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Sommario del 12/06/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: Gesù ci chiede il coraggio di fare accordi per fermare l’odio

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Gesù ci insegna tre criteri per superare i conflitti tra noi: realismo, coerenza, filiazione. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, incentrata sull’amore fraterno, insegnato da Gesù ai suoi discepoli. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Come deve essere l’amore fra noi, secondo Gesù? Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia soffermandosi sul passo del Vangelo odierno che racconta il dialogo del Signore con i suoi discepoli sull’amore fraterno. Gesù, ha osservato il Papa, ci dice che dobbiamo amare il prossimo, ma non come i farisei che non erano coerenti e “facevano tante sfumature di idee, perché erano ideologi”. Il loro atteggiamento, ha osservato, “non era amore”, era “indifferenza verso il prossimo”. Gesù, ha detto, “ci dà tre criteri”:

“Primo, un criterio di realismo: di sano realismo. Se tu hai qualcosa contro un altro e non puoi sistemare, cercare una soluzione, ma mettetevi d’accordo, almeno; mettiti d’accordo con il tuo avversario, mentre sei in cammino. Non sarà l’ideale, ma l’accordo è una cosa buona. E’ realismo”.

“Lo sforzo di fare un accordo”, ha soggiunto, anche se c’è chi lo ritiene “una cosa troppo volgare”. Per salvare tante cose, infatti, “si deve fare un accordo. E uno fa un passo, l’altro fa un altro passo e almeno c’è la pace: una pace molto provvisoria, ma la pace dell’accordo”. Gesù, ha soggiunto, “dice anche questo, la capacità di fare accordi tra noi e superare la giustizia dei farisei, dei dottori della legge, di questa gente”. Ci sono “tante situazioni umane”, ha aggiunto, e “mentre siamo in cammino, facciamo un accordo”, “così fermiamo l’odio, la lotta tra noi”. Un secondo criterio che ci dà Gesù, ha detto, “è il criterio della verità”. E qui Papa Francesco ha avvertito che “sparlare dell’altro è uccidere, perché alla radice è lo stesso odio”, lo uccidi in "un’altra maniera: con le chiacchiere, con le calunnie, con la diffamazione”. E Gesù ci avverte: “Quello che gli dice stupido, questo sta uccidendo il fratello, perché ha una radice d’odio”:

“E oggi pensiamo che non uccidere il fratello sia non ammazzarlo, ma no: non ucciderlo è non insultarlo. L’insulto nasce dalla stessa radice del crimine: è la stessa. L’odio. Se tu non hai odio, e non ucciderai il tuo nemico, tuo fratello, non insultarlo nemmeno. Ma cercare insulti è un’abitudine molto comune tra noi. C’è gente che per esprimere il suo odio contro un’altra persona ha una capacità di fiorire con questi fiori d’insulto, impressionante, tanto! E questo fa male. Sgridare. L’insulto … No, siamo realisti. Il criterio del realismo. Il criterio di coerenza. Non uccidere, non insultare”.

Il terzo criterio che ci dà Gesù, ha ripreso il Papa, “è un criterio di filiazione”. “Se tu, se noi non dobbiamo uccidere il fratello – ha affermato – è perché è fratello, cioè abbiamo lo stesso Padre. Io non posso andare dal Padre se non ho pace con il mio fratello”. “Non parlare con il Padre se non sei in pace con tuo fratello - è stata l’esortazione del Pontefice - almeno con un accordo”:

“Non parlare con il Padre senza essere in pace con il fratello. Tre criteri: un criterio di realismo, un criterio di coerenza, cioè non ammazzare ma nemmeno insultare, perché chi insulta ammazza, uccide; e un criterio di filiazione: non si può parlare con il Padre se non posso parlare con il mio fratello. E questo è superare la giustizia, quella degli scribi e dei farisei. Questo programma non è facile, no? Ma è la via che Gesù ci indica per andare avanti. Chiediamo a Lui la grazia di poter andare avanti in pace fra noi, sia con gli accordi ma sempre con coerenza e con spirito di filiazione”.

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Papa Francesco: i Mondiali siano festa di solidarietà tra i popoli

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“Possa questa Coppa del Mondo svolgersi con tutta la serenità e la tranquillità, sempre nel reciproco rispetto, nella solidarietà e nella fraternità tra uomini e donne che si riconoscono membri di un’unica famiglia”.  Questo l’augurio di Papa Francesco in occasione della Coppa del Mondo di calcio che prende il via oggi in Brasile, in un videomessaggio trasmesso dalla Tv brasiliana “Rete Globo”. Il servizio di Roberto Piermarini: 

Il Papa si augura  che “oltre ad una festa di sport, questa Coppa del mondo di calcio possa trasformarsi in una festa di solidarietà tra i popoli”. “Lo sport infatti è uno strumento – dice il Papa – per comunicare i valori che promuovono il bene della persona umana e aiutano a costruire una società più pacifica e fraterna. Pensiamo alla lealtà, alla perseveranza, all’amicizia , alla condivisione ed alla solidarietà. Quindi Papa Francesco indica tre lezioni della pratica sportiva, tre atteggiamenti essenziali in favore della pace: la necessità di “allenarsi”, il “fair play” ed il rispetto degli avversari. Se per vincere è necessario allenarsi, “possiamo vedere, in questa pratica sportiva, una metafora della nostra vita”.

“Nella vita è necessario lottare, ‘allenarsi’, impegnarsi per ottenere risultati importanti. Lo spirito sportivo ci rimanda in tal modo, un’immagine dei sacrifici necessari per crescere nelle virtù che costruiscono il carattere di una persona. Se per migliorare una persona  è necessario un “allenamento” intenso e continuo – afferma il Papa -  ancora più impegno dovrà essere investito per  arrivare all’incontro e alla pace tra individui e tra i popoli ‘migliorati’!”.

Importante anche il ‘fair play’ perché “il calcio può e deve essere una scuola per la formazione di una cultura dell’incontro, che porti armonia e pace tra i popoli”. “Per vincere -  afferma Francesco – bisogna superare l’individualismo, l’egoismo, tutte le forme di razzismo, di intolleranza e di strumentalizzazione della persona umana. Quindi, essere ‘individualisti’ nel calcio rappresenta un ostacolo al successo della squadra; ma se siamo ‘individualisti’ nella vita, ignorando le persone che ci circondano, ne riceve un pregiudizio l’intera società”.

Infine il Papa sottolinea che “il segreto della vittoria sul campo, ma anche nella vita, risiede nel saper rispettare il mio compagno di squadra, come pure il mio avversario. Nessuno vince da solo, né in campo, né nella vita! Che nessuno si isoli e si senta escluso! E, se è vero che al termine di questi Mondiali, solamente una squadra nazionale potrà alzare la coppa come vincitore, imparando le lezioni che lo sport ci insegna, tutti saremo vincitori, rafforzando i legami che ci uniscono”.

 

E con un tweet Papa Francesco ha augurato "a tutti uno splendido Mondiale di Calcio, giocato con spirito di vera fraternità”, a poche ore dal calcio di inizio della Coppa del mondo, con il match Brasile-Croazia. Cecilia Seppia ha chiesto un commento alle parole del Pontefice, nel videomessaggio, al collega della redazione brasiliana Silvonei Protz

R. - Naturalmente il calcio per i brasiliani, ed anche per i latino americani, è un importante elemento di aggregazione. Il Papa conosce molto bene questa realtà, perché lui è un grande tifoso del San Lorenzo (squadra argentina ndr). Sono sicuro che guarderà il mondiale tifando per la sua Argentina. Ma il Papa fa un discorso non soltanto alla società del calcio, ma alla società in generale, ricordando anche, per un certo verso, che la pace deve essere al centro di tutto. Nel suo messaggio, il Papa mette l’accento sul fatto che dobbiamo superare il razzismo; il calcio deve essere una scuola di costruzione per una cultura dell’incontro che permetta la pace, l’armonia tra le persone. Credo che in questo Brasile ora in subbuglio anche con le manifestazioni, con gli scioperi, il Papa dà una linea, una direzione da seguire.

D. - Accennavi alle manifestazioni, agli scioperi che ci sono stati anche di protesta proprio per questo Mondiale. Il calcio può far bene al Brasile in questo momento?

R. - Credo che il calcio abbia sempre fatto bene ai brasiliani, perché era, è, momento di aggregazione anche quando ci sono queste partite -  parlo di Maracanã, di Morumbi, di questi grandi stadi in Brasile - perché si aspettava sempre durante tutta la settimana il momento di andare allo stadio. Il calcio è stato, per molto tempo, quasi un’anestesia per le rivendicazioni popolari. Questa volta è interessante guardare la situazione da una prospettiva esterna: il calcio che in Brasile è l’elemento che aggrega, sembra che in questo momento sia un elemento di disaggregazione; ma io non credo che sia così. Il fatto che il Brasile ospiti i Mondiali di calcio fa vedere che il Paese ha una storia enorme da percorrere, perché qui c’è ancora una diseguaglianza molto prepotente. Abbiamo fatto un enorme salto di qualità negli ultimi anni, ma c’è ancora tanto da fare, tanto da percorrere. Altro elemento principale sono le politiche che il governo fa verso la gente; è per questo che la gente in questo momento sta manifestando. Non sta manifestando contro il calcio in se stesso, ma contro gli sprechi che hanno fatto per montare un grande circo, un grande spettacolo, in quanto la gente ha ancora bisogno di essere concretamente servita da uno Stato.

D. - Il Papa ha voluto sottolineare tre lezioni della pratica sportiva che poi concorrono alla causa della pace: la necessità di allenarsi, il fair play e il rispetto degli avversari.

R. - Senz’altro, noi dobbiamo allenarci. L’allenamento di cui parla il Papa dobbiamo farlo  anche nel nostro quotidiano. Il giorno che ci fermiamo siamo finiti! Dobbiamo sempre migliorare! Uno che non si allena non raggiunge obiettivi, ma questo deve valere anche nella nostra vita quotidiana! Quando il Papa parla di fair play invece si riferisce a questa dimensione del rispetto verso l’altro e riconoscerlo. Quando parliamo di tutto questo, viene fuori la dimensione della pace.

D. - Quindi rispettare l’altro, evitare l’individualismo, che poi porta al razzismo all’intolleranza e, a tal proposito, evitare anche un atteggiamento che il Papa descrive usando una parola particolare in portoghese …

R. - Il Papa usa una parola molto interessante in portoghese: "fominha" che significa tutto per sé. In Brasile la usiamo per indicare quella persona che durante una partita di pallone non passa la palla, vuole fare tutto da solo. Il Papa dice: “Non si può risolvere tutto da soli, dipende dall’altro, giochiamo insieme”. Questa è la vera lezione che il Papa dà. Lo sport ci può aiutare anche in questa dimensione: dobbiamo dipendere dagli altri per risolvere. Non arriviamo al portiere, al goal, se non passando la palla.

D. - Ecco l’invito a tutte le squadre a rafforzare quindi i legami che uniscono... possiamo però fare a questo punto anche un auspicio per tua nazionale e per la nostra?

R. - Quando oggi ci sarà il primo tocco di pallone, ogni nazione si unirà: questa è una cosa fantastica! Credo sia questo il messaggio. Ogni persona diventa un tifoso non solamente di 11 giocatori che corrono dietro un pallone, ma di qualcosa che rappresenta molto di più di questo: un’unità nazionale, un ideale. Perciò forza Brasile! Forza Italia!

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Sei nuovi Santi il 23 novembre, Festa di Cristo Re

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La Chiesa universale sarà presto arricchita di sei nuovi Santi: saranno canonizzati il prossimo 23 novembre nella Festa di Cristo Re dell’Universo. L’annuncio stamane al termine del Concistoro tenuto da Papa Francesco nel Palazzo Apostolico in Vaticano. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Sei i Beati presto Santi, cinque uomini e una donna, tra loro due indiani, Eufrasia Eluvathingal del Sacro Cuore, della Congregazione delle Suore della Madre del Carmelo, e il sacerdote Kuriakose Elias Chavara della Sacra Famiglia, fondatore della Congregazione dei Carmelitani di Maria Immacolata, vissuti entrambi nell’800. Poi abbiamo tre seguaci di San Francesco, apostoli della carità in tempi lontani e contesti diversi. Amato Ronconi, terziario, nato intorno al 1226 fondatore dell’Ospedale dei Poveri Pellegrini in Saludecio, in Emilia Romagna ora Casa di Riposo Opera Pia a lui intitolata. Ludovico da Casoria, località campana, dove nacque nel 1814 al secolo Arcangelo Palmentieri, dell’Ordine dei Frati Minori, fondatore delle Suore Francescane Elisabettine, dette Bigie. E, Nicola Saggio da Longobardi, vissuto nel ‘600, nativo della Calabria, oblato professo dell’Ordine dei Minimi. Infine Giovanni Antonio Farina, noto come vescovo dei poveri a Vicenza, fondatore nel 19 secolo delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori.

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Il card. Martino è il nuovo protodiacono

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Durante il Concistoro ordinario pubblico presieduto dal Papa, per alcune Cause di Canonizzazione, si è tenuto anche il passaggio del card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, dall'ordine cardinalizio dei diaconi a quello dei presbiteri. Di conseguenza, al suo posto, come Protodiacono, subentra il card. Renato Raffaele Martino, presidente emerito del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace.

Il passaggio dall'ordine cardinalizio dei diaconi a quello dei presbiteri, oltre che il card. Tauran, riguarda anche altri 5 porporati: Julian Herranz, Javier Lozano Barragan, Attilio Nicora, Georges Cottier e Francesco Marchisano.

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Convegno su San Pio X, il primo Papa moderno della nostra era

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“San Pio X – Un Papa riformatore di fronte a sfide del nuovo secolo”. Questo il tema della giornata di studi promossa oggi in Vaticano, in occasione del centenario della morte di Papa Sarto, salito al soglio pontificio nel 1903. Sulla figura di San Pio X si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, il presidente del Pontificio Comitato di scienze storiche, padre Bernard Ardura:

 

R. – Un Papa riformatore, perché ha capito che ci sono dei passi che non si potranno mai più fare. Ad esempio, è liberato dal concetto di Stato Pontificio. Capisce che la missione della Chiesa è di ordine spirituale. Il suo motto – “Instaurare omnia in Christo” – vorrà assolutamente attuarlo attraverso le sue varie riforme. Riformerà il clero, l’episcopato, sarà particolarmente vigilante sull’insegnamento nei seminari e sulla scelta dei vescovi. E poi è molto preoccupato per la vita sacramentale di tutti. Dunque, il decreto per la comunione dei bambini a partire dall’età di sette anni, la comunione frequente degli adulti e tutte le sue riforme, sono tutte orientate su questo “instaurare omnia in Christo”. E, ovviamente, in contesti molto diversi un secolo dopo Francesco fa lo stesso.

D. – Anche le scelte pratiche, sono simili …

R. – Anche scelte pratiche: per esempio, San Pio X ha abolito le etichette. Non ha voluto abitare l’appartamento pontificio della Seconda Loggia, ma si è fatto allestire l’appartamento della Terza Loggia, dove poi sono vissuti tutti i Papi fino a Benedetto XVI. San Pio X fu un Papa pastore, un Papa riformatore, un Papa spirituale.

D. – Un Papa riformatore. Ma spesso è ricordato per la sua condanna del modernismo…

R. – Sì, perché questo Papa aveva la formazione molto conservatrice. Però questa è soltanto una parte della personalità del Papa: da cappellano a Papa, ha percorso tutte le tappe del ministero ecclesiale, ha visto che tutto doveva essere ordinato alla missione spirituale della Chiesa. E per questo condannò il modernismo, ma fu il primo Papa moderno della nostra era.

D. – Un Papa che sapeva anche leggere gli eventi della Storia: ha promosso, ad esempio, un progressivo riavvicinamento tra Regno d’Italia e Santa Sede …

R. – E fu il primo anche in questo contesto, che ha rinunciato veramente ad ogni pretesa territoriale in Italia. Non dimentichiamo che prima della Prima Guerra Mondiale, i nazionalismi sono esacerbati e questo spiega, tra l’altro, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

D. – Papa Pio X muore proprio pochi giorni dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale; aveva implorato la pace … Le sue esortazioni poi sono state ripetute anche da altri Pontefici …

R. – Le sue esortazioni non sono state ascoltate, come non furono ascoltate quelle di Benedetto XV nel 1917; non furono ascoltati Pio XI, Pio XII, e nemmeno Giovanni Paolo II prima della Guerra in Iraq. L’unico che fu ascoltato fu Giovanni XXIII, durante la crisi dei missili di Cuba. E allora, speriamo che quello che il Santo Padre Francesco ha intrapreso con questo Incontro di preghiera della settimana scorsa possa portare i suoi frutti. La missione della Chiesa è spirituale, ma è una missione nel mondo, è per il servizio agli uomini e della pace.

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Cappella Sistina: al via lavori per nuovo impianto di climatizzazione

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Al via i lavori per un nuovo impianto di climatizzazione e di illuminazione per la Cappella Sistina, che verrà realizzato entro i primi di ottobre. Per dare solennemente inizio ai lavori, informa l’Osservatore Romano, il cardinale Giuseppe Bertello - presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano - ha presieduto ieri una breve cerimonia di benedizione dei cantieri e del personale che vi lavorerà. Il porporato ha sottolineato che i Musei Vaticani non sono musei alla stregua degli altri, ma devono essere piuttosto itinerari di fede per porre un interrogativo a coloro che non credono o non credono più.

Anche Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani – prosegue l’Osservatore Romano – ha evidenziato la particolarità della Cappella Sistina, da lui definita come la “cappella del mondo”. Gli interventi di riqualificazione dell’impianto di condizionamento e di illuminazione sono stati promossi dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano per incrementare l’accesso da 700 a 2.000 persone alla volta nella Cappella Sistina. Verranno adottati accorgimenti per una migliore pulizia dell’aria all’interno dell’edificio, facendo attenzione alla tutela e alla conservazione degli affreschi. Il costo degli interventi a carico del Governatorato è minimo, visto che l’azienda Osram donerà le apparecchiature per l’impianto di illuminazione e la ditta Carrier quelle per il condizionamento.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, l’augurio di Papa Francesco per l’apertura dei mondiali di calcio in Brasile. Sullo stesso tema, in cultura, il messaggio dei vescovi brasiliani e un articolo di Sandro Mazzola.

Nel servizio internazionale, in rilievo l’Iraq: oltre mezzo milione di persone in fuga dalle violenze mentre i guerriglieri jihadisti si avvicinano a Baghdad.

Il mondo che sfrutta i bambini: la giornata mondiale contro il lavoro minorile.

Preparazione globale: Elena Buia Rutt su un convegno a Londra dedicato alla tradizione educativa dei gesuiti.

Nel servizio religioso, un articolo dell’arcivescovo emerito di Pisa, Alessandro Plotti, sulla pastorale carceraria in occasione di un convegno a Roma. 

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Oggi in Primo Piano



Iraq. Il vescovo di Mosul invoca la pace e aiuti umanitari

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In Iraq continua l’avanzata dei jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, che ora minacciano di attaccare la capitale Baghdad, ma sono stati respinti dai combattenti curdi a Kirkuk e, secondo fonti ufficiali, dall’esercito iracheno a Tikrit. L’Onu ha condannato le violenze, e anche l’Iran si è detto disponibile a combattere “contro il terrorismo” nel Paese vicino. Drammatica la situazione a Mosul, dove i profughi sono mezzo milione. Davide Maggiore ha raggiunto telefonicamente il vescovo caldeo della città, mons. Emil Shimoun Nona

R. – Quasi tutte le famiglie che sono fuggite dalla città sono senza niente. Abbiamo cercato di trovare posti nei paesi della Pianura di Ninive; ci sono famiglie nelle aule di catechismo, nelle sale delle Chiese, nelle case vecchie di questi paesi. Poi, ce ne sono altri nelle tende, vicino al Kurdistan. Perciò la situazione non va bene e se in questi giorni la situazione rimarrà così, questa gente avrà bisogno di aiuto, di aiuto urgente.

D. – La popolazione civile di questi paesi dove i profughi si sono rifugiati, come sta aiutando, come sta reagendo?

R. –Hanno cominciato ad aiutare questa gente con tutto quello che hanno ma non è possibile che questa gente aiuti per lungo tempo gli altri che sono venuti, perché la capacità di questa zona, in questo momento, non è un granché, perciò bisogna aiutarli in un altro modo.

D. – Cosa si potrebbe fare, cosa si dovrebbe fare?

R. – Prima di tutto un aiuto urgente di cibo, di acqua ed altre cose necessarie per vivere, soprattutto con questo clima che qui è abbastanza caldo.

D. – I jihadisti stanno continuando la loro avanzata. Da questo punto di vista com’è da voi la situazione, parlano di Chiese e conventi bruciati…

R. – Una chiesa della mia diocesi è stata saccheggiata, ieri e l’altro ieri, da parte di alcune persone. Non si sa chi siano queste persone, militanti, o ladri; non lo sappiamo esattamente. Quello che sappiamo è che i vicini della chiesa e le famiglie musulmane hanno cercato di difendere la chiesa. Ci sono riusciti abbastanza ma, ieri e l’altro ieri, alcuni ladri, o persone armate, sono entrati in Chiesa ed hanno rubato tutto quello che c’era. Un’altra chiesa è bruciata, ma non era esattamente una chiesa: era una struttura della Chiesa armena, e prima della caduta di Mosul c’era l’esercito in questa struttura.

D. – In questa situazione veramente di emergenza, in cui c’è bisogno di aiuto, come sta reagendo la popolazione musulmana? I civili musulmani, le famiglie musulmane danno anche loro un aiuto?

R. – Certo, certo! Ci sono famiglie che difendono le case dei cristiani, le chiese, ma sicuramente ce ne sono anche altri che non fanno tutto questo. In generale, però, i vicini delle chiese stanno reagendo in modo buono. La gente sente che non può fare niente, adesso con i militanti, o jihadisti: quella che parla è la lingua della forza, la lingua delle armi. È quella la lingua adesso.

D. – C’è un appello che lei vuole fare a chi ci sta ascoltando attraverso i microfoni della Radio vaticana?

R. – Prima di tutto noi vogliamo che la pace torni nella nostra città, in tutto l’Iraq, perché è molto importante che la gente viva in pace, in serenità. Tutto il popolo iracheno si è stancato di questa situazione e la nostra città di Mosul di più, perché da anni abbiamo questa situazione. Vogliamo vivere in pace, con dignità umana. Poi, la seconda cosa è che bisogna aiutare anche questa gente che adesso si trova fuori dalla città, tantissime famiglie musulmane, cristiane sono fuori dalla città e bisogna trovare il modo o di farle tornare nelle loro case, o di dare loro un aiuto.

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Vescovi della Nigeria: basta attacchi Boko Haram contro cristiani

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Ancora violenze contro i cristiani in Nigeria. Un attacco riconducibile al gruppo terroristico di "Boko Haram" ha colpito alcune chiese nello Stato centrale del Plateau, uccidendo almeno 9 cristiani. Dal canto loro, i vescovi nigeriani hanno diffuso un documento, intitolato “Religione e Stato in Nigeria”, all’interno del quale si sottolinea che l’adozione dell’Islam come religione di Stato in alcune aree del Nord del Paese, rappresenti una discriminazione contro le altre religioni, a cominciare dal cristianesimo. Gianmichele Laino ha intervistato padre Patrick Tor Alumuku, responsabile delle comunicazioni dell’Arcidiocesi di Abuja:

 

R. - C’erano persone in questa chiesa, quando centinaia di questi islamisti "Boko Haram" hanno sferrato l’attacco uccidendo otto persone. Hanno attaccato questa chiesa con l’intenzione di uccidere centinaia di persone. Il giorno dopo, sono andati alla chiesa centrale, questa volta in migliaia, con armi per attaccare i militari che stavano proprio accanto alla chiesa. Fuggendo, hanno preso tutte le macchine dei militari. Hanno visto che c’era una chiesa dall’altra parte della strada: sono entrati, hanno preso tutti i sedili della chiesa e hanno appiccato il fuoco. Una parte della chiesa è andata a fuoco. I militari hanno chiesto l'intervento dell'aviazione. L’attacco aereo - comandato dal governo - ha distrutto tutto quello che era rimasto della chiesa. Una donna che si trovava vicino alla chiesa è rimasta uccisa nell’attacco.

D. - Ma come mai l'aviazione ha attaccato la chiesa? Pensava che ci fossero dei rifugiati di "Boko Haram" all’interno?

R. - Pensavano che in quel momento erano lì, perché questo è avvenuto quasi immediatamente dopo l’attacco. In realtà, erano già andati via portando con sé le macchine dei militari e quelle là intorno.

D. - C’è paura tra le comunità cristiane?

R. - C’è tanta paura. In questo momento la Chiesa deve cercare di aiutare questa comunità per salvare sia il coraggio dei sacerdoti che quello dei catechisti che continuano a pregare, a rimanere insieme a difendere questa comunità.

D. - I vescovi nigeriani hanno diffuso una dichiarazione intitolata: “Religione e Stato in Nigeria”. Cosa si afferma in questa dichiarazione? È un appello all’unità del Paese?

R. - I vescovi stanno chiedendo che ci sia comprensione tra i leader musulmani e cristiani, che il governo affermi che una persona non può essere forzata a diventare membro di un’altra religione.

D. - E perché "Boko Haram" sta cercando di estremizzare il conflitto tra cristiani e musulmani?

R. - È una domanda alla quale stiamo cercando anche a noi di dare una risposta. I leader musulmani in questo Paese hanno detto che "Boko Haram" non è un’organizzazione islamica. Stiamo chiedendo alla comunità islamica di fare qualcosa, di fermare questa violenza. 

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Fao: 842 milioni di sottonutriti, impegno della Chiesa contro la fame

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Sono 842 milioni le persone sottonutrite nel mondo e circa il 45 per cento dei 6,9 milioni di morti infantili sono connesse alla malnutrizione. E’ lo sconfortante quadro presentato stamani dal direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, alla presentazione della seconda conferenza internazionale sulla nutrizione. All’evento ha preso parte anche l’Osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, mons. Luigi Travaglino, che – al microfono di Rafael Belincanta – si sofferma sull’impegno della Chiesa contro la fame: 

R. - Fin dall’istituzione della Fao a Roma, la Santa Sede è stata sempre tra i primi sostenitori, proprio perché c’è questa comunanza di ideali, di obiettivi: servire il prossimo ed aiutarlo. Noi parliamo di prossimo e la Fao, essendo un’istituzione laica, parlerà di persone umane. Quello che fa la Chiesa per risolvere, per affrontare questi problemi della fame, della malnutrizione: anche qui è questione di esperienza. Avere gli occhi per vedere, perché non c’è un Paese al mondo – ed io ne ho girati molti, essendo nunzio apostolico conosco bene l’Africa e l’America Latina – dove se c’è un povero, accanto ad esso c’è un rappresentante della Chiesa, o un cristiano, un credente. Noi possiamo continuare a dare un contributo perché abbiamo sempre al centro il rispetto della persona umana.

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Giornata contro lavoro minorile: puntare sull'educazione

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Si celebra oggi la Giornata Mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile. "Decine di milioni di bambini sono costretti a lavorare in condizioni degradanti, esposti a forme di schiavitù e di sfruttamento, come anche ad abusi, maltrattamenti e discriminazioni" ha ricordato ieri Papa Francesco nel corso dell’Udienza generale. Davide Dionisi ha intervistato Carlotta Bellini di "Save the Children" che questa mattina ha presentato a Roma i primi dati di una nuova indagine su lavoro minorile e le condotte devianti: 

R. – Il dato più allarmante che emerge è che il 70 per cento dei minori intervistato ha svolto un’attività lavorativa prima di aver compiuto 16 anni; ma addirittura il 40 per cento prima dei 14 anni, e l’11 per cento prima degli 11 anni. E’ anche grave il fatto che gran parte dei ragazzi che abbiamo intervistato hanno dichiarato di aver cominciato ad essere coinvolti in attività illegali tra i 12 e i 15 anni.

D. – Parliamo di prevenzione. La scuola ovviamente dovrebbe essere il primo presidio, la prima cintura di sicurezza nel momento in cui la famiglia viene meno. Ma la scuola spesso non è in grado di offrire soluzioni efficaci…

R. – Sicuramente è necessario intanto riformare proprio la scuola e permettere che ci sia un’educazione che vada incontro anche alle esigenze dei ragazzini che vivono proprio nei contesti più difficili; che sia una scuola che prepari i ragazzi al mondo del lavoro, che dia loro delle opportunità, che li sappia ascoltare: questo è fondamentale.

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Terzo Settore. Il ministro Poletti: stabilizzare il 5 per mille

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Il governo italiano vuole procedere in modo spedito per la riforma del Terzo Settore. Dunque in questi giorni continuerà la consultazione con le associazioni, ma il 27 giugno comunque sarà presentata la legge delega. Lo ha annunciato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che oggi ha partecipato a un convegno del Forum del Terzo Settore. Il servizio di Alessandro Guarasci: 

Razionalizzare le risorse e fare del volontariato una gamba del welfare. Per il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, serve costruire una situazione in cui il Terzo Settore sia una componente strutturale dell'idea di società e di economia. E questo percorso passerà attraverso la legge delega. C’è poi la questione del 5 per mille. Ogni anno il fondo composto da quella quota delle tasse che i cittadini vogliono destinare a associazioni e organismi del volontariato deve essere rifinanziato. Un meccanismo che non va secondo il ministro Giuliano Poletti:

“Il fatto di non stabilizzarlo ne impedisce una sostanziale progettazione e programmazione, che è uno dei vizi di tutte le normative del nostro Paese, che vengono fatte per sei mesi, per 12 mesi, poi interrotte, poi rifatte … Un assetto sociale di funzionamento non può essere costruito se la norma a cui ti riferisci viene sistematicamente resa incerta”.

In attesa della delega, il governo sta anche prendendo in considerazione l’ipotesi di un voucher per colf e badanti. Ma il Forum del Terzo Settore chiede una riforma ampia. Dunque: rivedere Codice Civile, aggiornare la legge quadro sul volontariato, istituire un'Authority, parlare di riforma dell'impresa sociale, e istituire il servizio civile universale. Pietro Barbieri portavoce del Forum nazionale Terzo Settore

“La libertà associativa è esattamente il passaggio in equivoco che dev’essere praticato; dopo di ché ci servono i controlli, sono necessarie le verifiche, dove finiscono i soldi … Tutto vero. Però, prima di tutto bisogna garantire, continuare a garantire la libertà associativa, e incentivarla, per i cittadini”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Centrafrica: aiuti dell’arcivescovo di Bangui a 600 musulmani

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 “La fuga dei musulmani dal Centrafrica è un problema grave. Se non vogliamo che assimilino i cristiani a quelli che hanno fatto loro del male, devono essere aiutati dai cristiani. Occorre agire in fretta se non vogliamo che la coabitazione tra noi diventi un pio desiderio” afferma mons. Dieudonné Nzapalainga, in una dichiarazione al quotidiano cattolico francese “La Croix” ripresa dall'agenzia Fides, durante la sua visita a 600 Peuls musulmani, accampati a Yaloké, una località a un centinaio di km dalla capitale della Repubblica Centrafricana.

Mons. Nzapalainga ha guidato personalmente il suo fuoristrada, facente parte di un convoglio di aiuti umanitari organizzato dalla Chiesa cattolica a favore dei 600 rifugiati di Yaloké. Con lui c’era una delegazione di capi religiosi guidata dall’imam di Bangui, Oumar Kobine Layama. 

Alla guida di un altro pick-up c’era suor Julietta, una religiosa originaria della Corea del Sud della congregazione di Saint-Paul de Chartres, responsabile del Centro sanitario de Notre-Dame di Fatima di Bangui. Accanto a lei c’erano altre due infermiere. 

Al campo profughi mons. Nzapalainga ha cercato di rassicurare gli sfollati: “Sono qui con l’imam che ho accolto a casa mia durante cinque mesi. Non è sufficiente dire ‘bisogna vivere insieme’, ma occorre tradurre queste parole in atti concreti”. La situazione a Yaloké rimane precaria, ma l’arcivescovo, nel riprendere la strada verso Bangui, ha promesso: “torneremo presto, non vi abbandoneremo”. (R.P.)

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Summit mondiale: stop alle violenze sessuali nei conflitti

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Con le tavole rotonde tra ministri e leader religiosi di 123 Paesi di tutto il mondo continua, il “Global Summit to End Sexual Violence in Conflict”, primo summit internazionale sulla violenza sessuale nelle zone di guerra voluto dal governo britannico e sostenuto dall’attrice americana Angelina Jolie. Al Centro conferenze Excel di Londra - riferisce l'agenzia Sir - sono riuniti rappresentanti delle Nazioni Unite e di organizzazioni internazionali e Ong per affrontare, in modo concreto, il cambiamento di sistemi giudiziari e forze armate perché “finiscano i crimini che uccidono la sessualità femminile”.

Un ruolo particolare - si ritiene - possono svolgerlo i capi religiosi e le comunità da essi guidate. Proprio a questo tema verrà dedicata una tavola rotonda alla quale parteciperanno, oltre al Primate cattolico d’Inghilterra e Galles card. Vincent Nichols, Sheikh Abdallah Bin Bayyah, esperto di diritto islamico, l’arcivescovo della Chiesa anglicana del Burundi, Bernard Ntahoturi, Solange Mukamana, dell’organizzazione “Tearfund” per il Sud Africa, e Luiz Loures, vicedirettore di Unaids, il programma Onu per combattere Hiv e Aids.

Durante il dibattito i leader religiosi parleranno della posizione nella quale si trovano “per trasformare le norme sociali e i valori che regolano i rapporti tra i sessi e l’identità maschile”. Il summit si concluderà domani con un videomessaggio del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. (R.P.)

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Cardinale di San Paolo: Mondiali delle attese frustrate

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“Le attese erano enormi. Ci avevano detto che il Mondiale avrebbe lasciato un’eredità che sarebbe rimasta. E’ vero, gli stadi sono stati costruiti, come anche alcune infrastrutture. Ma si vede poco. E poco è stato investito nelle politiche sociali. La gente non andrà tutti i giorni allo stadio. Tutti i giorni andrà invece a scuola, dovrà viaggiare, chiedere assistenza negli ospedali”. A parlare con l'agenzia Misna è il card. Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo, la città brasiliana dove questa sera cominceranno i Mondiali di calcio.

“Sicuramente anche a torneo iniziato – sottolinea il card. Scherer – ci saranno manifestazioni di protesta. Esiste un’insoddisfazione per le tante attese frustrate. Il governo doveva e deve dare delle risposte. Come vescovi siamo preoccupati. Abbiamo chiesto al governo di rispettare il diritto di manifestare”.

Lo sguardo dell’arcivescovo di San Paolo non è rivolto solo alla sua diocesi ma al Brasile e oltre. “Durante i Mondiali – sottolinea – la Chiesa si impegnerà ad accogliere chi viene da lontano. Accoglieremo i tifosi nelle nostre chiese e nelle nostre comunità. Vorremmo dare quel gusto dell’accoglienza tipico della nostra cultura”.

Il card. Scherer sottolinea l’importanza dell’impegno, in particolare dei religiosi, contro la tratta delle persone e lo sfruttamento sessuale. “In tutte e dodici le città che ospiteranno il torneo – dice l’arcivescovo di San Paolo – sono stati allestiti luoghi dove si vigilerà su questi fenomeni, denunciando ma anche dando accoglienza a chi ne ha bisogno”.

“I Mondiali – conclude il card. Scherer – sono un grande momento per promuovere la pace. Per questo come Chiesa ci impegneremo ancora di più contro qualsiasi forma di discriminazione razziale. Saremo attenti alla promozione della persone. Viviamo questo momento non solo come festa ma anche come occasione d’impegno”. (R.P.)

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Lisbona: incontro dei portavoce degli episcopati europei

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Il Sinodo dei vescovi sulla famiglia: dall’indizione alla diffusione del questionario, dall’Instrumentum laboris alla “sfida comunicativa”: sono i temi della seconda giornata dell’incontro degli addetti stampa e portavoce delle Conferenze episcopali europee in corso a Lisbona, organizzato dal Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali europee). Una cinquantina di partecipanti, provenienti da tutto il continente - riferisce l'agenzia Sir - stanno mettendo a fuoco i temi dell’attualità ecclesiale, i prossimi impegni, nuove possibili sinergie. Fra gli interventi di oggi sono previsti quelli del card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, di padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana e di mons. Domenico Pompili, direttore dell’ufficio Comunicazioni sociali della Cei.

Nel corso della prima giornata i lavori sono stati presentati da padre Duarte da Cunha, segretario generale Ccee e da mons. José Ignacio Munilla, presidente della commissione comunicazioni sociali Ccee. Quindi si è svolta una tavola rotonda sul tema “Papa Francesco, un comunicatore globale”, introdotta e moderata da Paul Wuthe, direttore dell’agenzia di stampa della Conferenza episcopale austriaca. “L’Habemus Papam è stato un evento mondiale con share da primato - ha affermato -. In Austria è stata la trasmissione televisiva più seguita di tutto il 2013”. 

Paul Wuthe, proponendo alcuni spunti sul tema del “Papa comunicatore”, ha presentato tre aspetti: Papa Bergoglio come “fenomeno mediatico”, rischi e opportunità legati a questo aspetto, e infine le “conseguenze” per i comunicatori ecclesiali. “Il Santo Padre sa trasmettere il messaggio cristiano con un linguaggio quotidiano, comprensibile da chiunque, essenziale. Un messaggio che per questo diventa coinvolgente”. Non solo: “Il Papa comunica anche con i gesti, i segni, con immagini che non devono - ha aggiunto il giornalista austriaco - essere tradotti. Basti pensare agli abbracci alle persone ammalate o anziane, o alla lavanda dei piedi in carcere”.

Ma ciò che rende ancora più “comunicativo” Papa Francesco è, secondo Wuthe, “la sua credibilità personale. Per questo la sua testimonianza è immediata, diretta, mai astratta”. Il suo “stile narrativo” comprende parole e comportamenti, compresi “il modo di vestire, l’andare in pullman con i cardinali oppure il fatto di risiedere a Santa Marta”. Wuthe ha quindi ricordato che “prima o poi l’interesse mediatico andrà calando” ed è possibile che “taluni suoi messaggi siano fraintesi” oppure “strumentalizzati”. Per questa ragione i comunicatori ecclesiali dovranno “essere esaustivi” “cercando di raccontare con puntualità ciò che dice il Papa, e come lo dice”, “contestualizzando sempre il suo messaggio”. (R.P.)

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Libano: card. Raï prega per l'elezione di un nuovo Presidente

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Il ritardo nell'elezione di un nuovo Presidente libanese rappresenta “una violazione inammissibile della Costituzione e del patto nazionale”. Con queste parole il Patriarca di Antiochia dei Maroniti, Bechara Boutros Raï, ha lanciato un nuovo allarme sullo stallo che da settimane ostacola l'elezione del successore di Michel Sleiman alla presidenza della repubblica libanese, tenendo di fatto bloccata la vita istituzionale del Paese dei cedri in un passaggio particolarmente critico della situazione in Medio Oriente.

Ieri pomeriggio, aprendo il Sinodo annuale della Chiesa maronita presso la sede patriarcale di Bkerkè, il Patriarca ha invitato a pregare affinchè i parlamentari “eleggano un nuovo Presidente”, ribadendo che nessuno ha diritto a paralizzare le istituzioni, la cui salvaguardia deve prevalere “su tutte le considerazioni individuali e settarie, così come su tutti i diritti acquisiti”.

Il Sinodo maronita, dopo alcuni giorni di preghiera e ritiro spirituale, realizzerà la sua fase operativa dal 16 al 19 giugno e non mancherà di esprimere considerazioni forti e autorevoli sull'impasse che continua a deteriorare il quadro politico libanese. I due blocchi politici dell'8 marzo e del 14 marzo non trovano un consenso unitario su chi eleggere al posto di Sleiman, il cui mandato presidenziale è terminato lo scorso 25 maggio.

Il complesso equilibrio istituzionale libanese prevede che la carica di Presidente della Repubblica sia occupata da un cristiano maronita. Nei giorni scorsi il leader delle Forze libanesi, Shamir Geagea (Coalizione 14 marzo), aveva attribuito al Patriarcato maronita il sostegno a una rosa di tre potenziali candidati – gli ex ministri Damien Kattar, Ziyad Baroud et Roger Dib – dichiarando la propria disponibilità a sostenere uno di loro. Ma da Bkerkè è stata ufficialmente smentita l'esistenza di candidati “appoggiati” dal Patriarcato. (R.P.)

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Orissa: il governo demolisce una chiesa e 30 case cristiane

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Le autorità di Bhubaneswar, capitale dello Stato indiano dell'Orissa, hanno demolito ieri una chiesa e 30 case della comunità cristiana che vive nella baraccopoli Behera, nel quartiere di Nayapalli. A denunciare il fatto all'agenzia AsiaNews è il Global Council of Indian Christians (Gcic). Il comune e l'Autorità per lo sviluppo hanno giustificato la distruzione del luogo di culto, delle abitazioni e di ogni bene materiale dei proprietari con la necessità di ampliare ed estendere la strada adiacente.

Secondo Sajan K. George, presidente del Gcic, la demolizione "è una grave violazione dei diritti umani. L'amministrazione ha deciso di distruggere le case proprio quando l'Orissa è attraversata da un'ondata di caldo torrido". Nel complesso la comunità cristiana della zona conta 250 fedeli.

Il gesto, sottolinea l'attivista ad AsiaNews, "è un modo per perseguitare e intimorire questi poveri cristiani. Ora non hanno un luogo in cui vivere, e quel che è peggio è che non hanno cibo, né acqua potabile. Il loro futuro è sconfortante: la maggior parte svolge lavori giornalieri o sono braccianti. Come potranno sopravvivere ora che tutti i loro averi sono stati distrutti? Che ne sarà delle donne e dei bambini, che già vivevano in una grande insicurezza?".

Il Gcic, aggiunge, "non è contrario al progresso e allo sviluppo, ma questo non deve avvenire senza porre l'uomo al centro".

Questa non è la prima volta che la chiesa locale viene presa di mira dalle autorità. Il 2 luglio 2008 sette pastori protestanti sono stati pestati e imprigionati con false accuse di conversioni forzate. All'epoca - come oggi - al governo in Orissa c'era il Biju Janata Dal (Bjd), partito regionale della destra alleato al Bharatiya Janata party (Bjp), formazione ultranazionalista indù che dal 16 maggio scorso è alla guida del governo centrale dell'India. (R.P.)

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Vescovi polacchi: aiuti alle famiglie povere

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“Nonostante le persone ora insignite non siano più in vita, abbiamo un debito morale nei confronti dei polacchi che proteggevano gli ebrei”: l’ambasciatore di Israele a Varsavia ha conferito, con una cerimonia svoltasi ieri al termine della Plenaria dell’episcopato di Polonia, la massima onorificenza civile dello Stato di Israele, il titolo “Giusto tra le nazioni”, a tre presuli e due religiose che durante la Seconda guerra mondiale hanno salvato degli ebrei. Nonostante, come ricorda il comunicato finale della Plenaria ripreso dall'agenzia Sir, “solamente in Polonia l’aiuto agli ebrei veniva punito dai nazisti con la morte di intere famiglie di coloro che lo prestavano”, sono 6.454 i polacchi ad aver ricevuto il riconoscimento.  

Analizzando la situazione attuale in Polonia, i presuli rilevano poi che “sempre meno spazio viene lasciato ai valori oggettivi e universali”, mentre sempre più frequenti sono le manifestazioni “di un ateismo nemico della fede”.

Preoccupati per la crescente povertà, soprattutto delle famiglie numerose, i vescovi dichiarano l’intenzione di contribuire, insieme agli enti pubblici e al volontariato, alla ricerca di nuove forme di carità. Nel corso dell’Assemblea plenaria mons. Artur Mizinski, vescovo ausiliare di Lublino, è stato eletto segretario della Conferenza episcopale, giacché il suo predecessore, mons. Wojciech Polak, è divenuto di recente Primate di Polonia. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 163

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.