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Sommario del 12/01/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa annuncia la nomina di 19 nuovi cardinali, di cui 16 elettori
  • Come cambia il Collegio cardinalizio, dopo l’annuncio di Papa Francesco
  • Il Papa battezza 32 bambini: trasmettete la fede, è l’eredità più bella
  • Il card. Sandri visita i profughi siriani in Libano e invoca la pace in Medio Oriente
  • Mons. Tomasi: aspettando “Ginevra 2”, la Santa Sede rafforza l’impegno per la pace in Siria
  • Nomina di Papa Francesco in Etiopia
  • Oggi in Primo Piano

  • Centrafrica nel caos. Allarme Unicef: rischio epidemie per i bambini
  • Iraq: 13 morti in un doppio attentato a Baghdad
  • Quattro anni fa il terremoto ad Haiti. Fondazione Rava: una tragedia dimenticata
  • Malaysia: vietato ai cristiani l'uso della parola "Allah". Il commento di Adname Mokrani
  • Verso un nuovo "Family Day". Migliaia in piazza a Roma a difesa della famiglia
  • Fondazione antiusura promuove decalogo contro gioco d'azzardo
  • 20 anni di “Nuovi Orizzonti”. Amirante: una storia di gioia e amore nelle periferie esistenziali
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Egitto: il capo dell’esercito Al Sisi pronto a candidarsi alle presidenziali
  • Libia: ucciso viceministro industria, nuovi scontri nel Sud
  • Pakistan: 6 morti in un agguato contro consigliere del premier
  • Siria: "Paesi amici" dell’opposizione riuniti a Parigi
  • E’ morto Arnoldo Foà, protagonista della cultura italiana
  • Spagna: campagna dei vescovi al fianco degli immigrati
  • Corea del Sud: la comunità cattolica festeggia 14 nuovi sacerdoti
  • Libano: i bambini aiutano i piccoli rifugiati della guerra in Siria
  • Filippine: volontari cattolici sostengono le ragazze madri contro l'aborto
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa annuncia la nomina di 19 nuovi cardinali, di cui 16 elettori

    ◊   All’Angelus, nella Festa del Battesimo del Signore, Papa Francesco ha annunciato la nomina di 19 nuovi cardinali, di cui 16 elettori e 3 arcivescovi emeriti. I sedici cardinali elettori verranno creati dal Papa nel Concistoro del 22 febbraio prossimo, festa della Cattedra di San Pietro. Gli arcivescovi residenziali, futuri cardinali, appartengono a 12 nazioni. Complessivamente, i 19 nuovi porporati provengono da 15 Paesi. Questi, ha detto il Papa, “rappresentano il profondo rapporto ecclesiale fra la Chiesa di Roma e le altre Chiese sparse per il mondo”. Prima dell’importante annuncio, il Pontefice aveva sottolineato che con la nascita di Gesù “è iniziato il grande tempo della misericordia” sulla Terra. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    I 16 futuri cardinali, annunciati all’Angelus da Papa Francesco, sono mons. Pietro Parolin, arcivescovo titolare di Acquapendente, segretario di Stato; mons. Lorenzo Baldisseri, Arcivescovo titolare di Diocleziana, segretario Generale del Sinodo dei Vescovi; mons. Gerhard Ludwig Műller, arcivescovo-vescovo emerito di Regensburg, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; mons. Beniamino Stella, arcivescovo titolare di Midila, Prefetto della Congregazione per il Clero; mons. Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster (Gran Bretagna); mons. Leopoldo José Brenes Solórzano, arcivescovo di Managua (Nicaragua); mons. Gérald Cyprien Lacroix, arcivescovo di Québec (Canada); mons. Jean-Pierre Kutwa, arcivescovo di Abidjan (Costa d’Avorio); mons. Orani João Tempesta, O.Cist., arcivescovo di Rio de Janeiro (Brasile); mons. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve (Italia); mons. Mario Aurelio Poli, arcivescovo di Buenos Aires (Argentina); mons. Andrew Yeom Soo jung, arcivescovo di Seoul (Corea); mons. Ricardo Ezzati Andrello, S.D.B., arcivescovo di Santiago del Cile (Cile); mons. Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso); mons. Orlando B. Quevedo, O.M.I., arcivescovo di Cotabato (Filippine); mons. Chibly Langlois, Vescovo di Les Cayes (Haïti).

    Insieme ad essi, ha detto il Papa, unirò ai membri del Collegio cardinalizio 3 arcivescovi emeriti, "che si sono distinti per il loro servizio alla Santa Sede e alla Chiesa". Si tratta di: Mons. Loris Francesco Capovilla, arcivescovo titolare di Mesembria, già segretario di Giovanni XXIII; mons. Fernando Sebastián Aguilar, C.M.F., arcivescovo emerito di Pamplona; mons. Kelvin Edward Felix, arcivescovo emerito di Castries, nelle Antille. Il Papa ha accompagnato questo annuncio con una preghiera:

    “Preghiamo per i nuovi Cardinali, affinché rivestiti delle virtù e dei sentimenti del Signore Gesù Buon Pastore, possano aiutare più efficacemente il Vescovo di Roma nel suo servizio alla Chiesa universale”.

    Prima dell’importante annuncio, il Papa aveva commentato il Vangelo domenicale soffermandosi sul passo in cui si narra che dopo il battesimo di Gesù da Giovanni nel Giordano, “si aprirono per lui i cieli”. Papa Francesco ha osservato che “se i cieli rimangono chiusi, il nostro orizzonte in questa vita terrena è buio, senza speranza”. Ma, ha commentato, proprio la nascita del Signore “ci ha dato la certezza che i cieli si sono squarciati”. E, così, nel giorno del battesimo di Cristo “contempliamo i cieli aperti”:

    “La manifestazione del Figlio di Dio sulla terra segna l’inizio del grande tempo della misericordia, dopo che il peccato aveva chiuso i cieli, elevando come una barriera tra l’essere umano e il suo Creatore. Con la nascita di Gesù i cieli si aprono! Dio ci dà nel Cristo la garanzia di un amore indistruttibile”.

    Ora possiamo dunque contemplare i cieli aperti, ha soggiunto, come hanno fatto i pastori di Betlemme e i Magi d’Oriente, come ha fatto il Battista e Santo Stefano, primo martire. Questo, ha ribadito il Papa, “è possibile anche per ognuno di noi, se ci lasciamo invadere dall’amore di Dio, che ci viene donato la prima volta nel Battesimo per mezzo dello Spirito Santo”.

    “Gesù riceve l’approvazione del Padre celeste, che l’ha inviato proprio perché accetti di condividere la nostra condizione, la nostra povertà. Condividere è il vero modo di amare. Gesù non si dissocia da noi, ci considera fratelli e condivide con noi. E così ci rende figli, insieme con Lui, di Dio Padre. Questa è la rivelazione e la fonte del vero amore”.

    “Non vi sembra – ha poi domandato il Papa – che nel nostro tempo ci sia bisogno di un supplemento di condivisione fraterna e di amore?”.

    “Non vi sembra che abbiamo tutti bisogno di un supplemento di carità? Non quella che si accontenta dell’aiuto estemporaneo che non coinvolge, non mette in gioco, ma quella carità che condivide, che si fa carico del disagio e della sofferenza del fratello. Quale sapore acquista la vita, quando ci si lascia inondare dall’amore di Dio!”.

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    Come cambia il Collegio cardinalizio, dopo l’annuncio di Papa Francesco

    ◊   Il Papa, informa padre Federico Lombardi, si è attenuto alla regola dei 120 elettori sotto gli 80 anni compiuti. Attualmente vi erano 13 posti “vacanti”, altri 3 rimarranno “vacanti” entro il prossimo mese di maggio. Perciò il Papa ha scelto 16 elettori. Dei 16 elettori, 4 sono membri della Curia e 12 sono arcivescovi o vescovi residenziali di Paesi tutti diversi fra loro. La distribuzione dei Presuli residenziali elettori è ben distribuita fra i diversi continenti: Europa 2, America del Nord e Centrale 3, America Meridionale 3, Africa 2, Asia 2. La scelta di cardinali del Burkina Faso e di Haiti, prosegue padre Lombardi, indica l’attenzione per i popoli provati dalla povertà. Sono stati scelti presuli residenziali anche da Sedi non tradizionalmente “cardinalizie” (ad esempio Perugia in Italia; Cotabato nell’Isola di Mindanao nelle Filippine). Fra i cardinali non elettori si nota la figura di mons. Capovilla, segretario di Papa Giovanni XXIII, che sarà canonizzato fra breve tempo nel 50.mo del Concilio Vaticano II. Il più anziano è proprio mons. Capovilla (98 anni), il più giovane mons. Langlois (55 anni).

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    Il Papa battezza 32 bambini: trasmettete la fede, è l’eredità più bella

    ◊   Trasmettete la fede a questi bambini. E’ la più grande eredità che lascerete loro. Così, Papa Francesco alla Messa stamani, nella Cappella Sistina, durante la quale ha impartito il Sacramento del Battesimo a 32 bambini, 18 bimbe e 14 bimbi. I piccoli sono stati battezzati dal Pontefice, nella Cappella Sistina, nel giorno in cui la Chiesa celebra la Festa del Battesimo del Signore. Questa è la prima volta per Papa Francesco. Tra i concelebranti anche il segretario di Stato, l’arcivescovo Pietro Parolin. Il servizio di Debora Donnini:

    Trasmettere la fede ai bambini che vengono battezzati. E’ questo il cardine dell’omelia a braccio di Papa Francesco che, nella splendida cornice della Cappella Sistina, ha impartito il Battesimo a 32 bambini:

    “Voi siete coloro che trasmettono la fede, i trasmettitori; voi avete il dovere di trasmettere la fede a questi bambini. E’ la più bella eredità che voi lascerete loro: la fede! Soltanto questo. Oggi portate a casa questo pensiero. Noi dobbiamo essere trasmettitori della fede. Pensate a questo, pensate sempre come trasmettere la fede ai bambini”.

    Gesù non aveva necessità di essere battezzato ma i primi teologi - ricorda nell’omelia - dicono che col suo corpo, con la sua divinità, nel Battesimo ha benedetto tutte le acque, perché avessero il potere di dare il Battesimo. Quindi, prima di salire al cielo Gesù “ci ha detto di andare in tutto il mondo a battezzare”, prosegue Papa Francesco. Da quel giorno fino ad oggi “questa è stata una catena ininterrotta”, che prosegue di generazione in generazione e “questi bambini sono l’anello di una catena”:

    “Voi genitori avete il bambino o la bambina da battezzare, ma tra alcuni anni saranno loro che avranno un bambino da battezzare, o un nipotino… E’ così la catena della fede!”.

    Nella Cappella Sistina si respira un'aria solenne e festosa e ogni tanto si sente qualche vagito:

    “Oggi canta il coro, ma il coro più bello è questo dei bambini, che fanno rumore… Alcuni piangeranno, perché non sono comodi o perché hanno fame: se hanno fame, mamme, date loro da mangiare, tranquille, perché loro sono qui i protagonisti”.

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    Il card. Sandri visita i profughi siriani in Libano e invoca la pace in Medio Oriente

    ◊   Una “supplica perché possa finalmente venire la pace e la riconciliazione” in Libano, in Siria e nel mondo intero: così il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha detto stamani nella sua omelia per la Messa presieduta nel Centro dei Padri Redentoristi a Zahle, nella valle della Bekaa. Da venerdì scorso, il porporato si trova in Libano, Paese che accoglie molti profughi provenienti dalla Siria, con l’obiettivo di esprimere la vicinanza e il sostegno della Sede Apostolica alla comunità cristiana provata dal conflitto nella regione. Ai fedeli presenti alla celebrazione, tra cui mons. Caccia, nunzio apostolico a Beirut, il card. Sandri ha portato la benedizione apostolica di Papa Francesco ed ha ricordato che “mettersi in cammino verso Dio significa compiere un passo di riconciliazione all’interno delle nostre famiglie, compiere un gesto di attenzione e accoglienza verso chi è più povero”. “E sappiamo bene – ha concluso il cardinale prefetto – quanti poveri stia ospitando il Libano in questo momento di guerra nella vicina Siria”. Dopo la celebrazione, il card. Sandri si è recato fino al rassemblement di profughi siriani di Mari el Khokh a Marjayoun, gestito dall’Associazione AVSI, dove ha portato un contributo per le opere di assistenza ai rifugiati. In programma anche una tappa nel villaggio di Maghdouché, nei pressi di Saïda, per una visita in forma privata al Santuario mariano di Sayidat Al-Mantara, Nostra Signora dell’Attesa, nome che allude al luogo in cui Maria aspettava Gesù in missione nella città di Sidone. Lì, è previsto un atto di affidamento alla Madre di Dio, recitato dal porporato con l’invocazione della protezione della Regina della pace sul Libano, la Siria e tutto il Medio Oriente. “Vogliamo continuare qui, oggi – si legge nell’atto di affidamento – la preghiera chiesta dal Santo Padre Francesco lo scorso 7 settembre e ripetere l’invocazione risuonata con forza quella sera: finisca il rumore delle armi! Vogliamo impegnarci tutti, dai responsabili delle nazioni fino ai più piccoli, ad essere uomini e donne di pace di riconciliazione”. La visita in Libano del prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali si concluderà, domani, con l’incontro con alcuni docenti e studenti dell’Università gestita dall’Ordine Antoniano Maronita. Il Santuario di Nostra Signora dell’Attesa, lo ricordiamo, custodisce un’antica grotta, profonda dodici metri e larga cinque, in fondo alla quale sono stati ricavati, nella roccia stessa, un altare e un’abside. La cavità naturale accoglie anche un’icona lignea della Madre di Dio, alla quale sono stati attribuiti molti miracoli. Fu poi Elena, madre di Costantino, a dare il via, nel IV secolo, alla costruzione del Santuario. Dopo un lungo periodo di abbandono, si deve al Giubileo del 2000 l’avvio dei lavori di ristrutturazione, ai quali contribuì economicamente anche Giovanni Paolo II. Oggi, il Santuario è circondato da un parco di 4 mila metri quadri, capace di accogliere numerosi pellegrini. (A cura di Isabella Piro)

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    Mons. Tomasi: aspettando “Ginevra 2”, la Santa Sede rafforza l’impegno per la pace in Siria

    ◊   Nel messaggio per il nuovo anno Papa Francesco ha ricordato che il mondo ha, sì, la "vocazione a formare una comunità composta da fratelli", ma questa è contrastata e smentita da una “globalizzazione dell’indifferenza". Mons. Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra, partendo dal tema della fraternità, si sofferma sulla guerra in Siria e gli impegni della nunziatura per il 2014. Gabriele Beltrami lo ha intervistato:

    R. - Oggi il pluralismo di culture, stili di vita, sistemi politici è più visibile. I mezzi di comunicazione portano anche nelle case di regioni remote l'evidenza dei modi diversi di vivere e l'aumento della pluralità umana ha portato anche in società culturalmente compatte la presenza di persone che non sono solo braccia lavoro, ma portatrici di religioni e tradizioni molto tipiche e molto distinte. Riaffermare che siamo una sola famiglia di Dio, che siamo fratelli diventa non solo un dovere di annunciare il messaggio del Vangelo, ma anche una necessità pratica per convivere in pace. La fraternità vissuta diventa condizione di pace e quindi di sviluppo e quindi di inclusione di tutti nei benefici e nei doveri che creano società sane e costruttive. L'intuizione di Papa Francesco di dare priorità alla fraternità - nel suo primo messaggio della Giornata mondiale della Pace - coglie nel segno: è il rimedio alla frammentazione sociale, agli egoismi e alle guerre in corso, che solo creano ingiustizia e sofferenza.

    D. - Come parlare di fraternità in un contesto come quello delle Nazioni Unite?

    R. - Alle Nazioni Unite e negli organismi intergovernativi internazionali la voce della Santa Sede ribadisce il valore della solidarietà che viene appunto dal fatto che ogni persona ha pari dignità e merita rispetto e aiuto. Perciò nella programmazione e formulazione di nuovi accordi, per esempio per un commercio equo o per la protezione di persone con handicap come gli ipovedenti, due nuovi accordi raggiunti in quest'anno che si è da poco concluso, la missione della Santa Sede a Ginevra si è attivata per sostenere delle conclusioni operative che beneficiano oggi milioni di persone.

    D. - La conferenza sulla Siria del 22 gennaio si avvicina: quali sono le prospettive sul tavolo?

    R. - La ricerca di pace nel Medio Oriente è un impegno di lunga data della comunità internazionale. La guerra in corso in Siria e l'esplosione di conflitti in Iraq e altrove obbligano a raddoppiare gli sforzi per mettere fine alla violenza e alle sofferenze di milioni di persone. La situazione è resa complessa dal sovrapporsi di interessi strategici per grandi Paesi, come la Russia e gli Stati Uniti; dal sovrapporti di competizione per una leadership politico-religiosa tra Iran e Arabia Saudita o tra sciiti e sunniti; e dal sovrapporsi, in questo già complesso panorama, dell'esigenza di semplice sopravvivenza per i cristiani della regione. Il primo e urgente passo da fare è di fermare la violenza e la distruzione in corso. Il Santo Padre Francesco ha fatto sentire chiara la sua voce per una giusta pace nel Medio Oriente e tra poco vi andrà di persona. Sul suo esempio, la Pontificia Accademia delle Scienze ha convocato un incontro di esperti e personalità religiose per riflettere e trovare delle raccomandazioni operative da offrire alla Conferenza delle Nazioni Unite che si dovrebbe tenere il prossimo 22 gennaio a Ginevra da parte di tutte le forze politiche coinvolte nel conflitto siriano.

    D. - Ci sono iniziative specifiche che la Nunziatura ha messo in agenda a margine dell'incontro?

    R. - Anche il Consiglio Ecumenico delle Chiese organizza in questi giorni - il 16 e 17 gennaio - un incontro di leader religiosi cristiani e musulmani per dare sostegno ai politici e per testimoniare l'urgenza della pace e mettere fine all'esodo forzato di milioni ormai di donne, uomini e bambini e all'eccidio di tante persone civili. La missione della Santa Sede a Ginevra è intervenuta sulla questione della Siria e continua a farlo proponendo il rispetto dell'uguaglianza di ogni cittadino con tutti i suoi diritti umani davanti allo Stato. Non è l'etnia o la religione a cui uno appartiene che deve dettare doveri e diritti, ma il rispetto della persona umana anzitutto. Su questa strada della cittadinanza uguale per tutti a lungo andare è possibile trovare pace e cooperazione in Medio Oriente.

    D. - Quali le urgenze da affrontare in questo 2014?

    R. - Anche il 2014 si prospetta un anno impegnativo sia per il lavoro regolare del Consiglio dei Diritti Umani e della Conferenza del Disarmo, sia per le esigenze umanitarie che i conflitti in corso in Africa e nel Medio Oriente stanno facendo emergere, per esempio le nuove ondate di rifugiati nella Repubblica Centrafricana e nel Sud Sudan. La presenza della Santa Sede è un po' la voce della coscienza. Prioritaria rimane la ricerca della pace, senza la quale non si può avere sviluppo economico e una vita normale e costruttiva. Altre preoccupazioni su cui siamo impegnati sono la libertà religiosa oggi, l'impiego dei giovani, la protezione dei bambini, il traffico di persone e le migrazioni. Partecipare in questo processo, come stimolo alla solidarietà vera, attua la fraternità che Papa Francesco annuncia.

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    Nomina di Papa Francesco in Etiopia

    ◊   In Etiopia, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale del Vicariato Apostolico di Soddo, presentata dal mons. Rodrigo Meija Saldarriaga, S.I., per sopraggiunti limiti d’età. Gli succede mons. Tsegaye Keneni Derara, Coadiutore del medesimo Vicariato Apostolico.

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    Oggi in Primo Piano



    Centrafrica nel caos. Allarme Unicef: rischio epidemie per i bambini

    ◊   Centrafrica sempre più nel caos, con violenze diffuse nella capitale Bangui. Intanto, l'ex presidente ad interim, Michel Djotodia, ha lasciato il Paese per il Benin, dove intende rimanere in esilio. Dal canto suo l'Unicef denuncia che “sono presenti tutti gli elementi per uno scoppio potenziale di epidemie per i bambini”. A Bangui è in corso una campagna di vaccinazioni d’emergenza, con l’obiettivo di raggiungere oltre 210 mila bambini sfollati a rischio. Vincenzo Vinci, dell'Unicef, racconta l’iniziativa al microfono di Antonella Pilia:

    R. – Sono presenti attualmente più di 900 mila sfollati, metà dei quali sono localizzati a Bangui in 65 differenti siti. Ci sono tutti gli elementi per uno scoppio potenziale e mortale di malattie, perché i campi dove si trovano questi sfollati sono seriamente sovraffollati e vi è un numero esiguo di persone che hanno accesso a risorse idriche e igienico-sanitarie. In questo contesto, l’obiettivo principale dell’Unicef è quello di fornire le vaccinazioni di morbillo e di poliomielite ai bambini dai 6 mesi ai 15 anni, proprio per evitare epidemie e accompagnare le vaccinazioni con somministrazioni di vitamina A e di vermifughi. Inoltre cerchiamo di approfittare di questo momento, in cui si è a contatto con i bambini, per fare degli accertamenti sulle condizioni nutrizionali dei bambini e, se fosse necessario, riferire questi dati ai centri di terapia intensiva.

    D. – Quali sono i rischi maggiori per i bambini?

    R. – Attualmente sono stati accertati sette casi di morbillo, tre dei quali presso l’aeroporto di Bangui, dove si trovano circa 100 mila persone scappate dalle violenze. E’ chiaro che, al di là del pericolo potenziale di contrarre queste malattie, i problemi si estendono anche al pericolo di un trauma psicologico legato alle violenze degli ultimi mesi. Da questo punto di vista, l’Unicef offre attività ricreative per i bambini per distrarli dalla cruda realtà.

    D. – Quanto durerà questa campagna di vaccinazioni?

    R. – Essendo iniziata il 3 gennaio, un paio di settimane dovrebbero bastare. Ovviamente, tutto dipenderà dall’evoluzione della sicurezza che si presenta a Bangui e anche dal tipo di accesso che il personale umanitario avrà sul terreno.

    D. – Voi siete ottimisti riguardo a una rapida risoluzione della crisi?

    R. – Non perdiamo mai la speranza. Siamo lì per fornire un servizio, per affiancare i bambini e le donne della Repubblica Centrafricana e collaborare con le istituzioni che si troveranno nel Paese. Vorrei sottolineare che in un periodo come questo, il Centrafrica deve essere nell’agenda ma, soprattutto, nel cuore delle persone, perché è stato dimenticato e ha bisogno anche del nostro aiuto.

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    Iraq: 13 morti in un doppio attentato a Baghdad

    ◊   Nuova escalation di violenze in Iraq. Almeno 13 persone hanno perso la vita in due distinti attentati dinamitardi avvenuti stamani a Baghdad. È salito invece ad oltre 300 morti il bilancio dei combattimenti tra l’esercito e le milizie di Al Qaeda, che proseguono da oltre dieci giorni nella provincia Al Anbar. Il servizio di Marco Guerra:

    Nel mirino dei terroristi oggi sono finite due affollate stazioni degli autobus di Baghdad, una nel centro della capitale e l’altra alla periferia Nord della città. Simili le dinamiche degli attacchi condotti entrambi con autobomba. Intanto, nella provincia occidentale di Al Anbar proseguono i combattimenti tra l’esercito e le milizie sunnite filogovernative da una parte e i militanti qaedisti dello "Stato islamico del Levante" dall’altra. Secondo un Ong, dopo dieci giorni di scontri, sono rimasti sul terreno 370 morti, 73 dei quali civili, compresi 21 bambini. Migliaia di famiglie stanno tornando verso le loro case nelle città di Falluja e Ramadi, dove le forze di sicurezza locali hanno ripreso il controllo dei punti strategici dei centri abitati, precedentemente occupati dai terroristi. L'esercito nazionale, schierato intorno alle due città, preferisce per il momento evitare un attacco su vasta scala che rischierebbe di provocare ulteriori gravi perdite tra i civili. Forze tribali filo governative sostengono di avere il controllo di gran parte delle zone urbane, ma la situazione resta instabile anche in altre parti della provincia, soprattutto al confine con la Siria. Dal canto suo, il premier al Maliki ha invitato tutti i sunniti a schierarsi con il governo perché, ha detto, “Al Qaeda non risparmia alcun iracheno”.

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    Quattro anni fa il terremoto ad Haiti. Fondazione Rava: una tragedia dimenticata

    ◊   Sono trascorsi 4 anni da quel terribile terremoto che distrusse Haiti, causando 230 mila morti ed oltre un milione di sfollati. Una tragedia immane, a cui sono seguiti anche due uragani. Tutto questo ha minato la già fragile economia dell’isola e ha causato numerose epidemie di colera. Una crisi dimenticata, quella haitiana, che però interroga le coscienze su questo piccolo Paese caraibico, che ancora oggi vive una tragedia infinita. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    12 gennaio 2010. Alle 16.53 Haiti apre le porte all’inferno. Un terremoto di magnitudo 7.0 devasta l’isola caraibica, causando oltre 220 mila morti ed un milione di sfollati. La capitale Port au-Prince è ridotta ad un cumulo di macerie; migliaia di corpi senza vita giacciono nelle strade per giorni. Peggio ancora la situazione nelle altre città, nei villaggi, raggiunti dai soccorsi solo dopo molte settimane. Il sisma, infatti, ha fatto crollare ponti, strade, gallerie. Ha reso inagibili chilometri e chilometri di strade. Ha causato decine di frane. E a peggiorare la situazione due uragani devastanti. Alle macerie, alle vittime del terremoto, alle migliaia di orfani che vagano per le strade senza meta, si aggiungono centinaia di morti causati dal colera. Quello che è già il Paese più povero del mondo, si trova a dover fronteggiare una tragedia immane, difficilmente gestibile con le proprie forze. Scatta una gara di solidarietà internazionale che, però, non riesce a rimettere in piedi il Paese. Oggi, infatti, a 4 anni di distanza, Haiti è e resta un cumulo di macerie. L'inferno è ancora lì.

    Sulle difficoltà che ancora oggi vive Haiti, a distanza di 4 anni dal terremoto, Salvatore Sabatino ha intervistato Maria Vittoria Rava, presidente della Fondazione Francesca Rava, NPH Italia Onlus, presente sull’isola da oltre 27 anni, con una serie di progetti destinati ad aiutare lo sviluppo della popolazione haitiana:

    R. - La situazione è sempre difficilissima! E’ difficile anche descriverla a parole, perché soltanto venendo qui ci si può rendere conto di come in questo angolo del mondo ci sia soltanto immondizia, soltanto distruzione e soltanto disperazione. Non c’è cambiamento, nel senso che le persone che hanno perso la casa sono ancora senza casa: vivono nelle loro tende, in baracche… Non c’è stata una ricostruzione del Paese!

    D. - Ricordiamo tutti la gara di solidarietà internazionale scattata all’indomani del sisma: ha poi portato qualche risultato o sono state solamente promesse, poi non mantenute?

    R. - Quello che posso dire è che - per esempio - nel nostro caso ciò che è stato raccolto è stato messo a buon fine, ma immediatamente: non abbiamo dovuto aspettare anni. Ha dato frutti dei quali io stessa mi stupisco ogni volta che vado: migliaia e migliaia di bambini aiutati ogni giorno, bambini che sono rimasti orfani dopo il terremoto e che avrebbero probabilmente vissuto per strada, senza alcun aiuto. In generale c’è stato sicuramente qualche meccanismo che non ha funzionato bene. Non sono io a doverlo dire, perché noi siamo una "piccola pedina", ma con tutti i soldi che sono stati raccolti e suddivisi pro capite per gli otto milioni di abitanti di Haiti si sarebbe potuto fare qualcosa di più: anzi molto di più! Per questa popolazione che lo merita, lo merita assolutamente perché hanno voglia di fare: quando tu dai loro una chance, un lavoro, sanno veramente dare il massimo e recuperare. Lo vedo nei ragazzi che conosco e che seguiamo con le borse di studio. E’ incredibile, è commovente: ogni volta torno a casa e penso: “Abbiamo fatto molto poco!”.

    D. - Le emergenze maggiori riguardano purtroppo, ancora oggi, i bambini: voi come intervenite nel concreto su questo fronte?

    R. - I nostri progetti si concentrano proprio sui bambini anche perché c’è un’altissima malnutrizione, che è ancora la prima causa di mortalità. Manca l’acqua, manca l’igiene, manca l’acqua potabile. Abbiamo un centro anticolera - che è nato dopo la prima epidemia - che accoglie 20 mila pazienti l’anno ed è sempre pieno ovviamente di bambini, che sono i più fragili e i primi a morire se non sono reidratati. E ogni pioggia aumenta questa epidemia… Abbiamo poi l’Ospedale pediatrico Saint Damien, che - e questo non è assolutamente un vanto, ma purtroppo è una realtà - è l’unico ospedale pediatrico dell’isola, nel quale passano 80 mila bambini l’anno: chi ricoverati, chi per un day hospital, chi per le emergenze, chi per gli interventi chirurgici, chi per le cure oncologiche, che non esistono nel Paese. Abbiamo un reparto maternità e neonatologia - nato proprio dopo il terremoto, perché sono crollate le poche cliniche che esistevano - che è diventato un punto di riferimento nel Paese. Ma ancora qui è bellissimo il frutto del nostro lavoro fatto da professionisti anche dell’Ospedale Buzzi di Miliano, dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, dell’Ospedale Del Ponte di Varese: professionisti italiani che hanno dato tutti il loro know how per farlo. Ma questo non dovrebbe essere un vanto, dovrebbe essere uno stimolo a farne altri di Ospedali Saint Damien. E poi abbiamo gli orfanatrofi a Kenscoff; vicino all’Ospedale Saint Damien e poi a Saint Louis la Baby House S. Anne, dove accogliamo in modo permanente circa 2.000 bambini che sono senza famiglia, che sono lì da noi e che vivono nelle nostre case, circondati dall’amore e dalla gioia, dove ricevono un’educazione e una alimentazione corretta grazie alle adozioni a distanza di tantissimi "padrini" che, per esempio, questo Natale hanno scelto di fare le vacanze lì.

    D. - La Fondazione Rava è in prima linea nell’aiuto alla popolazione haitiana, però non è nemmeno da sottovalutare che voi date anche lavoro ad oltre 1.600 haitiani…

    R. - Sì! Questa è la parte in assoluto più bella e che ogni volta commuove anche me! Questo noi lo facciamo a Francisville con "La Città dei Mestieri", dove insegniamo i mestieri ai ragazzi e dove andiamo anche a dormire quando siamo ad Haiti: è un piccolo "hotel", che si chiama "Villa Francesca", dove tutti noi dormiamo, pagando 25 dollari al giorno. Ci sono i ragazzi di strada che lavorano come camerieri, come ristoratori e vengono pagati. Ci sono tanti modi per dare loro un lavoro! Questo Natale ho pranzato con alcuni ragazzi che alcune persone generose dell’Italia hanno deciso di sostenere con delle borse di studio all’università… Tante volte uno è commosso dai bambini più piccoli, che sono anche la maggioranza in Haiti, proprio perché la mortalità è tanto alta e l’abbraccio di un bimbo piccolo ti conquista per sempre; ma anche avere davanti un ragazzo di 20 anni, con questi sguardi che nascondono storie incredibili… Hanno perso magari tutta la famiglia nel terremoto e ancora hanno voglia di combattere, di impegnarsi. Si sono iscritti all’università passando test che - in Italia ci si lamenta della difficoltà dei test... - qui in Haiti sono ancor più difficili, perché esistono pochissimi posti alla Facoltà di Medicina nell’Università di Haiti. Ecco, loro hanno voluto fare questo, scegliere una strada difficile e quando ho chiesto: “Ma come sono gli esami? Sono difficili? Fai fatica?”, perché anche le loro condizioni di vita sono sempre difficili, non è che hanno poi la poltrona per rilassarsi alla sera… Mi hanno detto: “No! Io sto perseguendo il mio sogno. Tutto, da quando sono entrato in università, è soltanto una strada in discesa!”.

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    Malaysia: vietato ai cristiani l'uso della parola "Allah". Il commento di Adname Mokrani

    ◊   Padre Lawrence Andrew, sacerdote malaysiano e direttore del giornale cattolico “Herald”, settimanale diocesano di Kuala Lumpur, è indagato dalla giustizia malaysiana e rischia di essere incriminato e processato per “sedizione”. Un’accusa legata all’utilizzo da parte dei cattolici della parola “Allah” per riferirsi a Dio. Il servizio è di Filippo Passantino:

    Secondo la Chiesa locale, 109 denunce sono state depositate contro di lui, per aver affermato in un articolo sul numero di “Herald” del 27 dicembre che i fedeli cattolici hanno il diritto di continuare a utilizzare la parola “Allah” per riferirsi a Dio. Nell’articolo, padre Lawrence Andrew citava una preghiera cristiana di oltre cent’anni fa, in lingua malese, in cui si usava il nome “Allah”, vietato ai cattolici da una sentenza della Corte d’appello locale nel 2003. Episodio che riaccende i riflettori in Malaysia sulla disputa sull'uso del termine “Allah” da parte dei non-musulmani. Ne abbiamo parlato con l’islamologo e docente di esegesi coranica della Pontificia Università Gregoriana, Adname Mokrani:

    R. – La parola ‘Allah’ non è una parola tipicamente islamica; è una parola araba che vuol dire ‘Dio’. E dunque, era usata già prima dell’esistenza del profeta Mohammed, prima del Corano, e in Arabia è usata anche in tutte le traduzioni bibliche in arabo, lungo la storia. Un’altra cosa: i musulmani non arabi usano altre parole. Per esempio i cristiani indiani usano ‘Hoda’, anche in urdu, che significa ‘Dio’; anche in diverse lingue occidentali, nelle traduzioni del Corano si dice ‘Dio’, ‘God’ in inglese, ‘Dieu’ in francese … E dunque, questa sacralizzazione della parola ‘Allah’, e renderla proprietà privata di una comunità religiosa, mi sembra assurdo perché contraddice la storia, la diversità culturale nel mondo islamico e nel mondo.

    D. – Su padre Lawrence gravano 109 denunce: su quali fondamenta possono poggiarsi queste accuse?

    R. – Secondo me, l’unico fondamento è l’ignoranza: l’ignoranza della storia, l’ignoranza della cultura araba. E’ condurre battaglie inutili per disturbare, per creare un clima di tensione, e questa non è altro che l’opera del fondamentalismo.

    L’apertura di una indagine su padre Andrew giunge dopo un altro episodio: il recente sequestro di oltre 300 Bibbie, poi restituite, da parte della polizia nello Stato di Selangor, perché usano la parola Allah.

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    Verso un nuovo "Family Day". Migliaia in piazza a Roma a difesa della famiglia

    ◊   Migliaia di persone hanno preso parte ieri pomeriggio a Roma alla manifestazione in difesa della famiglia naturale e della libertà di pensiero promossa da “La Manif pour tous Italia” contro l’approvazione della Legge Scalfarotto sull’omofobia, in corso di discussione in Parlamento. Numerose le famiglie presenti così come le associazioni cattoliche e non. Dal palco l’annuncio di una mobilitazione europea in difesa della famiglia il prossimo 2 febbraio e di un'imminente convocazione di un nuovo Family Day. Il servizio di Paolo Ondarza:

    Si sono dati appuntamento in migliaia a Roma per ribadire quanto già scritto nella Costituzione: la libertà di pensiero e di opinione e la famiglia naturale. Due principi oggi messi a rischio – spiega la “Manif pour tous” – dal progetto di Legge Scalfarotto contro l’omofobia. In piazza esponenti di associazioni laiche e di varie religioni, così come persone con orientamento omosessuale che non si riconoscono nell’ideologia del gender. Ascoltiamo alcune testimonianze:

    R. - Non è una battaglia ideologica! Non ce l’abbiamo con nessuno, ma difendiamo un sacrosanto diritto che un bambino debba crescere con un babbo e una mamma, perché il suo sviluppo sia sereno e sia armonico. Qui c’è di mezzo veramente il bene della società.

    D. – Perché oggi la famiglia è in pericolo?

    R. – La famiglia è in pericolo, perché è in pericolo soprattutto il rispetto di tutto ciò che esiste dell’idea stessa di natura umana, dell’idea stessa che esista una realtà da rispettare, un Creato da rispettare.

    R. – Non vogliamo che ci venga tappata la bocca per esprimere quello che noi pensiamo essere la società naturale, su cui è fondato il Paese, cioè la famiglia!

    D. – E oggi è in pericolo?

    R. – Se passa la Legge Scalfarotto sicuramente sì!

    R. – Siamo qui con i bambini, perché si pensa che sia la testimonianza migliore per dire il nostro “Sì!” alla famiglia naturale.

    D. – E oggi perché c’è bisogno di dirlo?

    R. – Perché purtroppo viene messa in discussione questa legge naturale. Non importa essere cattolici o credere in Dio, è la nostra natura che lo dice, che da un uomo e da una donna nascono i figli, non da due uomini o da due donne…

    R. – Chesterton diceva: “Sguaineremo le spade per dire che l’erba è verde, che le foglie sono verdi in estate”. E noi siamo qui per dire queste cose. Probabilmente 30 anni fa nessuno avrebbe immaginato di dover scendere in piazza per dire che si nasce maschi o femmine e non "neutri". E noi siamo qui per dire questo!

    R. – Noi siamo qua proprio per dire che tutte le persone non devono essere discriminate, però non deve essere discriminata neanche la famiglia, appunto tra uomo e donna, che è il futuro della società.

    R. – La famiglia non è naturale, tradizionale o nuova: la famiglia è famiglia! Uomo, donna; padre, madre e bambini. Punto!

    “Questa piazza vuol dire che l’Italia è delle famiglie” ha detto il presidente del Forum delle associazioni familiari, Francesco Belletti:

    “Segnaliamo al Paese, con le famiglie in piazza, che c’è un rischio grande di democrazia. E’ apparentemente una battaglia di civiltà quella della legge contro l’omofobia: di fatto rischia di essere una legge liberticida! E a noi sta troppo a cuore il bene comune del Paese per stare zitti!”.

    Presenti anche esponenti del mondo politico. Per Eugenia Roccella del "Nuovo Centrodestra" sono maturi i tempi per un nuovo Family Day:

    R. - Questa è una piazza già sorprendente, perché è una piazza del tutto spontanea e che prefigura nuove mobilitazioni. Quindi io penso che sia – come dire – un riscaldamento in preparazione di un nuovo appuntamento che ormai sarà necessario, di un nuovo grande Family Day.

    D. – Questa presenza massiccia di persone, di tutte le fasce d’età: sono qui per opporsi anche ad una visione che spesso viene data dell’Italia, come Paese retrogrado…

    R. – Non c’è un’urgenza omofobia... La verità è che dicono questo perché vogliono dare l’idea – appunto – di un Paese arretrato, che deve guadagnare in termini di civiltà, perché deve introdurre leggi che negli altri sono state già introdotte. Ma, prima di tutto, bisogna vedere che cosa hanno prodotto queste leggi in altri Paesi: hanno prodotto disgregazione sociale, fine della famiglia e problemi di welfare, perché la famiglia si assume compiti che altrimenti deve assumersi lo Stato, con costi sociali ed economici forti. Noi non parliamo – come alcuni – di anomalia italiana, ma vogliamo difendere invece quella che Giovanni Paolo II chiamava “l’eccezione italiana”: tutta in positivo e non in negativo, come vogliono farci credere.

    Intanto la “Manif pour Tous” annuncia una grande mobilitazione simultanea in varie capitali europee il prossimo 2 febbraio.

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    Fondazione antiusura promuove decalogo contro gioco d'azzardo

    ◊   Un decalogo di denuncia contro il gioco d’azzardo. L’iniziativa nasce a Genova per contrastarne la diffusione della dipendenza. La proposta è stata lanciata da mons. Marco, Granara - presidente di una Fondazione antiusura - che chiede alla politica di modificare la normativa in materia. Il servizio è di Filippo Passantino:

    Stop alle campagne pubblicitarie ingannevoli, cure da parte dello Stato per gli ammalati e dipendenti dal gioco come per altre malattie o dipendenze sociali. Sono alcune delle proposte inserite nel decalogo contro il gioco d’azzardo stilato dal presidente della fondazione antiusura Santa Maria del Soccorso della diocesi di Genova, mons. Marco Granara, assieme ai suoi collaboratori:

    “Gli obiettivi sono quelli, ancora una volta, di ripartire da una sensibilizzazione popolare. Questo fenomeno sta dilagando, e non é solo un fenomeno strettamente economico, ma anche un fenomeno di rovina morale, per le coscienze, per le famiglie, per le singole persone, che diventano compulsive del gioco, e che davvero s’inguaiano al punto da rovinarsi economicamente ed anche fisicamente”.

    Alla fondazione si rivolge chi ha speso gran parte dei propri risparmi in “gratta e vinci”, ma anche chi ha bruciato nel gioco grandi somme in poco tempo. Per loro la fondazione ha avviato alcune iniziative di sostegno.

    R. - Come fondazione antiusura, di per sé, non sarebbe il nostro mestiere quello di contrastare specificamente l’azzardo. In questi ultimi tempi, però, sono sempre di più coloro che arrivano ad avere dei guai familiari enormi, per un utilizzo sbagliato del denaro nel gioco. Abbiamo diversi casi drammatici di persone che ormai sono compulsive, cioè gente che non ce la fa più, dei veri e propri malati del gioco. E’ arrivato un signore e mi ha detto: “O lei mi aiuta o io mi amazzo!”; un uomo dignitoso, un uomo con una sua attività in proprio, un uomo con una rendita notevole. “Mi sono già giocato due appartamenti e la settimana scorsa ho imbonito mia madre, di 85 anni, con mille frottole; mi ha prestato 8 mila euro e me li sono giocati in mezz’ora”. Questo è un caso arrivato da poco. La signora e il signore con due redditi, senza figli, che hanno 24 mila euro di debito per il “gratta e vinci”. Non possiamo dare soldi in una voragine di questo genere, quando poi vengono subito bruciati.

    D. - Voi questi casi come li affrontate?

    R. – Noi li ascoltiamo e quando è conclamato che c’è di mezzo il gioco, l’azzardo, ovviamente interveniamo sul fronte economico; se ci sono delle forme compulsive prendiamo contatto con i nostri amici e collaboratori, soprattutto psichiatri, che mettono insieme gruppi di auto-aiuto, come esistono per gli alcolisti o per chi dipende dalle sostanze stupefacenti. Ci sono nuovi gruppi che stanno sorgendo con fatica, ovviamente, perché ci vogliono anche competenze e specializzazioni, per recuperare la persona alla sua dignità, alla sua libertà. Non è una cosa semplice. Noi ci orientiamo in questo senso e siamo in contatto con queste persone, caso per caso. Certamente non eroghiamo quattrini, in questa materia.

    Il decalogo nelle intenzioni degli autori è anche un invito alla politica a modificare la normativa che regola i giochi.

    “La meta è quella di arrivare ad una legge quadro, in qualche maniera, che riordini tutta la materia e che faccia in modo che i soldi che entrano allo Stato non siano soldi malavitosi, alla fine dei conti, avendo essi effetti indiretti pazzeschi”.

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    20 anni di “Nuovi Orizzonti”. Amirante: una storia di gioia e amore nelle periferie esistenziali

    ◊   La Comunità Nuovi Orizzonti, fondata da Chiara Amirante, celebra 20 anni di vita assieme agli esclusi del “popolo della notte”. L’impegno della Comunità si dispiega oggi su vari fronti: 207 centri residenziali di accoglienza, 5 “Cittadelle Cielo”, oltre 350 mila “Cavalieri della Luce” impegnati a portare la rivoluzione dell’amore cristiano nel mondo. Nell’occasione si tiene oggi al Teatro Don Orione di Roma una Giornata di festeggiamenti. Domani, inoltre, esce il nuovo libro della fondatrice “E gioia sia!”, edito da Piemme. Su questo traguardo dei 20 anni di “Nuovi Orizzonti”, Alessandro Gisotti ha intervistato Chiara Amirante:

    R. – Se mi guardo indietro, davvero, non posso fare altro che contemplare dei miracoli straordinari e meravigliosi che il Signore ha operato per questo "popolo della notte", il popolo dei piccoli e dei poveri, che il Signore mi ha donato di conoscere, di avere un po’ come famiglia, in questi anni. Mi ricordo questo senso di impotenza, la prima volta che sono entrata negli inferi di chi vive in strada di notte e poi questa certezza: l’amore fa miracoli perché Dio è amore e davvero non avrei mai immaginato di vedere questi miracoli così incredibili. Ecco: il sentimento è di gioia e naturalmente di gratitudine per questo essere ogni giorno sorpresi dai miracoli sempre nuovi che opera Colui che fa nuove tutte le cose!

    D. – La tua esperienza, come quella di “Nuovi Orizzonti” d’altronde, ha per centro le periferie esistenziali. Che effetto fa avere un Papa che ripete così frequentemente la necessità di andare in periferia?

    R. – Chiaramente, è una gioia immensa perché avendo percorso le periferie per tanti anni, più di una volta mi è venuto da dire: “Ma, i cristiani dove sono?”; tanto più è quindi cresciuta in me la consapevolezza che oggi è urgente andare là dove ci sono i poveri, i più disperati: non ci sono solo i poveri materiali; oggi c’è una povertà che è più quella dell’anima, e troppe volte anche chi ha tutto, secondo i canoni del mondo, ti accorgi che ha invece un senso profondo di tristezza, di solitudine, di vuoto, a volte anche di disperazione …

    D. – Per questo 20.mo di "Nuovi Orizzioni", esce il tuo libro “E gioia sia!” Quale messaggio racchiude?

    R. – Racchiude proprio il messaggio-cuore da cui è nato “Nuovi Orizzonti”: la scoperta che tutti siamo chiamati alla gioia piena e che Colui che ci ha creato, l’Emmanuele, il Dio-con-noi, è venuto per rivelarci il segreto della gioia. Ho cercato, in questo libro, di riassumere un po' alcuni piccoli segreti che ho visto essere importanti un po’ per tutti, anche per chi non ha fede, per riuscire a vivere questo percorso verso quella gioia piena a cui siamo chiamati, ed arrivare ad una gioia che resiste anche alle situazioni più difficili che la vita ci propone.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Egitto: il capo dell’esercito Al Sisi pronto a candidarsi alle presidenziali

    ◊   Il ministro della Difesa e comandante in capo dell'esercito egiziano, Abdel Fattah Al Sisi, si candiderà alle prossime elezioni presidenziali “se il popolo lo chiederà e se l'esercito gli darà il mandato”. L’annuncio è stato fatto dal generale ieri, a tre giorni dal referendum sulla nuova Costituzione che mette al bando i partiti di matrice confessionale. Abdel Al Sisi è il protagonista della destituzione, avvenuta lo scorso 3 luglio su forte pressione popolare, del presidente Mohamed Morsi dei Fraatelli Musulmani. Al momento è considerato l’uomo forte dell’Egitto e gode di un largo sostegno nell’opinione pubblica. Dopo la deposizione nel 1952 di re Faruq, nel Paese nordafricano diversi esponenti dell’esercito hanno ricoperto il ruolo di capo dello Stato: Naguib, Nasser, Sadat e Mubarak. (M.G.)

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    Libia: ucciso viceministro industria, nuovi scontri nel Sud

    ◊   Non c’è pace in Libia. Il viceministro dell'Industria Hassan Al-Droui è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco a Sirte, 500 km a Est di Tripoli. L’uomo è stato colpito nella notte, mentre era alla guida della sua auto, da un gruppo di uomini armati che, secondo le autorità, farebbero parte delle milizie dell’integralismo islamico. Si tratta del primo assassinio di un membro del governo di transizione, dopo la caduta di Muammar Gheddafi ad ottobre 2011. Droui era un ex membro del Consiglio nazionale, braccio politico della ribellione che ha rovesciato il regime del dittatore deposto. E nuove violenze si registrano anche nel Sud del Paese, dove è di almeno 19 morti e 20 feriti il bilancio provvisorio di scontri tra tribù rivali, i Toubus e gli Awled Sleiman. (M.G.)

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    Pakistan: 6 morti in un agguato contro consigliere del premier

    ◊   Sei agenti di polizia sono morti in un duplice attentato compiuto contro il convoglio che scortava il consigliere del premier pahistano Nawaz Sharif, Ameer Muqam, che è rimasto però illeso. L'attentato contro Muqam, ex parlamentare ed autorevole esponente del partito di governo Pml-N, è avvenuto con due ordigni esplosi a poca distanza l'uno dall'altro nel distretto di Shangla della provincia di Khyber Pakhtunkhwa. (M.G.)

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    Siria: "Paesi amici" dell’opposizione riuniti a Parigi

    ◊   Si è aperta questa mattina a Parigi la riunione degli "Amici della Siria", gli undici Paesi che appoggiano la coalizione dell'opposizione siriana, in presenza del presidente della Coalizione nazionale siriana Ahmad Jarba. Al vertice nella capitale francese, su invito del ministro degli Esteri ospite, Laurent Fabius, sono presenti i capi delle diplomazie di Usa, Regno Unito, Germania, Italia, Turchia, Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi Uniti e Qatar. L’incontro è volto a discutere la partecipazione, ancora incerta, dell'opposizione alla conferenza di pace sulla Siria, ‘Ginevra-2’, che si terrà a partire dal 22 gennaio in Svizzera. Intanto, la responsabile Onu per gli affari umanitari, Valerie Amos, ha espresso oggi forti preoccupazioni per le comunità in Siria isolate da mesi di guerra tra le forze governative e quelle dei ribelli. Secondo alcune stime delle Nazioni Unite, sono oltre 250 mila siriani che si trovano intrappolati in “aree assediate o di difficile accesso”. Infine assume proporzioni drammatiche lo scontro tra ribelli laici e miliziani jihadisti: secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, nei combattimenti dal 3 all'11 gennaio sono stati circa 700 gli uccisi da una parte e dall'altra nel Nord del Paese. (M.G.)

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    E’ morto Arnoldo Foà, protagonista della cultura italiana

    ◊   E' morto ieri a Roma, all’età di 97 anni Arnoldo Foà. Grande protagonista della cultura del '900, attore di teatro, di cinema, tv, regista, ma anche scultore, pittore e poeta, era nato a Ferrara, da famiglia ebrea, il 24 gennaio 1916. “Con Arnoldo Foà – afferma in un messaggio il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – scompare una figura esemplare di artista, di interprete della poesia e del teatro, animato da straordinaria passione civile e capace di trasmettere emozioni e ideali al pubblico più vasto". "Desidero rendere omaggio - prosegue Napolitano - alla sua lunga fatica, al suo forte senso di attaccamento ai valori democratici della nostra Repubblica, e ricordare con animo commosso le molteplici occasioni di incontro e di profonda sintonia che mi hanno legato a lui”. I funerali di Foà si terranno domani in Campidoglio, dove era stato festeggiato per i suoi 95 anni. (A.G.)

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    Spagna: campagna dei vescovi al fianco degli immigrati

    ◊   Una vasta campagna di sensibilizzazione nazionale ispirata dalle parole e dai gesti di Papa Francesco verso gli immigrati e i rifugiati. La Conferenza episcopale spagnola ha deciso di celebrare così il centenario della prima Giornata mondiale dei migranti lanciata esattamente un secolo fa da Benedetto XV, e che quest’anno è intitolata “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore”. “Ha100do un mondo mejor”, (“Per un mondo migliore”) è lo slogan della campagna, formato da un gioco di parole e cifre con il gerundio del verbo spagnolo “hacer” - fare - e la cifra “cien” – cento. “Papa Francesco va avanti e stimola il nostro impegno , non solo con le sue parole, ma anche con la sua testimonianza di vita”, scrivono i vescovi nel messaggio per l’occasione, ricordando che una delle sue prime visite fuori Roma è stata l’isola di Lampedusa, “l’immagine più emblematica della continua tragedia di tanti immigrati che lasciano la loro vita nel mare o per strada”. I presuli propongono quindi diversi suggerimenti per “applicare” il messaggio di Papa Francesco alle sfide dell’immigrazione in Spagna, sottolineando come essa sia anche una nuova occasione per evangelizzare e ricordando altresì come in questi cento anni la Chiesa sia sempre stata accanto ai migranti: “Vogliamo continuare ad essere con loro - scrivono - condividendo le loro gioie e speranze, le loro tristezze e angustie e offrendo l’amore e il dinamismo liberatore che nascono da Cristo e dal suo Vangelo”. Oltre al messaggio e a quello di Papa Francesco per la Giornata, che si celebrerà il 19 gennaio, la Conferenza episcopale ha inserito nel proprio sito diversi sussidi liturgici e materiale informativo. Inoltre, è stato messo in Rete un video dal titolo “Un solo cuore”. Il video invita tutti a riflettere sull’immagine stereotipata del migrante come una minaccia. Quello che occorre, è la conclusione dello spot, è passare da una cultura dello scarto e del rifiuto evocato da Papa Francesco ad un atteggiamento che ponga le basi per “una cultura dell’incontro, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno”, un mondo, appunto, migliore. (L.Z.)

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    Corea del Sud: la comunità cattolica festeggia 14 nuovi sacerdoti

    ◊   Con una Messa solenne presieduta dal vescovo, e alla presenza del nunzio apostolico in Corea del Sud, la comunità cattolica di Daejeon festeggerà il prossimo 15 gennaio l'ordinazione di 14 nuovi sacerdoti. Questa mattina si è concluso il ritiro spirituale per i futuri sacerdoti tenuto dal vescovo locale. "Bisogna ringraziare il Signore per questi frutti – ha detto mons. Lazzaro You Heung-sik ad AsiaNews - perché la nostra Chiesa ha bisogno di forze giovani in vista delle tante sfide che affrontiamo ogni giorno". “Ho parlato loro – prosegue il presule - di come essere bravi preti. Gli ho spiegato che non è facile, che le tentazioni e i problemi sono molti. E per questo ho concluso dicendo che la loro vera forza sono Gesù e il Suo Vangelo: affidandosi a loro potranno ottenere tante cose buone". Dopo l'ordinazione, il vescovo procederà alle assegnazioni: "Andranno nelle parrocchie diocesane, ma alcuni di loro hanno già espresso l'intenzione di divenire missionari ad gentes. Sono molto felice di questa scelta, ma ho detto loro che prima di andare in missione bisogna prepararsi dal punto di vista spirituale e dal punto di vista tecnico. Bisogna studiare il Paese di destinazione, la sua lingua e si suoi costumi". La diocesi di Daejeon conta al momento su 343 sacerdoti, di cui 16 si trovano fuori dalla Corea del Sud, per lo più in Mongolia, Giappone e Taiwan. Altri sono in America Latina, più in particolare in Brasile, Ecuador e Bolivia. In agosto la diocesi di mons. Lazzaro You ospiterà la Giornata Asiatica della Gioventù: "Sarà un momento bellissimo per la nostra Chiesa. Tanti giovani da tutto il continente riuniti per pregare insieme il Signore. E sono felice che ci saranno tanti giovani nuovi sacerdoti insieme a loro", ha dichiarato il vescovo. (D.M.)

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    Libano: i bambini aiutano i piccoli rifugiati della guerra in Siria

    ◊   “I bambini aiutano i bambini”. I piccoli dell’Infanzia missionaria libanese - informa l'agenzia Fides - si sono organizzati a favore dei bambini rifugiati della guerra in Siria. Il direttore delle Pontificie Opere Missionarie, padre Paul Karam, e la segretaria dell’Infanzia Missionaria del Paese, Nada Hajjar, hanno dichiarato che gli aiuti consisteranno in vestiario, raccolta di fondi e visite alle famiglie dei rifugiati. In Libano, l’Infanzia missionaria sostiene circa 15 mila bambini che, nel 2013, hanno raccolto 15.800 dollari oltre ad ulteriori offerte destinate a Sudan, Iraq e Madagascar. “La Chiesa ha il dovere di risvegliare la coscienza della comunità internazionale per promuovere un cammino di pace e assumersi responsabilità verso i rifugiati”, ha detto padre Karam. In Libano sono di un milione e mezzo i rifugiati siriani. (F.P.)

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    Filippine: volontari cattolici sostengono le ragazze madri contro l'aborto

    ◊   Una moderna "ruota degli esposti" salva da morte certa centinaia neonati convincendo le donne a non abortire: lo racconta AsiaNews, citando l’esperienza di "Grace to Be Born" (La grazia di essere nato), organizzazione privata di ispirazione cattolica che ha salvato nel 2013 ben 160 neonati. I locali in cui “Grace to be born” svolge la sua attività si trovano a Pasig city, uno dei quartieri più popolosi dell'area metropolitana di Manila, e l’impegno dell’associazione si regge su donazioni di benefattori e sulla collaborazione di medici, psicologi e infermieri volontari. Il servizio è attivo dal 2009 e ad esso si rivolgono soprattutto giovani donne provenienti dai villaggi poveri dell'arcipelago delle Visayas. Rey Ortega, direttore dell'organizzazione, racconta che il loro centro di aiuto accoglie le donne che per vari motivi non accettano la gravidanze e si offre di assisterle e di prendersi cura dei loro figli una volta avvenuto il parto. Ortega ha anche precisato che la maggior parte delle giovani donne che si rivolge all'istituto sono poco più che adolescenti; molte di loro hanno problemi economici, ma vi sono anche ragazze diplomate e laureande che per sbarcare il lunario fanno lavori saltuari, come domestiche o cameriere. Le ragazze temono spesso il giudizio delle famiglie e spesso affrontano da sole la scelta che le porta a ricorrere all'aborto. (D.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 12

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.