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Sommario del 01/06/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa al Regina Coeli: annuncio del Vangelo non è facoltativo
  • Papa Francesco: Maria non si fa aspettare quando la invochiamo
  • Rinnovamento nello Spirito: in 50mila col Papa all'Olimpico
  • Giornata comunicazioni sociali. Francesco: sì a cultura dell'incontro
  • Le Galassie al centro della Scuola estiva della Specola Vaticana
  • Oggi in Primo Piano

  • Camerun: liberi i religiosi rapiti. Gioia della Santa Sede
  • Il nunzio in Centrafrica: comunità internazionale agisca presto
  • Blasfemia in Pakistan. Padre Mendes: sempre più vittime
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Sudan: Meriam "presto libera" dice il governo, cautela dell'avvocato
  • Nigeria: nuovo attacco di Boko Haram nel nordest, 15 morti
  • La Chiesa in India: ragazze stuprate e uccise, violenza disumana
  • Afghanistan: prigioniero Usa libero dopo rilascio 5 talebani
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa al Regina Coeli: annuncio del Vangelo non è facoltativo

    ◊   Circa 60mila fedeli erano presenti in Piazza San Pietro, in una splendida giornata di sole, per partecipare al Regina Coeli con Papa Francesco, nella Solennità dell’Ascensione del Signore. Un appuntamento ricco di spunti, come ci riferisce Sergio Centofanti:

    Commentando il Vangelo proposto dalla Solennità dell’Ascensione, il Papa spiega che la salita di Gesù al cielo non è “una separazione” perché “rimane per sempre con noi, in una forma nuova”, mostrandoci “che la meta del nostro cammino è il Padre”:

    “Gesù rimane presente e operante nelle vicende della storia umana con la potenza e i doni del suo Spirito; è accanto a ciascuno di noi: anche se non lo vediamo con gli occhi, Lui c’è! Ci accompagna, ci guida, ci prende per mano e ci rialza quando cadiamo. Gesù risorto è vicino ai cristiani perseguitati e discriminati; è vicino ad ogni uomo e donna che soffre; è vicino a tutti noi!”.

    “Gesù quando va in Cielo – prosegue il Papa - porta al Padre un regalo … le sue piaghe”:

    “Questo è il regalo che Gesù porta al Padre. Il suo corpo è bellissimo, senza lividi, senza le ferite della flagellazione … tutto bello! Ma, ha conservato le piaghe. E quando va dal Padre, gli dice: ‘Guarda, Padre, questo è il prezzo del perdono che Tu dai’. E quando il Padre guarda le piaghe di Gesù ci perdona sempre, non perché noi siamo buoni. No! Perché lui ha pagato per noi! Guardando le piaghe di Gesù, il Padre diventa più misericordioso, più grande”.

    Prima di ascendere in cielo, Gesù dice ai discepoli: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19). “È un mandato preciso, non è facoltativo! – ha ricordato il Papa - La comunità cristiana è una comunità ‘in uscita’, una comunità ‘in partenza’”, anzi, “la Chiesa è nata in uscita”:

    “E voi mi direte: ma le comunità di clausura? Sì, anche quelle, perché sono sempre ‘in uscita’ con la preghiera, con il cuore aperto al mondo, agli orizzonti di Dio. E gli anziani, i malati? Anche loro, con la preghiera e l’unione alle piaghe di Gesù”.

    Ai suoi discepoli Gesù dice: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (v. 20). “Da soli, senza Gesù – osserva il Papa - non possiamo fare nulla!”:

    “Nell’opera apostolica non bastano le nostre forze, le nostre risorse, le nostre strutture, anche se sono necessarie., ma non bastano. Senza la presenza del Signore e la forza del suo Spirito il nostro lavoro, pur ben organizzato, risulta inefficace”.

    Dopo la preghiera del Regina Coeli, il Papa “con animo rattristato” prega “per le vittime delle tensioni che ancora continuano in alcune regioni dell’Ucraina, come pure nella Repubblica Centroafricana”:

    “Rinnovo il mio accorato appello a tutte le parti implicate, perché siano superate le incomprensioni e si ricerchi con pazienza il dialogo e la pacificazione. Maria, Regina della Pace, ci aiuti tutti con la sua intercessione materna”.

    Poi ricorda che questa domenica si celebra la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, sul tema della comunicazione al servizio della cultura dell’incontro. “I mezzi di comunicazione sociale – afferma - possono favorire il senso di unità della famiglia umana, la solidarietà e l’impegno per una vita dignitosa per tutti”:

    “Preghiamo affinché la comunicazione, in ogni sua forma, sia effettivamente al servizio dell’incontro tra le persone, le comunità, le nazioni; un incontro fondato sul rispetto e sull’ascolto reciproco”.

    Infine, ha ricordato che ieri a Collevalenza, è stata proclamata Beata Madre Speranza, religiosa spagnola, fondatrice in Italia delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso:

    “La sua testimonianza aiuti la Chiesa ad annunciare dappertutto, con gesti concreti e quotidiani, l’infinita misericordia del Padre celeste per ogni persona. Salutiamo tutti con un applauso Madre Speranza! La Beata Madre Speranza!”.

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    Papa Francesco: Maria non si fa aspettare quando la invochiamo

    ◊   Ai fedeli raccolti nei Giardini Vaticani per la recita del Rosario, a conclusione del mese di maggio - tradizionalmente dedicato a Maria - Papa Francesco ha suggerito un nuovo titolo con il quale rivolgersi alla Madonna. “Vergine della Prontezza” l’ha chiamata il Pontefice ricordando il suo mettersi in cammino “in fretta” per far visita alla cugina Elisabetta. Una breve riflessione, quella del Papa, che ha voluto incoraggiare i credenti ad affidarsi alla Madre di Cristo con la certezza di essere ascoltati. A seguire la preghiera mariana nei Giardini Vaticani c’era per noi Tiziana Campisi:

    Si è unito alla preghiera a Maria, tra i fedeli radunati attorno alla Grotta di Lourdes, al canto del Magnificat. Silenziosamente Papa Francesco si è raccolto davanti all’edicola votiva che riproduce il luogo dell’apparizione della Vergine nella piccola cittadina dei Pirenei, e vi è rimasto assorto, col capo chino, poi, al termine delle litanie ha offerto una breve riflessione:

    “Abbiamo pregato la Madonna, abbiamo cantato tanti titoli che lei ha. Oggi, alla fine del mese di Maria - la festa nella quale ricordiamo la visita che ha fatto a santa Elisabetta - ci dice il Vangelo che, dopo l’annuncio dell’Angelo, lei è andata in fretta, non ha perso tempo, è andata subito a servire. E’ la Vergine della prontezza, la Madonna della prontezza”.

    Come una risposta, quella del Papa, alle centinaia di persone che nei Giardini Vaticani hanno recitato il Rosario chiedendo in cuor loro alla Madre celeste una grazia, implorando aiuto, domandando protezione. Lungo i verdi e rigogliosi viali della Città del Vaticano, con le preghiere, sono stati elevati alla Madonna anche canti, insieme a tante fiaccole. Suggestivamente, nel crepuscolo dell’ultimo giorno di maggio, volevano essere segno della fede che sorregge i credenti, a volte fioca, altre tanto viva. E proprio ad incoraggiarla - la fede - è stato Papa Francesco, ricordando quanto la Vergine è vicina ai suoi figli:

    “Subito è pronta a venire in aiuto a noi quando la preghiamo, quando noi chiediamo il suo aiuto, la sua protezione a nostro favore. Nei tanti momenti della vita nei quali abbiamo bisogno del suo aiuto della sua protezione, ricordiamo che lei non si fa aspettare: è la Madonna della prontezza, va subito a servire”.

    A presiedere la recita del Rosario, partita dalla chiesa di Santo Stefano degli Abissini è stato il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, che ha proposto anche una preghiera a Maria composta dal Papa:

    “Vergine e Madre Maria, tu che, mossa dallo Spirito, hai accolto il Verbo della vita nella profondità della tua umile fede, totalmente donata all’Eterno, aiutaci a dire il nostro ‘sì’ nell’urgenza, più imperiosa che mai, di far risuonare la Buona Notizia di Gesù. Ottienici ora un nuovo ardore di risorti per portare a tutti il Vangelo della vita che vince la morte. Dacci la santa audacia di cercare nuove strade perché giunga a tutti il dono della bellezza che non si spegne. Stella della nuova evangelizzazione, aiutaci a risplendere nella testimonianza della comunione, del servizio, della fede ardente e generosa, della giustizia e dell’amore verso i poveri, perché la gioia del Vangelo giunga sino ai confini della terra e nessuna periferia sia priva della sua luce. Madre del Vangelo vivente, sorgente di gioia per i piccoli, prega per noi. Amen. Alleluia”.

    Al termine della preghiera mariana il Papa ha voluto salutare alcuni malati, con loro si è teneramente trattenuto e tra i fedeli ha recitato il canto finale.

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    Rinnovamento nello Spirito: in 50mila col Papa all'Olimpico

    ◊   Si apre questa domenica, allo Stadio Olimpico di Roma, la 37.ma Convocazione Nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS) con la partecipazione di Papa Francesco. Il Pontefice arriverà allo Stadio alle 17.00, accolto, tra gli altri, dal presidente nazionale di RnS, Salvatore Martinez. Saranno presenti oltre 50mila persone: 47mila provenienti dai Gruppi e dalle Comunità del Rinnovamento nello Spirito; oltre 1300 volontari impegnati; 1500 stranieri in rappresentanza di 52 Paesi del mondo; 1000 sacerdoti; 150 seminaristi; 350 religiose; 3mila bambini e ragazzi. Direttamente coinvolti nella preparazione dell’iniziativa promossa dal Rinnovamento nello Spirito Santo, sono anche i due organismi di collegamento del Rinnovamento Carismatico Cattolico nel mondo: Iccrs (International Catholic Charismatic Renewal Services) e Cfcccf (Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowships). L’incontro col Papa si concluderà alle 18.30. Sull’attesa di questo importante appuntamento Federico Piana ha sentito Ciro Fusco, presidente della Comunità del Rinnovamento carismatico “Gesù ama”:

    R. - Siamo tutti in trepida attesa e con il cuore in festa per questo evento che possiamo davvero definire storico per il Rinnovamento carismatico. Quando il Santo Padre - che già come arcivescovo di Buenos Aires, aveva da tempo avuto modo di conoscere ed apprezzare il Rinnovamento carismatico - ha manifestato il desiderio e la disponibilità ad incontrarci, a passare un po’ di tempo con noi, ci siamo subito mossi per organizzare questo evento nel migliore dei modi per farlo davvero sentire a casa sua.

    D. - Parliamo adesso del Rinnovamento carismatico cattolico. Che cos’è? Ce lo vuoi raccontare?

    R. - Il Rinnovamento carismatico è una corrente spirituale trasversale nella Chiesa: nasce per promuovere e diffondere nella Chiesa e nel mondo una rinnovata conoscenza dello Spirito Santo e una rinnovata cultura della Pentecoste. Papa Giovanni XXIII, prima del Concilio, rivolgendosi allo Spirito Santo, pregava così: “Rinnova i tuoi prodigi nel nostro tempo come una nuova Pentecoste”. 30 anni dopo, in Piazza San Pietro, vigilia di Pentecoste 1998, Papa Giovanni Paolo II ricordava all’intera Chiesa quanto fossero indispensabili nella sua vita sia la dimensione istituzionale che quella carismatica. Quindi, diffondere una rinnovata cultura della Pentecoste, una conoscenza dello Spirito. Ma attenzione: non una conoscenza ed una cultura di tipo cerebrale, intellettuale, ma una conoscenza di tipo esperienziale, cioè sperimentare lo Spirito Santo nel proprio cuore, nella realtà della propria vita. Lo Spirito Santo quando ci incontra svolge in noi due azioni fondamentali: ci trasforma e ci usa, cioè si serve di noi. Da questo incontro personale noi usciamo guariti, trasformati, liberati e ci mettiamo nella disponibilità di essere usati dallo Spirito per l’evangelizzazione che diventa così la testimonianza di un cambiamento di vita; ma è anche il frutto di un’esigenza interiore, di un desiderio, di un bisogno, di annunciare a tutti ciò che Cristo a fatto a me. In questo lo Spirito ci aiuta con la sua azione di grazia, con i carismi, realizzando così quella Chiesa in uscita, tanto cara a Papa Francesco, ma un’uscita efficace resa forte dalla presenza dello Spirito, dall’esercizio dei carismi, dalle sue manifestazioni di potenza. Insomma, dobbiamo riscoprire e rendere operativa la grazia che ci è stata data attraverso il sacramento del Battesimo.

    D. - Adesso andiamo al cuore della comunità “Gesù ama” di cui tu sei uno dei fondatori e presidente: ci vuoi raccontare come nasce, qual è lo spirito che si lega anche al Rinnovamento carismatico cattolico?

    R. - Diciamo intanto che il Rinnovamento carismatico cattolico è una grande famiglia di cui fanno parte tante realtà, nella quale c’è una grande comunione tra e la varie realtà pur nella diversità dei carismi maturati in questi 40 anni di vita del Rinnovamento carismatico e delle nostre radici comuni: ricordiamo che il Rinnovamento carismatico arriva in Italia nel 1974, quindi stiamo proprio festeggiando i 40 anni. Come comunità “Gesù ama” nello specifico, siamo una comunità di preghiera, di evangelizzazione, nasciamo sulla parola profetica: “Va’ e annuncia a tutti che Dio ama gli uomini”. La nostra azione di evangelizzazione è a tutto campo, a 360 gradi, in tutte quelle realtà e situazioni in cui lo Spirito ci dà occasione di operare: strade, piazze, scuole, ospedali, carceri, case … dovunque. Questa evangelizzazione si rivolge sia ai lontani sia a coloro che si sono allontanati progressivamente dalla Chiesa e da Gesù, cercando, attraverso la riscoperta del grande amore e della grande misericordia di Gesù, di riportarli alla Chiesa e ad un cammino di fede. In tutto questo c’è un forte spirito ecclesiale di appartenenza alla Chiesa, di comunione, stima e collaborazione con tutte le realtà della Chiesa stessa.

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    Giornata comunicazioni sociali. Francesco: sì a cultura dell'incontro

    ◊   1 giugno, festa dell'Ascensione del Signore e 48° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: in questa giornata rileggiamo il messaggio di Papa Francesco, pubblicato a inizio anno in occasione della memoria di San Francesco di Sales e intitolato la "". Papa Francesco scrive tra l’altro: “Una Chiesa che accompagna il cammino sa mettersi in cammino con tutti”. Di questa espressione e di altri punti del messaggio Fausta Speranza ha parlato con Vania De Luca, vaticanista di Rainews24 e presidente per la regione Lazio dell’Unione Stampa Cattolica Italiana:

    R. – Sapersi mettere in cammino con tutti significa creare ponti con tutti e dialogare con tutti. In questo contesto, Papa Francesco scrive che la rivoluzione dei mezzi di comunicazione è anche una sfida e una sfida che richiede energie fresche e immaginazione nuova, ma questo non si può fare se non incontrando gli altri là dove si trovano con le loro situazioni, con le loro inquietudini, con le loro incertezze, con le loro domande.

    D. – Francesco scrive: “Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute”. Questo nel suo Pontificato dà una spinta particolare all’essere in cammino con tutti...

    R. – Indubbiamente sì, perché la Chiesa di Papa Francesco non è una Chiesa dall’identità debole - questo è sicuro –ma è una Chiesa, però, che non ha la pretesa di avere l’unica e l’ultima parola su tutto, una Chiesa che appunto sa farsi prossima e sa anche costruire percorsi comuni, perché al di là delle differenze c’è un umano che ci lega tutti. Ricordare questo può essere oggi una via di superamento di tante barriere, di tante divisioni, anche di tante ostilità, di tanti conflitti e di tante guerre.

    D. – Francesco afferma chiaramente: “Tra una Chiesa accidentata che esce per strada e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità non ho dubbi nel preferire la prima”. E poi indica le strade: le strade sono quelle del mondo, dove la gente vive, ma anche le strade digitali, oggi, con i nuovi media...

    R. – E’ proprio così. Oggi viviamo una vita di corsa ed anche l’informazione è fatta di corsa: è un’informazione veloce. Questo spesso supera – dice Papa Francesco – la nostra capacità di riflessione e di giudizio. E’ un po’ il limite, ma viaggia insieme con la potenzialità – vorrei dire – dell’informazione fatta in diretta, in cui, mentre le cose avvengono, già vengono veicolate. Una possibilità di superare questo limite può essere nel fatto che dopo che la notizia è stata data, è stata trasmessa, è stata comunicata, non bisogna rinunciare a quegli spazi di riflessione e di analisi e anche di approfondimento sulle notizie stesse, aiutando a ricostruire il contesto, per esempio, in cui una notizia, un fatto o un evento matura. Un altro grande limite, sul quale questo messaggio ci mette in guardia, é che sembra che tutti siamo connessi: il mondo è sempre più connesso e velocemente connesso. C’è anche, però, chi non ha accesso ai media sociali e rischia di essere escluso.

    D. – Poi, c’è anche il discorso di chi sta nei social media ma magari sta dietro allo schermo del computer senza mettere in gioco se stesso. Così, come dice il Papa, “solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento” nel dialogo e nell’incontro...

    R. – E’ un rischio che vediamo e che vediamo nei comunicatori, nei più giovani e nei nativi digitali, gli adolescenti di oggi, per esempio. Il messaggio ha un passaggio molto bello in cui dice che abbiamo bisogno di amare, di essere amati, abbiamo bisogno di tenerezza, e che non sono le strategie comunicative a garantire la bellezza, la bontà, la verità della comunicazione. Questo è un passaggio che mi è piaciuto molto e che segue quell’analisi di Papa Francesco, che dice che la comunicazione deve farsi prossimità.

    D. – Il contrario dell’incontro sono l’esclusione, l’emarginazione, la povertà, di cui tanto Papa Francesco ci parla, e poi – scrive sempre il Papa – i muri che ci dividono...

    R. – Beh sì, il contrario di tutto quello di cui abbiamo parlato è un mondo che esclude, un mondo insensibile alle differenze sempre più profonde, per esempio, tra i ricchi e i poveri. Il fatto che Papa Francesco, in questo messaggio, accentui la scandalosa distanza tra il lusso dei ricchi e la miseria dei poveri è una spia importante. Qui, infatti, parliamo di comunicazione e ci si potrebbe domandare che senso abbia parlare di ricchi e di poveri. Ma questa chiave della povertà e dell’esclusione sociale è una chiave importante che Papa Francesco rilancia appunto in ogni contesto, anche quello comunicativo.

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    Le Galassie al centro della Scuola estiva della Specola Vaticana

    ◊   Prende il via questa domenica nelle Ville Pontificie di Castel Gandolfo la 14.ma Scuola estiva della Specola Vaticana, che quest’anno si svolge sul tema “Galassie vicine e lontane, nuove e antiche”. Vi partecipano 25 studenti e laureati in astronomia (13 uomini e 12 donne) da 22 nazioni, e due seminaristi astronomi, uno italiano e uno canadese. A condurre il corso sono quattro esperti nell’osservazione e nelle teorie sulle galassie, guidati dal prof. John Stokes del Centro di Astrofisica e Astronomia spaziale dell’Università del Colorado. Insieme a lui Christopher Carilli, dell’Osservatorio Radioastronomico Very Large Array di Socorro, in New Mexico; il prof Michele Trenti, dell’Università di Cambridge e la prof.ssa Jaqueline van Gorkom, della Columbia University di New York. L'attività estiva della Specola Vaticana è iniziata nel 1986 con lo scopo di offrire ai giovani, giunti al termine dei loro corsi universitari, un'importante occasione per approfondire alcuni argomenti dei loro studi. Sul tema delle Galassie, Isabella Piro ha sentito il direttore della Specola Vaticana, il padre gesuita José Gabriel Funes:

    R. – L’universo è fatto di circa 100 miliardi di galassie. Se noi dividiamo il numero delle galassie nell’universo per la popolazione mondiale, che è circa 7 miliardi, a ciascuno di noi toccano 14 galassie! Ci sono tante galassie nell’universo quanti sono i neuroni nel nostro cervello! E’ molto importante capire la formazione e l’evoluzione delle galassie. Galassie vicine a noi vuol dire galassie vecchie, perché l’età dell’universo è di circa 14 miliardi anni, invece noi vediamo quelle più lontane come erano quando erano più giovani. Questo argomento è molto interessante per gli astronomi.

    D. – All’udienza generale del 21 maggio Papa Francesco ha parlato del dono della scienza, ha detto: “La scienza che viene dallo Spirito Santo è un dono speciale che ci porta a cogliere attraverso il Creato la grandezza e l’amore di Dio e la sua relazione profonda con ogni creatura”…

    R. – La creazione è un dono di Dio, è un dono di Dio anche la nostra intelligenza, la nostra capacità di capire, di trovare quelle leggi della fisica che ci permettono di capire l’universo. Questo è molto bello: pensare che Dio dà a noi questa capacità di scoprire le leggi della fisica, come funziona l’universo. Talvolta una visione superficiale dell’uomo e della scienza fa pensare che Dio chiude le porte e le finestre all’uomo per capire meglio. All’udienza generale e nella sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium Papa Francesco dice chiaramente che la fede non ha paura della scienza o delle scoperte scientifiche.

    D. – Padre Funes, come far crescere, soprattutto nei giovani, l’amore, l’attenzione e la curiosità per la scienza?

    R. – Penso che dobbiamo provare a sensibilizzare i ragazzi durante la scuola. Molte volte, i corsi di scienze, di fisica, di matematica, sono presentanti come una cosa molto astratta, molto difficile, solo per un gruppo ridotto. La Specola Vaticana scommette sui giovani. Noi crediamo nei giovani e vogliamo dare nuove possibilità: diamo borse di studio a questi giovani di tutti i Paesi, perché possano venire qui, perché possano avere questa possibilità anche di interagire con professori esperti in questo campo. Questo apre loro molte porte che sono molto importanti per questi giovani e le loro carriere scientifiche ma anche per i loro Paesi. Questo è un gruppo internazionale: per quattro settimane, che è il periodo della scuola, si crea una comunità veramente internazionale, interreligiosa, interculturale. L’esperienza per noi, per gli studenti, per i professori che vengono, è molto ricca, perché si tratta di un contesto molto particolare, che è quello delle Ville Pontificie, di lavorare in Vaticano, e c’è questo scambio non solamente scientifico ma anche umano. Si creano amicizie che, come vediamo negli ex-alunni, durano per tanti anni.

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    Oggi in Primo Piano



    Camerun: liberi i religiosi rapiti. Gioia della Santa Sede

    ◊   Sono stati liberati la notte scorsa intorno alle 2.00 i sacerdoti e la religiosa sequestrati in Camerun il 4 aprile scorso, forse dai fondamentalisti nigeriani Boko Haram. I missionari vicentini "fidei donum" don Giampaolo Marta e don Gianantonio Allegri, e suor Gilberte Bussiére, della Congregazione di Notre-Dame di Montreal, sono in buona salute. Come riferisce il presidente del consiglio italiano Matteo Renzi, i due sacerdoti saranno a casa già nella notte. “Una notizia che ci riempie di gioia”, ha commentato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il servizio di Davide Maggiore:

    È durata quasi due mesi la prigionia di don Giampaolo, don Gianantonio e suor Gilberte. Secondo l’agenzia France Presse, il loro ritorno in libertà è stato reso possibile da una settimana di trattative, avvenute in Nigeria. I religiosi sono stati poi portati a Yaoundé, capitale del Camerun, su un volo militare. Il vescovo emerito della diocesi di Maroua-Mokolo, mons. Philippe Albert Joseph Stevens, è riuscito a incontrarli per pochi minuti in mattinata:

    “Il sont en bonne santé…”
    "Grazie a Dio sono in buona salute – ha spiegato – anche se dimagriti, e il loro morale è buono”. “La liberazione dei tre religiosi – ha affermato in una dichiarazione il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi – “è una notizia che ci riempie di gioia". “Il Santo Padre, che fin dall’inizio aveva seguito la drammatica vicenda, ne è stato tempestivamente informato”, ha aggiunto. “Ringraziamo il Signore perché questa vicenda è giunta a una conclusione positiva, ha proseguito padre Lombardi, e “allo stesso tempo continuiamo a pregare e ad impegnarci perché ogni forma di violenza, odio e conflitto nelle diverse regioni dell’Africa e nelle altre parti del mondo possa essere superata”. Il portavoce vaticano ha poi concluso: “Rinnoviamo il ricordo e l’impegno per le molte altre persone innocenti di diversa condizione ed età che – come ben sappiamo - rimangono vittime di inaccettabili sequestri in diversi luoghi di conflitto”. Proprio ai rapitori, attraverso la Radio Vaticana, si è inoltre rivolto mons. Stevens:

    “Qu’ils brulent leurs armes…”
    “Brucino le loro armi – ha detto – e si aprano all’amore del Signore, che chiede la conversione dei loro cuori, il loro amore, e la pace”.

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    Il nunzio in Centrafrica: comunità internazionale agisca presto

    ◊   Si sta attenuando la tensione in Centrafrica, dopo l’attacco lanciato mercoledì scorso da miliziani islamici contro la Chiesa di Nostra Signora di Fatima a Bangui, in cui hanno perso la vita almeno 19 persone che si erano rifugiate in questa parrocchia. Sulla situazione nella capitale ci riferisce il nunzio in Centrafrica, mons. Franco Coppola, al microfono di Sergio Centofanti:

    R. - Si può dire che piano piano sta ritornando alla normalità. L’attacco è avvenuto mercoledì pomeriggio; non era mai accaduta una cosa del genere finora, quindi chiaramente ha sollevato un’ondata di indignazione popolare: la gente si è riscoperta non protetta, non difesa davanti ad un attacco che toccava un luogo sacro per la prima volta. Questo ha provocato una grande indignazione, una grande sollevazione popolare che si è espressa con grande rabbia … Poi venerdì il capo dello Stato, la presidente Samba Panza, che si trovava all’estero, è rientrata e ha invitato la gente ad un maggiore autocontrollo, ha promesso indagini, ha promesso il disarmo di quella zona della capitale che finora non era mai stata disarmata e ha indetto tre giorni di lutto nazionale. Questo ha fatto sì che la gente sentisse, quanto meno, presa in considerazione la propria preoccupazione, il dolore, e questo ha ridotto da subito la violenza delle proteste. C’è un clima d’attesa: si vuole vedere quanto queste misure annunciate dalla presidenza e dal governo saranno efficaci ed effettivamente messe in pratica.

    D. - C’è il rischio che il Centrafrica ricada nella guerra civile o in una guerra interreligiosa?

    R. - È guerra civile! Ci sono due milizie centrafricane che si fanno la guerra. Purtroppo il fatto che la comunità internazionale, le forze armate internazionali non siano sufficienti a garantire né la sicurezza, né l’interposizione tra le due parti, fa sì che la popolazione si senta protetta da queste milizie. La parte cristiana si sente protetta dalle milizie anti-musulmane e la parte musulmana si sente protetta dalle milizie Seleka a maggioranza musulmana. Questo è molto pericoloso. Non è assolutamente una guerra di religione nel senso classico, non è un problema religioso, teologico, non si vuole la conversione degli altri. É un problema di controllo del potere.

    D. - Una lotta di potere che mira anche alle ricchezze del Paese?

    R. - Senz’altro. Questo Paese ha un sottosuolo molto ricco e questo ovviamente fa gola a tanti. Il disordine logicamente fa gioco allo sfruttamento incontrollato della risorsa.

    D. - Quale appello si può lanciare alla Comunità internazionale?

    R. - Di fare presto, perché è vero che il Consiglio di Sicurezza ha deciso il dispiegamento dei Caschi blu, ma il loro arrivo è previsto verso la fine di settembre. Da qui a settembre mancano ancora dei mesi. Non è detto che le cose non possano peggiorare ulteriormente. Purtroppo, le forze internazionali presenti al momento nel Paese non sembrano capaci di controllare la situazione; sembrano un po’ al di sotto di quanto sarebbe necessario. Quindi manca la buona volontà, manca il numero. Diciamo che probabilmente non ci si è resi conto di quanto il problema sia complesso, quindi di quanto sia necessario investire un maggior numero di forze. Il Centrafrica è un Paese due volte più grande dell’Italia: come si può pensare che 5500 soldati possano controllare un territorio di tali dimensioni? Questo è il problema. Le forze che al momento sono state messe in campo sono nettamente insufficienti. Le Nazioni Unite hanno deciso un dispiegamento di quasi 12 mila persone, il doppio in pratica. Dovrebbe essere una misura - speriamo - sufficiente. Però, questo avverrà a settembre, e noi siamo all’inizio di giugno…

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    Blasfemia in Pakistan. Padre Mendes: sempre più vittime

    ◊   In Pakistan, resta preoccupante la situazione di quanti, cristiani o musulmani, vengono accusati in base alla “legge sulla blasfemia”, che prevede in alcuni casi anche la possibilità di applicare la pena di morte. Sugli effetti di questa norma, in vigore da decenni, Davide Maggiore ha raccolto la testimonianza di padre Bonnie Mendes, dell’Ufficio per lo sviluppo umano della Federazione delle conferenze episcopali d’Asia:

    R. – The law remains the same, and it is always very dangerous …
    La legge è rimasta la stessa ed è sempre molto pericolosa, ma ora sempre più persone la mettono in pratica: ora minacciano anche i poveri, non solo i cristiani, ma anche i musulmani. Poco tempo fa a Multan, è stato ucciso un avvocato musulmano, Rashid Rehman Khan, che difendeva un altro musulmano accusato ingiustamente di blasfemia. Sono state uccise così tante persone, troppe persone, in modo diretto o indiretto. Il governatore della provincia, ad esempio, non era stato accusato di blasfemia: aveva soltanto sostenuto che una donna, Asia Bibi, era stata accusata ingiustamente. Solo questo aveva detto. E poi è stato ucciso.

    D. - Non è possibile appellarsi al governo, affinché non si verifichino più questi casi?

    R. – It is difficult because even if anybody appeals …
    È difficile perché chiunque vi faccia appello, diventerà bersaglio degli estremisti. Questo è un altro caso di minaccia indiretta: anche se provi a dire soltanto “Cambiamo la legge”, sarai minacciato, come è accaduto a Sherry Rehman. Lei aveva soltanto proposto di esaminare la legge: è stata minacciata di morte e ha dovuto abbandonare il Paese. È andata in America e lì è divenuta ambasciatrice del Pakistan.

    D. – Lei ha detto che spesso le persone vengono accusate ingiustamente di blasfemia. Perché vengono mosse delle false accuse?

    R. – When you are accused of blasphemy …
    Se ti accusano di blasfemia, tu scappi e le tue proprietà vengono confiscate oppure tu le svendi per andartene. C’è sempre una ragione secondaria quando si accusa qualcuno di blasfemia.

    D. – Lei ha fatto riferimento al caso di Asia Bibi, che è stata accusata di blasfemia e che si trova in carcere da anni. Ha qualche notizia riguardo le sue condizioni e sullo stato del suo caso giudiziario?

    R. – We know her state in jail: I mean, she’s getting weak …
    Sappiamo come sta, in prigione; sappiamo che è sempre più debole, ma per il resto sta bene. Ma il solo restare in carcere per tanti anni è in una punizione terribile in sé, specialmente per il fatto che è stata accusata ingiustamente, come aveva detto lo stesso governatore. Anche il fatto che la Corte non abbia ancora pronunciato la sentenza è molto triste, perché i giudici hanno paura.

    D. – In che modo i cristiani pakistani reagiscono a queste difficoltà?

    R. – They continue to come to church …
    Continuano a venire in chiesa, a pregare e sono fedeli alla Chiesa. Ogni tanto si sente di qualcuno che si è convertito all’islam, ma sono sostanzialmente persone minacciate, fragili o addirittura rapite e costrette a convertirsi all’islam, soprattutto le ragazzine. Ma a prescindere da questi casi, rimangono fedeli alla Chiesa e continuano a pregare e continuano a cercare un modo per combattere questa legge.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Sudan: Meriam "presto libera" dice il governo, cautela dell'avvocato

    ◊   Potrebbe essere “liberata presto” Meriam Yahya Ibrahim, la donna sudanese cristiana, madre di due figli, che era stata condannata a morte per apostasia da un tribunale del Sudan. A sostenerlo sono le stesse autorità di Khartoum, attraverso il sottosegretario agli Esteri, Abdullahi Alzareg. Secondo il funzionario, “le autorità competenti stanno lavorando per il rilascio di Meriam”; tuttavia, nessuna notizia in questo senso è arrivata al marito della donna, Daniel Wani, o al suo avvocato, Mohaned Mustafa. Quest’ultimo ha confermato di sperare che venga “rilasciata presto”, anche se esistono dubbi sulla possibilità che una decisione politica possa cambiare una sentenza della magistratura: i legali della donna hanno comunque già presentato un ricorso all’Alta Corte perché il verdetto sia annullato. Meriam è in carcere con i suoi due figli, una nata pochi giorni fa e l'altro di 20 mesi. Sul suo capo pende anche una condanna a 100 frustate, per ora sospesa. Il caso ha provocato una mobilitazione internazionale, e il governo britannico, attraverso lo stesso premier David Cameron, aveva chiesto l’annullamento della condanna della ventisettenne sudanese, richiamando le autorità di Khartoum al rispetto dei loro obblighi internazionali in materia di libertà religiosa. (D.M.)

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    Nigeria: nuovo attacco di Boko Haram nel nordest, 15 morti

    ◊   Nuovo attacco dei fondamentalisti islamici di Boko Haram nello stato di Borno, nel nord della Nigeria. Sabato, nei villaggi di Nuwari, Musari e Walori, vicini alla frontiera con il Camerun, alcuni uomini arrivati a bordo di fuoristrada, hanno aperto il fuoco sugli abitanti, incendiando poi alcune case. Secondo alcune testimonianze, le vittime sarebbero state 15, ma manca per ora una conferma ufficiale. Nella stessa area, giovedì scorso, un altro attacco era costato la vita a 35 persone. (D.M.)

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    La Chiesa in India: ragazze stuprate e uccise, violenza disumana

    ◊   “Violenza disumana e orribile” compiuta da uomini “che non hanno paura di Dio né della legge”: così mons. Savio Fernandes, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Mumbai aveva definito nei giorni scorsi – parlando con AsiaNews - lo stupro e l’impiccagione di due adolescenti dalit nello Stato indiano di Uttar Pradesh, avvenuti il 28 maggio. E la Chiesa cattolica locale continua ad impegnarsi per cercare di cambiare “quelle norme sociali che promuovono la violenza” contro le donne “nella vita di tutti i giorni”, come ricorda il dottor Pascoal Carvalho, medico e componente della Pontificia Accademia per la Vita. Nell’arcidiocesi di Mumbai sono attivi programmi a tutti i livelli per combattere il fenomeno, ma il primo lavoro, spiega mons. Fernandes, va compiuto “tra le mura di casa”, educando le famiglie ai “valori di dignità, rispetto, onestà e moralità”, che potranno così riflettersi in un contesto sociale più ampio. Proseguono intanto le indagini sul delitto e sono saliti a cinque gli arrestati: tre sono accusati di omicidio e stupro, e secondo l’Associated Press avrebbero già confessato il crimine. Contro due poliziotti, invece, è stata mossa l’accusa di complicità e le stesse autorità dell’Uttar Pradesh hanno chiesto l’apertura di un’inchiesta federale dopo le polemiche sull’inazione delle forze di sicurezza. (D.M.)

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    Afghanistan: prigioniero Usa libero dopo rilascio 5 talebani

    ◊   Un gesto che “può aiutare il processo di pace” in Afghanistan. Così Ismael Qaismyar, esponente del Consiglio superiore per la pace afghano ha commentato la scarcerazione di cinque talebani dalla prigione di Guantanamo, in cambio del rilascio del sergente delle forze armate Usa, Bowe Bergdahl. Di “un possibile ponte verso nuovi negoziati” ha parlato anche il segretario statunitense alla Difesa, Chuck Hagel, ribadendo però che l’impegno delle autorità americane era concentrato sul “ritorno del sergente Bergdahl” nell’ambito di quello che entrambe le parti hanno definito un semplice “scambio di prigionieri di guerra”. Hagel ha inoltre effettuato oggi una visita a sorpresa nel Paese asiatico. Bergdahl, catturato il 30 giugno 2009 nella provincia sudorientale di Paktika, era l’ultimo militare americano ancora in mano ai fondamentalisti, e l’annuncio della sua liberazione è arrivato pochi giorni dopo l’impegno preso dal presidente Barack Obama a ritirare tutte le truppe statunitensi dal Paese entro il 2016. (D.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 152

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