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Sommario del 27/02/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: il vescovo sia testimone umile e coraggioso del Risorto, non ci servono manager
  • Il Papa ai vescovi amici del Movimento dei Focolari: Chiesa, parabola di comunione
  • Papa Francesco: cristiani incoerenti, scandalo che uccide
  • Pubblicato il calendario delle celebrazioni liturgiche presiedute dal Papa in marzo e aprile
  • Tweet del Papa: in una famiglia è normale farsi carico di chi ha bisogno, non abbiate paura della fragilità
  • Il Papa nomina i vescovi di Vercelli e Piazza Armerina
  • Altre udienze
  • Firmato il Protocollo di partecipazione della Santa Sede all'Expo di Milano 2015
  • Mons. Tomasi: il negoziato sulla Siria non procede bene, Usa e Russia spingano per la pace
  • Aids: 15 milioni di pazienti in terapia entro il 2015. La speranza di Onu e Caritas Internationalis
  • Scritti di Papa Francesco: comunicato sulla tutela dei diritti d'autore
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ucraina: assalto armato filorusso in Crimea, cresce il rischio secessione
  • Pakistan, blasfemia: resta in carcere Asia Bibi, nuovo rinvio per l'udienza dell'appello
  • Il rapporto Italia-Europa nei recenti interventi di Renzi: il commento dell'economista Altomonte
  • Tribunale apre all'utero in affitto. Scienza e Vita: non è soluzione, ma speculazione su sofferenza
  • Green Economy: per l'Italia una strada possibile per uscire dalla crisi
  • Malattie rare: una video-favola per sensibilizzare alla solidarietà
  • Memoria di San Grabriele dell'Addolorata: grande festa al Santuario ai piedi del Gran Sasso
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Ecumenismo. Il card. Koch: "Compiere passi sulla questione del Primato"
  • Il card. Tagle a Milano: "La periferia ci insegna come vivere fede. amore e speranza"
  • Siria: gruppo jihadista impone regole di sottomissione ai cristiani di Raqqa
  • Save the children: nel mondo ogni anno 1 milione e 200mila bambini muoiono nel primo giorno di vita
  • Somalia: a rischio 50 mila bambini per malnutrizione e condizioni igienico sanitarie inadeguate
  • Sud Sudan: appello di mons. Taban alla comunità islamica: "Lavoriamo insieme per la pace
  • Giordania: tensione con Israele sui Luoghi Santi. Mons. Lahham: basta provocazioni
  • Papa in Terra Santa: sito ufficiale del viaggio degli Ordinari cattolici
  • Turchia: completata la restituzione delle terre al Monastero siro-ortodosso di Mor Gabriel
  • Congo: consacrato a Louvakou un santuario dedicato alla Divina Misericordia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: il vescovo sia testimone umile e coraggioso del Risorto, non ci servono manager

    ◊   “La Chiesa ha bisogno di Pastori autentici” che abbiano cura del proprio gregge: è quanto sottolineato da Papa Francesco in un lungo e appassionato discorso alla Congregazione per i Vescovi. Il Pontefice ha indicato in modo dettagliato quali sono i criteri che dovrebbero animare la scelta dei presuli. “Non ci serve un manager”, ha avvertito, il vescovo sia un testimone del Risorto umile e coraggioso. La Chiesa, ha aggiunto, non ha bisogno di apologeti o crociati ma di “seminatori umili e fiduciosi della verità”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Nel firmare la nomina di ogni Vescovo vorrei poter toccare l’autorevolezza del vostro discernimento”. Papa Francesco ha usato quest’immagine per sottolineare quanto sia fondamentale il lavoro della Congregazione per i Vescovi. Questo dicastero, ha osservato, “esiste per assicurarsi che il nome di chi è scelto sia stato prima di tutto pronunciato dal Signore”. Quindi, ha come tracciato il modello ideale di un vescovo:

    “…abbiamo bisogno di uno che ci sorvegli dall’alto; abbiamo bisogno di uno che ci guardi con l’ampiezza del cuore di Dio; non ci serve un manager, un amministratore delegato di un’azienda, e nemmeno uno che stia al livello delle nostre pochezze o piccole pretese. Ci serve uno che sappia alzarsi all’altezza dello sguardo di Dio su di noi per guidarci verso di Lui. Solo nello sguardo di Dio c’è il futuro per noi”.

    Al tempo stesso, ha proseguito, bisogna riconoscere che “non esiste un Pastore standard per tutte le Chiese”. Cristo, ha soggiunto, “conosce la singolarità del Pastore che ogni Chiesa richiede”. La “nostra sfida” è allora “entrare nella prospettiva di Cristo”, “tenendo conto di questa singolarità delle Chiese particolari”. Per scegliere tali ministri, ha così spiegato, “abbiamo bisogno tutti noi di elevarci” al di sopra di “preferenze, simpatie, appartenenze o tendenze” ed “entrare nell’ampiezza dell’orizzonte di Dio”. Servono, ha ribadito, “Pastori dotati di parresia” non “condizionati dalla paura dal basso”. Ed ha invitato quanti lavorano alla Congregazione di svolgere il loro compito con “professionalità, servizio e santità di vita” e con “santa inquietudine”. Ma dove trovare dunque la luce per scegliere i pastori? “L’altezza della Chiesa – ha detto il Papa – si trova sempre negli abissi profondi delle sue fondamenta”, “il domani della Chiesa abita sempre nelle sue origini”. E qui ha sottolineato quanto sia importante l’unità della Chiesa, la “Successione ininterrotta” dei vescovi. “Le persone – ha constatato – già conoscono con sofferenza l’esperienza di tante rotture: hanno bisogno di trovare nella Chiesa quel permanere indelebile della grazia del principio”. Ha così affermato che il primo criterio per “tratteggiare il volto dei Vescovi” è che sia un testimone di Cristo:

    “Chi è un testimone del Risorto? È chi ha seguito Gesù fin dagli inizi e viene costituito con gli Apostoli testimone della sua Risurrezione. Anche per noi questo è il criterio unificante: il Vescovo è colui che sa rendere attuale tutto quanto è accaduto a Gesù e soprattutto sa, insieme con la Chiesa, farsi testimone della sua Risurrezione”.

    Il Vescovo, ha proseguito, “è anzitutto un martire del Risorto. Non un testimone isolato ma insieme con la Chiesa”. La sua vita come il suo ministero, ha avvertito, “devono rendere credibile la Risurrezione”:

    “Il coraggio di morire, la generosità di offrire la propria vita e di consumarsi per il gregge sono inscritti nel ‘DNA’ dell’episcopato. La rinuncia e il sacrificio sono connaturali alla missione episcopale. E questo voglio sottolinearlo: la rinuncia e il sacrificio sono connaturali alla missione episcopale. L’episcopato non è per sé ma per la Chiesa, per il gregge, per gli altri, soprattutto per quelli che secondo il mondo sono da scartare”.

    Per individuare un vescovo, ha detto, “non serve la contabilità delle doti umane, intellettuali, culturali e nemmeno pastorali. Il profilo di un vescovo non è la somma algebrica delle sue virtù”. E’ certo, ha ammesso, che “ci serve uno che eccelle” per integrità, solidità cristiana, fedeltà alla Verità, trasparenza, capacità di governare. E tuttavia, queste “imprescindibili doti” devono essere “una declinazione della centrale testimonianza del Risorto, subordinati a questo prioritario impegno”. Due atteggiamenti, ha soggiunto, sono imprescindibili: “la coscienza davanti a Dio e l’impegno collegiale. Non l’arbitrio ma il discernimento insieme. Nessuno può avere in mano tutto”:

    “È sempre imprescindibile assicurare la sovranità di Dio. Le scelte non possono essere dettate dalle nostre pretese, condizionate da eventuali ‘scuderie’, consorterie o egemonie. Per garantire tale sovranità ci sono due atteggiamenti fondamentali: il tribunale della propria coscienza davanti a Dio e la collegialità”.

    I vescovi, è stata ancora la sua esortazione devono essere prima di tutto kerigmatici, “poiché la fede viene dall’annuncio”. Servono, ha detto, “uomini custodi della dottrina non per misurare quanto il mondo viva distante dalla verità che essa contiene, ma per affascinare il mondo” con “la bellezza dell’amore, per sedurlo con l’offerta della libertà donata dal Vangelo”:

    “La Chiesa non ha bisogno di apologeti delle proprie cause né di crociati delle proprie battaglie, ma di seminatori umili e fiduciosi della verità, che sanno che essa è sempre loro di nuovo consegnata e si fidano della sua potenza”.

    I vescovi, ha soggiunto, siano “uomini pazienti” consapevoli che “la zizzania non sarà mai così tanta da riempire il campo”. Bisogna sempre “agire come fiduciosi seminatori, evitando la paura di chi si illude che il raccolto dipenda solo da sé o l’atteggiamento degli scolari che, avendo tralasciato di fare i compiti, gridano che ormai non c’è più nulla da fare”. E i vescovi, ha detto ancora, devono essere uomini di preghiera:

    “Un uomo che non ha il coraggio di discutere con Dio in favore del suo popolo non può essere Vescovo, ma questo lo dico dal cuore, sono convinto e neppure colui che non è capace di assumere la missione di portare il popolo di Dio fino al luogo che Lui, il Signore gli indica”.

    La Chiesa, ha poi affermato, “ha bisogno di Pastori autentici”, “non padroni della Parola, ma consegnati a essa, servi della Parola”. Ed ha sottolineato che l’eredità di un Vescovo non è l’oro o l’argento, ma la santità. “La Chiesa – ha affermato – rimane quando si dilata la santità di Dio nei suoi membri”. Riprendendo la Lumen Gentium, Papa Francesco ha infine messo l’accento su due aggettivi della cura del gregge: “Assidua e quotidiana”. E questo soprattutto perché nel nostro tempo queste due qualità vengono spesso “associate alla routine e alla noia” e dunque c’è la tentazione di “scappare verso un permanente altrove”:

    “Perciò è importante ribadire che la missione del Vescovo esige assiduità e quotidianità. Al gregge serve trovare spazio nel cuore del Pastore (...) Se questo non è saldamente ancorato in sé stesso, in Cristo e nella sua Chiesa, sarà continuamente sballottato dalle onde alla ricerca di effimere compensazioni e non offrirà al gregge alcun riparo”.

    Il Papa ha così messo l’accento sull’attualità del “decreto di residenza” del Concilio di Trento sul quale ha invitato la Congregazione a scrivere qualcosa. Forse, ha concluso il Papa, non cerchiamo abbastanza i pastori ma “sono certo che essi ci sono, perché il Signore non abbandona la sua Chiesa”.

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    Il Papa ai vescovi amici del Movimento dei Focolari: Chiesa, parabola di comunione

    ◊   Un invito a volersi bene “pur nelle differenze di carattere, di provenienza, di età”. È l’esortazione del Papa, nel discorso ai vescovi amici del Movimento dei Focolari, riuniti in questi giorni a Castel Gandolfo per il loro 37.mo incontro internazionale, sul tema: “La reciprocità dell’amore tra i discepoli di Cristo”. Il servizio di Giada Aquilino:

    “Una convivenza fraterna, in cui condividere le esperienze spirituali e pastorali nella prospettiva del carisma dell’unità”. È il convegno dei vescovi amici del Movimento dei Focolari nelle parole di Papa Francesco, che ha ricordato ai presuli come essi siano “chiamati a portare a questi incontri il respiro ampio della Chiesa” e a far sì che, quanto ricevuto in questa occasione, “vada a beneficio di tutta la Chiesa”:

    “La società di oggi ha un grande bisogno della testimonianza di uno stile di vita da cui traspaia la novità donataci dal Signore Gesù: fratelli che si vogliono bene pur nelle differenze di carattere, di provenienza, di età… Questa testimonianza fa nascere il desiderio di essere coinvolti nella grande parabola di comunione che è la Chiesa”.

    Quando una persona avverte che ‘la reciprocità dell’amore tra i discepoli di Cristo’ è possibile ed è “capace di trasformare la qualità delle relazioni interpersonali”, si sente chiamata - ha sottolineato il Pontefice ai partecipanti all’assise del Movimento fondato da Chiara Lubich - “a scoprire o a riscoprire Cristo, si apre all’incontro con Lui vivo e operante, viene spronata - ha proseguito - ad uscire da sé stessa per andare verso gli altri e diffondere la speranza che ha ricevuto in dono”. Prendendo spunto dalla Lettera apostolica Novo millennio ineunte del beato Giovanni Paolo II, il Santo Padre ha ricordato che “fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione” è davvero fondamentale per l’efficacia di ogni impegno nell’evangelizzazione: rivela infatti “il desiderio profondo del Padre”, cioè che “tutti i suoi figli vivano da fratelli”, “la volontà del cuore di Cristo”, cioè che “tutti siano una sola cosa”, e “il dinamismo dello Spirito Santo, la sua forza di attrazione libera e liberante”:

    “Coltivare la spiritualità di comunione contribuisce inoltre a renderci più capaci di vivere il cammino ecumenico e il dialogo interreligioso”.

    In tale prospettiva, l’auspicio di Papa Francesco è stato che il convegno di Castel Gandolfo “sia occasione propizia per crescere nello spirito della collegialità e - ha concluso - per ricavare dall’amore reciproco motivo di incoraggiamento e di speranza rinnovata”.

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    Papa Francesco: cristiani incoerenti, scandalo che uccide

    ◊   Il cristiano incoerente dà scandalo e lo scandalo uccide: sono parole molto forti quelle che Papa Francesco ha pronunciato oggi durante la Messa presieduta a Santa Marta. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    L’omelia del Papa ha preso lo spunto da una Cresima amministrata durante la Messa. Chi riceve questo Sacramento – ha affermato Papa Francesco – “manifesta la sua voglia di essere cristiano. Essere cristiano significa dare testimonianza di Gesù Cristo”: è una persona che “pensa come cristiano, sente come cristiano e agisce come cristiano. E questa è la coerenza di vita di un cristiano”. Uno – ha poi osservato - può dire anche di avere fede, “ma se manca una di queste cose, non c’è il cristiano”, “c’è qualcosa che non va, c’è una certa incoerenza”. E i cristiani “che vivono ordinariamente, comunemente nell’incoerenza, fanno tanto male”:

    “Abbiamo sentito l’apostolo San Giacomo cosa dice ad alcuni incoerenti, che si vantavano di essere cristiani, ma sfruttavano i loro dipendenti, e dice così: ‘Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre e che voi non avete pagato grida; e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore Onnipotente’. E’ forte il Signore. Se uno sente questo, può pensare: ‘Ma questo lo ha detto un comunista!’. No, no, l’ha detto l’apostolo Giacomo! E’ Parola del Signore. E’ l’incoerenza. E quando non c’è la coerenza cristiana e si vive con questa incoerenza, si fa lo scandalo. E i cristiani che non sono coerenti fanno lo scandalo”.

    “Gesù – ha proseguito il Papa - parla troppo forte contro lo scandalo: ‘Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, uno solo di questi fratelli, sorelle che hanno fede, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare’. Un cristiano incoerente fa tanto male” e “lo scandalo uccide”. “Tante volte – ha aggiunto Papa Francesco - abbiamo sentito: ‘Ma padre, io credo in Dio, ma non nella Chiesa, perché voi cristiani dite una cosa e ne fate un’altra’”. E ancora: “Io credo in Dio, ma in voi no”. “E’ per la incoerenza”:

    “Se tu ti trovi davanti – figuriamoci! – davanti un ateo e ti dice che non crede in Dio, tu puoi leggergli tutta una biblioteca, dove si dice che Dio esiste e anche provare che Dio esiste, e lui non avrà fede. Ma se davanti a questo ateo tu dai testimonianza di coerenza di vita cristiana, qualcosa incomincerà a lavorare nel suo cuore. Sarà proprio la testimonianza tua quella che a lui porterà questa inquietudine sulla quale lavora lo Spirito Santo. E’ una grazia che tutti noi, tutta la Chiesa deve chiedere: ‘Signore, che siamo coerenti’”.

    Dunque, conclude il Papa, occorre pregare, “perché per vivere nella coerenza cristiana è necessaria la preghiera, perché la coerenza cristiana è un dono di Dio e dobbiamo chiederlo”: “Signore, che io sia coerente! Signore, che io non scandalizzi mai, che io sia una persona che pensi come cristiano, che senta come cristiano, che agisca come cristiano”. E quando cadiamo per la nostra debolezza, chiediamo perdono:

    “Tutti siamo peccatori, tutti, ma tutti abbiamo la capacità di chiedere perdono. E Lui mai si stanca di perdonare! Avere l’umiltà di chiedere perdono: ‘Signore, non sono stato coerente qui. Perdono!’. Andare avanti nella vita con coerenza cristiana, con la testimonianza di quello che crede in Gesù Cristo, che sa che è peccatore, ma che ha il coraggio di chiedere perdono quando sbaglia e che ha tanta paura di scandalizzare. Il Signore ci dia questa grazia a tutti noi”.

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    Pubblicato il calendario delle celebrazioni liturgiche presiedute dal Papa in marzo e aprile

    ◊   È stato reso noto il calendario delle celebrazioni liturgiche di Papa Francesco per i prossimi mesi di marzo e aprile. Il primo appuntamento in programma è fissato per le 16.30 del 5 marzo, mercoledì delle Ceneri e inizio della Quaresima: alla Basilica di Sant’Anselmo, il Santo Padre presiederà Statio e processione penitenziale; a seguire, alle 17.00, celebrerà la Santa Messa con benedizione e imposizione delle Ceneri nella Basilica di Santa Sabina. Il 9 marzo, prima domenica di Quaresima, il Pontefice si trasferirà ad Ariccia, per gli esercizi spirituali per la Curia Romana, che si concluderanno venerdì 14. Nel pomeriggio di domenica 16 marzo, Papa Francesco sarà in visita pastorale nella parrocchia romana di Santa Maria dell’Orazione. Venerdì 28 marzo, presiederà nella Basilica Vaticana la Liturgia penitenziale alle ore 17.00. Domenica 6 aprile, alle 16.00, il Santo Padre si recherà di nuovo in visita in una parrocchia romana. Il 13 aprile, Domenica delle Palme e della Passione del Signore, alle ore 9.30 in Piazza San Pietro, Cappella papale con benedizione delle Palme, Processione e Santa Messa. Il Giovedì Santo, 17 aprile, il Pontefice presiederà la Santa Messa del Crisma alle 9.30 in Basilica Vaticana.

    Il Papa celebrerà la Messa in Coena Domini nel pomeriggio del Giovedì Santo, ma, come faceva già a Buenos Aires e come ha fatto l’anno scorso, sceglierà una situazione particolare dal punto di vista pastorale, che verrà comunicata a tempo opportuno. Non vi sarà quindi la celebrazione in una Basilica né la possibilità di partecipazione da parte di un ampio numero di fedeli e la Prefettura della Casa Pontificia non distribuirà biglietti per tale celebrazione.

    Il Venerdì Santo, 18 aprile, in San Pietro, Cappella Papale per la celebrazione della Passione del Signore. La sera, alle ore 21.15, Papa Francesco presiederà il rito della tradizionale Via Crucis al Colosseo. Sabato Santo, alle ore 20.30, Cappella Papale per la Veglia Pasquale. La Domenica di Pasqua, 20 aprile, Cappella Papale per la Santa Messa del giorno, alle ore 10.15; alle ore 12.00, dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana, il Papa impartirà la Benedizione “Urbi et Orbi”. Il 27 aprile, Domenica della Divina Misericordia, alle ore 10 in Piazza San Pietro, Cappella Papale, con Santa Messa e Canonizzazione dei Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.

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    Tweet del Papa: in una famiglia è normale farsi carico di chi ha bisogno, non abbiate paura della fragilità

    ◊   Il Papa ha lanciato questo nuovo tweet: “In una famiglia è normale farsi carico di chi ha bisogno. Non abbiate paura della fragilità”.

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    Il Papa nomina i vescovi di Vercelli e Piazza Armerina

    ◊   In Italia, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi metropolitana di Vercelli presentata da mons. Enrico Masseroni, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Marco Arnolfo, parroco ad Orbassano e vicario episcopale del Settore Torino Ovest. Mons. Arnolfo è nato a Cavallermaggiore, in provincia di Cuneo e arcidiocesi di Torino, il 10 novembre 1952. Dopo aver frequentato il Seminario minore di Rivoli (Torino), ha seguito i corsi filosofico-teologici presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale (Sezione di Torino) ed il biennio di specializzazione in Teologia pastorale presso la Pontificia Università Salesiana (Sezione di Torino). Da seminarista si è laureato in Fisica. Ha ricevuto l’ordinazione presbiterale il 25 giugno 1978 ed è incardinato nell’arcidiocesi di Torino. Come sacerdote ha svolto i seguenti incarichi e ministeri: vicario della parrocchia di S. Maria della Scala (Duomo) di Chieri (Torino); vicario della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo a Santena (Torino); rettore del Seminario minore di Torino; direttore dell’Opera Diocesana Madonna dei Poveri-Città dei Ragazzi; parroco di San Giovanni Battista ad Orbassano (Torino); vicario episcopale territoriale del Distretto Ovest della medesima città. Fino al 2012 è stato membro del Consiglio Episcopale e del Collegio dei Consultori. Attualmente è membro del Consiglio Presbiterale e della Commissione per gli scrutini dei candidati al presbiterato dell’arcidiocesi di Torino. Dal 20 marzo 2010 è cappellano di Sua Santità.

    Sempre in Italia, il Santo Padre ha nominato vescovo di Piazza Armerina il rev. Rosario Gisana, del clero della diocesi di Noto, vicario episcopale per la Pastorale. Il rev. Gisana è nato a Modica, provincia di Ragusa e diocesi di Noto, il 14 aprile 1959. Nel 1970, entrato nel Seminario minore, ha frequentato la scuola media e poi il Liceo classico statale "A. Di Rudinì" di Noto. Residente nel Seminario di Acireale, ha seguito il biennio filosofico presso lo Studio Teologico "San Paolo" di Catania. Nel 1980, inviato a Roma, ha completato la formazione come alunno dell’Almo Collegio Capranica presso la Pontificia Università Gregoriana. Nel 1986 ha conseguito la Licenza in Scienze Bibliche presso il Pontificio Istituto Biblico, nel 1987 in Teologia e Scienze Patristiche e nel 2010 il Dottorato in Patristica presso l’Augustinianum. Il 4 ottobre 1986 è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Noto. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: vice assistente dell’Azione Cattolica diocesana, settore Giovani, e responsabile del Servizio per la Pastorale Giovanile (1988-1990); rettore del Seminario vescovile di Noto e membro del Consiglio Presbiterale Diocesano (1990-2009); collaboratore presso la Parrocchia di San Gregorio Barbarigo di Roma (2009-2010). Dal 1986 è canonico del Capitolo della Cattedrale. Dal 1988 è docente di Scienze Bibliche presso lo Studio Teologico "San Paolo" di Catania e all’Istituto di Scienze Religiose "G. Blandini" di Noto. Dal 1990 è assistente ecclesiastico dell’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo. Dal 1999 è membro del Collegio dei Consultori e della Commissione per il Clero. Dal 2003 è canonico Teologo del Capitolo della Cattedrale. Dal 2010 è vicario episcopale per la Pastorale, direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano e vice rettore della Chiesa Cattedrale di San Nicolò di Noto. Dal 2010 è docente di Sacra Scrittura alla Scuola Teologica di base della diocesi di Noto. Dal 2011 è docente di Esegesi biblica e Patristica presso lo Studio Teologico "San Paolo" di Catania, del quale, dal 2012, è anche vice preside.

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    Altre udienze

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani un altro gruppo di presuli della Conferenza Episcopale di Spagna, in visita “ad Limina Apostolorum”.

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    Firmato il Protocollo di partecipazione della Santa Sede all'Expo di Milano 2015

    ◊   Nella solenne cornice della Sala Regia del Palazzo Apostolico in Vaticano è stato firmato, stamani, il Protocollo di Partecipazione della Santa Sede all’Expo di Milano 2015. I dettagli di questo Protocollo sono stati illustrati durante un briefing nella Sala Stampa della Santa Sede. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Quella della Santa Sede alle Esposizioni Universali non è una partecipazione inedita. La prima risale al 1851 in occasione dell’Expo di Londra. Nell’edizione del 2015, il tema scelto “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” si apre a molteplici letture. Giuseppe Sala, commissario unico delegato del governo italiano e amministratore delegato di Expo 2015:

    “In questa esposizione universale che è italiana, che ha un tema come quello dell’alimentazione così vicino ai temi della Chiesa, certamente la Santa Sede non poteva mancare. Abbiamo assegnato alla Santa Sede un lotto centrale, vicino ai padiglioni di Italia, Francia e Spagna. E già il tema scelto dalla Santa Sede “Non di solo pane” apre a tante riflessioni. Alla fine l’esposizione universale è sicuramente architettura e scenografie, ma fondamentalmente, anche per la bellezza di un tema come quello dell’alimentazione, tutti stanno veramente puntando, nella declinazione che è consona ad ogni Paese, allo sviluppo di questo tema”.

    Con questo tema la Santa Sede intende non solo ricordare il dramma della piaga della fame, che nel mondo attanaglia oltre un miliardo di persone, ma anche altre cruciali dimensioni. Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi, Commissario generale della Santa Sede per l’Expo di Milano 2015:

    “Come Santa Sede vogliamo anche dare rilievo al tema della simbolicità del cibo. Per questo, quella citazione che è nel Deuteronomio e che è sulle labbra di Gesù: ‘Non di solo pane vive l’uomo’. Su una mensa - l’altare è pur sempre una mensa – ci sono il pane e il vino. Ci sono due simboli universali, costanti del cibo umano. E sono il segno, per il cristianesimo, della presenza continua di Cristo”.

    La partecipazione della Santa Sede a Expo 2015 è anche arricchita dalla preziosa collaborazione della Caritas Internationalis e dell’arcidiocesi di Milano. Luciano Gualzetti, vicedirettore della Caritas Ambrosiana e vice-commissario per il padiglione della Santa Sede all'Expo:

    “La diocesi intende partecipare innanzitutto collaborando, oltre alla realizzazione del padiglione e all’animazione, alla costruzione degli eventi che si faranno intorno al padiglione, lavorando perché la stessa città di Milano e tutto il territorio diocesano diventino un’eco dei temi dell’Expo. Tutto questo tema della rilettura simbolica del nutrire è un tema che giustamente attraversa la pastorale, ma allo stesso tempo c’è tutto il tema educativo. Vorremmo coinvolgere anche dei cuochi a lavorare su questo. Immaginiamo pure delle mense che possano, da questo punto di vista, aiutare a capire come il cibo educa, come diventa un fattore di socializzazione, di costruzione della propria interiorità”.

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    Mons. Tomasi: il negoziato sulla Siria non procede bene, Usa e Russia spingano per la pace

    ◊   La rappresentanza vaticana presso gli uffici Onu di Ginevra sta seguendo numerose questioni calde dell'attualità internazionale. Tra queste, c'è il negoziato sulla Siria che sta segnando il passo. Per fare il punto sulle tematiche trattate, Gabriele Beltrami ha intervistato mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu della città elvetica:

    R. - In questo momento tra le priorità politiche per il rispetto dei diritti umani, la questione della pace nel Medio Oriente e in altre parti del mondo come nell'Africa, nella Repubblica Centrafricana, in Ucraina, nel sud del Sudan e in altri Paesi, rimane una grande priorità della comunità internazionale. E questa preoccupazione di trovare soluzioni pacifiche e di ricostituire la vita civile, normale, domina anche il mondo diplomatico di Ginevra. In particolare, per quanto riguarda la Siria il negoziato non procede molto bene, nel senso che siamo ancora ai primi passi del dialogo. Speriamo che anche per la Siria l'incontro della delegazione del Governo e di quella dell'opposizione si sviluppino in maniera tale che si arrivi il più presto possibile a un cessate il fuoco e all'apertura di corridoi umanitari per aiutare la gente disperata e in grande necessità di medicinali e di cibo. Del resto il problema della Siria è legato alla buona volontà e alla determinazione soprattutto dei grandi poteri come gli Stati Uniti e la Federazione Russa di voler arrivare ad un compromesso e quindi ad un accordo che porti l'inizio della riconciliazione tra le varie fazioni, tra i vari gruppi che costituiscono la Siria e, in questa maniera, ricominciare da capo una democrazia che abbia spazio per cristiani e musulmani, per sciiti e sunniti, curdi e, in base alla cittadinanza di tutti come uguaglianza, costruire un futuro migliore.

    D. - La nunziatura ha in programma qualche iniziativa specifica per sbloccare la situazione?

    R. - Per aiutare e dare un segnale di partecipazione in questo processo viene invitato a Ginevra il patriarca maronita, il cardinale Bechara Rai: sarà agli inizi di aprile con una conferenza sulle condizioni per la pace nel Medio Oriente alle Nazioni Unite di Ginevra. E' un passo che mi pare possa aiutare a far vedere come le religioni possono essere un cammino di pace, possano facilitare l'accordo tra gruppi diversi e mediare, in qualche maniera, un futuro più sereno per le popolazioni del Medio Oriente.

    D. - Quali tra le altre situazioni di crisi state monitorando più da vicino?

    R. - Un altro tema scottante e che preoccupa è la questione dell'Ucraina perché mette, in un certo senso, in questione alcuni presupposti nelle relazioni fra la Federazione Russa e l'Unione Europea. Il popolo sembra che stia votando con i piedi, attraverso le proteste che sta facendo, per una scelta di una certa autonomia nazionale e politica che si tenga indipendente da controlli economici, controlli militari che vengano dal di fuori del Paese. L'Ucraina è un grande Paese con una grande tradizione anche se ha una presenza occidentale più pro-europea e una orientale più pro-russa, ma è importante che rimanga un solo Paese e che ci sia la buona volontà di servire come ponte tra il mondo slavo e il mondo occidentale. Se questo può avvenire sarà un contributo unico che l'Ucraina offre e servirà non solo a mantenere la pace tra i due polmoni attraverso i quali respira l'Europa, ma ad aiutare un intercambio più efficace e un contributo più genuino tra le due parti che costituiscono il mondo che è nato dal cristianesimo e che costituisce le due parti dell'Europa.

    D. - Passando al delicato e cruciale tema dei diritti umani, su quali fronti vi state concentrando?

    R. - La 25.ma sessione del Consiglio dei Diritti Umani comincia tra qualche giorno e ritornano alcuni temi di carattere politico che riguardano i Paesi dove la violenza porta alla discriminazione e alla violazione dei diritti umani più fondamentali, specialmente dei civili e delle minoranze. La missione della Santa Sede ha in programma di intervenire su alcuni aspetti che vengono trattati in questa sessione come il diritto al cibo, la prevenzione della violenza contro i bambini e la libertà religiosa per tutti. Questi sono alcuni semplici aspetti su cui si cercherà di dire una parola costruttiva, rispondente alle esigenze della situazione mondiale di oggi. Certamente c'è spazio per esprimere la presenza della Santa Sede attraverso la difesa e il sostegno e la presentazione di quei valori cristiani che servono non solo a rafforzare la famiglia umana come un'unità che ha bisogno di solidarietà, ma anche una continuità nel progresso del diritto sopra la forza e sopra il sopruso degli individui o di gruppi. Mi pare che, vicino in particolare alla Dottrina Sociale della Chiesa, un tema che verrà trattato in questa sessione riguarda il diritto allo sviluppo, il diritto alla solidarietà: sono diritti difficili da definire, per cui ci sono gruppi di lavoro impegnati in questa ricerca. In questa maniera si dovrà continuare a lavorare per cercare strade sempre più precise perché questi grandi principi sociali possano diventare efficaci nel rendere la comunità internazionale sempre più conforme agli obiettivi che le Nazioni Unite si propongono, cioè di creare un mondo senza violenze e nella possibilità per ogni persona di svilupparsi secondo i suoi talenti.

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    Aids: 15 milioni di pazienti in terapia entro il 2015. La speranza di Onu e Caritas Internationalis

    ◊   Come allargare il trattamento antiretrovirale al maggior numero di affetti da HIV-Aids è stato il principale tema di discussione della Conferenza svoltasi a Roma nei giorni scorsi co-sponsorizzata da Unaids (il programma delle Nazioni Unite) e Caritas Internationalis, la cui collaborazione nella lotta all’epidemia va avanti sin dal 1999, pur talvolta nella diversità di approccio, ad esempio nel campo della prevenzione. Nel mondo, alla fine del 2012, le persone sieropositive erano oltre 35 milioni, la maggior parte delle quali nel continente africano. Non a tutti è garantito l’accesso ai farmaci necessari, e uno degli obiettivi di Unaids è quello di mettere sotto terapia 15 milioni di persone entro il 2015. Francesca Sabatinelli ha intervistato mons. Robert Vitillo, consigliere speciale per l’Aids della Caritas Internationalis:

    R. - Attualmente ci sono oltre 10 milioni di persone che sono sotto antiretrovirali, però adesso l’Oms ha ridefinito i criteri per il trattamento, e quindi è aumentato il numero di persone da mettere sotto cura. Dunque, seguendo le nuove linee guida dell’Oms, siamo ancora lontani dagli obiettivi.

    D. - Secondo voi in quanto tempo sarà possibile comunque raggiungere l’obiettivo di consentire l’accesso agli antiretrovirali a tutti?

    R. - Credo che abbiamo ancora la speranza di raggiungere per il 2015 i 15 milioni di persone, dipenderà ovviamente dalla collaborazione dei Paesi e soprattutto dall’organizzazione della Chiesa, perché la Chiesa, in molti Paesi, si fa carico del servizio sanitario. A questa conferenza hanno partecipato rappresentanti di Paesi dove la Chiesa si occupa, sempre dal punto di vista sanitario, del 50% della popolazione, dunque in questo caso siamo noi a dovere fare di più.

    D. - In molti Paesi i progressi fatti nella cura dell’HIV-AIDS hanno fatto passi da gigante, molti altri invece l’accesso ai farmaci è completamente fermo, ne citiamo alcuni: Nigeria, Sud Sudan, Myanmar, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo. Cosa si deve fare? Perché queste differenze?

    R. - La Chiesa sta lavorando in questi Paesi. Ad esempio, la Repubblica Democratica del Congo è uno di quei luoghi in cui la Chiesa cattolica si occupa del 50% della popolazione, dunque la Chiesa cercherà di fare di più, nel senso di aprire al maggior numero di persone i trattamenti antiretrovirali, ma ha bisogno di finanziamenti, di fondi, per farlo. Abbiamo discusso di questo alla Conferenza, era presente anche il cardinale di Abuja, in Nigeria, c’erano rappresentanti dei governi di questi Paesi, e i rappresentanti delle Nazioni Unite hanno promesso di aiutarci, di sostenerci nel reperimento dei soldi per questi medicinali.

    D. - Le difficoltà economiche sopraggiungono anche perché i Paesi donatori non rifinanziano il Fondo Globale Onu per la lotta all’Aids…

    R. - Il Fondo Globale in realtà non ha eccessive mancanze di soldi, però ad esempio prevede di lasciare tutte le iniziative ai singoli governi, e molti di questi non assicurano i servizi, dunque è questo il problema. C’era alla riunione anche un rappresentante del Fondo Globale per ascoltare l’esperienza dalla base.

    D. - Ci sono Paesi dai quali è difficile ancora avere le stime del contagio, perché c’è un forte problema culturale, un problema di negazione della malattia, ad esempio un Paese come il Sudan non fornisce i dati, come si fa quindi a raggiungere queste popolazioni e a superare la barriera culturale?

    R. - E’ questo il motivo per il quale bisogna lavorare con le organizzazioni che sono attive alla base, la Chiesa può dare testimonianza di tutto questo, abbiamo inoltre in nostro possesso molti dati che sono stati presentati durante la Conferenza. Ci sono evidenze scientifiche che danno ragione alla Chiesa, però anche noi dobbiamo comunicare queste informazioni agli altri: al governo, alla comunità internazionale, alle agenzie specializzate delle Nazioni Unite, le persone che hanno i soldi devono conoscere meglio l’esperienza che è alla base.

    D. - Si è parlato durante la Conferenza della necessità di una road map, sia per diminuire il contagio sia per raggiungere il massimo numero di persone con i trattamenti antiretrovirali. Questi due giorni a cosa hanno condotto?

    R. - Prima di tutto è stato riconosciuto che il trattamento antiretrovirale va oltre il medicinale, significa trattare tutta la persona, con la propria dignità. La competenza e l’esperienza della Chiesa vanno proprio in questa direzione e questo lo devono riconoscere anche le Nazioni Unite. Altro punto: è necessaria la collaborazione nella ricerca per avere più dati, come ha detto lei, e comunicarli e, in ultimo, fare rete tra noi cattolici, perché ci sono organizzazioni cattoliche che non collaborano tra loro, dobbiamo lavorare di più insieme.

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    Scritti di Papa Francesco: comunicato sulla tutela dei diritti d'autore

    ◊   “In riferimento agli scritti di Papa Francesco – afferma un comunicato vaticano - si ricorda che a norma della Pastor Bonus n.191, alla Libreria Editrice Vaticana è affidato l’esercizio e la tutela di tutti i diritti d'autore e di utilizzazione economica per i diritti d’autore in quanto Papa. Come, peraltro, già pubblicato su l'Osservatore Romano del 27-28 novembre 1978. In particolare, il Pontefice, il 23 marzo 2013, ha voluto rinnovare tale disposizione precisando, invece, che sono e rimangono dei legittimi proprietari i diritti d’autore e di utilizzazione economica per i testi pregressi all’elezione alla Cattedra di Pietro pubblicati presso quelle Case Editrici”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   I vescovi che vogliamo avere: Papa Francesco alla Congregazione detta le regole per la scelta dei nuovi presuli e traccia le linee della missione episcopale.

    Un anno fa, alle ore 20 del 28 febbraio 2013, si concludeva il pontificato di Benedetto XVI: in merito, la premessa di Carlo Ossola al libro di Valerio Gigliotti "La tiara deposta. La rinuncia al papato nella storia del diritto e della Chiesa", una presentazione dell'autore e un editoriale pubblicato sulla rivista "Vida Nueva".

    I deboli al centro: Giuseppe Sangiorgi su don Luigi Di Liegro e la democrazia sociale.

    Guardare a occhi chiusi: Silvia Guidi ricorda Elena Bono, voce inascoltata del Novecento.

    Michelangelo nell'obiettivo: Cristina Acidini sul genio visto dai fotografi.

    Siriani senza cure: in ginocchio il sistema sanitario del Paese.

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    Oggi in Primo Piano



    Ucraina: assalto armato filorusso in Crimea, cresce il rischio secessione

    ◊   Rischia di precipitare la situazione in Ucraina. Proprio nel giorno in cui la "Rada", il Parlamento di Kiev, esprime la fiducia al nuovo governo, nominato dopo la destituzione del presidente Yanukovich, stamani in Crimea uomini armati filorussi hanno assaltato i palazzi del Parlamento e del governo a Sinferopoli, esponendo il tricolore russo. Dalla sua, Yanukovich rivendica di essere il capo di Stato legittimo e chiede protezione a Mosca. Il timore di una possibile secessione è sempre più forte. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Aldo Ferrari, esperto dell’area ex sovietica, docente alla ‘Ca Foscari di Venezia:

    R. – E’ un’eventualità possibile, ma estremamente rischiosa. Va tenuto presente che la Crimea, in quanto tale, ha uno statuto particolare, in quanto è una Repubblica autonoma. Avrebbe, quindi, una maggiore facilità nell'attuare un'eventuale secessione. E’ popolata in larga maggioranza, il 65%, da russi, tra l'altro la flotta russa è di stanza a Sebastopoli. E’ quindi una regione che ha delle potenzialità secessioniste molto forti. Si tratterebbe, però, di una svolta quanto mai negativa nelle relazioni, non solo russo-ucraine, ma anche della Russia con l’Europa. Le secessioni non sono mai una buona soluzione, soprattutto se non vengono accettate da tutti. Bisogna tener presente che in Crimea, oltre ai russi e agli ucraini, c’è anche un terzo fattore, quello dei tartari, che in questo momento hanno una posizione favorevole a rimanere in Ucraina, rispetto a quella secessionista. E’ veramente una situazione quanto mai complessa, che io spero venga risolta politicamente con molto equilibrio.

    D. – Mai come in questo momento occorrerebbe un dialogo continuo tra Unione Europea e Russia...

    R. – Sì, l’Ucraina dovrebbe essere il luogo dell’incontro della politica russa con quella europea, non il luogo in cui influenze contrapposte si confrontano. Questo sinora non è avvenuto: l’Europa ha appoggiato in maniera chiara l’opposizione ucraina, che adesso ha vinto, ma rimane il problema di questo Paese, che ha una situazione economica disastrosa. Non credo che l’Unione Europa sia in grado di accollarsi l’onere di questo Paese. Sarà, quindi, necessario, per evitarne il fallimento anche molto rapido, trovare una politica di cooperazione anche economica con la Federazione Russa.

    D. – Preoccupano, comunque, i proclami dell’ex presidente Yanukovich, che reclama la sua posizione di capo dello Stato legittimo e chiede alla Russia di intervenire in sua difesa...

    R. – Yanukovich ormai ha fallito e ha già delle imputazioni internazionali. Resta il fatto che le modalità con cui è stato abbattuto sono quanto mai discutibili. E’ stato destituito non un dittatore, ma un presidente eletto liberamente. Io ho la sensazione che in Europa ci si siano schierati in maniera troppo unilaterale e troppo superficiale a favore dell’opposizione, senza considerare le ragioni non della Russia, ma di quella parte di Ucraina che, precedentemente, aveva votato in maniera differente.

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    Pakistan, blasfemia: resta in carcere Asia Bibi, nuovo rinvio per l'udienza dell'appello

    ◊   L’Alta Corte di Lahore ha annullato l'udienza del processo di appello per Asia Bibi. Cristiana, madre di cinque figli, accusata di blasfemia è in carcere, con una condanna a morte, dal 2009. La pena capitale è stata sospesa in attesa del processo d’appello che ancora non si è celebrato. Massimiliano Menichetti ha intervistato Mobeen Shahid, docente di pensiero e religione islamica alla Pontificia Università Lateranense e fondatore “dell’Associazione Pakistani Cristiani in Italia”, realtà voluta dal ministro cattolico per le minoranze, Shahbaz Bhatti, ucciso da fondamentalisti islamici, in Pakistan, nel 2011:

    R. - In Pakistan i giudici hanno paura di affrontare i casi sulla blasfemia perché non solo gli avvocati, ma anche i musulmani si mettono contro di loro oltre ai gruppi militanti che li minacciano. Il caso di Asia Bibi, spostato alla prossima udienza, è l’ennesimo esempio di questo “gioco” che accade già da alcuni anni, da quando Asia Bibi è in carcere. Nessun giudice ha il coraggio.

    D. – Manca il coraggio di giudicare ma Asia Bibi è anche innocente…

    R. – E’ stata giudicata innocente sia dal governatore Salman Taseer - ucciso proprio per questo - ed anche da colui che si è impegnato per la sua liberazione Shahbaz Bhatti, ucciso per aver difeso questa donna, madre di cinque figli. In Pakistan è sufficiente essere accusato di blasfemia anche senza prove; a tal riguardo voglio richiamare la vostra attenzione in particolare sul fatto che il popolo pakistano ed il popolo che vive al sud del continente è profondamente religioso e mai commetterebbe questo reato. In Pakistan si sta verificando più che altro un abuso della legge sulla blasfemia.

    D. – Come sta Asia Bibi, che cosa dice e come vive le sue giornate?

    R. - Asia Bibi è stata spostata nel carcere di Sheikhupura – verso il Sud del Paese – e per la famiglia è molto difficile raggiungerla, tant’è che non può incontrare le sue figlie in maniera molto frequente. Vive un forte stress ed abbiamo saputo che ha subito minacce dalle compagne prigioniere: la odiano proprio perché secondo loro lei ha commesso blasfemia. In questo modo la situazione diventa per lei ancora più difficile.

    D. – Qual è lo scenario giuridico che ha comunque di fronte Asia Bibi?

    R. – Nel caso in cui l’Altra Corte di Lahore confermasse la prima sentenza, si dovrà procedere con un altro appello presso la Corte Suprema del Pakistan; alla fine si potrebbe anche arrivare al perdono da parte del presidente della Repubblica.

    D. – Ovviamente, se dovesse essere invece riconosciuta innocente la cosa si chiuderebbe…

    R. – Sì. Se l’Alta Corte di Lahore la ritenesse innocente la prima sentenza verrebbe cancellata.

    D. – Qual è la condizione delle minoranze in Pakistan, in particolare dei cristiani?

    R. – Oggi, davanti al fanatismo religioso – in questo caso islamico - con cui hanno a che fare, i governi si trovano senza strumenti sufficienti per la difesa delle minoranze. In questo caso i cristiani in Pakistan oggi sono una realtà perseguitata.

    D. – Ci sono state tante manifestazioni per modificare la legge sulla blasfemia: a che punto si è adesso?

    R. - Shahbaz Bhatti fu nominato dal presidente per la Commissione per la revisione della legge sulla blasfemia, Asif Ali Zardari, e fu ucciso proprio per mano del Tehrik-i-Taliban Pakistan… gruppi che hanno minacciato ultimamente Paul Bhatti ed altri familiari. Paul Bhatti è il fratello di Shahbaz Bhatti ed il suo successore politico. È difficile modificare la legge sulla blasfemia perché all’interno del Parlamento pakistano ci sono partiti religiosi islamici ed inoltre almeno quasi 90 gruppi alleati dei talebani sul tutto il territorio nazionale. Appena viene toccata la legge sulla blasfemia chi è responsabile viene attaccato ed anche coloro che difendono i casi dell’abuso della legge sulla blasfemia sono sotto minaccia. Tutto ciò rende difficile il lavoro in difesa dei cristiani.

    D. – Voi comunque non vi arrendete. Cosa servirebbe?

    R. – Servirebbe promuovere la cultura di armonia nazionale, di armonia interreligiosa, alcuni Ulema importanti in Pakistan sono disponibili a lavorare ma non è solo con qualche conferenza che si può risolvere questo problema. Bisognerebbe coinvolgere i media pakistani ed anche quelli internazionali per creare tolleranza tra le religioni e tra i fedeli delle varie religioni.

    D. – Domenica sarà il terzo anniversario dell’uccisione di Shahbaz Bhatti, ci sarà un importante evento a Roma…

    R. – L’associazione dei pakistani cristiani in Italia e la federazione delle associazioni dei pakistani cristiani hanno organizzato una Messa a Via del Corso, 45 nella Chiesa di Gesù e Maria. Colgo questa occasione per invitare chiunque volesse essere presente per pregare, non solo per il nostro martire Shahbaz Bhatti ma per tutti i martiri cristiani del Pakistan.

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    Il rapporto Italia-Europa nei recenti interventi di Renzi: il commento dell'economista Altomonte

    ◊   Molti i riferimenti all’Europa e al ruolo dell’Italia nel contesto europeo negli interventi del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in questi giorni al Senato e alla Camera. Da un lato l’orgoglio di essere parte importante di una realtà come quella europea, dall’altra l’ambizione di contribuire ad un’ Europa fatta non solo di “virgole e percentuali". In particolare ha fatto discutere l’affermazione di Renzi: “Noi vogliamo un’Europa dove l’Italia non va a prendere la linea per sapere che cosa fare, ma dà un contributo fondamentale”. Adriana Masotti ha sentito il parere di Carlo Altomonte, docente di Economia politica europea alla Bocconi di Milano:

    R. - Belle parole ma il 130% del rapporto del BTP non l’ha fatto l’Europa, l’abbiamo fatto noi. Quindi, questa è una cosa che va tenuta sotto controllo perché comprime lo sviluppo, ammazza la crescita, ci toglie credibilità sui mercati finanziari. Belle parole ma il problema del debito va risolto.

    D. – Quindi una dichiarazione d’autonomia che poi nel concreto vale …

    R. – Non vale niente, perché non siamo autonomi rispetto ai mercati finanziari. In realtà, se noi non troviamo ogni anno 300 miliardi di euro, gente che compra i titoli del debito, non paghiamo le pensioni.

    D. – Il portavoce della Commissione Ue, riferendosi al discorso di Renzi, ha detto: “Quello che noi sentiamo è ambizione per l’Europa e per l’Italia in Europa" e su questo non si può sperare di meglio da un leader…

    R. – Sono molto d’accordo nel senso che se Renzi, il suo governo, in definitiva noi, riusciamo a mettere in cantiere quelle riforme di cui da tempo l’Europa ci chiede conto - riforme sui saldi di spesa pubblica e la riduzione della spesa; sul miglioramento e l’efficienza della macchina statale; sugli oneri sociali per togliere i “massi” dalla schiena delle imprese - e quindi riusciamo a crescere di più, tutto si risolve. Perché crescendo di più il debito diventa più sostenibile, abbiamo più autonomia in Europa, non dobbiamo farci dettare la linea… E’ da lì che dobbiamo iniziare. Non certo dal mettere in discussione le regole del gioco quando non siamo stati noi a fare il primo passo.

    D. – Ci sono due momenti importanti fra poco per l’Unione Europea e l’Italia: il rinnovo del Parlamento Europeo a maggio e la presidenza italiana del Consiglio da luglio. Saranno opportunità che l’Italia potrà cogliere, così come si augura e dichiara il nostro presidente del Consiglio?

    R. – Per le elezioni europee si tratta più di un rischio; per la presidenza invece è un’opportunità. Per le elezioni europee ovviamente il rischio è quello di vedere un voto fortemente euroscettico, che acquista consenso in Italia ed in Europa. Proprio per evitare questo, secondo me, dobbiamo già da adesso mettere delle cose sul campo: partire con un’agenda di riforme in Italia, smettere con il dogma dell’austerità a tutti i costi in Europa – cosa che l’Europa sta già facendo – poi ovviamente sfruttare la presidenza italiana per portare a casa un punto fondamentale che è questo legame strutturale tra riforme di uno Stato e flessibilità sui conti pubblici. Uno dei dibattiti di questi giorni è: “Dove Renzi recupererà le risorse per fare tutto quello che ha detto di voler fare nei prossimi due anni?”. Potrebbe recuperarle andando a rinegoziare con Bruxelles il tetto del deficit del 3%; l’Europa non necessariamente gli direbbe di no però solo se questo impegno è equiparato ad una agenda di riforme seria, credibile e verificabile. Quindi, questi accordi, questi contratti per le riforme – che sono in discussione al Consiglio Europeo, ma che non sono ancora stati formalizzati perché manca il consenso politico – potrebbero essere un forte investimento che l’Italia fa sul suo semestre di presidenza e di cui essa stessa beneficerebbe per prima.

    D. – “L’Europa non è solo rispettare vincoli economici” ha detto Renzi “ma dire a noi stessi e ai nostri figli che è possibile immaginare un’Europa in cui non solo si vive nel dialogo ma di istituzioni in grado di rappresentare la speranza”. Anche qui belle parole, o qualcosa di più concreto da aspettarsi?

    R. – Secondo me, non è eticamente corretto scaricare 130% del nostro Pil sulle generazioni future. Quindi, la prima istituzione che dovrebbe iniziare a dare speranza è il governo italiano. Ovviamente, accanto a questi sforzi, ci sono anche gli sforzi europei che devono essere quelli di dare sempre più legittimità democratica al processo europeo: se è vero che l’Europa può controllare il percorso di riforma di un Paese, è altrettanto vero che il “controllore deve essere controllato dai cittadini”, quindi, è sempre più forte il legame tra rappresentanza democratica dei cittadini ed istituzioni comunitarie. Per dirla con un termine giornalistico: non può essere la Troika, cioè Banca centrale, Commissione e Fondo monetario, a decidere gli stili di un Paese perché la Troika non l’ha eletta nessuno. Chi deve decidere gli stili di un Paese, insieme, devono essere i governi, il Parlamento e l’Unione Europea che sono democraticamente eletti. Questo è uno sforzo che l’Europa deve fare.

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    Tribunale apre all'utero in affitto. Scienza e Vita: non è soluzione, ma speculazione su sofferenza

    ◊   Fa discutere la sentenza del Tribunale di Milano che ha riconosciuto il "diritto alla genitorialità" ad una coppia italiana che, aggirando i limiti posti dalla Legge 40, ha pagato 30mila euro una clinica in Ucraina per avere un figlio tramite utero in affitto. Il servizio è di Paolo Ondarza:

    Assolti dal reato di alterazione di stato civile. Un uomo e una donna, impossibilitati ad avere figli ricorrono attraverso una clinica di Kiev alla pratica dell’utero in affitto, vietata in Italia. Dopo nove mesi, 30 mila euro pagati alla struttura sanitaria, un compenso alla gestante ucraina, i due tornano in patria con il "bimbo comprato" chiedendo un riconoscimento di paternità. Il Tribunale di Milano glielo accorda evocando un “diritto alla genitorialità”. Il commento di Domenico Coviello, co-presidente di "Scienza e Vita":

    R. - Ogni diritto ha limiti e ogni diritto ha vari mezzi per essere realizzato. Per una coppia, la possibilità di essere genitori ha varie strade. Non bisogna dimenticare la possibilità dell’adozione e ci sono mezzi legali che non ledono un altro essere umano. In questo caso la sentenza ha permesso di avallare un principio che pure andando incontro a un desiderio dei genitori di avere figli, però non tiene conto dell’utilizzo di un altro essere umano a scopo di commercio.

    D. – Infatti ci sono, oltre alla coppia richiedente, la madre che affitta l'utero e il bambino?

    R. – Sappiamo benissimo che un bambino durante la gestazione ha già con la madre una relazione, ha da lei un imprinting... Queste ormai sono evidenze di recenti scoperte scientifiche, parliamo dell'“epigenetica”.

    D. – Va poi detto che secondo gli esperti e giuristi, il cosiddetto diritto assoluto alla genitorialità non esiste. Se così fosse sarebbe lecito l’acquisto di minori…

    R. – Sicuramente la Sanità quando è possibile, con i mezzi leciti, che non ledono altre persone, deve aiutare la coppia ad avere figli. Questo è permesso in Italia, tanto è vero che la Legge 40 ammette la fecondazione assistita con i paletti che conosciamo. Diverso è invece utilizzare qualsiasi mezzo che la scienza mette a disposizione solo perchè si hanno le condizioni economiche per soddisfare il desiderio di essere genitori pagando chi magari nella sofferenza o è costretto a donare gli ovociti o a prestare l’utero

    D. - Stiamo parlando di uno dei commerci più lucrosi al mondo, quello della maternità, che vede come vittime le donne che affittano il loro utero anche solo per arrivare alla fine del mese...

    R. – Esattamente. Non si può utilizzare la necessità delle donne che si trovano in condizioni di particolare disagio per poter soddisfare il desiderio di altre donne di essere madri.

    D. – Ed è la stessa Costituzione all’articolo 30 a sottolineare come la responsabilità genitoriale sia conseguenza della procreazione e non della scelta di essere o non essere genitori. Se così non fosse si aprirebbero una serie di innumerevoli casi in cui sotto il diritto alla genitorialità verrebbe legittimato il ricorso a qualsiasi pratica, quindi anche alla pratica dell’utero in affitto vietata in Italia…

    R. – Sì, esattamente. In gioco non c’è solo la coppia che ha il desiderio di essere genitrice, ma c’è la donna che rinuncia al proprio figlio dopo averlo portato in grembo e viene danneggiata dal commercio del proprio corpo.

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    Green Economy: per l'Italia una strada possibile per uscire dalla crisi

    ◊   Capire le prospettive per l’affermazione della Green economy in Italia, prendendo in esame le esigenze degli investimenti pubblici e privati, gli effetti sull’occupazione e le riforme indispensabili. E’ l’obiettivo del rapporto “Un Green New Deal per l’Italia” promosso da Enea e da Fondazione per lo sviluppo sostenibile, presentato questa mattina a Roma. Il rapporto, giunto alla sua seconda edizione, vuole evidenziare come scelte sempre più green possono diventare la strada per rilanciare il Paese dalla crisi. Il servizio di Marina Tomarro:

    In Italia circa il 68% della popolazione vive nelle città, e il 75% dei rifiuti, viene prodotto proprio in ambito urbano. La raccolta differenziata è diffusa ancora a "macchia di leopardo", molto di più al Nord del Paese che al Sud, e dove il riciclaggio è più alto diventa inferiore il costo della gestione dei rifiuti per ciascun cittadino, circa 116 euro annui. Anche sulla mobilità sostenibile l’Italia è ancora lontana dai modelli d’Oltralpe. Infatti, le metropolitane sono meno di 200 km solo in sei città tra cui Roma, Milano e Napoli, e nei capoluoghi la presenza delle piste ciclabili è pari al 6% di quella destinata alle automobili. Ci sono delle eccezioni, come l’esempio virtuoso di Torino, che primeggia per il suo parco veicolare ecologico. Edo Ronchi presidente per la Fondazione per lo sviluppo sostenibile:

    “Questa crisi, che si trascina da anni, per essere superata ha bisogno di idee nuove, di cambiare modi di produrre e anche beni prodotti. Questo cambiamento, orientato in senso ecologico, è un’occasione di sviluppo e di rilancio dell’occupazione e degli investimenti. La riqualificazione urbana, la mobilità sostenibile, le raccolte differenziate, l’efficienza energetica degli edifici a partire da quelli pubblici, la diffusione delle rinnovabili a partire dai territori: tutto ciò è la base di un Green New Deal, che in Italia ha particolari potenzialità di sviluppo”.

    Ma nonostante le possibili potenzialità l’Italia, continua a rimanere tra gli ultimi posti in Europa per lo sviluppo della green economy. Ancora Edo Ronchi:

    “In Italia sono ancora prevalenti idee vecchie. Si ha una visione dell’economia molto tradizionale, basata sulla ripresa del consumismo e della produttività, soprattutto del lavoro. Ha difficoltà a mettersi in sintonia con le idee più innovative che puntano, invece, a migliorare la tutela del capitale naturale, la produttività delle risorse; a vedere l’economia non come fine, ma come mezzo per assicurare benessere e attraverso questo benessere anche una ripresa dell’economia”.

    E dal Rapporto viene fuori anche un uso del territorio spesso sconsiderato. Giovanni Lelli, Commissario Enea:

    “Il dato che mi ha più impressionato è la velocità con la quale viene occupato il suolo pubblico del nostro Paese, per attività qualsiasi: qualcosa come quasi 400 metri quadrati vengono occupati nel nostro Paese ad una velocità e ad una media - in valore assoluto - molto maggiore di quella degli altri Paesi europei. Eh sì, che sappiamo che il nostro Paese è un Paese montagnoso… Questo è un dato molto importante, perché l’uso del territorio è una delle tessere che compongono il mosaico green: il territorio non è una cosa infinita! L’uso del territorio corretto è la concretizzazione più valida del concetto di sostenibilità”.

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    Malattie rare: una video-favola per sensibilizzare alla solidarietà

    ◊   Una video-favola interattiva per sensibilizzare i bambini sulle malattie rare, favorendo l’inclusione e l’integrazione. A realizzarla sono stati gli alunni di due classi primarie di Roma, ma il progetto pilota è disponibile per tutte le scuole d’Italia. La video-favola si intitola: “Con gli occhi tuoi”. Presentata alla vigilia della Giornata mondiale delle malattie rare, è promossa dal Ministero della salute e realizzata dall'Istituto superiore della sanità in collaborazione con l’ospedale pediatrico Bambino Gesù, il Ministero dell’istruzione e la onlus "Unire", con il patrocinio della diocesi di Roma. Il servizio di Antonella Pilia:

    Avvicinare i più piccoli al mondo delle malattie rare attraverso la vicenda di un bambino fragile, diventato eroe grazie alla musica e ai suoi amici. “Con gli occhi tuoi” è una video-favola nata dalla fantasia dei piccoli alunni elementari, aiutati da un team multidisciplinare composto da esperti di comunicazione, psicologi, maestre e una pittrice digitale, Vera Puoti:

    "I bambini mi hanno fornito un linguaggio, il loro meccanismo di espressione, per potere creare i personaggi che a loro sarebbero piaciuti. Quindi io sono partita da alcune immagini che loro avevano disegnato, dandogli colore e contrasto, praticamente rendendoli di una vivacità tale da potere interessare anche ad altri bambini, con lo scopo di fare qualche cosa di emozionante e divertente anche trattando un argomento che a volte poteva essere triste, e quindi facendoli entrare dentro la favola".

    Una malattia si considera “rara” quando non colpisce più di 5 persone su 10 mila. Ma in Italia sono quasi un milione e mezzo a soffrirne, in gran parte bambini. Spesso prive di ogni terapia, le malattie rare in un caso su quattro hanno neanche un nome. Mirella Taranto, capo ufficio stampa dell’Istituto superiore di sanità:

    "Abbiamo cercato di portare questo strumento nelle scuole per aiutare gli insegnanti e le famiglie, sia quelle dei bambini sani che quelle dei bambini malati, ad accettare che esistano condizioni di fragilità e a sostenerle. Sostenendo la fragilità degli altri si sostiene la propria, perché la fragilità è una condizione che viviamo tutti, a qualsiasi livello".

    Della stessa idea anche Domenica Taruscio, presidente del Centro nazionale malattie rare dell’Istituto superiore di sanità:

    "E’ importante avvicinare al largo pubblico, e tanto più ai bambini, questi concetti così difficili come malattia rara, cronica e invalidante. Quindi per noi è essenziale fare non soltanto ricerca, scoprendo patologie nuove e farmaci innovativi, ma anche creare la cultura dell’accoglienza: camminare insieme con bambini e adulti per i quali forse non ci sarà una terapia risolutiva ma c’è necessità invece di stare insieme, condividere e lavorare per una migliore qualità di vita".

    Al progetto della video-favola, la diocesi di Roma ha dato il suo patrocinio. Il commento di mons. Andrea Manto, direttore del Centro per la pastorale sanitaria del Vicariato:

    "La video-favola è un progetto particolarmente interessante e innovativo come forma di educazione alla prossimità, all’accoglienza e all’inclusione. Ha seguito un metodo molto interessante, che è quello di mettere insieme artisti, sceneggiatori, insegnanti e psicologi con i bambini e con la testimonianza dei malati rari. Questo lavoro di squadra ha prodotto già esso stesso inclusione e una forma di scambio e di reciprocità importante. Il messaggio che noi vogliamo fare emergere forte è di una Chiesa a servizio delle fragilità, una Chiesa che sa essere accanto alle persone, alle famiglie che sono nella sofferenza, in particolare per i malati rari perché sono i più fragili tra i fragili. Il Papa ci spinge ad andare incontro a queste realtà: ha proprio auspicato che si faccia di tutto, sia sotto il versante medico-scientifico che sotto il profilo legislativo e sociale, per la presa in carico di queste fragilità".

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    Memoria di San Grabriele dell'Addolorata: grande festa al Santuario ai piedi del Gran Sasso

    ◊   Oggi si celebra la memoria di San Gabriele dell’Addolorata, festività liturgica al Santuario di Teramo, ai piedi del Gran Sasso, che coinvolge migliaia di devoti del giovane Santo. Il servizio è di Veronica Giacometti:

    Il santo dei giovani, il santo dei miracoli, il santo del sorriso. Con questi tre appellativi, è conosciuto San Gabriele dell’Addolorata. Al termine dell’udienza generale di ieri, il Santo Padre ha ricordato la celebrazione della sua memoria e ha esortato a seguirne l’esempio e l’entusiasmo. Ce ne parla padre Pierino d’Eugenio, direttore de “L’Eco di San Gabriele”:

    R. – Gabriele è universalmente conosciuto come il santo dei giovani. La sua festa è celebrata un po’ dappertutto.

    D. - Come è organizzata la festa di san Gabriele?

    R. - E’ molto sentita. C’è la celebrazione del transito, il ricordo della morte di San Gabriele, che viene fatto la mattina presto, alle 6:30, l’ora in cui più o meno morì San Gabriele. Per tradizione la celebrazione dura una mezz’ora, è veramente commovente. Alle 6:30, la mattina, la chiesa è stracolma di gente che viene anche da molto lontano, dalla Calabria, dalla Puglia... Già alle cinque del mattino deve essere già tutto aperto perché la gente arriva.

    D. - Che ruolo hanno i giovani all’interno dei festeggiamenti?

    R. – I giovani portano il loro entusiasmo, vogliono la protezione di San Gabriele. Per esempio, tra qualche giorno ci sarà anche la festa dei 100 giorni dagli esami: vengono per la benedizione, per invocare, per benedire le penne... Sono migliaia, 10, 15mila persone vengono per la festa dei 100 giorni. Oggi invece è per tutti. E’ la celebrazione della morte, il ricordo di San Gabriele. E’ la festa liturgica. Infatti, fin dalle origini, dal 1909, l’anno dopo la beatificazione, il Papa concesse di celebrare la festa popolare l’ultima domenica di agosto. A febbraio, in inverno, qui il tempo è brutto, c’è la neve e allora la festa popolare con la processione, avviene l’ultima domenica d’agosto di ogni anno. Invece, oggi, la festa liturgica è una festa intima.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Ecumenismo. Il card. Koch: "Compiere passi sulla questione del Primato"

    ◊   “Spianare la strada verso il futuro” nel cammino di riconciliazione tra la Chiesa d’Occidente e la Chiesa d’Oriente significa “compiere ulteriori passi comuni nella questione cruciale del Primato del vescovo di Roma”. Così il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ieri pomeriggio a Castel Gandolfo intervenendo al Convegno dei vescovi amici del Movimento dei Focolari con una relazione dal titolo “Sinodalità e Primato alla luce degli stimoli forniti da Papa Francesco”. Secondo il cardinale - riferisce l'agenzia Sir - la questione non è arrivare “ad un compromesso intorno al minimo comune denominatore. Piuttosto si vogliono far interloquire i punti di forza di entrambe le Chiese, confidando nel fatto che esse siano disposte ad imparare l’una dall’altra e dando prova del principio fondamentale del dialogo ecumenico che consiste nel mutuo scambio di doni. In questo senso, entrambe le parti nel dialogo ecumenico devono fare passi l’una verso l’altra”. Da un lato la Chiesa cattolica “dovrà ammettere che non ha ancora sviluppato nella sua vita e nelle sue strutture quel livello di sinodalità che sarebbe teologicamente possibile e necessario”. Dall’altro “le Chiese ortodosse possono imparare che un Primato anche al livello universale della Chiesa non è soltanto possibile e teologicamente legittimo ma è necessario, e che le stesse tensioni all’interno dell’ortodossia suggeriscono che occorre riflettere su un ministero dell’unità a livello universale”. “La riuscita di una sintesi credibile tra Primato e sinodalità - ha proseguito il cardinale - dipenderà soprattutto da quanto il primato del Vescovo di Roma dimostrerà di essere un Primato dell’obbedienza al Vangelo”. “Soltanto se il Vescovo di Roma - ha detto il cardinale -, il cui compito consiste nel far sì che la Chiesa si impegni all’ubbidienza davanti alla Parola di Dio, è egli stesso modello esemplare di ubbidienza e dunque non si auto-concepisce come regnante assoluto intento a seguire soltanto le proprie idee e le proprie visioni, nel senso di una monarchia di tipo politico, né limita il proprio servizio ad un semplice primato onorifico, vi è davvero la speranza e la possibilità che il primato del Vescovo di Roma si ponga al servizio del ristabilimento della Chiesa una e indivisa in Oriente e in Occidente”. “Ci auguriamo di cuore - ha quindi concluso il capo del dicastero vaticano - e preghiamo affinché ciò avvenga, che l’incontro che avrà luogo il prossimo maggio a Gerusalemme tra il patriarca ecumenico Bartolomeo e Papa Francesco, nel ricordo del primo incontro tenutosi cinquant’anni fa tra i rappresentanti delle due Chiese, possa offrire rinnovata speranza nel dono della comunione ecclesiale”. Nel ricordare il richiamo del patriarca Athenagoras nel 1968, “E’ giunta l’ora del coraggio cristiano”, il cardinale rivolgendosi ai vescovi ha aggiunto: “Tutti noi siamo chiamati ad apportare il nostro contributo affinché il cammino della riconciliazione tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente, e quindi anche tra sinodalità e primato, iniziato cinquant’anni fa pieno di promesse, possa infine raggiungere il suo obiettivo nell’agape eucaristica. Questo è un duro compito, ma è in prima linea una grande grazia concessa a tutti noi”. (R.P.)

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    Il card. Tagle a Milano: "La periferia ci insegna come vivere fede. amore e speranza"

    ◊   Nonostante la violenta grandinata ieri sera, migliaia di persone, milanesi e filippini, hanno riempito il duomo di Milano per l’incontro dei laici con il cardinale di Manila, Luis Tagle. L’arcivescovo cardinale Angelo Scola ha ricordato che “ad essere annunciatori si impara nel rapporto e nell’incontro con i testimoni”. Ha poi citato un passo di “Raccontare Gesù”, ultimo libro di Tagle che riprende alcune sue catechesi: “In Asia la narrazione della storia di Gesù risulta più efficace quando trabocca dall’esperienza di chi la racconta” perché “i primi apostoli, che erano asiatici, parlavano della loro esperienza”. Il card. Tagle ha quindi parlato di evangelizzazione, ricordando che “il luogo privilegiato per incontrare Gesù è lo spazio umano”. “Il modo migliore per raccontare la storia di Gesù è la narrazione - ha spiegato -. Questo può avvenire anche attraverso la pietà popolare, che esprime il misticismo, soprattutto del povero. Ad esempio, quest’anno 10 milioni di persone hanno partecipato ad una processione durata 18 ore. Stiamo cercando di orientare il fervore spirituale dei devoti verso una partecipazione alla vita della parrocchia e un impegno per la società”. Infatti “il povero e il semplice saranno formati e incoraggiati ad essere soggetti attivi, evangelizzatori e non solo destinatari della buona notizia”. Ad una domanda sulle periferie, Tagle ha detto che “la maggior parte della città di Manila è periferia”: “Numericamente è più alto il numero di chi vive nelle periferie, ma qualitativamente questa maggioranza vive in una situazione in cui non ha voce, non ha potere, non ha il minimo indispensabile. Però lì ho trovato segni potenti di fede e di speranza. I miei insegnanti più convincenti per la vita di fede vengono dalla periferia. Spesso pensiamo alle periferie come beneficiarie della nostra bontà. In realtà, la periferia ci insegna come vivere la fede, l’amore e la speranza”. Interrogato sull’alto numero di persone che emigrano dalle Filippine ha aggiunto: “La Chiesa rispetta il diritto di ogni uomo e donna di scegliere il luogo in cui lavorare o abitare. Però chiediamo ai migranti di portare con sé anche la fede, i valori tradizionali, i valori cristiani. La migrazione non è solo per trovare lavoro, è una missione”. Quanto ai figli di chi ha ormai lasciato il proprio Paese da anni, ha detto che “ci vorrebbe una pastorale per la seconda generazione”. Quindi ha concluso: “Ringrazio la Chiesa milanese per il sangue dei missionari milanesi che hanno fatto crescere la fede nelle Filippine”. (R.P.)

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    Siria: gruppo jihadista impone regole di sottomissione ai cristiani di Raqqa

    ◊   Un gruppo jihadista legato ad al Qaeda ha diffuso una serie di regole che i cristiani di Raqqa devono seguire per essere "protetti". Fra queste vi sono una tassa, compiere i riti al chiuso, non indossare nessun segno cristiano evidente. Gli estensori delle regole (che essi chiamano "accordo") - riferisce l'agenzia AsiaNews - sono i membri dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante(Isil), un gruppo che ha radici in al Qaeda dell'Iraq e che vuole costruire un unico califfato che abbraccia tutto il Medio oriente, l'Africa settentrionale, l'Andalusia e l'Italia meridionale, antichi possedimenti arabi e islamici. Raqqa, città del nord della Siria, aveva 300mila abitanti prima dell'inizio della guerra civile nel marzo 2011. Fra questi, l'1% era cristiano. Ora molti abitanti sono fuggiti e la città è nelle mani dell'Isil, che ha diffuso il testo dell'accordo sui siti jihadisti. Sotto la minaccia di essere trattati con violenza, i cristiani devono pagare la "jiziya", l'antica tassa obbligatoria per i non musulmani. I cristiani ricchi dovranno pagare una somma pari al valore di 13 grammi di oro puro (mezza oncia); quelli della classe media metà della somma; quelli della classe povera un quarto. I cristiani non devono esporre croci o simboli della loro fede in ambienti frequentati dai musulmani e soprattutto al mercato; non devono usare altoparlanti per il richiamo alla preghiera; devono compiere i loro riti a porte chiuse all'interno degli edifici di culto. Il gruppo esige anche che i cristiani si conformino alle regole sul vestire in modo modesto imposte a tutti gli abitanti. Ai cristiani è vietato portare armi , come pure restaurare chiese e monasteri della zona. Chi non si attiene a queste regole, avrà il destino assegnato alla "gente della guerra e della ribellione", cioè l'uccisione. L'Isil fa parte delle frange più estremiste e islamiste dell'opposizione a Bashar Assad. Dal gennaio scorso è in atto una guerra senza quartiere fra i gruppi laici e islamici dell'opposizione, come pure fra quelli islamisti più radicali o meno. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, gli scontri fra i due campi hanno causato la morte di almeno 3300 persone, dei quali 924 fra i membri del Siil. Gli oppositori si stanno coalizzando contro l'Isil, accusato di "fare il gioco di Assad". Proprio ieri, il Fronte Al-Nusra (Al Qaeda in Siria) ha lanciato un ultimatum di cinque giorni contro l'Isil perché metta fine al conflitto interno, presentandosi davanti a un tribunale religioso. (R.P.)

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    Save the children: nel mondo ogni anno 1 milione e 200mila bambini muoiono nel primo giorno di vita

    ◊   Dei 6,6 milioni di bambini che ogni anno muoiono prima di aver compiuto 5 anni, quasi la metà - 2,9 milioni - sono quelli che hanno perso la vita nel periodo neonatale, entro cioè i primi 28 giorni dalla nascita. Tra questi, 1 milione di bambini muore nel primo giorno di vita, ''spesso il più pericoloso, a causa di nascite premature e complicazioni durante il parto (come ad esempio travaglio prolungato, pre-eclampsia ed infezioni ) e spesso perché le loro madri - ben 40 milioni ogni anno - partoriscono senza aiuto qualificato ostetrico e ginecologico. Un altro milione e 200mila bambini nascono già morti ogni anno perché il loro cuore smette di battere durante il travaglio. Due milioni di donne sono completamente sole quando danno alla luce il loro bambino''. Questi alcuni dati diffusi in tutto il mondo da Save the Children con il rapporto 'Ending Newborn Deaths', nell'ambito della campagna globale Every One, per dire basta alla mortalità infantile. 'Nell'ultimo decennio sono stati compiuti enormi passi avanti per contrastare la mortalità infantile, passata da 12 milioni a 6,6 milioni, grazie a un intervento globale che ha visto come protagonisti le vaccinazioni, i trattamenti per polmonite, diarrea e malaria, così come la pianificazione familiare e la lotta alla malnutrizione. Ma questo percorso è ormai giunto ad una fase di stallo, se non si interviene immediatamente per contrastare la mortalità neonatale'', ha dichiarato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children, la più grande organizzazione internazionale indipendente che dal 1919 lotta per migliorare la vita dei bambini, operando in 120 Paesi. (R.P.)

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    Somalia: a rischio 50 mila bambini per malnutrizione e condizioni igienico sanitarie inadeguate

    ◊   In Somalia la carestia del 2011 è finita, i miliziani sono stati mandati via da Mogadiscio, in politica sono stati fatti grandi progressi. Eppure le Nazioni Unite e il governo somalo continuano a chiedere ai benefattori internazionali di aiutare il Paese, che sostengono essere in grave crisi. Le associazioni umanitarie, pressate dalle situazioni di emergenza in Somalia degli ultimi anni, non sono state in grado di impiegare tempi e risorse necessarie per la ricostruzione del Paese. Molti sopravvivono in condizioni terribili, la vita di 50 mila bambini è a rischio per malnutrizione severa. I benefattori internazionali, a causa del perdurare della crisi in Siria e delle nuove continue emergenze in Sud Sudan e nella Repubblica Centrafricana, hanno dato meno contributi alla Somalia, anche se gli indicatori sanitari somali sono molto più gravi rispetto a quelli di altri Paesi. Destano inoltre preoccupazione i furti di denaro e la corruzione, in un Paese dove il governo non ha un controllo efficace sull’economia. Un rapporto del gruppo di monitoraggio delle Nazioni Unite sulla Somalia e l’Eritrea aveva già denunciato in passato casi di corruzione tra i ministri del governo, di appropriazione indebita di generi alimentari destinati agli aiuti, di cattiva amministrazione. Circa il 60% della popolazione, 3milioni e mezzo di persone che vivono nella Somalia centro meridionale, sono sotto il controllo di al-Shabab. L’Onu teme che l’offensiva potrebbe scattare nella stagione della semina proprio in questa regione conosciuta come paniere di beni di consumo e di servizi essenziali del Paese, e potrebbe quindi avere un grave impatto sul prossimo raccolto. (R.P.)

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    Sud Sudan: appello di mons. Taban alla comunità islamica: "Lavoriamo insieme per la pace

    ◊   Un appello a lavorare insieme per la pace nel Sud Sudan è stato rivolto da mons. Paride Taban, vescovo emerito di Torit e presidente del South Sudan Council of Churches, alla comunità islamica del Paese, devastato dallo scontro tra le due ali dell’Splm (Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese, il partito di governo), rispettivamente capeggiate dal Presidente Salva Kiir e dall’ex vice Presidente Riek Machar. Secondo quanto riporta il Sudan Catholic Radio Network, nel corso di un incontro interreligioso sulla situazione del Paese, mons. Taban ha invitato la comunità islamica del Sud Sudan ad essere ambasciatrice di pace e a lavorare insieme ai cristiani per riportare la calma. Il rappresentante della comunità islamica sud sudanese, Jaafar Karim Juma, ha risposto positivamente ed ha promesso che i musulmani lavoreranno con i cristiani per promuovere la pace nel Paese. Il South Sudan Council of Churches è composto da 6 confessioni cristiane presenti in Sud Sudan: la Chiesa cattolica, l’Episcopal Church of the Sudan, la Presbyterian Church of Sudan, l’African Inland Church, la Sudan Pentecostal Church, la Sudan Interior Church. Nel frattempo, i ribelli fedeli all'ex vice Presidente Riek Machar hanno annunciato che continueranno la resistenza armata fino a quando il Presidente Salva Kiir non rassegnerà le dimissioni. Le organizzazioni umanitarie operanti nel Paese hanno accusato entrambe le parti di commettere atrocità contro i civili, compresa l’uccisione di alcuni degenti ricoverati negli ospedali. (R.P.)

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    Giordania: tensione con Israele sui Luoghi Santi. Mons. Lahham: basta provocazioni

    ◊   La maggioranza dei parlamentari giordani ha votato a favore di una mozione che chiede di espellere dal Paese l'ambasciatore israeliano e richiamare in Patria l'ambasciatore del Regno Hascemita in Israele. Il voto, avvenuto ieri, rappresenta una reazione forte dei rappresentanti politici giordani davanti alla mossa del Parlamento israeliano dove il Likud ha presentato un disegno di legge mirante a revocare lo status di custode dei Luoghi Santi musulmani a Gerusalemme riconosciuto alla Giordania e sancito anche dal trattato di pace sottoscritto tra Stato ebraico e Regno Hascemita nel 1994. La proposta di cancellare con un colpo di spugna le prerogative giordane sui Luoghi Santi musulmani a Gerusalemme – e in particolare su quelli della Spianata delle Moschee – è stata avanzata da Moshe Feiglin, leader di una fazione oltranzista del Likud che combatte la soluzione “due popoli-due Stati”, rivendica la piena e esclusiva sovranità israeliana anche sulla Spianata delle Moschee e sponsorizza l'annessione a Israele dei territori palestinesi della West Bank e della Striscia di Gaza. “Il voto dei parlamentari giordani” spiega all'agenzia Fides, l'arcivescovo Maroun Lahham, vicario patriarcale per la Giordania del patriarcato latino di Gerusalemme “non mi sorprende. Anche se i due Paesi hanno firmato un trattato di pace, quello è stato un accordo tra i leader politici, e non tra i popoli. Il voto del parlamento giordano è un gesto dimostrativo, per far capire a Israele che c'è una linea rossa, che non può essere violata. Del resto – aggiunge l'arcivescovo Lahham “La proposta presentata alla Knesset ha solo l'effetto di aumentare la tensione tra Israele e i musulmani che vivono nei Paesi circostanti. Come accade con le incursioni provocatorie di estremisti israeliani sulla spianata delle Moschee, con la protezione dell'esercito. Gli israeliani conoscono la sensibilità di musulmani e cristiani alla questione dei Luoghi Santi. Adesso che è in corso un processo di pace, mi chiedo che senso hanno atti provocatori come questi. Piuttosto, occorre compiere atti di vera riconciliazione”. (R.P.)

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    Papa in Terra Santa: sito ufficiale del viaggio degli Ordinari cattolici

    ◊   http://popefrancisholyland2014.lpj.org: è questo l’indirizzo del sito ufficiale del viaggio apostolico di Papa Francesco in Giordania,sraele e Palestina che si svolgerà dal 24 al 26 maggio prossimo. Secondo quanto riferisce il Franciscan media center, il centro televisivo e multimediale della Custodia di Terra Santa, il sito, promosso dall’Assemblea degli Ordinari cattolici di terra Santa, è in sette lingue (arabo, ebraico, italiano, inglese, spagnolo, portoghese e francese) e si apre con la foto dello storico incontro tra il patriarca Atenagora e papa Paolo VI nel 1964 a Gerusalemme seguita da quella raffigurante Bartolomeo I con Papa Francesco, del 2013 a Roma. Al suo interno, inoltre - riferisce l'agenzia Sir - sono presenti diverse sezioni che danno informazioni sui motivi del viaggio, sui cristiani di Terra Santa, sui 50 anni dalla visita di Paolo VI a Gerusalemme. Nel sito, che viene aggiornato e riempito in questi giorni, non mancano informazioni sui Papi in Terra Santa, sull’ecumenismo e sulle Chiese locali. Queste ultime hanno istituito diverse Commissioni che sono al lavoro per organizzare, di concerto con la Santa Sede, ogni dettaglio del viaggio papale che avrà nell’incontro al Santo Sepolcro, tra Papa Francesco e Bartolomeo I, uno dei suoi momenti principali. A Betlemme, invece, secondo quanto riferito da padre Stéphane Milovich, membro della Commissione liturgica, Papa Francesco dovrebbe celebrare “la Messa del giorno di Natale” con tutte le chiese e i riti presenti. Particolarmente impegnativo il lavoro della Commissione per le comunicazioni sociali. Preparare le infrastrutture necessarie ad accogliere i giornalisti accreditati è uno dei compiti principali, spiega il responsabile della Commissione, il gesuita David Neuhaus, che rivela che particolare attenzione verrà riservata “alla preparazione per i giornalisti non credenti affinché possano comprendere ciò che avviene durante la visita del Papa”. A tale riguardo si sta pensando ad un sito con contenuti informativi appositamente dedicati. (R.P.)

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    Turchia: completata la restituzione delle terre al Monastero siro-ortodosso di Mor Gabriel

    ◊   Le proprietà terriere dell'antico Monastero di Mor Gabriel, situato nella provincia sud-orientale turca di Mardin, sono state finalmente restituite alla comunità siro-ortodossa a cui fa capo il Monastero, come era stato deliberato lo scorso ottobre dalla Assemblea delle Fondazioni, il più alto organismo deliberativo del cartello di enti che in Turchia gestiscono i beni delle comunità religiose minoritarie. “Il processo riguardante i 12 lotti di terra per complessivi 244mila metri quadrati” ha dichiarato ai media turchi Kuryakos Ergun, presidente della Fondazione Mor Gabriel “è stato portato a compimento. Siamo felici di aver riavuto indietro la terra senza dover passare per un pronunciamento della Corte europea dei diritti umani”. Con la riconsegna delle terre al Monastero di Mor Gabriel si realizza la più grande restituzione di proprietà fondiarie a comunità ecclesiali finora realizzata nella storia della Repubblica turca. I lotti di terra erano divenuti oggetto di contesa legale nel 2008, quando erano stati confiscati al Monastero e registrati nel catasto pubblico. A quel tempo, i monaci avevano annunciato un ricorso alla Commissione europea per i diritti dell'uomo. Nel 2012 la Suprema Corte d'appello turca aveva respinto il ricorso della Fondazione siriaca che chiedeva di rientrare in possesso dei terreni espropriati. Le cose si sono sbloccate nel 2013, dopo che il Presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha inserito la restituzione dei terreni al Monastero nel “pacchetto di democratizzazione” annunciato lo scorso 30 settembre. Il Monastero di Mor Gabriel, fondato nel 397, si trova nell'Altipiano di Tur Abdin, e rappresenta il più antico monastero siro-ortodosso in attività. Nei mesi scorsi la comunità siro-ortodossa ha visto riconosciuto dal governo turco anche il diritto di stabilire scuole dove i ragazzi della comunità possano essere educati nella propria lingua madre. “La restituzione dei terreni” ha sottolineato nelle sue dichiarazioni Kuryakos Ergun “contribuirà a proteggere il Monastero e gli consentirà di riprendere liberamente la sua missione. E questo avrà riflessi positivi in particolare per la comunità sira”. Second Ergun, la conclusione positiva della vicenda potrebbe convincere molti cristiani siri emigrati – compresi quelli che si erano trasferiti in Siria - a far ritorno in Turchia. (R.P.)

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    Congo: consacrato a Louvakou un santuario dedicato alla Divina Misericordia

    ◊   Un luogo di pellegrinaggio per attingere alla grazie della Divina Misericordia: così mons. Bienvenu Manamika Bafouakouaho, vescovo della diocesi di Dolisie, nella Repubblica del Congo, ha definito il santuario inaugurato a Louvakou domenica scorsa. Alla cerimonia ha preso parte anche il presidente della Conferenza episcopale del Congo mons. Louis Portela Mbuyu, vescovo di Kinkala, che ha ricordato il sostegno che la Chiesa polacca ha offerto a quella congolese. La diffusione del culto alla Divina Misericordia nel Congo, riferice il portale d’informazione www.adiac-congo.com, risale agli anni ’70; dopo una visita a Tarnov, in Polonia, di mons. Georges Firmin, alcuni sacerdoti polacchi hanno raggiunto le diocesi di Owando, Oyo, Brazzaville, Nkayi e altre ancora ed ha avuto inizio una missione di solidarietà tra Chiese. Oggi, nella diocesi di Dolisie, ad accogliere i fedeli che vogliono pregare la Divina Misericodia c’è un grande luogo di culto consacrato come santuario nazionale. La collaborazione tra la Chiesa polacca e la Chiesa congolese persiste da oltre 40 anni. (T.C.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 58

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.