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Sommario del 08/06/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Francesco al Regina Coeli prega per l’incontro di pace in Vaticano e invoca “una Chiesa che sorprende e scompiglia”
  • Nella festa di Pentecoste Messa del Papa in San Pietro
  • L'invito ai presidenti di Israele e Palestina. Padre Enzo Bianchi: gesto profetico del Papa
  • Telefonata di Francesco ai partecipanti al pellegrinaggio Macerata Loreto
  • Il Papa al mondo dello sport: la nostra partita è quella del Vangelo
  • Messaggio di Francesco a Raduno motociclisti. Mons. Mencuccini: il mio apostolato su due ruote in Indonesia
  • Oggi in Primo Piano

  • Iraq: attentato di al Qaeda contro sede del partito curdo, 18 morti
  • Elezioni in Kosovo. La sfida è vincere la disoccupazione
  • Festival di Pentecoste a Salisburgo. Intervista a Bruno Cagli, presidente Accademia Santa Cecilia
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Emergenza emigrazione. Porti intasati in Sicilia, 800 persone in attesa di sbarco
  • Egitto: al-Sisi ha giurato da presidente. Rilancio economia sfida principale
  • Ucraina: ribelli segnalano bombardamenti e vittime a Sloviansk
  • Il Papa e la Santa Sede



    Francesco al Regina Coeli prega per l’incontro di pace in Vaticano e invoca “una Chiesa che sorprende e scompiglia”

    ◊   Il Papa al Regina Coeli chiede preghiere per l’incontro di questo pomeriggio in Vaticano con i presidenti di Israele Peres e di Palestina Abbas, cui parteciperà anche il patriarca ecumenico Bartolomeo I. Nella domenica di Pentecoste, Francesco, dopo aver celebrato la Messa nella Basilica vaticana, si è rivolto ai fedeli - raccolti in piazza San Pietro - per sottolineare la missione di sorprendere e scompigliare affidata agli apostoli e a tutti i cristiani. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Un incontro storico voluto – ha rimarcato il Papa - “per invocare da Dio il dono della pace nella Terra Santa, in Medio Oriente e nel mondo intero”.

    “Desidero ringraziare tutti coloro che, personalmente e in comunità, hanno pregato e stanno pregando per questo incontro, e si uniranno spiritualmente alla nostra supplica. Grazie!”

    Prima della recita mariana, Francesco, nella Festa di Pentecoste - che “commemora l’effusione dello Spirito Santo sugli apostoli” - ha ricordato che “dove arriva lo Spirito di Dio, tutto rinasce si trasfigura”

    “L’evento della Pentecoste segna la nascita della Chiesa e la sua manifestazione pubblica; e ci colpiscono due tratti: è una Chiesa che sorprende e scompiglia”.

    Infatti dopo la morte di Gesù
    nessuno si aspettava più nulla dai discepoli”: “erano un gruppetto insignificante, degli sconfitti orfani del loro Maestro. Invece si verifica un evento inatteso….”

    “I discepoli sono rivestiti di potenza dall’alto e parlano con coraggio - pochi minuti prima erano tutti codardi, ma adesso parlano con coraggio e franchezza, con la libertà dello Spirito Santo”.

    E’ vero , ha osservato il Papa, che “qualcuno a Gerusalemme, avrebbe preferito che i discepoli di Gesù, bloccati dalla paura, rimanessero chiusi in casa per non creare scompiglio. Invece il Signore li spinge nel mondo

    “La Chiesa di Pentecoste è una Chiesa che non si rassegna ad essere innocua, troppo ‘distillata’. No, non si rassegna a questo! Non vuole essere un elemento decorativo. È una Chiesa che non esita ad uscire fuori, incontro alla gente, per annunciare il messaggio che le è stato affidato, anche se quel messaggio disturba o inquieta le coscienze, anche se quel messaggio porta, forse, problemi e anche, a volte, ci porta al martirio".

    Chiesa che “nasce una e universale”:

    “con un’identità precisa, ma aperta, una Chiesa che abbraccia il mondo ma non lo cattura; lo lascia libero, ma lo abbraccia come il colonnato di questa Piazza: due braccia che si aprono ad accogliere, ma non si richiudono per trattenere”.

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    Nella festa di Pentecoste Messa del Papa in San Pietro

    ◊   Cristo continua ad inviare sulla Chiesa lo Spirito Santo: “senza di Lui non c’è missione”. Così il Papa che ha presieduto la Messa nella Solennità di Pentecoste celebrata nella Basilica vaticana. Il Papa ricorda tre tratti dello Spirito Santo che “ci insegna la via”, “ci ricorda le parole di Gesù” e “ci fa parlare con Dio nella preghiera” e “agli uomini nel dialogo fraterno e nella profezia”. Il servizio di Debora Donnini:

    Vieni Spirito Santo. Sulle labbra dei fedeli, quasi come una voce sola, si diffonde l’invocazione allo Spirito Santo, la cui effusione non si è limitata al giorno di Pentecoste, sui discepoli nel Cenacolo, ma è un evento “che si rinnova ancora”, ricorda Papa Francesco nell’omelia. Cristo, infatti, continua ad inviare “sulla Chiesa lo Spirito vivificante”. Tre sono gli aspetti che il Pontefice sottolinea. Lo Spirito Santo “ci insegna e ci ricorda e ci fa parlare”. E’, infatti, “più che un maestro di dottrina”, “un maestro di vita”: “il Maestro interiore” che “ci guida per il giusto cammino attraverso le situazioni della vita” e insegna a seguire Gesù. Lo Spirito Santo poi “ci ricorda tutto quello che Gesù ha detto”. E questo ricordare non si riduce ad un fatto mnemonico ma significa che “ci fa entrare sempre pienamente nel senso delle sue parole”. Tutto ciò - sottolinea Francesco – “chiede da noi una risposta” e più questa è generosa, più le parole di Gesù diventano in noi “testimonianza”:

    “In sostanza lo Spirito ci ricorda il comandamento dell’amore, e ci chiama a viverlo. Un cristiano senza memoria non è un vero cristiano: è un cristiano a metà strada, è un uomo o una donna prigioniero del momento, che non sa fare tesoro della sua storia, non sa leggerla e viverla come storia di salvezza.”

    “Invece – prosegue il Papa – con l’aiuto dello Spirito Santo possiamo interpretare le ispirazioni interiori e gli avvenimenti della vita alla luce delle parole di Gesù”:

    “E così cresce in noi la sapienza della memoria, la sapienza del cuore, che è un dono dello Spirito. Che lo Spirito Santo ravvivi in tutti noi la memoria cristiana!”.

    Maria è la donna che dall’inizio meditava tutto nel suo cuore. “Che Lei ci aiuti – dice il Papa - in questa strada della memoria”. Ma lo Spirito Santo possiede anche un altro tratto: “ci fa parlare, con Dio e con gli uomini”. Non c’è posto per i cristiani “muti di anima”. Con Dio, lo Spirito Santo fa parlare “nella preghiera” permettendo di chiamarlo “Papà, Abbà”. Con gli altri, “nel dialogo fraterno”, “riconoscendo in loro dei fratelli”, “comprendendo le angosce e le speranze”:

    “Lo Spirito Santo ci fa parlare anche agli uomini nella profezia, cioè facendoci 'canali' umili e docili della Parola di Dio. La profezia è fatta con franchezza, per mostrare apertamente le contraddizioni e le ingiustizie, ma sempre con mitezza e intento costruttivo. Penetrati dallo Spirito di amore, possiamo essere segni e strumenti di Dio che ama, che serve, che dona la vita”.

    Il giorno di Pentecoste la Chiesa nasce “’in partenza’ per annunciare a tutti la Buona Notizia”. E’ “la Madre Chiesa, che parte per servire”. Il Papa ricorda anche “l’altra Madre, la nostra Madre che partì con prontezza, per servire. La Madre Chiesa e la Madre Maria: tutte e due vergini, tutte e due madri, tutte e due donne”. Papa Francesco conclude sottolineando che Gesù era stato perentorio con gli Apostoli che non dovevano allontanarsi da Gerusalemme senza aver prima ricevuto la forza dello Spirito Santo. “Senza di Lui – afferma Francesco - non c’è missione, non c’è evangelizzazione”.

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    L'invito ai presidenti di Israele e Palestina. Padre Enzo Bianchi: gesto profetico del Papa

    ◊   Si svolge questa sera nei Giardini Vaticani l’incontro promosso da Papa Francesco con il presidente israeliano Peres e il presidente palestinese Abbas, inteso come una invocazione di preghiera per la Pace. All’evento, che si svolgerà dalle 19.00 alle 20.00 circa, partecipa anche il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. Sull’iniziativa, Sergio Centofanti ha sentito il priore di Bose, Enzo Bianchi:

    R. – Questa iniziativa di Papa Francesco ha sorpreso un po’ tutti, perché è un gesto che davvero non era mai avvenuto per iniziativa del Papa. E invece, mi sembra che abbia un grande significato, perché il Papa si pone così non all’interno dello scacchiere politico per risolvere i problemi del Medio Oriente; neanche pensa semplicemente di fare un’ammonizione per la pace, ma è riuscito a coinvolgere due protagonisti dello scontro che c’è in Medio Oriente per riportarli alla preghiera per la pace e portarli a quel rapporto con il loro Dio che poi, secondo la tradizione, è lo stesso Dio: il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. E tutti chiedono la pace: certamente, uno dopo l’altro, non si tratta di fare confusioni, sincretismi, una preghiera comune; però, una preghiera a Dio in cui uno è testimone dell’altro, e questo è il coinvolgimento umano perché davvero la pace venga sentita come un dono che si può invocare e che ci impegna fortemente, e ci impegna con una responsabilità gli uni con gli altri: cristiani, ebrei e musulmani. Mi sembra una cosa davvero profetica, bella, inedita – certo! – ma questa direi che è anche proprio la capacità che Papa Francesco ha di sentire proprio il cuore, di sentire le sue profondità di misericordia e di compassione, e tradurre questi sentimenti in gesti eloquenti per tutti: credenti e non credenti.

    D. – Che cosa può fare la preghiera, di fronte ad una crisi così lunga?

    R. – Ma … in una crisi così lunga non c’è possibilità di risoluzione del conflitto, se non passando un giorno attraverso il perdono reciproco. Perché da una parte e dall’altra ci sono delle ragioni di guerra e non di pace. Però, se si arriva al perdono, alla riconciliazione, io credo che questo sia il cammino. Ma per un cammino di quel genere bisogna chiedere il dono a Dio. Ecco perché la preghiera è davvero rivolgersi a quel Dio nel quale la giustizia contiene anche il perdono. E allora questo gesto diventa davvero una domanda di pace, certamente a Dio, ma anche agli uomini, in vista di un perdono, di una riconciliazione.

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    Telefonata di Francesco ai partecipanti al pellegrinaggio Macerata Loreto

    ◊   “Non abbiate paura di sognare un mondo più giusto”, cosi il Papa ha incoraggiato decine di migliaia di giovani, intervenendo ieri sera con una telefonata al raduno nelle stadio Helvia Recina a Macerata, da dove è partito il Pellegrinaggio a piedi verso Loreto, promosso da Comunione e Liberazione. L’evento, giunto alla 36.ma edizione, è stato inaugurato da una Messa presieduta dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Se “Dio è il Signore delle sorprese”, come sottolinea il tema del Pellegrinaggio, allora – ha premesso il Papa rivolto ai giovani - “non abbiate paura di sognare un mondo più giusto, di domandare, di dubitare e di approfondire. Voi sapete che la fede non è un’eredità che riceviamo dagli altri, la fede non è un prodotto che si compri, ma è una risposta d’amore che diamo liberamente e costruiamo quotidianamente con pazienza, tra successi e fallimenti. Non temete di lanciarvi nelle braccia di Dio; Dio non vi chiederà nulla se non per benedirlo, moltiplicarlo, ridarvelo cento volte tanto”.La voce di Francesco è risuonata ieri sera nello stadio di Macerata alla vigilia di due eventi densi di attese per i credenti e per tutti.

    “Sono davvero felice che il vostro pellegrinaggio quest’anno si svolga proprio nella notte che precede la festa dello Spirito Santo, la Pentecoste, e l’incontro di preghiera che si terrà domani in Vaticano, per invocare il dono della pace in Terra Santa, nel Medio Oriente e in tutto il mondo”.

    Quindi ancora un’esortazione del Papa ai giovani: “non lasciatevi scoraggiare dai perdenti o dai paurosi che vogliono togliere il sogno, che vi vogliono rinchiudere nelle loro mentalità buie invece di lasciarvi volare nella luce della speranza. Per favore: non cadete nella mediocrità! In quella mediocrità che abbassa, che fa una cosa grigia… Ma la vita non è grigia, la vita è per scommetterla per grandi ideali, per grandi cose”.

    “…continuate ad irradiare intorno a voi luce e speranza. E sapete: la speranza non delude, non delude mai! Nulla si perde con Dio, ma senza di Lui tutto è perduto”.

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    Il Papa al mondo dello sport: la nostra partita è quella del Vangelo

    ◊   Oltre 60 mila persone, tra cui atleti e dirigenti sportivi, hanno partecipato in piazza San Pietro all’incontro con Papa Francesco, in occasione 70.mo anniversario di fondazione del Centro Sportivo Italiano. Il Santo Padre ha invitato i ragazzi a spendere “la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre”. Ed ha indicato nell’educazione, nello sport e nel lavoro tre strade per arginare vizi come droga ed alcol. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    E’ una festa dello sport quella che ha riempito di colori e passioni piazza San Pietro e Via della Conciliazione. Papa Francesco, che ha indicato nella scuola, nello sport e nel lavoro tre strade privilegiate per i giovani, si è rivolto ai ragazzi come un capitano prima di una partita:

    “Da capitano vi sprono a non chiudervi in difesa, ma a venire in attacco, a giocare insieme la nostra partita, che è quella del Vangelo. Mi raccomando: che tutti giochino, non solo i più bravi, ma tutti, con i pregi e i limiti che ognuno ha, anzi, privilegiando i più svantaggiati, come faceva Gesù”.

    E sempre da “capitano”, il Santo Padre non ha fatto mancare il proprio incoraggiamento:

    “Vi incoraggio a portare avanti il vostro impegno attraverso lo sport con i ragazzi delle periferie delle città: insieme con i palloni per giocare potete dare anche ragioni di speranza e di fiducia”.

    Lo sport rimanga un gioco. L’invito di Papa Francesco ai ragazzi è di “mettersi in gioco, nella vita come nello sport”:

    “Mettervi in gioco nella ricerca del bene, nella Chiesa e nella società, senza paura, con coraggio ed entusiasmo. Mettervi in gioco con gli altri e con Dio; non accontentarsi di un ‘pareggio’ mediocre, dare il meglio di sé stessi, spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre. Non accontentarsi con queste vite tiepide, vite mediocremente pareggiate: no, no! Andare avanti, cercando la vittoria sempre!”.

    Attraverso lo sport si impara anche ad accogliere. Dirigenti e allenatori – ha detto il Papa – “siano capaci di tenere aperta la porta per dare a ciascuno, soprattutto ai meno fortunati, un’opportunità per esprimersi”. E rivolgendosi ai ragazzi ha aggiunto:

    “E voi, ragazzi, che provate gioia quando vi viene consegnata la maglietta, segno di appartenenza alla vostra squadra, siete chiamati a comportarvi da veri atleti, degni della maglia che portate. Vi auguro di meritarla ogni giorno, attraverso il vostro impegno e anche la vostra fatica”.

    Impegno e fatica che permettono di “sentire il gusto, la bellezza del gioco di squadra”:

    “No all’individualismo! No a fare il gioco per se stessi. Fare gioco di squadra, di equipe. Appartenere a una società sportiva vuol dire respingere ogni forma di egoismo e di isolamento; è l’occasione per incontrare e stare con gli altri, per aiutarsi a vicenda, per gareggiare nella stima reciproca e crescere nella fraternità”.

    “Tanti educatori, preti e suore – ha ricordato il Papa - sono partiti anche dallo sport per maturare la loro missione di uomini e di cristiani”:

    “Io ricordo in particolare una bella figura di sacerdote, padre Lorenzo Massa, che per le strade di Buenos Aires ha raccolto un gruppo di giovani intorno al campo parrocchiale e ha dato vita a quella che poi sarebbe diventata una squadra di calcio importante”.

    Lo sport - ha osservato il Pontefice - può diventare uno strumento missionario:

    “E’ bello quando in parrocchia c’è il gruppo sportivo, e se non c’è un gruppo sportivo in parrocchia, manca qualcosa… Ma questo gruppo sportivo deve essere impostato bene, in modo coerente con la comunità cristiana; se non è coerente è meglio che non ci sia”.

    Il Papa ha infine chiesto una speciale preghiera:

    “Vi chiedo di pregare per me, perché anche io devo fare il mio gioco che è il vostro gioco, è il gioco di tutta la Chiesa! Pregate per me perché possa fare questo gioco fino al giorno che il Signore mi chiamerà a sé”.

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    Messaggio di Francesco a Raduno motociclisti. Mons. Mencuccini: il mio apostolato su due ruote in Indonesia

    ◊   Ai motociclisti che oggi si radunano a Teramo, al santuario di San Gabriele è arrivato anche l’auspicio del Papa, perché l’esperienza della convivenza di diverse culture e “il comune impegno per la costruzione di un futuro di prosperità e di pace produca abbondanti frutti di crescita umana e cristiana”. Il messaggio a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin è pervenuto a mons. Giulio Mencuccini, vescovo di Sanggau, in Indonesia, appassionato delle due ruote e ideatore della Festa del motociclista. Il presule, 68 anni, organizza la giornata ogni due anni anche per raccogliere fondi per progetti solidali nella sua diocesi, per questo il Papa augura che l’iniziativa “contribuisca alla riconciliazione tra gli uomini e alla rinnovata concordia tra le nazioni”, esortando i motociclisti “che provano l’ebbrezza alla guida della loro moto, a sentirsi responsabili della vita propria e di quella altrui”. Mons. Mencuccini, originario di Fossacesia, partecipa con una Guzzi California 1.400 Custom.Tiziana Campisi gli ha chiesto come ha sviluppato l’idea del raduno a San Gabriele:

    R. - Penso che questa missione di raccogliere e di stare in mezzo a questi motociclisti sia un apostolato nuovo, perché si inizia sempre con la parte umanitaria. Con questo incontro avviene qualcosa: preghiamo ma, prima di tutto, lodiamo Dio anche se con le moto. Lasciamo le moto ed andiamo in Chiesa.

    D. - Qual è la missione che si propone andando in sella?

    R. Il giudizio verso i motociclisti, verso i bikers è negativo da parte del popolo. Al primo raduno che abbiamo fatto una signora, vedendo me sulla moto vestito da vescovo, ha esclamato: “E’ finita la religione!”. Io in Indonesia giro e faccio l’apostolato sempre in moto, per cui per me, in Indonesia è una cosa normale. Ogni anno aumentiamo di più e diamo l’occasione a questa gente di accostarsi ai sacramenti e ci divertiamo perché la gente - qui a Fossacesia - ci offre la colazione, ce la offrono i fedeli di qui, facciamo un giro con le moto e ci offrono un rinfresco. Viene, quindi, coinvolta tanta gente e questo solo perché c’è un progetto: costruire un asilo in una parrocchia della mia diocesi. L’anno scorso l’abbiamo fatto per Nanga Mahap, quest’anno lo faremo per Tayan. Questo apostolato serve quindi a questi bikers per avvicinarsi al Signore e a praticare, in un certo senso, il sentimento che hanno di umanità, di aiutare le persone meno fortunate di loro. Il raduno, come festa del motociclista, è alla seconda edizione, viene fatto ogni due anni ed abbiamo iniziato nel 1995, eravamo circa 25 moto.

    D. - In media quante moto si radunano?

    R. - Circa 700, quest’anno forse di più.

    D. - Come la vedono gli altri centauri?

    R. - Sono contenti, anzi! Quando fanno le loro riunioni mi invitano. Da bambino seguivo mio padre - erano più o meno gli anni 50 - io avevo cinque, sei anni e cercavo di andare sempre con la moto insieme a mio padre che aveva una Aermacchi. Mio fratello, invece, aveva una Cimatti.

    D. - Come ha conciliato questa sua passione per le due ruote con la sua vocazione?

    R. - Nel modo che sto facendo: in missione, per poter arrivare nei villaggi più celermente e non dopo cinque, sei ore a piedi già stanco; mentre, con la moto si arriva ancora freschi e si può fare la catechesi. Poi si può arrivare dappertutto.

    D. - Quale messaggio vuole dare per questa giornata?

    R. - Dio lo si può amare in qualsiasi forma, anche andando su di una moto. Sempre, però, rispettando l’amore per Dio e per gli altri; partecipando con una preghiera per Dio e per gli altri. Offrendo anche qualcosa di proprio per far sì che altre persone possano assaporare quell’amore che abbiamo tra di noi bikers e che riusciamo a manifestare a queste persone meno fortunate di noi e lontane da noi.

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    Oggi in Primo Piano



    Iraq: attentato di al Qaeda contro sede del partito curdo, 18 morti

    ◊   Una nuova ondata di violenze ha scosso l’Iraq, dove nelle ultime 24 ore si registrano quasi cento vittime, a seguito di una serie di distinti attacchi terroristici. Protagonista dell’escalation di tensione è il gruppo armato sunnita dello Stato islamico dell’Iraq e del levante, vicino al movimento di al Qaeda . Il Servizio di Marco Guerra:

    È la sede del Partito democratico curdo a Jalula, 120 km a nord-est di Baghdad, l’ultimo obiettivo di una serie di attentati che stanno insanguinando l’Iraq. Due esplosioni a breve distanza, una prima all’’interno della struttura e una successiva all’esterno durante i primi soccorsi, hanno ucciso almeno 18 persone e ferito altre 60. L’attacco è avvenuto in una provincia multietnica al confine con le aree a maggioranza curda ed è stato rivendicato dal gruppo degli integralisti sunniti dello Stato islamico dell’Iraq e del levante. È da attribuire alla stessa sigla anche la raffica di attentati - che ieri hanno provocato oltre 60 morti nei quartieri sciiti di Baghdad - e l’assalto al campus universitario di Anbar, a Ramadi, durante il quale sono morti due studenti e 9 assalitori. E ancora nel nord, nella regione di Mossul, proseguono da giorni gli scontri tra le forze di sicurezza e miliziani qaedisti, almeno 60 le vittime segnalate. L'episodio più significativo si è registrato due giorni fa, quando i terroristi hanno attaccato Samarra, una delle città simbolo degli sciiti a nord di Baghdad. Le milizie integraliste stanno radicalizzando lo scontro tra le popolazioni sciita e sunnita dell’Iraq, in un escalation di violenze alimentate anche dal limitrofo conflitto siriano, che riflette le stesse divisioni interetniche.

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    Elezioni in Kosovo. La sfida è vincere la disoccupazione

    ◊   In Kosovo, si vota questa domenica per le elezioni politiche anticipate tra rigide misure di controllo e sicurezza. Si tratta delle seconde elezioni parlamentari dalla proclamazione d'indipendenza il 17 febbraio 2008, un'indipendenza riconosciuta finora da 106 Paesi, ma che la Serbia continua a respingere. Nonostante ciò, il governo di Belgrado ha invitato i serbi del Kosovo (poco più di centomila sui 2 milioni di abitanti, in larga maggioranza di etnia albanese) a recarsi alle urne. Le due forze politiche principali - il Partito democratico del Kosovo (Pdk) del premier Hashim Thaci, e la Lega democratica del Kosovo (Ldk) di Isa Mustafa - sono date praticamente alla pari dai sondaggi, intorno al 30%. Terza forza in fatto di consensi è il movimento nazionalista 'Autodeterminazione' di Albin Kurti, accreditato del 22%. La campagna elettorale si è concentrate sulla precaria situazione economica e sulla lotta a corruzione e criminalità. Ma che cosa si aspetta il Kosovo da queste elezioni? Luca Collodi lo ha chiesto a don Lush Gjergji, vicario generale dell'Amministrazione apostolica di Prizren, in Kosovo:

    R. - Si aspetta soprattutto di poter avere un governo che si occupi principalmente delle questioni economiche. La questione cruciale non solo del Kosovo, ma dei Balcani e purtroppo in buona parte anche dell’Europa è il lavoro, la disoccupazione. Quindi, cercare di dare uno slancio positivo all’economia tramite l’agricoltura ma soprattutto le miniere che sono un grande tesoro per il Kosovo.

    D. - Ci sono alcuni osservatori che in qualche modo depotenziano queste elezioni in Kosovo perché dicono che tanto il Kosovo è sotto una sorta di “protettorato” internazionale con l’Unione Europea, gli Stati Uniti ed altre realtà sovranazionali. I kosovari sono d’accordo su questo, o ambiscono ad una loro autonomia politica?

    R. - Ad una autogestione soprattutto politica ed economica, sono perciò elezioni molto importanti perché in buona parte il passaggio dei poteri c’è stato. Qui noi abbiamo ancora due realtà internazionali: la KFOR (Kosovo Force) - guidata della Nato - e l’Eulex, una struttura della comunità europea; queste due realtà hanno peso e sono ben accolte dalla popolazione. Per il resto in buona parte il Kosovo non dipende più, almeno direttamente, dalla gestione internazionale.

    D. - Si può pensare ad un Kosovo senza più militari delle forze internazionali di pace?

    R. - Da un punto di vista della situazione politica penso di sì; ma dal punto di vista della strategia della garanzia della pace penso che non si può più immaginare nei Balcani l’assenza della Nato.

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    Festival di Pentecoste a Salisburgo. Intervista a Bruno Cagli, presidente Accademia Santa Cecilia

    ◊   La grande musica è a Salisburgo in questi giorni per il Festival di Pentecoste. Proprio nel giorno della Solennità che ricorda l’effusione dello Spirito Santo sugli Apostoli, anche l’Orchestra e il Coro di Santa Cecilia, diretti da Antonio Pappano e Ciro Visco, insieme ad un cast di splendide voci, si esibiscono con un programma dedicato a Rossini, come quest’anno detta la celebre rassegna austriaca. Della religiosità del pesarese, Gabriella Ceraso ha parlato con il presidente dell’Accademia di Santa Cecilia Bruno Cagli:

    R. – La religiosità di Rossini è un capitolo molto oscuro, come del resto è oscuro in tutto i suoi tratti intimi: è un compositore che nemmeno nelle lettere si apre molto, non è un romanticismo così esplicito. Nessun compositore poteva sfuggire in quell’epoca alla musica sacra, però Rossini – alla fine della vita – scrisse la Petite Messe: la Petite Messe fu un impulso personale che scelse privatissimamente, tanto è vero che a parte la prima esecuzione, avvenuta praticamente in una casa privata, non volle che si eseguisse. Anche quando la orchestrò disse: “Lo faccio io, prima che lo facciano altri”. Quindi fu un suo contatto diretto con il Buon Dio, come dice anche nella sua dedica nell’epilogo. Lui fermamente credeva.

    D. – Altra pagina presente a Salisburgo è lo Stabat Mater. Dramma, poesia, forza teatrale: c’è chi ha scritto che c’è tutto questo in questo pezzo…

    R. – E’ una composizione molto ardita, ma non ci dimentichiamo che finisce con dei passi a cappella. Quindi ci sono tutti gli stilemi della musica sacra.

    D. – Dunque la musica di Rossini è un inno a Dio…

    R. - Come in tutti noi uomini rimane il punto interrogativo di fronte all’aldilà, però certamente Rossini una soluzione gliel’ha data, altrimenti non avrebbe scritto queste musiche.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Emergenza emigrazione. Porti intasati in Sicilia, 800 persone in attesa di sbarco

    ◊   Non si arresta l'emergenza sbarchi sulle coste della Sicilia. L’arrivo di oltre 5000 migranti nelle ultime 48 ore ha ingorgato i porti dell’isola. Resta infatti in attesa di una destinazione il pattugliatore 'Ubaldo Diciotti', che ieri ha soccorso 845 migranti nel Canale di Sicilia. Il pattugliatore, inizialmente, aveva fatto rotta per Catania e nella notte è stato 'dirottato' a Pozzallo, dove però nel frattempo sono già sbarcati oltre 500 migranti e tra poche ore arriverà un mercantile con un centinaio di persone, compresi i corpi di tre immigrati deceduti durante il viaggio. Intanto anche i centri di accoglienza sono al collasso e il sindaco di porto Empedocle parla di numeri insopportabili. Il primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando, punta il dito contro “l'insensibilità dell'Europa nei confronti di un dramma che si consuma nelle acque siciliane”, mentre il sindaco di Catania Enzo Bianco invita il governo a dichiarare “lo stato di emergenza”. Secondo le ultime stime dall’inizio dell’anno sono sbarcati in Sicilia oltre 50mila i migranti. (M.G.)

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    Egitto: al-Sisi ha giurato da presidente. Rilancio economia sfida principale

    ◊   Abdel Fattah al-Sisi, vincitore delle elezioni presidenziali, ha prestato giuramento al Cairo davanti alla Corte costituzionale e si è insidiato ufficialmente come presidente dell’Egitto.Alla cerimonia, avvenuta tra straordinarie misure di sicurezza, hanno assistito le massime autorità egiziane. Tra queste il presidente ad interim uscente, Adly Mansour, che ha ricoperto la carica dal 3 luglio 2013, dopo la deposizione di Mohamed Morsi. Presenti anche le più importanti personalità religiose: il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmed El-Tayyeb, ed il papa copto Tawadros II.

    Ex generale e uomo forte dell’Egitto, Abdel Fattah al-Sisi due settimane fa ha ottenuto il 96,9% dei consensi, tuttavia guiderà un Paese diviso, dove ha votato solo il 47% dei cittadini. Fra le principali sfide che lo aspettano il rilancio di un’economia nazionale depressa e la gestione della rivolta dei Fratelli musulmani, dichiarati fuorilegge dopo la destituzione di Morsi, che provoca ancora violenze e instabilità. Anche ieri al Cario una persona è morta e un’altra è rimasta ferita per l’esplosione di un ordigno.

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    Ucraina: ribelli segnalano bombardamenti e vittime a Sloviansk

    ◊   Ancora violenze nelle regioni filo-russe nell’est dell’Ucraina all’indomani del giuramento del neo presidente ucraino Petro Poroshenko. I ribelli separatisti segnalano bombardamenti sulle periferie di Sloviansk, la città a nord di Donetsk assediata dalle forze governative, e lamentano un numero imprecisato di vittime e la mancanza di acqua. Dal canto loro i militari ucraini accusano le milizie pro-russe di aver attaccato “l'aeroporto di Lugansk, tentando di distruggere l'edificio che assicura il rifornimento elettrico”. Episodio smentito dai ribelli.

    Intanto un responsabile del ministero dell'Energia di Mosca ha annunciato per domani un incontro a Bruxelles tra Unione europea, Ucraina e Russia per parlare del prezzo del gas e i debiti dovuti da Kiev. Fino alla fine di febbraio, prima della caduta del presidente filo-russo Viktor Yanukovich, a Kiev era praticato il prezzo di favore di 285 dollari per mille metri cubi. Ieri, il neo presidente ucraino Petro Poroshenko ha confermato che il 27 giugno firmerà la parte economica dell'accordo di associazione con l'Unione Europea. (M.G.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 159

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.