Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 17/01/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Concentrarsi sul centro della fede, l’amore di Dio: così il Papa a una delegazione ecumenica
  • Il Papa: un cristiano non tralascia la Parola di Dio per seguire quella più alla moda
  • Il saluto del Papa al personale della Floreria Apostolica
  • Tweet del Papa: la preghiera è potente, non perdiamo mai il coraggio di chiedere a Dio la pace
  • Expo 2015, il card. Scola invita il Papa a Milano
  • Mons. Parolin: la priorità è la trasformazione missionaria della Chiesa
  • Convenzione diritti del fanciullo. Mons. Scicluna: la Santa Sede la attua e la promuove
  • Altre udienze di Papa Francesco
  • Festa di Sant’Antonio abate. Il card. Comastri: la luce di Dio illumina tutto
  • Papa Francesco e il rabbino Skorka e il sogno di pregare insieme davanti al Muro del Pianto
  • Presentato libro su mons. Sambi. Card. Sodano: "Fu il nunzio della riconciliazione"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Frizioni tra Israele ed Europa, dure accuse di Netanyahu
  • Repubblica Centrafricana: rischio genocidio, l'Onu lancia l'allarme
  • Congo. La Chiesa contro lo sfruttamento delle miniere: nessun vantaggio per le popolazioni locali
  • Il vescovo Milito sulle sostanze chimiche a Goia Tauro: attenzione a parlare di guerra civile
  • Aperta quarta edizione delle "Letture teologiche" promosse dalla diocesi di Roma
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Razzi dalla Siria colpiscono il Libano: cinque bambini tra le vittime
  • Esercito sud sudanese perde i contatti con Malakal, assediata dai ribelli di Machar
  • Thailandia: esplosione durante manifestazione anti governativa a Bangkok. Oltre 30 feriti
  • Tratta di esseri umani: prossima settimana a Madrid incontro di 37 organizzazioni cristiane
  • Richiedenti asilo, dono non minaccia. Così p. Neuhaus sulla politica israeliana per gli immigrati
  • Uganda. Il presidente Museveni non firma la legge che prevede anche l’ergastolo per i gay
  • Usa: la Chiesa celebra la Settimana nazionale delle scuole cattoliche
  • Al via le celebrazioni per l’ottavo centenario del pellegrinaggio di San Francesco a Compostela
  • Perù: record di presenze per la Settimana vocazionale di Arequipa
  • A febbraio, Convegno nazionale teologico pastorale dell’Opera romana pellegrinaggi
  • Québec: festa per i 350 anni della Chiesa di Notre-Dame, più antico luogo di culto in Nord America
  • Il Papa e la Santa Sede



    Concentrarsi sul centro della fede, l’amore di Dio: così il Papa a una delegazione ecumenica

    ◊   “Bisogna che la nostra testimonianza si concentri sul centro della nostra fede, sull’annuncio dell’amore di Dio”. E’ quanto sottolineato stamani da Papa Francesco nell’udienza alla delegazione ecumenica finlandese in occasione della festa di sant’Enrico, patrono della Finlandia. Il Pontefice ha quindi messo l’accento sull’importanza dell’ecumenismo spirituale e della testimonianza comune dei cristiani, specie in contesti come quello dell’Europa, dove è sempre meno presente il riferimento a Dio. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Cristo è stato forse diviso?” Papa Francesco ha svolto il suo discorso muovendo dall’interrogativo al centro della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani di quest’anno. “La stessa domanda”, ha osservato, è oggi rivolta a noi, soprattutto “davanti ad alcune voci che non riconoscono più come obiettivo perseguibile la piena e visibile unità della Chiesa”. Il Papa ha incoraggiato dunque “a non desistere” nello “sforzo ecumenico, fedeli a quanto lo stesso Signore Gesù ha invocato dal Padre: che tutti siano una cosa sola”:

    “Nel tempo attuale, anche il cammino ecumenico e le relazioni tra i cristiani stanno attraversando significativi cambiamenti, dovuti in primo luogo al fatto che ci troviamo a professare la nostra fede nel contesto di società e culture dove è sempre meno presente il riferimento a Dio e a tutto ciò che richiama la dimensione trascendente della vita. Lo notiamo soprattutto in Europa, ma non soltanto”.

    Proprio per questo motivo, ha proseguito il Papa, “bisogna che la nostra testimonianza si concentri sul centro della nostra fede, sull’annuncio dell’amore di Dio che si è manifestato in Cristo suo Figlio”. Qui, ha soggiunto, troviamo “spazio per crescere nella comunione e nell’unità tra di noi, promuovendo l’ecumenismo spirituale, che nasce direttamente dal comandamento dell’amore lasciato da Gesù ai suoi discepoli”. A tale dimensione spirituale, ha poi affermato, faceva riferimento anche il Concilio Vaticano II:

    “L’ecumenismo è infatti un processo spirituale, che si realizza nell’obbedienza fedele al Padre, nel compimento della volontà di Cristo e sotto la guida dello Spirito Santo. Invochiamo dunque senza stancarci l’aiuto della grazia di Dio e l’illuminazione dello Spirito Santo, che ci introduce nella verità tutta intera, portatrice di riconciliazione e di comunione”.

    inizio pagina

    Il Papa: un cristiano non tralascia la Parola di Dio per seguire quella più alla moda

    ◊   Il dono di essere figli di Dio non si può “vendere” per un malinteso senso di “normalità”, che induce a dimenticare la sua Parola e a vivere come se Dio non esistesse. È la riflessione di fondo che Papa Francesco ha proposto questa mattina, durante l’omelia della Messa presieduta in Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La tentazione di voler essere “normali”, quando invece si è figli di Dio. Che in sostanza vuol dire ignorare la Parola del Padre e inseguirne una solo umana, la “parola della propria voglia”, scegliendo in certo modo di “vendere” il dono di una predilezione per immergersi in una “uniformità mondana”. Questa tentazione il popolo ebreo dell’Antico Testamento l’ha avuta più di una volta, ricorda Papa Francesco, che si sofferma sull’episodio proposto dal brano della liturgia tratto dal primo Libro di Samuele. In esso, i capi del popolo chiedono allo stesso Samuele, ormai invecchiato, di stabilire per loro un nuovo re, di fatto pretendendo di autogovernarsi. In quel momento, osserva il Papa, “il popolo rigetta Dio: non solo non sente la Parola di Dio, ma la rigetta”. E la frase rivelatrice di questo distacco, sottolinea il Papa, è quella proferita dagli anziani d’Israele: vogliamo un “re giudice”, perché così “saremo anche noi come tutti i popoli”. Cioè, osserva il Papa, “rigettano il Signore dell’amore, rigettano l’elezione e cercano la strada della mondanità”, in modo analogo a tanti cristiani di oggi:

    “La normalità della vita esige dal cristiano fedeltà alla sua elezione e non venderla per andare verso una uniformità mondana. Questa è la tentazione del popolo, e anche la nostra. Tante volte, dimentichiamo la Parola di Dio, quello che ci dice il Signore, e prendiamo la parola di moda, no?, anche quella della telenovela è di moda, prendiamo quella, è più divertente! L’apostasia è proprio il peccato della rottura con il Signore, ma è chiara: l’apostasia si vede chiaramente. Questo è più pericoloso, la mondanità, perché è più sottile”.

    “E’ vero che il cristiano deve essere normale, come sono normali le persone”, riconosce Papa Francesco, “ma – insiste – ci sono valori che il cristiano non può prendere per sé. Il cristiano deve ritenere su di sé la Parola di Dio che gli dice: ‘Tu sei mio figlio, tu sei eletto, io sono con te, io cammino con te’”. Resistendo quindi alla tentazione – come nell’episodio della Bibbia – di considerarsi vittime di “un certo complesso di inferiorità”, di non sentirsi un “popolo normale”:

    “La tentazione viene e indurisce il cuore e quando il cuore è duro, quando il cuore non è aperto, la Parola di Dio non può entrare. Gesù diceva a quelli di Emmaus: ‘Stolti e tardi di cuore!’. Avevano il cuore duro, non potevano capire la Parola di Dio. E la mondanità ammorbidisce il cuore, ma male: mai è una cosa buona il cuore morbido! Il buono è il cuore aperto alla Parola di Dio, che la riceve. Come la Madonna, che meditava tutte queste cose in cuor suo, dice il Vangelo. Ricevere la Parola di Dio per non allontanarsi dall’elezione”.

    Chiediamo, allora – conclude Papa Francesco – “la grazia di superare i nostri egoismi: l’egoismo di voler fare la mia, come io voglio”:

    “Chiediamo la grazia di superarli e chiediamo la grazia della docilità spirituale, cioè di aprire il cuore alla Parola di Dio e non fare come hanno fatto questi nostri fratelli, che hanno chiuso il cuore perché si erano allontanati da Dio e da tempo non sentivano e non capivano la Parola di Dio. Il Signore ci dia la grazia di un cuore aperto per ricevere la Parola di Dio e per meditarla sempre. E da lì prendere la vera strada”.

    inizio pagina

    Il saluto del Papa al personale della Floreria Apostolica

    ◊   Un invito alla fedeltà e alla serenità nel lavoro. È l’auspicio del Papa per il personale della Floreria Apostolica, ricevuto in Sala Clementina con i familiari. Ai dipendenti è andato il ringraziamento del Pontefice per “la cura, la professionalità e la disponibilità” con cui svolgono la loro missione. Il servizio di Giada Aquilino:

    È l’organismo che in Vaticano si occupa principalmente della “preparazione logistica delle udienze e delle celebrazioni nella Basilica Vaticana, in Piazza San Pietro, nell’Aula Paolo VI, nel Palazzo Apostolico e nelle altre Basiliche Papali”. Questa la Floreria Apostolica, fotografata da Papa Francesco, che ha anche ricordato come “l’organizzazione degli ambienti per i vari incontri del Papa con i pellegrini, come pure per le diverse attività della Santa Sede” sia un’opera “indispensabile”, per ottenere locali accoglienti e strumenti funzionali. L’attività del personale della Floreria, che comprende pure la manutenzione ordinaria degli alloggi vaticani, “è impegnativa e richiede spirito di sacrificio e molta pazienza”, ha aggiunto il Pontefice, pensando ad esempio “all’operazione di sistemare ogni settimana le migliaia di sedie per i pellegrini” che partecipano alle udienze generali, ma anche al lavoro nei vari laboratori interni, come quello di tappezzeria e cucitura, di ebanisteria e restauro, di doratura:

    “Vi incoraggio a perseverare nella fedeltà ai vostri doveri e a mantenere tra di voi un clima di serenità, di reciproca fiducia e di benevolenza. Questo stile di vita e di lavoro ritornerà a beneficio di tutta la comunità lavorativa del Vaticano”.

    inizio pagina

    Tweet del Papa: la preghiera è potente, non perdiamo mai il coraggio di chiedere a Dio la pace

    ◊   Il Papa ha lanciato oggi un nuovo tweet: “Quanto è potente la preghiera! – scrive - Non perdiamo mai il coraggio di dire: Signore, donaci la tua pace”.

    inizio pagina

    Expo 2015, il card. Scola invita il Papa a Milano

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, con una delegazione dell’Expo 2015, in programma nel capoluogo lombardo dal primo maggio al 31 ottobre dell’anno prossimo sul tema «Nutrire il pianeta, energia per la vita». Il porporato e la delegazione hanno invitato a Milano il Papa in occasione di questo importante evento. Papa Francesco ha incoraggiato l'iniziativa ed ha preso atto con interesse dell'invito a Milano. E’ quindi rimasto positivamente colpito dall'opportunità di lavoro che l’Expo rappresenta per i giovani e dai progetti di cooperazione internazionali. Sull’incontro, Sergio Centofanti ha sentito lo stesso cardinale Angelo Scola:

    R. – E’ andato molto bene. E’ stato un incontro molto cordiale, nel quale il cardinale Ravasi ed io abbiamo presentato la modalità con cui la Santa Sede, la diocesi di Milano e la Cei proporranno una visione cristiana del tema dell’alimentazione all’interno di Expo. E poi il commissario generale, il dott. Sala, e la responsabile del Padiglione Italia, la dott.ssa Bracco, hanno spiegato più analiticamente il valore dell’Expo. Il dott. Sala ha illustrato la sua forza internazionale e i 141 Paesi presenti e, dall’altra parte, la dott.ssa Bracco ha parlato del Padiglione Italia, della centralità che esso avrà, essendo il Paese ospitante, e ha fatto molto riferimento anche all’attenzione che intendono avere nel portare aiuto alla creazione di nuove filiere produttive nei Paesi africani, parlando di un’esperienza legata al Togo; ha anche sottolineato l’aspetto dell’azione delle donne all’interno di Expo: circa una quarantina sono commissari dei padiglioni di vari Paesi. Il Papa ci ha detto: “Avanti, avanti!”.

    D. – Quali le prospettive dell’Expo?

    R. – E’ un confronto internazionale su un tema di capitale importanza, che coinvolge aspetti di carattere scientifico, tecnico, culturale, sociale e religioso. Si va dai temi scottanti come il tema della povertà e della fame al tema degli organismi modificati, al tema del rapporto tra i popoli, soprattutto i popoli più ricchi e quelli che ancora sono provati, al peso che nella produzione alimentare deve avere la finanza, alla modalità con cui questi prodotti devono essere trattati, al senso della dimensione artistica dell’alimentazione, fino al tema della convivialità, che è decisivo in ogni cultura. Sono tutti aspetti che vedono coinvolti i 141 Paesi. Ovviamente sarà una possibilità straordinaria di confronto. Sono previsti più di 25 milioni di visitatori e tutti i Paesi rilevanti si sono impegnati o a fare un padiglione o a proporre delle iniziative all’interno dei cluster, che gli organizzatori hanno creato, per quei Paesi che non sono in grado di fare un padiglione. Insomma, quindi, mi pare che questa sia una panoramica che ormai si va chiarendo. Poi, bisognerebbe avere il tempo di entrare in ognuna di queste tematiche.

    D. – L’Expo, una buona occasione per un Paese che aspetta di ripartire…

    R. – Direi che può essere un’occasione straordinaria. Il problema è che non si commetta un errore che spesso commettiamo: di concentrarci solo sugli aspetti materiali del problema. Dobbiamo dare al tema tutto il suo respiro e quindi pensare al corpo, ma anche al corpo come segno ed espressione della totalità della persona e quindi del suo spirito. Noi cristiani abbiamo un compito importante da questo punto di vista. Se affrontiamo il tema in termini integrali, anche l’aspetto di favorire la ripresa economica, secondo me, sarà facilitato. Quindi, il Paese potrà trarre grande beneficio dall’Expo.

    inizio pagina

    Mons. Parolin: la priorità è la trasformazione missionaria della Chiesa

    ◊   “La priorità è la trasformazione missionaria della Chiesa”: lo ha affermato il segretario di Stato vaticano, mons. Pietro Parolin, in un’intervista rilasciata al Centro Televisivo Vaticano. Il presule - che verrà creato cardinale nel Concistoro del prossimo 22 febbraio – ha parlato della necessità di una diplomazia umana che promuova la cultura dell’incontro. Ascoltiamo la riflessione di mons. Pietro Parolin, a partire dal significato del suo nuovo servizio alla Chiesa. L’intervista è di Barbara Castelli:

    R. – Io ho incominciato nel novembre scorso, quindi sono più o meno due mesi che mi trovo in questo incarico. Potrei dire che si tratta ancora della fase di avvio, una fase dedicata soprattutto allo studio, alla conoscenza e all’approfondimento dei vari problemi attraverso la documentazione e soprattutto attraverso l’incontro con le persone. Mi rendo conto che si tratta di un servizio molto impegnativo, di un servizio molto esigente e pieno di responsabilità. Ma vorrei sottolineare che si tratta soprattutto di un servizio molto appassionante in questa nuova stagione della Chiesa, inaugurata dal Pontificato di Papa Francesco. E, per quanto riguarda le priorità, come segretario di Stato, primo e diretto collaboratore del Papa, non possono essere altro che le priorità del Papa, quelle priorità sulle quali ha insistito fin dai primi giorni del suo Pontificato e che poi ha raccolto in maniera più organica nella “Evangelii Gaudium”. Direi che la priorità è la trasformazione missionaria della Chiesa: una Chiesa in uscita, come dice lui, una Chiesa in stato permanente di missione. E questa caratteristica, questo rinnovamento ecclesiale, questa conversione pastorale, deve riguardare tutte le strutture della Chiesa, e deve riguardare anche la Curia Romana e deve riguardare anche la diplomazia ecclesiastica che sono un po’ i due ambiti principali in cui si colloca l’attività del segretario di Stato. Poi vorrei dire che spero si possa fare tutto con il cuore: che riusciamo veramente a fare tutto per il Signore e che facendo così, riusciamo a toccare il cuore delle persone.

    D. – Papa Francesco, sin dai primi mesi del suo Pontificato, sembra aver toccato il cuore dell’uomo bisognoso di misericordia e comprensione pastorale. Anche dal punto di vista della diplomazia, possiamo annotare pagine nuove di storia per la Santa Sede?
    R. – Sì, io direi che ogni giorno si scrivono pagine nuove con la storia della diplomazia della Santa Sede, pagine nuove che si aggiungono alle pagine del passato: vorrei ricordare in questo contesto il primo centenario, che cade quest’anno, dell’inizio della Prima Guerra mondiale – il Papa vi ha fatto riferimento durante il discorso al Corpo Diplomatico, il 13 gennaio scorso. Una pagina evidentemente gloriosa, se si pensa all’immensa opera compiuta da Benedetto XV per fermare quella che lui chiamava “l’inutile strage”. Ecco, per quanto riguarda le nuove pagine io direi che vanno sottolineati, prima di tutto, i numerosi incontri che in questi primi mesi del Pontificato ci sono stati con capi di Stato, con capi di governo, con responsabili delle organizzazioni internazionali, desiderosi di incontrare Papa Francesco e di confrontarsi con lui sui grandi problemi, sui grandi temi e sulle grandi sfide del’umanità. E poi, vorrei ricordare in modo particolare – credo che sia imprescindibile farlo – la Giornata di preghiera e di digiuno per la pace in Siria: questa è stata una pagina veramente importante nell’attività della diplomazia, promossa dal Santo Padre stesso, che in fin dei conti ha espresso proprio la forza morale dell’attività della Chiesa; il Papa che ha saputo raccogliere e interpretare il grido di pace che sale dalla martoriata popolazione siriana e che sale da ogni cuore desideroso di vivere in maniera umana, in maniera solidale la sua vicenda. E quindi, ha saputo interpretarlo e tradurlo in un grande movimento che ha portato anche i suoi frutti, dando esempio di una forza morale, di una forza spirituale che è un po’ quello che la Santa Sede testimonia nei confronti delle sue relazioni con gli Stati.

    D. – Parlando di diplomazia, Papa Francesco utilizza i termini “etica della solidarietà” e “utopia del bene. Qual è un suo commento?

    R. – Il Papa si costituisce, in questo caso, un po’ come la coscienza morale dell’umanità. E mi pare, riprendendo l’affermazione che facevo prima, come questo richiamo che egli fa sia un richiamo che venga ascoltato, anche da parte delle Cancellerie, da parte dei Governi. Il fatto che molti capi di Stato e di Governo vengano qui significa, appunto, che c’è un’attenzione speciale a tutto quello che il Papa dice e a tutto che il Papa fa. E io credo che anche a livello di diplomazia. Io vorrei sottolineare questo: a volte sembra che gli appelli del Papa non trovino una risposta immediata; però, voglio dire che c’è anche un grande desiderio di bene, c’è anche un grande sforzo per costruire veramente la pace nel mondo. Penso, per esempio, allo sforzo della diplomazia multilaterale, nel campo dei diritti umani, per salvaguardare i diritti umani; nel campo del disarmo, per evitare una tragedia nucleare; nel campo delle regole del commercio, nel campo dell’ambiente … Ecco, credo che questi richiami del Papa – che d’altra parte sono sempre stati caratterizzanti l’attività dei Pontefici, anche in passato – trovino un’accoglienza e lentamente si facciano strada nella coscienza e nell’attività dell’umanità.

    D. – La diplomazia dovrebbe unire non solo i popoli, ma anche le persone. Quali sono – a suo avviso – i principi fondamentali che dovrebbero essere alla base di quella che possiamo definire una “diplomazia umana”?

    R. – La diplomazia deve essere umana. Quindi, credo che debba avere al suo centro la persona umana: il primo principio mi pare questo. E vorrei dire che Papa Francesco ci spinge a considerare questa centralità della persona umana non in maniera astratta – l’uomo come tale – ma ogni singolo uomo, ogni singola persona deve essere al centro della nostra azione, soprattutto le persone dei poveri, le persone degli emarginati, le persone dei deboli, le persone più vulnerabili, le persone che non hanno voce. Io direi che il principio – la centralità della persona – debba essere lo sforzo di fare della diplomazia una strada per l’incontro: anche qui, il Papa sottolinea molto la dimensione della cultura dell’incontro, quindi l’uscire dall’isolamento e incontrarsi, perché solamente incontrandosi ci si può capire, ci si può accettare e si può collaborare. Un secondo aspetto è la solidarietà e il terzo aspetto è prendersi a cuore le situazione degli altri, contro questa cultura dell’indifferenza che il Papa continua a denunciare. Prendersi a cuore, ancora una volta, le singole persone e le loro situazioni di sofferenza. In fin dei conti, potremmo dire che il principio di una diplomazia umana è l’amore, è l’attenzione alla persona, l’amore per ciascun essere umano che viene in questo mondo.

    D. - In un contesto internazionale, quale apporto specifico può fornire la diplomazia vaticana? Può aiutare ad allargare gli orizzonti del dialogo e della mutua comprensione?

    R. – Sì, certamente. Io credo che questo sia il nostro compito, questo è sempre stato il compito della diplomazia vaticana. In questo momento, in cui ci sono così tanti conflitti, in cui il mondo vive tante lacerazioni e tante contrapposizioni, io credo che siamo chiamati più che mai a promuovere e a consolidare questo incontro, questo dialogo e questo rispetto gli uni degli altri. Io credo che una delle sfide principali del mondo di oggi, quando le diversità si sono ravvicinate e si sono incontrate e possono dare origine a scontri, a conflitti, ecco, la grande sfida – anche della diplomazia ecclesiastica, come di tutte le diplomazie – è fare sì che queste differenze e queste diversità – che possono essere politiche, culturali, religiose – non diventino motivo di contrapposizione e di lotta, ma di arricchimento reciproco. Trovare la strada proprio per poterci arricchire con le nostre diversità. E questo mi pare che sia il compito della diplomazia in genere, e della diplomazia vaticana in particolare.

    D. – Quali sono le aree geografiche nelle quali la Santa Sede deve investire maggiormente, e quali sono i traguardi di questi ultimi anni che possiamo enumerare?

    R. – Il Papa, come padre e pastore della Chiesa universale, ha a cuore tutte le situazioni: in qualsiasi parte del mondo ci siano difficoltà e sofferenze e contrasti, il Papa là è presente con il suo cuore di rappresentante del Signore. Direi che per quanto riguarda l’Europa, mi pare che questa sia un’area che merita attenzione, soprattutto per quello che concerne la costruzione di una Casa europea: mi pare molto importante questo; dove la Chiesa possa dare un suo contributo perché ci sia un’animazione di valori, e questa Casa non sia soltanto una costruzione politica o economica, ma sia una costruzione e una condivisione di valori profondi che stanno nell’anima dell’Europa e che furono un po’ i motivi ispiratori dei Padri dell’Europa. Però, certo, oggi l’attenzione si sposta soprattutto nel Sud del mondo, ed allora ecco l’attenzione a quelle realtà del Sud del mondo dove esistono conflitti e dove il primo impegno è proprio quello di aiutare a ritrovare la pace, una pace che sia la base, il fondamento – anche – per uno sviluppo umano integrale.

    inizio pagina

    Convenzione diritti del fanciullo. Mons. Scicluna: la Santa Sede la attua e la promuove

    ◊   La Chiesa cattolica vuole essere di esempio nella protezione dell’infanzia: è quanto ha affermato ieri mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore vaticano presso la sede Onu di Ginevra, nella sessione del Comitato della Convenzione dei diritti del fanciullo, svoltasi nella città elvetica. La Santa Sede, come altri Stati, ha discusso il rapporto sull’applicazione della Convenzione. All’appuntamento era presente anche mons. Charles J. Scicluna, già promotore di Giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede. Philippa Hitchen lo ha intervistato:

    R. – It was grueling, in the sense it was a very long session and it was very engaging …
    E’ stato estenuante, perché la sessione è stata molto lunga e molto impegnativa. Il relatore ha espresso gravi preoccupazioni e il dialogo interattivo è stato importante e fecondo. Penso che noi condividiamo i principi della Convenzione sui Diritti dell’infanzia e penso anche che abbiamo manifestato in maniera molto chiara e coerente alla comunità internazionale che la Santa Sede è partecipe, che in quanto Stato sovrano la Santa Sede sta attuando la Convenzione e che la Santa Sede, in quanto organo centrale della Chiesa cattolica, promuove i valori della Convenzione; anche il Diritto Canonico, in quanto espressione della giurisdizione della Santa Sede, è costantemente aggiornato, come è accaduto nel 2010, in modo che le procedure e le questioni sostanziali possano essere affrontate in maniera adeguata.

    D. – Tra le preoccupazioni ci sono le accuse secondo le quali il Vaticano non abbia fornito informazioni in merito ad alcuni casi di abuso. Come avete risposto a questo?

    R. - It was not within the remit of the Committee to ask for individual cases, even if …
    Non rientrava nelle competenze del Comitato indagare su singoli casi, anche se vi è un caso individuale che rientra nelle competenze della Convenzione, ed è il caso di un diplomatico cittadino vaticano; le accuse contro di lui sono sotto inchiesta. Di questo argomento ha parlato apertamente il nunzio, capo della delegazione vaticana, l’arcivescovo Tomasi. Per quanto riguarda altri casi, la risposta costante della Santa Sede è che questi casi sono trattati a livello locale e che devono essere trattati a livello locale.

    D. – I gruppi delle vittime, le reti dei ‘sopravvissuti’ affermano però che questo non è sufficiente per rispondere alle loro esigenze di trasparenza ai più alti livelli. Come rispondere a queste affermazioni?

    R. – I think there are two important elements of this which are transparency and …
    Credo che siano due gli elementi importanti in questo ambito, e cioè la trasparenza e la responsabilità. E credo anche che trasparenza e responsabilità debbano iniziare a livello locale. Per quanto riguarda le procedure a livello della Santa Sede, credo che le parti interessate ad ogni singola procedura individuale abbiano ogni diritto di accesso ad ogni informazione utile alla loro difesa, all’esercizio del loro diritto nell’ambito del sistema del quale operiamo.

    D. – Lei segue questo problema all’interno del Vaticano da ormai molti anni. Pensa che questa sessione segni comunque un punto di svolta?

    R. – It does bring great visibility to concerns and issues on the international level …
    Sicuramente conferisce grande visibilità a preoccupazioni e problemi a livello internazionale ma anche è stata ed è un’occasione in cui la Santa Sede non solo ha potuto ascoltare le preoccupazioni, ma ha potuto esprimere pubblicamente il suo impegno nei riguardi dei valori della Convenzione sui Diritti dell’infanzia, compreso il fatto che l’interesse del bambino è una preoccupazione di primaria importanza in qualsiasi processo decisionale.

    D. – Possiamo aspettarci ulteriori dichiarazioni a conclusione di questo incontro?

    R. – That would depend on the Secretary of State. This is a routine report that is …
    Questo dipenderà dalla Segreteria di Stato. Questo è un rapporto di routine che rientra nella Convenzione. La Segreteria di Stato segue gli impegni assunti dalla Santa Sede nelle relazioni presentate, ricevendo reclami, rispondendo ai problemi … certamente, in quando delegazione, abbiamo comunicato ogni preoccupazione alle autorità della Santa Sede.

    inizio pagina

    Altre udienze di Papa Francesco

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza: il card. Juan Luis Cipriani Thorne, arcivescovo di Lima (Perù); il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani; mons. Aldo Giordano, arcivescovo titolare di Tamada, nunzio apostolico in Venezuela, con i familiari.

    inizio pagina

    Festa di Sant’Antonio abate. Il card. Comastri: la luce di Dio illumina tutto

    ◊   Nell’odierna memoria di Sant’Antonio abate, protettore degli animali, diversi appuntamenti hanno scandito oggi la tradizionale “Giornata dell’Allevatore”, promossa dall’Associazione italiana allevatori (Aia). Dopo la Santa Messa, presieduta nella Basilica di San Pietro dal cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano, hanno sfilato lungo via della Conciliazione cavalli e cavalieri. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La fede – ha detto nell’omelia il cardinale Angelo Comastri – è l’unica luce che abbiamo per leggere e capire il libro della vita. Ricordando l’altissima testimonianza di fede di Benedetta Bianchi Porro, una ragazza morta all’età di 27 anni dopo atroci sofferenze il 23 gennaio del 1964, il porporato ha affermato che il “tesoro più prezioso della vita è la carità”. “Quando c’è Dio – ha aggiunto il cardinale Comastri rivolgendosi agli allevatori - c’è tutto”. “Se manca Dio possiamo avere tutto, ma non abbiamo niente”.

    “Perché Dio è la luce che illumina tutto. Andate alla Cappella Sistina a mezzanotte: le luci sono spente, eppure la Cappella Sistina è lì ma non vedete niente; è come se non ci fosse nulla. Se manca la luce, il libro della vita è indecifrabile. La luce è soltanto la fede. Nella bella tradizione di famiglia della gente della campagna, della gente che vive a contatto con la creazione trasmettete questi valori! Perché, questi sono i valori, i tesori che dobbiamo trasmettere ai giovani d’oggi”.

    La congiuntura economica attuale – sottolinea il presidente dell’Associazione italiana allevatori (Aia), Pietro Salcuni - è un ulteriore stimolo ad accogliere l’invito del Papa a non perdere la speranza alimentata dalla fede:

    R. - Non possiamo perdere la fede, la fede è quella che ci accompagna, che ci dà la forza, è quella luce che ci guida. Noi con l’aiuto del Signore ce la metteremo tutta.

    D. - Quali le urgenze da indicare oggi al governo italiano?

    R. - Mettere in evidenza l’origine dei nostri prodotti zootecnici ed anche agricoli. Così la nostra situazione migliora, anche perché se siamo quelli più copiati in tutto il mondo, vuol dire che abbiamo qualcosa in più rispetto agli altri.

    Davanti al colonnato del Bernini è stata allestita una vera e propria fattoria, uno spaccato dell’allevamento nazionale con diversi animali tra cui, cavalli, bovini, muli e galline. Dopo la Santa Messa, la sfilata lungo via della Conciliazione di cavalli e cavalieri - con la partecipazione della Fanfara del IV Reggimento Carabinieri a cavallo – è culminata con la benedizione di uomini ed animali da parte del cardinale Comastri.

    inizio pagina

    Papa Francesco e il rabbino Skorka e il sogno di pregare insieme davanti al Muro del Pianto

    ◊   Lavorare insieme onorando Dio e l’uomo, questo è il messaggio comune dell’udienza privata che si è svolta ieri mattina, tra papa Francesco e il Rabbino Abraham Skorka Rettore del Seminario Rabbinico Latinoamericano di Buenos Aires, in questi giorni a Roma. Il rabbino e il pontefice hanno collaborato a lungo insieme durante gli anni in cui Francesco era arcivescovo a Buenos Aires. Ma sull’incontro ascoltiamo Abraham Skorka al microfono di Marina Tomarro:

    R. – Realmente es la tercera vez...
    Veramente, è la terza volta che ci incontriamo e questa volta nel contesto di una rappresentanza, di una delegazione della Comunità ebraica di Buenos Aires. Siamo venuti per esprimergli il nostro affetto, il nostro appoggio, e ricreare il nostro vincolo di amicizia – non a livello personale ma a livello di gruppo – e a parlare di come potremmo unirci sempre di più per cercare di dare una risposta ai diversi problemi che colpiscono l’uomo dei nostri giorni. Abbiamo parlato di molte cose: della violenza di genere, che significa donne maltrattate, uomini maltrattati, della violenza in famiglia, di come si possa trovare una strada, un metodo per unire la gente, per sollevare le barriere che separano e che sono quelle su cui si può costruire l’odio, l’odio che poi porta alla violenza. Quindi, ci siamo scambiati opinioni, analisi su tutti questi temi e soprattutto ci siamo scambiati affetto.

    D. - Il prossimo maggio, Papa Francesco visiterà la Terra Santa. È vero che non ci è mai stato? Lei lo accompagnerà?

    R. – Una vez leí que...
    Una volta ho letto che Papa Francesco è stato lì per poco tempo, per pochi giorni, perché in quel momento in Israele c’era la guerra. Se staremo insieme? E’ un sogno. Questo viaggio è nato in qualche modo attraverso le nostre conversazioni ed è anche servito come elemento delle nostre conversazioni, incluso il concetto di peregrinazione. E’ nato la prima volta che ci siamo incontrati, qui nel mese di giugno, era già Papa. Abbiamo il desiderio di stare insieme davanti al Muro del Pianto, che è un luogo sacro per entrambi: poter pregare uniti, abbracciarci… C’è un affetto molto grande tra di noi, perché il Papa è il capo di uno Stato, ma allo stesso tempo siamo amici. Quindi, si “mischia” il protocollo tra quello che il protocollo dice e l’affetto.

    D. - Secondo lei, il Papa come ha inciso sulle relazioni tra i cristiani e gli ebrei?

    R. – Hay una larga historia...
    C’è una lunga storia che arriva dall’Argentina e che ha tanti anni: conosciamo gli sforzi fatti dall’allora arcivescovo di Buenos Aires, oggi Papa Francesco, per avvicinarci in maniera familiare e con affetto, per sapere che abbiamo lo stesso Dio – uno lo interpreta in un modo e l’altro lo interpreta e lo vive in un altro modo – però dobbiamo onorare Dio onorando l’uomo, l’individuo. Questo è ciò che ci ha unito nel nostro affetto e nei nostri lavori. Questa è l’essenza del dialogo che il Papa iniziò in Argentina in maniera molto forte e con l’aiuto di Dio siamo sicuri che si proietterà nel resto del mondo.

    inizio pagina

    Presentato libro su mons. Sambi. Card. Sodano: "Fu il nunzio della riconciliazione"

    ◊   A tre anni dalla morte, avvenuta a Baltimora, negli Stati Uniti, è nelle librerie “Pietro Sambi, nunzio di Dio”: il volume scritto da Valerio Lessi per le edizioni Cantagalli. Il libro racconta la vita dell’arcivescovo romagnolo e diplomatico molto apprezzato che spese la sua vita a servizio della Chiesa. Alla presentazione, ieri nella sede della nostra emittente il cardinale Angelo Sodano ed il professor Marcello Pera. C’era per noi Benedetta Capelli:

    Un sacerdote partito da Sogliano al Rubicone, nel cuore della Romagna, che ha percorso le strade del mondo seguendo la luce del Vangelo. Pietro Sambi si definiva “prete per vocazione, storico di formazione e diplomatico per obbedienza”. In queste parole, c’è tutto il suo amore per la Chiesa che servì, negli scenari più diversi del mondo, contribuendo a pacificare e gettare ponti di dialogo. C’è l’Africa nel suo destino: il Camerun è il suo primo incarico e poi più tardi il Burundi, sconvolto allora dagli scontri tribali. Era “un nunzio della riconciliazione” secondo il cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato emerito, che ricorda anche la grande esperienza di mons. Pietro Sambi in Israele:

    "Era molto lieto di essere rappresentante pontificio nella terra di Gesù, nella terra degli Apostoli, nella terra dei primi Martiri. Le difficoltà non erano poche, ma una sua caratteristica era quella di non indietreggiare di fronte agli ostacoli. Quindi, anche là portò il suo mattone per la costruzione della riconciliazione, seguendo il metodo del dialogo e ricordando – da buon italiano – l’antico detto dei romani: 'Gutta cavat lapiden – ovvero - la goccia scava la roccia'".

    Un nunzio che come tutti i diplomatici della Santa Sede – evidenzia il porporato – rappresenta il cuore del Papa, un collaboratore capace di aiutare il Pontefice nella sua missione d’amore. Nella carriera di mons. Sambi ci sono altri incarichi importanti a Cuba, Algeria, India, Nicaragua, l’Indonesia e gli Stati Uniti per volere di Benedetto XVI. Qui, cresce il rapporto con Marcello Pera che così lo ricorda:

    "Sapeva dialogare, sapeva parlare, conosceva i problemi ed era sempre preparato sui dossier principali. Non era soltanto l’uomo cordiale, l’uomo della fede, il diplomatico; aveva una sua concezione, cioè aveva maturato opinioni profonde".

    Uomo di fede e creatore di rapporti: questa la definizione di mons. Luigi Negri che, da vescovo di San Marino Montefeltro, aveva promosso la realizzazione del libro su mons. Sambi:
    "Un costruttore, un creatore ma il movente segreto di questa straordinaria capacità creativa era proprio la sua fede. La fede del suo popolo del Montefeltro con cui si sentiva assimilato fisiologicamente. Io prima pensavo che scherzasse, ma tutte le volte che mi vedeva diceva che io ero il suo vescovo. Poi, con l’andare del tempo, mi resi conto che lui ci credeva. Si sentiva ancora parte di questa comunità".

    Molte e diverse le caratteristiche dell’arcivescovo Sambi. Tra queste, una certa riservatezza tanto da non far trapelare, nemmeno alla famiglia, le sue gravi condizioni di salute. Secondo l’autore, Valerio Lessi, era principalmente un pastore:

    "Una persona che entrava nella vita di mons. Sambi vi entrava per sempre. Suo grande amore era la missione alla libertà della Chiesa. Ciò che gli premeva ovunque era che la Chiesa fosse libera di esercitare la sua missione. In questo, lo sosteneva la fedeltà e l’amore ai Papi che lui rappresentava: Giovanni Paolo II prima e Benedetto XVI poi".

    Un uomo obbediente che ha detto sempre sì alla Chiesa e che non aveva mira di carriera diplomatica. Alle voci che lo volevano cardinale rispondeva: “Quando si va davanti al Signore non conta il colore della veste, rossa o viola, conta solo la veste bianca del Battesimo”.

    "Nel testamento, da ciò che uno lascia come ultime volontà, spesso si capisce il cuore di una persona. Il testamento di Sambi dice due cose: ciò a cui più lui teneva erano la Chiesa e i poveri".

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia dal titolo “Misericordia e rivoluzione”: fidanzati, famiglia e morale dominante.

    La domanda di Paolo: Papa Francesco a una delegazione ecumenica finlandese in occasione della festa di sant’Enrico.

    Così fan tutti: Messa del Pontefice a Santa Marta.

    Diplomazia dell’amore, in un’intervista del Centro televisivo vaticano al segretario di Stato.

    Il consacrato non è un’isola: Nicola Gori intervista l’arcivescovo Rodriguez Carballo, segretario della Congregazione per gli Istituti di via consacrata e le Società di vita apostolica.

    Ore di dubbi per la conferenza sulla Siria.

    L’ecumenismo è sotto una buona stella: il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, sulle aspettative della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

    Leonardo Lugaresi sul filo di Agostino dalle Confessioni alla Lumen fidei.

    Silvia Guidi sull’“Amico Francesco”: Franco Zeffirelli parla del libro che vuole regalare al Papa.

    I pesci della gratitudine: Isabella Farinelli sul cammino di Santiago.

    Pinacoteca per il figlio di Giacobbe: Fabrizio Bisconti illustra gli affreschi dell’ipogeo di via Dino Compagni.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Frizioni tra Israele ed Europa, dure accuse di Netanyahu

    ◊   Giornata densa di avvenimenti, quella di ieri, per il prosieguo del dialogo israelo-palestinese promosso dal segretario di Stato americano John Kerry in missione in Medio Oriente. Il premier dello Stato ebraico, Benjamin Netanyahu, ha avuto colloqui ad Amman con re Abdallah II di Giordania. Poi in serata, nell’incontro con i giornalisti, le forti accuse di ipocrisia all’Europa. Da Bruxelles critiche ai nuovi insediamenti israeliani nei Territori Palestinesi, ma nessuna condanna – ha detto Netanyahu – sui proclami e sugli attentati contro Israele. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Antonio Ferrari, esperto di Medio Oriente e già analista politico del Corriere della Sera:

    R. – Penso che l’atteggiamento dell’Europa, in qualche misura, si raccordi con la politica estera dell’amministrazione Obama e del segretario di Stato Kerry: gli americani non vogliono rinunciare a quello che hanno sempre detto, e cioè la soluzione dei due Stati. Questa scelta tuttavia significa cercare di arrivare al congelamento di nuovi insediamenti.

    D. – E’ credibile, l'accusa di Netanyahu all’Europa?

    R. – Che l’Europa abbia avuto qualche ambiguità nei confronti dei palestinesi, non dicendo fino in fondo quello che avrebbe dovuto dire, è possibile. Però, che Netanyahu venga a tirar fuori questa storia adesso, suona abbastanza sconveniente: perché una delle condizioni per riavviare il processo di pace è il congelamento degli insediamenti. Altrimenti, se continuano ad allargarsi gli insediamenti, le possibilità di arrivare alla soluzione dei due Stati, di arrivare alla pace si escludono definitivamente, ma non solo. Io credo che questo non sia nell’interesse neanche di Israele, perché i demografi stanno dicendo che nel giro di 15-25 anni la maggioranza della popolazione israeliana sarà araba e quindi c'è il rischio che si metta in discussione l’ebraicità stessa dello Stato di Israele.

    D. – Ieri Netanyahu era in Giordania, dove ha detto: “Il processo di pace israelo-palestinese deve necessariamente coinvolgere altri attori, tra questi proprio Amman” …

    R. – Lo deve coinvolgere per forza. Però, la Giordania non può lasciarsi coinvolgere senza vedere una prospettiva chiara, una prospettiva definitiva. Non dimentichiamo che il 67-70% della popolazione giordana è di origine palestinese. E’ chiaro che la Giordania accetta di essere coinvolta, ma a patti chiari – come aveva detto prima re Hussein e oggi dice re Abdallah: la Giordania vuole arrivare alla soluzione dei due Stati, perché senza la soluzione dei due Stati la Giordania continuerà a pagare gli effetti delle tensioni che avvengono dall’altra parte del Giordano.

    inizio pagina

    Repubblica Centrafricana: rischio genocidio, l'Onu lancia l'allarme

    ◊   In Repubblica Centrafricana, “ci sono tutti gli elementi per un genocidio”. L’allarme è arrivato dall’Ufficio per le operazioni umanitarie delle Nazioni Unite. Intanto, si attende l’insediamento di un nuovo presidente ad interim e continua la contrapposizione tra milizie Seleka e “anti-balaka”. “Chiediamo ai fedeli di fare attenzione” a non farsi “strumentalizzare”, è l’appello dell’arcivescovo di Bangui, mons. Nazapalainga, a nome anche degli altri leader religiosi. Per una testimonianza, Davide Maggiore ha raggiunto telefonicamente nel Paese padre Giuseppe Brisacani, missionario comboniano:

    R. – Negli ultimi giorni, dopo le dimissioni del presidente Djotodia, i soldati dell’armata Seleka, i ribelli, sono partiti avendo paura. Addirittura, la gente ha manifestato con grida di gioia la partenza di questi soldati ribelli. La folla era composta in gran parte da giovani riscaldati dalla situazione, esasperati da mesi e mesi di sofferenze, da angherie di ogni tipo. Il giorno dopo, l’auto dei Seleka è tornata a Mongoumba, non potendo raggiungere Bangui e non potendo spostarsi sulle strade nazionali. Nel frattempo, sono intervenuti gli anti-balaka che, rivoltatisi a loro volta contro i Seleka, hanno cominciato a fare dei posti di blocco dappertutto. Con la mia comunità ci siamo spostati per venire qui a Bangui e abbiamo dovuto attraversare altre cittadine, altre regioni, e abbiamo trovato disordini per strada.

    D. – Quindi, è una tensione che continua, una calma che, anche dove e quando c’è, è precaria...

    R. – Attraversando per esempio la cittadina di M’Bata, abbiamo trovato quasi tutte le botteghe e le case dei musulmani bruciate e distrutte. I musulmani sono partiti tutti. Sulla strada nazionale per arrivare a Bangui s’incontrano quattro o cinque moschee e sono tutte sventrate, bruciate e distrutte. La situazione è molto, molto tesa. Da noi, in parrocchia, in una sala parrocchiale, hanno dormito dei musulmani per tre notti, perché avevano paura di dormire nelle loro case. Di giorno, uscivano per andare a sbrigare i loro affari, ma di notte venivano a dormire da noi.

    D. – Che speranze riponete nella presenza delle truppe internazionali sul territorio centrafricano?

    R. – In certe occasioni sono intervenuti, ma in tante altre occasioni sono intervenuti con molta più cautela. Si aspettava fin dall’inizio un intervento più massiccio, ma ovviamente stanno facendo il possibile.

    D. – E adesso, siamo in piena transizione istituzionale. Tra pochi giorni, dovrebbe essere annunciato il nome del nuovo presidente di transizione. Ma c’è speranza che, cambiando le istituzioni, la situazione possa migliorare?

    R. – Noi speriamo di sì, cambiando le cose, con un intervento più massiccio delle forze esterne, che non dovrebbe essere solo militare, dovrebbe essere un intervento di tipo politico. La speranza di cambiamento c’è, comunque.

    D. – In questo quadro, la Chiesa come cerca di invitare alla concordia?

    R. – Prima ancora che ci fossero negli ultimi giorni questi scontri forti fra fazioni, la Chiesa ha promosso incontri di tipo interreligioso. E’ noto l’impegno dell’arcivescovo di Bangui. La stessa cosa si è ripetuta nell’interno: nei villaggi, nelle cittadine dell’interno. Dove si è potuto, la Chiesa cattolica ha sempre promosso in questi ultimi tempi degli incontri con i musulmani, con i loro responsabili religiosi e con le altre Chiese cristiane, le Chiese protestanti. E fino a un certo punto sembrava che la cosa andasse avanti bene, ma per quello che ho visto con i miei occhi mercoledì, sulla strada nazionale, se non si argina, si può temere il peggio.

    inizio pagina

    Congo. La Chiesa contro lo sfruttamento delle miniere: nessun vantaggio per le popolazioni locali

    ◊   Lo sfruttamento delle risorse minerarie non ha prodotto alcun miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali della Repubblica Democratica del Congo. È la conclusione principale del documento prodotto dalla Commissione episcopale congolese per le risorse naturali. Il rapporto fa riferimento in particolare alle miniere di coltan e cassiterite del Nord Kivu; materie prime indispensabili per la produzione di computer e cellulari, e per lo sfruttamento delle quali si sono scatenati conflitti tra gruppi ribelli e lo Stato centrale di Kinshasa. Sulla questione Marco Guerra ha sentito padre Piero Gavioli, direttore della casa salesiana di Goma-Ngangi:

    R. – L’ultima guerra contro l’M23 è finita da due mesi circa; le ragioni del conflitto erano di natura economica, soprattutto lo sfruttamento dei minerali: questo l’hanno detto in termini molto chiari in una lettera collettiva tutti i vescovi della provincia del Nord e del Sud Kivu. Ci sono anche tantissimi altri documenti che dimostrano che il minerale più ricercato e più pregato, perché si trova per l’80% soltanto qui, è il coltan, ovvero la colombite-tantalite. L’M23 lo ha sfruttato il più possibile, dove ci sono ancora gruppi ribelli in lotta contro il governo centrale, dalle parti di Walikale in particolare, prosegue lo sfruttamento di queste miniere. Varie testimonianze dicono che c’è una sola strada asfaltata: questa strada è regolarmente chiusa perché serve da pista di atterraggio per un piccolo aereo che arriva e che poi riparte, non si sa bene in che direzione. Una volta hanno arrestato il pilota di questo aereo: era un cinese. Non credo che ci siano soltanto i cinesi nel tentativo di recuperare le ricchezze; sappiamo che molte ricchezze sono partite per il Rwanda e verso l’Uganda.

    D. – Però, sembra che non ci sia una grande denuncia da parte della comunità internazionale, sullo sfruttamento delle miniere …

    R. – Nel rapporto dell’Onu del 2010, che si chiama Mating, c’è stata una ricerca e una denuncia anche molto chiara, con nomi e dati molto precisi: tale personalità del Congo, tale società multinazionale … però, non c’è mai stato un seguito, perché penso che ci siano tanti interessi in gioco e nessuno ha voluto andare a fondo.

    D. – Lei mi conferma che non c’è una ricaduta economica per la popolazione locale?

    R. – E’ uno sfruttamento molto grande, anche dei piccoli minatori che lavorano in proprio, per così dire, che scavano gallerie, che cercano di portare in superficie i minerali. Io sono stato a lungo a Lubumbashi dove so di vari ragazzi morti nelle miniere: le società o i privati che le sfruttano non investono su posto, non fanno nulla per aiutare la popolazione a migliorare la propria condizione di vita.

    D. – Ci può essere una soluzione? Cioè, il governo può gestire lo sfruttamento di queste miniere?

    R. – Molte miniere sono ancora sotto il controllo di gruppi armati, perché ce ne sono ancora tantissimi: alcuni si sono sciolti, invece altri continuano lo sfruttamento. Io credo che ci sia una certa complicità tra il governo attuale e questi gruppi armati che sfruttano le ricchezze. Se sparissero tutti i gruppi armati, si potrà forse vedere più chiaramente chi è alla base dello sfruttamento delle ricchezze. Adesso si accusano i gruppi armati; ad un certo momento, bisognerà denunciare forse il governo o alcune personalità legate al governo …

    inizio pagina

    Il vescovo Milito sulle sostanze chimiche a Goia Tauro: attenzione a parlare di guerra civile

    ◊   Il governo continua a tranquillizzare sul trasbordo delle sostanze chimiche siriane nel porto di Gioia Tauro. Per il ministro della Difesa, Mario Mauro, lo scalo è stato individuato per l’assoluta eccellenza nel trattare” quei materiali. In allarme le autorità locali. Il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, dice che “si rischia di portare alla guerra civile un territorio”. Alessandro Guarasci ha sentito il vescovo Oppido Mamertina-Palmi, mons. Francesco Milito:

    R. – Occorre, seppur dinanzi a notizie che non si aspettavano, essere un po' cauti e meno tempestivi. Non credo che le nostre autorità italiane, e quindi il governo, possano permettere che un’operazione di questo genere vada non a beneficio dell’Italia, che si tratti di Gioia Tauro o di un altro posto. Come credo che ci voglia molta attenzione, molta prudenza a non lasciarsi prendere dai titoli altisonanti. Bisogna rifarsi invece alle dichiarazioni del ministro Lupi, che su tutta la gamma delle problematiche, ha dato le spiegazioni giuste.

    D. – Diciamo, dunque, che secondo lei non c’è rischio per la sicurezza. Gli abitanti, almeno secondo quanto dice il governo, possono stare tranquilli...

    R. – Va dato credito al governo. Bisogna stare tranquilli, perché il trasbordo delle armi intanto non avverrà a terra, ma avverrà nave per nave, e poi la stessa distruzione, per quanto come sempre apprendiamo dai giornali, avverrà in acque internazionali. E’ comprensibile l’apprensione da parte di tutti, perché non si tratta di “regalini”, però da qui a creare un disagio o a parlare di rischio di guerra civile, secondo me ce ne corre. E stiamo attenti che i titoli non siano più pesanti delle armi.

    D. – Qualcuno dice però che ci si ricorda della Calabria sempre per questioni scottanti, in questo caso appunto per sostanze chimiche, e poi quando c’è da fare sviluppo la Calabria viene abbandonata. Lei su questo concorda?

    R. – Se la Calabria fosse oggetto continuo, e in modo operativo, di tante attenzioni, chiaramente non vi sarebbe tanto clamore e tanto chiasso in alcune occasioni.

    D. – C’è chi teme anche possibili interventi della criminalità organizzata in quell’area. Bisogna, comunque, vigilare, questo è fuor di dubbio?

    R. – In questo caso direi, come in altri, che le forze dell’ordine, e chi è competente in questi settori, lo farà adesso, come lo ha fatto in altre occasioni. Se qualcuno vuole metterci lo zampino, lo può mettere anche nelle cose più sante, e immaginiamoci in quelle che rappresentano delle problematiche, questo è evidente.

    inizio pagina

    Aperta quarta edizione delle "Letture teologiche" promosse dalla diocesi di Roma

    ◊   “I classici della spiritualità cristiana” è questo il tema della quarta edizione delle tre letture teologiche, promosse dalla diocesi di Roma, che si sono aperte ieri sera nella capitale presso l’Aula della Conciliazione del Palazzo apostolico lateranense. Nel primo incontro, si è riflettuto sulle “Confessioni di sant’Agostino”. Marina Tomarro ha intervistato Massimo Borghesi, docente all’Università degli studi di Perugia e tra i relatori della serata:

    R. – “Le Confessioni” inaugurano un genere letterario assolutamente nuovo e inedito. Tutto si fonda su questa relazione personale tra l’io di Agostino e Dio, tra l’io e il tu. E questo è il modo evangelico. In realtà, Agostino ripete esattamente nella sua vita gli incontri, la dinamica con cui Gesù incontrava i suoi amici, i suoi avversari nelle strade della Galilea, della Giudea. E questo modo evangelico è fatto proprio da Agostino. Agostino è colui che fa teologia ringraziando. Teologia per Agostino è proprio un movimento di gratitudine verso quel Dio, che l’ha salvato dalla sua perdizione. La vita di Agostino è stata una vita di peccato: l’ambizione, le donne abbandonate. Quando lui è stato travolto e preso dalla presenza di Dio attraverso gli amici, attraverso gli incontri che ha fatto, questo gli ha cambiato la vita.

    D. – “Le Confessioni” nascono dopo un lungo percorso. Sono quindi una lode a Dio?

    R. – La “confessio” è “confessio” del peccato e “confessio” della grazia. Quindi, in un unico movimento sono pentimento e lode. Di fronte a quel Dio dice: “Chi sono io per te, al punto che tu ti debba curare di me?” Ecco, questa è la dinamica delle Confessioni. Agostino ha la percezione di essere assolutamente nulla e di essere stato anche spregevole nella sua vita precedente, eppure Dio attraverso Monica, attraverso Ambrogio, attraverso gli amici l’ha rincorso, non l’ha abbandonato: l’ha preso con sé, l’ha voluto con sé.

    D. – Quanto è attuale il loro messaggio?

    R. – Direi che è attualissimo. Non a caso, comunque, “Le Confessioni” sono al centro da secoli della vita cristiana e ritornano sempre straordinariamente attuali. Oggi, lo sono più che mai, nel senso di una sensibilità che noi diciamo “moderna” appunto, ma in realtà vogliamo dire vicina alla vita, al cuore della persona, perché è come se in Agostino venisse fuori quella sete inespressa di Dio, quel desiderio di felicità, che anche l’umanità contemporanea ha sotto la cenere, sotto la palude dei nostri giorni. Quindi, riesce ad intercettare profondamente e direi soprattutto lo intercetta nel senso della consapevolezza che siamo tutti dei poveri uomini e abbiamo un bisogno disperato di qualcuno che ci voglia bene. Il Dio di Agostino è un Dio che ti vuole bene, al di là dei tuoi peccati, ti perdona, ti trattiene e ti abbraccia.

    E all’incontro era presente anche il cardinale vicario Agostino Vallini. Ascoltiamo il suo commento:

    “Sant’Agostino è un colosso della fede e del pensiero, per cui è difficile restringere in una battuta la sua grandezza. Posso dire l’ansia di ricerca della verità e di Dio. Basti questa espressione che ritroviamo nelle Confessioni: 'Signore tu ci hai fatto per Te ed inquieto è il nostro cuore finché non riposa in Te'. Mi pare che possa sintetizzare il desiderio dell’uomo di essere in pienezza e di esprimersi secondo le istanze più profonde dello spirito, che non possono non portare a Dio”.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Razzi dalla Siria colpiscono il Libano: cinque bambini tra le vittime

    ◊   E’ finito in tragedia il lancio di un razzo dalla Siria, caduto sul villaggio sunnita di Arsal, in Libano. Secondo l'agenzia libanese Nna, sono cinque i bambini - tra i 2 e gli 11 anni - uccisi dall’ordigno, che ha provocato in totale sette vittime. Una ventina i razzi lanciati oggi dal territorio siriano: colpite anche altre località libanesi, compresa la regione di Hermel, bastione del movimento sciita Hezbollah che nel conflitto è schierato al fianco del presidente Bashar al Assad. Sul piano diplomatico, intanto, il ministro degli Esteri siriano Walid al-Muallim, in missione a Mosca, ha consegnato al Cremlino un piano per il cessate il fuoco ad Aleppo. Dopo un incontro con l’omologo russo Serghiei Lavrov, l’emissario del presidente Assad ha affermato che Damasco è pronta ad uno scambio di prigionieri con i ribelli. (G.A.)

    inizio pagina

    Esercito sud sudanese perde i contatti con Malakal, assediata dai ribelli di Machar

    ◊   Il presidente ugandese Yoweri Museveni ha confermato per la prima volta che truppe di Kampala stanno combattendo al fianco dell’esercito sud sudanese, contro la ribellione dell’ex presidente Riek Machar. A causa degli scontri, scoppiati a metà dicembre, è intanto salito a oltre 400.000 rifugiati, interni e nei Paesi confinanti, il bilancio della fuga di massa dei civili dalle zone di combattimento. A riferirlo è l'Onu, precisando che circa 200.000 persone sono fuggite dalle proprie abitazioni solo nell'ultima settimana. Particolarmente critica la situazione a Malakal, città dell’Alto Nilo nella parte nord-orientale del Paese: oggi le forze fedeli al presidente Salva Kiir hanno annunciato di non riuscire a mettersi in contatto con le proprie truppe nella località, segno probabilmente che Malakal è caduta nelle mani dei ribelli. Già la scorsa settimana il portavoce degli insorti, Lul Ruai Kong, aveva annunciato la conquista della città. (G.A.)

    inizio pagina

    Thailandia: esplosione durante manifestazione anti governativa a Bangkok. Oltre 30 feriti

    ◊   Sono almeno 36 i dimostranti rimasti feriti in seguito allo scoppio di una granata, lanciata da sconosciuti contro un corteo di protesta nel centro di Bangkok, in Thailandia, dove da giorni i dimostranti chiedono le dimissioni della premier Yingluck Shinawatra. Secondo gli organizzatori delle manifestazioni, l'esplosione è avvenuta pochi istanti prima che per lo stesso punto transitasse il leader delle proteste, l'ex vice premier Suthep Thaugsuban, rimasto illeso e intervenuto alla marcia malgrado sul suo capo pendessero già diversi mandati di arresto. (G.A.)

    inizio pagina

    Tratta di esseri umani: prossima settimana a Madrid incontro di 37 organizzazioni cristiane

    ◊   La rete di 37 organizzazioni cristiane di Europa, Asia, Medio Oriente, Nord America ed Africa “Coatnet”, che lotta contro il traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo e servitù domestica, si incontrerà la prossima settimana a Madrid. Ad annunciarlo l’agenzia Sir. Anche Caritas Internationalis e molte Caritas nazionali aderiscono a Coatnet. “Il lavoro forzato e il traffico di esseri umani - dice Najla Chahda, direttrice del Centro per migranti di Caritas Libano - sono legati molto strettamente e sono radicati nell’ingiustizia sociale. Le persone che lavorano negli impieghi più sporchi e pericolosi fanno parte dei segmenti più vulnerabili della popolazione e spesso sono migranti”. L’Organizzazione internazionale per il lavoro (Oil) stima almeno 21 milioni di persone che nel mondo sono vittima del lavoro forzato. I settori più a rischio sono i lavori domestici, l’agricoltura, le costruzioni, la manifattura e l’intrattenimento. L’incontro di Madrid discuterà di temi come l’accompagnamento legale delle vittime di lavoro domestico e degli strumenti per combattere lo sfruttamento. (G.A.)

    inizio pagina

    Richiedenti asilo, dono non minaccia. Così p. Neuhaus sulla politica israeliana per gli immigrati

    ◊   “Dovremmo trattare i rifugiati come esseri umani anziché etichettarli a priori come criminali”. A parlare, attraverso un comunicato di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), è padre David Neuhaus, vicario del patriarcato latino di Gerusalemme per i cattolici di lingua ebraica e responsabile per la pastorale dei migranti in Israele. Il religioso, a proposito della politica israeliana in materia di richiedenti asilo, afferma che “molti politici e media locali descrivono i rifugiati come degli infiltrati. Non si dovrebbero usare parole tanto dure per delle persone costrette a fuggire per salvare la propria vita”. Ricordando il messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato – che si celebra domenica 19 gennaio - padre Neuhaus sottolinea come i richiedenti asilo dovrebbero esser considerati “un dono e non una minaccia”. Il Parlamento israeliano tempo fa aveva approvato un provvedimento, il cosiddetto Anti-Infiltration Act, che - ricorda Acs - permetteva al governo di detenere fino a tre anni tutti gli immigrati irregolari, inclusi i richiedenti asilo, prima di espellerli dal Paese. Lo scorso dicembre - prosegue il comunicato - la Knesset ha ridotto il periodo di detenzione a un anno e contemporaneamente il primo gruppo di richiedenti asilo, circa 480 persone provenienti da diversi Stati dell’Africa, è stato trasferito in una struttura nel deserto del Negev, da cui durante la notte non può uscire nessuno e dove i migranti sono obbligati a presentarsi ai controlli tre volte al giorno. Nelle ultime settimane migliaia di persone hanno protestato in piazza a Tel Aviv e di fronte al Parlamento a Gerusalemme; non è mancata neanche la reazione dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati. Israele è tra i Paesi firmatari della Convenzione di Ginevra che proibisce di applicare sanzioni contro i richiedenti asilo, sebbene immigrati illegalmente. “Il governo israeliano – dichiara padre Neuhaus ad Acs – avrebbe la possibilità di distinguere tra rifugiati e migranti in cerca di lavoro. Ma ciò non accade: i richiedenti asilo sono spesso trattati come tutti gli altri, senza che nessuno verifichi se hanno effettivamente diritto allo status di rifugiati". Peraltro, prosegue il religioso, pochissime richieste vengono approvate e soltanto dopo lunghe attese. Attualmente in Israele i richiedenti asilo sono circa 53mila, in maggior parte giunti da Eritrea e Sudan. Oltre 40mila di loro sono cristiani, perlopiù ortodossi. (G.A.)

    inizio pagina

    Uganda. Il presidente Museveni non firma la legge che prevede anche l’ergastolo per i gay

    ◊   Il presidente dell'Uganda, Yoweri Museveni, non ha firmato la legge che prevede anche condanne all'ergastolo per gli omosessuali. In una lettera inviata alla presidente del Parlamento, Museveni critica il fatto che il testo sia stato approvato lo scorso dicembre senza che vi fosse il quorum legale in aula. La decisione del capo di Stato segue l'ondata di critiche internazionali sollevata dall'approvazione della legge che avrebbe potuto portare ad una sospensione degli aiuti al Paese africano. Nei giorni scorsi, i vescovi ugandesi, pur ribadendo gli insegnamenti della Chiesa cattolica, si erano opposti al documento, perché contrario ai “valori centrali della fede cristiana”. In Nigeria, invece, il presidente Goodluck Jonathan ha firmato lunedì una legge che prevede condanne fino a 14 anni di carcere in caso di matrimoni omosessuali e 10 anni di detenzione per le persone dello stesso sesso che rendano pubblica la loro relazione.

    inizio pagina

    Usa: la Chiesa celebra la Settimana nazionale delle scuole cattoliche

    ◊   Dal 26 gennaio al primo febbraio prossimi, la Chiesa degli Stati Uniti celebra la Settimana nazionale delle scuole cattoliche, un evento promosso ogni anno dalla Conferenza episcopale nazionale (Usccb), insieme con la "National Catholic Educational Association" (Ncea), l'Associazione che coordina gli insegnanti e gli educatori delle scuole cattoliche del Paese. “Le scuole, comunità di fede, conoscenza e servizio” è il tema dell’evento, giunto alla sua 40.ma edizione, che sarà celebrata in parrocchie e scuole con Messe, incontri e iniziative varie. Un’occasione per ricordare l’importante contributo della Chiesa nella promozione di un’educazione di qualità negli Stati Uniti e il ruolo degli istituti educativi cattolici nella trasmissione della fede alle nuove generazioni. “Negli anni, le nostre scuole hanno educato milioni di giovani fornendo loro una formazione accademica superiore, senza mai perdere di vista la dimensione spirituale”, ha evidenziato per l’occasione il presidente della Commissione per l’educazione della Usccb, mons. George J. Lucas, citato dall’agenzia Cns. “Il successo delle scuole cattoliche nel trasmettere la fede alle nuove generazioni è un segno luminoso della storia della Chiesa degli Stati Uniti”. Attualmente, la Chiesa locale gestisce più di 6.600 istituti di ogni ordine e grado, frequentati da più di 2 milioni di studenti. Di questi, il 99% raggiunge il diploma superiore e l’85% arriva all’università, a conferma dell’alto livello dell’educazione da essi impartita. (L.Z.)

    inizio pagina

    Al via le celebrazioni per l’ottavo centenario del pellegrinaggio di San Francesco a Compostela

    ◊   Ottocento anni fa San Francesco d’Assisi intraprendeva il cammino verso la tomba dell’Apostolo Giacomo, come tanti altri pellegrini di tutti i tempi, per riscoprire, passo dopo passo, il significato di vivere per Dio, di camminare e aprire orizzonti nuovi partendo dall’esperienza del suo amore. Con questa premessa, si aprono oggi le celebrazioni dell’ottavo centenario del pellegrinaggio di San Francesco d’Assisi a Santiago di Compostela. Nella chiesa di San Francesco a Santiago, la celebrazione dell’Eucaristica inaugurale presieduta dal card. Carlos Amigo Vallejo e concelebrata dall’arcivescovo di Santiago di Compostela, mons. Juliàn Barrio, dal ministro generale della Provincia francescana di Santiago, fra José Antonio Castiñeira Chouza, e dal segretario della Congregazione per l’Istituti di Vita Consacrata e Società Apostoliche, mons. José Rodríguez Carballo, fino a pochi mesi fa, ministro generale dei Frati Minori. Nella lettera d’invito a partecipare agli atti celebrativi, il ministro provinciale di Santiago afferma che nel nostro tempo, il messaggio di San Francesco, come quello del Vangelo, è più che mai valido e attuale. “La forza profetica di Francesco non è quella della parola, ma della vita. Uomo di Chiesa che costruisce la Chiesa dentro la Chiesa, e uomo di mondo che costruisce il mondo a partire della ricerca della dignità per tutti, la solidarietà, la giustizia, la pace e il rispetto della diversità con una nuova forma di comprendere la natura e la creazione”. Tra le numerose attività organizzate dalla famiglia francescana a Compostela, una delle più attese sarà l’apertura, l’ultima settimana di marzo, del convento di Santiago e la consegna della “Cotolaya”, una sorta di certificato francescano per tutti i pellegrini che arriveranno a Santiago di Compostela seguendo le orme del poverello d'Assisi. (A cura di Alina Tufani)

    inizio pagina

    Perù: record di presenze per la Settimana vocazionale di Arequipa

    ◊   Ottantacinque presenze, tra adulti e ragazzi. Un autentico record quello registrato dal Seminario arcidiocesano San Jerónimo di Arequipa, nel Sud del Perù, in occasione della Settimana vocazionale. Un dato che conferma l’efficacia di iniziative come queste, tenuto conto che lo scorso anno sono stati in tutto venti i ragazzi che hanno deciso di entrare in seminario per diventare sacerdoti. La Settimana vocazionale, come è ormai consuetudine, prevede incontri di preghiera, riflessione, formazione e, non ultimo, di svago. L’edizione 2014 è iniziata lo scorso 13 gennaio e vede la partecipazione di giovani che frequentano le ultime classi della scuola media superiore e di adulti che cercano aiuto per individuare il proprio cammino vocazionale. L’iniziativa è totalmente gratuita e viene finanziata da un gruppo consistente di donatori. Convinto sostenitore della Settimana è l’arcivescovo di Arequipa, mons. Javier Del Rio Alba, che si è detto soddisfatto per l’incremento delle vocazioni e per chi sceglie di servire Dio e il prossimo. Il Seminario di San Jerónimo, al suo quarto centenario di attività, è stato fondato nel 1619 dall'allora vescovo della città, mons. Pedro Perea Osa. (D. D.)

    inizio pagina

    A febbraio, Convegno nazionale teologico pastorale dell’Opera romana pellegrinaggi

    ◊   Dal 16 al 19 febbraio si svolgerà a Roma il XVI Convegno nazionale teologico pastorale dell’Opera romana pellegrinaggi (Orp). Il tema “Eucarestia, pane del pellegrino”, riporta l’agenzia Sir, mette in luce il profondo legame fra il pellegrinaggio e il centro della vita cristiana, l’Eucaristia. Ad aprire i lavori, la prolusione del cardinale Camillo Ruini, cui seguiranno le relazioni di mons. Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i congressi eucaristici internazionali, e di Andrea Gallo, ordinario di Teologia sacramentaria al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo. A conclusione della prima giornata, il cardinale Agostino Vallini, presidente dell’Orp, presiederà la Santa Messa. Il 18 interverranno padre Antonio Spadaro, direttore della rivista ‘Civiltà Cattolica’, e don Paolo Asolan, docente di Teologia pastorale alla Pontificia Università Lateranense. Il pomeriggio del 18 sarà dedicato ad una tavola rotonda e le conclusioni saranno a cura del vice presidente dell’Orp, mons. Liberio Andreatta. La celebrazione eucaristica finale del convegno verrà presieduta dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. (G.A.)

    inizio pagina

    Québec: festa per i 350 anni della Chiesa di Notre-Dame, più antico luogo di culto in Nord America

    ◊   Era il 15 settembre 1664 quando mons. François de Laval, primo vescovo del Canada e futuro Beato, erigeva la Chiesa di Notre-Dame del Québec, destinata ad essere il più antico luogo di culto cattolico del nord America. A distanza di 350 anni da quella data, i fedeli si apprestano a celebrare un Anno Giubilare. Inaugurato l’8 dicembre scorso dall’apertura della Porta Santa, il Giubileo si concluderà il 28 dicembre prossimo e sarà suddiviso in aree tematiche: fede, famiglia, storia, cultura, arte. I fedeli di tutte le comunità vengono, quindi, invitati a riflettere su ciascuno di questi argomenti. Obiettivo dell’evento è anche quello di risvegliare il senso religioso della popolazione: basti dire che nel 1965 il tasso di partecipazione alla Messa domenicale era pari all’85%, mentre a partire dagli anni ’90 è sceso al 35% e non accenna a fermarsi. Il contesto socio-culturale, inoltre, non è certo facile: il progetto della così detta “Carta dei valori”, documento che mira ad interdire l’esposizione dei simboli religiosi, compresa la croce cristiana, in tutti gli uffici pubblici, potrebbe provocare “un ateismo ufficiale”, come affermano i vescovi locali, i quali più volte hanno espresso la loro preoccupazione su tale progetto. Ma ci sono alcuni segnali positivi: come spiega Marie Chrétien, direttrice della Pastorale giovanile del Québec, “nel 2013, ci sono state 400 cresime, rispetto alle 20 degli anni ’90, perché le giovani generazioni non hanno pregiudizi e mostrano la voglia di aggrapparsi a valori sicuri”. Intanto, a partire dal 2007, sono state aperte numerose “Scuole di evangelizzazione – Sant’Andrea” (Eesa), riconosciute dalla Chiesa e dal governo locali. E cresce l’attesa per il Concistoro del prossimo 22 febbraio, in cui mons. Gérald Cyprien Lacroix, arcivescovo di Québec, verrà creato cardinale da Papa Francesco. (A cura di Isabella Piro)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 17

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.