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Sommario del 29/01/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza generale. Il Papa: ogni ragazzo riceva la Cresima, dono di luce che lega a Gesù
  • Il Papa: l'usura, drammatica piaga sociale che ferisce la dignità delle persone
  • Nomine episcopali di Papa Francesco
  • Il Papa alla Convocazione del Rinnovamento. Martinez: sarà Cenacolo a cielo aperto
  • Tutta la Chiesa sia missionaria: così il Papa alle Pontificie Accademie
  • Siglata modifica all'Accordo S. Sede-Malta sugli effetti civili nei matrimoni canonici
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria, appello da Homs. P. Sahoui: subito aiuti, la gente non ha più nulla per vivere
  • Violenze in Centrafrica. Un religioso: serve forza d'interposizione estera
  • Stato dell’Unione. Prof. Fasce: Obama pronto a sfidare il Congresso su Iran e salario minimo
  • Trento. Progetto "Techpeaks" a sostegno degli aspiranti imprenditori
  • Giornata europea della privacy: convegno sui diritti individuali nel mondo della rete
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Egitto: a Il Cairo attaccata una chiesa copta-ortodossa. Un morto
  • Romania: appello della Chiesa greco-cattolica per la pace in Ucraina
  • Nigeria. Il card. Onaiyekan: "la sola risposta militare a Boko Haram non risolve niente”
  • Pakistan: a Peshawar le autorità bloccano la presentazione del libro di Malala
  • India: perplessità della Chiesa sul piano regolatore costiero
  • Argentina: in migliaia alla Messa per il centenario della morte del beato Brochero
  • Croazia: alla Plenaria dei vescovi l'Evangelii gaudium di Papa Francesco
  • Vescovi italiani. Mons. Nunnari: "Il cuore della nostra gente è ferito"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza generale. Il Papa: ogni ragazzo riceva la Cresima, dono di luce che lega a Gesù

    ◊   “È importante avere cura” che tutti i ragazzi ricevano la Cresima, perché è il Sacramento che permette di vivere in pienezza la vita cristiana. È quanto Papa Francesco ha raccomandato questa mattina durante la catechesi pronunciata dell’udienza generale in Piazza San Pietro. Al termine, il Papa ha chiesto ancora una volta che il lavoro, “sorgente di dignità”, sia “preoccupazione centrale” per chi gestisce la cosa pubblica. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Sette doni, che farebbero brillare qualsiasi esistenza, ma che spesso giacciono spenti in un angolo della vita di tanti cristiani. Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà, Timore di Dio: è tutto quanto Dio elargisce con il Sacramento della Confermazione e che sempre più frequentemente non ha riflesso nella testimonianza di vita di chi è cresimato, anche perché – constata Papa Francesco – è il cammino stesso dell’iniziazione cristiana a rimanere incompiuto in molti ragazzi:

    “E per questo è importante avere cura che i nostri bambini, i nostri ragazzi abbiano questo Sacramento. Tutti noi abbiamo cura che siano battezzati: e questo è buono. Ma forse non abbiamo tanta cura che ricevano la Cresima: restano a metà cammino (…) E se voi a casa vostra avete bambini, ragazzi che ancora non l’hanno ricevuta e sono in età di riceverla, ma, fare tutto il possibile per finire questa iniziazione cristiana e che loro ricevano la forza dello Spirito Santo. Ma è importante!”.

    Ai doni dello Spirito Santo Papa Francesco annuncia di voler dedicare le catechesi che seguiranno quelle sui Sacramenti e intanto, quasi a introdurle, ribadisce come ogni singolo Sacramento sia il modo scelto dal Creatore di plasmare le sue creature “ad immagine del suo Figlio”. In particolare, la Confermazione, spiega…

    “…apporta una crescita della grazia battesimale: ci unisce più saldamente a Cristo, porta a compimento il nostro legame con la Chiesa, ci accorda una speciale forza dello Spirito Santo per diffondere e difendere la fede, per confessare il nome di Cristo e per non vergognarci mai della sua Croce”.

    E alle migliaia di “coraggiosi” in Piazza San Pietro, capaci di sfidare la temperatura rigida e le spruzzate di pioggia gelida, Papa Francesco aggiunge un’altra considerazione: quando lo Spirito entra in “azione” e “pervade tutta la persona e tutta la vita”, accade un autentico, silenzioso prodigio:

    “Quando accogliamo lo Spirito Santo nel nostro cuore e lo lasciamo agire, Cristo stesso si rende presente in noi e prende forma nella nostra vita; attraverso di noi, sarà Lui – ma guarda, sentite bene questo, eh – attraverso di noi sarà lo stesso Cristo a pregare, a perdonare, a infondere speranza e consolazione, a servire i fratelli, a farsi vicino ai bisognosi e agli ultimi, a creare comunione, a seminare pace”.

    Al momento dei saluti post-catechesi, Papa Francesco tocca alcune tematiche sociali. Dapprima, incoraggia le Associazioni “Carta di Roma” e “Casa Alessia” a proseguire i rispettivi impegni verso i “bisognosi e i rifugiati”. Poi, è la volta del lavoro affrontato in un saluto speciale rivolto agli operai della Shellbox di Castelfiorentino, accompagnati all'udienza dal cardinale Giuseppe Betori:

    “Mentre esprimo la mia vicinanza, formulo voti che si faccia ogni sforzo possibile da parte delle competenti istanze, perché il lavoro, che è sorgente di dignità, sia preoccupazione centrale di tutti. Che non manchi il lavoro! E’ sorgente di dignità!”.

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    Il Papa: l'usura, drammatica piaga sociale che ferisce la dignità delle persone

    ◊   All’udienza generale, Papa Francesco ha lanciato anche un appello contro la piaga sociale dell’usura. Queste le sue parole:

    “Auspico che le Istituzioni possano intensificare il loro impegno al fianco delle vittime dell’usura, drammatica piaga sociale. Quando una famiglia non ha da mangiare perché deve pagare il mutuo agli usurai, questo non è cristiano, non è umano! E questa drammatica piaga sociale che ferisce la dignità inviolabile della persona umana”.


    Per un commento all’appello del Papa, Antonio Galofaro ha sentito mons. Alberto D'Urso, vicepresidente nazionale della Consulta antiusura “Giovanni Paolo II”, presente con i vertici dirigenziali in Piazza S. Pietro:

    R. – La Chiesa fa questo: ascolta innanzitutto le persone, le riceve, le fa parlare, poi, dopo che hanno parlato, le rasserena e le affida ad esperti, a pool di ascolto, con tecnici che provengono dal mondo bancario: commercialisti, assistenti sociali, tutte persone che professionalmente sono preparate e che prima erano dalla parte del profitto mentre ora sono dalla parte delle persone e quindi conoscono molto bene la loro professione e possono dare consigli utili. Capite, però, che c’è un aspetto umano. Bisogna dare innanzitutto serenità e fiducia, perché quando le persone vengono, a loro interessa essere aiutate. S’incomincia quindi un lavoro, un lavoro di consiglio, di sostegno, di orientamento e di coinvolgimento della famiglia fuori della Fondazione o di altre realtà.

    D. – Il Papa questa mattina ha detto che per l’usura, una famiglia non si può più nutrire, perché ha debiti. Come ha reagito lei?

    R. – Le mani mi si spellavano. Ho reagito sul piano emotivo. Venti anni fa, non si parlava di questi problemi. Oggi, erano qui presenti tanti volontari, tante persone che sono state liberate dall’usura e tante a rischio di usura, che noi stiamo curando. E c’erano tante persone che sono entrate nell’usura, perché l’azzardo le ha portate a indebitarsi. Tra l’altro, noi da oggi ufficializziamo il 21 settembre come Giornata nazionale antiusura, essendo il 21 settembre la festa di San Matteo, che era un usuraio. Gesù ha detto a Matteo: “Vieni e seguimi e ne ha fatto un apostolo”.

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    Nomine episcopali di Papa Francesco

    ◊   In Brasile, Papa Francesco ha nominato vescovo della diocesi di Guarulhos mons. Edmilson Amador Caetano, O. Cist., trasferendolo dalla diocesi di Barretos.

    Sempre in Brasile, il Papa ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di São Salvador da Bahia il rev.do Estevam Santos Silva Filho, del clero di Vitória da Conquista, finora parroco della parrocchia Nossa Senhora das Candeias in quella arcidiocesi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Feradi maggiore.

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    Il Papa alla Convocazione del Rinnovamento. Martinez: sarà Cenacolo a cielo aperto

    ◊   Papa Francesco presenzierà alla 37.ma Convocazione del Rinnovamento nello Spirito Santo (Rns), in programma allo Stadio Olimpico di Roma nei giorni 1 e 2 giugno prossimi. Il tema dell’evento è “Convertitevi! Credete! Ricevete lo Spirito Santo! Per una Chiesa in uscita missionaria”. Dopo l’annuncio, Alessandro Gisotti ha raccolto un primo commento di Salvatore Martinez, presidente di Rinnovamento nello Spirito in Italia:

    R. – Certamente, l’emozione e la commozione, la mia e di tutti i membri del Rinnovamento, è grande. Sappiamo l’estemporaneità, la semplicità, la libertà che caratterizza questo Pontificato e la persona di Papa Francesco, che aveva già avuto modo di presenziare ad altri gesti in Argentina, come ebbe peraltro modo di dirmi quattro giorni dopo l’elezione a Pontefice, ricordandomi di avere assistito il Rinnovamento in Argentina. Ma non pensavo onestamente che decidesse di unirsi a noi con tanta semplicità, generosità e paternità. Sarà allora come un grande “Cenacolo a cielo aperto”.

    D. – Nel tema della Convocazione di Rinnovamento, c’è proprio la dimensione della “Chiesa in uscita missionaria”, così tanto nel cuore di Papa Francesco...

    R. – Questo Pontificato indica che la Chiesa non vive per se stessa e non vive neanche di se stessa. Il Vangelo si alimenta dell’incontro con gli altri, soprattutto degli ultimi. A Rimini, ogni anno, noi abbiamo sperimentato la portata di tutto questo, accogliendo ammalati, esclusi, persone che per tanti anni si sono tenute lontane dalla fede. Riteniamo che quest’anno, con questo Pontificato, la “Chiesa in uscita missionaria” abbia bisogno di volti, abbia bisogno di storie, di gesti. Ed è quello che noi vogliamo fare. Abbiamo ritenuto di porre come sottotitolo questa espressione di Papa Francesco, che caratterizza il suo Pontificato, perché anche noi abbiamo bisogno di uscire da noi stessi, dalle nostre rendite di posizione, e di rendere ancora più comprensibile la portata di questa opera di rinnovamento spirituale. Il Papa dice che è improrogabile il rinnovamento ecclesiale e sostiene che soltanto attraverso una Chiesa in uscita missionaria noi renderemo giustizia della bellezza e della bontà del Vangelo, che tutti invocano. Ecco, il nostro sogno – e speriamo che diventi davvero realtà – è che tutto questo possa accadere non soltanto l’1 o il 2 giugno, ma nella “ferialità” della vita dei cristiani, dei gruppi, delle comunità ecclesiali.

    D. – La dimensione della gioia è proprio nel Dna di Papa Francesco nel suo ministero. Fra l’altro, anche nelle omelie delle Messe a Santa Marta, più volte ha sottolineato che non è possibile un annuncio del Vangelo senza il sorriso...

    R. – Abbiamo in Papa Francesco la traduzione esperienziale, vitale di questa gioia, ma è certo la gioia di Giovanni Paolo II, la gioia di Papa Benedetto. Va ribadito: il Vangelo è manifestazione di gioia e pertanto è una contraddizione in termini pensare che formalismi, forme in qualche modo di "perbenismo ecclesiale", come le definisce lo stesso Papa Francesco, possano limitare l’espressione, la comunicazione di questa gioia: è il registro della vita cristiana, è il gigantesco segreto della vita cristiana. Per cui, sorprende che Papa Francesco, nei modi, ogni giorno, avvicini la gioia del Vangelo alla gente, ma non deve sorprenderci il tono, non deve sorprenderci l’appello, la richiesta. Questo è ciò che da duemila anni i cristiani raccontano: la gioia è più grande delle tristezze, il bene è più grande del male e quel volto umano della fede, rappresentato da Papa Francesco, lo sta testimoniando, convincendo anche i dubbiosi e i lontani.

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    Tutta la Chiesa sia missionaria: così il Papa alle Pontificie Accademie

    ◊   “ll ‘sogno di una scelta missionaria capace di rinnovare ogni cosa’ riguarda tutta la Chiesa ed ogni sua parte. Anche le Pontificie Accademie sono chiamate a questa trasformazione”. Così scrive Papa Francesco nel Messaggio inviato in occasione della XVIII seduta pubblica delle Pontificie Accademie, sul tema “Oculata fides. Leggere la realtà con gli occhi di Cristo”, e letto ieri pomeriggio dal segretario di Stato, l’arcivescovo Pietro Parolin. Durante l’incontro, è stato consegnato anche il premio delle Pontificie Accademie, assegnato ex aequo al professore padre Alessandro Clemenzia e alla professoressa Maria Silvia Vaccarezza. Il servizio di Debora Donnini:

    “Il sogno di una scelta missionaria capace di rinnovare ogni cosa’ riguarda tutta la Chiesa ed ogni sua parte. Anche le Accademie Pontificie sono chiamate a questa trasformazione, per non far mancare al Corpo ecclesiale il contributo loro proprio”. E’ uno dei passaggi centrali del Messaggio inviato da Papa Francesco al presidente delle Pontificio Consiglio della Cultura e del Consiglio di coordinamento tra Accademie Pontificie, cardinale Gianfranco Ravasi. Nel testo inviato in occasione della XVIII seduta pubblica delle Pontificie Accademie, il Papa si sofferma sulla prospettiva di “una Chiesa tutta in cammino e tutta missionaria” e sottolinea che non si tratta di fare operazioni esteriori, “di facciata”. “Si tratta piuttosto, anche per voi, di concentrarsi ancora di più ‘sull’essenziale, su ciò che è più bello” e allo stesso tempo più necessario, sottolinea richiamandosi all’Esortazione apostolica Evangelii gaudium. In tal modo la proposta si semplifica, senza perdere per questo verità. “Domando - prosegue - la vostra qualificata collaborazione, al servizio della missione di tutta la Chiesa”. Nel Messaggio Papa Francesco si rifà, dunque, al tema dell’incontro “Oculata fides. Leggere la realtà con gli occhi di Cristo” e rileva come si sia messo al centro dell’incontro anche il rapporto fra l’Enciclica Lumen fidei e l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium. In entrambi questi Documenti - sottolinea – “ho voluto invitare a riflettere sulla dimensione ‘luminosa’ della fede e sulla connessione tra fede e verità, da indagare non solo con gli occhi della mente ma anche con quelli del cuore, cioè nella prospettiva dell’amore”. “La fede conosce in quanto è legata all’amore, in quanto l’amore stesso porta una luce”. E il Papa fa riflettere su come “all’indomani della Risurrezione i suoi discepoli non contemplarono una verità puramente interiore o astratta, ma una verità che si dischiudeva loro proprio nell’incontro col Risorto”. “Giustamente – scrive – san Tommaso d’Aquino afferma che si tratta di una oculata fides, di una fede che vede!”. Da questo derivano importanti conseguenze sia per l’agire dei credenti sia per il metodo di lavoro dei teologi. “La verità oggi è ridotta spesso ad autenticità soggettiva del singolo, valida solo per la vita individuale”, sottolinea citando ancora l’Enciclica Lumen fidei. “Una verità comune ci fa paura – prosegue - perché la identifichiamo con l’imposizione intransigente dei totalitarismi. Se però la verità è la verità dell’amore, se è la verità che si schiude nell’incontro personale con l’Altro e con gli altri, allora resta liberata dalla chiusura nel singolo e può fare parte del bene comune … Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti”. A leggere il Messaggio del Papa il segretario di Stato, l’arcivescovo Pietro Parolin che ha evidenziato come la fede cristiana non sia cieca ma contenga una visione che durante il nostro pellegrinaggio terreno è come in uno specchio e che nell’eternità che ci attende tutti sarà faccia a faccia. Ad intervenire alla seduta pubblica delle Pontificie Accademie anche il cardinale Gianfranco Ravasi e mons. Piero Coda, Accademico della Pontifica Accademia di Teologia. Il Premio delle Pontificie Accademie è stato assegnato ex aequo a due giovani studiosi: padre Alessandro Clemenzia, per l’opera dal titolo “Nella Trinità come Chiesa. In dialogo con Heribert Mühlen”, e alla professoressa Maria Silvia Vaccarezza, per l’opera “Le ragioni del contingente. La saggezza pratica tra Aristotele e Tommaso d'Aquino”.

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    Siglata modifica all'Accordo S. Sede-Malta sugli effetti civili nei matrimoni canonici

    ◊   Lo scorso 27 gennaio, nella Sede del Ministero degli Esteri di Malta è stato firmato il Terzo Protocollo Addizionale dell’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica maltese del 3 febbraio 1993, sul riconoscimento degli effetti civili ai matrimoni canonici e alle decisioni delle Autorità e dei tribunali ecclesiastici circa gli stessi matrimoni. Il Terzo Protocollo Addizionale, che consiste in 4 articoli, apporta modifiche al succitato Accordo del 1993.

    Per la Santa Sede – informa una nota ufficiale – ha firmato, come plenipotenziario mons. Aldo Cavalli, nunzio apostolico in Malta, mentre per la Repubblica di Malta, il ministro degli Esteri, George W. Vella. Alla cerimonia erano presenti anche, per parte ecclesiastica, mons. Paul Cremona, O.P., arcivescovo metropolita di Malta; mons. Mario Grech, vescovo di Gozo e presidente della Conferenza episcopale locale; mons. Charles J. Scicluna, ausiliare di Malta, e mons. Simón Bolívar Sánchez Carrión, segretario della Nunziatura apostolica. Per parte statale, hanno presenziato l’on. Owen Bonnici, segretario parlamentare per la Giustizia; il dott. Peter Grech, procuratore generale; l’ambasciatore Joseph Cole, segretario permanente presso il Ministero degli Affari Esteri, e il sig. Godwin Pulis, collaboratore della Segreteria parlamentare per la Giustizia.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il lavoro sorgente di dignità: durante la catechesi dedicata al sacramento della Cresima, il Papa rivolge un appello per gli operai in crisi.

    Ricordi salesiani in un lungo inedito di Jorge Mario Bergoglio risalente al 1990: l’eredità del collegio frequentato a tredici anni.

    Il Figlio incarnato e il significato dell’unità divina: Gilles Emery sul documento della Commissione teologica internazionale su monoteismo e violenza.

    Voglio una vita non manipolata: Augusto Pessina in risposta a “Nature Communications”.

    Il poliedro e le periferie urbane: Paolo Portoghesi evidenzia la necessità di ridare spazio alla vita comunitaria e Renzo Piano auspica idee forti per un paesaggio fragile.

    La crisi umanitaria in Sud Sudan.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria, appello da Homs. P. Sahoui: subito aiuti, la gente non ha più nulla per vivere

    ◊   Sesto giorno di negoziati a Ginevra tra governo e opposizione. Ieri le delegazioni hanno annullato, per “divergenze” la sessione pomeridiana. Gli insorti continuano a chiedere l’estromissione di Assad dai nuovi assetti, mentre Damasco ha ribadito che il presidente siriano è “una garanzia per superare la crisi”. Il regime è inoltre tornato ad accusare gli Usa di aiutare i terroristi". Gli incontri seguono la Conferenza di pace che si è svolta nei giorni a Montreux. Sul terreno, un numero imprecisato di civili è intrappolato sotto le macerie di due edifici residenziali ad Aleppo, crollati in seguito al bombardamento aereo da parte di elicotteri del regime di Damasco. E secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, con base a Londra, sarebbero 209 le vittime per scontri nella provincia di Raqqa. Drammatica anche la situazione umanitaria: 20 mila persone, secondo fonti locali, rischiano di morire di fame nel campo profughi palestinese di Yarmuk, a sud di Damasco, mentre restano in attesa di entrare a Homs i convogli dell’Onu carichi di aiuti umanitari per la popolazione assediata. Giunge in questo scenario la notizia che la Gran Bretagna accoglierà in via temporanea "centinaia" di rifugiati dalla Siria. Il Regno Unito collaborerà con le Nazioni Unite in questa iniziativa ma non prenderà parte, come già detto in passato, al piano dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati che ha visto già alcuni Paesi europei dare la loro disponibilità. Sulla situazione di Homs, Roberta Gisotti ha intervistato il gesuita padre Ghassan Sahoui, direttore di un Centro educativo nella località siriana che vede migliaia di cittadini intrappolate nella parte vecchia della città, assediata da un anno e mezzo dalle forze lealiste:

    R. – Accanto a noi, a meno di un chilometro, c’è la gente, i nostri amici, sono lì e vivono un tempo difficile, molto difficile, direi, perché non hanno più da mangiare, non hanno quasi niente, ed ora fa freddo e non ci sono medici né medicine: non hanno nulla! Noi viviamo accanto a loro però non possiamo fare niente, solo pregare e sperare che finalmente tutti i responsabili rispondano per aiutare la gente che vive lì.

    D. – Abbiamo saputo che domenica scorsa c’era stato un accordo per liberare almeno le donne e i bambini: un accordo che era stato annunciato a Ginevra dal mediatore internazionale dell’Onu e della Lega Araba, Lakdar Brahimi. Voi sapete niente, perché questo accordo sia saltato?

    R. – Sì, abbiamo sentito che c’era qualcosa, però finora non c’è niente sul terreno. Sembra ci siano negoziati per liberare tutti i civili all’interno, ma anche che questi negoziati siano difficili e spinosi, perché ogni parte cerca il suo proprio interesse.

    D. – Quanti sono i civili assediati?

    R. – Tremila, quattromila persone circa.

    D. – Lei è direttore di un Centro educativo ad Homs. Come prosegue la vita di tutti i giorni?

    R. – Noi viviamo, ma sentiamo sempre il fragore del mortaio o di altre armi e avvertiamo sempre che siamo in guerra. Noi proviamo a vivere “come al solito”, e così la vita va avanti… Proviamo ad accogliere la gente, ad aiutarla. Anche i bambini che vengono alla scuola, al centro: proviamo a dar loro qualche piccola cosa per compensare la durezza, la crudeltà della guerra.

    D. – Tutte le speranze sono quindi riposte in questo momento su Ginevra, perché le parti in conflitto trovino finalmente un modo per liberare la popolazione siriana da questo incubo…

    R. – Infatti. Sì, dobbiamo sperare, però è difficile. Trovare una soluzione che possa accontentare tutte le parti, non è cosa semplice. Speriamo che mettano al primo posto l’interesse del popolo siriano, di tutta questa povera gente che soffre ogni giorno, che non ha da mangiare. Non solo a Homs: ci sono altre città, altre zone, ci sono quasi tre milioni di persone che non ricevono niente dell’aiuto umanitario… I negoziati politici si dice che forse dureranno un anno: ma per l’aiuto umanitario, non si può attendere tutto questo tempo. Speriamo che in questi giorni ci sia una soluzione e che la gente possa tornare a vivere in modo, diciamo, “umano”.

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    Violenze in Centrafrica. Un religioso: serve forza d'interposizione estera

    ◊   Si tiene domani e venerdì ad Addis Abeba, in Etiopia, il vertice dell’Unione Africana dedicato alle crisi in corso in Sud Sudan e Repubblica Centrafricana. In Sud Sudan, si attendono sviluppi relativi alla tregua siglata dalle truppe governative del presidente Salva Kiir e dai ribelli dell’ex vicepresidente, Riek Machar, che si fronteggiano da metà dicembre. Per il Centrafrica, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha autorizzato il dispiegamento di una forza europea in supporto a quella già presente nel Paese, teatro da quasi un anno di sanguinose violenze commesse dai ribelli Seleka e dalle milizie anti-Balaka; la presidente di transizione, Catherine Samba Panza, ha invece chiesto all'Onu l'invio di caschi blu. Stamani, nella capitale Bangui colpi d’arma da fuoco si sono uditi nel quartiere PK-5, zona commerciale della città. Per un quadro della situazione centrafricana, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Bouar, nella parte occidentale del Paese, frà Serge Mbremandji, provinciale dei Frati Cappuccini di Centrafrica e Ciad:

    R. – A Bouar, il 17 gennaio gli anti-Balaka e gli uomini della forza regolare del Centrafrica hanno attaccato i Seleka, i ribelli che hanno preso il potere nel mese di marzo con Michel Djotodia. Volevano dunque cacciare i Seleka, gli stranieri – ciadiani e sudanesi – che da mesi occupano il Paese. Quel giorno, a mezzogiorno, quando hanno cominciato a sparare, la gente ha iniziato a scappare ovunque, rifugiandosi anche alla nostra missione, alla cattedrale di Bouar e dai carmelitani. Da noi, a Saint Laurent, c’erano 10.600 persone.

    D. – Da allora cosa è successo? Come avete assistito queste persone?

    R. – Per prima cosa, abbiamo aperto la casa, abbiamo assistito queste persone offrendo loro tutti i servizi che potevamo fornire. Non abbiamo cibo da dare alla gente che si è data comunque da fare, ottenendo qualche aiuto dal Pam, il Programma Alimentare. Ma comunque, la gente è rimasta da noi fino a questa mattina.

    D. – E adesso la situazione com’è?

    R. – A Bouar, quando gli anti-Balaka sono arrivati, i Seleka sono andati via. Ma, prima di andarsene, hanno ucciso molti civili. È anche vero, però, che gli anti-Balaka – che ora hanno preso il controllo – iniziano a prendere di mira i musulmani: rubano le loro cose, chiedono soldi, minacciano addirittura di uccidere.

    D. – Qual è l’emergenza più critica in questo momento?

    R. – Diciamo che in questo momento la gente è tornata a casa. A Bouar si può stare tranquilli. Il problema è che sulla strada da Bouar verso Bangui - circa 450 km - abbiamo un Centro della Missione dei Padri carmelitani che si chiama Baoro, che dista 60 km da Bouar. Lì, Seleka e anti-Balaka continuano a farsi la guerra. La situazione è difficile, perché non ci sono collegamenti telefonici, non si può comunicare. Ma comunque, operatori di Medici Senza Frontiere hanno potuto raggiungere Baoro: ci hanno detto che ci sono stati almeno 100 morti. In quella zona non c’è la Misca, la Forza internazionale che può frapporsi tra Balaka e Seleka, e quindi si uccide come se nulla fosse, si dà fuoco alle case… Sappiamo anche che i Seleka vanno alla Missione per sparare, per saccheggiare le persone. Quindi, a Baoro è molto dura in questo momento.

    D. - Cosa serve, anche a livello internazionale, per il Centrafrica ora?

    R. - Quello che noi chiediamo è, se possibile, la presenza della Forza internazionale in questi luoghi, per infondere più fiducia.

    D. - Qual è la speranza per il futuro del Centrafrica?

    R. - Per noi, la speranza è che la pace arrivi il più presto possibile. E soprattutto, che ci sia sicurezza per la gente, per i civili. Credo che con il tempo, pian piano, sia possibile ricominciare a vivere tutti insieme.

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    Stato dell’Unione. Prof. Fasce: Obama pronto a sfidare il Congresso su Iran e salario minimo

    ◊   Il 2014 sarà l'anno della svolta per l'America: è la promessa di Barack Obama nel suo quinto discorso sullo Stato dell’Unione. Il 44.mo presidente degli Stati Uniti si è mostrato determinato ad affermare la sua agenda politica e sociale, per troppo tempo rimasta, a suo dire, ostaggio delle lotte tra partiti. “Se il Congresso si rifiuterà di prendere le misure necessarie per sostenere la classe media – ha avvertito - agirò per decreto”. Ieri, la Casa Bianca ha approvato l'innalzamento del salario minimo per i soli dipendenti federali. Un piccolo passo verso la strategia di lotta alle diseguaglianze. C’è poi l’impegno a fermare la violenza delle armi in America. E, ancora, la nuova promessa di chiudere il carcere di Guantanamo entro quest’anno. Da Washington, il servizio di Francesca Baronio:

    Una mano tesa al dialogo, “Sono ansioso di lavorare con voi”, dice Obama al Congresso e all’America tutta; con l’altra, però, si appresta a dirigere e fare scelte anche senza l’appoggio dei Repubblicani. Dopo aver ricordato i propri successi, la ripresa economica, l’abbassamento del tasso di disoccupazione, la ritrovata indipendenza energetica degli States, il presidente torna sul suo “cavallo di battaglia”: le disuguaglianze e il rafforzamento della classe media. Tanti i progetti, scuola materna per tutti, il ripristino dei fondi per la ricerca e del sussidio di disoccupazione, l’importante riforma sull’immigrazione, ma anche ambiente ed energia pulita. Una difesa accorata dell’Obamacare, la tanto contestata riforma sanitaria e solo un cenno al bill gun, la riforma sul controllo delle armi, mai approvata. Il presidente assicura "un anno di azione" e annuncia l’uso di decreti esecutivi se non si troverà l’accordo con il Congresso. Ma i numeri parlano chiaro: il tasso di popolarità di Obama è al 43% le elezioni di mid term dietro l’angolo. Il primo presidente afro-americano ha solo pochi mesi davanti per garantirsi una legacy prima che il Congresso si concentri sulle elezioni presidenziali del 2016.


    Per un commento sui contenuti e il tono, particolarmente deciso, del discorso di Obama, Alessandro Gisotti ha intervistato l’americanista dell’Università di Genova, Ferdinando Fasce:

    R. - Obama negli ultimi mesi, in almeno un paio di occasioni, ha mostrato una determinazione che gli era mancata in passato. In questo caso, direi che ha preso atto delle difficoltà di dialogo con i Repubblicani all’interno del Congresso e quindi gioca il tutto per tutto, essendo poi ormai avviato verso il completamento della metà del secondo mandato.

    D. - Questo è un dato che chiaramente pesa. Ci sono le elezioni di mid-term - di medio termine - a novembre, e quindi, in qualche modo, bisogna approvare o comunque portare avanti l’agenda politica entro quella data, perché poi si guarderà già alle presidenziali del 2016 …

    R. - Senza dubbio! E questo può forse giustificare il fatto - come notava il New York Times stamani - che al tono che è molto determinato, corrispondano delle proposte di politiche che non sono coraggiosissime… anche se, però, all’interno c’è questo discorso del minimo salariale che è una proposta importante.

    D. – Il minimo salariale è appunto quello che ha colpito di più per quanto riguarda la politica interna: la battaglia per la riduzione delle diseguaglianze, e poi - ovviamente - l’accento sulla classe media, il nerbo e il cuore della forza dell’America…

    R. - Non c’è dubbio. Mi ha colpito anche il fatto che, più che “classe media”, ha sottolineato il tema “famiglie”. Ecco, questo mi sembra un dato decisamente importante, anche se la questione del minimo salariale assumerebbe un rilievo più forte se si potesse passare attraverso una legge del Congresso che riguarderebbe un numero molto maggiore di lavoratori che - non dimentichiamo - o dipendono dal governo federale o lavorano su contratti del governo federale.

    D. - Sulla politica estera una sottolineatura importante del presidente è stata fatta sull’Iran: "Se ci saranno nuove sanzioni da parte del Congresso - ha detto - porrò il veto". Anche questo è un dato molto significativo …

    R. - Si tratta di una questione molto controversa. È un passaggio che non ha ricevuto nessun tipo di reazione positiva, di sostegno da parte dei membri del Congresso, perché c’è ancora molto scetticismo rispetto all’Iran, anche se io credo che sia probabile che questa invece potrebbe essere una delle aperture ed uno dei momenti chiave della politica estera obamiana nei due mandati.

    D. - Dopo questo discorso sullo Stato dell’Unione c’è un rafforzamento in qualche modo del profilo del presidente rispetto al Congresso. Peraltro, negli anni, nel tempo si è anche sottolineato un rischio a volte di overstretching, cioè di eccessivo potere presidenziale rispetto al Congresso. Qual è la sua idea a riguardo?

    R. - La situazione di Obama, dal punto di vista della popolarità, è difficile, anche perché si è modificato molto il mondo dei media. Quindi, con questa pluralità e con questa diffusività degli strumenti mediatici, il ruolo che il presidente era riuscito a costruirsi in un secolo sostanzialmente nel ‘900 - pensiamo ai discorsi al caminetto di Roosevelt e così via - è decisamente più difficile e limitato. È molto probabile che andiamo ancora incontro a degli scontri, però non bisogna dimenticare una cosa: gli Stati Uniti si giocano il loro futuro! C’è da augurarsi che gli elementi estremisti all’interno del Congresso assumano una posizione più responsabile.

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    Trento. Progetto "Techpeaks" a sostegno degli aspiranti imprenditori

    ◊   Prendere aspiranti giovani imprenditori, chiarire loro le idee, e dar loro una mano a trasformare il progetto in realtà. E’ questo l’obiettivo del progetto "Teachpeaks" promosso da Trento Rise, il polo dell’innovazione nato dalla Fondazione Bruno Kessler e dal Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli Studi di Trento. L’iniziativa partita in questi giorni nel capoluogo trentino, giusta alla sua seconda edizione, vede la partecipazione di oltre 60 partecipanti scelti tra oltre 600 candidature provenienti da tutto il mondo. Ne parla Paolo Traverso, amministatore delegato del polo, al microfono di Marina Tomarro:

    R. – Techpeaks è proprio un “people accelerator”, un acceleratore di persone. Si basa, infatti, sull’idea di attirare talenti in Italia, in particolare in Tentino, da tutto il mondo, per portarli sul territorio. Noi scommettiamo proprio sui giovani, con una rete internazionale molto forte di quelli che noi chiamiamo “mentori”, cioè persone che seguono questi giovani in "incubatori" – per esempio, a Londra il "Seedcamp" o in Silicon Valley attraverso il "Founder Institute". Vengono gratis qui da noi a seguire questi giovani che hanno delle idee imprenditoriali e noi li aiutiamo in questo percorso a far nascere delle nuove aziende.

    D. – Secondo lei, cosa spinge giovani da tutto il mondo a venire a Trento e a prendere parte a questo progetto?

    R. – Quando ho incontrato per la prima volta i 63 vincitori, proprio uno di questi ragazzi mi ha detto: “Beh, qui non sembra di essere in Italia”. Io sono stato a "Start up Chile", sono stato in Silicon Valley e qui si respira quell’atmosfera. Quindi, è questa la cosa che sicuramente spinge i giovani a venire da noi. E’ un’iniziativa imprenditoriale, infatti, veramente nuova e rivolta a loro. Del resto, i numeri lo dimostrano: sono più di due terzi le persone che vengono da fuori Italia, dall’Unione Europea e veramente da tutto il mondo. Ecco, noi di Techpeaks cosa facciamo? Offriamo prima questo coaching ai giovani e li seguiamo nelle loro idee per portarli a realizzare un’impresa. Poi, abbiamo un comitato di esperti, a livello internazionale, che giudica se l’idea sia buona. Fra tutte le persone che hanno provato, ben 18 alla fine sono riuscite a lanciare "start up", con energie fortemente innovative, per cercare appunto di far crescere la loro piccola azienda.

    D. – Che tipo di "start up" sono partiti in questo momento?

    R. – Sono partiti "start up" nell’ambito dell’informatica, del turismo, del web...

    D. – Secondo lei, questo progetto dal Trentino può aiutare in qualche modo a far risollevare l’Italia dalla crisi occupazionale in cui è caduta?

    R. – L’idea, attraverso la rete nazionale in cui siamo inseriti, è proprio quella che venga replicata e anche magari migliorata in altre regioni d’Italia. E' quella di vedere i giovani come coloro che possono risollevare, che possono avere idee nuove, idee imprenditoriali, e aiutarli. Io credo sia un elemento molto importante per cercare di uscire dalla crisi.

    E proprio per andare incontro ai giovani, la Provincia autonoma di Trento ha promosso nelle aziende la staffetta generazionale, cioè la trasformazione part-time di contratti di lavoro di persone molto vicine al pensionamento, per dare spazio a nuove assunzioni di ragazzi tra i 25 e i 35 anni. A questo proposito, il parere del presidente della Provincia autonoma, Ugo Rossi:

    R. – Noi possiamo godere di un clima di grande collaborazione tra imprese e parti sociali, sindacati in primis, che hanno sempre concertato assieme alla politica le decisioni di carattere economico che la pubblica amministrazione deve prendere. Lo abbiamo fatto anche in questo periodo di crisi e all’interno di questo metodo abbiamo anche individuato modalità di agevolazione per le imprese, affinché si sentano impegnate a favorire il ricambio generazionale, a mantenere i livelli di occupazione, ad aumentare le possibilità di stage per i giovani, attraverso anche deduzioni dall’Irap che siamo in grado di poter concedere alle imprese.

    D. – Quanto vi ha aiutato l’autonomia a realizzare ciò?

    R. – L’autonomia è prima di tutto la possibilità di poter decidere e di poter mettere in campo soluzioni più vicine ai problemi. Poi, naturalmente, possiamo anche essere più innovativi, proprio perché si crea in un certo senso un circolo virtuoso tra politica, pubblica amministrazione, imprese e parti sociali dove tutti sono orientati allo scopo, all’obiettivo di garantire la crescita.

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    Giornata europea della privacy: convegno sui diritti individuali nel mondo della rete

    ◊   L’impetuoso sviluppo di Internet richiede l’impegno degli attori istituzionali, dei mezzi di informazione e di tutti i cittadini, per tutelare anche nella rete le libertà personali. Di questo tema e delle sfide legate all’era digitale si è discusso oggi, a Roma, nel corso del Convegno “Educare alla rete. L’alfabeto della nuova cittadinanza nella società digitale”. C'era per noi Amedeo Lomonaco:

    La Rete non è una realtà parallela: vita reale e mondo virtuale sono sempre più interconnessi. Ma la rivoluzione digitale pone nuovi problemi legati alle libertà personali. Il presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro:

    “Questo spazio digitale, in cui trascorriamo una parte importante della nostra vita, è poco presidiato. Dobbiamo educare i cittadini all’uso della Rete: conoscere quali siano, complessivamente, le regole e i modi attraverso cui vivere bene l’esperienza del tempo digitale. La dignità delle persone nello spazio digitale spesso viene calpestata, viene comunque sottratta a quelle attenzioni che, invece, riserviamo nella vita fisica. I dati personali che sono contenuti nella rete sono la nostra vita, e noi tuteliamo la vita quando tuteliamo i nostri dati”.

    La scuola è una delle frontiere in cui cogliere le opportunità offerte dall’era digitale. Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza:

    “Il piano nazionale della scuola digitale che stiamo adottando si compone di varie parti: la formazione degli insegnanti, il wireless nelle scuole e i libri digitali. Fa parte di un’attività che, ormai, viene da lontano. Di fatto, la scuola sta seguendo il suo percorso. E’ chiaro che servono investimenti per la scuola italiana. Serve, soprattutto, la connessione in banda larga. Quindi, non dipende solamente dal Ministero dell’istruzione. Questa deve essere un’azione intergovernativa, volta proprio a connettere tutte le scuole”.

    La digitalizzazione investe anche settori cruciali, come quello della Pubblica amministrazione. Il commissario di governo per l’attuazione dell’Agenza Digitale, Francesco Caio:

    “In questo periodo, l’Agenda Digitale sta facendo dei considerevoli passi avanti: è di venerdì scorso la nota che il presidente Letta ha fatto al Consiglio dei ministri in cui ha annunciato, ufficialmente, l’avvio della fatturazione elettronica entro il 6 giugno di quest’anno. E’ un passo importante che ammoderna la Pubblica amministrazione e semplifica il rapporto tra Pubblica amministrazione e imprese”.

    La Rete pone anche nuove sfide negli ambiti della cultura e dell’educazione. Il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi:

    “L’alfabetizzazione digitale del Paese è uno degli obiettivi più importanti in questo momento, per la Rai. La Rai ha contribuito negli anni Sessanta e Settanta a far crescere il Paese culturalmente attraverso programmi mirati a far sì che molti ottenessero un titolo di studio, che imparassero a leggere e scrivere, in alcuni casi, e che appunto si diffondesse la cultura nel Paese. Oggi, cambiano le forme e i modi, ma resta evidentemente importante continuare a far crescere il Paese”.

    Il Convegno è stato organizzato oggi per celebrare l’odierna Giornata europea della protezione dei dati personali. L’obiettivo di questa Giornata è di sensibilizzare i cittadini sui diritti legati alla tutela della riservatezza, della dignità della persona e delle libertà fondamentali.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Egitto: a Il Cairo attaccata una chiesa copta-ortodossa. Un morto

    ◊   Un gruppo di uomini armati ha attaccato ieri pomeriggio le chiesa copta-ortodossa della Vergine Maria nel distretto "6 ottobre" del governatorato di Giza. La polizia ha risposto agli spari e nello scontro a fuoco è morto un poliziotto, mentre altri due sono rimasti feriti. I residenti sono riusciti a bloccare l'auto che trasportava gli assalitori e a fermarne uno, che è stato consegnato alle autorità. Il complice è stato arrestato alcune ore dopo dagli agenti. I due aggressori - riferisce l'agenzia AsiaNews - sono entrambi attivi nel panorama estremista islamico. Il patriarca copto ortodosso Tawadros II ha condannato l'attacco e inviato un messaggio di condoglianze ai parenti del poliziotto ucciso. Padre Jerome Samir, sacerdote della diocesi del distretto, ha affermato all'agenzia Mcn direct che nei prossimi giorni aumenteranno le misure di sicurezza davanti agli edifici religiosi. "Metteremo delle guardie anche davanti alle chiese più piccole", ha sottolineato il sacerdote, spiegando che nella zona vi sono diverse milizie armate che "vogliono distruggere la pace". L'Egitto è stato colpito da un'ondata di violenza dopo la cacciata dei Fratelli Musulmani dal governo avvenuta in seguito alla grande manifestazione di 30 milioni di persone del 30 giugno scorso. Gli islamisti hanno bollato i cristiani copti come sostenitori del nuovo governo filo-militare, accusato di aver lanciato una campagna violenta contro i membri della Fratellanza. A metà agosto, pochi giorni dopo lo scioglimento dei sit-in islamisti al Cairo, migliaia di estremisti hanno attaccato chiese ed abitazioni cristiane in tutto il Paese, distruggendo oltre 200 edifici. L'approvazione della nuova Costituzione (che sostituisce quella islamista varata nel 2012) ha aumentato ancora di più le azioni sovversive dei Fratelli Musulmani contro l'esercito e i suoi sostenitori. Ieri, alcuni uomini armati hanno ucciso il gen. Mohamed Said, alto funzionario del ministero degli Interni egiziano. L'omicidio è avvenuto poche ore prima del processo contro l'ex presidente e leader islamista Mohamed Morsi, in corso al Cairo e un giorno dal via libera del Consiglio supremo dell'esercito (Scaf), che ha dato il via libera al gen. al-Sisi, ministro della Difesa, per una sua candidatura come futuro Presidente. (R.P.)

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    Romania: appello della Chiesa greco-cattolica per la pace in Ucraina

    ◊   Domenica prossima, 2 febbraio, festa della Presentazione del Signore, la Chiesa greco-cattolica di Romania si riunirà in preghiera per manifestare la sua solidarietà con la Chiesa greco-cattolica in Ucraina e con tutti gli ucraini che “vivono un momento difficile”, come si legge in una nota dell’arcivescovo maggiore greco-cattolico romeno, Lucean Muresan. Da diverso tempo, infatti, a Kiev si registrano scontri tra manifestanti anti-governativi e forze di sicurezza, che hanno lasciato sul campo anche diverse vittime. “La Chiesa greco-cattoica ucraina – prosegue la nota – sembra essere colpita da attacchi di odio in un contesto in cui i cristiani, che sono anche dei cittadini, vogliono vivere insieme in un Paese libero e democratico, senza corruzione, senza menzogne e senza violenza”. “Esprimiamo la nostra preoccupazione – continua l’arcivescovo maggiore Lucean – di fronte alle minacce contro la Chiesa greco-cattolica ucraina che, come noi, conserva la memoria diretta della persecuzione a causa della fede, una persecuzione che, ora, sfortunatamente, sembra riapparire all’orizzonte del Paese a noi confinante”. Di qui, l’appello lanciato dall’arcivescovo maggiore Lucean affinché i fedeli rumeni dimostrino “immediatamente la loro solidarietà fraterna con la Chiesa greco-cattolica ucraina in questi momenti drammatici, soprattutto attraverso la preghiera al Dio della Pace, il Padre del futuro, Colui che ci unisce nella fede e nel servizio. Uniamo la nostra voce – conclude la nota – a quella dell’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, Sviatoslav Shevchuk, per chiedere la fine delle violenze e delle minacce contro i membri di questa Chiesa così provata e di tutto il popolo ucraino”. (I.P.)

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    Nigeria. Il card. Onaiyekan: "la sola risposta militare a Boko Haram non risolve niente”

    ◊   “Il governo ha speso miliardi per acquistare ogni tipo di gadget, ma non conta quanti soldi si spendono fintantoché si ragiona in termini di potenza contro potenza, fuoco per il fuoco; non si può così risolvere il problema della sicurezza” ha affermato il card. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, in una conferenza stampa all’indomani dei nuovi attacchi della setta Boko Haram nel nord della Nigeria. Il cardinale ha sottolineato l’importanza degli aspetti sociali, politici, economici ed pure psicologici per comprendere il fenomeno Boko Haram. “Abbiamo bisogno di comprendere come un giovane di 27-28 anni, con una laurea in chimica o in un’altra disciplina finisca per vivere nella boscaglia; qualcosa è accaduto nella sua mente. Per cambiare la mente di questo giovane occorre avvicinarlo, ma non con un’arma”. Secondo il card. Onaiyekan è necessario inoltre non sottovalutare la dimensione religiosa dell’agire di Boko Haram: “qualcuno dice che Boko Haram non ha nulla a che fare con la religione, ma per me, questo fenomeno ha molto a che fare con la religione. Agiscono gridando Allah Akbar (“Dio è il più grande” in arabo, ndr.), anche se gridassero Gesù è il Signore, è ancora una caratterizzazione religiosa. Perdiamo il nostro tempo se non riconosciamo e non affrontiamo questo aspetto religioso”. Il card. Onaiyekan ha quindi rivolto un appello ai leader religiosi perché affrontino insieme il problema. “In un modo o nell’altro, qualcuno deve spezzare il circolo vizioso e ho consigliato il governo su questo punto” ha concluso. Nel frattempo si è aggravato il bilancio delle vittime degli attacchi di domenica scorsa. Almeno 45 persone hanno perso la vita nell’assalto contro la chiesa cattolica nel villaggio di Wada Chakawa, nello Stato di Adamawa, perpetrato da un gruppo di uomini armati arrivati su un veicolo blindato e su una camionetta, che dopo avere rinchiuso i fedeli nel luogo di culto ha poi sparato indiscriminatamente su di loro. Altre 85 persone sono state uccise nell’assalto al villaggio di Kauwuri, nello Stato di Borno. (R.P.)

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    Pakistan: a Peshawar le autorità bloccano la presentazione del libro di Malala

    ◊   "Vergogna, vergogna, vergogna!". Non usa mezzi termini l'attivista pakistano Tahir Anjum, nel commentare la decisione delle autorità provinciali di Khyber Pakhtunkhwa di bloccare la presentazione di un libro biografico incentrato su Malala Yousafzai. Ieri sera presso l'Area Study Center dell'università di Peshawar era in programma il lancio di "I am Malala", scritto dalla giovane pakistana divenuta un simbolo nella lotta per l'istruzione femminile e della resistenza contro la violenza islamista e talebana. Tuttavia - riferisce l'agenzia AsiaNews - il giorno precedente sono intervenuti a più riprese i vertici governativi della provincia - due ministri (Shah Farman e Siraj ul Haq) hanno avvicinato il direttore del Centro studi, poi è stata la volta della polizia - che sono riusciti a cancellare l'evento per non meglio specificate ragioni di "ordine pubblico e sicurezza". Il dipartimento ha cercato di opporre una strenua resistenza, ma avvertimenti e minacce in stile mafioso hanno infine prevalso. Organizzazioni pro diritti umani e membri della società civile assicurano che l'evento verrà riprogrammato nei prossimi giorni, ma resta l'amarezza per l'abuso commesso dalle autorità e la palese violazioni della libertà di pensiero. "Sarebbe questa la nostra democrazia?" accusa Tahir Anjum, una realtà in cui "non è possibile lanciare un libro scritto da una ragazzina". Egli aggiunge che la vicenda "farebbe impallidire anche il più spietato dei dittatori" ed è specchio della "progressiva talebanizzazione" del Paese. La vicenda ha destato profonda indignazione in Pakistan e sollevato un aspro dibattito sulla libertà di espressione e la progressiva violazione dei più elementari diritti. La controversia ha toccato anche i vertici del partito Pakistan Tehreek-e-Insaf (Pti), fondato e guidato dall'ex campione di cricket Imran Khan. Malala Yousafzai - vincitrice di un premio nazionale giovanile - il 9 ottobre 2012 è rimasta vittima di un attentato talebano nella Swat Valley, area montagnosa della provincia di Khyber Pakhtunkhwa, al confine con l'Afghanistan, roccaforte degli estremisti islamici. È stata colpita mentre si trovava a bordo dello scuolabus che l'avrebbe accompagnata a casa, dopo aver concluso le lezioni del mattino. La giovane, salvata grazie a una campagna di mobilitazione internazionale, era diventata famosa nel 2009 all'età di 11 anni, per aver tenuto un blog sul sito in lingua locale della Bbc in cui denunciava gli attacchi dei fondamentalisti islamici pakistani contro le ragazze e gli istituti scolastici femminili. Lungo la frontiera nord-occidentale, dove in alcune aree vigono Sharia e Corti islamiche, considerate delle vere e proprie roccaforti dei talebani pakistani, sono state centinaia le scuole - anche cristiane - chiuse per attentati o distrutte dagli estremisti. A farne le spese sono decine di migliaia di studentesse e almeno 8mila insegnanti donne, il cui lavoro è a rischio. (R.P.)

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    India: perplessità della Chiesa sul piano regolatore costiero

    ◊   Perplessità e preoccupazione è stata espressa dalla Chiesa cattolica del Kerala, in India, a proposito del Piano regolatore costiero (Crz) predisposto dal governo. Come affermato da mons. Francis Kallarakkal, vescovo di Verapoly, la normativa minaccia migliaia di persone, in maggioranza cattoliche, che dovranno rinunciare alle proprie abitazioni sulla costa per lasciare spazio all’espansione industriale della zona, in particolare alla costruzione di grandi progetti come un terminal aeroportuale. Con l’entrata in vigore del Crz, infatti, non si potranno edificare abitazioni private entro 50 metri dal mare, il che significa, sottolinea mons. Kallarakkal, impedire “alla povera gente che vive sulla costa di poter avere una casa”. Per questo, la Chiesa locale sta pensando ad una manifestazione di protesta, con l’obiettivo non tanto di abolire il piano regolatore, quanto di chiedere una deroga per la popolazione del Kerala affinché si possano costruire piccole abitazioni. (I.P.)

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    Argentina: in migliaia alla Messa per il centenario della morte del beato Brochero

    ◊   Migliaia di fedeli provenienti dalla Valle di Traslasierras, nella provincia argentina di Córdoba, e da varie parti del Paese hanno partecipato domenica scorsa alla Messa celebrata in occasione del centenario della morte di José Gabriel del Rosario Brochero, proclamato beato il 14 settembre del 2013. La celebrazione ha concluso la “settimana Brocheriana”, un’iniziativa che da alcuni anni diffonde la spiritualità ideata dal “prete gaucho”, vissuto tra la metà dell’Ottocento e i primi del Novecento, che veniva così chiamato familiarmente da coloro che lo vedevano arrivare a cavallo per svolgere il suo ministero di sacerdote con una grande attenzione in particolare per chi viveva nella miseria o nella sofferenza fisica. La Messa è stata presieduta dal vescovo di Cruz del Eje, mons. Santiago Olivera, che ha benedetto un busto del beato Brochero, da questo momento anche protettore dei lavori per la realizzazione di un santuario in suo onore e della casa di accoglienza “La Providencia”. Mons. Olivera, all’inizio della sua omelia, ha sottolineato «il significato pasquale della vita cristiana, che dal dolore della morte conduce alla vera gioia di conoscere la destinazione finale dell’anima giustificata dal Signore». Inoltre, il presule ha evidenziato «la costante presenza di Brochero nella memoria dei concittadini fino ai giorni nostri. Brochero è morto in solitudine, malato, cieco e povero. È morto con la migliore compagnia, sano, sicuro, con una visione ampia e ricca, perché è morto come ha vissuto, con la gioia di Dio dentro, di Gesù amico e vicino, che ha toccato e trasformato la sua vita». Infine, il vescovo di Cruz del Eje, nel ricordare che la diocesi vive un anno missionario e vocazionale, ha esortato i giovani a mostrare che la chiamata alla conversione richiede disponibilità a «seguire il Signore, e non rimanere “impigliati” nei propri desideri». (R.P.)

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    Croazia: alla Plenaria dei vescovi l'Evangelii gaudium di Papa Francesco

    ◊   L’Esortazione apostolica di Papa Francesco “Evangelii Gaudium”; la preparazione del prossimo Incontro nazionale dei giovani cattolici croati previsto ad aprile; l’interruzione della collaborazione della Radio Televisione croata con la Conferenza episcopale (Cec); e la celebrazione della Giornata della Memoria. Sono stati questi i temi salienti dell’Assemblea plenaria straordinaria delle Conferenza episcopale croata svoltasi lunedì a Zagabria. Ad aprire i lavori è stato il presidente dei vescovi, mons. Zelimi Puljic, arcivescovo di Zara che ha illustrato i punti centrali della “Evangelii Gaudium”. Nel suo intervento il presule ha sottolineato come con questo documento Papa Francesco abbia voluto esortare tutti i fedeli ad uscire dal recinto e a testimoniare la gioia del Vangelo nelle periferie del mondo. Durante i lavori l’assemblea ha fatto il punto sui preparativi dell’Incontro nazionale dei giovani cattolici croati, in calendario dal 26 al 27 aprile prossimo a Dubrovnik. I presuli hanno rinnovato il loro invito ai ragazzi croati a partecipare numerosi all’evento, la cui fase preparatoria - è stato evidenziato – si sta già rivelando come un’importante occasione di rinnovamento spirituale per la gioventù della diocesi di Dubrovnik. Altro tema in discussione l’interruzione della collaborazione della Radio-Televisione croata (Hcr) con la Cec per la trasmissione degli eventi religiosi. A questo proposito, l’Assemblea ha ribadito che il contratto è ancora valido e va rispettato, esprimendo la disponibilità a discutere altre soluzioni. Nella Giornata della memoria, celebrata lunedì in tutto il mondo, i presuli hanno infine dedicato un momento di preghiera per tutte le vittime della Shoah e della seconda guerra mondiale affinché simili tragedie non si ripetano. In ragione dell’assemblea straordinaria, nessun vescovo ha invece potuto partecipare alle cerimonie pubbliche organizzate dal Governo. Il prossimo 24 febbraio si terrà a Banjaluka, la sessione congiunta della Cec e della Conferenza episcopale di Bosnia ed Erzegovina. (L.Z.)

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    Vescovi italiani. Mons. Nunnari: "Il cuore della nostra gente è ferito"

    ◊   Il “nostro” cuore oggi è “ferito” dalle “disumane sofferenze fisiche e spirituali, che affliggono innumerevoli persone di questa nostra Terra”, “sofferenze” per i disastri ambientali, per le libertà “rese fragili da una politica non sempre all’altezza della storia e dei bisogni della gente”; per le “paure che incute ancora la malavita organizzata”; per le “angustie” e le “fatiche di una crisi che rende difficoltoso il cammino socio-economico, fa crescere le povertà e riduce la speranza a un 'lucignolo fumigante’”. Lo ha detto questa mattina mons. Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza-Bisignano e presidente della Conferenza episcopale calabra, durante l’omelia della Messa concelebrata con i membri del Consiglio permanente della Cei, in corso a Roma. Per mons. Nunnari - riferisce l'agenzia Sir - “il cuore della nostra gente si trova ferito anche da una crisi diversa: la crisi dei valori, l’espandersi di un relativismo esasperato, che sta assumendo la fisionomia di una 'dittatura del pensiero’ che vorrebbe imporsi a tutti, 'togliendo’ e 'tagliando’ la libertà di essere se stessi”. Il vescovo ha citato alcuni scenari che “mostrano il cuore ferito della nostra gente”: quello della famiglia, del matrimonio; dei matrimoni che “si frantumano” e dei figli “che si ritrovano con l’animo spezzato”; dei ragazzi e dei giovani, a cui viene ridotta “la speranza del futuro”. Commentando la parabola del seminatore della liturgia odierna il vescovo ha indicato quattro scenari: la strada, i sassi, le spine e il terreno buono. Diversi “terreni” che “non indicano solo categorie diverse di persone”, ma “momenti diversi” della vita di “una stessa persona”. “La strada può essere per noi un luogo privilegiato per l’incontro, soprattutto inatteso”; il “terreno sassoso” è “il luogo dell’effimero, che può contagiare anche noi”; il campo pieno di spine è “il luogo della quotidiana fatica, quando le preoccupazioni si assommano, le difficoltà si solidificano, le speranze si spengono; si perde l’orientamento, si rendono fragili o si chiudono i rapporti, si alzano senza accorgersi i muri del non senso”. Infine, il terreno buono: “Il mio augurio e la mia speranza - ha concluso mons. Nunnari - sono che in qualche modo possiamo essere sempre il terreno buono. E lo saremo soprattutto se rimaniamo aperti all’incontro con Lui; a quell’incontro quotidiano, specialmente, che viviamo nel mistero della Divina Eucaristia”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 29

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.