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Sommario del 26/06/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa Francesco alla Roaco: coltiviamo la pace a più mani

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Una pace “coltivata a più mani”, che “può risorgere sempre” perché donataci da Cristo. È l’auspicio di Papa Francesco, ricevendo i partecipanti all’87.ma assemblea plenaria della Roaco, la Riunione delle opere per l’aiuto alle Chiese orientali, conclusasi oggi. Il pensiero del Pontefice è andato in particolare alla Siria, all’Iraq, alla Terra Santa e al Vicino Oriente, all’Ucraina e alla Romania. Il servizio di Giada Aquilino

La pace è sicura “solo se è coltivata a più mani”. Lo ha ricordato Papa Francesco ai partecipanti alla plenaria della Roaco, rammentando prima il pellegrinaggio che a fine maggio lo ha portato in Terra Santa e poi l’incontro di preghiera per la pace e l’ulivo piantato nei Giardini Vaticani l’8 giugno scorso, con i presidenti israeliano Peres e palestinese Abbas, alla presenza del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I:

“La vera pace, quella che il mondo non può dare, ce la dona Gesù Cristo. Perciò, nonostante le gravi ferite che purtroppo subisce anche oggi, essa può risorgere sempre”.

Perché “chi si impegna a coltivare – ha aggiunto - non deve però dimenticare che la crescita dipende dal vero Agricoltore che è Dio”. Salutando il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il Pontefice ha rinnovato l’abbraccio a tutte le Chiese d’Oriente e ringraziato per la loro collaborazione al “cantiere della pace”, con l’unità e la carità: con esse infatti “i discepoli di Cristo - ha proseguito - coltivano la pace per ogni popolo e comunità vincendo le persistenti discriminazioni, a cominciare da quelle per cause religiose”.

Il Papa ha ancora sottolineato come dal proprio viaggio apostolico in Giordania, Territori palestinesi e Israele siano scaturiti grande consolazione e grandi incoraggiamento e responsabilità, “affinché - ha aggiunto - proseguiamo il cammino verso la piena unità di tutti i cristiani e anche il dialogo interreligioso”. Il Santo Padre ha quindi pregato perché il pellegrinaggio “porti frutti abbondanti”. “I primi chiamati a coltivare la pace - ha riflettuto il Papa - sono proprio i fratelli e le sorelle d’Oriente, con i loro pastori:

“Sperando a volte contro ogni speranza, rimanendo là dove sono nati e dove fin dagli inizi è risuonato il Vangelo del Figlio di Dio fatto uomo, possano sperimentare che sono ‘beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio’”.

Il Pontefice ha quindi pregato affinché questi fratelli “possano avere sempre il sostegno della Chiesa universale”, per conservare una certezza:

“Il fuoco della Pentecoste, la potenza dell’Amore, può fermare il fuoco delle armi, dell’odio e della vendetta. Le loro lacrime e le loro paure sono le nostre, come del resto la loro speranza! A dimostrarlo sarà la nostra solidarietà, se riuscirà ad essere concreta ed efficace, capace di stimolare la comunità internazionale in difesa dei diritti dei singoli e dei popoli”.

Il pensiero del Papa è andato poi direttamente alle comunità cristiane d’Oriente:

“In particolare ai fratelli e alle sorelle della Siria e dell’Iraq, ai loro Vescovi e Sacerdoti, esprimo insieme con voi la vicinanza della Chiesa Cattolica. E la estendo alla Terra Santa e al Vicino Oriente, ma anche all’amata Ucraina, nell’ora tanto grave che sta vivendo, e alla Romania, alle quali vi siete interessati nei vostri lavori”.

L’esortazione è stata quella “a continuare l’impegno profuso” a favore di tali realtà:

“Il vostro soccorso nelle nazioni più colpite può rispondere a necessità primarie, specialmente dei più piccoli e deboli, come dei molti giovani tentati di abbandonare la patria d’origine. E poiché le Comunità Orientali sono presenti in tutto il mondo, voi cercate di portare sollievo e sostegno ovunque ai numerosi profughi e rifugiati, restituendo dignità e sicurezza, col dovuto rispetto per la loro identità e libertà religiosa”.

Infine, ma non ultimo, l’incoraggiamento del Papa per la formazione delle nuove generazioni e degli educatori e l’invito a dare “priorità” alla famiglia, sull’esempio della Santa Famiglia di Nazareth e in vista del prossimo Sinodo dei vescovi sul tema.

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Il Papa: tutti i popoli possano godere dei benefici della scienza

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La Scuola della Specola Vaticana è un’iniziativa che mostra come i giovani del mondo possano aiutarsi a vicenda nella ricerca della verità e dare una testimonianza di convivenza in armonia. Così Papa Francesco che stamani ha incontrato nella Sala dei Papi i 25  giovani, studenti e laureati in astronomia, che partecipano al corso estivo organizzato dalla Specola Vaticana a Castel Gandolfo, dal primo giugno. Presenti anche  alcuni professori, i padri e i fratelli gesuiti e alcuni impiegati della Specola. Il servizio di Debora Donnini: 

“Galassie vicine e lontane, nuove e antiche”: è il titolo della 14.ma Scuola della Specola Vaticana che ha preso il via il primo giugno e dura 4 settimane. Vi partecipano professori e alunni provenienti da 23 Paesi del mondo. Il  Papa ricorda che i giovani che vi hanno preso parte si sono dedicati non solo allo studio delle galassie ma hanno anche condiviso le loro tradizioni culturali e religiose dando una bella testimonianza “di convivenza in armonia”. “Vedendo i vostri volti – dice  - mi sembra di ammirare un mosaico che comprende popoli di ogni parte del mondo”:

“E’ giusto che tutti i popoli abbiano accesso alla ricerca e alla formazione scientifica. L’auspicio che tutti i popoli possano godere dei benefici della scienza è una sfida che ci impegna tutti, specialmente gli scienziati”.

E proprio la Scuola di Astrofisica della Specola Vaticana diventa dunque un luogo dove i giovani del mondo “si aiutano a vicenda  nella ricerca della verità che si concretizza in questo caso nello studio delle galassie”:

“Questa iniziativa semplice e concreta mostra come le scienze possano essere uno strumento adatto ed efficace per promuovere la pace e la giustizia”.

Papa Francesco ribadisce poi l’impegno della Chiesa nel dialogo con le scienze a partire dalla luce offerta dalla fede perché – ricorda  – “la fede può allargare le prospettive della ragione”:

“In questo dialogo con le scienze, la Chiesa si rallegra del mirabile progresso scientifico riconoscendo l’enorme potenziale che Dio ha dato alla mente umana, come una madre si rallegra ed è giustamente orgogliosa quando i suoi figli crescono ‘in sapienza, età e grazia’”.

Il Papa incoraggia quindi i partecipanti a “condividere le conoscenze acquisite sull’universo" con la gente dei rispettivi Paesi perché solo “una piccolissima parte della popolazione mondiale – rileva – ha accesso a queste conoscenze” che aprono il cuore ai grandi interrogativi che l’umanità da sempre si pone sul senso dell’universo. E la ricerca di risposte a queste domande “ci predispone – conclude – all’incontro con il Creatore”.

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Il Papa: Gesù scalda il cuore del popolo, la fede non è casistica

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Il popolo segue Gesù perché riconosce che è il Buon Pastore. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha messo in guardia da chi riduce la fede a moralismo, insegue una liberazione politica o cerca accordi con il potere. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Perché tanta gente seguiva Gesù? E’ la domanda dalla quale Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia incentrata sul popolo e l’insegnamento del Signore. Gesù, ha osservato, era seguito dalle folle perché “erano stupite dal suo insegnamento”, le sue parole “davano stupore al loro cuore, lo stupore di trovare qualcosa buona, grande”. Gli altri invece “parlavano, ma non arrivavano al popolo”. Il Papa ha così enumerato quattro gruppi di persone che parlavano al tempo di Gesù: innanzitutto i farisei. Questi, ha detto, “facevano del culto di Dio, della religione, una collana di comandamenti e dei dieci che ce ne erano” ne “facevano più di trecento”, caricando “questo peso” sulle spalle del popolo. Era, ha soggiunto, “una riduzione della fede nel Dio Vivo” alla “casistica!”:

“Ma tu devi - per esempio - compiere il quarto comandamento!’; ‘Sì, sì, sì!’;  ‘Devi dare da mangiare al tuo papà anziano, alla tua mamma anziana!’; ‘Sì, sì, sì!’; ‘Ma lei sa, io non posso perché ho dato il mio denaro al tempio!’; ‘Tu non lo fai? E i genitori muoiono di fame!’. Così: contraddizioni della casistica più crudele. Il popolo li rispettava, perché il popolo è rispettoso. Li rispettava, ma non li ascoltava! Se ne andava…”

Un altro gruppo, ha detto, era quello dei Sadducei. “Questi – ha osservato – non avevano fede, avevano perso la fede! Il loro mestiere religioso lo facevano sulla strada degli accordi con i poteri: i poteri politici, i poteri economici. Erano uomini di potere”. Un terzo gruppo, ha proseguito, “era quello dei rivoluzionari” ovvero gli zeloti che “volevano fare la rivoluzione per liberare il popolo di Israele dall’occupazione romana”. Il popolo, però, ha annotato il Papa, “ha buonsenso e sa distinguere quando la frutta è matura e quando non c’è! E non li seguiva!”. Il quarto gruppo, ha dunque affermato, era di “gente buona: si chiamavano gli Esseni”. Erano monaci che consacravano la loro vita a Dio. Tuttavia, ha ammonito, “loro erano lontani dal popolo e il popolo non poteva seguirli”.

Queste, ha affermato il Pontefice, “erano le voci che arrivavano al popolo e nessuna di queste voci aveva la forza di riscaldare il cuore del popolo”. “Ma Gesù, sì! Le folle – ha spiegato – erano stupite: sentivano Gesù e il cuore era caldo; il messaggio di Gesù arrivava al cuore!”. Gesù, ha ribadito Papa Francesco, “si avvicinava al popolo”, “guariva il cuore del popolo”, ne capiva le difficoltà. Gesù, ha detto ancora, “non aveva vergogna di parlare con i peccatori, andava a trovarli”, Gesù “sentiva gioia, gli faceva piacere andare con il suo popolo”. E questo perché Gesù è “il Buon Pastore”, le pecorelle sentono la sua voce e lo seguono:

“E per questo il popolo seguiva Gesù, perché era il Buon Pastore. Non era né un fariseo casistico moralista, né un sadduceo che faceva gli affari politici con i potenti, né un guerrigliero che cercava la liberazione politica del suo popolo, né un contemplativo del monastero. Era un pastore! Un pastore che parlava la lingua del suo popolo, si faceva capire, diceva la verità, le cose di Dio: non negoziava mai le cose di Dio! Ma le diceva in tal modo che il popolo amava le cose di Dio. Per questo lo seguiva”.

 “Gesù – ha ripreso – mai si era allontanato dal popolo e mai si è allontanato da suo Padre”. Gesù, ha affermato ancora il Papa, “era tanto collegato al Padre - era uno col Padre!” e così era “tanto vicino al popolo”. Lui “aveva questa autorità e per questo il popolo lo seguiva”. Contemplando Gesù, Buon Pastore, è stato il suo invito, ci farà bene pensare chi ci piace seguire:

“‘A me chi piace seguire?’. Quelli che mi parlano di cose astratte o di casistiche morali; quelli che si dicono del popolo di Dio, ma non hanno fede e negoziano tutto con i poteri politici, economici; quelli che vogliono sempre fare cose strane, cose distruttive, guerre cosiddette di liberazione, ma che alla fine non sono le strade del Signore; o un contemplativo lontano? A chi piace a me seguire?”

“Che questa domanda – ha concluso il Papa – ci faccia arrivare alla preghiera e chiedere a Dio, il Padre, che ci faccia arrivare vicino a Gesù per seguire Gesù, per essere stupiti di quello che Gesù ci dice”.

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Tweet del Papa: la famiglia è un elemento essenziale dello sviluppo umano

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“La famiglia è un elemento essenziale di qualsiasi sviluppo umano e sociale sostenibile”: è il tweet pubblicato da Papa Francesco sul suo account @Pontifex, seguito da oltre 14 milioni di folower.

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Sinodo Famiglia, Instrumentum Laboris: serve pastorale sensibile per situazioni irregolari

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La famiglia di fronte al Vangelo, alle difficoltà ed alla trasmissione della vita e della fede: sono i tre ambiti in cui si sviluppa l’Instrumentum Laboris, il documento di lavoro del Sinodo straordinario sulla famiglia, in programma in Vaticano dal 5 al 19 ottobre prossimi. Presentato oggi in conferenza stampa, l’Instrumentum Laboris sintetizza le risposte delle Chiese locali al questionario su matrimonio e famiglia, proposto nel novembre scorso dal Documento preparatorio al Sinodo. Il servizio di Isabella Piro

Famiglia, cellula fondamentale della società. Ma famiglia in crisi. Ruota su questi due assi il documento di lavoro del prossimo Sinodo. Un ritratto analitico delle principali sfide e difficoltà che i nuclei familiari devono affrontare oggi, con una riflessione costante sull’aiuto offerto dalla Chiesa, già in atto, o da attuare. Disgregata, scoraggiata, confusa, poco preparata: la famiglia di oggi viene presentata così. Ma non mancano segnali positivi di speranza, soprattutto fra i giovani e là dove l’approccio della Chiesa non è visto come “esclusivo”, bensì “inclusivo” nei riguardi di chi vive situazioni irregolari.

L’Instrumentum Laboris è suddiviso in tre parti. La prima, dedicata alla comunicazione del Vangelo della famiglia, si concentra su due aspetti: la difficoltà di comprendere il valore della “legge naturale”, posta alla base della dimensione sponsale tra uomo e donna, e la privatizzazione della famiglia. Il primo aspetto apre il rischio della teoria del gender, mina l’idea del “per sempre” per l’unione coniugale, porta ad accettare la poligamia o il ripudio del coniuge, favorisce divorzio, convivenza e contraccezione. La privatizzazione della famiglia, invece, ne azzera il ruolo di cellula fondamentale della società. Per questo, si richiede che i nuclei familiari siano tutelati dallo Stato e recuperino il loro ruolo di soggetti sociali in tutti i contesti. Vera “Chiesa domestica”, la famiglia deve avere legame costante anche con la parrocchia, “famiglia di famiglie”.

La seconda parte dell’Instrumentum si concentra, invece, sulle situazioni critiche che la famiglia deve affrontare oggi: la debolezza della figura paterna, la frammentazione dovuta a divorzi e separazioni, la tratta dei minori, le droghe, l’alcolismo, la ludopatia, la dipendenza da social network che impedisce il dialogo e ruba il tempo alle relazioni interpersonali. Il documento sinodale mette in evidenza anche l’incidenza del lavoro sulla vita familiare: orari estenuanti, precarietà, lunghi spostamenti, assenza del riposo domenicale ostacolano la possibilità di stare in famiglia. Altri fattori di criticità sono le migrazioni, la povertà, il consumismo, le guerre, l’approccio alla malattia, soprattutto all’Aids, e la diversità di culto tra i coniugi da cui deriva la difficoltà di educare i figli.

Ma l’Instrumentum non nasconde le “contro-testimonianze nella Chiesa” come gli scandali sessuali, la pedofilia, l’incoerenza di quei presbiteri con uno stile di vita “vistosamente agiato”. Tutto questo – spiega il documento sinodale – porta ad una “rilevante perdita di credibilità morale” da parte della Chiesa.

Ancora: il documento dedica un’ampia parte alle “situazioni di irregolarità canonica”, poiché le risposte pervenute si concentrano soprattutto sui divorziati risposati. In generale, si mette in risalto il numero consistente di chi vive con “noncuranza” tale condizione e non richiede, quindi, di potersi accostare ai Sacramenti. Tanti, invece, si sentono emarginati, avvertono il divieto di accedere ai Sacramenti come una punizione ed aprono la via ad una “mentalità rivendicativa” nei confronti dei Sacramenti stessi. Alcune Conferenze episcopali chiedono quindi nuovi strumenti per aprire la possibilità di esercitare “misericordia, clemenza ed indulgenza” nei confronti delle nuove unioni. Altre soluzioni – come il guardare alle Chiese ortodosse che, in determinate circostanze, ammettono le seconde nozze – non eliminano il problema dei divorzi.  

Quanto alla proposta di semplificare le cause matrimoniali – ad esempio, riconsiderando se sia davvero necessaria la doppia sentenza conforme quando non c’è richiesta d’appello - il documento sinodale invita alla prudenza, per evitare ingiustizie ed errori e per non alimentare l’idea di un “divorzio cattolico”. Al contrario, si suggerisce una preparazione adeguata di persone qualificate per seguire tali casi. Ad ogni modo - si legge nel testo - snellire il processo canonico è utile solo se si affronta la pastorale familiare in modo integrale.

L’Instrumentum evidenzia, in sostanza, che per le situazioni difficili la Chiesa non debba assumere un atteggiamento di giudice che condanna, ma quello di una madre che sempre accoglie i suoi figli, sottolineando che “il non poter accedere ai Sacramenti non significa essere esclusi dalla vita cristiana e dal rapporto con Dio”. In quest’ottica, massima accoglienza e disponibilità viene richiesta ai parroci nel caso in cui non praticanti e non credenti chiedano il matrimonio, poiché ciò può essere un’occasione propizia per evangelizzare la coppia. Imprescindibile rimane, inoltre, la necessità che la Chiesa accompagni i coniugi anche dopo le nozze.

Circa le unioni omosessuali, tutte le Conferenze episcopali si dicono contrarie all’introduzione di una legislazione che permetta tali unioni, ridefinendo il matrimonio tra uomo e donna e consentendo l’adozione di bambini. Viene comunque richiesto un atteggiamento rispettoso e non giudicante nei confronti di queste persone.

Nella terza parte, dedicata alla responsabilità educativa, l’Instrumentum constata come la dottrina della Chiesa sull’apertura alla vita da parte degli sposi sia poco conosciuta e quindi considerata un’ingerenza nella coppia. Di qui, ad esempio, la confusione che si crea tra i contraccettivi  ed i metodi naturali di regolazione della fertilità: erroneamente ritenuti inefficaci, essi andrebbero, invece, spiegati, anche in collaborazione con centri universitari appositi. Necessario, inoltre, dare più spazio a tale tematica nella formazione dei presbiteri, poiché spesso i sacerdoti risultano impreparati sull’argomento. Spiegazioni da parte della Chiesa che siano chiare e che vadano oltre la condanna generica, vengono richieste anche per affrontare l’ideologia del gender, “sempre più pervasiva”, e la profilassi contro l’Aids, così da rispondere ad alcune “riduzioni caricaturali” dei media e per evitare di racchiudere il problema in una mera questione “tecnica”.

Riguardo, infine, alla trasmissione della fede all’interno della famiglia - soprattutto quando genitori in situazione irregolare chiedono i Sacramenti per i propri figli – l’approccio più richiesto è l’accoglienza senza pregiudizio, perché “molte volte sono i figli ad evangelizzare i genitori” ed affinché i ragazzi comprendano che “irregolari sono le situazioni, non le persone”.

“Appare sempre più necessaria – si legge nel documento – una pastorale sensibile, guidata dal rispetto di queste situazioni irregolari, capace di offrire un fattivo sostegno all’educazione dei figli”. L’Instrumentum Laboris si conclude, quindi, con la preghiera scritta da Papa Francesco e recitata all’Angelus del 29 dicembre 2013, nella Festa della Santa Famiglia di Nazareth.

 

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Il card. Baldisseri: famiglia cellula fondamentale società

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La Chiesa che sostiene e abbraccia la famiglia interrogandosi sulle sfide e le problematiche attuali, per una pastorale sempre più efficace che sappia raggiungere tutti. E’ questa la traccia che ha guidato l’incontro con i giornalisti in Sala Stampa Vaticana per la presentazione dei lavori del prossimo Sinodo straordinario sulla famiglia. 114 le conferenze episcopali coinvolte nel questionario del documento preparatorio, circa il 90% ha risposto prontamente. Annunciato anche il tema dell’Assemblea ordinaria che si terrà nel 2015: “Gesù Cristo rivela il mistero e la vocazione della famiglia”. Il servizio di  Massimiliano Menichetti: 

La Chiesa madre che guarda alla famiglia che a sua volta genera, costruisce, pone domande e chiede la guida dei pastori, anche alla luce di difficoltà e sofferenze. Su queste direttrici si sono sviluppati gli interventi in Sala Stampa Vaticana per declinare i contenuti dell’Instrumentum laboris per la III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi. Insostituibile il ruolo della famiglia nella costruzione della società ha ribadito il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi:

"La famiglia è 'cellula fondamentale della società, il luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri' (EG66), è spazio privilegiato dei valori come la fratellanza, l’amore, il rispetto e la solidarietà tra le generazioni, ove si promuove la dignità delle persone, superando l’individualismo e contribuendo al bene comune della società".

Oggi appare quanto mai urgente l’accompagnamento del nuovo desiderio di famiglia che si accende nelle giovani generazioni – ha aggiunto il porporato - e guardando alle “situazioni pastorali difficili”, che riguardano ad esempio “le convivenze e le unioni di fatto, i separati, i divorziati”, “le madri singole”, ha aggiunto:

"Urge permettere alle persone ferite di guarire  e di riconciliarsi, ritrovando nuova fiducia e serenità. Di conseguenza, serve una pastorale capace di offrire la misericordia che Dio concede a tutti senza misura. Si tratta dunque di 'proporre, non imporre; accompagnare, non spingere; invitare, non espellere; inquietare, mai disilludere'".

Circa le unioni tra persone dello stesso sesso, sollecitato dai giornalisti il segretario speciale dell’Assemblea sinodale, mons. Bruno Forte, ha risposto:

"Sono sempre possibili atteggiamenti contrapposti: da una parte, atteggiamenti contro e, dall’altra, atteggiamenti di permissivismo e di relativismo. Si vede, pastoralmente, dalle risposte che gli atteggiamenti maggioritari indicano la ricerca di un dialogo, che distingua fra quello che è l’unicità del matrimonio, secondo il rapporto uomo-donna e con i figli e, dall’altra parte, l’esigenza di riconoscere dei diritti che le convivenze, non solo fra persone dello stesso sesso, possono avere. Credo che questo atteggiamento di attenzione, di rispetto e di chiarezza nello stesso tempo, è quello venuto fuori dalla stragrande maggioranza delle Conferenze". 

“La famiglia è un’esperienza comune dell’umanità”, ha precisato il card. André Vingt-Trois, presidente delegato dell’Assemblea, rimarcando che il Sinodo rappresenta, di fatto, un terreno privilegiato dell’evangelizzazione, perché il messaggio della Chiesa - ha detto -  non è teorico ma si basa sull’esperienza concreta dell’unità della famiglia alla luce della fede. “Una testimonianza, una manifestazione dell’amore di Dio nel mondo”. L'arcivescovo di Parigi ha poi spiegato le sfide dell’azione pastorale: la preparazione al matrimonio, l’accompagnamento delle persone sposate e l’educazione dei figli.

Del ruolo attivo delle famiglie nell’evangelizzazione ha parlato anche il cardinale Péter ErdÅ‘, relatore generale dell’Assemblea, il quale ha sottolineato il sostegno che va dato a chi in difficoltà, alle persone che hanno ritrovato la fede, a volte anche dopo un divorzio, “grazie alla testimonianza di amici, di famiglie cattoliche credenti...”:

"Esiste un’esperienza speciale che riguarda persone, che pur essendo state cattoliche battezzate, non si erano mai occupate realmente della loro fede e che soltanto dopo un matrimonio canonico, un successivo divorzio e un altro matrimonio civile cominciano ad arrivare alla fede personale, grazie alla testimonianza di amici, di famiglie cattoliche credenti ecc. Ora queste persone scoprono alla luce della loro fede ‘ritrovata’ che la loro attuale condizione matrimoniale presenta dei problemi nella loro vita ecclesiale. Il loro approccio non è rivendicativo, ma somiglia molto a quello di quanti procedono sul cammino della conversione. Tale cammino può essere pieno di gioie e dolori, ma può e deve essere aiutato dalla comunità dei fedeli".

Sollecitato dai giornalisti il cardinale ErdÅ‘ ha spiegato che il Sinodo ha uno sguardo sul mondo: dalle problematiche africane del divorzio in un contesto di poligamia, alla questione delle caste in India; dall’America Latina in cui si rintraccia una presenza massiccia di madri, non sposate, che vivono in profonda miseria, all’Europa orientale in cui molte madri e padri cercano lavoro in altri Paesi, lasciando a casa i piccoli. Tutte problematiche ha detto che saranno affrontate ed abbracciate.

Mons. Bruno Forte ha poi definito l’Instrumentum come un testo “aderente alla realtà” e che “non chiude gli occhi davanti a nessun problema”, per quanto difficile, e ha parlato del desiderio di famiglia delle giovani generazioni, come “un segno dei tempi”, “una straordinaria occasione pastorale”:

“Potremmo dire che sia stata quasi una sorpresa vedere come da tutto il mondo si riscontri, nelle giovani generazioni, questo desiderio di famiglia”.

Non è in discussione la Dottrina della Chiesa - ha aggiunto - ma le sue applicazioni pastorali, il mondo di proporla, anche a livello di linguaggio, che rischia a volte di non essere capito. E volgendosi ancora a chi vive realtà che comportano sofferenze ha parlato di una “Chiesa chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre”:

“Tutto questo non ha nulla a che vedere con lo slogan banalizzante, di cui alcuni hanno fatto uso, di ‘divorzio cattolico’. Non si tratta di questo. La medicina della misericordia non è finalizzata a favorire i naufragi, per usare una metafora, ma sempre e solo a salvare la barca sul mare in tempesta, e a dare ai naufraghi accoglienza, cura e sostegno necessari”.

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Altre udienze di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza: il card. Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum"; il card. Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica (degli Istituti di Studi); mons. Alberto Bottari de Castello, arcivescovo tit. di Oderzo, Nunzio Apostolico in Ungheria; la principessa Khétévane Bagration de Moukhrani, ambasciatore di Georgia, in visita di congedo.

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Visita della delegazione del Patriarcato ecumenico a Roma

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Nel quadro del tradizionale scambio di delegazioni per le rispettive feste dei Santi Patroni, il 29 giugno a Roma per la celebrazione dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e il 30 novembre a Istanbul per la celebrazione di Sant’Andrea apostolo, una Delegazione del Patriarcato ecumenico farà visita a Roma da domani al 29 giugno prossimo. La Delegazione sarà guidata dal Metropolita di Pergamo Ioannis (Zizioulas), copresidente della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, il quale sarà accompagnato dall’arcivescovo di Telmissos Job e dall’arcidiacono patriarcale John Chryssavgis.

Sabato 28 giugno, la Delegazione del Patriarcato sarà ricevuta in udienza da Papa Francesco e avrà delle conversazioni con il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Domenica 29 giugno, la Delegazione assisterà alla solenne celebrazione eucaristica presieduta dal Pontefice.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Nel campo della pace: l'udienza di Papa Francesco alla Roaco.

I contenuti dell'Instrumentum laboris per l'assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi sulla famiglia.

Una scienza per tutti: il messaggio del Papa ai partecipanti alla scuola estiva della Specola. Sul tema, un articolo di Guy Consolmagno sulle galassie.

Musica al servizio della Parola: Claire Lesegretain sui vent'anni dalla morte del compositore Jacques Berthier. Un articolo di Dominique Pierre ne ricorda la vastissima cultura musicale.

Silenzio creativo: in cultura, Lucetta Scaraffia sul valore e il piacere della scrittura.

Dio non si lascia intrappolare: Celso Morga Iruzubieta, arcivescovo segretario della Congregazione per il clero, sui sacerdoti e la tentazione del funzionalismo.

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Oggi in Primo Piano



Attentato in Nigeria: Boko Haram torna a colpire la capitale

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In Nigeria, Boko Haram torna a colpire la capitale Abuja dopo quasi tre anni. L’attentato a un Centro commerciale ha ucciso 21 persone e ha causato almeno altri 20 feriti, alcuni in condizioni molto gravi. La polizia locale ha arrestato uno dei presunti attentatori, sorpreso mentre stava scappando con una valigia contenente un altro ordigno. Per capire come la popolazione nigeriana stia reagendo a questi continui atti terroristici, Gianmichele Laino ha intervistato padre Patrick Alumuku, responsabile delle comunicazioni dell’arcidiocesi di Abuja: 

R. – E’ successo verso le 16.20 del pomeriggio. Sono stati colpiti i negozi. Davanti c’erano tanti venditori di strada: venditori di banane e di altro. Un caso particolare è stato quello di una madre uccisa, che ha lasciato un bambino che era lì con lei, ma più di 21 persone sono rimaste uccise. Secondo le informazioni che abbiamo in questo momento, ci sono altre 20 persone circa in ospedale, ma essendo casi molto gravi, è possibile che nei prossimi giorni si abbia notizia di altre morti.

D. – Può confermare che ci sono stati degli arresti di presunti attentatori?

R. – Esatto. Una persona che stava proprio lì, mi ha parlato di un uomo che aveva con sé delle bombe in una valigia abbastanza grande. Dopo la prima esplosione, hanno cominciato a interrogare quest’uomo, che si stava cambiando i vestiti. Nel frattempo, è arrivata la polizia, che ha visto che nella sua valigia era presente un’altra bomba.

D. – L’attentato è avvenuto a poca distanza dall’abitazione del Presidente nigeriano Goodluck Jonathan. Si tratta di un atto aperto di sfida nei suoi confronti, secondo lei?

R. – Saranno due o tre chilometri dalla casa del Presidente. Negli ultimi due o tre anni, è la prima volta che questi musulmani attaccano il cuore della città di Abuja, della capitale. Sembrava che almeno al centro del Paese, nella capitale, ci fosse la pace, ma adesso c’è la paura, davvero grande, che forse siano incontenibili.

D. – Quali sono le strategie dei gruppi Boko Haram? Cosa farà il governo per fronteggiarli?

R. – Penso che questo gruppo islamico voglia arrivare a una destabilizzazione del governo, non farlo funzionare. E’ diventato un caso politico. Volevano un musulmano a capo del governo. E l’impressione che i musulmani danno sempre in questo Paese, è che siano più numerosi, ma non è vero. E in un’elezione possono anche non vincere, nonostante ci siano musulmani nei partiti, come anche nel partito cui appartiene il Presidente. L’intenzione è di far scappare questo Presidente, ma non è possibile. Quello che stanno facendo è rafforzare la posizione dei cristiani e la posizione di chi non è cristiano, ma che non vuole la violenza. Credo che questa situazione continuerà, perché non si vede all’orizzonte un cambiamento imminente. Un altro punto, il punto più amaro, è il fatto che negli ultimi due o tre anni, il budget del Paese viene investito nel settore della sicurezza. Tuttavia, questo budget non viene usato per acquistare - ad esempio - armi, ma va nelle tasche dei militari o dei governanti. La corruzione non aiuta la sconfitta di questo gruppo.

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Gli Usa esportatori di energia: nuovi scenari geopolitici

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Gli Stati Uniti dopo 40 anni tornano a esportare petrolio: la notizia è arrivata nella notte dal Wall Street Journal. Sono seguite precisazioni: non viene rimosso il divieto di esportare materiale greggio, in vigore dallo choc petrolifero degli anni '70, ma si autorizza la vendita sui mercati internazionali di prodotti condensati che hanno subito un processo, sia pure minimo, di lavorazione. In ogni caso, secondo gli esperti, si arriverà presto a cancellare il divieto di esportazione: con le nuove tecniche di estrazione dalla roccia, infatti, la produzione di greggio negli Usa è cresciuta del 60%. Dei nuovi sviluppi e delle implicazioni sul piano geopolitico Fausta Speranza ha parlato con Carlo Andrea Bollino, docente di Economia dell’energia: 

R. - Con un’immagine semplicissima e naturalmente semplificata diciamo che la nuova tecnologia del "fracking" per il recupero dello shale gas e dello shale oil - cioè petrolio e gas da scisti (in sostanza da roccia) -, funziona in questo modo: trivellazione orizzontale e metodo di perforazione della roccia attraverso l’iniezione di potentissimi getti di acqua invece che con la punta da trapano. In questo modo, si possono raggiungere delle zone geologiche in profondità, dove petrolio e gas sono intrappolati, che non potrebbero essere recuperati con il sistema della trivellazione verticale, cioè del tubo che va verso il basso, come se fosse la cannuccia in una bottiglia. Con la trivellazione orizzontale, che è una nuova tecnica, si possono aprire - per così dire - dei cunicoli con l’acqua dentro queste formazioni di roccia e far risalire petrolio e gas. In realtà sono due tecniche vecchie di venti o trenta anni, però, per la prima volta, trivellazione orizzontale e idraulica sono state combinate insieme. In questo modo, abbiamo ottenuto una vera e propria nuova era del petrolio e del gas in America.

D. - Dunque la produzione del greggio davvero cresce a ritmo del 60% in più?

R. - Sì, gli Stati Uniti erano arrivati da una media storica di importazioni del 20% del loro fabbisogno; lo avevano quasi raddoppiato arrivando quasi al 40%. Adesso, con le nuove produzioni stanno tornando a quel livello per il petrolio, e diventano esportatori netti, potenzialmente, di gas. Questo significa che hanno nel loro continente più energia di quello che gli serve. Questo è quello che dobbiamo capire.

D. - Questo potrà significare un equilibrio diverso sul piano geopolitico?

R. - I commentatori si dividono. Secondo la mia opinione, sì, perché se gli Stati Uniti diventano esportatori di energia, condizioneranno i mercati emergenti - cioè il fabbisogno dell’India e della Cina - di nuovo da protagonisti, contrastando in questo momento la posizione che ha la Russia di grande esportatore di gas soprattutto, ma anche di petrolio, nei confronti della Cina e dell’India. Allora, questo significherà un nuovo modo di guardare alla globalizzazione: energia in cambio di tecnologia? Energia in cambio di pace e prosperità? Saranno tutti tavoli nuovi che, personalmente, vedo come molto promettenti per il futuro.

D. - Diciamo qualcosa anche in relazione al Medio Oriente, visto che i Paesi arabi per definizione sono i produttori mondiali di petrolio …

R. - I Paesi arabi evidentemente dovranno, essendo ancora grandi produttori di petrolio, diventare, secondo me, i follower degli Stati Uniti, cioè i seguaci della nuova visione geopolitica; non potranno più permettersi - lo dico in maniera molto cruda - di pensare che parte dei loro proventi possano prendere la strada del finanziamento del terrorismo, come purtroppo è accaduto in maniera incontrollata - sia chiaro -, nel passato. Dovranno esser parte di una nuova strategia per servire l’energia a chi la vuole, per esempio noi europei, in cambio di quella tecnologia, di quel Made in Italy, di quella saggezza, arte, sapienza che sapremo esportare verso di loro. Secondo me, il 2020 è dietro l’angolo - è la fine di questa decade - e sicuramente sarà il punto di svolta perché abbiamo la fine della politica delle fonti rinnovabili così come l’abbiamo conosciuta in Europa, che quindi andrà rinnovata; abbiamo questo affacciarsi prepotente delle esportazioni potenziali delle energie americane; abbiamo una nuova maturazione anche politica nel senso demografico dei Paesi arabi. Quindi, alla fine di questa decade io penso che vedremo un nuovo mondo. Questo è il mio auspico.

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Giornata contro la tortura, i medici: "Siamo tutti coinvolti"

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Viene celebrata in tutto il mondo la Giornata Onu contro la tortura. In Italia l’associazione di volontari “Medici contro la tortura”, in collaborazione con Amnesty International,  assiste i rifugiati e i richiedenti asilo che nel loro Paese hanno subito violenze di ogni tipo. Solo nell’ultimo anno hanno curato più di cento persone. Maria Gabriella Lanza ha intervistato Vincenzo Ciccarini, medico volontario: 

R. - Ci occupiamo di persone che hanno subito dei maltrattamenti e che ne portano ancora le conseguenze. Li accogliamo, si mette in moto un processo terapeutico-riabilitativo. Constatiamo se ci sono presenze di ferite, cicatrici, segni ancora visibili, sia fisici che psicologici, e avviamo un processo di riabilitazione e di recupero, in cui - come noi amiamo dire - da vittima il soggetto diventa poi, piano piano, testimone delle violenze subita e inizia lentamente il processo di recupero e di riabilitazione.

D. - Nell’ultimo anno quante persone avete curato?

R. - Nell’ultimo anno ci sono state una ventina di persone, su circa 150 persone che si sono presentate alla nostra osservazione: diciamo che, in genere, c’è una percentuale che oscillata tra il 10 e il 20% di persone che hanno realmente subito non violenze occasionali, ma violenze sistematiche e prolungate nel tempo.

D. - Tanti i rifugiati e i richiedenti asilo che si sono rivolti a voi: ci può raccontare una storia emblematica di una persona che avete curato fisicamente e psicologicamente?

R. - La storia di una giovane donna congolese, di Kinshasa, sposata con un militare e con due figli di 3 e 6 anni: circa tre anni fa, dopo un tentativo di colpo di Stato, viene arrestata sia lei che il marito, ma lei perde le tracce del marito. Viene torturata per circa un mese per farle confessare delle cose sull’attività del marito delle quali lei non era assolutamente al corrente: ridotta in condizioni tali che viene ricoverata in ospedale. Riesce a fuggire, si imbarca su un aereo con documenti falsi e arriva a Fiumicino. Alla fine è stata portata qui da persone che sapevano della nostra esistenza ed è stata presa in cura da noi. Ha avuto il riconoscimento dello stato di rifugiato e attualmente risiede in un centro di accoglienza e sta faticosamente cercando di ricostruirsi una vita e di far venire qui quel che resta della sua famiglia, i suoi due figli.

D. - La tortura non è qualcosa di lontano da noi e per questo è importante l’istituzione di una Giornata contro la tortura…

R. - Non dimentichiamo che in Italia, nonostante le battaglie che sono state fatte dal senso e dalle proposte di legge, ancora non esiste il reato di tortura. Nella stessa Italia ci sono stati svariati episodi di tortura, ma potremmo anche dire che le condizioni in cui, alcune volte, vengono lasciati questi profughi che arrivano da noi, prefigurano la continuazione di trattamenti inumani e degradanti.

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Giornata contro la droga. Onu: occorre impegno globale

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L'abuso e il traffico illecito di droga danneggiano gravemente gli sforzi che il mondo compie per fornire una maggiore prosperità e uguaglianza per tutti. Occorre un maggior impegno globale per un futuro sicuro e sostenibile. E’ quanto si legge nel messaggio del segretario generale dell’Onu per l’odierna 18.ma Giornata internazionale contro il consumo di droga. In Italia un grido di allarme e una richiesta di aiuto arriva dalle comunità terapeutiche. Il servizio di Gabriella Ceraso

Sono circa 200 milioni le persone che almeno una volta l’anno utilizzano droghe illegali, di questi 25 milioni sono considerati tossicodipendenti. 200 mila le vittime di overdose evitabili ogni anno. Il problema è soprattutto dei giovani tra i 14 e i 30 anni tra i quali il consumo è più del doppio rispetto alla popolazione generale, triplo in caso di cannabis, generando un  commercio illegale di miliardi di Euro: 24 solo in Italia. Affrontare le dipendenze significa - dicono a questo proposito le comunità terapeutiche italiane - fare guerra alle mafie e aiutare e sostenere le famiglie. Il commento di Luciano Squillace, vice presidente della Federazione italiana Comunità terapeutiche:

R. - L’11% degli introiti della criminalità, a livello mondiale, è legato alle sostanze stupefacenti. Se a questo si aggiunge il riciclo di denaro sporco che, per esempio, viene fatto con un’altra terribile dipendenza che in Italia ha preso piede in maniera fortissima, che è quella del gioco d’azzardo, ecco che le mafie in senso generale dalle dipendenze traggono la liquidità che serve per portare avanti le loro attività quotidiane.

Prevenzione, riabilitazione, protezione sociale, coesione, promozione del dialogo tra politica e comunità scientifica. Queste le raccomandazioni dell’Onu in una giornata in cui il messaggio di fondo è positivo: la dipendenza è prevenibile e curabile. Dove c’è aiuto c’è anche la speranza. Ma ci vuole attenzione, soprattutto politica. Il silenzio in Italia - ribadiscono le comunità terapeutiche - è dannoso:

R. - Il silenzio purtroppo - che ormai dura da tanti anni - è un silenzio che in qualche modo porta anche a “normalizzare” il problema delle dipendenze: sembra che sia naturale che oggi si muoia per fattori legati alla droga; che sia normale che il 50% degli adolescenti dichiari di fare uso di droga; che sia normale che si muoia ancora troppo spesso di incidenti stradali legati all’abuso di alcool e così via. Però non è con la repressione che si possono risolvere questi problemi, ma è con un investimento serio di risorse soprattutto nel campo educativo e della prevenzione. Purtroppo questa disattenzione, questo ragionare esclusivamente in termini economici ha portato sempre di più a mettere al centro il problema e non la persona. L’inversione di cui c’è necessità in questo momento per agire seriamente nell’ambito del problema delle dipendenze, è quella di tornare a mettere seriamente la persona al centro, considerandola nella sua straordinaria complessità.

D. - Cosa c’è dunque da celebrare in questo 26 giugno?

R. - Vogliamo fortemente rammentare da un lato purtroppo i tanti giovani che non ce l’hanno fatta, che ricordiamo e portiamo sempre con noi nel lavoro quotidiano. Ma vogliamo anche celebrare gli sforzi di tantissime realtà sul territorio nazionale, servizi privati, comunità terapeutiche, ma anche servizi pubblici come i Sert, che, nonostante l’assoluta e totale indifferenza, spesso e volentieri delle istituzioni, e nonostante le pochissime risorse, sono riusciti a costruire in alcuni casi dei modelli di straordinaria valenza per il contrasto alle dipendenze. Siamo convinti che sia ancora oggi possibile ragionare su un futuro certamente migliore del presente. Però questo ragionamento non può prescindere da due elementi fondamentali: riaccendere l’attenzione su questo problema, tutt’altro che risolto, e poi la capacità nostra di costruire realmente una rete, un’integrazione, tra i diversi servizi che consenta di portare avanti un intervento adeguato al territorio.

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Aborto. Forum Famiglie Lazio: decreto su obiezione viola la legge 194

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Una decisione ideologica che viola la legge nazionale e che non ha preso in considerazione tutte le voci della società civile. Così Emma Ciccarelli, presidente del Forum delle Famiglie del Lazio commenta il decreto firmato dal presidente della Regione Zingaretti che rende obbligatori per i medici obiettori di coscienza che prestano servizio presso un consultorio, la prescrizione di farmaci abortivi e il rilascio di certificati necessari ad interrompere la gravidanza. Al microfono di Paolo Ondarza il commento della stessa Ciccarelli: 

R. – Non è applicata la Legge 194! C’è una violazione della legge nazionale, perché è proprio la Legge 194 che tutela gli obiettori dal non eseguire pratiche e documentazioni che autorizzino l’accesso all’aborto o a metodi abortivi.

D. – Quindi quella che viene presentata come una decisione a tutela della Legge 194, in realtà -  secondo voi - è una violazione della stessa legge?

R. – Sì, una violazione in quanto noi aspettiamo ancora che venga applicata interamente e - soprattutto negli articoli 2 e 5 – la Legge 194 laddove si parla di prevenzione, di accompagnamento delle persone che richiedono l’interruzione della gravidanza e di potenziamento del ruolo dei consultori. E questo proprio perché sappiamo che la prevenzione gioca un ruolo molto determinante in queste fasi, che sono fasi - per una donna - dettate da paura, da timore per il futuro, da precarietà e da mille pensieri negativi: quando una donna fa questa scelta, non sempre è pienamente consapevole.

D. – Secondo chi saluta positivamente questo decreto, oggi sarebbero troppi i medici obiettori, circa il 90 per cento. E questo non garantirebbe alle donne, che decidono di interrompere la gravidanza, quello che viene definito “l’accesso ai servizi”…

R. Intanto io mi porrei un’altra domanda: come mai il 90 per cento dei medici è obiettore? E’ su questo, su un dato di realtà, che forse bisogna ragionare e non tanto su un preteso diritto di gestire la vita di un altro essere umano. Io sposterei il focus dell’attenzione non su un diritto individuale di decidere della vita di un’altra persona, ma sul fatto che la maggior parte dei medici abbia scelto per l’obiezione di coscienza:  significa che c’è una grande consapevolezza che l’ambito su cui si va ad incidere, ad intervenire è l’interruzione di una vita umana, ossia l’interruzione della vita di una persona e non un intervento chirurgico quale sia l’asportazione di un neo o di un tumore… E questo i medici lo sanno benissimo! Le persone che vogliono accedere alla 194 e utilizzare questo strumento ne hanno piena libertà, ma devono anche trovare un servizio e dei medici che siano disposti a farlo, perché il mio diritto non può essere assoluto, ma deve conciliarsi con la libertà di altri di poter dire di “no” all’interruzione di una vita.

D. – Pensate di muovervi, in qualche modo, a questo punto?

R. – Ci stiamo riflettendo… Purtroppo è un decreto dettato più da istanze ideologiche e non da necessità effettive. Sarebbe opportuno un dialogo e un confronto con il presidente Zingaretti nel quale presentare le nostre istanze e le nostre ragioni. Noi continuiamo a denunciare un mondo della politica che non si mette in ascolto di tutte le rappresentanze del territorio e delle istanze che vengono dai vari settori, ma è un mondo della politica che genera provvedimenti molto astratti e lontani dalla gente!

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Un libro racconta p. McGivney, fondatore dei Cavalieri di Colombo

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Un sacerdote umile e un grande interprete della Dottrina Sociale della Chiesa: erano questi i tratti principali di padre Michael McGivney, fondatore, nel 1882, dei Cavalieri di Colombo. La sua figura è stata ricordata ieri durante la presentazione della traduzione italiana, curata dalla Libreria Editrice Vaticana, del libro “Il parroco”, che ne ripercorre la biografia. Per noi c’era Davide Maggiore

Essere il parroco di una comunità per lo più povera ed emarginata fu un elemento fondamentale nella formazione spirituale di padre McGivney e nella sua stessa decisione di fondare i Cavalieri di Colombo, che maturò di fronte alle condizioni di vita delle famiglie di origine irlandese di New Haven. Lo sottolinea Kevin Coyne, professore alla scuola di giornalismo della Columbia University di New York:

"His whole belief as a parish priest…
Tutto il suo credo, come sacerdote, era quello di essere responsabile di molto più della Messa domenicale: di essere responsabile del loro benessere. Lui aveva visto nella sua stessa vita quello che era accaduto alla morte di suo padre, il caos che aveva provocato nella famiglia. E quindi aveva capito, come sacerdote, che molti dei suoi parrocchiani vivevano le stesse cose. E quindi penso che la sua stessa natura di parroco lo abbia portato a quell’idea".

Oggi i Cavalieri di Colombo sono oltre 1 milione 800 mila e solo lo scorso anno hanno donato più di 170 milioni di dollari e 70 milioni di ore di lavoro per cause benefiche. Il contesto in cui agiscono, spiega il cavaliere supremo Carl Anderson è, per molti versi, simile a quello che padre McGivney si trovò di fronte:

"First, Father Mc Givney was...
Prima di tutto, padre McGivney veniva da una famiglia di immigrati e, ovviamente, oggi viviamo la grande questione dei migranti. La questione, in America, nel 19.mo secolo, era proprio come integrare nella società americana e nella società democratica questa comunità cattolica di immigrati. Questa è stata la missione di padre McGivney, che ha aiutato ad aprire la strada alla partecipazione dei laici. Poi, c’è anche la questione del coinvolgimento nel volontariato attivo. Abbiamo sentito Papa Francesco parlare tanto di questo. Padre McGivney è stato un visionario nel coinvolgere le parrocchie nel volontariato. E naturalmente il problema della fede e della cultura, di come possano essere di sostegno ai valori del Vangelo nel luogo di lavoro e nella società dei fratelli. E queste sono state le grandi preoccupazioni di padre McGivney".

Proprio questi temi, ha sottolineato ancora Carl Anderson, sono stati anche al centro dell’insegnamento degli ultimi tre Pontefici:

"Starting with Pope Francis…
Cominciando da Papa Francesco, lui è colui che ha detto che lo spirito di fratellanza è così importante nelle nostre comunità parrocchiali. Ci ha chiamati ad avere uno spirito missionario: i sacerdoti, ad uscire dalle loro chiese per raggiungere le persone; le persone, a raggiungere i loro sacerdoti. E quindi, questo è davvero lo spirito di padre McGivney. Papa Benedetto, nella sua prima Enciclica sulla carità, ha parlato del primo principio dei Cavalieri di Colombo. E quindi è stato come se Papa Benedetto avesse dato ai Cavalieri di Colombo una missione. E naturalmente Papa Giovanni Paolo II è stato il Papa della famiglia. I Cavalieri di Colombo sono stati costituiti per costruire delle famiglie solide, per proteggere le famiglie e per incoraggiare la vita delle famiglie cristiane".

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Nella Chiesa e nel mondo



In libertà Meriam, la cristiana già accusata di apostasia

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Ancora un colpo di scena nella dolorosa vicenda di Meriam, la donna cristiana sudanese condannata a morte per aver lasciato la religione islamica, poi rilasciata con l’annullamento della sentenza alla pena capitale. Quindi un nuovo fermo per possesso di documenti illegali all'aeroporto di Khartoum. Oggi – ci si augura a conclusione del calvario suo e della famiglia – il rilascio e il trasferimento in un luogo sicuro per mano dei servizi di sicurezza. La donna, con il marito e i figli - riferisce l'agenzia Agi - era in procinto di partire per gli Stati Uniti.

"I nostri referenti di 'Sudan change now' ci hanno confermato che le autorita' sudanesi hanno rilasciato Meriam", ha spiegato Antonella Napoli. Meriam era stata scarcerata lunedi' dopo essere stata condannata a morte per apostasia e nuovamente fermata e trattenuta all'aeroporto di Khartoum mentre tentava di lasciare il Paese con il marito Daniel Wani e i due figli. Ora "e' stata trasferita in un luogo sicuro dagli stessi Servizi segreti che l'avevano bloccata e sottoposta a un lungo interrogatorio", ha spiegato la presidente dell'Ong. "Anche il dipartimento di Stato Usa ha assicurato che le autorita' dopo aver sentito Meriam per diverse ore per questioni legate ai loro documenti l'hanno lasciata andare perche' non era formalmente in arresto.

Khartoum, che aveva convocato i rappresentanti diplomatici di Stati Uniti e Sud Sudan accusandoli di aver avallato una presunta falsificazione dei documenti di Meriam, sostiene che la donna avrebbe dovuto usare un passaporto sudanese, di cui peraltro non e' in possesso. Il marito della donna, il cittadino americano Mohanad Mustafa, ha pero' ribadito che i documenti sono autentici e in regola e che il Sud Sudan poteva rilasciarle il lasciapassare perche' il coniuge e i figli ne hanno la cittadinanza. "Siamo preoccupati", ha dichiarato Mustafa, "e' per questo che vogliamo lasciare il Paese il prima possibile". (G.L.V.)

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Sud Sudan: impegno contro arruolamento ed uso dei bambini

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Nel corso di una cerimonia al quartier generale del Spla (Esercito di Liberazione del popolo del Sudan) a Juba, il governo del Sud Sudan ha rinnovato formalmente il suo impegno al Piano d’Azione sottoscritto nel 2012 con le Nazioni Unite per porre fine ad arruolamento e uso dei bambini nelle forze armate governative e di altre gravi violazioni contro i bambini.

“I bambini non fanno parte di nostri gruppi armati e mi impegno personalmente, a nome del governo,  ad attuare pienamente le disposizioni del Piano d’Azione”, ha dichiarato Koul Manyang Juuk, Ministro della Difesa e dei Reduci del Sud Sudan.

L’accordo fa riferimento alle misure del Piano d’Azione del 2012 e comprende: rilascio di tutti i bambini associati a forze di sicurezza governative, inclusi servizi per la riunificazione e il reintegro con le famiglie; esame delle gravi violazioni contro i bambini e individuazione dei responsabili.

“Sono molto soddisfatto che il governo del Sud Sudan abbia rinnovato il suo impegno per il Piano d’Azione, un importante primo passo per i diritti dei bambini nel Paese e per evitare la perdita di un’altra generazione”, ha detto Toby Lanzer, vice rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite della Missione in Sud Sudan, che ha sottoscritto l’accordo a nome delle Nazioni Unite.

“Il Piano d’Azione si impegna a proteggere sempre i bambini da arruolamento, uso e altre grazi violazioni, anche nei periodi di instabilità o conflitto”, ha detto Leila Zerrougi. “La responsabilità è la chiave. Se tutti i ragazzi e le ragazze che saranno arruolati, uccisi, mutilati e violentati e se gli attacchi a scuole e ospedali non troveranno giustizia, non sarà possibile una pace duratura.”

Attraverso il Piano d’Azione, sottoscritto la prima volta nel 2009 e rinnovato nel 2012, sono stati rilasciati più di mille bambini, le direttive militari hanno vietato uso e arruolamento di bambini, così come la creazione di un’unità dell’Spla dedicata alla protezione dei bambini. (R.P.)

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Giordania: aiuti della Caritas a famiglie povere musulmane

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 Nella giornata di mercoledì 25 giugno, a pochi giorni dall'inizio del Ramadan - il mese sacro di digiuno dei musulmani – la Caritas della Giordania ha partecipato alla distribuzione di buoni per l'acquisto di beni di sussistenza a favore di famiglie povere musulmane. L'iniziativa, realizzata in collaborazione con la Promising Hands Association – sponsorizzata dalla Principessa Alia Tabba' - è culminata nella distribuzione di un centinaio di coupon da spendere presso supermercati e Centri alimentari convenzionati, a vantaggio di nuclei familiari bisognosi.

La consegna è avvenuta in una sala di un centro comunitario nel quartiere Hachimi, in un'area povera della capitale giordana. Erano presenti la principessa Alia, l'arcivescovo cattolico Maroun Lahham, alcuni politici locali, due parroci cattolici, alcuni esponenti religiosi musulmani e due deputati radicati nel territorio. “Nel mio intervento” racconta all'agenzia Fides l'arcivescovo Lahham, vicario patriarcale per la Giordania del patriarcato latino di Gerusalemme “ho ricordato le belle parole che Papa Francesco ha riservato al lavoro della Caritas tra i rifugiati durante la sua recente visita nel Regno Hascemita, e ho chiesto ai fratelli musulmani di pregare anche per i cristiani durante il Ramadan. La preghiera può unire i cuori e ispirare azioni comuni a favore della pace e della convivenza in Giordania, in Medio Oriente e in tutto il mondo”. (R.P.)

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Laos: false accuse di omicidio a cinque leader cristiani

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Sono accusati di omicidio e rischiano un lungo soggiorno in carcere cinque leader cristiani della provincia di Savannakhet. Le accuse sono del tutto false e strumentali e mirano a “decapitare” le comunità cristiane della provincia in modo da impedire la diffusione della fede cristiana. Come appreso dall'agenzia Fides, i cinque leader sono accusati di aver ucciso una donna cristiana, deceduta per morte naturale, che essi avevano visitato nelle ultime ore di vita, per darle il conforto della fede e della preghiera.

La signora Chan, del villaggio di Saisomboon, è deceduta il 22 giugno dopo due anni di malattia e numerosi interventi di medici e guaritori locali. La donna, madre di otto figli, si era convertita dalla fede buddista al cristianesimo nell’aprile scorso. Con un gesto che rappresenta una palese violazione della libertà religiosa, il capo del villaggio aveva già impedito che si celebrassero i funerali cristiani, disponendo le esequie secondo il rito buddista, fra il disappunto della famiglia (otto figli, anch’essi convertitisi) e degli altri fedeli del villaggio (dove cinque famiglie hanno abbracciato la fede cristiana). I cinque leader di comunità cristiane dei villaggi circostanti erano in loco insieme con altri fedeli, per partecipare al funerale. La polizia li ha arrestati accusandoli di omicidio.

Come riferito a Fides dall’Ong “Human Rights Watch for Laos Religious Freedom” (Hrwlrf), si trovano in carcere: la signora Kaithong, leader della comunità di Saisomboon; il signor Puphet, leader della chiesa del villaggio di Donpalai; il signor Muk, leader cristiano del villaggio di Huey; Hasadee, che guida i fedeli nel villaggio di Bunthalay; e il signor Tiang.

“Le autorità stanno cercando ogni pretesto possibile, in modo da fermare la diffusione della fede cristiana nella zona” afferma una nota inviata a Fides da Hrwlrf. L’Ong, chiedendo il rilascio immediato dei cinque innocenti, esorta il governo laotiano a rispettare il diritto di tutti i cittadini alla libertà religiosa e a garantire la legalità e lo stato di diritto. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 177

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.