaccia per il mondo intero. Intanto sta trovando forti resistenze la controffensiva delle forze governative per riprendere il controllo di Tikrit, mentre nei combattimenti nella città petrolifera di Baiji, sei civili sono stati uccisi e 13 feriti dagli elicotteri dell’esercito iracheno. Sulla proclamazione del califfato e le ripercussioni regionali Marco Guerra ha sentito Riccardo Redaelli, esperto di Paesi arabi dell’Università Cattolica di Milano: 

R. - Il califfato è la forma iniziale, subito dopo la morte del Profeta Muhammad, dell’Islam; è quindi naturale che tutti i movimenti islamisti, più radicali, che si immaginano di ricreare un Islam delle origini vogliono guardare al califfato. In realtà, al di là di questo richiamo retorico, c’è molto poco. In particolare dietro Isis, dietro questi gruppi terroristici e jihadisti, il richiamo al califfato per essi è semplicemente la necessità di coprire il vuoto di una vera offerta politica. Questi movimenti hanno un’offerta politica reale - al di là della violenza - che è pressoché nulla. Quindi, il califfato è una comoda copertura.

D. - Quali sono le aree svincolate da ogni controllo statuale che sono finite sotto l’Isis e a cosa punta l’Isis?

R. - L’Isis è una formazione particolarmente violenta che - come quasi tutte le formazioni qaediste e jihadiste che erano attive in Afghanistan, in Mali, nella Libia del Sud, nel Corno d’Africa e nello Yemen - puntano a fare delle aree che attraversano le frontiere - spesso artificiali, imposte dal colonialismo - in cui vi è un dominio diretto di queste organizzazioni. In Iraq è particolarmente pericolosa perché salda due guerre civili: quella siriana con la mai risolta conflittualità tra arabo-sciiti e arabo sunniti.

D. - Al di là del sogno dell’unità dell’Islam, che conseguenze avrà sul piano regionale la proclamazione di questo califfato?

R. - Va assolutamente esclusa la possibilità che questo califfato sia un califfato unificante. È uno slogan, una bandiera e niente più. In realtà, Isis - come tutte le formazioni jihadiste - è un movimento profondamente divisivo e polarizzante, sia dentro il mondo arabo, sia dentro il mondo islamico. Il califfato punta ad unire, loro invece puntano a divedere; sono nemici giurati degli sciiti e di tutte le altre minoranze islamiche. Le stesse popolazioni sunnite, che in questi giorni e mesi, guardano ad Isis come ad una leva contro un leader sciita come il primo ministro al-Maliki, si accorgeranno di cosa significa subire il dominio di queste formazioni che sono estremamente violente, estremamente aggressive, dogmatiche e che trafficano con tutti i traffici illeciti.

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Renzi: l'Europa sia “luogo di speranza”

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Europa "luogo di speranza per la generazione Erasmus" e non solo. Questo il messaggio lanciato dal premier Matteo Renzi alla vigilia dell’avvio del Semestre di presidenza italiana dell'Ue. Mercoledì prossimo, Renzi presenterà il suo programma di lavoro davanti all'assemblea del nuovo Parlamento europeo. Al vertice della scorsa settimana ha contribuito a mettere l'accento sulla necessità di politiche orientate a favorire crescita e occupazione. Di questo, Fausta Speranza ha parlato con Carlo Altomonte, docente di politiche economiche all’Università Bocconi: 

R. – Sicuramente un’Europa che guardi meno in maniera contabile alla posizione fiscale dei diversi Stati membri e un’Europa che invece possa, in qualche modo, dare una mano a sostenere la domanda aggregata nei diversi Paesi, anche attraverso un programma d’investimenti europei e un uso maggiore delle flessibilità, che esistono nelle regole europee per l’uso della leva fiscale. Quindi contribuire in questo modo ad una maggiore crescita e ad una maggiore occupazione nel medio periodo. Evidentemente la battaglia è molto delicata, perché ci sono approcci, come sappiamo, molto diversi.

D. – Che cosa l’Italia può concretamente pensare di fare in questo semestre?

R. – Quello che l’Italia può concretamente pensare di fare è di provare a mettere giù delle “regole”, o delle guidelines più che regole, per capire in che misura i Paesi possano usufruire dei margini di flessibilità, che ci sono nelle attuali regole di finanza pubblica, in cambio di un impegno chiaro e verificabile sulle riforme. Capire, quindi, fino a che punto usare la flessibilità, che cosa poi scomputare dalla spesa e cosa no e che cosa vuol dire "riforme verificabili" e chi le deve verificare. Sono tutte questioni che restano ancora aperte sul tavolo e sulle quali il semestre di presidenza italiano potrebbe dare un contributo. Ovviamente, il semestre di presidenza italiana non può cambiare le regole fiscali in atto, perché sarebbe come dare al principale accusato, uno dei principali accusati di violare le regole stesse, la possibilità di farlo. E non penso che questo verrà concesso dagli altri Stati membri.

D. – Con il Trattato di Lisbona si è dato più potere al presidente dell'Ue, nella fattispecie Van Rompuy,  e, dunque, in qualche modo, assumono meno importanza i semestri di presidenza...

R. – Sì, sicuramente c’è un coordinamento di fondo e un compromesso politico, che viene deciso dal Consiglio e viene in qualche modo mediato dalla figura del presidente del Consiglio Europeo. I semestri di presidenza hanno un compito sicuramente più organizzativo e diciamo operativo, rispetto alle linee guida politiche. E’ anche vero, però, che questo semestre di presidenza inizia quando il Pd di Matteo Renzi è il partito più votato d’Europa. Questo, quindi, in qualche misura pone Renzi davanti ad una centralità politica che, insieme al suo ruolo di presidente di turno del semestre, è importante.

 

L’avvio del semestre italiano coincide con l’inizio dei lavori del nuovo Parlamento. E ci vorranno ancora parecchie settimane prima che la nuova Commissione sia formata. Un semestre dunque che rischia di essere condizionato dal riassetto delle istituzioni dopo il voto. Fausta Speranza ha chiesto l’opinione di Vittorio Calaprice, dell’ufficio Affari politici della Commissione Europea: 

R. – Anzi, pare che invece si aprano, con maggiore intensità, opportunità non soltanto legate alle politiche ma anche alle questioni istituzionali! L’attenzione che c’è nei ruoli e nelle persone è stata messa in secondo piano rispetto a un programma. Su tutti gli organi di stampa si parla di questo documento di Herman Van Rompuy, il presidente del Consiglio europeo, che dovrebbe aprire un po’ un programma di legislatura per i prossimi 5 anni.

D. – Il semestre italiano di presidenza coincide con l’avvio del nuovo parlamento, quindi è una fase un po’ particolare. Ci sono attese non soltanto per questo nuovo parlamento ma anche per la Commissione…

R. – Bisogna ricordare questo, che la Commissione europea è l’istituzione che ha il compito di promuovere e tutelare l’interesse pubblico europeo e quindi il valore aggiunto europeo in tutte le politiche. Per questo - è evidente - una Commissione europea forte può portare politiche europee in maniera più incisiva nel quadro degli interessi nazionali e nell’ambito di un rilancio delle politiche di crescita nel quadro europeo.

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Argentina: conclusa la settimana sociale. Il saluto del Papa

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In Argentina si è conclusa questa domenica la settimana sociale, l’incontro annuale che vede in dialogo rappresentanti religiosi, politici e della società sulle emergenze più scottanti del momento nel Paese latino-americano. Il tutto visto alla luce del magistero del Pontefice, che da arcivescovo di Buenos Aires ha sempre seguito con attenzione i lavori di questa iniziativa. Titolo dell’incontro di quest’anno: “Papa Francesco e la questione sociale”. Da Buenos Aires, Francesca Ambrogetti

La dimensione sociale della fede, l’importanza della partecipazione e la decisione di avviare azioni concrete per sviluppare la cultura dell’incontro promossa da Papa Francesco. Questi i temi centrali di un incontro organizzato dalla Commissione espiscopale di pastorale sociale, che si è concluso nella città argentina di Mar del Plata. Dirigenti politici e sindacali di diversa estrazione, esponenti di organizzazioni imprenditoriali e operatori sociali, hanno partecipato insieme a vescovi e sacerdoti impegnati nel settore, ad una profonda riflessione sui problemi più difficili e drammatici che colpiscono la società argentina e in genere quella dei Paesi emergenti. Per affrontarli sono state presentate proposte concrete ispirate ai gesti e alle parole del Pontefice. Lo slogan di questa edizione dell’evento era infatti “Papa Francesco e la questione sociale” e ogni gruppo di lavoro ha esaminato come mettere in pratica i suoi insegnamenti nelle diverse problematiche affrontate. Tra queste l’infanzia e l’anzianità abbandonate, la tossicodipendenza e i giovani a rischio, la famiglia, povertà e sviluppo integrale e comunitario. Le parole del Pontefice ci illuminano sulla vita delle persone e dei popoli e sono fonte di ispirazione per cambiare atteggiamenti e condotte a livello personale e per riformare le strutture sociali, si legge nel documento finale che sottolinea anche la preoccupazione per le situazioni di esclusione che impediscono che tutti possano vivere con la dignità di figli di Dio. Aggiunge che come cristiani dobbiamo raccogliere la sfida di seminare la speranza nelle situazioni di dolore della nostra società. Noto come “Settimana sociale” l’evento è durato tre giorni ed è stato quest’anno particolarmente rilevante per il livello dei partecipanti e gli argomenti affrontati. Papa Francesco, che quando era arcivescovo di Buenos Ares seguiva con particolare interesse i lavori della Commissione di pastorale sociale, ha inviato attraverso il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, un messaggio nel quale incoraggia i laici ad essere fermento trasformatore per la costruzione di un mondo migliore.

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Telelavoro: l'esperienza positiva della provincia di Trento

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Razionalizzare i costi ed evitare gli esuberi: questi i due punti chiave della riforma del lavoro presentata alcuni giorni fa dal ministro della Semplificazione italiana, Marianna Madia. E una chiara risposta a queste proposte potrebbe essere rappresentata dall’introduzione del telelavoro, una forma nuova di svolgere la propria mansione lavorativa da casa, ancora poco sfruttata in Italia e invece di largo uso all’estero. Su questo tema, il servizio di Marina Tomarro

Secondo le ultime statistiche, nel mondo un lavoratore su cinque è impiegato con un rapporto di telelavoro, soprattutto nelle economie emergenti. Infatti, in India il 50%, delle persone lavora da casa; in Messico, Argentina e Sud Africa circa il 30%. Anche in Europa questa nuova pratica sta diffondendosi, in particolare nella Repubblica Ceca con 15,2%, seguita da Spagna, Lituania, e Germania. L’Italia è fanalino di coda, fatta eccezione per la Provincia autonoma di Trento, dove negli ultimi due anni sono state attivate oltre 250 postazioni di telelavoro che vanno a coinvolgere 48 strutture provinciali. Ma quali sono i vantaggi di questa scelta? Ascoltiamo Paola Borz, direttore dell'Ufficio Gestione e organizzazione del Servizio per il Personale della provincia.

R. – Benefici sia a livello economico, per il nostro ente, in quanto abbiamo abbattuto – per le persone in telelavoro – completamente i costi legati allo straordinario, diminuiti i costi legati alla mensa, per esempio. Abbiamo anche razionalizzato costi relativi agli spazi, perché quando le persone rientrano, rientrano su postazioni condivise con altri telelavoratori, scambiandosi quindi un po’ le giornate. Il 99 per cento dei lavoratori ha espresso soddisfazione per la partecipazione a questa sperimentazione, in quanto ci sono stati anche per loro benefici economici, perché – ad esempio – hanno ridotto l’uso della macchina e quindi il costo della benzina, ma hanno anche guadagnato tempo per stare con la famiglia.

D. – Secondo lei, questo progetto del telelavoro può essere anche esportato nelle altre regioni italiane?

R. – Assolutamente sì! Tra l’altro, noi ci teniamo ad essere considerati un po’ apripista … Chiaramente, va adattato alle esigenze della singola amministrazione – sia nel pubblico, sia nel privato – ma può essere esportato senza nessun problema, anzi: con le tecnologie esistenti, problemi non esistono. Bisogna solo cambiare un po’ mentalità, sia da parte dei responsabili – perché bisogna abbandonare un po’ l’idea della presenza – e poi anche da parte del lavoratore, magari abbandonare certe paure di isolamento.

E la provincia autonoma trentina oltre al telelavoro ha voluto creare anche un progetto dedicato a quelle categorie di lavoratori avanti con gli anni, licenziati o messi in mobilità. Per loro, infatti, sta nascendo una serie di attività socialmente utili, con un unico obiettivo: rendere "bello" il territorio, come la manutenzione dei 450 chilometri di piste ciclabili, l’allestimento di spazi espositivi e l’assistenza nei musei. Nell'ultimo anno questo progetto ha permesso di occupare 1.400 persone, di cui 1.150 sono state assunte con un contratto a tempo indeterminato.

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Sviluppata in Italia una app per aiutare i bimbi autistici

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Un’applicazione per aiutare i bambini autistici a superare problemi cognitivi e motori. E’ il Fifth Element Project, l’invenzione di quattro giovani ingegneri informatici. Il bambino, giocando a casa con l’applicazione, svolge degli esercizi che vengono registrati da una telecamera. In questo modo il terapista può controllare in tempo reale il paziente. Questa nuova tecnologia è scaricabile gratuitamente e ha già vinto il premio Image Cup di Microsoft. Maria Gabriella Lanza ha intervistato l’ingegnere informatico Matteo Valoriani, uno degli inventori. 

R. – Siamo partiti lavorando con i bambini autistici. Il tipo di applicazione, in realtà, è pensato per adattarsi a molti altri contesti terapeutici: sia con i bambini che hanno disabilità principalmente motorie e relazionali, ma anche, in un senso molto più ampio, con tutte quelle che sono le disabilità cognitive della fase di apprendimento e di crescita di un bambino.

D. – Come funziona in concreto questa applicazione?

R. – L’applicazione funziona con la macchina Kinect per Xbox e permette di tracciare le persone. Il paziente è davanti ad uno schermo, senza nessun oggetto fisico addosso e viene proiettato direttamente in questo mondo virtuale. Poi, ci sono tutta una serie di esercizi, che cercano di andare a stimolare gli aspetti che sono stati scelti con i terapisti.

D. – Quali effetti positivi avete riscontrato nei bambini?

R. – Ci sono effetti positivi sotto vari aspetti, e uno di questi è l’attenzione: rimanere concentrati su un obiettivo che viene dato; un altro aspetto beneficio, riscontrato nei bambini, è quello motorio e poi, l’aspetto relazionale e sociale. Abbiamo visto, infatti, che questi bambini, effettivamente, hanno più facilità nel creare legami e una comunicazione sia verbale che non verbale con altre persone. L’idea è che sia un’applicazione il più possibile sostenibile sia dal punto di vista sociale che economico, lavorando spesso con famiglie che hanno già grandi spese. L’applicazione ora è gratuita.

D. – I bambini non svolgono questi esercizi da soli, ma sono seguiti in tempo reale da dei terapisti...

R. – Sì, l’idea è questa: da una parte combinare l’esperienza di gioco e dall’altra portare l’attività terapeutica direttamente a casa. Per fare questo abbiamo creato un sistema basato sul "crowd computing" che permette in tempo reale di mettere in comunicazione un terapista con la famiglia, quando è a casa. Il terapista vede quello che sta facendo il bambino, osserva lo schermo del bambino e anche tutte le informazioni relative al movimento. Aiuta, quindi, a capire se l’esercizio viene fatto in modo corretto. Queste informazioni vengono trasmesse in tempo reale per cercare di collegare le famiglie che, ad esempio, dalla Sicilia vengono a Milano per fare terapia per due o tre settimane, ma poi non rincontrano fisicamente il terapista per sei mesi. Noi cerchiamo di superare questo gap. Ora stiamo iniziando a lavorare non solo con i bambini, ma anche con altri tipi di disabili: in particolare con gli anziani, che hanno Alzheimer e Parkinson, e, in generale, con chi ha avuto traumi dovuti ad incidenti, quindi nella riabilitazione post traumatica, come nel caso di un ictus. Partendo dai bambini, stiamo cercando di ampliare gli ambiti in cui la tecnologia può essere utilizzata.

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Nella Chiesa e nel mondo



Iraq: 2 suore e 3 giovani caldei fermati a Mosul dai jihadisti dell'Isil

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Dalla giornata di sabato 28 giugno si sono persi i contatti con suor Atur e suor Miskinta, due religiose caldee della Congregazione delle Figlie di Maria Immacolata, che erano rientrate in auto a Mosul dalla città di Dohuk in compagnia di due ragazze e di un ragazzo cristiani. I cinque componenti dell'equipaggio risultano irraggiungibili al cellulare.

Secondo quanto riferito all'agenzia Fides da fonti del Patriarcato caldeo, le due suore e i tre ragazzi sono stati fermati da miliziani dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (Isil) che per ora confermano le loro buone condizioni e affermano di tenerli in stato di fermo per garantire la loro “sicurezza”. Le autorità ecclesiastiche sono in contatto permanente con i capi religiosi della comunità sunnita di Mosul per tenere sotto controllo la situazione e fare in modo che i fermati tornino al più presto a godere della piena libertà di movimento. 

Le due suore curano e gestiscono una casa-famiglia per orfane di Mosul, nei pressi dell'arcivescovato caldeo. Davanti all'offensiva islamista iniziata lo scorso 9 giugno, le suore e tutti gli ospiti della casa-famiglia avevano lasciato Mosul trovando rifugio nella città di Dohuk, nel Kurdistan iracheno. Da lì suor Atur aveva già effettuato rapide sortite a Mosul per verificare le condizioni della casa e recuperare oggetti e strumenti di lavoro e di studio per le ragazze, costrette ad abbandonare le proprie dimore.

“In tutti questi anni tremendi per il nostro Paese” riferisce a Fides suor Luigina Sako, Superiora delle suore Caldee, con voce rotta dal pianto “suor Atur e suor Miskinta hanno fatto un grande lavoro, senza mai abbandonare Mosul e consentendo alle ragazze di studiare. Siamo in angoscia per loro, soprattutto per le ragazze”. 

Fonti locali contattate da Fides confermano che la situazione rimane critica soprattutto a Mosul, per buona parte controllata dagli insorti sunniti guidati dai miliziani dell'ISIL che hanno istallato una propria base anche nella sede dell'arcivescovato caldeo. I villaggi della Piana di Ninive, come Qaraqosh e Kramles, registrano il rientro di una parte della popolazione fuggita nei giorni scorsi. Tuttavia manca l'acqua e l'elettricità e sono saltati tutti i servizi gestiti dagli enti pubblici, come i trasporti e la raccolta di rifiuti. (R.P.)

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Mons. Sako: non ci sono violenze mirate contro i cristiani

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“Nelle convulsioni che stanno scuotendo la città di Mosul e il nord dell'Iraq, continuano a essere diffuse voci su violenze e soprusi perpetrati in maniera selettiva contro i cristiani. Ribadisco che finora non ci sono stati attacchi mirati contro chi porta il nome di Cristo. I cristiani condividono le angosce e le sofferenze con i loro fratelli musulmani. Nella fase che stiamo vivendo, ogni allarmismo manipolatorio risponde a motivi strumentali, e in un momento così finisce per aggravare i pericoli”.

Così il patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphael I Sako, ribadisce all'agenzia Fides le sue riserve su quanto viene rilanciato, soprattutto via internet, in merito alla situazione dei cristiani nelle aree del Paese finite sotto il controllo degli insorti sunniti guidati dai jihadisti dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (Isil). 

Riguardo al futuro del Paese, il Patriarca riconosce che i conflitti settari riesplosi in Iraq, insieme a altri fattori storici e geo-politici, fanno apparire quasi inevitabile la dissoluzione dell'unità nazionale: “Il nostro destino obbligato” riferisce a Fides il Capo della Chiesa caldea “sembra essere la divisione. Stanno preparando la guerra, così poi potranno dire che non c'è alternativa a separarsi. Dopo il colonialismo, i nostri Paesi sono stati disegnati senza alcun progetto decente di cittadinanza, e hanno sempre dovuto cercare metodi coercitivi per rispondere alle spinte settarie. Mentre le potenze occidentali hanno avuto sempre come unico criterio delle loro politiche mediorientali la difesa dei propri interessi economici e la salvaguardia della sicurezza dello Stato d'Israele”. (R.P.)

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Ccee: ferma condanna delle crocifissioni dell'Isil in Siria

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“Ferma indignazione e condanna” sono state espresse oggi, in una nota, dalla presidenza del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) appresa la notizia della crocifissione di persone nel centro di Deir Hafer, in Siria, che ha preceduto la proclamazione del Califfato islamico nei territori siriani e iracheni sotto il controllo dell’Isil. “Questi atti che utilizzano la religione per giustificare atti di giustizia sommaria vanno contro ogni tentativo di pacificare il Paese già martoriato da anni di guerra fratricida” si legge nel testo firmato dai cardinali Péter Erdõ, presidente del Ccee, e da Angelo Bagnasco, vice presidente del Ccee. (R.P.)

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Indonesia: a Yogyakarta assaltata la parrocchia del Sacro Cuore

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Ancora una comunità cattolica sotto attacco in Indonesia, dove aumentano i casi di violenze e abusi contro le minoranze religiose. Nel mirino - riferisce l'agenzia AsiaNews - la parrocchia del Sacro Cuore a Pugeran, nella zona di South Yogyakarta, presa di mira ieri mattina presto da tre diversi gruppi di ignoti assalitori a bordo di motocicli. L'attacco è avvento in concomitanza della prima Messa del mattino: gli autori, vestiti di nero e con il volto coperto da maschere, urlando "Allah è grande", hanno fatto irruzione dentro il perimetro della chiesa. L'assalto è avvenuto in concomitanza con l'inizio del Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera islamico; in Indonesia è iniziato oggi in via ufficiale, anche se nella maggior parte dei Paesi musulmani esso ha preso il via lo scorso 28 giugno. 

Secondo quanto riferisce padre Priya Pr, sacerdote della parrocchia del Sacro Cuore, gli ignoti assalitori hanno preso di mira alcuni oggetti e cartelli piazzati dai membri della comunità cattolica locale, la maggior parte dei quali viene esposta solo in occasione delle celebrazioni del fine settimana. Al momento restano ignote le ragioni alla base dell'attacco; le autorità hanno rafforzato i controlli attorno al luogo di culto cristiano, nel timore di nuovi assalti. 

Il mese scorso, sempre a Yogyakarta, alcuni estremisti islamici hanno attaccato un gruppo di cattolici riuniti in preghiera, malmenando il responsabile della comunità; una settimana più tardi, a finire nel mirino dei fondamentalisti è il pastore Niko, leader della comunità cristiana protestante, "accusato" di aver istituito una casa di preghiera "fuorilegge" e priva dei permessi. 

Yoguakarta, nello Java centrale, è stata considerata a lungo il centro più "plurale" del Paese, con dozzine di università e migliaia di studenti provenienti da tutta la provincia. Tuttavia, dopo decenni di convivenza pacifica, negli ultimi tempi hanno iniziato a ripetersi episodi di violenze confessionali, nonostante gli appelli alla calma e alla convivenza pacifica da parte del Sultano (e governatore) Hamengku Buwono X, una figura di primo piano del dialogo interreligioso. 

L'Indonesia, nazione musulmana più popolosa al mondo, è sempre più spesso teatro di attacchi o episodi di intolleranza contro le minoranze, siano essi cristiani, musulmani ahmadi o di altre fedi. Nella provincia di Aceh - unica nell'Arcipelago - vige la legge islamica (sharia), in seguito a un accordo di pace fra governo centrale e Movimento per la liberazione di Aceh (Gam), e in molte altre aree (come Bekasi e Bogor nel West Java) si fa sempre più radicale ed estrema la visione dell'islam fra i cittadini. Inoltre, alcune norme come il permesso di costruzione vengono sfruttate per impedire l'edificazione o mettere i sigilli a luoghi di culto, come è avvenuto nel West Java contro la Yasmin Church. La Costituzione sancisce la libertà religiosa, tuttavia la comunità cattolica (3% della popolazione) è vittima di episodi di violenze e abusi. (R.P.)

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Kenya: appello delle Chiese cristiane alla pace e all’unità

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Cattolici, anglicani, presbiteriani, metodisti: tutti uniti, in Kenya, per dire no alla violenza e lanciare un messaggio alla pace ed alla riconciliazione nazionale. “Ragioniamo insieme”, si intitola la nota congiunta firmata, tra gli altri, dal card. John Njue, presidente dei vescovi locali. Di fronte alle recenti violenze perpetratesi nel Paese e di fronte a rappresentanti delle istituzioni che ragionano come “politici” e non come “statisti” - guardando cioè al proprio “interesse personale a breve termine”, invece di riflettere sul bene della nazione a lungo termine - i firmatari del messaggio puntano il dito contro l’insicurezza che predomina in Kenya, dovuta ad “attacchi terroristici” e che finisce per avere ricadute anche su alcuni settori, come “il turismo, il commercio e le relazioni internazionali”.

Di qui, l’appello congiunto rivolto a più destinatari: al governo, perché assicuri che “i responsabili degli atti terroristici vengano arrestati e processati” e porti assistenza alle famiglie delle vittime di tali “attacchi criminali”; ai partiti, affinché sospendano “tutte le manifestazioni ed i comizi a tempo indeterminato e senza condizioni”; ai rappresentanti delle istituzioni, così che si pratichi “un dialogo inclusivo tra le parti in causa”, in un confronto “amichevole e rispettoso”, evitando “minacce ed ultimatum”. 

Un ulteriore invito viene lanciato “a tutti i gli abitanti del Kenya”, perché pongano fine alle incitazioni che provocano “la violenza etnica”, rispettino lo Stato di diritto e la Costituzione, e “cerchino di promuovere l’unità nazionale per lo sviluppo ed il benessere del Paese”. “Come leader delle Chiese in Kenya – si legge ancora nel messaggio – non permettiamo che i nostri luoghi di culto e le nostre funzioni religiose siano occasione per diffondere la disarmonia”.
Ricordando, infine, l’importanza dell’indipendenza del Kenya, “bene prezioso” per tutti, i firmatari del messaggio augurano “pace e serenità all’amata nazione”, con la benedizione di Dio. (I.P.)

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Londra: campagna dei vescovi contro il suicidio assistito

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“Curare, non uccidere”: è questo lo slogan con cui la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles lancia una campagna contro il progetto di legge sul suicidio assistito, che il prossimo 18 luglio sarà discusso dalla Camera dei Lord. La proposta normativa permetterebbe al medico di somministrare un farmaco letale ai malati terminali che manifestino una costante volontà di porre fine alla propria vita, che siano in possesso delle loro facoltà mentali e non soggetti a costrizioni o pressioni.

Tale progetto di legge è fortemente osteggiato dalla Chiesa inglese che ha, quindi, lanciato un’apposita campagna: attraverso il sito web www.carenotkilling.org.uk, i fedeli sono invitati ad esprimere il proprio dissenso ed a ribadire il valore sacro ed inviolabile della vita, dal concepimento fino alla morte naturale. 

“La Chiesa – scrivono i presuli inglese e gallesi – sostiene l’alta qualità delle cure per i moribondi e della tutela per i deboli ed i vulnerabili”. Ribadendo che “la vita è un dono di Dio” e che “il suicidio è l’incapacità di accettare tale dono”, la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles sottolinea che chi uccide se stesso deve essere “trattato con compassione, non colpevolizzato, né tanto meno incoraggiato o esortato”. “La Chiesa insegna – continuano i vescovi – che uccidere deliberatamente qualcuno o aiutarlo a porre fine alla propria vita, è sbagliato, perché implica dare ad altri il potere sulla vita e sulla morte che, invece, spetta solo a Dio”. 

I presuli inglesi mettono anche in luce tutti i punti controversi del progetto di legge: esso “aumenta la pressione sulle persone vulnerabili”, ad esempio anziani, malati e disabili, come se la loro vita non fosse degna di essere vissuta; “elimina ogni deterrente” per chi fosse malintenzionato e volesse uccidere qualcuno per un guadagno personale; “pone un limite arbitrario” perché “se il principio di fondo della proposta normativa è dare sollievo alla sofferenza”, allora il suicidio assistito potrebbe essere permesso anche ai malati cronici ed ai disabili.

Inoltre, il documento che sarà sottoposto alla Camera dei Lord “pone tutta responsabilità del suicidio assistito nelle mani dei medici”, i quali, però, potrebbero non accettare tale incarico professionale, contrario alla loro missione primaria, che è quella di curare i pazienti. Infine, i vescovi inglesi mettono in dubbio che si possano accertare con sicurezza le facoltà mentali di un paziente terminale, il quale potrebbe essere depresso a causa della malattia o sotto l’effetto di un calmante per il dolore.

Il messaggio della Chiesa inglese si conclude con le parole di Papa Francesco: “Anche i più deboli e i più vulnerabili, i malati, gli anziani, i non nati, i poveri, sono un capolavoro della creazione di Dio, fatto a Sua immagine, destinati a vivere per sempre e meritevoli della più assoluta venerazione e rispetto”. (Messaggio per la Giornata della vita nel Regno Unito, 16 luglio 2013). (I.P.)

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Mondiali di calcio: denunciato lo sfruttamento di minori

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Come è già stato ampiamente sottolineato, oltre a denaro, opportunità lavorative e sviluppo economico, il Mondiale di calcio attualmente in corso, con circa 4 milioni di turisti, aumenta il rischio di sfruttamento sessuale e lavorativo per i minori di 16 anni. “Non ci sono cifre per valutare la gravità del problema, ma questo evento accorpa fattori che portano alla crescita dei casi di sfruttamento tra bambini, bambine e adolescenti” ha dichiarato un responsabile dell’organizzazione Childhood Brasil, impegnato da oltre 15 anni nella lotta contro gli abusi sessuali nel Paese latinoamericano. 

Il grande afflusso di turisti - riferisce l'agenzia Fides - ha fatto esplodere il fenomeno dei lavori stagionali, delle migrazioni di lavoratori, degli sgomberi di intere famiglie, coinvolgendo anche i minori, i cui diritti umani vengono completamente violati. Uno studio realizzato nel 2013 dall’Università Brunel di Londra, commissionato da Childhood Brasil insieme alla Fondazione Oak, ha evidenziato alcuni fattori scatenanti situazioni di pericolo che determinano l’aumento dei casi di violenza contro bambini e bambine nell’ambito di grandi eventi sportivi. In Brasile mancano dati a cui fare riferimento ma esistono cifre del programma “Disque Denuncia Nacional” della Segreteria dei Diritti Umani della Presidenza della Repubblica (Disque 100), che riportano, nel 2013, oltre 120 mila denunce di violazione dei diritti di bambini e adolescenti. 

Attraverso la campagna Proteja Brasil contro lo sfruttamento sessuale dei minori, promossa dall’Unicef e dal governo brasiliano, rivolta al Mondiale della Fifa, è possibile denunciare più facilmente aggressioni ai minori tramite una applicazione che può essere scaricata gratuitamente sui telefoni cellulari. E’ disponibile in portoghese, inglese e spagnolo. Il profilo delle vittime, realizzato a partire dalle denunce di Disque 100, mostra che quasi il 50% sono femmine, il 60% afro discendenti, e la media dell’età è tra 8 e 14 anni, senza contare che il 65% degli aggressori fa parte del nucleo familiare.

Dei 12 Stati sede delle partite, sono state registrate denunce a São Paulo (17.990), Río de Janeiro (15.635), Bahia (10.957), Minas Gerais (9.565) e Río Grande do Sul (6.269). Oltre alla Coppa del Mondo, Rio de Janeiro nel 2016 ospiterà i Giochi Olimpici invernali. Il coordinatore in Brasile della campagna Save the Dream, iniziativa congiunta del Centro Internazionale per la Sicurezza nello Sport (Icss) e il Comitato Olimpico del Qatar, ha assicurato che per i Giochi Olimpici del 2016 verranno raccolti tutti i dati concreti. 

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 181

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.