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Sommario del 21/06/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa ai detenuti: carcere sia reinserimento non ritorsione sociale

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L’abbraccio ai detenuti e ai malati, l’auspicio che l’esperienza del carcere sia un vero riscatto e non una perdita di tempo e dignità, la condanna del crimine, la solidarietà verso le sue vittime. C’è stato tutto questo nelle prime ore di permanenza di Papa Francesco in Calabria, dov'è giunto in elicottero verso le 9, subito circondato dal calore di centinaia di persone. Il Papa si è subito diretto verso il primo dei suoi molti appuntamenti, quello con i detenuti nella alla Casa circondariale di Castrovillari. Un incontro commovente, come riferisce la nostra inviata, Fausta Speranza

Il Signore, "Maestro di reinserimento": con questa immagine, Papa Francesco dà speranza ai 180 detenuti che sceglie di incontrare come primo gesto della sua visita in Calabria. Francesco sottolinea subito che parla “ad ogni uomo e ogni donna che si trova in carcere, in ogni parte del mondo”, e chiarisce subito che se è giusto parlare di rispetto dei diritti umani, quando si parla di carcerati, non si può però trascurare la finalità della detenzione, compimento della pena e reintegro della persona nella società. Questo, afferma il Papa senza mezzi termini, dev’essere oggetto di impegno da parte delle istituzioni. “Quando questa finalità viene trascurata – sottolinea Francesco – l’esecuzione della pena degrada a sola punizione e ritorsione sociale”, qualcosa di “dannoso – avverte – per l’individuo e per la società”. Dunque, il pensiero si eleva a Dio. Papa Francesco, a quanti hanno sbagliato e ora vivono privi della libertà, indica un percorso che non sia solamente umano:

“In questo cammino entra anche l’incontro con Dio, la capacità di lasciarci guardare da Dio che ci ama. E’ più difficile lasciarsi guardare da Dio che guardare Dio. E’ più difficile lasciarsi incontrare da Dio che incontrare Dio, perché in noi sempre c’è una resistenza. E Lui ti aspetta, Lui ci guarda, Lui ci cerca sempre, no? E questo Dio che ci ama, che è capace di comprenderci, capace di perdonare i nostri errori. Il Signore è un maestro di reinserimento: ci prende per mano e ci riporta nella comunità sociale”.

“Il Signore sempre perdona – assicura Francesco – sempre accompagna – aggiunge – sempre comprende; a noi spetta lasciarci accompagnare”. Da qui, un’altra espressione forte da ricordare: l’augurio di Papa Francesco che il tempo di detenzione “non vada perduto – dice – ma possa essere un tempo prezioso” per l’incontro con la grazia di Dio. Con una riflessione precisa:

“Così facendo contribuirete a rendere migliori prima di tutto voi stessi, ma nello stesso tempo anche la comunità, perché, nel bene e nel male, le nostre azioni influiscono sugli altri e su tutta la famiglia umana”.

Oltre al pensiero affettuoso ai familiari dei detenuti e l’incoraggiamento a tutti coloro che operano a diverso titolo nel carcere, non manca l’affettuosa richiesta del Papa: pregate per me, “perché – dice Francesco – anche io ho i miei sbagli”.

E poi, un fuori programma in uno degli ambienti del carcere di Castrovillari. Il Papa saluta il papà e le due nonne di Cocò Campolongo, il piccolo ucciso con il nonno ad inizio anno in un agguato. Francesco li incoraggia, assicurando la sua preghiera, mandando un saluto alla mamma e lanciando un appello, chiamando la mafia locale per nome: "Mai più – dice – vittime della ‘ndrangheta".

E c’è da dire che nel suo saluto al Papa un detenuto, Ivan Alonso, ha affermato che nella visita di Francesco al carcere si svela il volto bello di Dio, mentre il direttore del carcere, Fedele Rizzo, si è rivolto a Francesco definendolo un Papa capace di mutare equilibri tanti radicati, con parole e gesti semplici.

E se la tappa al carcere, luogo che nell’immaginario ci porta alle persone più lontane dal vivere sociale, è stato proprio il primo gesto che Papa Francesco ha voluto compiere in Calabria, prima ancora della cerimonia di benvenuto nello stadio comunale Pietro Toscani, bisogna dire che la seconda tappa è stata all'Hospice "San Giuseppe Moscati" di Cassano all'Jonio, dove ha incontrato la sofferenza di malati terminali. Momenti di intensa commozione, in particolare con una donna giovane. E poi, un inaspettato piccolo intervento sulla mano del Papa, per l’estrazione di una scheggetta di legno.

Nell’abbraccio di Francesco in terra di Calabria c’è l’abbraccio di Cristo: il pensiero va all’immagine di Cristo Eucaristia che si vede alla sinistra dell’altare predisposto sulla spianata di Sibari per la Messa del pomeriggio, a ricordare la coincidenza di questa visita con la solennità del Corpus Domini.

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Il Papa ai sacerdoti: contrastare l'individualismo pastorale

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Gioia, fraternità, famiglia. Sono i tre punti chiave del discorso che Papa Francesco ha consegnato ai sacerdoti di Cassano all’Jonio, incontrati nella cattedrale della città calabrese, dopo la visita ai malati dell'Hospice "San Giuseppe Moscati". Il Pontefice è arrivato in papamobile alla chiesa madre della diocesi, accompagnato dalla gioia e dall'entusiasmo dei fedeli per le strade. Francesco ha voluto dialogare per un’ora con i sacerdoti senza domande programmate. Nel testo, dato per letto, il Papa mette l’accento sulla “gioia di essere preti” e sulla “bellezza della fraternità”. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

“Non c’è niente di più bello per un uomo” che “essere chiamato dal Signore Gesù”. E’ quanto sottolinea Papa Francesco nel discorso consegnato al clero della diocesi calabrese. Il vescovo di Roma ha voluto condividere innanzitutto “la gioia di essere preti”, “la sorpresa sempre nuova di essere stato chiamato, anzi, di essere chiamato dal Signore Gesù”. Una chiamata a seguirLo e a portare agli altri “la sua parola, il suo perdono”. “Quando noi preti stiamo davanti al tabernacolo, e ci fermiamo un momento lì, in silenzio – afferma il Papa – allora sentiamo lo sguardo di Gesù nuovamente su di noi, e questo sguardo ci rinnova, ci rianima…”

Certo, riconosce, “a volte non è facile rimanere davanti al Signore”. Non è facile perché, rileva, “siamo presi da tante cose, da tante persone”, ma “a volte non è facile perché sentiamo un certo disagio, lo sguardo di Gesù ci inquieta un po’, ci mette anche in crisi”. “Ma questo – sottolinea – ci fa bene! Nel silenzio della preghiera Gesù ci fa vedere se stiamo lavorando come buoni operai, oppure forse siamo diventati un po’ degli impiegati; se siamo dei canali aperti, generosi attraverso cui scorre abbondante il suo amore, la sua grazia, o se invece mettiamo al centro noi stessi, e così al posto di essere canali diventiamo schermi che non aiutano l’incontro con il Signore, con la luce e la forza del Vangelo”.

Il Papa condivide quindi con i sacerdoti “la bellezza della fraternità: dell’essere preti insieme, del seguire il Signore non da soli”, non “insieme, pur nella grande varietà dei doni e delle personalità”. “Anche questo non è facile – ammette – non è immediato e scontato”. Prima di tutto, evidenzia, “perché anche noi preti siamo immersi nella cultura soggettivistica di oggi, questa cultura che esalta l’io fino a idolatrarlo”. E poi, avverte, “a causa di un certo individualismo pastorale che purtroppo è diffuso nelle nostre diocesi”. Perciò, esorta il Papa, “dobbiamo reagire a questo con la scelta della fraternità. Intenzionalmente parlo di scelta. Non può essere solo una cosa lasciata al caso, alle circostanze favorevoli”

La comunione in Cristo nel presbiterio, soggiunge, “va sempre accolto e coltivato”. Questa comunione, prosegue, “chiede di essere vissuta cercando forme concrete adeguate ai tempi e alla realtà del territorio, ma sempre in prospettiva apostolica, con stile missionario, con fraternità e semplicità di vita”. Francesco incoraggia quindi i sacerdoti nel loro lavoro “con le famiglie e per la famiglia”. “E’ un lavoro – sottolinea il Pontefice – che il Signore ci chiede di fare in modo particolare in questo tempo, che è un tempo difficile sia per la famiglia come istituzione, sia per le famiglie, a causa della crisi”. Ma, rammenta, “proprio quando il tempo è difficile, Dio fa sentire la sua vicinanza, la sua grazia, la forza profetica della sua Parola. E noi siamo chiamati ad essere testimoni, mediatori di questa vicinanza alle famiglie e di questa forza profetica per la famiglia”.

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Ex drogato a pranzo col Papa: "Francesco vicino a chi ha bisogno"

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Mentre migliaia di persone stanno affluendo, nonostante il gran caldo, nella spianata di Sibari dove presiederà alle 16 la Messa conclusiva della sua visita, Papa Francesco sta consumando il pranzo con alcuni dei poveri assistiti dalla Caritas di Cassano all’Jonio e con alcuni ragazzi ospiti della Comunità terapeutico-riabilitativa Saman. Uno di loro, Giuseppe, ex tossicodipendente, racconta al microfono di Fausta Speranza la sua storia e la gioia di poter conoscere Papa Francesco: 

R. – Ho toccato il fondo perché prima ho iniziato per "sballarmi", poi ci sono stati problemi familiari: ho perso mia madre l’11 gennaio del 1992, mio padre l’11 gennaio del 1993... Poi mi sono perso. Non ho avuto più nessuno appoggio … Mi sono isolato da tutti; gli altri volevano aiutarmi, non ci sono riusciti. Non ne volevo sapere nulla di comunità, perché sono entrato in carcere nel ’92 e sono uscito nel 2002. Sono rientrato di nuovo e i miei familiari mi hanno detto di provare la comunità con gli assistenti sociali, che mi hanno aiutato. Oggi sto bene, sto lavorando su me stesso e cercherò di andare avanti così, perché quel cancello mi fa sempre paura. Devo cercare di acquisire qui quello che posso per portarmelo fuori.

D. – Il Papa ti incontra: che cosa significa per te?

R. – È un’emozione grandissima, perché negli Anni ’80 ho conosciuto Papa Wojtyla a Taranto quando venne in visita all’Italsider – oggi Ilva. Spero che oggi avrò il piacere di conoscere un Papa, una persona che si interessa a chi ha bisogno, perché i più bisognosi sono quelli che vivono per le strade. Io mi arrangiavo con un piatto di pasta, un pezzo di pane… Ci sono persone che non possono permettersi questo. Quindi, fa del bene a chi ne ha bisogno e per me questa è una cosa bellissima!

D. - Che cosa vorresti dire a Papa Francesco?

R. - Cosa vorrei dire… È un piacere averlo qui e conoscerlo di persona, per ringraziarlo tantissimo perché è una persona carissima! 

 

La Calabria è una terra che tende a essere fuori dall'attenzione mediatica, se non quando le cronache dei fatti di malavita la portano in primo piano. Ma la visita di Papa Francesco potrebbe finalmente innescare un processo virtuoso: è questo uno dei sentimenti più diffusi tra la gente che si stringe in queste ore attorno al Papa. A esprimerlo è Rosanna Conforti, parrocchiana di San Gaetano Catanoso di Corigliano Calabro: 

R. - La Calabria è stata sempre un po’ dimenticata, a dir la verità. Adesso siamo veramente felici perché Papa Francesco ci ha fatto un grande onore. E’ una speranza veramente forte! Penso che, con questo gesto che ha fatto verso di noi, miglioreremo tutti quanti.

D. - In che cosa? Quali frutti sperare: una maggiore consapevolezza anche delle coscienze, di un possibile riscatto?

R. - Sì! Io penso che ci ha dato la fiducia. Venendo qui ha dato fiducia a questo popolo e penso che avremo veramente più fede e quindi si migliorerà tantissimo.

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Gli anziani di Cassano all'Jonio al Papa: ci aggrappiamo alla tua fede

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Dopo i detenuti e i malati, gli anziani. E' cominciato così il pomeirggio di Papa Francesco a Cassano all'Jonio, con la visita alla Casa Serena “Santa Maria di Loreto”, una struttura che accoglie gli anziani. Alla vigilia della visita, il nostro inviato, Federico Piana, ha domandato al direttore, Antonio Gaetani, con quali sentimenti lo staff della Casa si è preparato all’incontro con il Papa: 

R. – E’ un evento veramente straordinario: un evento che poteva essere solo nei sogni o in un libro di sogni che, forse, mai si sarebbe potuto realizzare. Noi abbiamo questa fortuna di avere la visita di Papa Francesco. Di tutto questo noi dobbiamo ringraziare mons. Nunzio Galantino, il nostro vescovo, che ci ha consentito di poter realizzare un sogno irrealizzabile! Gli anziani sono fieri di poter incontrare Papa Francesco e di poter chiedere scusa a Papa Francesco per tutte quelle cose che magari hanno pensato nel momento in cui sono stati ricoverati in una casa di riposo.

D. – Che cosa dà il Papa agli anziani e cosa danno gli anziani al Papa?

R. – Gli anziani del sud, così come tutti gli anziani, hanno forse una fede con una marcia in più rispetto ai giovani e quindi si attendono dal Papa che venga loro trasmessa anche lui questa fede, per poter andare avanti, per poter crescere e per poter crescere nel segno del Signore, con una vita più lunga che possa loro offrire.

D. – Ci vuole raccontare chi sono gli anziani di Casa Serena e soprattutto cosa fa Casa Serena: qual è la realtà?

R. – Casa Serena è una casa di riposo per anziani, suddivisa in due strutture. Da una parte, ci sono gli anziani autosufficienti, che sono ricoverati appunto nella casa di riposo. Dall’altra parte, ci sono gli anziani non autosufficienti, che sono ricoverati invece nella casa protetta. Tutte e due le strutture sono assistite da personale medico e paramedico 24 ore su 24 e vengono erogati servizi di tipo alberghiero e di tipo socio-sanitario.

D. – Che frutti si aspetta che questa visita poterà?

R. – Anzitutto, da questa visita noi ci aspettiamo che ci porti una grande cambiamento in questa nostra popolazione, che ha bisogno di riscoprirsi, che ha bisogno di rivivere i suoi anni migliori. Quindi, speriamo che la visita del Papa possa cambiare tendenza in questa zona e anche in questa casa. In una casa di riposo, l’aspettativa degli anziani è quella di vivere il più a lungo possibile. Certo, tenendo conto che i loro affetti, le loro case, le loro cose, i loro mobili non ci sono più… Quindi, si sono aggrappati alla fede e sicuramente Papa Francesco porterà questa ventata di nuovo e ringiovanirà i nostri ospiti che sono qui a Casa Serena.

D. – Le sue zone, diciamo così, sono attente agli anziani? Le politiche per gli anziani ci sono, funzionano?

R. – Sicuramente, la nostra zona, la Calabria, è attenta alla politica degli anziani. Le leggi in Calabria sono più o meno uguali a quelle di tutta l’Italia. Però, c’è una grande crisi di carattere economico che è stata generata nella sanità calabrese e di tutto questo ne risente anche Casa Serena.

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Mons. Galantino: il Papa chiede alla Cei unità e rinnovamento

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La Chiesa italiana segue i sentieri aperti da Papa Francesco. Mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, riflette sulle azioni del Pontefice in un’intervista alla rivista “Il Regno”, rilasciata all’indomani della chiusura della 66.ma Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana e pubblicata in occasione della visita del Santo Padre a Cassano all’Ionio. Ce ne parla Gianmichele Laino

Partire dal discorso di Paolo VI ai vescovi italiani, per arrivare a parlare delle nuove forme di evangelizzazione alle soglie di un vero e proprio cambio d’epoca. Mons. Nunzio Galantino, ricordando l’intensa esperienza vissuta durante l’Assemblea Generale della Cei quando Papa Francesco pronunciò il discorso d’apertura, trova lo spunto per sottolineare la sintonia tra la Chiesa italiana e le azioni-guida del Pontefice.

Il Santo Padre – dice mons. Galantino in una lunga intervista a “Il Regno” – ha richiamato all’unità e al rinnovamento all’interno della Chiesa, passando attraverso un ristabilimento della propria libertà a diversi livelli, non ultimo quello della scelta del proprio presidente da parte dei vescovi italiani. Non si tratta di un paradosso o di una contraddizione: una maggiore libertà, infatti, si traduce in un richiamo ancora maggiore alla responsabilità. “Unità” e non “uniformità”, dunque, evitando che la Chiesa si ripieghi su se stessa in un vuoto clericalismo.

Una Chiesa – prosegue mons. Galantino – che grazie a Papa Francesco sta ritrovando la sua “forma missionaria”, orientata al bene e al servizio della comunità umana, che combatta la pedofilia partendo dalle diocesi locali e che faccia proprio lo spirito della Evangelii GaudiumDiventa essenziale, a questo proposito, un nuovo coinvolgimento del cattolico nella vita pubblica, in tutte le sue forme, compresa la politica, attraverso una conoscenza di prima mano della Dottrina Sociale e con un impegno ispirato alla gratuità, lontano da quello di “trasformisti” e “replicanti” che si muovono su una “cattiva strada”.

Accogliendo l’invito di Papa Francesco – conclude mons. Galantino – la Chiesa potrà riportare al centro della propria vita l’uscita da sé e dai propri territori di riferimento, fidandosi di più di Dio e dei suoi tempi.

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P. Tremblay neopresidente della Pontificia Accademia di Teologia

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Papa Francesco ha nominato presidente della Pontificia Accademia di Teologia il padre Réal Tremblay, C.SS.R., professore emerito di Teologia Morale Fondamentale presso l’Accademia Alfonsiana di Roma e Membro Ordinario e Consigliere della medesima Pontificia Accademia.

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Il Papa ha ricevuto il cardinale Pell e il nunzio in Bulgaria

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Papa Francesco ha ricevuto ieri in udienza il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, e mons. Guido Anselmo Pecorari, nunzio apostolico in Bulgaria.

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Nomine nella Chiesa greco-melkita

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Sua Beatitudine Gregorios III, Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti, col consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa greco-melkita, ha trasferito, a norma del can. 85 § 2, 2° del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali: Mons. Georges Bacouni dalla sede arcieparchiale di Tiro dei Greco-Melkiti (Libano) a quella di Akka (Israele); Mons. Michel Abrass, B.A., dalla sede titolare di Mira a quella arcieparchiale di Tiro dei Greco-Melkiti (Libano).

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Per un effettivo reinserimento sociale: durante la visita al carcere di Castrovillari il Papa ricorda che la pena non può degradare a punizione o a ritorsione.

I diritti umani dei migranti: intervento della Santa Sede a Ginevra.

Vacilla il premier iracheno Al Maliki.

L’istinto che guida i cristiani: Sara Butler alle fonti del “sensus fidei”.

Un posto per gli ultimi: da Seoul, Cristian Martini Grimaldi sulla comunità di Kkottongnae in Corea del Sud.

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Oggi in Primo Piano



Iraq. Appello dell’Unicef: nel nord ci sono 800 mila sfollati

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Dopo undici giorni di offensiva jihadista, aumenta la pressione sul premier iracheno Nuri al Maliki: la principale guida spirituale sciita del Paese, l’ayatollah Ali al-Sistani, si è unito alla richiesta degli Usa di dar vita a un nuovo esecutivo di unità nazionale. Intanto, i governatori di dieci regioni irachene annunciano l’arruolamento di due milioni di volontari sciiti per combattere le milizie sunnite, le quali, dal canto loro, consolidano il controllo nelle zone del nord, occupando anche un valico di frontiera con la Siria. E sempre nel nord è emergenza per l’aumento degli sfollati interni in fuga da Musul e TiKrit. Marco Guerra ne ha parlato con Marzio Babille, responsabile Unicef per l’Iraq, che sta guidando gli interventi di assistenza umanitaria nella piana di Nivive: 

R. - L’Unicef, a partire da Erbil, ha già disposto sul terreno diversi team tesi alla valutazione e alla risposta immediata dei bisogni dei bambini, delle donne, delle famiglie e di un numero importante di sfollati da Mosul, da Tikrit e da altre zone contese della parte centrale. In particolare, parliamo di circa 400 mila individui e possiamo stimare che almeno 180 mila bambini sono compresi in questa popolazione. Noi abbiamo raggiunto Telkief, dove è ripiegato anche l’arcivescovo di Mosul, con il quale abbiamo coordinato un sostegno importante, perché in questa zona c’è la convergenza della grande parte dei cristiani di Mosul e sulla stessa direttrice si sono molte altre famiglie delle minoranze etnico-religiose: assira, yazirika e la comunità shabaki. Queste comunità sono state già perseguitate nel passato e quindi sono fuggite dal conflitto in corso a Mosul e nelle zone circostanti, trovando rifugio in zone protette dalle truppe curde che sono avanzate, mettendo in sicurezza alcuni territori.

D. - Può elencarci le emergenze, le necessità principali cui state cercando di dare una risposta?

R. - La maggiori priorità sono due. La prima è l’acqua: è da notare che in questo momento l’ondata di caldo è molto elevata. Parliamo di temperature che si aggirano fra i 44 e 46 gradi centigradi durante la giornata. Noi distribuiamo, come da mandato, acqua da bere, kit igienici, strumenti per la raccolta e lo stoccaggio dell’acqua. La seconda priorità è il denaro: queste sono popolazioni che sono fuggite senza nulla, non hanno bagaglio. Sono fuggite con gli abiti che avevano indosso e quelli che avevano del denaro per potersi sostenere lo stanno finendo. Come Unicef, abbiamo avviato un piano di assistenza finanziaria tramite la distribuzione di denaro direttamente alle famiglie degli sfollati.

D. - Le tensioni interetniche si ripercuotono anche tra gli sfollati?

R. - Esistono una divisione profonda - probabilmente insanabile - tra le comunità sciite e le comunità sunnite e il Kurdistan fa già discorso a sé storicamente, però la novità è che attraverso legami di solidarietà, i curdi, i sunniti e gli sciiti e le minoranze sono in questo momento unite nel bisogno. Queste sono popolazioni che fuggono dalla violenza. La solidarietà fra musulmani e cristiani e altre minoranze e fra quelli che sono scappati esiste. L’umanità è più forte del conflitto.

D. - Si percepisce la reale minaccia delle milizie integraliste dove state operando voi?

R. - Il confronto militare esiste fra le truppe del governo iracheno e i gruppi di opposizione armata, che sono una galassia di individui, di gruppi, di interessi e anche di tribù che non necessariamente coincidono sempre: coincidono in questo momento, perché la caratteristica è che sono tutti sunniti. Quindi, il loro progetto è un progetto poltico-economico di controllo delle risorse di queste zone. Lo fanno attraverso uno strumento militare e una brutalità senza precedenti, che è quella da cui fuggono tutte queste popolazioni. Inoltre, il governo sta bombardando alcune delle zone periferiche di Mosul ed è per questo che noi siamo ripiegati due giorni fa. I nostri team lavorano in sicurezza e questo significa che Unicef, per mandato, protegge tutti i bambini e protegge anche il proprio staff. Questa operazione è molto più importante e più grande, come vastità e scala, dell’operazione di assistenza dei rifugiati siriani. Questa operazione interna di sostegno sta coprendo 400 mila sfollati della regione di Ambar, che si sono spostati da gennaio a maggio, più altri 400 mila che si sono sfollati negli ultimi giorni. Quindi, stiamo parlando di 800 mila persone che si sono mosse. E’ una operazione di una enorme portata e complessità. Noi abbiamo bisogno di grande sostegno.

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Egitto: 183 condanne a morte per i Fratelli Musulmani

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In Egitto condanna a morte per il leader dei Fratelli musulmani Mohamed Badie e altri 182 sostenitori del movimento islamico accusati di omicidio e incitamento alla violenza. Protesta la piazza, mentre Amnesty International chiede l’annullamento delle sentenze e ammonisce: così i giudici perdono ogni credibilità. Cecilia Seppia: 

Già ieri in Egitto il clima era tornato ad accendersi, con i sostenitori del deposto presidente Morsi di nuovo in piazza al Cairo e in altre città del Paese per protestare contro le sentenze di condanna a morte per il loro leader ed altri esponenti, emesse dal Tribunale di Giza. Manifestazioni sfociate in scontri con la polizia, tre morti, diversi feriti e 53 persone finite in manette. Stamattina un’altra doccia fredda è arrivata dal tribunale di Mynia: la pena capitale oltre a Mohamed Badie, coinvolge 182 membri dei Fratelli Musulmani, accusati a vario titolo di omicidio e incitamento alla violenza: a confermarlo, stavolta è il Gran Muftì,  la più alta autorità religiosa del Paese cui spetta la ratifica di questo tipo di sentenze, inflitta inizialmente a 683 persone. Gli avvocati annunciano il ricorso in Cassazione, i manifestanti promettono nuove proteste, mentre il neopresidente Al Sisì che domani incontrerà per la prima volta il segretario di Stato americano Kerry, esorta la polizia a proteggere il popolo e i diritti umani.

 

Su queste sentenze di condanna a morte Benedetta Capelli ha raccolto il commento di Stefano Torelli, ricercatore Ispi, Istituto di politica internazionale: 

R. - Sicuramente la condanna a morte del leader della Fratellanza Musulmana egiziana Mohammed Badie – tra l’altro abbastanza prevedibile - è veramente un colpo molto duro. Quindi la Fratellanza Musulmana, dal punto di vista politico, in questo momento è totalmente fuori gioco. Resta da vedere quanto e se sarà in grado di organizzarsi da un punto di vista anche sociale con una presenza più dal basso e se un giorno riuscirà a riorganizzarsi e a ristrutturare anche il partito politico. Il rischio che c’è alle porte - al contrario - è quello di una radicalizzazione del movimento e quindi di un nuovo scontro con le istituzioni.

D. - Con l’elezione del generale Al-Sisi si è chiuso davvero un capitolo della recente storia egiziana, oppure ci sono ancora degli strascichi?

R. - Per il momento un ciclo sembra abbastanza chiuso. 

D. - Il segretario di Stato americano Kerry è atteso in Egitto. Che ruolo possono giocare gli Stati Uniti nel futuro, anche economico, del Paese?

R. - Gli Stati Uniti sono stati molto scostanti dal dopo Mubarak. Sostanzialmente hanno accettato la caduta di Mubarak, poi sostenuto in un primo momento la Fratellanza Musulmana quando questa è andata al potere; quando Al-Sisi ha fatto il colpo di Stato che ha portato alla caduta di Morsi, gli Stati Uniti hanno - di fatto - accettato una situazione che ormai si era verificata … Quindi non hanno giocato un ruolo di primo piano. Anche dal punto di vista economico, in un primo momento, avevano ritirato gli aiuti militari - perché sostanzialmente erano questi gli aiuti che gli Stati Uniti davano all’Egitto - ma poi, piano piano pare che, viste le ultime dichiarazioni di Obama e di Kerry, gli Stati Uniti cominceranno a fornire nuovamente degli aiuti all’Egitto, anche perché c’è il rischio – come sta accadendo su altri fronti – che la Russia arrivi a colmare quel vuoto che gli Stati Uniti lascerebbero. Quindi per la stabilità dell’area e della regione, gli Stati Uniti - di fatto - continueranno ad accettare la situazione che si è verificata e quindi a sostenere l’attuale governo.

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Giornata contro le leucemie, Ail: "Mai perdere la speranza"

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Oggi si celebra la giornata nazionale contro leucemie, linfomi e mieloma. In tutta Italia l’Ail, l’associazione italiana contro le leucemie, ha organizzato iniziative per illustrare i progressi della ricerca ed essere vicina ai malati attraverso incontri e manifestazioni. Maria Gabriella Lanza ha chiesto a Franco Mandelli, presidente dell'Ail, quali passi avanti si stanno facendo per combattere questa malattia. 

R. – In questi ultimi anni ci sono stati progressi incedibili, per cui è una grande soddisfazione poter dire ai malati – per alcune malattie, non tutte – la prognosi una volta era terribile, oggi c’è la possibilità di curare bene la malattia, o addirittura di guarirla. La ricerca continua, per cui, magari la malattia che oggi si può curare male, entro poche settimane può avere uno spiraglio di luce con nuove terapie che sono ancora al vaglio degli scienziati, ma che possono rappresentare una speranza per i malati. Quindi, bisogna che il medico sappia parlare ai malati.

D. – Quindi, è importante investire sempre più sulla ricerca...

R. – Secondo me è fondamentale. L’Ail ha una grossa percentuale di fondi che investe in ricerca, come Associazione italiana contro le Leucemie a livello nazionale, ma anche a livello delle 82 sezioni, molte di queste investono nella ricerca, perché è quella che può dare dei risultati. Una grande soddisfazione per me, che ho fatto l’ematologo per 50 anni, è che gli ematologi italiani sono molto bravi, molto quotati nel mondo, tanto che siamo tra i primi come pubblicazioni: subito dopo gli Stati Uniti viene l’Italia, prima della Germania, della Francia e dell’Inghilterra. Se un malato, infatti, va all’estero dall’Italia si sente dire: “Perché è venuto qua? Doveva restare in Italia perché in Italia siete più bravi di noi”. Quella è una bella soddisfazione per noi italiani, che non siamo mai capaci di valorizzarci, anzi la tendenza è quella di parlare solo delle cose che non vanno bene; di quelle che vanno bene non se ne parla mai.

D. – Il messaggio di questa Giornata Nazionale contro le leucemie è quindi quello di non perdere mai la speranza...

R. – La speranza non va mai tolta ai malati e ai loro parenti perché è veramente impossibile dire che non c’è niente da fare. Non c’è niente da fare oggi, ma magari domani ci saranno cure nuove. Quindi, il malato deve essere sempre sostenuto dai parenti, dagli amici. Per fortuna, l’Ail ha anche dei meravigliosi volontari che in tutta Italia, in tutte queste province - sono ben 42 – svolgono un ruolo fondamentale stando vicino ai malati, dandogli un aiuto e quindi una speranza.

D. – Cosa può fare ognuno di noi per combattere questa malattia?

R. – Per curare i nostri malati serve molto spesso poter effettuare trasfusioni di sangue, o delle componenti di sangue. Quindi, il messaggio che voglio dare è: “Donate sangue. Fa bene, non dà nessun effetto collaterale anzi ha il vantaggio che prima della donazione si fanno esami completi che possono portare a riconoscere malattie magari in stadio iniziale. Quindi a curarsi bene”.  il donatore di sangue è un cittadino di serie A e viene trattato così, almeno per quello che riguarda le analisi, che vengono fatte prima di ogni donazione. Il sangue manca ancora e soprattutto in alcune grandi città come Roma.

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Roma. La Caritas inaugura casa famiglia per malati di Aids

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“Oggi a Villa Glori una lezione di umanità e di carità”: lo ha affermato il cardinale vicario, Agostino Vallini, all’inaugurazione di una casa famiglia della Caritas per i malati di Aids. Il nuovo padiglione è il terzo del complesso strutturale che sorge all’interno del Parco di Villa Glori, luogo in cui la Caritas è presente per questo servizio dal 1988, quando l’epidemia era agli inizi. In questi 26 anni c’è stato un continuo evolversi dell’assistenza ai malati, che ora prevede una vera e propria inclusione sociale. Vari rappresentanti delle istituzioni e della diocesi di Roma hanno partecipato all’evento. Il servizio di Maura Pellegrini Rhao

La storia di questo complesso strutturale è lunga e densa: nasce da un’intuizione di don Luigi Di Liegro che, nel 1988, apre una Casa Famiglia nel quartiere borghese dei Parioli per accogliere i malati senza dimora, i più poveri tra i poveri, in un momento in cui dell’Aids si sapeva poco o niente. Per questo, la Caritas di allora dovette lottare con tenacia e determinazione contro la diffidenza e la paura della popolazione del territorio. Oggi, la realtà è ben diversa. Pubblico e privato si muovono insieme in una sinergia che ha reso possibile questa nuova inaugurazione e la presentazione del progetto “Casa del sollievo” per i malati di Alzheimer. Il cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, che ha presenziato l’inaugurazione, ringrazia le istituzioni e ricorda quanto questo sia un proseguimento e uno sviluppo dell’idea di don Luigi Di Liegro con particolare riferimento alle esigenze di oggi:

“Questa mattina, a Villa Glori, c’è proprio una lezione di umanità e di carità. Questo è un cammino evangelico e come tale dobbiamo portarlo avanti, semmai oggi, con maggiore convinzione, con maggiore impulso. Noi diciamo che per tanti aspetti siamo il braccio operativo e il cuore, ma la presenza delle istituzioni non manca, naturalmente secondo le loro possibilità, in un momento così difficile”.

 “Accoglienza e solidarietà: di questo abbiamo bisogno nella nostra città”: è ciò in cui crede Rita Cutini, assessore al Sostegno sociale e sussidiarietà di Roma Capitale:

“Questo tipo di impegno e di lavoro rende migliore la nostra città. In questo senso, le istituzioni devono esserci, anche dando organicità, sistematicità. Mons. Di Liegro cercò, si sforzò, lottò perché la città fosse più accogliente. Questo è un luogo che non è stato un luogo chiuso, ma si è aperto alla città: aperto al quartiere, aperto ad un contesto urbano… Anche questo è un grande valore che ha”.

“Non è concepibile che qualcuno sia scomodo per una comunità”. Rita Visini, assessore alle Politiche Sociali della Regione Lazio, parla delle responsabilità della politica:

“La politica, in questo caso, ha una grandissima responsabilità che è quella di fare in modo che nessuno resti escluso, resti indietro. Luoghi come questo sono luoghi dentro le comunità, che sono integrati dentro una comunità. Allora, ben venga l’interazione tra pubblico, privato, il volontariato, il Terzo settore, per fare in modo che tutti siano inclusi”.

Infine, è significativa la piccola testimonianza di Ciro, ospite storico di una delle Case Famiglia:

“Qui siamo privilegiati, perché siamo curati benissimo. Qui mi hanno ridato una chance che avevo perso”.

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Commento al Vangelo della Domenica di don Ezechiele Pasotti

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Nella Solennità del Corpo e Sangue di Cristo, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù dice ai discepoli:

 “La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma: 

Alla celebrazione del Dio Uno e Trino, di Dio mistero di Unità e di Amore, risponde oggi la Solennità del Corpo e Sangue di Cristo, del dono totale che il Figlio fa di se stesso, lasciando che il suo Corpo sia spezzato per la nostra salvezza e il suo Sangue versato per renderci partecipi della vita eterna. Il Figlio porta sulla terra la festa dell’amore trinitario e ne fa dono all’uomo. “Il suo corpo arso d’amore - sulla mensa è pane vivo; - il suo sangue sull’altare - calice del nuovo patto”, canta l’inno dei Vespri del tempo pasquale. Oggi il Signore ci dice: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Questo dono divino ha il potere di trasformare anche noi in “dono” gradito a Dio e utile ai fratelli (Da un’antica preghiera di Ordinazione presbiterale). C’è una riflessione molto bella di Ratzinger a questo proposito: «Il dono unico che Dio aspetta, l’unica cosa che non è ancora sua, è la nostra libertà, è la risposta del nostro amore. Dio ha creato un mondo libero, ha creato la libertà, ha creato così la possibilità di dire “sì” o “no”, come possibilità di fare un dono libero a Dio. L’unico e vero sacrificio può quindi essere soltanto il nostro “sì”, la gioia di essere uniti con Dio nell’amore […] un mondo umanizzato, un mondo nel quale l’amore è il segno di tutto, sarà il vero sacrificio. Con questo amore, nel quale Dio si dona e diventa dono per noi, noi possiamo essere transustanziati con Lui e trasformati in amore con un “sì” libero» (J. Ratzinger, Il centro delle Liturgia cristiana, “Terra ambrosiana”, 46, 2005, p. 20: citato da A. Lameri, Liturgia, Assisi 2013, pp. 49-50).

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Nella Chiesa e nel mondo



Vescovi Nord Africa: situazione migranti è drammatica

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La situazione “drammatica” in cui vivono i migranti è stata al centro della riunione della Conferenza dei vescovi della Regione Nord dell’Africa (Cerna) che si è riunita a Roma dal 15 al 18 giugno. Paesi come Algeria e Marocco - riferisce l'agenzia Sir - non sono più vie di transito verso l’Europa ma “Paesi di accoglienza”. “Le nostre Chiese - scrivono i vescovi del Nord Africa nel comunicato finale diffuso al termine dell’incontro - vogliono impegnarsi sempre più nell’accompagnamento e nella difesa dei migranti e denunciare forte e chiaro l’ingiustizia profonda che vivono questi ‘poveri di Dio’”.

Ed aggiungono: “Siamo toccati dalle situazioni drammatiche che subiscono molti di loro, la frequente violazione dei loro diritti ma anche i traffici illeciti di cui sono vittime. Denunciamo il fatto che siano troppo spesso considerati come dei delinquenti, anche dall’opinione pubblica. E in linea con il lavoro di Papa Francesco contro la tratta degli esseri umani, vogliamo mostrarci ancora più attenti allo sfruttamento terribile di donne e bambini”. I presuli ringraziano “quanti si adoperano per i migranti, nella Chiesa ma anche nelle società civile dei nostri Paesi: essi contribuiscono ad un miglior riconoscimento delle persone migranti e aiutano i poteri pubblici a mettere in atto politiche più rispettose dei diritti di queste persone”.

All’incontro hanno partecipato tra gli altri anche il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, e il card. Peter Turkson, presidente del Pontificio consiglio Giustizia e Pace, che ha sottolineato la necessità di un maggior coordinamento tra le Chiese sud sahariane e quelle europee. Per la prima volta invece non hanno potuto partecipare all’incontro i rappresentanti della Chiesa in Libia a causa della situazione politica nel Paese: mons. Giovanni Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, e mons. Sylvester Magro, vicario apostolico di Bengasi.

Mercoledì scorso i vescovi hanno potuto concelebrare una Messa con Papa Francesco e salutarlo personalmente: “Siamo rimasti toccati dalla semplicità della sua preghiera e dalla sua attenzione per ciascuno di noi”, scrivono i vescovi. A Roma i presuli hanno lavorato alla stesura di un documento dal titolo “Servitori della Speranza” che vorrebbero presentare al Papa nel marzo del 2015 in occasione della visita ad limina. Il documento prende in esame e analizza le molteplici trasformazioni che i Paesi del Nord Africa hanno vissuto negli ultimi anni, in particolare i fenomeni dovuti da una parte alla forte emigrazione e dall’altra all’arrivo di migranti provenienti dalle regioni subsahariane e dalle regioni colpite da violenza e povertà. (R.P.)

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Celam: comunicare significa essere vicini agli esclusi

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Essere comunicatori del Vangelo significa compiere sforzi maggiori per raggiungere gli esclusi, praticando la “vicinanza della comunicazione”: questa, in sintesi, la riflessione emersa dall’incontro tra i delegati delle Commissioni per la comunicazione del Celam (Consiglio episcopale latinoamericano), che si sono riuniti in questi giorni a Bogotà, in Colombia.

“L’incontro – si legge in una nota – mirava ad approfondire lo scambio e la comunione tra le diverse Conferenze episcopali del continente”, tanto che sono stati analizzati quegli “interessi comuni” che portano a rafforzare il servizio delle Chiese locali nel campo della comunicazione.

Centrale, quindi, anche “la comunione” tra i diversi dipartimenti dedicati settore comunicativo, per valorizzare “un’importante arteria” in cui far scorrere “la novità e l’impegno che possono animare la vita della Chiesa”. I lavori, inoltre, hanno permesso l’analisi delle esperienze ecclesiali nell’ambito della Riial, la Rete informatica della Chiesa in America Latina, soprattutto in vista del prossimo incontro continentale che si terrà a Lima, in Perù, dal 17 al 21 novembre.

“Rispetto alla situazione della libertà di espressione in alcuni Paesi – si legge ancora nella nota – il Celam esprime preoccupazione e solidarietà con coloro che risultano vittime di atti di censura o intimidazione, auspicando che quanto prima vengano ripristinate le migliori condizioni per garantire l’esercizio di tale libertà”. Infine, i partecipanti all’incontro hanno raggiunto l’accordo di implementare la “messa in rete” dei Dipartimenti episcopali dedicati alla comunicazione, così da condividere maggiormente le esperienze, soprattutto grazie all’aiuto dei social network e dei blog. (A cura di Isabella Piro)

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Tema triennio Signis: i media per una cultura della pace

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“I media per una cultura della pace: promuovere storie di speranza attraverso la connessione”: questo il tema sul quale lavorerà, per il prossimo triennio, Signis, l'Associazione cattolica per la comunicazione. A stabilirlo, nei giorni scorsi, è stato il Consiglio direttivo, riunitosi a Bruxelles.

“Il tema scelto – informa una nota – significa che Signis vuole costruire una cultura globale della pace portando speranza nel contesto della nuova cultura digitale”. In particolare, si mira a rivedere la strategia della comunicazione, cercando di migliorare l’uso dei social network. L’incontro di Bruxelles è stato il primo a svolgersi con il nuovo direttivo, eletto a Roma a febbraio nel corso del Congresso mondiale dell’Associazione. Tra i nuovi nominati, il presidente, Gustavo Andújar, ed i due vice-presidenti, Frank Frost and LJ Sinniah.

Da ricordare che, in occasione del Congresso mondiale di Signis, Papa Francesco ha inviato un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin: nel documento, il Pontefice ha espresso soddisfazione per il fatto che il convegno proponesse "una riflessione sul potere comunicativo delle immagini che, attraverso i mass media, esprimono e formano le esperienze, le speranze e i dubbi delle nuove generazioni".

"In un mondo globalizzato in cui nuove culture, con i loro nuovi linguaggi e simboli, nascono continuamente, e appare un nuovo immaginario comune" - continuava il Papa, "i comunicatori cattolici devono affrontare la sfida sempre più grande di presentare la sapienza, la verità e la bellezza del Vangelo in un linguaggio capace di toccare i cuori e le menti di innumerevoli persone alla ricerca di senso e della direzione della loro vita, come individui e membri della società". (I.P.) 
 

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 172

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.