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Sommario del 07/06/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Francesco: la preghiera può tutto, pace per Medio Oriente e mondo intero
  • Il Papa: fare giustizia non è punire ma riabilitare
  • Lo sport in Piazza San Pietro per incontrare Papa Francesco
  • Libertà religiosa e povertà nel colloquio tra il Papa e il presidente messicano
  • Mons. van Megen nominato nunzio in Eritrea
  • Il card. Tomko inviato speciale del Papa in Ucraina
  • Aif firma protocolli d'intesa con Regno Unito, Francia e altri Paesi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ucraina, Poroshenko: "Nessun compromesso sulla Crimea"
  • Brasile: nuove proteste alla vigilia dei Mondiali di calcio
  • Vodafone: governi sorvegliano comunicazioni. Garante: inaccettabile
  • Sbarchi di immigrati in Sicilia. La Caritas: istituzioni non preparate
  • Radio Vaticana, convegno sulla sindrome di Down
  • Partecipazione in crescita alla marcia Macerata-Loreto: molti i giovani
  • Una pianta di peperoncino per aiutare progetti solidali in Perù
  • Roma, all'Auditorium seconda edizione de "Il Gioco della Musica"
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Afghanistan: arrestati tre talebani per il sequestro del gesuita indiano
  • Nigeria: colpita una chiesa nei combattimenti contro Boko Haram
  • Kurdistan irakeno: la Chiesa di Erbil chiede aiuto
  • 2.a edizione del C.M. Martini International Award
  • Il centenario della villa Abamalek sul Gianicolo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Francesco: la preghiera può tutto, pace per Medio Oriente e mondo intero

    ◊   Alla vigilia dell’incontro di preghiera per la pace in Vaticano con il presidente israeliano Peres e il presidente palestinese Abbas, Papa Francesco ha lanciato questo tweet con l’hashtag #weprayforpeace: “La preghiera può tutto. Utilizziamola per portare pace al Medio Oriente e al mondo intero”. Questa domenica, l’iniziativa promossa dal Papa, chiamata “Invocazione per la Pace”, a cui parteciperà anche il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, si svolgerà nei Giardini Vaticani a partire dalle 19.00 circa. Un evento storico, particolarmente significativo anche perché cade nella Solennità di Pentecoste. Federico Piana ne ha parlato col presidente di Pax Christi, mons. Giovanni Giudici:

    R. – Certamente, perché la missione dello Spirito Santo è di compiere, di portare a pienezza, generando armonia nella comunità, operando la pace nei differenti contesti, tra soggetti diversi. Questo è sempre ciò che la Scrittura Santa ci presenta dello Spirito Santo. E poi viene in mente il bellissimo capitolo 7 del Libro della Sapienza - questo Spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante... - che ricorda questa capacità dello Spirito Santo di cucire di rapporti, di unire le persone, di fare della nostra vita, della nostra vita sociale – oserei dire – quasi un ricamo.

    D. – La preghiera è più forte di qualsiasi iniziativa umana, politica e diplomatica, capace di sbrogliare qualsiasi matassa, anche la più intricata: è davvero così?

    R. – Certamente, perché la preghiera è questo appello fatto da ciascuno di noi - e in questo caso da tre personalità così significative - che vi è un Dio prima di noi, che vi è una realtà più grande di noi e questo genera pazienza, aiuto ad avere fiducia; produce uno sguardo diverso e nuovo, anche sull’altro. In un certo senso la preghiera aiuta a vivere questa esperienza mistica, che è il vedere nel mio fratello un’altra presenza, che è la presenza di Dio.

    D. – Quali frutti pensa che questo evento possa portare?

    R. – Anzitutto è un forte invito alla preghiera, fatto a tutti, cristiani e anche non cristiani, attraverso un simbolismo molto chiaro, che il Papa ha indicato bene nel suo ultimo viaggio in Terra Santa. Lui ha detto: costruire artigianalmente la pace, mediante piccoli-grandi gesti, che coinvolgono la nostra vita quotidiana. Io penso che questo evento porterà innanzitutto a questa scelta di essere, tutti quanti noi, artigiani della pace nella nostra quotidianità.

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    Il Papa: fare giustizia non è punire ma riabilitare

    ◊   Fare giustizia non è solo punire l’autore di un crimine, né vendicarsi di lui, ma aiutarlo a riabilitarsi dentro di sé e nella società, così come prendersi cura con scrupolo delle vittime. Lo afferma Papa Francesco in un lungo messaggio inviato sia ai partecipanti del 19.mo Congresso internazionale dell'Associazione internazionale di Diritto penale – che si svolgerà tra fine agosto e i primi di settembre a Rio de Janeiro – sia a coloro che prenderanno parte al terzo Congresso dell'Associazione latinoamericana di Diritto Penale e Criminologia. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Tre modelli biblici – Il Buon samaritano, il Buon ladrone e il Buon Pastore – per penetrare fin nelle pieghe del diritto a comprendere che amministrare la giustizia è più che mettere le mani sul colpevole ed emettere contro di lui una sentenza, se tale giustizia non dà spazio e precedenza alle vittime perché essa è prima di tutto rispetto per “la dignità” e i “diritti della persona umana, senza discriminazioni e con le debite tutele verso le minoranze”.

    Papa Francesco si addentra con precisione e la consueta chiarezza nel regno dei codici, che rischiano di far rispettare la lettera e la ratio della legge dimenticando l’anima. Tre gli elementi sui quali concentra l’attenzione: la “soddisfazione o riparazione del danno provocato”, la “confessione, con cui – dice – l'uomo esprime la sua conversione interiore”, e la “contrizione” che lo porta a incontrare “l’amore misericordioso e guaritore di Dio”.

    Al suo popolo, ricorda, il Signore “ha insegnato poco a poco” che “esiste una asimmetria necessaria tra delitto e castigo, per cui a un occhio o a un dente rotto non si rimedia rompendone un altro. Si tratta di rendere giustizia alla vittima, non di giustiziare l'aggressore”. Un “buon modello” di ciò, afferma, lo si ravvisa nel comportamento del Buon Samaritano che prima di mettere il colpevole di fronte alle conseguenze del suo atto, si china su “chi è stato ferito lungo la strada e si prende cura dei suoi bisogni”.

    Una sensibilità poco presente nella nostra società, nella quale – osserva Papa Francesco – “si tende a pensare che i crimini siano risolti quando si cattura e condanna l'autore del reato, tralasciando il danno commesso o senza prestare sufficiente attenzione alla situazione in cui versano le vittime. Ma sarebbe un errore – asserisce – identificare la riparazione solo con la punizione, confondere la giustizia con la vendetta, che aumenterebbe solo la violenza, anche se è istituzionalizzata”. E del resto, soggiunge, aumentare o inasprire le pene non è che risolva i problemi sociali, “né porta a una diminuzione dei tassi di criminalità”, senza contare le ricadute sociali come le carceri sovraffollate o i prigionieri detenuti senza processo... “In quante occasioni – è la considerazione di Papa Francesco – si è visto il reo espiare la pena oggettivamente, scontando la propria condanna ma senza cambiare interiormente né sanare le ferite del suo cuore”.

    Il Papa si appella ai media perché, nel “loro legittimo esercizio della libertà di stampa”, siano scrupolosi nell’“informare correttamente e non creare allarme o panico sociale quando si hanno notizie di fatti criminali”. Sono in gioco, scandisce, “la vita e la dignità delle persone, che non possono trasformarsi in casi clamorosi, spesso anche morbosi, che condannano i presunti colpevoli al discredito sociale prima di essere stati giudicati o costringono le vittime, mirando al sensazionalismo, a rivivere pubblicamente il dolore patito”.

    Sull’aspetto della confessione, Papa Francesco sostiene che “se l'autore del reato non è sufficientemente aiutato, non gli si offre l'occasione perché possa convertirsi e finisce per essere una vittima del sistema”. “È necessario fare giustizia – ripete – ma la giustizia vera non si accontenta di punire solo i colpevoli”. Si deve fare “tutto il possibile per correggere, migliorare ed educare l'uomo a maturare in tutte le sue forme, perché non si scoraggi, faccia fronte al danno causato e riesca a rilanciare la sua vita senza essere schiacciato dal peso delle sue miserie”.

    In questo caso, il modello biblico della confessione è il Buon ladrone, al quale “Gesù promette il Paradiso, perché fu capace di riconoscere la sua colpa”, rammenta Papa Francesco, che poi constata come “non di rado” il reato sia “radicato nelle disuguaglianze economiche e sociali, nelle reti di corruzione e del crimine organizzato”, che cerca i propri complici “tra i più forti” e le proprie vittime “tra i più vulnerabili”. “Non basta avere leggi giuste” per combattere un tale “flagello”, ravvisa il Papa, ma “è necessario formare persone responsabili e capaci di attuarle”.

    Terzo aspetto, la “contrizione”, definita da Papa Francesco, “la porta del pentimento” e la “via privilegiata che conduce al cuore di Dio, che ci accoglie e ci offre un'altra possibilità, se ci apriamo alla verità della penitenza e ci lasciamo trasformare dalla sua misericordia”. Qui l’esempio è dato dal Buon Pastore, che va in cerca della pecora perduta. Quando si riferisce al Padre che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, Gesù – indica il Papa, “invita i suoi discepoli a essere misericordiosi, a fare del bene a coloro che fanno del male, a pregare per i nemici, a porgere l'altra guancia, non a serbare rancore”... In questo modo, “l'atteggiamento di Dio che anticipa l'uomo peccatore offrendogli il perdono”, si presenta “come una giustizia superiore, allo stesso tempo leale e compassionevole, senza alcuna contraddizione tra questi due aspetti”. Il perdono – sottolinea Papa Francesco, “non elimina né diminuisce la necessità di correzione, propria della giustizia, né prescinde dalla necessità della conversione personale, ma va oltre, cercando di restaurare le relazioni e reintegrare le persone nella società”.

    Non si tratta allora di trovare mezzi in grado di “sopprimere, scoraggiare e isolare” gli autori del male, ma che li aiutino a “camminare per i sentieri del bene” ed è per questo, nota ancora Papa Francesco, che la Chiesa invoca una “giustizia che sia umanizzante” e “realmente capace di riconciliare”.

    Tutto questo, conclude il Papa, si condensa in “una sfida da raccogliere”, perché non cada nel dimenticatoio”. Perché ci siano misure che consentano al perdono di “rimanere non solo nella sfera privata”, ma di raggiungere “una vera dimensione politica e istituzionale”, creando “relazioni di armoniosa convivenza”.

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    Lo sport in Piazza San Pietro per incontrare Papa Francesco

    ◊   Papa Francesco abbraccia oggi il mondo sportivo italiano. Nel pomeriggio in Piazza San Pietro l’incontro del Pontefice con il Csi, nel 70° di fondazione dell’organizzazione, e con tutte le società affiliate. Già dalle prime ore del giorno la piazza e Via della Conciliazione, trasformate per l’occasione in un grande campo di gioco, sono piene di ragazzi in attesa di salutare il Santo Padre. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    “Viva Papa Francesco! Viva Papa Francesco!"

    E’ un clima di festa e serenità quello con cui tanti giovani e meno giovani affiliati alle società del Centro Sportivo Italiano stanno aspettando l’incontro con Papa Francesco, quasi a voler sottolineare che sport e gioia costituiscono un connubio imprescindibile. Dopo la Messa celebrata stamani dal segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, in tanti si sono riversati in via della Conciliazione e protagonisti sono diventati il basket, la pallavolo, il ping-pong, la corsa e tante altre attività allestite per l’occasione. Un clima che riconferma in qualche modo il motto di de Coubertin dell’importante è partecipare più che vincere. E lo stesso Papa Francesco recentemente ha dato un valore aggiunto allo sport, affermando che è meglio una sconfitta pulita che una vittoria sporca. Ascoltiamo la testimonianza di un giovane aderente al Csi:

    “Credo che questa sia la motivazione, per cui noi come Csi proponiamo l’attività sportiva: rendere pulito un mondo che, a volte, non lo è, con l’esempio, con il nostro lavoro quotidiano, cercando di insegnare ai ragazzi che l’importante è esserci, l’importante è mettersi in gioco e l’importante è cadere e rialzarsi. La vittoria, infatti, viene dopo, se viene”.

    Il Csi ha 70 anni, ma rimane giovane e al passo con i tempi proprio portando avanti con sempre più forza i valori più veri e positivi dello sport e con l’emozione dell’imminente incontro con Papa Francesco. Un altro membro del Csi:

    “L’emozione è quella di essere nel primo evento del Csi a Piazza San Pietro, dopo quelli storici degli anni scorsi; e portare un gruppo di giovani al seguito, con i genitori e tutto, è una grande emozione. Lo sport dovrebbe essere il veicolo, che avvicina tutti quanti alla fede”.

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    Libertà religiosa e povertà nel colloquio tra il Papa e il presidente messicano

    ◊   Dall’emigrazione al narcotraffico, passando per emigrazione e povertà. Un colloquio denso di temi sensibili quello che ha impegnato Papa Francesco con il presidente del Messico, Enrique Peña Nieto, che dopo l’udienza con il Pontefice si è successivamente incontrato con il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, insieme con l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    I cordiali colloqui, riferisce una nota ufficiale, hanno riguardato alcuni aspetti della vita del Messico, soffermandosi sulle “numerose riforme varate, in particolare, quella costituzionale riguardante la libertà religiosa. Sono stati poi affrontati altri temi di comune interesse, tra cui – si precisa – l’emigrazione, la lotta alla povertà ed alla disoccupazione, nonché le iniziative volte a combattere la violenza ed al narcotraffico”. Infine, conclude la nota, “vi è stato uno scambio di opinioni su temi attinenti all’attualità regionale e internazionale”.

    Al tradizionale scambio dei doni, il capo di Stato messicano ha regalato al Papa una immagine della Madonna di Guadalupe e una maglietta della nazionale di calcio del suo Paese, mentre Francesco ha ricambiato con una formella raffigurante S. Pietro e una copia dell’Esortazione Evangelii Gaudium.

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    Mons. van Megen nominato nunzio in Eritrea

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, il cardinale vicario Agostino Vallini, e la presidente della "Organización Barrial Tupac Amaru", Milagro Amalia Angela, Sala accompagnata da un seguito.

    Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Eritrea l’arcivescovo Hubertus Matheus Maria van Megen, finora nunzio apostolico in Sudan.

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    Il card. Tomko inviato speciale del Papa in Ucraina

    ◊   Papa Francesco ha nominato il cardinale Jozef Tomko, prefetto emerito della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, come suo inviato speciale al 25.mo anniversario della ritrovata libertà dell’Eparchia greco-cattolica di Mukachevo. Le celebrazioni in programma in Ucraina, presso il Seminario Maggiore di Uzhhorod il 28 giugno 2014.

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    Aif firma protocolli d'intesa con Regno Unito, Francia e altri Paesi

    ◊   L'Autorità di Informazione Finanziaria (Aif), l'Unità di informazione finanziaria della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, ha formalizzato la propria cooperazione bilaterale con il Regno Unito, la Francia e altri quattro Paesi con Protocolli d'intesa firmati nel corso della riunione plenaria dell’Egmont Group svoltasi in Perù.

    Il memorandum è stato firmato con le Unità di informazione finanziaria di Regno Unito, Francia, Malta, Romania, Polonia e Perù dal direttore dell’AIF, René Brülhart.

    Un Protocollo d’intesa è una pratica standard e formalizza la collaborazione e lo scambio di informazioni finanziarie per combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento al terrorismo transfrontaliero tramite le autorità competenti dei due Paesi. Si basa sul modello di memorandum d'intesa predisposto dall’Egmont Group, l'organizzazione mondiale delle Unità di Informazione Finanziaria nazionali, e contiene clausole di reciprocità, riservatezza e sugli utilizzi consentiti delle informazioni.

    "Diventare un membro dell’Egmont Group lo scorso anno è stato un passo importante verso il rafforzamento della cooperazione internazionale della Santa Sede a sostegno degli sforzi globali nella lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo", ha detto Brülhart. "La firma di questi ultimi Protocolli d’intesa dimostra che stiamo continuamente espandendo la nostra rete di cooperazione e faciliterà ulteriormente i nostri sforzi congiunti".

    L’Aif è diventata membro dell’Egmont Group, nel luglio del 2013, e ha già sottoscritto Protocolli di intesa con le Unità di informazione finanziaria di Australia, Belgio, Cipro, Germania, Italia, Paesi Bassi, Slovenia, Spagna e Stati Uniti.

    L’Aif è l'autorità competente per la Santa Sede/lo Stato della Città del Vaticano per la lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo. È stata istituita nel 2010.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In un messaggio a due associazioni di diritto penale, Papa Francesco denuncia i gravi problemi del sovraffollamento carcerario e dei detenuti senza condanna.

    In prima pagina, un editoriale di Pierbattista Pizzaballa dal titolo “Per osare una via nuova: l'insegnamento del viaggio papale in Terra santa”.

    L'altra globalizzazione: in cultura Franco La Cecla e Lucetta Scaraffia sulle pratiche di preghiera nelle diverse religioni in vista dell'incontro di Papa Francesco con il presidente israeliano, Shimon Peres, e il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, alla presenza del patriarca Bartolomeo.

    Roncalli e l'avvocato degli ebrei: Giovanni Preziosi sugli sforzi della Santa Sede per aiutare i perseguitati dai nazisti in Croazia.

    Colui che non ci abbandona: Manuel Nin su Filosseno di Mabbug e il dono dello Spirito.

    Senza il consolatore tutto sarebbe arido: Inos Biffi sulla solennità di Pentecoste.

    L’Aif (Autorità di informazione finanziaria) rafforza la cooperazione internazionale: firmati memorandum d’intesa con sei Paesi.

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    Oggi in Primo Piano



    Ucraina, Poroshenko: "Nessun compromesso sulla Crimea"

    ◊   “Nessun compromesso è possibile” sulla Crimea e la scelta europea dell’Ucraina: lo ha dichiarato il neopresidente ucraino, Petro Poroshenko, che si è insediato oggi. Esclusa una riorganizzazione federale del Paese: l’offerta ai filorussi dell’est è quella di maggiori autonomie. I colloqui avvenuti a margine delle celebrazioni del "D-Day" avevano invece fatto pensare a una possibile distensione tra Russia e Ucraina. Davide Maggiore ha raccolto in proposito il commento del prof. Roberto Morozzo, docente di Storia dell’Europa orientale dell’università di Roma Tre:

    R. – Poroshenko ha fatto un discorso ufficiale ed è essenzialmente un discorso rivolto e influenzato dai nazionalisti ucraini, che lo hanno eletto. Poroshenko è stato il candidato antirusso, anche se lui personalmente ha sempre avuto scambi economici: è un oligarca del cioccolato che ha sempre esportato in Russia e che ha quindi avuto buoni rapporti con i russi. Quindi, un conto è il Poroshenko che dialoga in privato con Putin e un conto è quello che deve rispondere a chi lo ha eletto.

    D. – Contemporaneamente, pur ribadendo che il Paese resterà unitario, Poroshenko ha aperto ai filorussi: c’è una mano tesa ai filorussi, anche se non ovviamente ai violenti. E’ una strategia che può funzionare?

    R. – In un discorso ufficiale formalmente intransigente, in effetti, Poroshenko ha parlato di decentramento regionale e questa è una mano tesa che speriamo sia sufficiente per condurre in porto una trattativa di pace. Naturalmente, i filorussi chiedono di più: chiedono una Ucraina federale e Poroshenko offre delle autonomie regionali. Bisogna vedere se riusciranno a incontrarsi queste due offerte.

    D. – Più in generale, la strategia di Poroshenko – dialogante all’esterno e, invece, più intransigente all’interno – può portare a una soluzione di questa crisi che ormai dura da mesi?

    R. – E’ molto presto per dirlo. E’ certo che Poroshenko, per la sua biografia, ha presente quale sia la collocazione dell’Ucraina: quella di un Paese molto legato alla Russia, che peraltro vuole anche avere rapporti stabili con l’Unione Europea. Se Poroshenko farà dell’Ucraina un Paese sostanzialmente neutrale, probabile avremo la pace. Se dà ascolto di più ai nazionalisti dell’ovest, forse non avremo la pace. Dipende dalla sua capacità e libertà di manovra.

    D. – C’è poi il nodo che interessa non solo Russia e Ucraina, ma anche l’Europa, della politica energetica. Ieri, Putin aveva parlato di un “accordo vicino” sul gas. Questa nuova presa di posizione di Poroshenko può in qualche modo incidere su questo punto?

    R. – Direi di no. E’ una questione molto particolare, quella del gas: l’Ucraina ha bisogno del gas russo per oggi e per i prossimi anni. Il gas è sempre stata un’arma più in mano a Putin che agli ucraini, anche se gli ucraini, come sappiamo, possono sempre interrompere le forniture russe all’Europa occidentale e quindi danneggiare la Russia. Però, l’Ucraina stessa ha bisogno del gas.

    D. – Si prospetta quindi, almeno stando alle parole di Poroshenko, un avvicinamento dell’Ucraina all’Unione Europea: ma l’Unione Europea, o qualche altro attore internazionale, può in questo momento svolgere un ruolo per risolvere la crisi?

    R. – L’Unione Europea ha avuto un ruolo molto costruttivo negli ultimi giorni. C’è da chiedersi l’atteggiamento americano quale sia veramente, perché ci farebbe anche pensare che Obama abbia fatto la voce dura anche al G7 contro la Russia forse per preparare un terreno a un accordo di compromesso. Ma tutto questo non è dato saperlo, se non in certe segrete stanze...

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    Brasile: nuove proteste alla vigilia dei Mondiali di calcio

    ◊   Code di 251 km a San Paolo a causa dello sciopero dei lavoratori della metro e nuove proteste. Il Brasile si presenta così ai Mondiali di calcio che prenderanno il via il prossimo giovedì. Accese le polemiche per i ritardi nella consegna degli impianti sportivi, pesanti le accuse per il grande esborso di soldi. Benedetta Capelli ha raccolto la testimonianza di padre Alfides Costa, provinciale comboniano, raggiunto telefonicamente a San Paolo:

    R. – In questi giorni ci sono state delle manifestazioni contro l’organizzazione dei prossimi Mondiali, perché c’è tutta una situazione di insoddisfazione della gente: mancano i servizi sociali, mancano tante cose… E credo che sia mancata da parte del governo la volontà di fare un po’ di più in questo senso, perché approfittando di questa occasione, il governo avrebbe dovuto agire su diversi fronti: dalla sicurezza, al lavoro fino all’educazione. Invece il governo ha speso troppi soldi per costruire gli stadi e la gente non è contenta… Queste manifestazioni sono cominciate già dallo scorso anno! La gente vuole partecipare al Mondiale, ma c’è anche questa insoddisfazione per tutta la situazione sociale.

    D. – Poi c’è anche questo imponente sciopero della metropolitana che ha causato tantissime code…

    R. – Era una protesta che i sindacati avevano cominciato già da tempo per avere uno stipendio adeguato al lavoro che loro svolgono. Ormai approfittano un poco di tutta questa situazione per esigere i loro diritti. E questo crea tutta questa situazione.

    D. – Il governo ha promesso di tenere sotto controllo le manifestazioni; Amnesty International, qualche giorno fa, invece ha denunciato la possibilità che la Polizia ricorra alla violenza. C’è questa paura?

    R. – C’è molta paura! E’ vero… Il governo dice che qui è tutto sotto controllo, però quando ci sono le manifestazioni, alcune volte, la Polizia è violenta…. Sì, è vero!

    D. – Quali sono i problemi del Brasile, dal punto di vista sociale?

    R. – Prima di tutto la sicurezza! C’è poi il problema dell’educazione; il problema abitativo, la gente non ha un’abitazione e poi c’è anche il problema della mancanza dei mezzi di trasporto…

    D. – E’ vero che in questo periodo a causa del Mondiale, ad esempio, gli affitti sono aumentati, è aumentato il prezzo delle case? C’è speculazione?

    R. – Sì, molta! Molta, molta, molta! Sì, tutto è andato alle stelle! I prezzi sono saliti! Il prezzo del cibo è rimasto uguale, ma il prezzo di tutte le altre cose è salito: l’affitto, i viaggi… Sì, hanno approfittato di questo!

    D. – Cosa auspica per questi Mondiali di calcio?

    R. – E’ un momento per creare un po’ di fraternità, di pace e questo perché lo spettacolo del Mondiale è bello! L’occasione dovrebbe aiutare a creare questa situazione… Credo però che non si sia lavorato molto su questo versante: alcune volte ho l’impressione che il Mondiale sia stato imposto dalla Fifa. E invece potrebbe essere un’occasione per vivere la bellezza del Mondiale, perché questo fa parte anche della vita, della cultura stessa del brasiliano: tutti noi comboniani vorremmo che questo Mondiale fosse una festa di allegria, di partecipazione. E dove noi lavoriamo, lavoriamo proprio per creare queste condizioni, per far sì che la vita sia bella, che sia una vita di giustizia, di pace, di fraternità. Che i Mondiali siano l’occasione per dimostrare anche un po’ questo.

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    Vodafone: governi sorvegliano comunicazioni. Garante: inaccettabile

    ◊   La società britannica di telefonia Vodafone ha reso noto che alcuni governi sono in grado di sorvegliare la sua rete e di monitorare le comunicazioni dei clienti. Si tratta di "un limitato numero di Paesi" in cui "non serve l'autorizzazione dell'operatore per poter ascoltare le conversazioni". L'Italia è il Paese in cui Vodafone registra il più alto numero, 606mila, di richieste legali di informazioni. Per il garante della privacy Antonello Soro è inaccettabile questa opera di sorveglianza massiccia da parte dei governi. Per l’ex procuratore di Torino Giancarlo Caselli, le cause in Italia sono da riportare alla presenza della mafia. Ma come si può conciliare la necessità di garantire la privacy dei clienti e l’obbligo di rispettare le richieste dei governi, che devono vigilare sulla sicurezza nazionale? Maria Gabriella Lanza lo ha chiesto a Ruben Razzante, docente di diritto dell’informazione e della comunicazione all’Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma:

    R. – Ci sono diversi dati che devono essere innanzitutto classificati e suddivisi. Ci sono, quindi, dei dati sensibili, che riguardano aspetti strettamente privati e intimi della vita di una persona, che devono rimanere rigorosamente riservati, se non quando non integrino gli estremi di qualche reato oppure gli estremi di qualche rischio per la sicurezza. Un conto è “attenzionare” una serie di utenze, che hanno una rilevanza sulla base di sospetti, di indizi e così via, altra cosa è fare del monitoraggio a strascico su tutte le utenze o su tante utenze e ascoltare anche telefonate di persone che non hanno assolutamente alcun rilievo per la giustizia. La soluzione, quindi, è predisporre dei protocolli efficaci, di sicurezza, che rendano trasparenti le modalità, in base alle quali questi controlli vengono fatti.

    D. – La Vodafone ha portato alla luce questa realtà, e le altre compagnie?

    R. – E’ opportuno che anche altre compagnie facciano - per così dire - outing, cioè ammettano di essere state oggetto di questo tipo di richieste dalle autorità dei vari Stati. E mi chiedo perché la Vodafone abbia svelato questa cosa soltanto oggi, peraltro si poteva anche intuire che fosse così, ma meglio tardi che mai. Io credo che sia giusto che altre compagnie svelino questo e che magari si arrivi alla definizione di accordi, anche sotto l’egida del garante della privacy, che è anche intervenuto su questa vicenda, sottolineando l’esigenza di garantire la dignità e la privacy delle persone; e, magari, sotto l’egida del garante della privacy si potrebbe addivenire ad un accordo che salvi questo equilibrio: da una parte l’esigenza di sicurezza nazionale, di tutela dell’ordine pubblico e anche di amministrazione della giustizia e, dall’altro, però, i valori fondamentali della persona, tra cui la dignità e la riservatezza della vita privata.

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    Sbarchi di immigrati in Sicilia. La Caritas: istituzioni non preparate

    ◊   Drammatico appello del sindaco di Porto Empdocle, Lillo Firetto, dopo la nuova ondata di sbarchi di immigrati. “Siamo fuori controllo in un dramma disumano – ha detto Firetto – La credibilità delle Istituzioni Europee e dei Governi è vacillante. Ormai siamo di fronte a numeri insopportabili". Nelle ultime 36 ore in Sicilia l’operazione Mare Nostrum ha salvato più di tre mila persone partite dal Nord Africa. Alessandro Guarasci:

    E’ stata davvero una notte impegnativa per Marina Militare e Guardia di Finanza nel Canale di Sicilia. Soccorsi più di 1100 immigrati nelle acque davanti Lampedusa. E altri arrivi in mattinata. Si è deciso di smistarli in tutta l’isola. Approdata ad Augusta la nave "San Giorgio" della Marina militare, con 1.251 immigrati soccorsi" negli ultimi due giorni. Così, a Porto Empedocle è arrivata la fregata "Scirocco" con 611 profughi. Una situazione definita disumana dal sindaco. Altre 368 migranti sono sbarcati a Palermo; e 266 a Catania, dove ci sono anche 30 minori. Il direttore della Caritas di Catania don Piero Galvano:

    R. – Purtroppo le istituzioni non riescono a venire incontro, forse anche per mancanza di strutture adeguate, alle esigenze di numerosi minori che sbarcano in Sicilia e che, per motivi logistici, devono obbligatoriamente transitare qui a Catania, perché Catania è un punto di partenza. Devo essere sincero, anche la Prefettura di Catania non risponde alle numerose esigenze di tanti minori.

    D. – In questo caso, qual è la loro sistemazione?

    R. – La loro sistemazione è in alcuni istituti per minori; ma ce ne sono pochi, pochissimi. Noi interveniamo per altre esigenze: per gli immigrati in genere. Quali sono le principali richieste che ci vengono fatte, registrate al nostro Centro ascolto? Riguardano soprattutto la soddisfazione di bisogni primari, come il mangiare, il dormire, il lavarsi, l’assistenza medica, quella legale e soprattutto burocratica.

    D. – Gli sbarchi sono notevolmente aumentati nell’ultima settimana. Voi temete che ci sia davvero una sorta di assalto alla Sicilia? Queste persone rischiano di rimanere in balia realmente degli eventi...

    R. – Se vogliamo risolvere i problemi, dobbiamo seriamente venire incontro ai loro bisogni. L’Italia ha risolto il problema dell’Albania e non vi sono più immigrati albanesi che vengono in Italia. Abbiamo dato lavoro lì sul posto. Questo, allora, è un problema a livello europeo, se si vuole veramente risolverlo. Ma io so, ad esempio, che tante banche, addirittura hanno comprato terre nel Nord dell’Africa per quattro soldi e le hanno rivendute, togliendo la possibilità a tanti africani di lavorare la terra.

    D. – Aiutare le popolazioni nel Nord dell’Africa là dove sono, dunque creare lavoro là e risolvere le tensioni in Nord Africa...

    R. – Chiaro, questa sarebbe la soluzione migliore. Noi europei abbiamo bisogno di manodopera, allora - scusatemi tanto – mandiamoli là, dove vogliono andare, e creiamo un corridoio umanitario.

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    Radio Vaticana, convegno sulla sindrome di Down

    ◊   Sono circa 40 mila in Italia le persone affette dalla sindrome di Down, la disabilità causata dalla presenza di un cromosoma in più nelle cellule. Ma come vivono queste persone e come sono accolte oggi dalla società? Queste tra le domande a cui ha voluto dare una risposta il convegno “Diverso da chi? l’altro come risorsa”, che si è svolto questa mattina nella Sala Marconi della nostra radio. All’incontro promosso dall’Aipd, l’Associazione italiana persone Down, hanno partecipato educatori, sociologi e medici esperti medici di questa patologia. Ma quanto è aperta la società all’accoglienza di queste persone diversamente abili? Ascoltiamo Giampaolo Celani, presidente della sezione di Roma dell’Aipd, al microfono di Marina Tomarro:

    R. - Sostanzialmente è un problema di barriera: una scala è una barriera perché ci si ritrova su piani diversi. Fare in modo che i piani possano collegarsi fra loro è semplicemente la necessità di creare un ponte, percorribile per tutti. Noi, come associazione di familiari, è quello che mettiamo in luce. Dal punto di vista educativo, però, c’è un altro aspetto che dobbiamo prendere in considerazione: è un bisogno materiale anche la crescita spirituale, anche la crescita di interiorità, anche la crescita di ciò che è all’interno di ogni persona. Quali sono le condizioni che ci impediscono di farlo? L’accoglienza. Noi dobbiamo creare le condizioni per una diversa accoglienza. E’ evidente che l'accoglienza ancora è un percorso molto lungo da raggiungere.

    D. - In che modo lo Stato dovrebbe dare una mano sia alle famiglie che a queste persone, secondo lei?

    R. - Se parliamo di scuola, di integrazione scolastica, c’è una legge, ma da ormai una decina di anni andiamo avanti - come familiari - semplicemente con il ricorso al Tar per vederci riconosciuto il numero di ore - di diritto! - di sostegno per l’integrazione scolastica, come se fossimo un soggetto estraneo dal popolo degli studenti. Se parliamo di lavoro, ci sono stati pochissimi controlli per l’applicazione di una legge - bellissima! - sull’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, in base alle loro caratteristiche e non in base alla capacità residua di lavoro. Queste questioni, a nostro avviso, sono condizioni di cui la politica si deve occupare.

    Ma in che modo la Chiesa può aiutare queste persone a sentirsi inserite nelle comunità? Ascoltiamo suor Veronica Donatello, responsabile del settore Catechesi per i disabili della Conferenza episcopale italiana:

    R. - Sicuramente, credo che il primo sia accogliere e per accogliere bisogna conoscere e riconoscere l’altro come dono. Solo se riconosci che l’altro è persona e non è il suo limite - non è down, spastico, cieco, sordo, ma è Mario, Luca, Francesco, Chiara - allora nasce il fatto di dire: “Dov’è?”. E’ allora, un po’ come dice il Papa, andare a cercare le 99, anche persone disabili che sono fuori. Sicuramente, andare noi fuori, fare noi un esodo. E poi accogliere, lavorare sul fatto che tutti abbiamo dei limiti, ma tutti abbiamo un dono e un tesoro da condividere con la comunità.

    D. - Ma quanto è importante educare gli insegnanti, i catechisti, la società ad accogliere la disabilità?

    R. - Riconoscere che l’altro non è una tabula rasa, non è un vaso vuoto da riempire, ma è una persona, è un qualcuno da cui siamo chiamati a tirare fuori ciò che ha già dentro, a prendere delle strategie e delle metodologia per includere l’altro, per aiutare i compagni ad accogliere. Credo che la sfida grande sia una società che si sappia relazionare con chi è diverso, che sia disabile, straniero, che sia una persona che viva un momento di fragilità.

    D. - Suor Veronica, lei vive in famiglia delle disabilità. Quanto l’esperienza personale le è servita anche poi nel suo lavoro?

    R. - In casa, ho potuto gustare veramente come si può vivere una disabilità ed essere persone in rendimento di grazie, persone serene. I miei sono sordi e nella loro diocesi evangelizzano, lavorano nelle parrocchie. Mia sorella disabile non può fare nulla, però lei ha una presenza attiva con il linguaggio della carità. Il dono grande in casa per me è la mia forza, perché anche nella mia comunità, nella mia diocesi ho potuto vedere che se la persona disabile si sente accolta, questo può realmente diventare un essere Chiesa in viva in missione.

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    Partecipazione in crescita alla marcia Macerata-Loreto: molti i giovani

    ◊   “Di cosa abbiamo bisogno per vivere?” è il titolo scelto quest’anno per la 36.ma edizione del Pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto, promosso da Comunione e Liberazione. L’evento prevede, stasera alle ore 20.30, la Santa Messa nello Stadio Helvia Recina di Macerata, presieduta dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin. Alle 22.30 l’inizio del cammino, un percorso, di circa 27 chilometri scandito da momenti di preghiera, canti, letture, testimonianze. L’arrivo al Santuario di Loreto è previsto per domani alle 6.30 del mattino. Federico Piana ha intervistato Emanuele Sorichetti dell’Ufficio stampa del Pellegrinaggio:

    R. – Questo è un pellegrinaggio mariano, nato 36 anni fa. Nel 1978, don Giancarlo Vecerrica, attuale vescovo di Fabriano-Matelica, propose ai suoi studenti di incamminarsi verso Loreto per ringraziare la Madonna dell’anno scolastico appena trascorso e per chiedere anche la grazia della promozione agli esami imminenti. Da questo piccolo gesto, e da quel piccolo manipolo che iniziò quell’avventura, il pellegrinaggio è andato poi allargandosi in tutti questi anni fino alle 100 mila presenze degli ultimi anni. Centomila presenze: centomila cuori, centomila pellegrini che si incamminano verso Loreto, ciascuno con la propria domanda, ciascuno con la propria intenzione. Tutta questa storia naturalmente si appoggia sulla grande tradizione del pellegrinaggio verso la Santa Casa di Loreto. Quello che ha tentato di fare mons. Vecerrica è stato rinnovare questa tradizione e rinnovare questa supplica nei confronti della Vergine di Loreto.

    D. – Il tema di quest’anno è: “Di che cosa abbiamo bisogno per vivere?”. Perché questo tema?

    R. – Questo tema è tratto da una riflessione di don Luigi Giussani e rintraccia una domanda e un interrogativo di tutti gli uomini di oggi e cioè: di cosa effettivamente ho bisogno per vivere? Non di un discorso vigoroso, non di un discorso coerente, che mi spieghi la vita, ma piuttosto di incontrare qualcosa che mi permetta di vivere e mi permetta di vivere bene. Un po’ come gli Apostoli con Gesù, un po’ come tutti coloro che hanno incontrato Gesù. Per loro il problema non era vedere o sentire un discorso. Il problema era incontrare qualcuno che permettesse loro di vivere all’altezza del loro desiderio. Per cui, abbiamo messo tra le mani di ogni pellegrino questo interrogativo, perché ciascuno possa immedesimarsi in esso.

    D. – Il pellegrinaggio vede sempre la partecipazione di molti giovani. Perché questo appeal con loro?

    R. – I giovani non attendono altro che una risposta ai loro interrogativi e alle loro inquietudini e nel momento in cui viene proposto loro di incamminarsi, di fare un’esperienza che possa dare loro delle risposte, a quel punto loro aderiscono, senza alcun problema e iniziano questa marcia: credenti e non credenti, ci tengo a dire. L’esperienza del pellegrinaggio è un’esperienza per tutti perché rintraccia un bisogno dell’uomo: quello di vivere la vita come un pellegrinaggio. Il pellegrinaggio è il paradigma della vita e questo è un po’ il nocciolo del messaggio cristiano, d’altronde.

    D. – Le novità di quest’anno sono state consistenti, anche dal punto di vista mediatico. Ce le vuoi raccontare?

    R. – Sì, quest’anno abbiamo deciso di aprirci un po’ al mondo dei social network, non tanto per il clamore mediatico, quanto piuttosto per dare la possibilità a ciascuno di incontrare la nostra esperienza. Chi viene al pellegrinaggio non lo dimentica così facilmente e noi vorremmo che in questi anni lo conoscessero più persone possibile.

    D. – Si torna cambiati da un pellegrinaggio di questo tipo?

    R. – Sì, si torna cambiati e noi lo riscontriamo dalle molte e-mail e dalle molte lettere di ringraziamento che arrivano nella nostra sede, soprattutto dalle richieste di preghiera ma anche di grazie ricevute. Il pellegrinaggio non ha solamente un aspetto di cammino e di tentativo umano, ma ha anche questo aspetto di efficacia della grazia di Dio sul popolo cristiano.

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    Una pianta di peperoncino per aiutare progetti solidali in Perù

    ◊   Anche una piantina di peperoncino può servire per sostenere le missioni agostiniane in Perù. Oggi e domani, l’Associazione “Apurimac”, onlus che promuove progetti solidali in diversi Paesi, propone in diverse piazze italiane “pePERUncino”, una campagna di raccolta fondi per finanziare campagne sanitarie in Perù, nella regione dell’Apurimac. Acquistando una pianta di peperoncino, corredata di una sporta e di depliant informativi, si potrà contribuire al lavoro di tanti volontari, come spiega Francesca Bellini, responsabile del settore comunicazioni di Apurimac Onlus, al microfono di Tiziana Campisi:

    R. – I nostri volontari saranno in 70 piazze italiane, promuoveranno piantine di peperoncino perché vogliamo raccogliere fondi per portare cure mediche e volontari sulle Ande, a 4000 metri.

    D. – Quali progetti sostenete in Perù?

    R. - La nostra associazione ha iniziato a lavorare in Perù accanto ai missionari Agostiniani. Lavoriamo nel campo dell’educazione, della sanità e della difesa dei diritti. Il progetto che stiamo sostenendo attraverso “pePERUncino” è un progetto di campagne sanitarie itineranti, attraverso cui diamo un’unità mobile, dottori e volontari per portare cure nei villaggi più isolati delle Ande.

    D. – Com’è nata l’idea di piantine di peperoncino a scopo solidale?

    R. – Abbiamo cercato di immaginare una iniziativa adatta alla nostra associazione. L’idea del peperoncino è nata dal legame con il Perù. Abbiamo stravolto il nome, abbiamo deciso che potevamo cambiare il nome a una pianta per un motivo valido.

    D. – Quali altri progetti sostiene l’Associazione Apurimac?

    R. – In Apurimac portiamo avanti progetti che sostengono le missioni agostiniane a favore di anziani, a favore di bambini e a Cuzco abbiamo inaugurato una scuola e un ospedale.

    D. – Come avete organizzato “pePERUncino”, da dove arrivano le piante di peperoncino?

    R. – Le nostre piantine arrivano da Scalea, da una cooperativa che si chiama “Valle Lao”, che da due anni sostiene e aiuta Apurimac in questa meravigliosa avventura. Vengono piantate in Calabria e un camion le trasporta in tutta Italia, nelle case dei nostri volontari.

    D. – Qual è l’obiettivo specifico di questa due giorni?

    R. – Vogliamo superare quello che abbiamo raggiunto l’anno scorso, quindi raccogliere più fondi da destinare al programma di campagne sanitarie itineranti del 2014. Attualmente, abbiamo in programma quattro campagne sanitarie che si concluderanno a ottobre, attraverso le quali invieremo molti dottori e volontari italiani in missione.

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    Roma, all'Auditorium seconda edizione de "Il Gioco della Musica"

    ◊   All’Auditorium Parco della Musica di Roma domani sarà una giornata di festa. Grandi ospiti ed eventi speciali animeranno tutte le sale e gli spazi all’aperto della grande struttura disegnata da Renzo Piano, a ingresso gratuito, dalle 10 del mattino alle 23. Si tratta della seconda edizione de ”Il Gioco della Musica”, organizzato dall’Accademia nazionale di Santa Cecilia e dalla Fondazione Musica per Roma, in collaborazione con Lottomatica. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Sarà una bella occasione per stare insieme, grandi e piccoli, in un’enorme palcoscenico, dalla Sala Petrassi alla Cavea, dallo Spazio Risonanze al foyer dell’Auditorium, alternando eventi e incontri speciali. Lezioni-concerto alla scoperta del suono in modo interattivo, ma anche focus su strumenti, quali il violino e la chitarra acustica per gli appassionati e i curiosi, e poi i concerti. Il jazz dei grandi: Danilo Rea, Enzo Pietropali e Roberto Gatto a presentare i loro ultimi dischi e il fascino del contemporaneo con Adriano Rullo e il quartetto d’archi “Notturno concertante”. E poi, tante iniziative affidate a giovani e studenti. Fiore all’occhiello il maestro Nicola Piovani, che ci ha fatto sognare con le colonne sonore dei film di Tornatore, Fellini e Benigni, guiderà per la prima volta la Juniorchestra, i giovani musicisti dell’Accademia. Il maestro:

    R. – Anzitutto, è un’orchestra miracolosa perché, sì, è fatta di giovani – e alcuni giovanissimi – ma ci sono dentro anche delle professionalità importanti, solide. Per cui, io ci ho lavorato come lavoro con un’orchestra non giovanile, un’orchestra normale. Faremo nella prima parte tre brani di musica della tradizione classica che sono entrati nel cinema, come la sinfonia della Gazza Ladra di Rossini, che sta in “Arancia Meccanica” di Kubrick, l’Intermezzo della Cavalleria Rusticana, che sta in “Toro Scatenato” di Martin Scorsese, e poi la V Danza Ungherese di Brahms, che sta nel “Grande Dittatore” di Chaplin. Ci sarà poi una seconda parte, in cui dirigerò delle musiche che sono state scritte appositamente per il cinema, che io ho scritto appositamente per il cinema, per due film di Federico Fellini: “Ginger e Fred” e “La voce della Luna”.Chiuderemo poi con la Suite Sinfonica de “La Vita è bella”:

    D. – Ma come fanno le musiche a riuscire così bene da rimanere spesso più impresse del film stesso?

    R. – Le musiche per riuscire bene hanno anche bisogno del vento favorevole, di quella scintilla che scatta fra un film, un film ben narrato, e quella musica… Avviene una alchimia per cui 2+2 non fa più 4, ma fa 22 e a volte anche 222.

    D. – Lei incontra questi ragazzi giovani della Juniorchestra: che cosa consigliare a giovani per una formazione buona a livello musicale?

    R. - In questo momento, io consiglio di studiare tutti i tipi di musica: di non escludere la musica jazz, di non escludere la musica pop… Non escludere nessuna musica, perché la contemporaneità è fatta di tante lingue musicali diverse e conoscerne solo una sarebbe una parzialità culturale, che sconsiglio.

    Agli studenti dell’Accademia spazio anche con l’esibizione della Corale, delle Voci Bianche e della Fanfara degli Ottoni. Mentre, da non perdere – tra gli eventi live – l’Orchestra popolare italiana diretta da Ambrogio Sparagna, che ci racconta così il suo programma di serenate, canti e danze d’amore:

    “E’ un programma tipicamente legato alle forme del canto popolare, dalle Marche fino giù in Sicilia… Quindi, alla dimensione proprio lirica, alla funzione di trasmettere il sentimento semplice e diretto dell’amore. Cantare è sempre una maniera discreta: non c’è una sorta di sbruffoneria nel canto. C’è un sentimento molto lirico, ma non ostentato. Oggi siamo invece in una società che ostenta tutto”.

    Completano la giornata le lezioni di jazz e rock per esperti e curiosi, con alcune note firme del giornalismo, come Castaldo, Assante e Zenni. E poi, i laboratori di canto e le visite guidate, come quella all’affascinante Museo degli strumenti musicali, con i suoi centoquaranta pezzi, testimonianze di cinque secoli di storia, dall’Europa al lontano Giappone, che ospiterà una suggestiva lezione-concerto dal titolo Liuteria a Pizzico. “La musica unisce e può coinvolgere tutti”, questo il senso della giornata, nelle parole di Ambrogio Sparagna:

    “La musica è una forma di comunicazione diretta: anche se ha delle prerogative tecniche, il senso che deve sempre dare è che è un’arte di tutti, a cui tutti possono partecipare e diventare protagonisti. Ecco, questa giornata al Parco della Musica vuole essere proprio questo”.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella Solennità della Pentecoste, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù risorto appare ai discepoli dicendo:

    «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

    Su questa Solennità, ascoltiamo la riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Pentecoste: ho l’impressione che suoni oggi come una parola più o meno vuota, forse un po’ erudita, ma lontana da ciò che conta nella nostra vita. Siamo talmente abituati a vivere dello Spirito Santo da non percepirne più né il dono, né la presenza, né la bellezza…, come l’aria che respiriamo. Eppure lo Spirito Divino è sinonimo di vita, di luce, di pace, di amore, di bellezza, di infinito, di comunione, di armonia, di grazia, di perdono… Il Signore Gesù, con la sua Pasqua, ha ottenuto dal Padre per la sua sposa questa veste nuziale che la riempie di bellezza divina, che la rende capace di Dio, capace di portare in sé Dio. Rinnovata da questo sigillo divino, per amore al suo Sposo, la Chiesa si fa annunciatrice di Dio nel mondo, della Sua grazia, del Suo perdono, della Sua misericordia: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati”. Per la presenza dello Spirito Santo in lei, la Chiesa diventa Madre, capace di tenerezza, di piegarsi dolcemente sulle ferite dell’uomo, di ridare vita all’uomo. Papa Francesco, nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium afferma: “A Pentecoste, lo Spirito fa uscire gli Apostoli da se stessi e li trasforma in annunciatori delle grandezze di Dio, che ciascuno incomincia a comprendere nella propria lingua. Lo Spirito Santo, inoltre, infonde la forza per annunciare la novità del Vangelo con audacia (parresia), a voce alta e in ogni tempo e luogo, anche controcorrente. Invochiamolo oggi, ben fondati sulla preghiera, senza la quale ogni azione corre il rischio di rimanere vuota e l’annuncio… privo di anima” (259)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Afghanistan: arrestati tre talebani per il sequestro del gesuita indiano

    ◊   Il governo dell'Afghanistan sta seguendo "alcune piste concrete" in relazione al sequestro del gesuita indiano padre gesuita Alexis Prem Kumar, avvenuto il 2 giugno scorso. Lo rivela il ministero indiano degli Affari esteri, confermando l'arresto di tre militanti talebani. Il portavoce del dicastero ha aggiunto che "l'Afghanistan sta lavorando su tutti i fronti" per liberare il sacerdote, ma non ha aggiunto altri dettagli perché "la situazione è molto delicata".

    Negli ultimi giorni - riferisce l'agenzia AsiaNews - alcuni media locali hanno sostenuto che padre Alexis fosse in Afghanistan in relazione alla missione diplomatica indiana nel Paese, e che per questo sia stato sequestrato. Il suo rapimento infatti è avvenuto dieci giorni dopo un attentato suicida al consolato indiano di Herat, la stessa provincia in cui si trovava il gesuita.

    Tuttavia il ministero indiano degli Affari esteri ha negato "qualunque coinvolgimento" del sacerdote con il governo di New Delhi. "Egli è un cittadino indiano - si aggiunge - che è lì con una ong. Non ha alcun legame con il governo indiano, la missione diplomatica o il consolato".

    Dal 2011 p. Alexis dirigeva la sezione afghana del Jesuit Refugee Service (Jrs). Ogni anno questa ong fornisce servizi educativi, sanitari e assistenza sociale di base a oltre 500mila rifugiati e profughi interni in tutto il mondo. Nel 2013 il Jrs ha aiutato più di 6mila afghani di ritorno dall'Iran e dal Pakistan.

    Intanto, non si fermano le dichiarazioni e le manifestazioni di solidarietà a p. Alexis e alla sua famiglia. Un gruppo di tribali di Kodaikanal, villaggio del Tamil Nadu in cui il gesuita ha lavorato prima di partire per l'Afghanistan, ha organizzato una veglia di preghiera il 4 giugno scorso. "Lavorava con i nostri bambini - raccontano alcuni - e al tempo stesso con i rifugiati srilankesi. Tanti hanno beneficiato del suo impegno e della sua dedizione. Se abbiamo avuto case e documenti di identità è solo grazie a lui". In suo onore, i volontari e gli attivisti della zona organizzeranno una marcia silenziosa il prossimo 11 giugno. (R.P.)

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    Nigeria: colpita una chiesa nei combattimenti contro Boko Haram

    ◊   Una chiesa cattolica, una moschea e una stazione di polizia sono state colpite da bombe sganciate da un aereo dell’aviazione nigeriana inviato a respingere l’assalto di guerriglieri di Boko Haram nel villaggio di Madagalii, nello Stato di Adamawa, nel nord della Nigeria. Secondo la stampa nigeriana una ragazzina è stata uccisa nel bombardamento.

    Il villaggio era stato occupato dai militanti di Boko Haram per poche ore nella mattinata del 5 giugno. L’intervento delle forze armate ha permesso di liberare la cittadina. Altri assalti di Boko Haram si sono registrati in diverse località della Nigeria settentrionale. Almeno 45 persone sono state uccise in un attacco nel villaggio di Bargari, alla periferia di Maiduguri, capitale dello Stato di Borno.

    Secondo una testimonianza raccolta dalla stampa nigeriana gli assalitori sono arrivati nel villaggio il 4 giugno intorno alle 9 di sera presentandosi come predicatori islamici. Una volta radunata la popolazione per assistere alla predicazione, sono apparsi i complici armati che hanno iniziato a sparare sulla folla. Gli assalitori hanno razziato e incendiato negozi e abitazioni per poi darsi alla fuga.

    In altri villaggi i membri di Boko Haram si sono presentati in uniforme militare su veicoli fuoristrada dello stesso modello di quelli in uso all’esercito regolare, affermando che erano stati inviati per proteggere la popolazione. Anche in questo caso una volta radunati, i civili sono stati fatti oggetto del tiro delle armi automatiche e del lancio di ordigni esplosivi. (R.P.)

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    Kurdistan irakeno: la Chiesa di Erbil chiede aiuto

    ◊   “L’immigrazione massiccia di fedeli costringe la nostra Chiesa ad affrontare sfide importanti”. È quanto dichiara ad Aiuto alla Chiesa che Soffre mons. Bashar Matti Warda, arcivescovo caldeo di Erbil, nel Kurdistan iracheno. Negli ultimi anni - riferisce l'agenzia Sir - la maggiore tranquillità e sicurezza della regione autonoma ha spinto oltre 12mila famiglie cristiane a lasciare città pericolose come Bagdad e Mosul e a trasferirsi nel territorio dell’arcidiocesi di Erbil. “In molte aree dell’Iraq la gente esce da casa la mattina senza sapere se vi farà ritorno”, prosegue l’arcivescovo: “Chiunque può essere vittima di esplosioni, attentati, omicidi e rapimenti”.

    L’esodo dei cristiani - verso il Kurdistan e verso altri Paesi - ha causato la chiusura di numerose parrocchie in tutto il Paese. Ad Erbil invece, a causa del gran numero di fedeli, si sono dovute allestire delle tende, perché le Chiese sono ormai divenute troppo piccole. “Non abbiamo le strutture adeguate, ma la gente continua ad arrivare e ci troviamo a gestire sempre più comunità”, aggiunge il presule, raccontando come i cristiani iracheni siano abituati a frequentare quotidianamente la parrocchia per la liturgia, la catechesi e incontri di preghiera.

    “Anche qui vengono ogni giorno ed è, per questo, che dobbiamo costruire urgentemente nuove chiese e centri per la catechesi e le altre attività”, informa mons. Warda, secondo il quale l’attuale situazione dell’Iraq è causata da un misto di ragioni storiche, politiche, economiche e sociali: “Ma tutto ciò non descrive pienamente quanto stiamo vivendo. E se proviamo oggi a darne una definizione, domani potrebbe essere già diverso”.

    La guerra, infatti, ha profondamente diviso la società irachena e provocato il riemergere di problemi che sembravano ormai appartenere al passato: “Inoltre l’Iraq è circondato da molte altre terre di conflitti e spesso ha dovuto combattere guerre non proprie”. Acs sostiene numerosi progetti in favore dei cristiani del Kurdistan iracheno, tra i quali la costruzione della Chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso di Ankawa e varie iniziative a sostegno dei rifugiati. (R.P.)

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    2.a edizione del C.M. Martini International Award

    ◊   La Fondazione Carlo Maria Martini, nata per iniziativa della Provincia d’Italia della Compagnia di Gesù con la partecipazione dell'arcidiocesi di Milano, promuove per gli anni 2014-2015 la seconda edizione del Carlo Maria Martini International Award, avviato nel 2013 dall’arcidiocesi di Milano con l’intento di ricordare la figura e l’opera del cardinale e di tenere vivo lo spirito che ha animato il suo impegno. “Profeta e uomo di discernimento e di pace”, “padre per tutta la Chiesa” - come lo ha definito papa Francesco nel corso dell’udienza di presentazione della Fondazione il 31 agosto scorso – Carlo Maria Martini, con il suo amore per la Scrittura e la sua straordinaria capacità di ascolto, di interrogazione e di dialogo, è divenuto un punto di riferimento spirituale e culturale anche oltre i confini della Chiesa ambrosiana di cui è stato pastore per oltre ventidue anni.

    Tre le novità di questa seconda edizione. In primo luogo l’ampliamento della dimensione internazionale con l’ammissione di quattro lingue: italiano, francese, inglese e spagnolo. In secondo luogo l’introduzione di una nuova sezione del premio: alle due sezioni già presenti nella prima edizione – lo studio del pensiero e della figura di Carlo Maria Martini e l’approfondimento del rapporto tra Bibbia e cultura nel mondo di oggi (arte, letteratura, filosofia, scienza, economia, politica, religioni, spettacolo, ecc.) – se ne aggiunge una terza, dedicata a esperienze e progetti pastorali che si ispirano allo stile del cardinale. Infine la scelta di valorizzare contributi originali riservando il premio a opere inedite: proprio in considerazione di questa scelta è stato previsto un tempo più lungo tra la pubblicazione del bando e il termine di consegna dei contributi.

    I lavori possono essere opere scritte o audiovisive. Al migliore di ogni categoria sarà assegnato un premio di 5milaeuro ciascuno, e la possibilità di pubblicazione dell’opera. A valutare i lavori sarà una giuria nominata dalla Fondazione Carlo Maria Martini, la cui composizione sarà annunciata entro il 15 settembre 2014. Possono partecipare al Premio tutte le persone che abbiano compiuto 18 anni alla data di pubblicazione del bando e che presentino il materiale con il quale intendono partecipare secondo lenorme previste dal regolamento. La scadenza per la presentazione della domanda di partecipazione e per la consegna dei materiali è fissata il 30 settembre 2015. Regolamento, domanda di partecipazione, locandina del Premio e tutte le info sono disponibili sul sito www.martiniaward.it. (R.P.)

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    Il centenario della villa Abamalek sul Gianicolo

    ◊   L’immensa villa Abamelek (33 ettari) sul lato orientale del Gianicolo, dirimpettaia del colle Vaticano, ha celebrato ieri il centenario dell’ impronta, nello stile del rinascimento italiano, data al suo principale edificio e, in particolare, dell’adattamento in teatro del suo salone di rappresentanza -volta in cassettone, arazzi fiamminghi alle pareti, colonne di alabastro per delimitarne il proscenio. Un’opera intrapresa dal suo proprietario, il principe russo Semen Semenovich Abamelek-Lazarev, imprenditore colto e uomo di stato – scelse l’Italia come seconda patria perché appassionato d’arte e archeologia – che si avvalse dell’opera di un architetto di vaglia e suo amico, il romano Vincenzo Moraldi.

    La commemorazione dell’evento – i lavori si conclusero nel 1914 – è stata promossa dalla Federazione Russa, divenutane proprietaria con il Trattato di pace, alla fine del secondo conflitto mondiale, attraverso la sua Ambasciata in Italia, che vi ha la sede di rappresentanza, con il sostegno dei ministeri degli Esteri e della Cultura ed il patrocinio, fra gli altri, del Comune di Roma; ed è stata animata soprattutto da storici e docenti italiani e russi, ma anche da critici d’arte italiani, dal vice direttore dell’Orto Botanico di Roma ( che ha evocato la storia delle ville e giardini storici della città e illustrato la valenza del parco della villa nell’ecologia del Gianicolo), e dall’ archimandrita Antoniy che prima di evocare l’ultima costruzione sorta cinque anni fa nel parco, la chiesa di Santa Caterina d’Alessandria della quale è parroco, ne ha tracciato la “preistoria”, ricordato cioè la presenza in Italia della Chiesa ortodossa russa (Patriarcato di Mosca). Tutta una serie di studi che avviata dalla fondamentale monografia del 2001 della storica Carla Benocci, della Sovrintendenza di Roma Capitale, non si è per nulla esaurita. (A cura di Graziano Motta)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 158

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.