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Sommario del 09/01/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco: l’amore cristiano è concreto e generoso, non è quello delle telenovele
  • Udienze di Papa Francesco
  • Tweet del Papa: imitiamo l’umiltà del Figlio di Dio, nato povero, nella condivisione con i più deboli
  • Legionari di Cristo. Il card. De Paolis: la sofferenza vi ha purificati, abbiate un cuore nuovo
  • Intervista di p. Lombardi al card. De Paolis: il Capitolo dei Legionari, tappa positiva nella vita della Chiesa
  • Il presidente francese Hollande inconterà il Papa in Vaticano il 24 gennaio
  • Il 19 gennaio il Papa visiterà la chiesa del Sacro Cuore di Gesù. La gioia del parroco
  • Il card. Turkson alle Università Cattoliche delle Filippine: formare politici in grado di evangelizzare il mondo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Cristiani, minoranza più perseguitata nel mondo. Varton: responsabili integralismo, dittature e criminalità
  • Grecia, semestre presidenza. Mons. Foscolos: tante difficoltà, ma il Paese può farcela
  • Famiglie coreane separate dalla guerra: la Nord Corea dice no a nuovi incontri
  • Israele. Immigrati africani chiedono in massa diritto d'asilo, governo lo nega
  • Disoccupazione giovanile. Mons. Miglio: problema pastorale oltre che sociale, vincere rassegnazione
  • Tasi: rischio stangata nei comuni meno virtuosi
  • "Guttuso. Credeva di non credere": la Lev pubblica il nuovo libro di mons. Crispino Valenziano
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Iraq. L'Ayatollah al-Sistani: le violenze contro i cristiani sono una minaccia per tutto il Paese
  • Sud Sudan: ancora scontri nonostante le trattative di pace avviate
  • Bangladesh: giura il nuovo parlamento, ma non si fermano gli attacchi ai cattolici
  • Filippine: milioni di pellegrini per la processione del Nazareno nero
  • Vescovi maroniti: richiamo a tutti i libanesi a rinnovare il loro atto di fede nel Libano
  • Colombia: la Chiesa promuove una marcia contro la violenza
  • Malaysia. Controversia “Allah”: la polizia interroga padre Lawrence
  • India: la morte in Kerala del leggendario missionario gesuita padre Zucol
  • India. Padre Kani vince il Premio dell'onestà per il giornalismo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco: l’amore cristiano è concreto e generoso, non è quello delle telenovele

    ◊   L’amore cristiano ha sempre la caratteristica di essere “concreto”. Quindi, è un amore che “è più nelle opere che nelle parole”, è “più nel dare che nel ricevere”. Lo ha riaffermato questa mattina Papa Francesco, all’omelia della Messa presieduta in Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Nessuna romanticheria: o è un amore altruista e sollecito, che si rimbocca le maniche e guarda ai poveri, che preferisce dare piuttosto che ricevere, o non ha niente a che vedere con l’amore cristiano. Papa Francesco è netto sulla questione e si lascia guidare, nella riflessione, anzitutto dalle parole della prima Lettera di Giovanni, in cui l’Apostolo insiste nel ripetere: “Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi”. L’esperienza della fede, osserva il Papa, sta proprio in questo “doppio rimanere”:

    “Noi in Dio e Dio in noi: questa è la vita cristiana. Non rimanere nello spirito del mondo, non rimanere nella superficialità, non rimanere nella idolatria, non rimanere nella vanità. No, no: rimanere nel Signore. E Lui contraccambia questo: Lui rimane in noi. Ma, primo, rimane Lui in noi. Tante volte lo cacciamo via e noi non possiamo rimanere in Lui. E’ lo Spirito quello che rimane”.

    Chiarita la dinamica dello spirito che muove l’amore cristiano, Papa Francesco passa a esaminare la carne. “Rimanere nell’amore” di Dio, afferma, non è tanto un’estasi del cuore, "una cosa bella da sentire":

    “Guardate che l’amore di cui parla Giovanni non è l’amore delle telenovele! No, è un’altra cosa. L’amore cristiano ha sempre una qualità: la concretezza. L’amore cristiano è concreto. Lo stesso Gesù, quando parla dell’amore, ci parla di cose concrete: dare da mangiare agli affamati, visitare gli ammalati e tante cose concrete. L’amore è concreto. La concretezza cristiana. E quando non c’è questa concretezza, si può vivere un cristianesimo di illusioni, perché non si capisce bene dove è il centro del messaggio di Gesù. Non arriva questo amore ad essere concreto: è un amore di illusioni, come queste illusioni che avevano i discepoli quando, guardando Gesù, credevano che fosse un fantasma”.

    Il “fantasma” è quello che appunto – nell’episodio del Vangelo di oggi – i discepoli scorgono meravigliati e timorosi venire verso di loro camminando sul mare. Ma il loro stupore nasce da una durezza di cuore, perché – dice lo stesso il Vangelo – “non avevano compreso” la moltiplicazione dei pani avvenuta poco prima. “Se tu hai il cuore indurito – commenta Papa Francesco – tu non puoi amare e pensi che l’amore sia quello di figurarsi cose. No, l’amore è concreto”. E questa concretezza, soggiunge, si fonda su due criteri:

    “Primo criterio: amare con le opere, non con le parole. Le parole le porta via il vento! Oggi sono, domani non sono. Secondo criterio di concretezza è: nell’amore è più importante dare che ricevere. Quello che ama dà, dà ... Dà cose, dà vita, dà se stesso a Dio e agli altri. Invece chi non ama, chi è egoista, sempre cerca di ricevere, sempre cerca di avere cose, avere vantaggi. Rimanere col cuore aperto, non come era quello dei discepoli, che era chiuso, che non capivano niente: rimanere in Dio e Dio rimane in noi; rimanere nell’amore”.

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    Udienze di Papa Francesco

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto stamani in udienza: il signor Séverin Mathias Akeo, ambasciatore di Costa d’Avorio presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali; il card. Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici; mons. Carlos José Ñáñez, arcivescovo di Córdoba (Argentina) con l’ausiliare: mons. Pedro Torres; l’on. Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio; l’on. Ignazio Marino, sindaco di Roma e il prefetto Riccardo Carpino, Commissario Straordinario della Provincia di Roma.

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    Tweet del Papa: imitiamo l’umiltà del Figlio di Dio, nato povero, nella condivisione con i più deboli

    ◊   Il Papa ha lanciato un nuovo tweet: “Contempliamo l’umiltà del Figlio di Dio, nato povero – scrive - Imitiamolo nella condivisione con le persone più deboli”.

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    Legionari di Cristo. Il card. De Paolis: la sofferenza vi ha purificati, abbiate un cuore nuovo

    ◊   “La sofferenza vi ha purificati” e “maturati”, ora guardate al futuro in modo “sereno e fiducioso”. E’ quanto sottolineato dal cardinale Velasio De Paolis nella Messa che, ieri sera, ha aperto a Roma il Capitolo generale straordinario dei Legionari di Cristo, dopo un cammino di rinnovamento di tre anni e mezzo, voluto da Benedetto XVI. Il Capitolo dovrà nominare il nuovo governo della congregazione e provvedere all’approvazione delle nuove Costituzioni. Il cardinale De Paolis, delegato pontificio per i Legionari, ha sottolineato nell’omelia che “le leggi anche ben fatte sono importanti, ma non bastano se non vi è uno spirito nuovo”. Quindi, ha esortato i Legionari a proseguire con fiducia il cammino intrapreso. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Avete sofferto la vergogna di essere accusati, guardati con sospetto” anche “all’interno della Chiesa”, ma “avete saputo accettare questa sofferenza per amore della vostra vocazione, per amore della Chiesa e della Legione”. E’ uno dei passaggi forti dell’omelia del cardinale De Paolis all’apertura del Capitolo dei Legionari di Cristo. “La sofferenza – ha proseguito – vi ha purificati, vi ha maturati, vi ha fatto fare l’esperienza della grazia del Signore e del suo amore, che vi ha chiamati a partecipare al mistero della redenzione mediante la croce e il dolore”. Il delegato pontificio ha elogiato i Legionari per aver scelto “l’unico modo che il Vangelo conosce per la redenzione del male: non la fuga, non il rifiuto, non la condanna degli altri, ma la partecipazione, la solidarietà, l’amore che entra nello stesso peccato e nello stesso dolore per redimerlo dall’interno”.

    Il cardinale De Paolis ha rammentato che compito del Capitolo è la nomina del nuovo governo dei Legionari e l’approvazione delle Costituzioni. Al riguardo di queste ultime, ha sottolineato, “non saranno semplicemente un codice di leggi”, ma “sarà un testo espressione di una comune vocazione, di un comune ideale, di una comune missione, di un comune percorso di santità”. Il cuore delle Costituzioni, ha osservato il porporato, “è il carisma o il patrimonio spirituale dell’Istituto”. Carisma che va approfondito secondo quanto indicato da Benedetto XVI. “Tuttavia – ha avvertito – si sa che le leggi anche se ben fatte sono importanti, ma non bastano se non vi è uno spirito nuovo”. Ed è questo spirito nuovo, è stata la sua esortazione, che “voi siete chiamati a coltivare e a far crescere dentro di voi quando sarete chiamati a darvi i nuovi superiori”. “Bisogna avere veramente un cuore nuovo - ha ribadito - sia da parte degli elettori che degli eletti”. Per questo, ha soggiunto, “è necessario liberare il cuore da risentimenti, gelosie ed invidie, liberare la memoria per non sentirsi appesantiti da ricordi che fanno soffrire e accecano”.

    “Voi – ha detto il cardinale De Paolis – approdate a questo evento dopo un lungo cammino, non privo di sofferenze, ma che oggi si presenta abbastanza sereno e fiducioso”. Di questo, ha affermato, “dobbiamo ringraziare il Signore. Lo stesso Signore che ha compiuto quest’opera in voi è il garante che vi accompagnerà anche nel cammino ulteriore che siete chiamati a percorrere”. Il cardinale De Paolis ha così sottolineato che Benedetto XVI “nel momento più tragico” della storia dei Legionari, “ha avuto fiducia” in loro credendo nella “capacità di rinnovamento e di fedeltà al Signore”. La Chiesa, ha ribadito, vi accompagna ora attraverso Papa Francesco, “che ha voluto essere presente in questo momento importante della vostra storia”. Oggi, ha concluso, “siete contenti di partecipare” a questa Messa e “volete rinnovare nell’offerta a Cristo, l’offerta della vostra vita”.

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    Intervista di p. Lombardi al card. De Paolis: il Capitolo dei Legionari, tappa positiva nella vita della Chiesa

    ◊   Sul cammino che ha portato i Legionari di Cristo al Capitolo generale e sull’impegno di rinnovamento all’interno della Legione, il nostro direttore, padre Federico Lombardi, ha intervistato il cardinale Velasio De Paolis, Delegato Pontificio per i Legionari di Cristo:

    R. – Vorrei anzitutto precisare che questo cammino non è l’inizio della vicenda della Legione e del Regnum Christi, ma è una tappa. La prima tappa è la vicenda del Fondatore; la seconda la visita da parte dei cinque vescovi inviati dal Santo Padre per rendersi conto di questa realtà; e la terza tappa, appunto, la nomina del Delegato Pontificio. E’ importante sottolineare questo, perché? Perché la visita dei cinque Visitatori ha portato un risultato di riflessione, di valutazione e quindi anche di ponderazione sul futuro. Quando il Santo Padre ha nominato il Delegato Pontificio aveva già emesso sul Bollettino ufficiale un giudizio severo sull’operato del Fondatore della Legione, ma non tale da distruggerne la stessa realtà: se il Papa nomina un Delegato, implicitamente nega che si debba dare un giudizio sostanzialmente negativo sulla stessa Legione. Lui stesso, all’inizio della Bolla di nomina, dice: “Vi sono un gran numero di sacerdoti zelanti e impegnati nel cammino di santità”. Proprio perché c’era questa premessa di fiducia, questa tappa – che è cominciata con la nomina del Delegato Pontificio – era quindi più una nomina positiva, voleva cioè ripercorre il cammino accanto ai Legionari per portarli, attraverso un periodo di riflessione, di rinnovamento, anche penitenziale, a rivedere il proprio carisma, a riscrivere le proprie Costituzioni e quindi a riprendere la propria collocazione positiva all’interno della Chiesa. Questo è necessario dirlo perché si considerava, in qualche modo, chiuso l’esame sul Fondatore; si consideravano chiuse anche le visite nei diversi luoghi. Era necessario adesso operare all’interno dell’Istituto per far riflettere le persone e aiutarle a superare le difficoltà. E questo è stato precisamente il nostro compito. Il Papa dice che, tra i tanti compiti, il principale è quello della revisione delle Costituzioni. Avevano delle Costituzioni che non erano state redatte secondo i criteri del post-Concilio, ma avevano ancora i criteri tradizionali: un testo molto lungo, pesante, farraginoso anche, dove non si distinguevano le norme costituzionali dalle altre e si rispecchiava anche una mentalità che - a livello disciplinare - non distingueva neanche la gradualità delle leggi, l’importanza delle leggi e quindi anche la sostanza della disciplina, da altre norme che sono utili, forse anche necessarie, ma non caratteristiche. Un mare di norme, dentro il quale anche lo stesso carisma veniva annacquato, perlomeno diffuso ed era difficile concentrarlo. Questo era il compito principale.

    D. - E come ha proceduto con i suoi collaboratori per affrontare la situazione?

    R. - Si è cominciato proprio col richiamare agli stessi Legionari quello che hanno detto i Visitatori, perché noi dovevamo partire da lì. Di fatti abbiamo presentato, in diverse conferenze, a tutti quelli che erano qui a Roma – a Roma ce ne erano 4-500, fra studenti e sacerdoti – le osservazioni che i Visitatori avevano fatto. Loro registravano queste conferenze, che venivano poi inviate a tutta la Legione e anche al Regnum Christi, che è più esteso della Legione. Quando si è cominciato, c’è stata – possiamo dire – quasi una divisione in due gruppi: uno che accentuava il fatto che ci fosse stato un inquinamento all’interno del governo dell’Istituto, per cui – in qualche modo – non si poteva sperare in niente di nuovo; e un altro gruppo, invece, che non riusciva a cogliere la novità, perché vedevano quasi tutto positivo, anzi pensavano che la loro caratteristica, che aveva impedito loro di cadere nei difetti degli altri Istituti religiosi, era proprio quella di essere una realtà ben compaginata. In verità loro erano caduti in un tranello molto più pericoloso, quello del Fondatore stesso! Abbiamo percorso questo cammino incontrando i problemi relativi alle conseguenze del comportamento del Fondatore rispetto alle vittime. Abbiamo incontrato problemi di ordine economico, perché i Legionari non sono così ricchi come si pensa: la situazione economica era peggiorata sia a livello mondiale per la crisi finanziaria, sia a livello istituzione per loro, perché la fama perduta aveva fatto diminuire gli studenti presso i loro collegi e quindi le entrate finanziarie. C’è stato poi soprattutto il problema delle Costituzioni, su cui si è lavorato di più. La questione principale era quella di rivederle, particolarmente in alcuni punti nodali. Quali erano? La distinzione chiara, più chiara e precisa del foro interno e del foro esterno, foro sacramentale e foro – diciamo – disciplinare, esterno. Era necessario, in modo particolare, riaffermare che l’autorità non è arbitraria, ma che deve operare all’interno del Consiglio: avevano poi una certa costituzione di autorità molto diffusa e frazionata, con tanti elementi di incertezza. Insomma, abbiamo ricondotto tutto il problema alla realizzazione di Costituzioni secondo le indicazioni del Concilio, post-Concilio e del Codice di Diritto Canonico. E proprio attorno a questo tema vi è stato il lavoro più grande. C’è stato poi il lavoro anche per rinnovare i superiori, che era molto importante: all’inizio abbiamo lasciato che i superiori rimanessero al loro posto. Questa era un’esigenza necessaria, perché noi che entravamo non potevamo operare e governare senza conoscere la realtà. Ci è apparso più utile e più efficace mantenere i superiori, ma sotto il controllo della nostra presenza: per cui ci siamo impegnati ad essere sempre presenti nei loro Consigli generali. Loro potevano disporre del loro governo, però non potevano decidere nulla senza la nostra presenza. Quindi c’è stata questa osmosi di dialogo continuo, almeno una volta a settimana avevamo gli incontri dei due Consigli, io avevo il mio Consiglio e loro avevano il loro Consiglio. Abbiamo così avviato questo discorso, dove abbiamo trattato tutti i grandi problemi: i problemi del Fondatore; i problemi della formazione; i problemi del Regnum Christi; e anche i problemi disciplinari, perché pur non essendo numerosissimi i casi di sacerdoti che si erano macchiati di delitti nella Chiesa, ce ne erano anche nella Legione, come del resto ce ne sono anche in altri Istituti. Questo è il quadro generale secondo cui abbiamo operato.

    D. – Credo che il Capitolo adesso abbia sostanzialmente due compiti: quello di rinnovare il governo con elezioni e quello dell’approvazione di nuove Costituzioni. Ma se il lavoro delle Costituzioni è stato già portato avanti, in che cosa il Capitolo deve ancora intervenire riguardo ad esse?

    R. – Abbiamo distinto il Capitolo in tre grandi tappe. La prima tappa, una verifica del cammino percorso: un esame di coscienza – lo abbiamo chiamato così – compiuto di fronte alle accuse che sono state mosse, come noi le abbiamo verificate e quale sia l’impegno che dobbiamo assumere per superare queste difficoltà. Si è riconosciuto anche un impegno penitenziale che dovrebbe portare a riconoscere, anche pubblicamente, queste responsabilità, però come impegno di ciascuno di saper assumere anche la sofferenza che deriva da questa situazione, come espiazione per rinnovare la Legione e quindi anche ritrovare la giusta collocazione dentro la Chiesa. Il secondo momento dovrebbe essere la nomina dei nuovi superiori, che dovrebbero governare poi l’Istituto. Il terzo momento, la revisione delle Costituzioni, che dovrebbe essere semplice, proprio perché ci abbiamo lavorato in questi tre anni e mezzo. E’ stata consultata tutta la Congregazione e abbiamo presentato ai capitolari un testo delle Costituzioni, con il supporto delle fonti e del cammino percorso. C’è da sperare che adesso non porti via molto tempo, anche se il cammino – conoscendo le situazioni – potrebbe pure presentare degli ostacoli, perché tutti hanno un po’ la voglia di fare proposte aggiuntive. Però è anche vero che il testo che uscirà dal Capitolo non sarà il testo definitivo, perché dovrà poi essere presentato al Santo Padre per la revisione, e quindi anche per l’eventuale approvazione definitiva.

    D. – Un punto che è molto importante in questa vicenda è il rapporto tra il Fondatore e il carisma. Normalmente negli istituti religiosi il carisma è collegato strettamente all’esperienza e alla figura del Fondatore: in questo caso, invece, bisognava disgiungerli radicalmente. Si è riusciti – a suo avviso – in questo, in modo tale da identificare un carisma che sia autonomo, distinto rispetto alla figura del Fondatore?

    R. – Questo argomento in sé a noi toccava solo in parte, perché implicitamente era già stato giudicato dalle conclusioni dei Visitatori e poi degli atti posti successivamente. Se avessero individuato una inseparabilità tra Fondatore e Istituto, il discorso sarebbe stato chiuso; invece aver previsto che la Congregazione andasse avanti per la sua strada col carisma, implicitamente ammetteva che forse avesse già un carisma valido. Però è anche vero che il Santo Padre nella Bolla di nomina parla di rivedere in profondità il carisma, cosa che noi abbiamo cercato di fare. Abbiamo inserito questo carisma all’interno di una realtà più grande, che c’era attorno al Fondatore: quella del Regnum Christi. Si è individuato un carisma del Regnum Christi, vissuto in modo diversificato, a seconda delle vocazioni, da laici, da laici consacrati e da religiosi sacerdoti. E ci pare che l’identificazione sia abbastanza precisa. Solo che noi abbiamo preferito – io prevalentemente – più che parlare di “carisma”, che è una parola un po’ problematica, di seguire il Codice parlando di “patrimonio”, del “patrimonio dell’Istituto” e cioè degli elementi istituzionali, perché se ci fermiamo al carisma come momento sorgivo e spirituale ci troviamo in difficoltà. Ma se noi pensiamo agli aspetti istituzionali e cioè ad un carisma consegnato alla Chiesa e approvato dalla Chiesa, si può identificare: sono i religiosi sacerdoti, sono i laici, sono i laici consacrati, che vogliono vivere il Mistero di Gesù che annuncia il Regno, con la spiritualità tipica della regalità di Cristo – regalità di Cristo non sotto l’aspetto trionfalistico, ma sotto l’aspetto di Gesù che trionfa dalla Croce - e poi con la pietà eucaristica molto accentuata e la pietà mariana, e poi con l’apostolato – cioè con l’annuncio del Regno di Cristo, particolarmente attraverso l’inserimento delle università e degli studi superiori. Se pensiamo a tutto questo ci è sembrato che la fisionomia, la spiritualità di questo Istituto sia abbastanza chiara e precisa.

    D. – In tutto questo cammino, la Sua valutazione è che il corpo della Legione e del Movimento Regnum Christi nei suoi aspetti essenziali abbia reagito positivamente, con disponibilità a questo cammino di rinnovamento, così che adesso si possa avere veramente fiducia, oppure siamo ancora un po’ in cammino…

    R. – Vorrei premettere che il nostro lavoro è stato prevalentemente sui superiori, perché questo era il tema principale e che aveva mosso tutta la discussione sulla stessa Legione, che si è centrata sul suo Fondatore, che era superiore e superiore assoluto! Basti pensare – così affermano – che lui faceva e disfaceva, e del Consiglio neanche si serviva! Quindi il problema era proprio educarli ad una forma di governo, dove i superiori fossero trasparenti e dove i superiori fossero osservanti dell’ordinamento della Chiesa e rispettosi delle regole. In questa prospettiva, non potendo noi in poco tempo essere presenti in tutti i territori della Legione e essendo impegnati in tante questioni da affrontare, abbiamo seguito la strada di cooperare con i superiori, o meglio di cercare che i superiori cooperassero con noi per il rinnovamento, particolarmente sull’esercizio dell’autorità. Convinti che, una volta dotata la Legione di superiori idonei, il cammino fosse avviato e quindi potesse anche proseguire. Questo mi pare che si possa dire che è avvenuto. Si sono superate anche tensioni interne, che pure ci sono state: non sono certo scomparse, ma la grande maggioranza si è ritrovata compatta. Mi pare che il Capitolo inizi sotto buoni auspici, perché ci saranno ancora tendenze di apertura e di chiusura di alcuni, ma la tendenza fondamentale è di accettazione dello schema delle Costituzioni che viene presentato. La caratteristica da sottolineare è l’assoluta obbedienza alla Chiesa. Io ricordo, sin dall’inizio, di aver scritto in una lettera che se loro avessero conservato questa fedeltà e obbedienza alla Chiesa, il cammino non poteva non essere positivo. A me pare che effettivamente ci sia stata l’obbedienza alla Chiesa: non li ho mai sentiti brontolare contro l’autorità della Chiesa, né contro di noi che eravamo stati messi lì. Certo, qualcuno, ma è normale... Sotto questo aspetto possiamo sperare che effettivamente queste Costituzioni possano essere adeguate al loro scopo, accompagnino nel rinnovamento e portino buon frutto. Costituzioni che, peraltro, dovranno poi essere approvate dalla Santa Sede quando saranno uscite dal Capitolo generale.

    D. – Con questo Capitolo si affrontano i problemi del rinnovamento della Legione o anche dell’insieme del più ampio Regnum Christi, che è una grandissima realtà?

    R. – Penso che il nostro cammino, sotto questo profilo, sia stato un cammino nuovo perché il Regnum Christi prima era come l’appendice della Legione: invece è cresciuta la coscienza che ogni gruppo ha una sua autonomia, una sua identità e anche una sua disciplina, però tutti insieme formano – chiamiamolo così, perché oggi si parla di “movimento” – un Movimento, anche se con la parola “movimento” è difficile definirlo, perché si tratta di un complesso di persone che vogliono dedicarsi nella Chiesa al Regnum Christi secondo la propria vocazione. Quindi questa grande unità tra laici, laici consacrati e religiosi sacerdoti impegnati in cooperazione stretta: cose che sono ancora ulteriormente da definire. E’ importante, però, sottolineare anche che quello che ha travolto, in qualche modo, la Legione per gli scandali avvenuti non ha toccato questo grande Movimento del Regnum Christi. Per cui c’è una grande fetta, una grande realtà ecclesiale che rimane intatta e che sta servendo la Chiesa particolarmente nel campo della cultura religiosa, delle università cattoliche e pontificie, e che è promettente.

    D. – Un’ultima domanda. Questa vicenda è stata avviata con un mandato dato dal Pontefice Benedetto XVI; ora, in questo frattempo, è avvenuto anche un cambio di Pontificato e ora abbiamo il Papa Francesco. Papa Francesco è entrato in una conoscenza piena di questa vicenda: vi sentite accompagnati da lui? E’ ben informato su quello che avviene?

    R. – In questi tre anni e mezzo mi sono riferito più volte al Santo Padre Benedetto XVI e ho fatto delle relazioni puntuali. L’ultima relazione, però, ci ha trovati spiazzati, perché consegnata la relazione il Papa si è dimesso. Quando è stato nominato il nuovo Papa, io ho sentito il dovere di presentare questa relazione a lui, il quale subito mi ha chiamato e dopo alcuni giorni mi ha scritto anche una lettera, nella quale mi confermava nel lavoro, approvava il programma che presentavo, che era appunto il programma delle date del Capitolo Generale, e chiedeva che lo informassi sul cammino di preparazione al Capitolo. Al termine del mese di novembre, ai primi di dicembre, ho consegnato al Santo Padre il materiale di preparazione. Il Papa è stato molto attento, molto vicino e vuole giustamente seguire il cammino che stiamo percorrendo, perché – queste sono le sue parole – “sente la grande responsabilità, come Successore di Pietro, di accompagnare la vita religiosa e consacrata”.

    D. – Col Capitolo si prevede che venga eletto un nuovo governo dell’Istituto. Si può già prevedere che, se tutto si svolge come desiderato, poi si concluda il mandato del Delegato, o è possibile che il Delegato debba poi accompagnare ulteriormente il cammino?

    R. – Il mandato del Delegato, dato già da Benedetto XVI, non aveva tempi, però il termine era legato alla celebrazione del Capitolo straordinario. Celebrato il Capitolo straordinario il mandato sarebbe venuto meno.

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    Il presidente francese Hollande inconterà il Papa in Vaticano il 24 gennaio

    ◊   Rispondendo a domande dei giornalisti, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha detto di poter confermare che il prossimo 24 gennaio il Papa riceverà in Vaticano il presidente della Repubblica francese, François Hollande.

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    Il 19 gennaio il Papa visiterà la chiesa del Sacro Cuore di Gesù. La gioia del parroco

    ◊   Papa Francesco si recherà in visita pastorale alla parrocchia romana del Sacro Cuore di Gesù a Castro Pretorio il prossimo 19 gennaio. La parrocchia, che sorge accanto alla Stazione Termini, è affidata ai salesiani e fu costruita dallo stesso don Bosco per volere di Papa Leone XIII. Il parroco don Valerio Baresi ricorda al microfono di Antonella Pilia alcuni cenni storici della chiesa:

    R. – Nel 1880, date le grandi difficoltà strutturali e anche economiche dell’edificazione del tempio, Leone XIII è in difficoltà e si arrende. Gli viene quindi consigliato di rivolgersi a don Bosco, che accetta di edificare la chiesa chiedendo solo che accanto alla chiesa potesse essere costruito un ospizio per i giovani poveri. Nel 1887, la chiesa è praticamente completata.

    D. – C’è qualche aneddoto legato alla costruzione della chiesa, che successivamente Benedetto XV ?

    R. – Don Bosco accetta di costruire la chiesa in obbedienza al Papa. La risposta che dà Leone XIII è: “Ogni desiderio del Papa è per me un comando”. Naturalmente, non aveva soldi e il Consiglio dei Salesiani di allora votò compatto contro l’accettazione dell’onere della costruzione della Basilica: ci furono otto voti contrari e uno favorevole, che era quello di don Bosco. Allora don Bosco si fermò con i Salesiani, dicendo: “Il Signore non solo ci farà trovare i soldi per la costruzione, ma ci farà anche un regalo in più”. E in effetti, dopo sette anni, non solo riuscirono a edificare la Basilica ma anche tutto l’edificio attorno, quasi come è attualmente. Siccome per costruire questa chiesa ha dovuto girare Italia, Francia e Spagna, don Bosco si è logorato e alla fine si è incurvato esageratamente, tanto che la gente gli chiedeva: “Ma don Bosco, perché è così curvo?” e lui rispondeva: “Perché ho sulle spalle la chiesa del Sacro Cuore di Roma!”.

    D. – Ci sono altri ricordi particolari relativi alla figura di don Bosco?

    R. – C’è una certa profezia legata a questa chiesa. Lui disse: “Sapete perché abbiamo accettato questa chiesa? Perché quando il Papa sarà quello che deve essere ma ancora non è, noi metteremo la stazione centrale di Roma in casa nostra e la utilizzeremo per l’evangelizzazione dell’Agro Romano”. Noi, in questa profezia, leggiamo la presenza di Francesco. Come ogni profezia si rischia di forzarla un po’, ma noi in Papa Francesco vediamo quello che deve essere. Il Papa deve essere così: con questa vicinanza e questo legame fortissimo non solo alla Parola di Gesù, ma addirittura alla sua presenza. Oggi, la Stazione Termini è in casa nostra, perché fa parte della parrocchia del Sacro Cuore, mentre quando don Bosco ha fatto questa profezia, la Stazione Termini era nell’attuale Piazza della Repubblica.

    D. – Papa Francesco si recherà alla vostra parrocchia dopo aver visitato tre comunità di periferia. Quale realtà si troverà di fronte?

    R. – Una parrocchia di centro che vive però la realtà di periferia. Una parrocchia – forse la più centrale di Roma, perché siamo proprio accanto alla stazione Termini – che quindi deve prendere in considerazione l’enorme passaggio di pellegrini, di turisti, di lavoratori: in tutto, oltre 500 mila persone che transitano per la stazione Termini ogni giorno. Noi, come Salesiani, ci siamo aperti ai giovani soprattutto universitari, con la possibilità di sensibilizzarli al servizio ai poveri senza dimora e ai rifugiati, che sono al centro delle nostre attenzioni.

    D. – Quali sono le tappe principali della visita del Santo Padre?

    R. – Il Papa arriverà verso le 16.00 e incontrerà i parrocchiani in cortile e poi, in una stanza, una sessantina di amici senza fissa dimora. Passerà quindi in una seconda stanza, dove sono raccolti un centinaio di rifugiati e una rappresentanza di volontari della parrocchia. Poi, incontrerà i bambini battezzati nell’anno con i loro genitori, gli sposi novelli e le famiglie giovani. Confesserà cinque persone e, verso le 18.00, celebrerà l’eucarestia. In seguito saluterà i malati e incontrerà la comunità salesiana. L’ultimo appuntamento, infine, è l’incontro con i giovani del Sacro Cuore.

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    Il card. Turkson alle Università Cattoliche delle Filippine: formare politici in grado di evangelizzare il mondo

    ◊   Ricerca, impegno sociale, istruzione: sono questi i tre obiettivi cui devono mirare le Università cattoliche, per formare politici in grado di evangelizzare il mondo. A sottolinearlo è stato il card. Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, nel suo intervento alla conferenza nazionale dell’Associazione delle Università cattoliche delle Filippine. L’incontro, apertosi oggi a Davao City, si concluderà sabato ed è dedicato al 50.mo anniversario della Pacem in Terris, l’enciclica firmata da Giovanni XXIII nel 1963. Il servizio di Isabella Piro:

    Nello specifico, l’intervento del card. Turkson si è sviluppato sul tema “La formazione dei cattolici impegnati in politica: la missione delle università cattoliche”. “La ricerca degli atenei – ha detto il porporato – dovrebbe essere dedicata ai metodi di soluzione dei problemi che minacciano la coesistenza ed il benessere umano”. Principio fondamentale resta comunque quello della “ricerca della verità”, grazie alla quale “leggere e interpretare la realtà in modo da discernere la necessità di giustizia sociale in contesti concreti”. Quanto all’impegno sociale, il card. Turkson ha detto che esso rappresenta “un necessario esercizio di responsabilità delle Università nei confronti delle società in cui si trovano”. “Luogo per eccellenza del dialogo – ha continuato il porporato – negli Atenei i punti di vista e gli interessi più diversi possono contribuire alla ricerca del bene comune”, secondo le linee-guida della Dottrina sociale della Chiesa. Per questo, ha ribadito il presidente del dicastero vaticano, “le Università possono formare buoni cattolici che diverranno eccellenti politici”, perché esse “possono giocare un ruolo vitale nell’alimentare le relazioni e la dignità umane, offrendo spazi di riflessione a coloro che sono coinvolti nel settore politico”. Infine, riguardo al terzo obiettivo, quello dell’istruzione, il card. Turkson ha sottolineato che “le Università devono insegnare alle nuove generazioni a pensare in modo critico e con giudizio”; devono “lasciare spazio all’immaginazione intellettuale, al di là delle logiche di mercato”; hanno il compito di “aiutare le persone a superare la divisione tra fede e vita, fatto che sfortunatamente caratterizza l’età contemporanea”. E ancora: gli Atenei devono “armonizzare valori spirituali ed elementi scientifici, tecnici e professionali”, così da creare persone “competenti”, “politici appassionati, preparati e coraggiosi nel vivere pienamente la loro vocazione, a servizio del bene comune”. In conclusione, ha affermato il card. Turkson, essere un politico cattolico significa “essere un agente del Vangelo nel mondo ed evangelizzare l’ordine sociale, come un lievito”. Al centro dell’intervento del porporato, poi, anche un’ampia riflessione sulla Pacem in Terris, in particolare sulla coesistenza politica descritta nell’Enciclica come frutto della dignità e delle relazioni umane. Il tutto nell’ottica del bene comune, perché “un sistema politico sano è a servizio della vita sociale dell’uomo e mira a far sì che tale vita sia caratterizzata da rapporti di carità e giustizia”. Particolare attenzione il porporato l’ha posta anche sulla “opzione preferenziale per i poveri”, indicata come una delle priorità che la politica deve avere, affinché “i bisogni di coloro che hanno meno vengano prima di tutto nei processi legislativi e politici”. Di per sé, ha continuato il card. Turkson, la politica non è negativa, ma lo diventa quando i politici lasciano spazio allo scandalo e alla corruzione”, dando un’immagine negativa di tutto il settore. Non è quindi una sorpresa il fatto che i cristiani si allontanino dalla vita politica o che “i politici cattolici riservino la loro religione alla vita privata e non condividano la loro fede”. In senso positivo, invece, la politica implica “l’evangelizzazione dell’ordine sociale e la diffusione della civiltà dell’amore” il che significa “la partecipazione, con tutte le sfide del caso, alla missione della Chiesa nella società”. Infine, il card. Turkson ha ricordato “Le beatitudini del politico”, stilate dal card. François-Xavier Ngueyen Van Thuân, compianto presidente del dicastero per la Giustizia e la pace. “Beato il politico che ha una profonda consapevolezza del proprio ruolo – si legge nel testo – che dà esempio di credibilità; che lavora per il bene comune e non per i propri interessi personali; che è coerente con se stesso, la sua fede e il suo programma elettorale; che lavora per l’unità e per la realizzazione di un cambiamento radicale, senza confinare la religione nella sfera privata; che sa ascoltare il popolo, la sua coscienza e Dio; che non ha paura della verità né dei mass media, perché nel giorno del giudizio sa che dovrà rispondere solo a Dio”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L’amore non è una telenovela: Messa del Papa a Santa Marta.

    Nell’informazione internazionale, un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo “Il passato minaccia l’Iraq”: dal malcontento sunnita al ritorno di Al Qaeda.

    Un articolo del cardinale Reinhard Marx dal titolo “Oltre il capitalismo”: immaginare mercati puri che facciano emergere il bene attraverso la libera concorrenza è solo ideologia.

    “Nelle catacombe giapponesi”: da Taketa, Cristian Martini Grimaldi sui cristiani che si nascondevano nella foresta (rinvenute otte cappelle scavate nella roccia) durante la persecuzione.

    Beatitudine della fede: Inos Biffi sulla maternità di Maria.

    A spasso nel Neolitico: Michela Beatrice Ferri illustra il nuovo centro museale di Stonehenge.

    La discussione sul primato della Chiesa: Costantinopoli risponde al documento approvato dal sinodo del Patriarcato di Mosca.

    Gomito a gomito con gli altri fedeli: il postulatore della causa di canonizzazione, Piergiorgio Confalonieri, su Giuseppe Lazzati e la mistica del laico cristiano.

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    Oggi in Primo Piano



    Cristiani, minoranza più perseguitata nel mondo. Varton: responsabili integralismo, dittature e criminalità

    ◊   Se ne parla poco, ma le persecuzioni contro i cristiani continuano ad aumentare. L’ultimo rapporto a sostenerlo è stato curato dall'associazione “Portes ouvertes France”. Ma quali sono i motivi? Ci risponde Michel Varton, direttore dell’organismo, al microfono di Audrey Radondy:

    R. – C’est difficile à dire, parce que il n’y a pas une seule cause, justement. …
    E’ difficile dire, perché ovviamente non c’è una sola ragione. E’ vero che l’integralismo islamico è in espansione, ma per esempio in India la Chiesa soffre a causa dell’aggressione induista radicale; nello Sri Lanka, Paese entrato nel nostro rapporto per la prima volta quest’anno, la persecuzione viene dal buddismo … quindi, l’islam non è l’unico responsabile. Certo, in generale, la convivenza tra la Chiesa e l’islam è difficile. Dobbiamo dire anche che difficoltà grandi le vivono i musulmani che lasciano la loro fede: infatti, ci sono quelli che vogliono diventare cristiani, ma sono soggetti ad una persecuzione veramente forte. In altri Paesi poi, come la Corea del Nord, l’incremento delle persecuzioni è dovuto alla dittatura e in altri Paesi, molto più semplicemente, è la criminalità: in Colombia, la Chiesa soffre in quelle regioni che sono sotto il controllo dei miliziani delle Farc. Qui sono i narcotrafficanti che aggrediscono e perseguitano la Chiesa perché la Chiesa rappresenta l’opposizione alla criminalità.

    D. – Qual è la situazione dei cristiani in Siria?

    R. – Justement, donc, la Syrie, qui aujourd’hui est en troisième place …
    La Siria, oggi, si trova al terzo posto nell’elenco dei Paesi in cui è forte la persecuzione contro i cristiani. In Siria è in atto una guerra civile, ma c’è poi una seconda guerra, all’interno di questa guerra civile e la Chiesa è un po’ la vittima silenziosa di questo conflitto. Questa è la ragione per cui molti cristiani fuggono dal Paese. La grande paura è che si verifichi quello che abbiamo visto in Iraq dove una decina d’anni fa c’erano un milione e 300 mila cristiani, mentre oggi non ne restano che 250–300 mila.

    D. – La fuga dei cristiani è un rischio che corrono vari Paesi arabi?

    R. – C’est un risque comme pour tous les pays …
    E’ un rischio in tutti i Paesi. Un pastore egiziano mi ha detto: “Se la Chiesa in Egitto non ha il diritto di esistere e non può vivere la sua fede in pace, questa non sarà soltanto una tragedia per l’Egitto, ma questo avrà conseguenze anche in Occidente”.

    D. – I cristiani rappresentano, dunque, la minoranza più perseguitata al mondo?

    R. – C’est vraiment l’impression que nous avons. C’est toujours difficile de donner …
    In realtà, è proprio questa l’impressione che abbiamo. Rimane sempre difficile dare cifre esatte, ma anche se andiamo a confrontare i nostri dati con altre associazioni ed altri istituti di ricerca nel mondo, è purtroppo evidente che oggi la minoranza più perseguitata è la Chiesa.

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    Grecia, semestre presidenza. Mons. Foscolos: tante difficoltà, ma il Paese può farcela

    ◊   Il giorno dopo l'inizio del suo turno di presidenza semestrale europeo, la Grecia si è svegliata con due notizie preoccupanti. I dati sulla produzione industriale hanno registrato un nuovo crollo del 4,8% a novembre, dopo il 7,9 di ottobre. Inoltre, riferisce la stampa locale, i magistrati anticorruzione hanno scoperto uno scandalo nei conti della "Hellenic Post Bank" con un "buco" di circa 500 milioni di euro e l'esistenza di numerosi prestiti concessi, tra il 2006 e il 2011, senza sufficienti garanzie e a condizioni di favore. Uno scenario sempre difficile, ma l’arcivescovo cattolico di Atene, mons. Nikolaos Foscolos, guarda con fiducia al semestre di presidenza, come conferma nell'intervista di Antonella Palermo:

    R. – E’ una presidenza di turno, penso che il nostro governo ce la farà malgrado le difficoltà in cui viviamo in questo periodo. Mi sembra che si potrebbe parlare di quattro fattori che creano problemi adesso ai cittadini greci. La corruzione generale – un fenomeno molto diffuso – la crisi economica, certamente dovuta anche a questa corruzione, la questione dei profughi che ogni giorno arrivano in Grecia – sia dalla frontiera con la Turchia, sia dal Mare Egeo, dove ci sono centinaia di isole – e un altro problema è la droga. la Grecia è la porta sudorientale dell’Europa unita e dell’Europa in generale, quindi qui c’è il traffico di droga e inoltre c’è il traffico di esseri umani.

    D. – E con tutti questi problemi, la Grecia come potrà essere leader tra i Paesi d’Europa nel prossimo semestre?

    R. – Speriamo possa esserci un aiuto anche da parte degli altri Paesi. Abbiamo problemi comuni a quelli dell’Italia, per esempio. Il fenomeno di Lampedusa qui è un fenomeno quotidiano in diverse isole. Speriamo ci sia solidarietà da parte degli altri Stati europei, specialmente da parte degli Stati del sud europeo.

    D. – La Chiesa come si adopera per quanto riguarda questo problema dei profughi?

    R. – La Chiesa cattolica in Grecia è una minoranza esigua, rappresentiamo lo 0,5%. Però, tutti corrono verso la Chiesa cattolica. Abbiamo tre centri per i profughi qui ad Atene, due case della comunità di Madre Teresa. In una di queste case ogni giorno si distribuisce cibo a circa 250 persone. Nell’altra, che è più piccola, alloggiano una trentina di madri con i loro figli. Poi, c’è la Caritas Atene che dà ogni giorno cibo a circa 250 persone. Però, devo dire che anche la Chiesa ortodossa svolge un’opera molto forte a favore dei profughi, e non solo dei profughi. Adesso, ci sono molti greci che vanno lì a prendere un piatto di cibo, perché la povertà è molto diffusa, specialmente nelle grandi città. La gente si trova come nel dopoguerra: non c’è lavoro, non c’è cibo, non c’è denaro…

    D. – L’ex primo ministro socialista greco, Simitis, pare abbia affermato che il Paese rischia di uscire dall’eurozona, cioè che questo rischio esiste ancora…

    R. – Non penso. L’uscita della Grecia dall’Unione Europea e dall’euro procurerebbe una sorta di effetto-domino per cui altri Paesi si vedrebbero in pericolo. E’ vero, non si sa mai, perché qui ci sono interessi internazionali, la guerra tra dollaro ed euro, e diversi altri fattori che possono influenzare una tale decisione. Ma non penso che l’Unione Europea lascerà la Grecia fuori dall’euro.

    D. – Quanto la popolazione greca ha consapevolezza di questo inizio di semestre europeo?

    R. – Penso che una buona parte della popolazione non si interessi, perché ha altri problemi, più preoccupanti. La gente, qui, cerca ogni giorni di trovare un po’ di cibo, di riuscire ad affrontare le spese… E poi, in questo periodo, le tasse sono altissime e si prevede un ulteriore aumento per il 2014. Questo ha una ripercussione anche sulla nostra Chiesa, perché come Chiesa cattolica non riceviamo nulla dallo Stato e le tasse ormai superano il 50% delle risorse.

    D. – Il turismo per la Grecia è sempre stato una fonte di prosperità…

    R. – Sì, e lo è, e speriamo che quest’anno il numero dei turisti aumenti: è la sola industria della Grecia.

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    Famiglie coreane separate dalla guerra: la Nord Corea dice no a nuovi incontri

    ◊   La Corea del Nord ha respinto la proposta sudcoreana di riprendere il dialogo in vista di nuovi incontri tra famiglie coreane, separate dalla guerra del 1950-‘53, in occasione del Lunar New Year, il prossimo 31 gennaio. Negli incontri svoltisi prima del 2010, si sono ricongiunte - seppur brevemente - oltre 3.800 famiglie. Un comunicato di Pyongyang fa cenno a riunioni che potranno avvenire in un non meglio specificato “momento giusto”, menzionando come “ostacolo” nelle relazioni bilaterali le annuali esercitazioni militari congiunte tra Sud Corea e Stati Uniti. Ce ne parla Rosella Ideo, esperta di Storia politica e diplomatica dell’Asia Orientale, intervistata da Giada Aquilino:

    R. – Sicuramente è un pretesto. Queste riunioni, tra l’altro, sono state troncate nel 2008, quindi è da allora che non si hanno più riunioni di familiari divisi dalla guerra di Corea, terminata nel 1953. Vorrei ricordare che i familiari divisi non hanno più avuto tra loro contatti regolari né telefonici, né per iscritto. Quindi, questo è un punto dolente per i coreani, sia per quelli del Sud, sia per quelli del Nord. Certo, è stata un po’ ambigua la dichiarazione dei nordcoreani, perché hanno detto: “Rimandiamoli ad una stagione migliore, non è possibile una riunione armoniosa e pacifica mentre esplodono bombe e si sentono volare i proiettili” delle esercitazioni. Persino il partito di opposizione in Corea del Sud è insorto: le riunioni di tutte le famiglie all’inizio dell’anno lunare rappresentano una delle feste più importanti sia al Nord sia al Sud, perché la famiglia è il nucleo fondamentale per i coreani.

    D. – Ci sono numeri relativi alle famiglie separate? Per gli incontri che si sono avuti nei primi anni Duemila si è parlato di riunificazione per più di 3.800 famiglie …

    R. – Sono state divise nella guerra di Corea oltre 10 milioni di famiglie e i sopravvissuti ormai sono sempre meno. Sono questioni molto emotive. Anche in Corea del Sud si sente questo strappo.

    D. – Nella politica del leader supremo Kim Jong Un, i ricongiungimenti di famiglie che ruolo hanno?

    R. – Sono un po’ una merce di scambio. E’ chiaro che tutti gli anni, quando ci sono queste esercitazioni militari, sia quelle sudcoreane, sia quelle congiunte sudcoreane-americane, ci sono dichiarazioni di fuoco da parte della Corea del Nord che si sente effettivamente assediata. Tant’è vero che nella dichiarazione nordcoreana si dice: “Rimandiamo ad una stagione migliore”. Ma la stagione migliore è quella in cui si effettuano regolarmente queste esercitazioni militari.

    D. – Il presidente statunitense Obama ha fatto sapere che dal prossimo mese rafforzerà la presenza americana in Sud Corea. Ciò avviene in un momento in cui si parla anche di modernizzazione delle testate nucleari …

    R. – Sì, lo ha detto ieri il segretario della Difesa, Chuck Hagel, spiegando appunto che gli Stati Uniti, per contrastare sia le ambizioni nucleari della Russia e della Cina, sia per difendere gli alleati ‘storici’, che sono il Giappone e la Corea del Sud, intende modernizzare testate nucleari, sottomarini, aerei, missili nucleari.

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    Israele. Immigrati africani chiedono in massa diritto d'asilo, governo lo nega

    ◊   Lo Stato di Israele alle prese con i problemi dell’immigrazione. Nei giorni scorsi, migliaia di migranti, soprattutto africani in attesa di asilo, hanno manifestato davanti alla sede della Knesset, il parlamento israeliano a Gerusalemme. I dimostranti protestano contro la politica israeliana sull'immigrazione e il rifiuto delle autorità di concedere il diritto d’asilo. Fortemente contestato il premier Netanyahu, che vedrebbe l’afflusso dall'Africa come una minaccia per il sistema sociale israeliano. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Janiki Cingoli, direttore del Cipmo, il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente:

    R. - C’è il fatto che quando è esplosa la seconda Intifada, gli israeliani hanno deciso di sostituire - non totalmente, ma in larga parte - l’immigrazione dalla Palestina con l’immigrazione proveniente dai Paesi terzi. E questo, da un lato, ha alleviato il problema e garantito meglio la sicurezza. Però, dall’altro, per la prima volta ha creato una componente di immigrati abbastanza stabili, che ha cominciato a creare le problematiche tipiche dell’immigrazione di Paesi terzi in un Paese sviluppato. A questo, poi, si è aggiunto l’aspetto specifico della pressione da parte dei Paesi dell’Africa di immigrati che tendono a entrare clandestinamente in Israele attraverso il Sinai. Quindi, è una società, quella israeliana, che per la prima volta si misura con i problemi connessi a una immigrazione abbastanza larga e di massa e che si espone ai problemi di razzismo, di segregazione sociale che, in una realtà come quella israeliana, potrebbe essere persino difficile concepire, ma che tuttavia esistono.

    D. - Israele è pronta ad affrontare una tematica sociale del genere?

    R. - Secondo me, è molto impreparata. E’ stata colta di sorpresa dagli avvenimenti di questi giorni. La prima reazione è: “Noi non accettiamo il disordine. Non accettiamo la pressione e la violenza”. Tuttavia, io ritengo che poi, in realtà, con questi problemi - come tutte le società sviluppate - sarà costretta a fare i conti.

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    Disoccupazione giovanile. Mons. Miglio: problema pastorale oltre che sociale, vincere rassegnazione

    ◊   Mai così tanti giovani senza lavoro. In Italia la disoccupazione giovanile ha toccato il 41,6% in aumento di 0,2 punti rispetto a ottobre e di quattro punti da novembre. Si tratta - rileva l'Istat - del dato peggiore dal 1977. Tra novembre 2007 e novembre 2013 gli occupati sono diminuiti di 1 milione e centomila unità mentre i disoccupati sono più che raddoppiati, ora superano i 3 milioni. Dei senza lavoro, due su tre sono uomini. Su questi dati, Luca Collodi ha intervistato mons. Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari, presidente del Comitato organizzatore delle Settimane Sociali dei cattolici italiani:

    R. - Questo numero è impressionate: 41,6%! In una regione come la Sardegna, purtroppo, questi numeri sono ancora più alti e paradossalmente rischiamo di assuefarci a questi dati, a questi numeri finché non incontriamo concretamente delle persone. Anche coloro che sono chiamati a promuovere e a creare posti di lavoro, credo che abbiano bisogno di incontrare di più situazioni concrete. Dietro ai numeri ci sono situazioni concrete, veramente drammatiche! Non passa settimana che non ci sia anche - purtroppo! - qualche suicidio legato a queste situazioni.

    D. - Sono dati, questi dell’Istat, che ci danno l’idea di come l’onda lunga della crisi continui a distruggere posti di lavoro più che a crearli, ma una crisi che persiste nonostante le rassicurazioni del mondo politico?

    R. - Sì. Qualche osservazione credo che sia utile. La prima è che questa visione della crisi è globale e questo dovrebbe mettere il nostro Paese, la nostra società in un atteggiamento di maggiore impegno per non illudersi di poter tornare, almeno in tempi rapidi, a situazioni di benessere come quelle che abbiamo avuto fino a qualche anno fa. Una seconda considerazione: per fare un discorso di questo genere è importante uno stile di essenzialità e di sobrietà. E una terza considerazione è sul danno culturale e antropologico che questa diminuzione dei posti di lavoro comporta. C’è sì il danno economico - e quello è il più evidente e quello di cui tutti parlano - ma c’è un danno culturale e antropologico! Viene meno questa dimensione essenziale per la vita. E’ quello che il Papa ci diceva a Cagliari: questa dimensione essenziale, per una vita dignitosa, del lavoro, del lavoro inteso come creatività, come espressione delle proprie capacità. Tornando alla mia regione, la Sardegna, abbiamo ormai due generazioni di persone adulte e qualcuna anche super-adulta che non hanno mai avuto un lavoro stabile, fisso. Questo è un danno enorme! E’ un po’ come la crisi demografica: gli effetti sono a lungo termine. Dobbiamo guardare avanti e dobbiamo cominciare a renderci conto del danno.

    D. - La Chiesa come può sostenere questo processo di rilancio dell’occupazione, soprattutto giovanile in Italia?

    R. - Vorrei dire che per la Chiesa questo non è solo un problema sociale: è un problema anche pastorale. La Chiesa che cosa può fare? Intanto sul campo concreto penso, ad esempio, ai tanti che sono impegnati nella promozione di esperienze cooperativistiche: penso al "Progetto Policoro", ma anche ad altre esperienze. Uno dei compiti nostri dovrebbe proprio essere quello di mettere in evidenza gli esempi virtuosi, per far capire anche ad altri che è possibile, che si può reagire, e vincere la rassegnazione. Questo credo che sia uno dei nostri compiti: far circolare le informazioni utili, far incontrare e favorire anche l’incontro tra i giovani - molti dei quali hanno progetti, hanno fantasia, hanno creatività - e le istituzioni, le persone che possono concretamente sbloccare le pastoie burocratiche: quelle pratiche che attendono visti e nullaosta, che giacciono per settimane, mesi. Questo non è possibile, quando di fronte ci sono possibilità concrete di avviare dei posti di lavoro!

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    Tasi: rischio stangata nei comuni meno virtuosi

    ◊   La pressione fiscale nel terzo trimestre 2013 è stata pari al 41,2%, inferiore di 1,2 punti percentuali rispetto allo stesso trimestre del 2012. Lo comunica l'Istat. Intanto, si continua a discutere dell’introduzione della Tasi. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Verso la fine del 2013 il fisco si è fatto meno sentire. Ma se consideriamo un periodo più lungo - i primi nove mesi dello scorso anno - la pressione fiscale é stata del 41,4%, superiore di 0,2 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2012. E da quest’anno ci sarà la Tasi, ovvero l’imposta sui servizi indivisibili. L’aliquota, su tutti gli immobili, non potrà superare il 2,5 per mille. Ma i comuni potranno applicare un aumento dallo 0,1 per mille allo 0,8 per mille, a fronte però di detrazioni per famiglie e ceti deboli. Per i sindaci, i comuni comunque avranno un calo del gettito. E poi c’è il nodo della "mini Imu". Il commento di Paolo Conti, responsabile dei Caf Acli:

    R. – Le sollecitazioni maggiori sulla casa, attualmente, sono relative a questa "mini Imu", che sembrava prima non dovesse partire, poi è decollata e poi si è rifermata, e ieri praticamente ha avuto la conferma dell’obbligo del pagamento da parte del Governo. Pertanto, il 24 gennaio, avremo l’80 per cento dei soggetti, che hanno pagato l’Imu per la prima casa nel 2012, che saranno assoggettati a questo tributo anche per il 2013. E’ un lavoro enorme, dunque, tenendo conto che oltre il 60 per cento dei Comuni, capoluogo di Provincia, ha incrementato l’aliquota dell’abitazione principale

    D. – Come risponde a chi dice che la Tasi in qualche modo è una Imu mascherata?

    R. – E’ assolutamente la verità, perché, a tutti gli effetti, i parametri di calcolo, i valori delle rendite catastali, sono tutti invariati: è diverso solo il meccanismo di calcolo.

    D. – Senza detrazioni, le famiglie rischiano una stangata?

    R. – Quello dipenderà assolutamente dai Comuni. Mentre prima la detrazione era una detrazione, fissata dalla normativa statale, oggi diventa una detrazione facoltativa, stabilita dai singoli Comuni sulla base delle loro esigenze di bilancio. Lasciare agli enti locali questa possibilità, probabilmente creerà un’Italia a più velocità e a più parametrizzazione. I Comuni, infatti, più virtuosi probabilmente avranno la possibilità di aumentare addirittura le detrazioni, rispetto a quello che era il valore standard dello Stato dell’anno precedente, e i Comuni invece con qualche difficoltà di bilancio in più e meno capaci, probabilmente, di gestire le proprie risorse negli anni precedenti, dovranno inasprire e, di conseguenza, i cittadini di questi Comuni si troveranno doppiamente danneggiati.

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    "Guttuso. Credeva di non credere": la Lev pubblica il nuovo libro di mons. Crispino Valenziano

    ◊   Un percorso tra le opere Renato Guttuso, ma anche un’analisi del rapporto con la cristianità del pittore. Mons. Crispino Valenziano ne parla nel suo nuovo libro dal titolo “Guttuso. Credeva di non credere…”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana. L’autore incontrò per la prima volta l’artista nel 1984. A lui chiese di collaborare all’allestimento dell’Evangeliario delle Chiese d’Italia. Ascoltiamo mons. Valenziano al microfono di Filippo Passantino:

    R. – A un secolo dalla sua nascita e a 25 anni dalla sua morte, ho sentito impellente il bisogno di scriverne. L’occasione prossima, poi, è stata data dal direttore della Libreria Editrice Vaticana che mi ha chiesto di scrivere di un artista siciliano e gli ho detto subito: “Guttuso”!

    D. – Il sottotitolo del libro è “Credeva di non credere”: perché?

    R. – Lui è nato con una cultura cristiana, in una cultura cristiana, e ha elaborato le sue proprie idee, le sue proprie posizioni, persino politiche, in questa cultura cristiana, che gli aderiva dentro al punto tale che autobiograficamente egli dice che non potrebbe mai dirsi ateo; non può dirsi cristiano, non si dice cristiano, perché teme che con ciò parli in maniera superba, in maniera arrogante. Ma non si dirà mai “ateo”.

    D. – Qual è il rapporto tra Guttuso e il sacro?

    R. – Totale. Ma inconscio. Ecco perché io dico “credeva di non credere”. Lui aveva un senso di Dio che magari l’avessimo sempre, l’avessero tutti, quelli che ci diciamo davvero “fedeli”! La fedeltà è qualcosa che aderisce alla fede.

    D. – Come ricorda il suo rapporto con Guttuso?

    R. – Per me è stata una grazia di Dio. Credo che anche il suo incontro con me sia tale, perché il discorso è reciproco. Come del resto con chiunque ci sta accanto e ci richiama profondamente al nostro vissuto di fede, al nostro vissuto di rapporto con Dio: è grazia di Dio.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Iraq. L'Ayatollah al-Sistani: le violenze contro i cristiani sono una minaccia per tutto il Paese

    ◊   Le violenze che colpiscono i cristiani in Iraq rappresentano un danno per l'intero Paese. E' questa la convinzione espressa dal grande Ayatollah Ali al-Husayni al-Sistani durante l'incontro avuto ieri con una delegazione della Comunità di Sant'Egidio ricevuta in udienza dalla maggiore guida spirituale e politica degli sciiti iracheni nella città santa di Najaf. Lo rendono noto fonti locali consultate dall'agenzia Fides, che riportano i contenuti di una conferenza stampa tenuta dopo l'incontro da Andrea Trentini, membro della delegazione di Sant'Egidio. Nel colloquio – ha spiegato Trentini – al-Sistani ha manifestato la sua piena solidarietà ai cristiani iracheni, ribadendo che occorre preservare la presenza delle comunità cristiane autoctone nel Paese e che le violenze mirate di cui esse sono vittime, rappresentano una minaccia per l'intero Iraq. La delegazione della Comunità di Sant'Egidio si trova in Iraq per partecipare a un simposio sui temi della convivenza e del dialogo tra le confessioni religiose. (R.P.)

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    Sud Sudan: ancora scontri nonostante le trattative di pace avviate

    ◊   Continuano gli scontri in Sud Sudan. Nonostante le trattative di pace già avviate, pochi giorni fa una ventina di feriti sono giunti all’ospedale di Lui. Contemporaneamente all’ospedale di Yirol, al confine con la provincia di Bor, teatro degli scontri più violenti delle ultime settimane, il lavoro del Cuamm continua nel fronteggiare l’emergenza degli sfollati che hanno raggiunto Minkamen. Sono circa 20 mila e hanno bisogno di zanzariere, cibo, farmaci e strumenti per igienizzare l’acqua. Gli operatori hanno garantito un primo sostegno con la fornitura di trattamenti antimalarici, amoxicillina, metronidazolo, sali di reidratazione, e paracetamolo. Intanto, sono più di 23mila i civili sud sudanesi che finora hanno passato la frontiera con l’Uganda dallo scorso 16 dicembre. Il dato è stato riportato da un bollettino dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), secondo il quale l’esodo massiccio di civili in fuga dalle violenze continua con cadenza quotidiana. Nessuna novità, invece, arriva dal fronte dei negoziati in corso da due giorni ad Addis Abeba, in Etiopia. L’accordo per un atteso “cessate il fuoco” sembra ostacolato dalla questione del rilascio dei prigionieri politici, chiesto da Machar e rifiutato del presidente Salva Kiir. Fonti vicine alle due parti hanno parlato di “stallo” e lasciato intendere che una possibile svolta non sarà immediata. (F.P.)

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    Bangladesh: giura il nuovo parlamento, ma non si fermano gli attacchi ai cattolici

    ◊   Il nuovo parlamento del Bangladesh, emerso dal voto di domenica boicottato dall’opposizione, ha giurato stamani. Un atto che apre un nuovo capitolo istituzionale, seppure segnato dai 25 morti della giornata elettorale e dal disconoscimento delle opposizioni. Da un lato, Sheikh Hasina, alla guida di un governo sostanzialmente laicista, ma poco incline al compromesso e all’ascolto; dall’altro l’opposizione di 18 partiti coalizzata attorno al Partito nazionalista del Bangladesh guidato da Khaleda Zia, che include anche movimenti di matrice religiosa islamista, come il Jamaat-e-Islami. Le violenze verificatesi nel giorno delle elezioni, che hanno consentito di ottenere al Partito dell'Awami League 232 dei 300 seggi, però, non si sono fermate. E durante il giuramento un gruppo composto da centinaia di fanatici islamisti – racconta all'agenzia AsiaNews - ha attaccato la comunità cattolica del distretto di Jamalpur, "colpevole" di aver votato alle elezioni politiche del 5 gennaio scorso. Nell'attacco otto persone sono rimaste ferite: tre sono ricoverate in gravi condizioni nell'Istituto medico di Dhaka. Al voto aveva partecipato circa il 20 % della popolazione, contro il 70 % delle parlamentari del 2008. (F.P.)

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    Filippine: milioni di pellegrini per la processione del Nazareno nero

    ◊   Milioni di pellegrini hanno seguito oggi il cammino della statua del Nazareno Nero nella capitale Manila. Una massiccia manifestazione di devozione che ha accompagnato il simulacro, una copia dell’originale, per un percorso di sei chilometri dal centrale parco Rizal alla basilica di Quiapo dove viene conservata la statua di legno d’ebano a cui si attribuiscono poteri miracolosi. Per l’occasione sono state chiuse un gran numero di scuole e la polizia è stata chiamata in forze a gestire il traffico e a garantire la sicurezza dei partecipanti, convenuti su Manila da tutto il Paese. Dieci milioni, secondo le stime ufficiali, un milione più dello scorso anno, a piedi nudi per imitare il cammino di Gesù sul Golgota, hanno accompagnato l’immagine di Cristo, portata nel Paese dagli spagnoli dal loro vicereame messicano il 31 maggio 1606. Almeno 300 i partecipanti che sono dovuti ricorrere ai servizi d’emergenza. La manifestazione acquista un’importanza particolare oggi, a due mesi dalla devastazione portata sulle Filippine centrali dal super-tifone Haiyan. Per gli 8.000 tra morti e dispersi ma anche per i sopravvissuti, si è chiesta l’intercessione del Nazareno Nero, sopravvissuto all’incendio del galeone nella traversata da Acapulco a Manila. L'arcivescovo di Manila, il card. Luis Antonio Tagle, ha celebrato una Messa prima della partenza della processione. All'omelia - riferisce l'agenzia AsiaNews - il porporato si è soffermato sul compito dei cattolici nella società, sottolineando che non è sufficiente la semplice devozione per proclamare l'amore di Dio. "Trovo molto grave - ha affermato - scoprire che atti di cui dovremmo vergognarci vengano commessi con orgoglio. Ad esempio, spesso rubiamo senza provare rimorso, mentre dovremmo avere vergogna di un tale atto". Per il presule non bisogna invece avere paura e timore "di proclamare al mondo che siamo stati amati da Cristo e che noi amiamo". Tuttavia, per l'arcivescovo di Manila "percorrere il sentiero di Cristo non significa semplicemente seguire le sue orme", ma occorre lasciare che "i suoi insegnamenti e il suo esempio diventino parte dello standard di vita di ogni fedele". "Non possiamo seguire Gesù se le nostre menti sono sempre piene di avidità di denaro, a maggior ragione , se le truffe e gli abusi sono il modo con cui ci rapportiamo ai nostri fratelli". Ricordando il valore della preghiera, molto sentita dai filippini, il card. Tagle si è soffermato sul significato di questo gesto che è nato soprattutto per fare memoria di Dio e delle sofferenze delle persone. "Se preghiamo veramente - ha sottolineato - se siamo veramente uniti con il Signore, noi non dimentichiamo i nostri fratelli e sorelle". "Infatti ci stiamo lentamente dimenticando delle persone colpite dagli scontri di Zamboanga fra le forze del governo ed i ribelli moro. Il presule ha spiegato che senza pregare si possono scordare le vittime del terremoto di Bohole delle altre tragedie che sono ancora vive nella memoria dei fedeli. "Fino a quando - ha continuato - potremo ricordare le vittime del tifone Haiyan". "Coloro che non scordano Dio non dimenticheranno nemmeno loro". (R.P.)

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    Vescovi maroniti: richiamo a tutti i libanesi a rinnovare il loro atto di fede nel Libano

    ◊   Il Libano assomiglia a Prometeo, l'eroe mitologico greco amico del genere umano, punito dagli dèi per aver portato agli uomini il dono del fuoco. Allo stesso modo, il Paese dei cedri viene colpito perchè in un'area del mondo dilaniata dagli scontri settari, dalle pulizie etnico-religiose e dalle lotte per imporre regimi oscurantisti, ha tentato di preservare una convivenza dove le diverse componenti sociali e religiose potessero partecipare in maniera paritaria all'esercizio del potere. Così, ricorrendo alla mitologia greca, l'Assemblea mensile dei vescovi maroniti – svoltasi ieri nella sede patriarcale a Bkerkè, sotto la presidenza del patriarca Bechara Boutros Rai - ha descritto la condizione del Paese in questo drammatico frangente storico, richiamando tutti i libanesi “a rinnovare il loro atto di fede nel Libano, come entità e come formula, preservandone il ruolo e la missione svolta nella regione e in seno alla comunità internazionale”. I motivi politici e confessionali invocati per giustificare “il regno del terrore che si cerca di imporre con le auto-bomba, con la crescente instabilità e con le diverse aggressioni” si legge nel comunicato finale dell'Assemblea, pervenuto all'agenzia Fides “pongono tutti i libanesi insieme davanti alla responsabilità di impedire che la loro Patria sia trasformata in una terra devastata”. Il Libano vive di fatto senza governo da nove mesi. I veti incrociati dei blocchi politici contrapposti paralizzano la vita politica del Paese, mentre si avvicinano le elezioni presidenziali, in programma per il prossimo maggio. I vescovi nel loro comunicato esortano tutti i parlamentari “a farsi carico dei propri doveri”, affrettandosi a formare un governo che sia all'altezza del momento drammatico vissuto dal Paese e assicurando la continuità vitale delle istituzioni. (R.P.)

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    Colombia: la Chiesa promuove una marcia contro la violenza

    ◊   Una grande folla ha partecipato a Cali alla marcia contro la nuova ondata di violenza. L’iniziativa è stata promossa dalla Chiesa locale per dimostrare solidarietà alla famiglia di Fabiola Ruiz, la lavoratrice domestica uccisa il 31 dicembre 2013 nella propria casa per mano di due sicari. Numerosi fedeli hanno marciato e pregato insieme, con una candela e un rosario in mano, dalla parrocchia del quartiere dove viveva la donna, nell’Alto Giordano fino al luogo dove è stato commesso l'omicidio. La nota pervenuta all’agenzia Fides ricorda l'impegno dell’arcivescovo di Cali, mons. Dario de Jesus Monsalve, per la non violenza. Alla stampa locale ha detto che “la nostra marcia è un modo di dire basta alla violenza partendo dalla nostra fede. Noi non ci fermiamo, vogliamo coinvolgere tutta la comunità a fermare questa ondata di violenza”. Alla fine di settembre l’arcivescovo aveva denunciato con forza la violenza contro i sacerdoti, dopo l’omicidio del parroco e del viceparroco di San Sebastián di Roldanillo. Da un rapporto pubblicato dalla stampa locale, risulta che nei primi sei giorni del 2014 a Cali sono state uccise 25 persone in episodi isolati, fra cui quattro minorenni. Solo nel 2013 ci sono stati più di 1.900 omicidi, di cui 1.600 commessi con armi da fuoco. La vendetta è stata la causa principale, seguita dagli scontri tra bande. (F.P.)

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    Malaysia. Controversia “Allah”: la polizia interroga padre Lawrence

    ◊   La polizia malaysiana ha consegnato al pubblico ministero i verbali dell'interrogatorio di padre Lawrence Andrew, direttore del settimanale cattolico Herald, finito nel mirino delle autorità per le recenti dichiarazioni sul caso "Allah". Dagli uffici della procura, intanto -riferisce l'agenzia AsiaNews - vengono smentite le voci di possibili, nuovi inviti a comparire per il sacerdote, nel mirino delle autorità per aver criticato l'irruzione e il sequestro di centinaia di copie della Bibbia operato dalle autorità islamiche di Selangor. Padre Lawrence è indagato con l'accusa di "sedizione"; fonti cattoliche riferiscono che la situazione è "molto difficile", mentre il sacerdote non intende rilasciare dichiarazioni ufficiali alla stampa per non alimentare ulteriori polemiche. Intanto la vicenda ha varcato i confini nazionali e acceso un dibattito fra i musulmani di tutto il mondo: Muhammad Musri, imam ed esperto di legge islamica con base negli Stati Uniti, si rivolge al governo di Kuala Lumpur invitandolo a concedere l'uso del nome "Allah". "Sono un esperto di islam - sottolinea - e un imam che ha imparato il Corano a memoria. E sono fermamente convinto che la decisione del tribunale malaysiano [che vieta l'uso ai cristiani, ndr] sia in contrasto con i valori dell'islam" e vada rivisto, poiché si tratta di un "tragico errore". Il 7 gennaio padre Lawrence è stato interrogato per due ore dalla polizia di Selangor; al centro del colloquio, le dichiarazioni rilasciate dal sacerdote secondo cui organismi e istituti islamici non hanno diritti né giurisdizione verso enti e associazioni cristiane. Da questo deriva il fatto che il raid compiuto contro la sede della Bms e il sequestro delle Bibbie, come sottolineato nei giorni scorsi ad AsiaNews, è un atto "profondamente sbagliato" e "illecito". Egli ha inoltre aggiunto che le chiese della regione continueranno a usare il nome "Allah" per definire il Dio cristiano nelle funzioni domenicali, poiché il bando all'uso vale solo per il settimanale cattolico. Oggi gli investigatori hanno consegnato il fascicolo con i verbali dell'interrogatorio al magistrato titolare dell'indagine. Assieme al sacerdote sono state sentite altre 99 persone; la polizia conferma la chiusura dell'indagine, ora toccherà alla procura valutare le singole posizioni e decidere per l'eventuale rinvio a giudizio. Nel corso del faccia a faccia con i poliziotti, padre Lawrence ha inoltre fornito diverse prove (testi antichi, Bibbie e altro ancora) inerenti all'uso centenario della parola "Allah" da parte dei cristiani. L'invito a comparire emesso nei confronti di padre Lawrence ha suscitato una vasta eco in Malaysia, anche perché è giunto a pochi giorni di distanza dall'irruzione negli uffici della Bible Society of Malaysia (Bms) di Selangor da parte di funzionari del Dipartimento religioso islamico locale (Jais). Nel corso del raid le autorità hanno sequestrato 320 copie della Bibbia in lingua Malay e prelevato per alcune ore due membri della comunità cristiana, poi rilasciati nelle ore successive. Il blitz degli islamisti nei locali della società cristiana si inserisce nella diatriba in atto da tempo sull'uso della parola "Allah" per i non musulmani, divampata in seguito allo scontro - giunto fino alle aule del tribunale - fra il direttore del settimanale cattolico Herald e il governo. Nell'ottobre scorso una sentenza della Corte di appello ha di fatto negato al settimanale cattolico diretto da padre Lawrence di usare la parola "Allah" per definire il Dio cristiano; il sacerdote ha fatto richiesta di appello contro la sentenza. All'indomani del verdetto, alcuni funzionari del ministero degli Interni hanno bloccato 2mila copie della rivista dell'arcidiocesi di Kuala Lumpur all'aeroporto di Kota Kinabalu, nello Stato di Sabah. Il sequestro era "giustificato" dalla necessità di verificare se la pubblicazione fosse "conforme" al dispositivo emesso dai magistrati e "non vi fosse un uso illegittimo della parola Allah". (R.P.)

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    India: la morte in Kerala del leggendario missionario gesuita padre Zucol

    ◊   Si sono svolti ieri pomeriggio in Kerala i funerali del padre gesuita Linus Maria Zucol, deceduto lunedì scorso. Padre Zucol, anche conosciuto in India come “Zucolachan”, aveva 97 anni ed era considerato una figura leggendaria nel Paese per il suo indefesso impegno nei confronti dei gruppi delle caste più basse e dei più poveri in generale. Originario di Sarnico, cittadina dell’Italia settentrionale, era stato ordinato sacerdote nel 1940. Diventato in seguito gesuita, ha svolto la sua opera missionaria in Africa e Giappone, prima di approdare in India nel 1948. E’ stato l’ispiratore della Deena Sevana Sabha (Società per l’aiuto degli indigenti dello stato del Malabar) nel 1968. Nel 1979 avvia la propria parrocchia a Pariyaram, 20 km a est della città di Kannur, dove rimarrà per i successivi 39 anni. Nel 1980 diviene cittadino indiano. Padre Zucol era molto conosciuto per aver costruito numerosi alloggi per i poveri e per avere finanziato la nascita di microimprese artigianali. La sua opera ha permesso inoltre la costruzione di circa 30 chiese per la maggior parte nel distretto di Kannur, nello Stato del Kerala. Padre Zucol è stato infine il direttore spirituale di Suor Maria Celine, proclamata Serva di Dio nel 2008. Padre Linus Maria Zucol ha avuto un collasso nel dicembre scorso mentre celebrava la Messa; ricoverato in ospedale, è morto nella notte di lunedì. (A cura di Stefano Leszczynski)

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    India. Padre Kani vince il Premio dell'onestà per il giornalismo

    ◊   Si chiama padre Jacob Kani, appartiene all’Ordine dei Cappuccini ed è redattore capo del settimanale “Indian Currents” nella regione indiana del Madhya Pradesh. A lui è andato il premio 2013 per l’onestà nel giornalismo, attribuito ogni anno dalla Honesty Foundation di Goa, organizzazione caritativa che mira a diffondere i valori fondamentali, come appunto l’onestà, tra le giovani generazioni. Giunto alla seconda edizione, il riconoscimento è stato attribuito a padre Kani “per l’onestà ed il coraggio” che caratterizzano le sue pubblicazioni, con cui “conduce una battaglia implacabile contro la corruzione, il fondamentalismo religioso e le crescenti tensioni indipendentiste nel Paese”. “Ogni volta che l’India ha affrontato questi problemi – si legge nella motivazione del premio – l’Indian Currents si è schierato con forza e coraggio contro tali ideologie, rimanendo fedele ai valori della verità, della giustizia e della pace”. Da ricordare che il settimanale diretto da padre Kani aveva già ricevuto, il mese scorso, il premio “Giornalismo coraggioso”, attribuitogli dall’Associazione della stampa cattolica indiana per i 25 anni di pubblicazione. (I.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 9

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.